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Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative volte alla promozione della democrazia ed al rispetto dei diritti umani in Myanmar - n. 2-00779)
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00779, concernente iniziative volte alla promozione della democrazia ed al rispetto dei diritti umani in Myanmar (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
MARCO BOATO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, in particolare onorevole Craxi, colleghi deputati, non è la prima volta che presento, come altri colleghi, un documento di sindacato ispettivo al Governo in riferimento alla drammatica, per alcuni aspetti tragica, situazione che si è verificata e continua a verificarsi in Birmania; dobbiamo dire formalmente nella ex Birmania, oggi denominata Myanmar, ma poiché la denominazione Myanmar è stata imposta dalla giunta militare golpista attualmente al potere il riferimento al nome storico di Birmania credo che sia sempre giusto farlo. Ho detto che non è la prima volta che ci si rivolge al Governo: oltre a strumenti di sindacato ispettivo in Assemblea e in Commissione, che risalgono anche all'anno scorso, cioè al primo dell'attuale legislatura, ho presentato il 12 settembre, nella fase recente di questa drammatica accentuazione delle vicende in Birmania, o Myanmar che dir si voglia, una interrogazione a risposta immediata (quella che si chiama in gergo question-time, in diretta televisiva); in un periodo cioè in cui non si erano ancora intensificate le manifestazioni popolari, in particolare le manifestazioni messe in atto pacificamente dai monaci buddisti in numero sempre maggiore e con una partecipazione amplissima della popolazione birmana, finché è stato possibile, finché non sono state represse nel sangue. Il giorno dopo è stata discussa al Senato una mozione, a prima firma della collega senatrice Soliani, ma sottoscritta da molti parlamentari di entrambi gli schieramenti; ed è stata poi svolta un'interrogazione a risposta immediata della collega Zanella in quest'Aula, riferita in particolare al ruolo della Cina in rapporto alla vicenda birmana. Inoltre, sono state svolte un'informativa urgente del Governo sia nell'Aula del Senato sia in quest'Aula, ed altre iniziative sono state poste in essere in Commissione affari esteri.
Ho voluto ricordare tutto ciò (forse lo farà anche il sottosegretario Craxi) per dare atto che c'è stato, sul piano parlamentare, un dialogo intenso, una pressione molto forte da parte del Parlamento nei confronti del Governo, ma al tempo stesso una disponibilità del Governo sempre tempestiva (anche l'incontro di oggi lo dimostra, credo che questo tema sarà nuovamente affrontato anche in sede di interpellanze ordinarie, nella seduta di domani). Il rischio però - non è una critica, è una preoccupazione quella che voglio manifestare - è che si spengano i riflettori: i riflettori politici, i riflettori istituzionali, i riflettori parlamentari e quelli, più in generale, dell'attenzione dell'opinione pubblica, sulla drammatica situazione in Birmania. Essa è stata per vari giorni sulle prime pagine dei giornali: le immagini rubate a un regime che non permette neppure l'attività giornalistica, che controlla Internet, che uccide persino dei reporter - infatti, un reporter giapponesePag. 8se non ricordo male è stato ucciso - che cerca di impedire in tutti i modi la comunicazione, e trasmesse dai mass-media di tutto il mondo, hanno colpito profondamente l'opinione pubblica.
Al tempo stesso, però, è noto che un evento scaccia un altro evento, e che dunque il rischio della rimozione, del silenzio e dell'assuefazione è terribile e drammatico. Per tali ragioni, pur avendo già presentato altri strumenti di sindacato ispettivo su questa problematica, ho deciso, insieme al mio gruppo, di riproporla oggi come oggetto di una interpellanza urgente. Ciò anche perché, dalla metà di settembre ad oggi, la situazione si è drammaticamente trasformata. Intervenendo in quest'Aula nell'occasione ricordata, ebbi modo di citare vari episodi: la vicenda dei sei sindacalisti condannati a pene incredibili (da 20 a 26 anni) per aver portato avanti iniziative pacifiche di informazione il 1o maggio; la situazione già nota dell'elevato numero di prigionieri politici; la situazione del lavoro forzato più volte denunciata dall'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) e, in Italia, ripetutamente dalla CISL e da altre organizzazioni sindacali, sociali e culturali; i casi di repressione, il più clamoroso dei quali è quello, conosciuto da tutti, del premio nobel Aung San Suu Kyi, che da circa 17 anni è costretta agli arresti domiciliari.
Nei giorni successivi e nelle settimane successive, però, la situazione si è modificata: in un primo tempo, è esplosa pacificamente la ribellione e la rivolta popolare (guidata prima dai monaci e poi dai monaci e dalle monache buddiste); quindi, si è avuta la violenta repressione. Non conosciamo il numero esatto dei morti, ma gli osservatori concordano nel parlare di varie centinaia, se non di più; sappiamo inoltre con certezza che vi sono stati migliaia di arresti e migliaia di deportazioni, e vi sono testimonianze di cittadini - monaci e non solo - che sono stati sottoposti a tortura. Mentre queste informazioni ci arrivano giorno per giorno, assistiamo intanto alle difficoltà in sede di Nazioni Unite: se infatti possiamo riconoscere con soddisfazione che vi è un'iniziativa (anche a livello di Unione europea) del nostro Governo - che è, fra l'altro, in questo periodo membro a rotazione del Consiglio di sicurezza - purtroppo dobbiamo anche riscontrare la situazione di stallo che si è verificata nel Consiglio stesso, ove per ora permane il veto della Cina nei confronti di qualunque iniziativa più penetrante ed incisiva. Ma non solo: vi è infatti anche l'altra problematica - vi faccio solamente cenno poiché è già stata oggetto di discussione in quest'Aula - ossia quella del ruolo della stessa Cina nei confronti della Birmania. A causa dei suoi interessi di carattere soprattutto energetico, infatti, la Cina tende a tutelare e proteggere la Birmania anche quando si verificano fenomeni che sono totalmente inaccettabili. Peraltro, fra qualche giorno si terrà un importante incontro dell'associazione di amicizia parlamentare fra Italia e Cina, di cui faccio parte: anche in quella occasione avremo dunque modo di parlare con i nostri colleghi cinesi delle riserve fortemente critiche nei riguardi della politica del loro Paese nei confronti della Birmania.
Al tempo stesso, occorre fare riferimento ad una realtà (se ne parla nel testo dell'interpellanza urgente in esame) che è stata resa nota dalla CISL: tale organizzazione ha infatti pubblicato l'elenco delle numerosissime imprese italiane - credo oltre trecento - che presentano investimenti diretti in Birmania, non tendendo dunque in alcun conto le iniziative che l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) sin dall'inizio del 2000 ha messo in campo perché i Paesi che ne fanno parte abbiano contezza della problematicità di tale tipo di collaborazioni imprenditoriali in presenza di una realtà di schiavitù, di sottomissione e di emarginazione nel Paese in cui investono. Addirittura, la CISL sottolinea con i suoi documenti che talune di queste imprese espongono il certificato di conformità FSC per la rintracciabilità di prodotti provenienti da risorse gestite correttamente dal punto di vista ambientale, sociale ed economico (codici etici, ed altro). In realtà, ciò non corrisponde a quel che avviene in Birmania:Pag. 9non è quindi condivisibile fregiarsi di tale certificazione e poi operare in modo opposto.
Ho dovuto esporre questi temi con grande rapidità e sintesi, ma sappiamo che è un argomento che potrebbe portare via molto più tempo, e mi scuso comunque con il Presidente ed i colleghi. Ciò che vogliamo chiedere al Governo - ringrazio il sottosegretario Craxi per la sua attenzione e la sua presenza - conoscendo (ma penso che ciò verrà ricapitolato anche in questa circostanza) l'attività che già il nostro Governo sta svolgendo, è quali ulteriori iniziative esso intenda promuovere rispetto a questa realtà. Ma ciò coinvolge, in qualche modo, anche il Ministro per il commercio internazionale e per le politiche europee, Bonino, in quanto da questo punto di vista i rapporti con i paesi esteri ovviamente sono fondamentali rispetto alla realtà di imprenditorialità italiana che ha rapporti con la Birmania in violazione di direttive internazionali o in violazione anche delle certificazioni che alcune di queste imprese dichiarano.
Chiediamo, inoltre, quali siano le iniziative che il Governo intende assumere a livello di Consiglio di sicurezza dell'ONU, di cui facciamo parte, sia pure come membro temporaneo, e a livello dei Ministri degli esteri dell'Unione europea, dal momento che è in previsione una riunione del Consiglio affari generali e relazioni esterne (CAGRE) il prossimo 15 ottobre e credo che oggi stesso, sottosegretario Craxi, vi sia una riunione preparatoria a livello europeo. Chiediamo, infine, quali misure il Governo intenda adottare affinché effettivamente le risoluzioni dell'OIL riguardanti i rapporti commerciali con la Birmania possano avere pieno adempimento. Spero che non venga utilizzata, anche oggi, l'espressione «dialogo critico» che il Ministro Chiti - il quale ha risposto garbatamente il 12 settembre ad una mia interrogazione a risposta immediata, prima, però, che avvenisse tutto ciò che è successo - ha utilizzato. Rispetto a ciò che sta avvenendo in Birmania - a ciò che è avvenuto e sta avvenendo -, limitarsi a utilizzare l'espressione «dialogo critico» - espressione diplomatica che potrei anche capire in circostanze ordinarie - mi sembrerebbe francamente del tutto inadeguato, pur riconoscendo l'attività intensa che il nostro Governo sta svolgendo rispetto alla drammatica realtà oggetto di questa interpellanza. La ringrazio signor Presidente, ed ascolterò con attenzione la risposta del Governo.
PRESIDENTE. Assistono ai nostri lavori gli studenti di una classe dell'Istituto di istruzione superiore Giorgio Vasari di Figline Valdarno, in provincia di Firenze. La Presidenza e l'Assemblea rivolgono loro un saluto (Applausi).
Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. La ringrazio signor Presidente, l'interpellanza dell'onorevole Boato ci da l'opportunità di svolgere qualche considerazione generale e di fornire all'Assemblea un ulteriore aggiornamento sulla situazione, fermo restando che - come lei ha ricordato - il Governo ha già riferito in ben due sedute sia al Senato sia alla Camera sui drammatici sviluppi della questione e della situazione in Myanmar. Comincerò, come richiesto da lei, onorevole Boato, con gli ultimi sviluppi alle Nazioni Unite. Il consigliere speciale del Segretario generale Ban Ki Moon, Ibrahim Gambari, ha concluso il 2 ottobre la sua visita di quattro giorni in Myanmar. Gambari ha incontrato il capo della Giunta militare speciale, Than Shwe, al quale ha manifestato la viva preoccupazione della comunità internazionale per la violenta repressione della protesta, ed ha visto in due occasioni la leader della Lega nazionale per la democrazia, Aung San Suu Kyi. L'inviato speciale ha riferito al Consiglio di sicurezza, il 5 ottobre, sull'esito della sua missione, dichiarandolo positivo sotto il profilo di un possibile dialogo tra le parti e dell'apertura di quella che ha definito una finestra di opportunità, che ha trovato un primo riscontro nell'offerta - seppure condizionataPag. 10- di un incontro tra il leader della Giunta militare ed il leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi. Gambari ha proposto alle autorità birmane la costituzione di due commissioni (rispettivamente in materia di riduzione della povertà e revisione della Costituzione) e la nomina di un liasion officer per i contatti con Aung San Suu Kyi. La Giunta non ha respinto la prima ipotesi ed ha recepito la seconda con la designazione del Viceministro del lavoro a ufficiale di collegamento con la leader dell'opposizione.
È stato nuovamente sottolineato il ruolo determinante giocato dai Paesi della regione, in particolare dai Paesi dell'area asiatica, Cina ed India, ma anche Giappone, che è un importante donatore di aiuti al Myanmar. Il mandato di buoni uffici di Gambari resta, al momento, l'iniziativa principe della comunità internazionale sul Myanmar e il principale canale di comunicazione aperto con la Giunta birmana. Anche in vista della sua seconda missione in programma per metà novembre, l'Italia ritiene fondamentale in questa fase esprimere a Gambari il forte, totale, unanime supporto del Consiglio di Sicurezza e della comunità internazionale al suo mandato ed al processo avviato. Inoltre, è in corso di esame, in queste ore, l'adozione di un presidential statement, ossia di una comunicazione, di un ordine del giorno dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla questione birmana e sulla posizione del Consiglio alla luce dell'esito della missione Gambari.
Il nostro Governo, come lei ha riconosciuto, onorevole Boato, si è mosso sin da subito con determinazione a fronte della crisi birmana. Voglio riepilogare brevemente le tappe successive che hanno condotto il nostro Paese ad assumere, progressivamente diverse iniziative, tutte orientate a riaprire un dialogo al fine di scongiurare ulteriori, drammatici sviluppi degli eventi. All'inizio di settembre avevamo effettuato un passo con l'ambasciata del Myanmar a Roma, per manifestare il nostro rammarico per il sostanziale fallimento della Convenzione nazionale in Myanmar, che era nata con l'obiettivo di dare un avvio reale al processo di riconciliazione nazionale. Al tempo stesso avevamo espresso condanna per le repressioni allora attuate dalla giunta militare al potere, deplorando gli arresti di cittadini birmani avvenuti nel corso delle dimostrazioni pacifiche effettuate dopo il 15 agosto in tutto il Paese, nonché la perdurante detenzione del leader della lega democratica, Aung San Suu Kyi. Il 25 settembre il Ministro degli affari esteri, D'Alema, a New York per l'Assemblea generale dell'ONU, ha dichiarato che l'Italia è solidale con le manifestazioni per la democrazia e ha chiesto alla giunta militare di rispettare il diritto del suo popolo di esprimersi e di protestare. Nella stessa giornata, il sottosegretario agli affari esteri Vernetti, ha convocato l'incaricato d'affari dell'ambasciata di Myanmar a Roma, al quale, a nome del Governo, ha chiesto di trasmettere alla giunta militare al potere in Birmania la richiesta di aprire un dialogo immediato con i monaci, con i membri della National League for Democracy e con tutta l'opposizione birmana, di non fare ricorso ad alcuna forma di violenza, stigmatizzando tutti gli episodi di repressione che avevano portato all'arresto di decine di manifestanti e condannato arbitrariamente numerosi sindacalisti oppositori del regime, e reiterando la richiesta di libertà immediata per il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Inoltre, l'incaricato d'affari birmano è stato informato della grande attenzione con cui il Parlamento italiano - ma anche l'opinione pubblica italiana - segue le vicende birmane, con la presentazione di diversi atti di sindacato ispettivo e l'approvazione di precisi atti di indirizzo.
Il 28 settembre il Presidente del Consiglio ha avuto una conversazione telefonica con il Primo ministro portoghese Socrates, Presidente di turno dell'Unione europea, discutendo di un'eventuale missione della stessa Unione europea nell'area a seguito di quella dell'inviato dell'ONU Gambari. Entrambi hanno condiviso la valutazione e la preoccupazione che sia necessario tenere mobilitata la comunità internazionale. In tale prospettiva, il PresidentePag. 11Prodi ha inviato i propri messaggi al Primo ministro cinese e al Primo ministro indiano, per rappresentare la nostra viva preoccupazione sulla evoluzione della situazione in Myanmar, esortando i due Primi ministri citati a continuare ad usare tutta la loro autorevole influenza per convincere il Governo di Yangon a tornare a ragionare ed a ricondurre il Paese ad una condizione di umana dignità. Il consiglio dei diritti umani, di cui l'Italia fa parte, ha dedicato una sessione speciale, il 2 ottobre, e ha adottato, per consenso, una risoluzione nella quale si esprime forte deplorazione per le repressioni attuate dal regime, sollecitando le autorità birmane ad assicurare il pieno rispetto dei diritti umani. In sede europea, l'Italia ritiene che debba essere inviato alla giunta Birmana un forte segnale e si sta adoperando in tal senso in vista del Consiglio affari generali che si terrà il 15 ottobre, la prossima settimana, per un rafforzamento della posizione comune dell'Unione europea sul Myanmar e per l'adozione di idonee misure restrittive.
Proprio in queste ore, mentre stiamo discutendo, il Comitato dei Rappresentanti Permanenti sta esaminando le nuove misure sanzionatorie da adottare nei confronti della giunta birmana. Allo stato attuale, permangono alcune reticenze da parte di alcuni partners circa l'opportunità di un inasprimento delle sanzioni a causa dei possibili effetti indiretti sulla popolazione civile, ma pare assai probabile che, prima di lunedì, si possa trovare un approccio comune.
Il nuovo impianto sanzionatorio dovrebbe prevedere: un rafforzamento di alcune delle misure già in vigore (ulteriore estensione della lista dei già quasi 400 esponenti del regime per cui vale il divieto di visto, l'ampliamento delle entità per cui è previsto il congelamento di fondi); una conferma delle restanti misure, come l'embargo sulle armi, la sospensione di una parte dei programmi di sviluppo, nonché la sospensione delle visite bilaterali di alto livello; l'introduzione di misure addizionali, quali il blocco delle importazioni provenienti dalla Birmania di legname, di prodotti minerari, di metalli e di pietre preziose. Parallelamente, dovrebbero essere proibite le attività di investimento, nonché il trasferimento di tecnologie e risorse che si riferiscono a tali settori merceologici.
Ritornando al sistema delle Nazioni Unite, l'Italia ha rinnovato il suo sostegno al segretario generale e al suo consigliere Gambari, la cui iniziativa deve poter contare sul pieno e forte appoggio della comunità internazionale. Da parte italiana si condividono l'approccio dell'inviato speciale e le linee cui si è ispirato e si intende continuare ad operare anche all'interno del Consiglio per rafforzare la sua posizione, anche di fronte alle autorità birmane e sostenere, quindi, i suoi prossimi passi a cominciare dalla sua seconda missione in Myanmar.
È importante sfruttare l'opportunità, costituita dal particolare momento offerto dalla prima visita di Gambari, e ribadisco il nostro impegno affinché l'Assemblea generale adotti un presidential statement che consenta così al Consiglio di sicurezza di esprimere una presa di posizione comune sulla crisi birmana, assumendo iniziative tempestive.
Sempre nell'ambito del sistema delle Nazioni Unite, per rispondere allo specifico quesito che lei ha posto, onorevole Boato, il Governo non mancherà naturalmente di tenere delle posizioni coerenti con questa impostazione di fondo anche all'interno dell'OIL. Il nostro Paese è, d'altronde, membro permanente del Consiglio di amministrazione e, fin dal 2000, è particolarmente impegnato a sostenere l'efficacia delle risoluzioni dell'OIL in ordine alla questione Myanmar.
Vorrei aggiungere, infine, un rilievo di carattere politico in relazione ai Paesi dell'area vicini, i quali possono svolgere un ruolo chiave sulla questione Myanmar-Birmania. Da questo punto di vista, sono apparse significative le iniziative assunte dall'ASEAN (Organizzazione dei Paesi del Sud-est Asiatico). Per la prima volta, con la dichiarazione del 27 settembre, hanno condannato in termini inequivocabili la violenta repressione delle dimostrazioniPag. 12antigovernative in Birmania, ed altrettanto è stato fatto nella lettera del Presidente di turno, il Premier di Singapore Lee Hsien Loong, successivamente inviata al generale Than Shwe, leader della giunta militare.
Per sensibilizzare i Paesi vicini l'Unione europea ha compiuto una serie di passi a Pechino e Nuova Delhi a livello di locale troika. A sostegno di questa azione della Presidenza, in occasione del suo viaggio in Vietnam ed in India, il Ministro degli esteri, Massimo D'Alema, ha richiamato l'attenzione dei suoi interlocutori vietnamiti ed indiani sulla questione birmana, invitandoli ad esercitare tutta la loro influenza e ad utilizzare i loro canali di comunicazione con la giunta militare per favorire la pacificazione e l'avvio di un processo di dialogo e di riconciliazione nazionale.
Nel corso della sua visita in India, ancora in corso, il Ministro ha invitato i suoi interlocutori a cooperare per porre fine all'uccisione di civili ed avviare il processo democratico in Birmania. L'Italia - ha dichiarato il Ministro D'Alema - è convinta che l'obiettivo per raggiungere un mondo più democratico sarà raggiunto solo se avremo la capacità di combinare i due approcci (quello realistico indiano e quello più etico da noi propugnato), fondendoli nell'unico concetto di realismo etico.
Al suo omologo Pranab Mukherjee, il Ministro ha ribadito che non si possono tollerare le continue uccisioni di civili ed è necessario fare il possibile per fermare la violenza. Da Nuova Delhi, secondo quanto dichiarato dal Ministro degli esteri indiano, sono stati inviati a Yangoon messaggi molto forti. Egli ha aggiunto che, come più grande democrazia del mondo, l'India è pienamente impegnata nel convincere la giunta militare a seguire la posizione espressa al recente vertice dei Paesi del sud-est asiatico. Nell'ottica di una progressiva apertura del sistema, il Ministro degli esteri indiano ha dichiarato che è un auspicio condiviso da tutti i Paesi dell'area che il Myanmar possa andare verso le elezioni entro il 2008.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio in modo particolare il Sottosegretario Bobo Craxi per l'ampia, dettagliata ed importante risposta che ha fornito alla mia e nostra interpellanza. Del resto, credo sia opportuno, oltre all'attività ordinaria della competente Commissione affari esteri, che sul tema, periodicamente (è ciò che sta accadendo), l'Assemblea della Camera e, se lo ritiene, anche quella del Senato abbiano un rapporto diretto e stretto con il Governo. Tutto ciò, sia al fine di seguire da vicino, come è stato puntualmente ricostruito poco fa, l'iniziativa del Governo italiano in campo europeo ed internazionale sotto un profilo più generale e con riferimento specifico all'ambito dell'ONU, ma anche per far sentire al Governo (ciò poi aiuta l'Esecutivo) la pressione del Parlamento, attraverso atti di sindacato ispettivo come in questo caso ed atti di indirizzo come nel caso della mozione votata al Senato il 13 settembre. Tale pressione deve provenire sia dalla propria maggioranza che dall'opposizione, perché su tali tematiche ci dovrebbe essere una convergenza pressoché unanime.
La nostra attività parlamentare - anche noi siamo il tramite di un'opinione pubblica esterna al Parlamento - aiuta ed incalza il Governo al fine di rendere sempre più incisiva, determinante e anche determinata la sua attività.
Se il Presidente mi domanda se sono o meno soddisfatto della risposta del Governo non ho alcuna esitazione a dichiarare che sono soddisfatto. Sono insoddisfatto dell'inadeguata capacità del nostro Governo, ma anche degli altri Governi delle democrazie occidentali, in particolare dell'ONU, di riuscire ad incidere in modo sufficientemente determinante per creare una svolta nella situazione birmana. Pertanto, la mia insoddisfazione non è nei confronti della risposta che il Governo, con molta puntualità e con molti dettagli, ci ha reso, ma dell'inadeguatezzaPag. 13di tutto ciò che fino ad ora sta avvenendo sul piano internazionale, rispetto alla tragicità della situazione birmana.
Non è che non stia accadendo nulla. Vi è stato un seguito alle vicende terribili e tragiche della repressione violenta, dell'uccisione di centinaia di monaci e cittadini, delle torture, delle incarcerazioni, della situazione di spaventosa emergenza che la giunta militare ha imposto in Birmania per soffocare la pacifica e nonviolenta rivolta popolare, sociale, culturale e civile e anche religiosa. L'indignazione suscitata in tutto il mondo ha sicuramente prodotto, per esempio, l'importante pronuncia, citata dal Sottosegretario Craxi, dell'Organizzazione dei Paesi del sud-est asiatico, che, in passato non aveva assunto posizioni di tal genere.
L'iniziativa del Premier di Singapore, che lei ha citato, ha comportato questo lieve spostamento di atteggiamento che si sta verificando, con enorme prudenza, da parte della Cina, ma anche di quella che si autoconsidera, con un po' di pomposità (con il massimo rispetto da parte mia), come la più grande democrazia del mondo, vale a dire l'India. Lo è dal punto di vista numerico, ma, come si evidenzia nei suoi scritti pubblicati ad agosto, anche il premio Nobel indiano, Amartya Sen, è stato fortemente critico nei confronti del proprio Paese, dal momento che, se si considerano gli atti concreti che vengono compiuti, è inadeguata la definizione in termini di più grande democrazia del mondo.
Lei, Sottosegretario Craxi, con molto garbo, citando il Ministro D'Alema, che si trova tuttora in India credo, ha affermato che il Ministro intende affiancare all'approccio cosiddetto realistico - e quando in politica internazionale si utilizza tale termine si sottintende la realpolitik degli affari, degli interessi, dei rapporti economici, finanziari, energetici e così via - quello etico dell'Italia: ciò ha spinto, se ho capito bene, il Ministro a suggerire all'India una seconda sintesi in termini di realismo etico, abbandonando la contrapposizione fra realismo e dimensione etica. Sono finora, purtroppo, solo parole, anche se hanno un nobile significato. Sta di fatto che, come molte organizzazioni hanno evidenziato, il nostro Paese esporta verso «la più grande democrazia del mondo», lo dico tra virgolette, l'India, materiale bellico che, aggirando l'embargo che lei ha citato giustamente, viene poi consegnato in parte alla ex Birmania, Myanmar. Ci troviamo in una situazione, anche sotto questo profilo, a dir poco imbarazzante.
Lei giustamente ha parlato della conferma dell'embargo sulle armi e della riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti che sta discutendo, in queste ore, ulteriori misure sanzionatorie, confermando quelle esistenti e ipotizzando misure addizionali, anche se lei stesso ha riferito che esistono alcune resistenze al riguardo.
Per concludere, signor rappresentante del Governo, rinnovo il ringraziamento per l'attenzione e per la puntualità della risposta ed esprimo l'augurio per un ruolo sempre più incisivo da parte del nostro Paese rispetto alle problematiche individuate. Devo però ricordare che tutto ciò deve diventare un po' più determinato e stringente. So che non è facile e nessuno possiede la bacchetta magica. Però, quando lei giustamente richiama l'impegno dell'Italia rispetto all'OIL, fornisce una risposta solo indiretta a quanto ho scritto nella mia e nostra interpellanza, con riferimento alle inadempienza che anche numerose imprese italiane hanno nei confronti delle deliberazioni dell'OIL.
Devo anche prendere atto che l'espressione: «dialogo critico» oggi non è stata utilizzata. Io ho detto che mi auguravo che non si utilizzasse più questa formula ipocrita e mi ha fatto piacere notare che lei non lo ha fatto, mentre rispondeva alla mia interpellanza, mentre in quest'Aula il Ministro Chiti, per conto del Ministero degli affari esteri, ha adoperato questa espressione ritualmente, stare per dire, il 12 settembre. Pertanto, presso il Ministero degli affari esteri, in cui vi sono politici come lei e come il Ministro, nonché diplomatici di grande sensibilità e competenza, forse ci si è resi conto che laPag. 14formula del «dialogo critico», che può essere un'espressione ordinaria, in un contesto di rapporti ordinari, quando ci sono riserve e critiche rispetto ad un Paese può anche essere comprensibile ed utilizzabile. Tuttavia, quando ci sono le stragi, la repressione, gli arresti di massa, il lavoro forzato, le torture, l'emarginazione, il leader principale dell'opposizione da 17 anni agli arresti domiciliari e così via, quell'espressione suonerebbe beffarda e inadeguata. Prendo atto con soddisfazione che oggi non è stata utilizzata.
Concludo, preannunziando al rappresentante del Governo e tramite lui al Governo che nelle prossime settimane vi saranno ancora delle iniziative come queste, probabilmente da parte mia e di altri colleghi, non per criticare il Governo, perché sta compiendo un buon lavoro su questo terreno, ma per sottoporlo a pressione.
Ciò, affinché anche nelle sedi europee, nelle sedi internazionali, e soprattutto, nei rapporti diretti con i rappresentanti politici e diplomatici della ex Birmania, oggi Myanmar, il Governo possa far comprendere che il Parlamento italiano non abbasserà la guardia e continuerà ad avere un'attenzione assolutamente determinata su tali questioni anche per far in modo che nelle Assemblee legislative e nei confronti del Governo si rifletta l'allarme e la preoccupazione di gran parte dell'opinione pubblica, che mi auguro continui ad essere adeguatamente informata. Molte organizzazioni sindacali - ho citato prima la CISL perché fra i sindacati è quello più attivo al riguardo ma mi riferisco anche agli altri sindacati - e non, come altre organizzazioni a carattere di volontariato, di cooperazione internazionale, di ambientalismo e solidarietà, continuano a portare avanti, in prima persona e autonomamente, nella società civile ma anche, per il nostro tramite, nelle aule parlamentari il sostegno alla causa birmana.
Esprimo un augurio di buon al Governo italiano per quanto riguarda questa drammatica vicenda.
(Iniziative per l'attuazione del protocollo d'intesa relativo allo stabilimento Ritel di Rieti - n. 2-00770)
PRESIDENTE. L'onorevole Rositani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00770, concernente iniziative per l'attuazione del protocollo d'intesa relativo allo stabilimento Ritel di Rieti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
GUGLIELMO ROSITANI. Signor Presidente, illustro brevemente la mia interpellanza, perché la situazione drammatica dei lavoratori della ex Alcatel di Rieti mi ha imposto, dopo solo sei mesi da quando ho presentato l'ultima interpellanza sullo stesso argomento, di tornare nuovamente sulla medesima questione.
La vicenda ha inizio dalla situazione di crisi dello stabilimento della Alcatel di Rieti alla quale, attraverso impegni e mobilitazione, sembrava si fosse trovata una soluzione che andava a favore di più dei quattrocentocinquanta dipendenti, sia diretti sia per indotto, nella piccola provincia di Rieti. Infatti, il 26 giugno 2006, è stato firmato un protocollo d'intesa tra il Ministero dello sviluppo economico, la regione Lazio, Alcatel, Finmeccanica, Ritel - ossia la società che ha acquistato l'ex Alcatel - Asi, Sviluppo Italia, Filas e le organizzazioni sindacali.
Tale protocollo d'intesa aveva previsto il mantenimento da parte di Alcatel del settore ricerca, con la partecipazione della stessa società Ritel e di Finmeccanica; la costituzione da parte di Ritel, di Alcatel e di Finmeccanica di una società consortile finalizzata a favorire il mantenimento e l'implementazione delle attività di ricerca, nonché a garantire la loro positiva ricaduta sulle attività produttive del sito di Rieti. Un altro aspetto importante riguardava la costituzione da parte di Ritel di una fondazione per organizzare un centro studi e ricerche nel campo delle tecnologie riguardanti l'informazione e la comunicazione e l'impegno assunto da Finmeccanica che, oltre ad entrare nel consorzio di ricerca, avrebbe garantito trentacinquePag. 15commesse nei primi due anni, nei settori delle schede elettroniche, degli armadi assemblati, delle antenne, dei trasmettitore, dei modem ed altro. Infine, Alcatel, al fine di garantire la continuità produttiva ed occupazionale anche nel terzo, quarto e quinto anno, aveva assunto altri impegni (ma ancora non siamo giunti a tale momento).
L'unico dato che in questo momento ci sembra positivo attiene all'unico elemento che finora è stato confermato, vale a dire che la Ritel, la nuova società che ha acquistato lo stabilimento produttivo di Alcatel, ad ottobre dell'anno scorso ha presentato un piano industriale che rientrava negli accordi.
La regione Lazio, inoltre, si impegnava ad inserire il sito di Rieti nel distretto tecnologico dell'aerospaziale, a localizzare parti del progetto Galileo test range nel territorio reatino, a finanziare progetti di innovazione tecnologica e di ristrutturazione finalizzati alla riconversione del sito Alcatel.
Di tutto ciò si rendeva garante il Governo, in quanto al punto quinto del protocollo di intesa il Governo si impegnava, di fronte ai lavoratori, ai sindacati e a tutti i cittadini, a verificare l'attuazione degli accordi. Tuttavia, a parte il piano industriale presentato da Ritel, non risulta che vi siano stati movimenti a proposito. Ancora una volta chiediamo chiarimenti al Governo per sapere cosa intenda fare di fronte alla drammatica situazione di più di 400-450 lavoratori e 450 famiglie in una comunità di soli 50 mila abitanti, situazione che pesa moltissimo sull'economia e sullo stato di disagio.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.
FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, come l'onorevole Rositani ha già segnalato in ordine alla crisi aziendale fu sottoscritto un protocollo il 26 giugno 2006, con il quale il Ministero e la regione Lazio, insieme alle organizzazioni sindacali, manifestavano l'impegno ad attivare una serie di procedure intese a risolvere il problema occupazionale e, in modo particolare, a rilanciare l'attività industriale dell'azienda in un settore che potrebbe risultare oltremodo interessante.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 12,45)
FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. A tal fine è già stato ricordato che il 13 marzo 2007 si è svolto presso il Ministero dello sviluppo economico una riunione, alla quale hanno partecipato tutte le imprese coinvolte nel progetto, nonché le istituzioni locali e le organizzazioni sindacali. Nel corso della riunione sono stati evidenziati sia i passi avanti compiuti in termini di continuità delle attività produttive e di mantenimento dei livelli occupazionali, sia i ritardi registrati nella definizione dei nuovi assetti societari della società Ritel e nella costituzione del consorzio di ricerca e della fondazione.
Dopo tale incontro, è stata esercitata un'azione di stimolo verso le imprese e le amministrazioni affinché tali ritardi venissero superati. In particolare, per quanto attiene al consorzio di ricerca, fermo restando che i lavoratori addetti alla ricerca, circa 60, sono pienamente attivi, le società Alcatel, Finmeccanica e Ritel hanno già assunto le delibere necessarie alla costituzione del consorzio e alle rispettive quote di partecipazione disponendo anche il mandato relativo alla partecipazione azionaria. Restano ancora da definire le concrete modalità della sua gestione che verranno risolte nel corso dei prossimi mesi e, comunque, entro l'anno.
Relativamente agli assetti societari di Ritel, l'Alcatel ha già acquisito la propria quota, pari al 20 per cento, e la società finanziaria regionale Filas ha già deliberato la propria partecipazione. Per quanto attiene, inoltre, alla fondazione, si segnala che la stessa è già stata costituita e verrà ufficialmente presentata al CNEL il 22 ottobre prossimo.Pag. 16
Si evidenzia, inoltre, che gli occupati a tempo indeterminato in carico di Ritel risultano essere, oggi, pari a 215 unità (esattamente lo stesso numero già in carico ad Alcatel), mentre i lavoratori a tempo determinato sono pari a 150 unità. Il Governo, così come richiesto dalle istituzioni locali ed alle organizzazioni sindacali, convocherà un incontro di verifica su questi ed altri aspetti del protocollo per il prossimo 30 ottobre, giornata nella quale verranno operati tutti gli approfondimenti e le verifiche in ordine agli impegni assunti e all'avanzamento di un progetto che, obiettivamente, risulta essere tanto complicato quanto ambizioso, ma rispetto al quale gli elementi oggi disponibili confermano la fiducia e l'ottimismo manifestati tempo addietro.
PRESIDENTE. Il deputato Rositani ha facoltà di replicare.
GUGLIELMO ROSITANI. Signor Presidente, certamente non vi è il buio di sei mesi fa: ne prendo atto, ma il sottosegretario deve convenire con me che si tratta di movimenti estremamente lenti, che fanno rimanere i lavoratori di Rieti in continua tensione e in continua preoccupazione.
Il Governo, a mio parere, non è stato sufficientemente in allerta e solerte nel controllo. Prendiamo atto che, dopo un anno e quattro mesi, si inizia a muovere qualcosa: ci auguriamo che la riunione del 30 ottobre prossimo, preannunziata dal sottosegretario, possa mettere il Governo stesso in condizione di rendersi conto che siamo ancora, ahimè, sostanzialmente al punto di partenza. Mi rendo anche conto del fatto che il Governo non debba, diciamo così, prendere il fucile e sparare a qualcuno: stiamo «giocando», però, con centinaia di posti di lavoro ed è opportuno, pertanto, fare ulteriore pressione nei confronti degli enti e delle istituzioni che hanno assunto e sottoscritto chiaramente impegni che dovevano essere assolti nel più breve tempo possibile.
La ringrazio, comunque, per la risposta, ma ovviamente non mi ritengo soddisfatto.
(Ipotesi di soppressione dell'autorità portuale di Trapani - n. 2-00748)
PRESIDENTE. Il deputato Lucchese ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00748, concernente l'ipotesi di soppressione dell'autorità portuale di Trapani (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, illustro brevemente la mia interpellanza. Signor sottosegretario, come lei ben sa, l'autorità portuale di Trapani è stata istituita con un decreto del Presidente della Repubblica del 2 aprile 2003, ai sensi dell'articolo 6, comma 8, della legge 28 gennaio 1994, n. 84. L'istituzione dell'autorità portuale rappresenta, sia per Trapani, sia per tutta la provincia e per la Sicilia, una grande opportunità di sviluppo e di crescita, non solo economica, ma anche culturale. La presenza dell'autorità portuale ha determinato un grande sviluppo del territorio, sia attraverso l'attività propria del porto, sia come ritorno di immagine, di prestigio e di decoro, che ha visto il suo apice con l'America's cup del 2005, tenutasi a Trapani.
La gestione dell'autorità portuale si è dimostrata, pertanto, un valore aggiunto alla potenzialità del territorio, come supporto tecnico-logistico, sia in termini di attività commerciale, sia per la realizzazione di importanti opere strutturali per la sicurezza, il potenziamento e l'operatività del porto di Trapani.
Lo sviluppo del porto di Trapani (non solo commerciale, ma anche turistico) garantisce notevoli prospettive occupazionali e importanti elementi per la crescita economica e culturale della provincia di Trapani e della Sicilia. L'autorità portuale di Trapani, insieme ad altre quattro autorità portuali della Sicilia (Palermo, Messina, Catania e Augusta), farà parte, in futuro, di un'autorità portuale di sistema, il cosiddetto «sistema Sud» o «sistema Sicilia»: al Senato della Repubblica è già in discussione una proposta di legge in materia.Pag. 17
Bisogna anche tenere presente che, con la realizzazione del corridoio ferroviario Berlino-Palermo, i porti di Trapani e provincia saranno la porta d'ingresso del Mediterraneo, in relazione anche all'avvio, nel 2010, dell'area di libero scambio del Mediterraneo. Attorno al porto di Trapani sono anche riuniti i porti di Marsala, Mazara del Vallo, Egadi e Castellammare del Golfo, per una reciproca sinergia e surrogazione.
Con una nota del Ministero dei trasporti (Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima e interna), però, il 6 agosto scorso è stato comunicato l'avvio di un procedimento per la soppressione dell'autorità portuale di Trapani, riferito al triennio 2003-2004-2005, a norma dell'articolo 6, comma 10, della legge 28 gennaio 1994, n. 84. L'autorità portuale di Trapani, con una nota, ha chiesto l'annullamento in autotutela del procedimento avviato.
L'autorità portuale di Trapani - bisogna anche ricordare - ha a suo tempo trasmesso una dettagliata relazione che riporta i dati dell'anno 2005 completi e attendibili, in cui risulta che il volume di traffico di merci, per l'anno 2005, nel porto di Trapani supera i 3 milioni di tonnellate annue al netto del 90 per cento delle rinfuse liquide o a 200 mila Twenty-feet equivalent units (Teu), dimostrando la insussistenza dei presupposti per un'ipotesi di procedimento di soppressione, tanto più che, essendo il dato fornito relativo all'ultima annualità del triennio, si registrerebbe, anche in caso di ipotetici valori inferiori anomali per i primi due anni, una progressione favorevole, indice dell'inequivocabile ritorno alla normalità e conseguentemente del valore più consono attribuibile al reale movimento delle merci.
Tra l'altro, bisogna anche ricordare che l'articolo 1, comma 989, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), autorizza il Governo ad adottare per le autorità portuali, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, un regolamento volto a rivedere i criteri per l'istituzione delle autorità portuali e la verifica del possesso dei requisiti previsti per la conferma o la loro eventuale soppressione.
Poiché il Governo non ha ancora emanato il previsto regolamento, la stessa materia è stata nuovamente disciplinata dall'articolo 16 della legge 3 agosto 2007, n. 127, che ha riproposto il comma 989, aggiungendo il comma 989-bis, che autorizza il Ministero dei trasporti ad adottare, entro il 30 ottobre 2007, un regolamento volto a rivedere i criteri per l'istituzione delle autorità portuali e la verifica del possesso dei requisiti previsti per la conferma o la loro eventuale soppressione, tenendo conto della rilevanza dei porti, del collegamento con le reti strategiche, del volume dei traffici e della capacità di autofinanziamento.
Pertanto, si chiede al Governo se non ritenga opportuno porre fine alla vertenza instaurata, che non sembra suffragata da elementi certi. Occorre, piuttosto, tener conto del volume di traffico di merci, così com'è stato comunicato, del fatto che il Governo non ha ancora emanato il regolamento e che in regime di vacatio legis sarebbe opportuno quantomeno soprassedere - ma il procedimento dovrebbe in realtà essere revocato - in attesa che il regolamento verifichi le condizioni per poter continuare l'attività portuale, che per noi è l'elemento essenziale per continuare a esistere.
A noi ciò appare come una sorta di ostilità nei confronti di Trapani, di cui non si capisce il motivo, considerato che, a nostro avviso, i presupposti non sussistono. Se, infatti, si sopprimesse l'autorità portuale, ne soffrirebbe tutta l'economia del territorio, non solo della provincia di Trapani, ma di tutta la Sicilia. Quindi chiedo al Governo come intenda intervenire a fronte di questa situazione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture, Tommaso Casillo, ha facoltà di rispondere.
TOMMASO CASILLO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture. Signor Presidente, nell'attuale assetto ordinamentalePag. 18originatosi dalla ripartizione di competenze introdotta dal decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito in legge con modificazioni dall'articolo 1 della legge 17 luglio 2006, n. 233, che ha portato alla trasformazione dell'originario Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in due dicasteri distinti e al conseguente riordino delle relative attribuzioni, è sempre stata unanimemente riconosciuta e condivisa l'esigenza di affrontare le problematiche relative alle attribuzioni ostensibilmente più contigue sulla base di analisi e decisioni congiunte.
Il terreno prioritario su cui si estrinseca in concreto tale esigenza di concertazione è certamente quello dei porti, tenuto conto di come le strette implicazioni esistenti tra la realizzazione delle infrastrutture portuali e lo sviluppo dei traffici marittimi dipenda in maniera essenziale da una preventiva attività di pianificazione, fondata su una visione comune degli intenti da perseguire, così come dei mezzi per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
La questione sollevata nell'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Lucchese evidenzia una problematica che si incardina in maniera puntuale nel quadro che è stato qui avanti delineato.
Si riterrebbe, infatti, necessario riflettere con più attenzione sulla legittimità di alcuni procedimenti di verifica della sussistenza dei requisiti di cui al citato articolo 6, comma 8, della legge n. 84 del 1994, che risulterebbero aperti presso il Ministero dei trasporti nei confronti delle autorità portuali (come nel caso specifico dell'autorità portuale di Trapani e di altre), tenuto conto che gli stessi sono stati avviati in assenza del concerto di uno dei Ministri competenti per materia - il Ministro delle infrastrutture - nonché in virtù di una normativa destinata ad essere modificata nei suoi elementi essenziali.
Inoltre, è bene ricordare che non è ancora stato emanato il regolamento previsto dal comma 989, articolo 1, della legge n. 296 del 2006, come modificato dall'articolo 16 del decreto-legge 2 luglio del 2007 n. 81, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, che dovrà regolare i criteri per l'istituzione delle autorità portuali e la verifica del possesso dei requisiti previsti per la conferma o la loro eventuale soppressione.
Infatti, prescindendo dalle analisi sui flussi di traffico effettuate cui viene fatto riferimento, l'atto amministrativo emanato dal Ministero dei trasporti, Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima ed interna, del 6 agosto 2006, con cui si comunica l'avvio del procedimento per la soppressione dell'autorità portuale di Trapani, appare dissonante dal contesto normativo generale e si espone, pertanto, ad essere impugnato per illegittimità.
Nelle more dell'emanazione del regolamento succitato appare, pertanto, dubbia la legittimità dell'atto amministrativo che prevede la soppressione di un'autorità portuale.
PRESIDENTE. Il deputato Lucchese ha facoltà di replicare.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, signor sottosegretario, si può dire che non ho parole! Sono meravigliato di come il Ministero delle infrastrutture si dissoci dall'azione del Ministero dei trasporti. Non so come interpretare tale dissociazione, che condivide le mie ragioni se non nel merito e nella sostanza, quantomeno nella forma (anche se ritengo che sia nel merito sia nella sostanza non vi siano i presupposti per la soppressione dell'autorità portuale). Ritengo, comunque, di doverla interpretare, come una presa di posizione del Governo nel suo complesso, con cui viene smentita l'iniziativa, ancora in fase iniziale, della procedura per la soppressione che, quindi, a questo punto, dovrebbe essere ritirata. Se le parole hanno un senso e, poiché questa è un'Aula parlamentare e gli impegni qui si dovrebbero mantenere, questo è ciò che dovrebbe avvenire.
In questa sede è presente il Governo: non faccio distinzione tra il Ministero dei trasporti e il Ministero delle infrastrutture, ciò che conta è l'unitarietà del Governo e,Pag. 19pertanto, se esso, a nome del sottosegretario Casillo, ha assunto una posizione, ritengo che sia quella legittima, altrimenti, come ha affermato il sottosegretario, diventa illegittima! E chi la dovrebbe impugnare? I cittadini o l'autorità portuale di Trapani, quando sarà soppressa? Non mi sembra un percorso da seguire, perché non si deve giungere a compiere il danno per poi ripararlo.
Chiedo, pertanto, al Governo di riparare il danno fatto, di intervenire presso il Ministero dei trasporti, di predisporre con esso una Conferenza di servizi, di consultarsi reciprocamente e di decidere, in attesa dell'emanazione del regolamento, di revocare questo provvedimento, che non può restare una «spada di Damocle» sopra la popolazione della città di Trapani e della sua provincia, in attesa che sia emanato il regolamento.
Sarebbe più opportuno - e io mi aspettavo che vi fosse una risposta in tal senso - revocare il provvedimento, vista la sua illegittimità. Non c'è stato questo impegno, ma io lo chiedo comunque - e così deve essere - perché, altrimenti, non si ravvisa una serietà di intenti né tantomeno una corrispondenza di «amorosi sensi», che in questo Governo non sembra affatto esservi tra i propri Ministri. Ritengo, comunque, che, in quest'occasione, si possa richiedere unità e serietà di intenti.
Anche se sono soddisfatto di quanto affermato nella risposta dal sottosegretario Casillo in merito alla posizione che ha assunto il Ministero delle infrastrutture, rimango nel complesso molto insoddisfatto: forse non era necessario che pronunciassi questo parole, ma bastava che mi fermassi alla mia prima affermazione: non ho parole!
(Trasmissione di notizie riguardanti Thomas Kram, in relazione al suo presunto coinvolgimento nella strage di Bologna - n. 2-00766)
PRESIDENTE. Il deputato Raisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00766, concernente la trasmissione di notizie riguardanti Thomas Kram, in relazione al suo presunto coinvolgimento nella strage di Bologna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
ENZO RAISI. Signor Presidente, spero che il rappresentante del Governo, questa volta, si attenga alle domande che sono state poste perché, nei numerosi atti di sindacato ispettivo che sto presentando sulla strage di Bologna, spesso mi sento riproporre vecchie risposte; mi è successo anche tre o quattro settimane fa, come se nulla si fosse mosso negli ultimi tempi grazie alle indagini approfondite che sono state realizzate, prima grazie alla Commissione Mitrokhin e, successivamente, anche ad alcuni documenti da me portati, anche in questa sede, sul caso Kram.
Credo che il sottosegretario sappia benissimo chi è Kram: è l'unico terrorista accertato presente quel giorno a Bologna, sul quale non si è mai indagato, fino a che, nel dicembre scorso, si è consegnato alle autorità tedesche dopo 26 anni di latitanza, proprio dal 2 agosto 1980.
Kram si è consegnato e su di lui si è iniziato a creare un alibi. Vi è un'indagine in corso da parte della magistratura di Bologna; peraltro, adesso, è stata chiesta semplicemente una rogatoria internazionale per poter ascoltare Kram come persona informata sui fatti ed è già incredibile il fatto che vi sia questo capo di imputazione o, meglio, questa richiesta (magari fosse un capo di imputazione!).
Dunque, cosa sta succedendo? Si sta creando un alibi intorno a questo Kram, cercando di capire e di motivare la sua presenza quel giorno a Bologna, dato che essa è innegabile e accertata.
In una precedente interpellanza urgente ho ricevuto - mi sembra proprio da parte sua, signor sottosegretario - una risposta errata (di cui non attribuisco, ovviamente, la colpa a lei, ma a chi prepara questi documenti) e l'ho scritto nell'interpellanza urgente di oggi. Mi è stato detto, allora, che Kram era arrivato a Chiasso, dove fu fermato, ad un orario che non coincide con quello reale. Infatti, come le abbiamo spiegato nell'interpellanzaPag. 20urgente, siamo andati a rivedere gli orari dei treni di quel giorno: l'unico treno che poteva arrivare, quel giorno, da Karlsruhe, partiva da Amsterdam e arrivava alle 10,20 e non alle 12,08 come è stato sostenuto, in modo erroneo, nella risposta che mi è stata data precedentemente.
Addirittura, in quella risposta, si diceva che Kram aveva preso da Karlsruhe il treno delle ore 10,30 ed era arrivato alle ore 12,08: 450 chilometri percorsi in due ore, penso che sia una cosa fantastica: Non è possibile oggi, figuriamoci nel 1980!
Ma, attenzione: questo non è un dato da poco, perché crea un alibi al signor Kram, il quale dice di essere stato fermato alle 12,08 - proprio perché è arrivato alle 12,08! Quindi, allunga di due ore rispetto alle 10,20 - dopo di che viene fermato, la cosa si prolunga ed arriva tardi all'obiettivo che si era posto - cioè Firenze - e si ferma a Bologna e, casualmente, a Bologna succede quello che succede!
Kram dice ciò in un'intervista rilasciata questa estate a Il Manifesto. Si tratta di un'intervista in cui cerca di crearsi un alibi e che - guarda caso - riprende questa tesi per la quale sarebbe arrivato alle 12,08 e non alle 10,20. La stessa tesi è inserita anche in una relazione dell'allora minoranza della Commissione Mitrokhin: si sbagliano anche loro, indicando questo orario errato. Lo ha fatto anche il Governo nella risposta alla mia precedente interpellanza urgente e lo riprende questo signor Kram, che cita il dato della Commissione Mitrokhin (non so come sia venuto in possesso del testo della Commissione, sarebbe interessante appurarlo) in questa intervista, dove, tra l'altro, dice una serie di stupidaggini. Per chi è bolognese come me e conosce Bologna, è talmente chiaro che quando l'ho letta ho sorriso.
Cosa dice Kram? Egli afferma testualmente: «Mi svegliai tardi, feci colazione in qualche caffè vicino a piazza Maggiore. Poi mi incamminai verso la stazione su una grande strada, forse via dell'indipendenza». Ci sono due grandi strade che da piazza Maggiore portano alla stazione: via dell'indipendenza, appunto, e via Marconi. Quindi, Kram prosegue: «Le sirene tranciavano l'aria. Da lontano vidi sul piazzale della stazione il lampeggiante di ambulanze e mezzi dei pompieri. Si capiva che era successo qualcosa di grave. Non mi avvicinai». Prosegue Kram nell'intervista a Il Manifesto: «Dopo l'esperienza del giorno prima a Chiasso - dove era stato fermato dalla polizia su indicazione della polizia tedesca - non volevo incappare in nuovi controlli di polizia. Un taxi mi portò alla stazione delle autocorriere» e da qui arrivò a Firenze.
Chi conosce Bologna sa bene che da via dell'indipendenza e da via Marconi, che sono le uniche due grandi arterie che portano da piazza Maggiore alla stazione, non si vede il piazzale di quest'ultima. Quindi, da un qualsiasi punto di via dell'indipendenza è impossibile vedere il piazzale della stazione.
Ma, attenzione! La barzelletta è: «Un taxi mi portò alla stazione delle autocorriere». La stazione delle autocorriere a Bologna si trova accanto a quella ferroviaria. Quindi, Kram per fuggire dalla polizia avrebbe preso un taxi per giungere dove già si trovava!
Allora, è importante capire quale sia l'alibi, cioè è importante capire perché qualcuno abbia manipolato l'arrivo di Kram quel giorno a Chiasso, in quanto non corrisponde esattamente a quello che mi è stato detto precedentemente dal Governo.
Pertanto, ho appositamente formulato quesiti molto chiari e spero che mi venga data una risposta punto per punto. Vorrei ricordarli al signor sottosegretario, leggendoli testualmente affinché rimangano agli atti. Ho chiesto di conoscere: «su quali elementi e informazioni il sottosegretario Scotti abbia basato la sua risposta all'interpellanza urgente n. 2-00324 resa durante la seduta della Camera dei deputati del 25 gennaio 2007; a che ora Kram Thomas Michael, cittadino tedesco, nato a Berlino il 18 luglio 1948, risulta - sulla base delle informazioni agli atti della pubblica sicurezza - aver varcato il confine italiano a Chiasso, la mattina del 1o agosto 1980, proveniente da Karlsruhe con treno 201; se risulta - agli atti della pubblicaPag. 21sicurezza - che Kram, così come da esito della perquisizione subita la mattina del 1o agosto 1980, avesse al seguito uno o più bagagli (borse, valigie, eccetera); a che ora Thomas Kram risulta aver preso il treno diretto 307 Chiasso-Milano, sempre il 1o agosto 1980, secondo gli atti della pubblica sicurezza (polizia di frontiera di Ponte Chiasso); a che ora del 1o agosto 1980 venne inoltrato alle competenti articolazioni del Ministero dell'interno il telex predisposto dal dirigente dell'ufficio sicurezza di Chiasso Frontiera, dottor Emanuele Marotta, in ordine all'arrivo di Thomas Kram in territorio italiano; se risulti al Governo che, all'epoca delle indagini sulla strage di Bologna, gli organi inquirenti ebbero modo di raccogliere le testimonianze scritte dei tassisti in servizio nei pressi della stazione ferroviaria la mattina del 2 agosto 1980 e se, fra queste testimonianze, vi sia qualcuno che abbia riferito, a verbale, di aver preso a bordo, quella mattina, un turista tedesco diretto al terminal delle autocorriere; se agli atti della pubblica sicurezza risulti che Thomas Kram abbia soggiornato a Firenze il 2 agosto 1980 e i giorni seguenti; se, più in generale, vi siano tracce di Thomas Kram a Firenze prima e dopo la strage di Bologna».
Infatti, si parla dell'alibi di Kram che, come ho già dimostrato, ha già detto una serie di stupidaggini. L'alibi rappresenta, quindi, un elemento molto importante.
Vorrei citare, non a caso, una frase della corte d'appello di Bologna relativa al processo per la strage di Bologna a carico di Luigi Ciavardini. La corte d'appello di Bologna afferma che l'alibi che fornisce una persona accusata di un grave crimine, ancor di più se è consapevole, è una mossa processuale importantissima, che non deriva dal caso. Sagge parole!
Pertanto, cerchiamo di capire qual è l'alibi di Kram. Fino ad ora vi sono state delle manipolazioni circa il suo orario di arrivo. Inoltre - come ho già detto - Kram, in un'intervista, ha affermato stupidaggini che non corrispondono a verità. Ma per chi, non conoscendo Bologna, ha letto questa intervista, probabilmente, non era facile rendersene conto.
Adesso cerchiamo di capire dal Governo se, finalmente, sia possibile ricevere notizie chiare sulle domande precise, secche e nette che ho formulato con l'interpellanza urgente che ho presentato insieme agli altri colleghi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Scotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, vorrei ringraziare l'interpellante anche per la pazienza nella riproposizione dell'interpellanza in discussione, questa volta scandita nella formulazione dei diversi quesiti.
Cercherò di rispondere con altrettanta chiarezza premettendo che la mia risposta si fonda sulle acquisizioni operate dal Ministero dell'interno e dagli atti processuali, tenendo presente che, purtroppo, alcuni fra questi ultimi non sono più reperibili, considerati gli anni trascorsi.
L'onorevole interpellante è tornato sulla vicenda che ha già formato oggetto di altre risposte da parte del Governo e, in particolare, sull'ultima risposta fornita il 25 gennaio 2007, evidenziando - lo ha ripetuto anche ora - come non potesse corrispondere al vero quanto affermato relativamente al fatto che «in una nota trasmessa alla polizia di frontiera di Chiasso, si segnalava che Kram, partito da Karlsruhe alle ore 10,30 del 1o agosto 1980 con il treno 201, risulta essere entrato in Italia alle 12,08 diretto a Milano, dal valico di frontiera di Chiasso».
Tale informazione non corrisponde alla realtà - osserva l'interpellante - essendo impossibile che un treno partito da Karlsruhe, città sita nella Repubblica federale tedesca, potesse giungere a Chiasso dopo solo un'ora e mezzo di viaggio e non risultando alcun treno 201 con arrivo a Chiasso alle 12,08.
In tali termini do ragione all'interpellante: il fatto è - e di ciò mi scuso - chePag. 22forse c'è stata una non precisa indicazione nella precedente risposta; ma veniamo al punto.
Premetto che nella risposta del 25 gennaio 2007 l'informativa resa era in parte diversa da quella riportata come testuale dall'onorevole interrogante, in quanto il passo indicato era il seguente: «In una nota trasmessa dalla polizia di frontiera di Chiasso si segnalava - o si segnala - che Kram, partito da Karlsruhe alle ore 10,30 del 1o agosto 1980 con il treno 201, risulta essere entrato in Italia alle ore 12,08 con il treno 307 - l'equivoco riguarda i due treni: 201 e 307 - diretto a Milano dal valico di frontiera di Chiasso».
Era già questa la risposta: probabilmente c'è stata una superficialità, che forse posso attribuire anche a me stesso, nel non avere evidenziato che i treni sono due: 201 e 307.
Da tale frase risulta testualmente che il treno con il quale Kram si stava recando da Chiasso a Milano e sul quale venne identificato e perquisito è il 307, non il 201 come riferito nell'interpellanza, e che di conseguenza non si è mai affermata l'esistenza di un unico treno 201 che avrebbe collegato Chiasso a Milano.
Passerò ora alle singole domande. Come precisato dal Ministero dell'interno nel telegramma trasmesso all'ufficio di polizia di frontiera di Chiasso il 1o agosto 1980 alle ore 17,20 (o 17,26, non essendo tale ultima cifra chiaramente leggibile nel brogliaccio della polizia) acquisito a protocollo dallo stesso Ministero alle ore 18,20 del medesimo giorno, risulta che il Kram è entrato in Italia alle ore 12,08 a bordo del treno 307 diretto da Chiasso a Milano, essendo stato identificato su tale treno come Thomas Michael Kram, nato a Berlino il 18 luglio 1948 e residente a Bochum, attraverso carta d'identità rilasciata a Bochum il 25 marzo 1975, e sottoposto a perquisizione personale. Ci risulta, inoltre, che lo stesso era giunto a Chiasso alle ore 10,30 con treno 201 proveniente da Karlsruhe. Quindi, parte da Karlsruhe con il treno 201, giunge a Chiasso e prende l'altro treno, il 307.
L'errore è derivato dal fatto che nella prima comunicazione della procura di Bologna si diceva che il Kram era partito da Karlsruhe con il treno 201 alle ore 10,30, mentre egli era giunto a Chiasso alle ore 10,30 proveniente da Karlsruhe. Ecco spiegato da cosa nasce l'equivoco, ma l'equivoco, secondo me, può essere senz'altro risolto considerando i due treni (quindi, il primo collegamento con un treno e il secondo collegamento con l'altro treno).
Per quanto riguarda la richiesta di conoscere quali effetti personali fossero nella disponibilità del Kram all'atto della perquisizione, il Ministero dell'interno ha evidenziato che le uniche informazioni disponibili sul punto consistono nell'indicazione che venne sequestrata soltanto una lettera manoscritta.
Ulteriori notizie non sono più reperibili - comunica il Ministero dell'interno - in quanto il fascicolo relativo a Thomas Kram venne distrutto nel 1997 in seguito all'entrata in vigore dell'Accordo di Schengen, considerandolo semplicemente uno straniero entrato in Italia, ormai non più sottoposto a determinati vincoli di identificazione, in quanto cittadino dell'Unione europea.
Dalle informazioni fornite dalla procura della Repubblica di Bologna è emerso, inoltre, che nessuna delle persone presenti nei pressi della stazione, immediatamente prima o dopo l'attentato, sentite come testimoni, ha fornito riferimenti precisi relativi al trasporto di un turista tedesco diretto al terminal delle autocorriere di Bologna. Non abbiamo, quindi, elementi attraverso queste testimonianze per quanto riguarda specificamente quella indicazione.
Per quanto attiene alla presenza in Italia del Kram, come già si è detto in una precedente risposta, il Ministero dell'interno ha accertato il suo pernottamento in una stanza singola dell'albergo Centrale di Bologna la notte del 1o agosto, precisamente la stanza n. 21, con annotazione riportata alla pagina 130, numero progressivo 1481 del registro delle presenze, in cui risulta annotato anche il documento diPag. 23riconoscimento esibito, cioè la patente di guida n. 20344, rilasciata in data 11 novembre 1970.
Da tale registro risulta, inoltre, che la stanza venne assegnata al solo Kram, mentre non sono state rinvenute tracce di un suo pernottamento nella città di Firenze, né sono state rinvenute ulteriori tracce della presenza in Italia del Kram nei giorni successivi al 1o agosto 1980.
Spero in questo modo di aver risposto alle singole domande.
PRESIDENTE. Il deputato Raisi ha facoltà di replicare.
ENZO RAISI. Innanzitutto ringrazio il sottosegretario, perché la sua risposta mi dà ragione: qualcuno si è sbagliato. Posso poi essere malizioso e dire che qualcuno si è sbagliato apposta, perché mi sembra assurdo che la procura di Bologna faccia un errore così grossolano quando il telex originale della polizia è così facile da interpretare. Glielo leggo: «Con treno 307 delle ore 2:08 legali odierne entrata Italia diretto Milano cittadino tedesco Kram Thomas Michael, nato 18/07/48 a Berlino [...], rilasciato a Bochum. Predetto iscritto a formula 5 et 6.3, est stato sottoposto a perquisizione sotto aspetto doganale con esito negativo. Medesimo est qui giunto a Chiasso con treno numero 201 delle ore 10:30». Non può una procura fare un errore del genere, in primo luogo; in secondo luogo, come mai lo stesso errore viene fatto anche dalla relazione della minoranza nella Commissione Mitrockhin? È molto strana questa coincidenza!
Sa come ho scoperto tutto ciò? La cosa fa ridere: i misteri d'Italia ogni tanto hanno anche un po' di fortuna. L'ho scoperto attraverso un blog di alcuni cittadini bolognesi che, verificando la sua precedente risposta e gli orari dei treni, mi hanno dato queste informazioni, che sono corrette: non stava in piedi quello che è stato detto perché era impossibile che da Karlsruhe il Kram ci mettesse due ore per arrivare a Chiasso. Che questa risposta sia data da una procura che, in teoria, sta indagando, dovrebbe indagare (io ci credo, per carità), è un fatto molto grave.
È anche grave l'episodio dei fascicoli. Thomas Kram non è un cittadino qualunque: era segnalato anche nel 1994 nell'archivio della Polizia come un terrorista ricercato! I fascicoli spariscono: come è possibile? Si tratta di un soggetto che è stato latitante per 26 anni ed era nell'elenco della Polizia come terrorista ricercato da altre polizie!
Quando con la Commissione Mitrockhin siamo andati a verificare al SISMI il fascicolo di Kram, abbiamo scoperto che egli ha un fascicolo voluminosissimo, però si tratta di un fascicolo che si ferma a poche settimane prima del 1o agosto 1980, dopodiché di lui non si sa più nulla: anche questo è molto strano. Egli era già controllato quando studiava a Perugia, arrivano tutte le informazioni della Polizia tedesca su di lui e sul fatto che è membro componente delle cellule rivoluzionarie, collegate con Carlos.
Eppure, da poche settimane prima del 1980, quel fascicolo non contiene più nulla su Kram. Ciò è davvero molto strano: si dice che il fascicolo è stato mandato al macero perché, grazie al trattato di Schengen, non aveva alcun valore; eppure, nella lista della polizia del 1994 Kram era considerato un pericoloso terrorista internazionale. Dunque, o non si parlano fra loro oppure sono fatti strani. È strano che, nel fascicolo del SISMI, i documenti su questo personaggio, da poche settimane prima della strage, spariscono tutti. Non c'è più nulla: il fascicolo su Kram è enorme e poi non c'è più nulla. Sono molte le coincidenze che fanno pensare. Intanto, l'alibi del signor Kram, per le notizie che ci sono state rese finora, crolla, poiché nulla coincide. Egli afferma di essere andato a Firenze, ma della sua presenza in tale città non vi è traccia: a Bologna, dorme in albergo; a Firenze, invece, non si sa dove sia andato. Afferma inoltre di essersi recato a Milano perché doveva incontrare una persona: e non dico altro, poiché la prossima settimana - probabilmente - sapremo se davvero doveva incontrarla, considerato che la predettaPag. 24persona è stata interrogata dalla polizia di Bologna (nulla è stato ancora detto). Constateremo dunque se effettivamente tale testimonianza, che costituisce un altro pezzo dell'alibi, è vera o meno.
Certo, devo dire che oggi uscirò da quest'Aula soddisfatto. Non vi è traccia di Kram a Firenze; gli orari, poi, erano quelli che dicevamo noi: egli arriva a Chiasso alle 10,20 e prende il treno per Milano in tempo per arrivare a Bologna. O per arrivare a Firenze, se voleva effettivamente andare a Firenze: perché aveva tutto il tempo per arrivare quella notte a Firenze, prendendo i treni che sono indicati in questo telex. Sono poi stupidaggini quelle che egli dice su Bologna: su via dell'Indipendenza e sulla stazione delle autocorriere, che sono di fianco (mi sembra evidente); nessun tassista, poi, ricorda di aver trasportato quel giorno un turista tedesco e a Firenze - lo ripeto - non c'è traccia. Diciamo dunque che, fino a questo momento, l'alibi di Kram non c'è. Credo che questo sia un punto a favore di coloro che credono che, quel giorno, a Bologna Kram non si trovasse casualmente.
(Iniziative in merito ai test di ammissione alle facoltà universitarie - n. 2-00778)
PRESIDENTE. Il deputato Napoletano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00778, concernente iniziative in merito ai test di ammissione alle facoltà universitarie (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, signor sottosegretario, il rettore dell'università di Bari ha annullato, con proprio decreto, la prova d'ingresso alle facoltà di medicina ed odontoiatria tenutasi il 4 e 5 settembre ultimi scorsi, fissando nel contempo una nuova prova per i giorni 17 e 18 ottobre prossimi venturi. Ciò in conseguenza di un'indagine della magistratura barese che ha accertato una serie di irregolarità e di gravi ipotesi di reato commesse da un ampio numero di candidati in concorso con soggetti esterni e personale interno (amministrativo e docente) dell'ateneo pugliese. L'autonoma decisione del rettore è apparsa del tutto inopportuna ed errata, in contrasto con quanto asserito dallo stesso Ministro interpellato e dall'Avvocatura dello Stato, che ha ritenuto non valide le prove solo per coloro che sono stati - per così dire - scoperti, senza che fosse quindi necessario procedere all'annullamento dell'intera procedura selettiva. Gli studenti, defraudati da tale l'annullamento, si sono rivolti al TAR, che, proprio nella giornata di ieri, ha sospeso le nuove prove già fissate per il 17 e 18 ottobre, in attesa di acquisire - nei prossimi giorni - un'idonea documentazione per la valutazione del caso.
Sono dunque apparsi del tutto inconsistenti gli elementi probatori offerti dall'università per dimostrare l'asserita diffusività del fenomeno nell'ambito della prova selettiva de qua. Sta di fatto che l'annullamento della prova ha prodotto un'ingiustizia per coloro che si sono comportati correttamente, un danno per chi - avendo saputo di aver superato la prova - non ha partecipato ad altre prove selettive presso altre università, una discriminazione sul territorio nazionale fra coloro che hanno superato la prova a Bari e se la sono vista annullare e coloro che hanno superato la prova in altri atenei sospettati per gli stessi reati (Messina, Chieti, Ancona) e se la sono vista invece giustamente convalidare.
Ancora, vi è una ripercussione negativa sull'inizio dell'anno accademico - causando pertanto un danno agli studenti - e un ulteriore spesa per le famiglie degli studenti che hanno dovuto ricorrere al TAR.
Credo che la necessaria opera di moralizzazione per la quale incoraggiamo le stesse autorità accademiche non possa svolgersi in danno degli studenti onesti: l'onestà deve essere, infatti, motivo di apprezzamento e non di penalizzazione. Pertanto, si chiede al Ministro interpellato, in coerenza con quanto dallo stesso affermato, quali iniziative intenda adottare il Governo, nell'ambito dei propri poteri, perPag. 25contrastare un'evidente ingiustizia per tutti coloro che si sono comportati correttamente e se non voglia considerare i limiti della prova selettiva per test che, oltretutto, vanno anche al di là della preparazione specifica richiesta dalle discipline di studio previste dei corsi di laurea.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Luciano Modica, ha facoltà di rispondere.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'Università di Bari ha fornito un'ampia informazione in merito ai motivi che hanno indotto l'Ateneo all'annullamento delle prove scritte del 4 e 5 settembre scorso per l'ammissione ai corsi di laurea in medicina e odontoiatria. L'Università cita, in particolare, i decreti di sequestro probatorio notificati all'Ateneo, in base ai quali risultano accertati fatti di rilevanza penale che dimostrano i contatti avuti dagli studenti indagati con una articolata organizzazione esterna dotata di sofisticate apparecchiature elettroniche, attraverso le quali sono state fornite le risposte ai test. L'Ateneo cita, altresì, la nota con la quale è stato informato dalla procura della Repubblica di Bari dell'esistenza attuale di ulteriori e complesse indagini, dell'ampliamento progressivo del numero degli indagati e della natura tendenzialmente diffusiva del fenomeno (così dice la procura della Repubblica di Bari).
A seguito di tali comunicazioni, l'Università di Bari ha ritenuto che sussistessero elementi sufficienti per considerare compromessa la corretta modalità di svolgimento delle prove di ammissione ai suddetti corsi di laurea e che le circostanze di fatto, anche indipendentemente dal loro definitivo accertamento da parte dell'autorità giudiziaria, costituissero di per sé violazione di tutti i principi inerenti lo svolgimento di prove concorsuali (così scrive l'Ateneo di Bari). L'Ateneo sostiene, inoltre, l'irrilevanza dell'accertamento in concreto del contatto dei candidati con l'esterno, essendo sufficiente, ai fini della valutazione della legittimità o no delle procedure, la semplice possibilità che i candidati abbiano potuto comunicare con soggetti operanti fuori dalle aule.
Per quanto sopra, ritenuto che le prove in parola siano risultate espletate in violazione delle regole stabilite dalla normativa vigente, il rettore ha emanato il provvedimento di annullamento degli atti concorsuali per l'ammissione ai corsi di laurea in medicina e chirurgia ed in odontoiatria e protesi dentaria, ed ha disposto la ripetizione delle prove stesse per i giorni 17 e 18 ottobre, escludendo dalla partecipazione oltre quaranta candidati, perché indagati. È da sottolineare che il rettore dell'Università di Bari, con decreto del 19 settembre, ha annullato le prove predette nell'ambito dei propri poteri, riconosciuti ai sensi della normativa vigente in materia di autonomia universitaria. A seguito di tale decisione del rettore, il Ministero ha quindi provveduto ad organizzare la ripetizione delle prove. Come ha già comunicato l'interpellante, avverso il provvedimento rettorale sono stati presentati numerosi ricorsi da oltre duecento studenti ed è di queste ultime ore - è stato già riferito - la notizia che il TAR della Puglia ha ordinato la sospensione delle nuove prove di selezione fino all'esito della camera di consiglio del 26 ottobre prossimo. Come ricordato dagli onorevoli interpellanti, il Ministro, sulla base del parere espresso dall'Avvocatura dello Stato, ha ritenuto di non annullare su tutto il territorio nazionale le prove di ammissione ai corsi di laurea in medicina e in odontoiatria, disponendo l'esclusione dalle graduatorie degli studenti coinvolti nei reati sui quali le procure hanno condotto indagini.
Alle indicazioni del Ministro hanno ritenuto di adeguarsi, nella loro autonomia, gli altri atenei presso i quali si sospettano reati analoghi.
In merito alla questione delle errate formulazioni di alcune domande dei test, si fa presente che anche negli anni accademici 1999/2000 e 2004/2005 si verificarono analoghi problemi, ma non si ebbero conseguenze sulla legittimità delle prove,Pag. 26in quanto le graduatorie furono predisposte, come quest'anno, non tenendo conto delle domande di dubbia interpretazione. Si ricorda, infine, come già riferito in occasione della discussione di altri atti di sindacato ispettivo su analoghe problematiche, che il Ministro Mussi, nel corso di una conferenza stampa presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha fatto presente che sono già allo studio metodologie attraverso cui, il prossimo anno, potranno essere svolte con maggiore sicurezza di trasparenza e di imparzialità le prove di ammissione ai corsi di laurea a numero programmato a livello nazionale. Il Ministro ha altresì sostenuto l'opportunità di una complessiva riforma del sistema del numero chiuso ricordando, però, i vincoli europei sui parametri standard di formazione per le professioni per le quali è prevista la programmazione nazionale ed ha osservato che la riduzione dei corsi a numero chiuso deve essere correlata con i mezzi necessari agli atenei per fornire percorsi didattici adeguati.
Si rende pertanto necessaria una rivisitazione ex novo della legge n. 264 del 1999 e del sistema dei test di ingresso. A tale proposito, è già all'attenzione delle Camere un provvedimento, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione, nel quale si stabilisce che le prossime prove dovrebbero prevedere un punteggio totale di 105 punti, dei quali 80 determinati dal test e 25 in base ai risultati medi degli ultimi tre anni di scuola secondaria e a quello di maturità, in modo da valorizzare anche il curriculum scolastico degli aspiranti.
PRESIDENTE. Il deputato Napoletano ha facoltà di replicare.
FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, relativamente alle affermazioni esposte dal rappresentante del Governo, in primo luogo, devo apprezzare la posizione che l'Esecutivo ha mantenuto nel caso di specie poiché il Ministro Mussi è stato esplicito nel dichiarare - al tempo della presa di posizione del rettore di Bari - e anche sulla scorta del parere dell'Avvocatura, che non vi fossero elementi giuridici per poter procedere all'annullamento delle prove. Però, è chiaro che abbiamo una legislazione che conferisce alcuni poteri - riconosciuti, dunque - alla scuola, al rettore. Il rettore ha proceduto, quindi, autonomamente all'annullamento delle prove, con una decisione che non esito a definire sconcertante, in presenza di una posizione del Governo e dell'Avvocatura dello Stato, non degli avvocati di fiducia di Tizio o di Caio all'interno dell'Ateneo. Naturalmente, siamo convinti assertori dell'autonomia scolastica, signor sottosegretario. Tuttavia, non vi possono essere difformità di vedute nell'ambito del territorio nazionale su interpretazione di fatti e di norme che possono creare ingiustizie e discriminazioni, perché altrimenti se parliamo di federalismo e di autonomie e ognuno si comporta diversamente non so dove vada a finire il concetto di unità nazionale, se dovremo subire gli arbitrii dei soggetti che non sempre mostrano un equilibrio nelle decisioni, dopo l'acquisizione, ovviamente, anche delle valutazioni tecniche. In buona sostanza, nella pubblica amministrazione, nello Stato, non possono esservi due pesi e due misure. Non si possono penalizzare gli studenti che credono fermamente nei valori dello studio e nel rispetto delle regole. Pertanto, non possiamo affidarci soltanto alla pur necessaria opera della magistratura amministrativa che, come abbiamo constatato, ha già fatto presente all'Ateneo barese che i documenti offerti a supporto delle sue tesi non erano sufficienti e, di conseguenza, ha chiesto alla procura della Repubblica di fornire la documentazione in suo possesso, perché quella prodotta in giudizio dall'Ateneo era incompleta, per verificare, alla luce della nuova documentazione, se effettivamente la diffusione delle irregolarità colpisse anche quei 200 o 300 su 1.500-1.800 che hanno superato il test e che magari hanno consumato l'estate per prepararsi e che ora vengono penalizzati perché a certi disonesti, compresi alcuni indagati tra cui non solo studenti, ma anche personale all'internoPag. 27degli atenei, sono state contestate ipotesi di associazione a delinquere, corruzione e truffa ai danni dello Stato.
Quindi, non possiamo affidare solo alla magistratura un'opera di moralizzazione, ma dobbiamo assumerla in prima persona. Pertanto, se è vero che le procedure per test (non solo quest'anno, ma anche negli anni scorsi) cominciano a produrre falle, a creare crepe, a creare violazioni di legge, a generare corruzione e corruttele (le più generalizzate), credo che il Governo, in relazione a quanto avvenuto e segnatamente alle irregolarità accertate e alla inidoneità dei test cui faceva riferimento il sottosegretario, nel suo intervento, debba approfondire e rivedere la materia al fine di impedire che quanto accaduto possa ripetersi.
Rivediamo, quindi, anche le norme che possono aver generato questi mostri e facciamo in modo che i test siano effettivamente rispondenti, se proprio è necessario farli, alle discipline che quelle facoltà universitarie effettivamente richiedono altrimenti diventa un terno al lotto che finisce per penalizzare gli studenti che sono stati onesti e rispettosi delle regole e le loro famiglie, che dovranno sopportare i costi delle procedure di diritto amministrativo per chiedere una giustizia che, a questo punto, la sede politica deve assicurare ridisciplinando la materia.
(Iniziative per la riforma del corso di laurea magistrale - n. 2-00756)
PRESIDENTE. Il deputato Tranfaglia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00756, concernente iniziative per la riforma del corso di laurea magistrale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, la nostra interpellanza affronta un aspetto tuttora non risolto della riforma universitaria approvata nella XIII legislatura e ripresa, per alcuni aspetti, dalla XIV legislatura. In realtà, la nostra preoccupazione nasce da due aspetti, a nostro avviso, entrambi importanti: il primo riguarda il problema delle lauree in precedenza indicate come specialistiche e poi come magistrali e il secondo problema riguarda la nascita, abbastanza recente, di nuove università non pubbliche. Per quanto riguarda il primo aspetto chi ha partecipato all'elaborazione della riforma universitaria della XIII legislatura ha ben presente che l'attenzione venne dedicata, in modo quasi assorbente, all'istituzione del triennio (quindi, alla laurea triennale) e rimase poco tempo per elaborare in maniera compiuta il successivo livello di studi.
D'altra parte, ciò che è successo nelle università italiane negli ultimi anni ha posto all'attenzione dei legislatori, come dell'Esecutivo, il problema della precisazione e del successivo intervento sulle lauree magistrali, sia perché, in molti casi e in misura determinante, gli studenti non si fermano al primo livello della laurea, ma proseguono gli studi - quindi, ci troviamo di fronte una popolazione ampia che giustamente vuole raggiungere il secondo livello della laurea - sia perché effettivamente corriamo il rischio oggi - anzi, lo perseguiamo - di permettere ai giovani di arrivare alla laurea magistrale senza aver mai scritto una propria elaborazione personale. Questo perché le università, nell'attuare le disposizioni in materia, non hanno previsto una dissertazione finale al termine della laurea magistrale. Riteniamo, con riferimento a questo primo aspetto, che il legislatore, ma prima di tutto il Governo, dovrebbero intervenire in questo campo per salvaguardare una maggiore serietà ed approfondimento degli studi.
Per quanto riguarda le università sorte negli ultimi anni, abbiamo potuto verificare come in molti casi non ci siano i requisiti previsti dalle leggi. Inoltre, viene permessa l'istituzione di nuovi corsi di laurea, anche magistrale, in mancanza deiPag. 28requisiti che, all'atto dell'approvazione della riforma universitaria, erano assolutamente necessari.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Luciano Modica, ha facoltà di rispondere.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, come è noto agli onorevoli interpellanti, la nuova architettura degli ordinamenti didattici universitari è stata introdotta nel nostro Paese a seguito ed in adesione agli impegni sottoscritti nel 1998 e nel 1999 rispettivamente con le dichiarazioni della Sorbona e di Bologna.
Il nuovo sistema dei corsi di studio di I e II livello, cioè laurea e laurea specialistica o magistrale, è stato recepito con il regolamento n. 509 del 1999, successivamente sostituito con il regolamento n. 270 del 2004, in base al quale è stata poi disposta, già nella scorsa legislatura, la revisione di tutte le classi dei corsi di studi universitari approvate ai sensi del regolamento n. 509 del 1999.
I relativi decreti applicativi, sui quali è stato effettuato un riesame a seguito dell'insediamento del nuovo Governo ed una ulteriore valutazione da parte del CUN e della CRUI, sono stati definitivamente emanati dal Ministro Mussi in data 16 marzo 2007. Obiettivo primario della revisione delle classi dei corsi di studio è stato rendere i corsi di studio universitari più aderenti alle esigenze della formazione culturale e professionale, nonché del mercato del lavoro, di ridurre ancora il tasso di abbandono degli studenti e i tempi medi di acquisizione dei relativi titoli accademici. Tali obiettivi sono stati in parte già conseguiti nel corso degli ultimi anni, come rilevato dalle indagini che ogni anno presentano i consorzi Almalaurea e CILEA.
Per sostenere meglio l'elevazione del livello di qualità degli studi, il Ministero ha avviato una serie di iniziative, tra le quali l'istituzione per legge dell'Agenzia nazionale per la valutazione dell'università e della ricerca e l'approvazione del cosiddetto «pacchetto serietà», preordinate in particolare al contenimento della proliferazione dei corsi di laurea e degli insediamenti di università in sedi diverse dalla sede legale dell'ateneo.
Con il recente decreto ministeriale del 27 luglio 2007 sono state, inoltre, adottate le linee guida per l'imminente riprogettazione, in due o anche in tre anni, da parte degli atenei, dei corsi di studio di I e II livello, in attuazione dei provvedimenti ministeriali sulle classi. Le indicazioni contenute nelle linee guida mirano anche alla razionalizzazione di tutta l'offerta formativa, sulla base di accurate proposte formulate dal Comitato nazionale di valutazione.
In tali linee guida, trova posto anche la soluzione del problema segnalato dagli onorevoli interpellanti sulla revisione dei contenuti didattici e formativi dei corsi di laurea magistrale. In particolare, si indica l'obiettivo di una maggiore articolazione dei percorsi formativi, in particolare di secondo livello, al fine di garantire un'offerta formativa ampia e variata, prevedendo anche che l'accesso ad un medesimo corso di laurea magistrale risulti possibile a laureati provenienti da più corsi di laurea, anche afferenti a classi diverse, con effetti positivi anche in relazione alla valorizzazione dell'interdisciplinarietà. Dovrà, inoltre, essere assicurata la disponibilità di docenza di ruolo necessaria per sostenere i corsi in particolare nei settori scientifico-disciplinari che li caratterizzano.
Per quanto riguarda la tesi di laurea magistrale, sia il decreto ministeriale n. 509 del 1999, che il decreto ministeriale n. 270 del 2004, la rendono obbligatoria per tutti i corsi di laurea magistrale. La tesi deve essere elaborata in modo originale - così recita la norma - dallo studente sotto la guida di un relatore. Nel decreto ministeriale n. 270 del 2004, però, a differenza del precedente, non è previsto un numero minimo di crediti formativi universitari, quindi di impegno di studio dello studente, da riservare, in ciascunPag. 29ordinamento didattico, alla preparazione della tesi di laurea magistrale.
Il Ministero ha allo studio la possibilità di modificare ulteriormente la normativa vigente per garantire, come chiedono gli onorevoli interpellanti, un ruolo ed un'attenzione formativa particolarmente significativi alla tesi di laurea magistrale e comunque, nelle more, di dare indirizzi in tal senso agli atenei.
Nella fase di prossimo riordino dei corsi, i requisiti di efficacia, efficienza e di qualificazione dovranno essere applicati da tutti gli atenei, statali e non statali, in attesa della definizione da parte dell'Agenzia di valutazione di apposite procedure di accreditamento, assai più rigorose di quelle attuali.
In particolare, le università non statali sorte negli ultimi anni a seguito delle prescrizioni contenute nei piani di sviluppo 2001/2003 e 2004/2006 sono tenute a presentare al Ministero un programma rigoroso per la verifica del possesso dei requisiti di efficacia, efficienza e qualificazione entro i prossimi tre anni, pena la revoca dell'autorizzazione al rilascio dei titoli accademici ovvero pena l'erogazione di penalità finanziarie nell'ambito dell'assegnazione dei contributi statali di funzionamento.
Inoltre, devo far presente che, allo stato attuale, l'istituzione di nuove università viene prevista nell'ambito delle procedure relative alla programmazione triennale del sistema universitario, regolate dal decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25, modificato dalla legge 31 marzo 2005, n. 43. In attuazione di questa nuova normativa è stato adottato e già registrato il decreto ministeriale 3 luglio 2007, n. 362, con il quale sono state definite le linee generali di indirizzo della programmazione delle università per il triennio 2007-2009.
L'articolo 5 di tale provvedimento dispone che potranno essere presentate proposte di istituzione di nuove università non statali che prevedano, però, corsi di laurea e di laurea magistrale, congiuntamente a significative attività di ricerca, esclusivamente in aree disciplinari di particolare interesse nazionale e comunitario individuate con successivo decreto del Ministro. Lo stesso provvedimento definirà anche le modalità ed il termine di presentazione delle proposte, nonché i parametri ed i criteri per la loro valutazione.
PRESIDENTE. Il deputato Tranfaglia ha facoltà di replicare.
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, sono soddisfatto della risposta; nello stesso tempo ritengo che il Governo potrà adottare altre misure, alcune delle quali già annunziate, che vadano nella direzione dell'indicazione precisa dei requisiti per l'istituzione delle lauree magistrali. Infatti, le università che, negli anni scorsi, a mia conoscenza, non avevano questi requisiti, non devono essere più in condizione di tenere corsi di laurea magistrali in mancanza degli stessi.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.