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Informativa urgente del Governo sul grave incidente verificatosi il 9 ottobre 2007 presso lo stabilimento di Colleferro della Simmel difesa (ore 20.37).
(Interventi)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, è molto importante la discussione che stiamo svolgendo, aperta dall'informativa del Governo sul tragico episodio del 9 ottobre scorso, quando, con un'esplosione alla fabbrica di armamenti Simmel Difesa di Colleferro, un operaio, Roberto Pignalberi, ha perso la vita e altri tredici operai sono rimasti feriti.
In questo dibattito è innanzitutto prioritario chiedere l'accertamento pieno dei fatti: è necessario che le attività di indagine, disposte dal nucleo ispettivo della legazione provinciale del Ministero del lavoro e dalle altre autorità e quella attivata dalla procura della Repubblica di Velletri, possano permetterci di risalire, in tempi rapidi, alle cause e alle responsabilità di questo grave disastro.
L'impegno delle istituzioni per l'individuazione delle reali cause dell'esplosione e nelle verifiche sul regolare svolgimento dell'attività di fabbricazione di armi ed esplosivi, sulla funzionalità dei macchinari e sul rispetto delle misure di sicurezza nella fabbrica di Colleferro deve essere forte, coerente e rigoroso. Dobbiamo questo impegno alla memoria del giovane operaio deceduto e ai suoi colleghi feriti nell'esplosione. Dobbiamo questo impegno a tutti i lavoratori della Simmel, ai loro familiari e a tutto il mondo del lavoro del comprensorio di Colleferro che, su iniziativa dei sindacati, sul tema della sicurezza e in memoria di Roberto Pignalberi, il giorno dopo la tragedia ha indetto uno sciopero territoriale di quattro ore.
È stata una tragedia, ma poteva essere una strage. Al momento dell'esplosione, nel reparto 5220 erano impegnati in diverse mansioni 20 o 25 operai. All'interno dello stabilimento lavorano complessivamente 220 operai su più turni e ogni reparto è diviso da sovrappieni di terra, per evitare, in caso di incidenti, che esplosioni o incendi interessino tutta la fabbrica.
Quando si lavora per creare munizioni ed esplosivi il rischio è sempre altissimo. Proprio nella stessa fabbrica - dove anche allora si producevano armamenti - il 29 gennaio del 1938, in una tremenda esplosione, che a Colleferro viene ancora ricordata, morirono 60 operai e 1.500 persone rimasero ferite, anche gravemente.
La discussione di oggi è importante per riproporre anche il tema della sicurezza sui posti di lavoro, come affermava il sottosegretario. Ricordiamo tutti il monito del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Secondo i dati Eurispes, dal 2003 al 2006 in Italia i morti sul lavoro sono stati 5.252, ossia si è verificato un incidente ogni 15 lavoratori e un morto ogni 8.100 addetti.
Secondo l'istituto di ricerca, ogni anno in Italia le morti bianche sono in mediaPag. 81oltre 1.300; poco meno del 70 per cento dei lavoratori perde la vita cadendo da impalcature nel settore edilizio o per ribaltamento del trattore nel settore agricolo. L'età media dei morti è di 37 anni e gli immigrati deceduti sono l'11 per cento, mentre le donne morte sono il 7,7 per cento.
Quello che Giorgio Napolitano ha dichiarato essere un peso enorme, umano e sociale, è rappresentato da queste cifre: il Presidente della Repubblica ha sottolineato l'esigenza di indignarsi per le morti bianche, di non limitarsi alla denuncia, di garantire vigilanza e repressione, rispetto delle norme vigenti, controlli e normative più adeguate.
Il tema della sicurezza sul lavoro deve essere una questione centrale nell'azione del Governo, delle amministrazioni locali e dell'intero Paese. Non basta il cordoglio, la solidarietà doverosa espressa alle vittime e ai familiari, anche perché la lista ogni giorno, purtroppo, si allunga. Oggi è toccato morire sul posto di lavoro a un giovane operaio, dipendente di una ditta appaltatrice impegnata nel cantiere della centrale ENEL di Torrevaldaliga, a Civitavecchia: è stato colpito dal tubo di un ponteggio, che gli è precipitato sulla testa.
Capita, purtroppo, tutti i giorni che nel nostro Paese lavoratori che svolgono attività soprattutto usuranti, nei cantieri e nei campi, possano perdere la vita. Il più delle volte hanno un lavoro a tempo determinato, precario e mal pagato: è proprio per questo che è giunto il momento che le istituzioni si facciano carico di garantire misure di sostegno adeguate alle vittime del lavoro e ai familiari, per impedire che al dramma della perdita di un padre, di una madre o di un figlio, che rappresentavano magari l'unica possibilità di reddito, possa aggiungersi la paura quotidiana di non farcela a sostenere la propria famiglia e la condanna ulteriore della miseria, da scontare in solitudine.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONIO RUGGHIA. La discussione di oggi ci permette di conoscere meglio il comprensorio di Colleferro, di individuare misure di sostegno e riqualificazione...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONIO RUGGHIA. Ho esaurito i cinque minuti? Pensavo che fosse un avviso, signor Presidente. Per concludere, taglio una parte del mio intervento.
Crediamo che Colleferro e la Valle del Sacco meritino l'attenzione del Parlamento.
Nel distretto di Colleferro i programmi di sviluppo devono prevedere anche un piano di riconversione dell'industria bellica per garantire occupazione e maggiore sicurezza ai lavoratori con attività a maggiore competitività tecnologica e con minori ricadute possibili sul piano sociale e ambientale. È forse questo l'unico modo per dare un futuro a un comprensorio in crisi ormai da molti anni e per onorare la memoria di Roberto Pignalberi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santori. Ne ha facoltà.
ANGELO SANTORI. Ringrazio il rappresentante del Governo per l'informativa puntuale e precisa.
Signor Presidente, mi soffermo su alcuni aspetti che credo estremamente importanti. La sicurezza nell'ambito del lavoro deve essere l'obiettivo cui ogni azienda, piccola o grande che sia, non può sottrarsi e costituisce la certezza cui ogni lavoratore ha diritto. La tragedia che purtroppo è accaduta all'interno della Simmel Difesa di Colleferro ha generato stupore in quanti, ben conoscendo l'altissimo livello di sicurezza dell'impianto - mi sembra che lo abbia ricordato anche il rappresentante del Governo - mai avrebbero supposto che potesse verificarsi quanto accaduto. Non è aumentato il numero delle vittime proprio per il rispetto puntuale e concreto delle norme di sicurezza.
Da ricordare, come già è stato fatto, che la Simmel Difesa di Colleferro, produce armi di difesa regolarmente autorizzate e, quindi, controllate. C'è stato tanto clamore giornalistico, che vorrei in questaPag. 82circostanza ricordare. Credo sia auspicabile che lo stesso clamore ed interesse venga riservato anche ad altri incidenti sul lavoro.
Infatti, soprattutto per il territorio di Colleferro, si è trattato di una tragedia immane che ha ricordato vecchie tragedie; però, credo che quando si parla di incidenti sul lavoro, lo si debba fare con grande rispetto soprattutto per coloro che lavorano.
Signor Presidente, credo che non bisogna trascurare che nel territorio di Colleferro la fabbrica della Simmel Difesa, che occupa stabilmente 160 operai altamente qualificati, è un punto di forza dell'economia locale. Attualmente, quindi, con angoscia le famiglie dei lavoratori vivono il problema della sospensione delle attività produttive. Anche per questo motivo, vorrei sollecitare il rappresentante del Governo affinché la commissione concluda la sua attività giungendo ad un accertamento su come si sono svolti i fatti.
Credo sia anche importante sollecitarla, non per mettere fretta: la sicurezza sul posto di lavoro non può avere tempi ristretti. Ritengo, però, che sia importante tenere conto del fatto che 160 famiglie aspettano con angoscia la soluzione dei problemi anche per riprendere l'attività lavorativa.
Inoltre, vorrei aggiungere un altro aspetto, che credo sia estremamente importante. Sarebbe auspicabile che lo stesso clamore ed interesse - voglio sottolinearlo - venisse riservato dalla stampa ogni qual volta si verificano incidenti sul lavoro, perché il richiamo del Presidente della Repubblica è serio e opportuno e sul quale tutti quanti noi dobbiamo riflettere. Dobbiamo porre in essere tutti gli strumenti utili e necessari per evitare che accadano simili incidenti, anche se in uno stabilimento come quello i rischi rispetto a tanti altri posti di lavoro sono certamente più alti.
In conclusione, auspico che il Governo si impegni non solo su quanto già ho detto, ma anche su un fatto estremamente importante, ossia la costruzione di un nuovo edificio dei vigili del fuoco, perché il luogo in cui oggi è ubicata la caserma dei vigili del fuoco di certo non risponde più alle esigenze di Colleferro, che è un'area industriale.
Credo che non ci sia assolutamente bisogno - e concludo signor Presidente - del dualismo tra la città di Colleferro e quella di Valmontone, perché è sotto gli occhi di tutti il fatto che la città di Colleferro abbia più bisogno e più necessità, proprio per rispondere alle esigenze di sicurezza dei lavoratori. Naturalmente - e concludo - anch'io mi associo all'intervento del rappresentante del Governo ed esprimo la vicinanza alle famiglie, a quella del signor Roberto Pignalberi, che è deceduto, e a tutti i feriti che hanno subìto un notevole danno, anche di tipo traumatico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, mi associo nel ringraziare il rappresentante del Governo, il sottosegretario Rosati, per l'illustrazione e la ricostruzione che, allo stato delle informative, ha potuto rendere oggi in Parlamento. Lo ringrazio per aver accettato la nostra sollecitazione a venire a riferire in merito ad un incidente assolutamente grave, allo stato ancora inspiegabile e che, tuttavia, ripropone - come anche altri colleghi hanno sottolineato - l'angoscioso tema della sicurezza e delle morti sul lavoro.
Ritengo che quando ci si trovi al cospetto di una morte bianca di un operaio giovane le parole non abbiano senso. Credo che sia difficile, oggi, commemorare con parole adeguate quanto l'angoscia abbia colpito quella famiglia ed il trauma che ne è derivato. Mi associo anch'io alle condoglianze nei confronti dei familiari ed esprimo l'augurio più sincero e più forte per i numerosi feriti che si sono registrati in quella drammatica giornata.
Colleferro è un ambito territoriale particolare, perché è nato - lei lo sa, signor sottosegretario - intorno ad un opificio industriale che, fin dall'inizio, ha realizzato lavorazioni nel campo degli esplosivi.Pag. 83Vi è, quindi, anche una sorta di giacimento culturale e professionale, che ha portato nel corso del tempo ad un grande processo di modernizzazione degli impianti, soprattutto sotto il profilo della sicurezza. Chi, come me, conosce quel territorio in maniera molto approfondita sa quanto, soprattutto negli ultimi anni, si sia investito in quell'ambito sul tema della sicurezza, pur sapendo che si hanno di fronte industrie particolarmente sensibili.
La ringrazio per aver fornito, all'inizio del suo intervento, un riferimento al quadro normativo complessivo e a tutta una serie di adempimenti che devono essere osservati e che, nel caso specifico, sulla base di quanto lei ha correttamente riferito, sono stati rispettati. Questo rende ancora più drammatica la situazione rispetto all'incidente che si è determinato.
Vorrei, altresì, riportare - per aggiungere qualche ulteriore elemento informativo raccolto anche tra i tecnici che erano presenti al momento dello scoppio - che nel luogo in cui si è verificato lo scoppio non vi erano operai, come è giusto che sia, nel rispetto di quelle norme che lei stesso ha richiamato. Ciò rende il quadro ancora più complesso dal punto di vista dell'individuazione della causa dello scoppio e mi porta ad avanzare un'altra considerazione: quando si trattano materiali esplosivi - e, quindi, quando ci si trova di fronte a industrie di questo tenore - al di là di quelle che possono essere le opzioni di eventuali riconversioni future, credo che correttamente dovremmo porci di fronte al problema di capire esattamente di cosa stiamo parlando, perché si tratta di armamenti convenzionali.
Parliamo di un'industria che fornisce munizionamento al Ministero della difesa e poi partecipa - come correttamente fanno tante altre aziende di questo tipo - a gare internazionali per ottenere commesse. Quindi, bisogna prestare attenzione quando tracciamo un percorso che sembra debba essere esclusivo dell'Italia nel rinunciare a determinate attività. Nessuno vuole proporre missioni guerrafondaie, oppure dire che la guerra ha aspetti positivi. Ma viviamo in questo mondo e in questa realtà. Esistono attività industriali di questo tipo che, a maggior ragione, debbono essere garantite da un ambito di sicurezza direi quasi assoluta.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SILVANO MOFFA. Voglio concludere, ma chiedo ancora un po' di tempo, cortesemente, al Presidente. Questo incidente - di cui apprenderemo più chiaramente le dinamiche soltanto al termine dell'indagine che lei stesso ha richiamato - ha riproposto, tuttavia, il tema del soccorso.
Poc'anzi l'onorevole Santori ha richiamato la necessità - lei, signor sottosegretario, se ne è interessato direttamente - del problema connesso alla presenza dei vigili del fuoco nel comune di Colleferro, dove non vi è solo questa industria sensibile e pericolosa, ma ve ne sono anche altre.
Pertanto, dal Governo mi aspetterei una parola definitiva e chiara sul fatto che non vi possa essere alcuna ipotesi di dislocamento altrove, fuori dall'ambito urbano della caserma dei vigili del fuoco. Dico questo anche perché devo dare atto ai vigili del fuoco che - nonostante le difficoltà in una giornata particolare (dove, tra l'altro, vi era anche il mercato che, spesso, blocca le attività di quella caserma proprio perché è ubicata male) - sono stati davvero solleciti nell'intervento e vi è stato un soccorso adeguato. Quel piano di emergenza che lei ha richiamato - sia interno, ma anche esterno - per fortuna ha funzionato...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SILVANO MOFFA. ...altrimenti, forse, oggi, parleremmo di una tragedia ancora più grave.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rocchi. Ne ha facoltà.
AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per l'informativa che ha reso. In occasioni come queste, si corre sempre il rischio di fare quelloPag. 84che non dovremmo fare, ossia una sorta di retorica. Al contrario, vicende come questa chiedono che il nostro lavoro produca fatti concreti, che intervengano sul terreno della prevenzione e della sicurezza sul lavoro; forse, è il modo migliore di rendere omaggio e solidarietà a chi è stato colpito da questi incidenti.
Vorrei ricordare che questo Parlamento ha approvato una legge importantissima prima della pausa estiva: il testo unico sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. In quella legge, come sappiamo, quasi tutti gli articoli contenevano norme che sono entrate immediatamente in vigore. Nella parte di delega al Governo (che, entro nove mesi, deve emanare decreti attuativi) sono, invece, presenti norme che non sono ancora entrate in vigore. Ritengo che questa vicenda - come altre - richieda l'anticipazione dell'attuazione, almeno di due norme precise, le quali sono previste nel citato testo unico testo unico sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
La prima previsione concerne la possibilità di intervenire immediatamente modificando la legge 14 febbraio 2003, n. 30, che consentirebbe di utilizzare il lavoro somministrato (come si chiama adesso) o, se preferite, interinale, in una serie di lavorazioni come quelle ad esposizioni pericolose di agenti chimici e biologici, nell'utilizzo di varie attrezzature delicate (che sono già elencate e citate in provvedimenti ad hoc) e in certi tipi di lavorazione in cui, per durata, gravità ed esposizione ad agenti chimici e biologici pericolosi (nonché ovviamente - come nel caso di Colleferro - per le materie esplosive), possono essere utilizzati lavoratori e lavoratrici con lavoro in affitto, cioè con contratti di tipo interinale.
Infatti, queste lavorazioni richiedono un periodo di addestramento e di formazione, nonché una verifica dell'addestramento e della formazione realizzate, perché la non conoscenza e la non formazione, in quei casi, comporta il rischio della vita per chi lavora.
Quindi, bisogna intervenire subito su questa normativa con una modifica, dandone immediata attuazione.
Vorrei ricordare che, poco prima del drammatico incidente di Colleferro, in un'altra azienda è morta una donna di 29 anni, schiacciata da una pressa - anch'ella lavoratrice interinale - che non aveva ricevuto alcuna formazione o addestramento, e quindi non era in grado di avere coscienza della pericolosità del lavoro svolto, né era in possesso di strumenti di intervento e di precauzione previsti dalle norme di sicurezza.
Il secondo aspetto, concernente l'anticipazione dell'attuazione delle norme previste nel testo unico con le quali abbiamo conferito una delega al Governo, penso riguardi l'obbligo di adottare appositi sistemi di gestione della sicurezza - denominati SGSL - almeno in una serie di aziende specifiche. Mi riferisco ad aziende che, come quella di Colleferro, abbiano la fabbricazione ed il deposito separato di polveri e munizioni, aziende di grandissime dimensioni, aziende estrattive o che svolgono altre attività minerarie, centrali termoelettriche, impianti e depositi nucleari (che esistono ancora anche in questo Paese) o altre strutture. Si tratta di aziende in cui è necessario definire sistemi di gestione della sicurezza che prevedano un livello di attenzione, di efficacia e anche di particolare minuziosa - diciamo così - tutela, proprio derivata dalle oggettive difficoltà e pericolosità.
Tra l'altro, le linee guida per l'adozione di tali sistemi sono state già approvate da tutte le parti sociali, dagli enti e dagli istituti dello Stato, oltre che da Confindustria, Confapi, CNA e dalle organizzazioni sindacali; si tratterebbe, quindi, di anticipare l'attuazione di queste due norme.
La penso così perché il nostro compito è giustamente quello di indignarci. In questo Paese siamo passati da una fase in cui per una morte sul lavoro non compariva neanche un trafiletto sul giornale ...
PRESIDENTE. Onorevole Rocchi, concluda.
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AUGUSTO ROCCHI. Concludo, Presidente. Dicevo che siamo passati ad una fase in cui, grazie all'attenzione delle più alte cariche dello Stato, questo tema è stato posto al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica, dei mass media e dell'informazione, e ciò è positivo. Ma il rischio - lo ripeto - è che si faccia della retorica e non si attuino (e questo è il nostro compito) tutte quelle leggi, quegli strumenti, quegli interventi - anche immediati - che permettono di dare una risposta positiva a tale preoccupazione.
In conclusione, penso che un ragionamento più complessivo anche sulla riconversione dell'industria bellica dovrebbe avere, in qualche modo, maggior peso. Ciò nell'ambito di un'idea di sviluppo del Paese secondo cui, pur non essendo costretti a fabbricare strumenti di morte per gli altri, a volte, lavorandoci essi diventano anche strumenti di morte per sé (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, anch'io ringrazio il sottosegretario per la puntuale e precisa informativa resa. Di tali informative certamente non vorremmo mai sentir parlare perché purtroppo portano sempre a riscontrare quanto la piaga delle morti sul lavoro sia ancora troppo ampia, nonostante l'impegno - come è stato sottolineato anche dagli altri colleghi - che ultimamente ci stiamo mettendo un po' tutti.
Non entro nel merito della fabbrica in questione e dei dispositivi di sicurezza - peraltro ben illustrati dal sottosegretario - ma anch'io vorrei cercare di non cadere nella retorica che spesso caratterizza queste situazioni e riprendere l'intervento del collega Rocchi assieme al quale abbiamo intrapreso il percorso della legge sulla sicurezza approvata prima della pausa estiva.
Si tratta di una legge che, però, dal mio punto di vista è stata una «mezza risposta», perché evidentemente più ci impegniamo nel migliore dei modi a trovare gli strumenti per far sì che tali fatti non avvengano, e meglio è. Condividendo alcune affermazioni anche sue, ricordo che già in quei momenti, sia in Commissione che in Assemblea, abbiamo tentato in tutti i modi di migliorare quel provvedimento del quale condividevamo la filosofia.
Ma la fretta ha fatto sì che non si potesse, almeno per quanto ci riguardava, produrre soluzioni positive.
Mi fa piacere che sia stata richiamata proprio questa sera l'inadempienza della delega data al Governo rispetto alla legge e il richiamo al fatto che la delega data al Governo acceleri le competenze, perché noi eravamo contrari anche a quel tipo di delega, in quanto pensavamo che fosse preferibile, affinché tutto funzionasse prima, passare attraverso la legge.
Il problema non è cosa dobbiamo dire in situazioni come queste, ma cosa dobbiamo fare in termini legislativi, in termini di provvedimenti che possano veramente incidere al fine di ridurre, se non proprio eliminare, questi fatti.
Come ho avuto modo di dire quando abbiamo discusso quella legge, chiedo se ci sono le condizioni (adesso che è stata approvata in maniera anche troppo affrettata, per rispondere a problemi di equilibri) per accettare, in tempi anche brevi, alcuni suggerimenti migliorativi rispetto a quella legge , che per certi aspetti è stata repressiva, per altri, invece, non era preventiva come si voleva fosse.
L'ultimo aspetto che intendo affrontare è il ricorso al precariato o al lavoro interinale in posti di lavoro in cui è certamente necessaria una conoscenza. Sono d'accordo, una volta tanto, su un'eventuale riforma perfettibile della legge Biagi, che tutti i colleghi della sinistra chiamano legge 30, rispetto a queste situazioni, prendendo atto contemporaneamente che non si possono vedere queste leggi solo da un punto di vista negativo, ma bisogna anche esaminare quello che producono, perché al di là del problemaPag. 86delle morti, che sono sempre terribili, esiste anche la questione del posto di lavoro, di poter andare a lavorare.
Credo che proprio questa sera, alla luce dell'informativa resa, che, come dicevo all'inizio, non vorremmo mai ascoltare, dobbiamo e dovremo dare risposte efficaci e lo potremo fare se supereremo quella difficoltà che abbiamo trovato rispetto a quella legge giusta, voluta da tutti, che è la legge sulla sicurezza sul lavoro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, sarò abbastanza breve, anche perché come parlamentare di riferimento della Lega Nord per gli amici leghisti del centrosud, in particolare gli amici di Roma e Frosinone, mi sento di esprimere la solidarietà del nostro gruppo alla vittima e alla famiglia, in particolare, e ai tredici infortunati. Possiamo fare tanti discorsi sulla sicurezza, ma il vero problema è che rimangono una vittima e dei feriti.
I casi di infortunio sul lavoro, richiamati anche dal Presidente della Repubblica, sono purtroppo in continuo aumento. Devo dire che anche nella mia provincia, che è anche quella del Presidente Castagnetti, a Reggio Emilia, proprio pochi giorni fa, con un'attrezzatura normalissima, utilizzata giornalmente, nel cimitero di Coviolo, se non ricordo male, un nostro concittadino, purtroppo, è morto.
Questi incidenti, purtroppo, spesso sono dovuti anche ai macchinari. L'indagine stabilirà se sia stata negligenza o un difetto della macchina. In questi casi difficilmente si può fare qualcosa, se non tenere aperto il capitolo e tenere viva la preoccupazione, in particolare su alcune lavorazioni speciali, come in questo caso quella degli esplosivi. Colleferro ha una zona del proprio territorio che è abbastanza riconducibile a questo genere di produzione.
Ci è sembrata abbastanza risibile, però, la polemica fatta dall'estrema sinistra nei giorni immediatamente successivi all'episodio, all'incidente, dicendo che questa è l'industria bellica, l'industria della guerra e che bisogna intervenire, come se ancora vi fosse Stalin che può intervenire sulle industrie di Stato.
Parliamo di un'azienda privata che produce alcune delle componenti, mentre magari il prodotto finito viene assemblato da altre parti, e che vende all'Esercito italiano, il quale ne usufruisce anche per compiti di difesa.
Diventa difficile stabilire a chi attribuire la gestione dell'azienda; tra l'altro, adesso la proprietà è britannica, se non ricordo male, per cui è difficile pensare che possiamo dire qualcosa all'azienda su cosa deve produrre. Dobbiamo fare in modo, invece, come legislatori, che ci sia la massima applicazione della normativa sulla sicurezza, in particolare quando si tratta di produzioni altamente pericolose.
Ne approfitto, Presidente Castagnetti, per fare una richiesta formale, a nome mio, di tutto il gruppo della Lega Nord Padania e anche del presidente Maroni, affinché il Ministro competente, Mastella, possa venire nel più breve tempo possibile a riferire in quest'aula su un altro gravissimo episodio di negligenza che si è prodotto stamattina a Reggio Emilia: un albanese, che doveva presentarsi al processo per la separazione dalla moglie, è entrato nel tribunale di Reggio Emilia armato e ha sparato alla moglie (secondo le ultime notizie, ella sarebbe in prognosi riservata, e non morta come la stampa stamattina aveva riferito; ci auguriamo che si possa salvare); egli ha inoltre ucciso il cognato, dopodiché è stato ucciso a sua volta da un poliziotto presente, facendo in tempo però a ferire altre tre persone. Credo che questo episodio sia gravissimo e fa seguito a una serie di episodi accaduti nella nostra regione, l'Emilia-Romagna, nell'ultimo periodo (dagli stupri di Bologna alla rivolta del CPT di Modena proprio ieri). Tali episodi stanno aumentando in maniera esponenziale e sono collegati in qualche modo all'immigrazione e, in questo caso, anche a una negligenza, perché la legge del 2001 prevedeva il controllo nell'accesso ai tribunali, ma ciò non èPag. 87avvenuto. Sto avanzando una richiesta formale: mi auguro che la Presidenza ne possa prendere atto.
In conclusione, sulla tragedia di Colleferro da parte nostra si voleva rifuggire da una interpretazione in chiave solo politica e rimarcare, invece, per quanto sarà possibile che l'attenzione sui luoghi di lavoro c'è sempre stata, ma dovrà diventare ancora maggiore nei prossimi anni, perché gli incidenti sul lavoro stanno aumentando ed è una piaga che riguarda tutti, su cui non possiamo essere indifferenti e non possiamo chiudere gli occhi.
PRESIDENTE. Riferiremo senz'altro la sua richiesta al Governo. Purtroppo, tragedie come quelle di stamattina, che è stata già evocata in aula oggi pomeriggio, avvengono anche ad opera di cittadini «indigeni», chiamiamoli così. Sono tragedie molto frequenti e gravissime. Comunque, senz'altro il Governo sarà informato della sua richiesta.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Scotto. Ne ha facoltà.
ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, l'episodio di Colleferro, come hanno ricordato nell'informativa urgente il sottosegretario Rosato ed altri interventi che mi hanno preceduto, si inserisce nel quadro drammatico che in questo Paese continua ad alimentare morti, lutti, drammi individuali e collettivi.
Ho ascoltato il dibattito: al di là del cordoglio, che ovviamente è dovuto e sincero, vorrei fare una riflessione. Il Parlamento ha votato un testo unico sulla sicurezza (lo ricordava bene l'onorevole Rocchi): quel testo delega il Governo a intervenire su un aspetto della legge n. 30 del 2003.
Allo stesso tempo, queste vittime e quelle di Colleferro, in particolare, sono anche vittime delle scelte sbagliate che, nel corso degli ultimi anni, hanno perpetrato il precariato nel lavoro privato e nel lavoro pubblico. Guardiamo le biografie delle persone che sono state colpite: Pignalberi, giovanissimo, 35 anni, da poco sposato, aveva avuto un contratto a tempo indeterminato da pochi mesi; per quanto riguarda gli altri feriti, venivano utilizzati lavoratori interinali.
Quella fabbrica, con i suoi 200 dipendenti, è delicatissima: certamente fornisce armi convenzionali, ma allo stesso tempo esporta in 30 Paesi munizionamenti convenzionali avanzati, spolette meccaniche ed elettroniche, testate missilistiche, razzi e sistemi di arma a razzo. Attualmente, sta poi svolgendo attività di ricerca e sviluppo nel campo degli esplosivi insensibili per caricamento di munizionamenti, razzi e testate di guerra per missili. È evidente che occorre eliminare o evitare il più possibile che il lavoro si svolga in luoghi e in fabbriche a così alto rischio.
Questo avvenimento pone peraltro una questione assai importante per l'Italia, che è uno dei maggiori esportatori di armamenti ed armi convenzionali. Sotto questo profilo, infatti, va detto che il nostro Paese non ha avviato alcun processo di riconversione e continua a vivere in una sorta di sospensione, poiché non riesce ad affrontare il problema di cosa produrre. Non credo sia più avanzato un Paese che produce o esporta armi, o in generale che è avanzato in questo settore e meno in altri. Su questo punto, credo che il Parlamento debba aprire una discussione.
Vi è inoltre la piaga enorme dei morti sul luogo di lavoro: 1.300 morti l'anno, uno ogni ottomila addetti, come ricordava il collega Rugghia e come denunciano quotidianamente i sindacati e come ha denunciato anche il Presidente Napolitano.
Che tipo di sviluppo vogliamo mettere in campo? Dobbiamo avviare un vero dibattito e una seria discussione sulla riconversione dell'industria militare, sia quella che - come questa - fornisce al Ministero della difesa munizionamenti e spolette, sia quelle di altro tipo, che non credo rendano onore a questo Paese, che pure possiede una legge avanzata come la legge n. 185.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ringrazio il rappresentante del Governo,Pag. 88Sottosegretario Rosato, la cui ricostruzione - che, considerati i limiti della fase ancora istruttoria delle indagini in corso, ovviamente non avrebbe potuto essere del tutto esauriente - comunque ha colto il senso e il significato della discussione di oggi: lo ringrazio dunque per la sua presenza e per le informazioni che ci ha fornito.
Una settimana fa moriva Roberto Pignalberi, un giovane poco più che trentenne, padre da circa un mese, operaio dello stabilimento Simmel difesa di Colleferro. Questa tragedia di una vita spezzata e di una famiglia distrutta - cui non può naturalmente non andare l'espressione di solidarietà e di cordoglio del gruppo dell'Italia dei Valori, così come quello di tutta l'Assemblea - ripropone alacremente e drammaticamente il problema della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Da quel 9 ottobre ad oggi, infatti, sui luoghi di lavoro sono morte altre sei persone: il giorno dopo, il 10, morivano in provincia di Milano il capotreno Roberto Moroni, di 37 anni, e nel bergamasco un operaio di nazionalità libica di 24 anni; l'11 ottobre è stata la volta di Giuseppe Ciano in un cantiere a Milano; il 12 è stata la volta di Gianfranco Viglizzo presso una cartiera nel savonese; il 14 è morto Filippo Rossano, di 57 anni, ormeggiatore di Ravenna. Infine - è già stato ricordato ma lo voglio fare anche io - oggi è morto Michele Cozzolino, di 32 anni, che lavorava presso la centrale ENEL di Civitavecchia. Si tratta di una lista nera che sembra essere «sorda» e «indifferente», lo dico tra virgolette, agli appelli delle istituzioni e alle richieste dei sindacati.
In questi casi le statistiche e i numeri riescono ad essere strumenti utili per descrivere in maniera sintetica ed efficace le reali condizioni di lavoro nel nostro Paese.
È vero, gli incidenti possono avvenire in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo: in un'azienda di armi, in una fabbrica di armi ed esplosivi ancora di più.
Però, puntare il dito contro il mondo imprenditoriale e contro lo Stato serve a poco, o addirittura a nulla. Detto questo, parafrasando un noto scrittore inglese, Conan Doyle, verrebbe da annotare che se un incidente può apparire solo come un incidente e due incidenti possono essere una coincidenza, tre incidenti rappresentano di sicuro la prova evidente e schiacciante di una condizione di preoccupante insicurezza. Nel nostro Paese stiamo discutendo di questo: di tre incidenti mortali al giorno: questo ci dicono le statistiche.
Il caso di Roberto Pignalberi e degli altri - voglio ricordare, con forza, i tredici suoi colleghi feriti in maniera più o meno grave, che potevano aggiungersi a questa triste contabilità di morte - lascia ancora più amareggiati, se si pensa al tipo di fabbrica presso la quale egli lavorava. Una fabbrica di armi che - a prescindere dalle polemiche legate alla presunta produzione di cluster bomb, i famigerati ordigni a grappolo - ci pone dinanzi ad una questione morale che non può sottostare a meri interessi economici. Quegli stessi interessi, ancora oggi, fanno risultare l'Italia ai primi posti (con Russia e Cina) nell'esportazione di armamenti, spesso diretta verso i Paesi più poveri, vittime di instabilità economica e politica e di crisi alimentari.
Quindi, se una riconversione dell'industria bellica può apparire come una scelta ai limiti dell'ingerenza statale nell'economia, fatemi dire, però, che sarebbe quanto meno opportuno riflettere sull'adozione di provvedimenti che garantiscano una produzione bellica in linea con quei principi di pace e libertà - ho concluso, signor Presidente -, propugnati dalla Carta costituzionale italiana e, non di meno, dalla Carta costituzionale che si è cercato di scrivere a livello europeo.
Allora - lo dico soprattutto per certi interventi di colleghi che non sembrano propriamente inclini ad interrogare la propria coscienza -, almeno chiediamoci se la storia degli stabilimenti di Colleferro rispetti o meno tali principi costituzionali. A fronte di una tragedia e del pianto di una moglie e di un bambino, è una domanda non meno congrua di quella sulla sede dei vigili del fuoco a Colleferro o a Valmontone.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Schietroma. Ne ha facoltà.
GIAN FRANCO SCHIETROMA. Signor Presidente, la tragedia avvenuta a Colleferro il 9 ottobre scorso ripropone drammaticamente, ancora una volta, il gravissimo problema degli incidenti sul lavoro.
Al riguardo, si tratta ormai di un vero e proprio bollettino di guerra, dato l'elevatissimo numero di vittime. Infatti, come è stato già ricordato, in un anno è stata raggiunta l'impressionante cifra di 1.300 morti sul lavoro.
Quest'ultimo incidente di Colleferro è stato terribile e ha avuto conseguenze gravissime per una giovane famiglia, lasciando senza padre un bambino di appena otto mesi.
Nel ringraziare il sottosegretario di Stato per l'interno per le puntuali informazioni e per l'impegno profuso, non si può fare a meno di rappresentare l'esigenza di un deciso cambio di passo in questa delicatissima materia.
Del resto, la nostra Carta costituzionale pone il lavoro al centro dell'attenzione delle istituzioni. Non a caso, l'articolo 1 recita che «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro», ed ancora all'articolo 4 si legge che «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto». Ma va ricordato anche l'articolo 35 della Costituzione, in base al quale la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Ciò vuol dire che, tra l'altro, lo Stato e le istituzioni devono preoccuparsi di tutelare, in via prioritaria, anche la sicurezza nei posti di lavoro.
Dunque, occorre porre assolutamente rimedio a questa serie infinita di incidenti con gravissime conseguenze. Il Parlamento ha fatto la sua parte con l'approvazione della legge 3 agosto 2007, n. 123, recante misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia.
Ora sta al Governo completare l'opera, adottando al più presto uno o più decreti legislativi appunto per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
Il gravissimo incidente avvenuto qualche giorno fa a Colleferro conferma, purtroppo, la tremenda attualità di queste situazioni di altissimo pericolo. Nel rinnovare l'affettuosa solidarietà dei deputati socialisti e dei deputati radicali alla famiglia Pignalberi, così duramente colpita, e gli auguri di pronta guarigione ai lavoratori feriti, da quest'aula parlamentare non può che ribadirsi un accorato appello al Governo affinché tali problematiche, così scottanti, vengano esaminate in via assolutamente prioritaria.
Infine, va espresso l'auspicio che, ai sensi di legge, vengano tempestivamente accertate eventuali responsabilità sulle cause del tragico evento nel quale purtroppo ha perso la vita Roberto Pignalberi, un giovane operaio stimato ed apprezzato, la cui prematura scomparsa suscita profonda commozione e rimpianto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferdinando Benito Pignataro. Ne ha facoltà.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Signor Presidente, anche a nome del gruppo dei Comunisti Italiani esprimiamo la solidarietà alla famiglia del lavoratore deceduto e l'augurio di pronta guarigione per i lavoratori rimasti feriti nel grave incidente.
La tragedia dello stabilimento della Simmel Difesa di Colleferro, la morte di Roberto Pignalberi e il ferimento di altri 13, 14 lavoratori hanno prodotto un allarme grave tra le maestranze, i cittadini e l'intera comunità nazionale. Si tratta dell'ulteriore, grave e mortale incidente sul lavoro che, a giudicare dalla dinamica dei fatti, dai racconti, dal boato dell'esplosione che si è sentito ad oltre 30 chilometri, poteva essere ancora più tragico e provocare una vera e propria strage, come del resto è avvenuto nello stesso stabilimento molti anni prima.Pag. 90
Si tratta dell'ennesima tragedia che va ad allungarne la lista, già troppo lunga e troppo pesante per un Paese moderno e civile come il nostro. Solo nel settore della fabbricazione di armi da fuoco ed esplosivi si sono registrati, nel quinquennio 2002-2006, quasi 1.300 infortuni, secondo i dati ufficiali forniti dall'INAIL.
Oggi discutiamo di una fabbrica, una delle tante nella quale la sicurezza per i lavoratori non è applicata secondo le norme e le inadempienze provocano, come si è visto, morti e feriti. Se a ciò aggiungiamo che i lavoratori dell'industria di armi percepiscono un salario di 1.000-1.100 euro mensili al massimo e che si sono introdotti anche contratti a progetto oppure il lavoro interinale, la situazione diventa paradossale.
Non voglio dilungarmi sull'aspetto della sicurezza, dopo l'appello di questi giorni del Presidente della Repubblica sul bisogno di affrontare con fermezza il fenomeno e la denuncia dello stesso Presidente della Camera sull'inadeguatezza della nostra legislazione e del sistema di controllo.
Mi preme sottolineare - lo abbiamo fatto anche con una nostra interrogazione - alcuni elementi di questa vicenda che colpiscono fortemente. Per alcuni aspetti, si tratta di una tragedia annunciata, se consideriamo che solo alcuni mesi fa, in una manifestazione pacifista davanti alla fabbrica e in tante denunce che si sono susseguite in questi mesi, si evidenziava la possibilità che a Colleferro si producevano armi utilizzate per la guerra in Iraq e in Afghanistan.
Era stato denunciato, altresì, lo stato di pericolosità della fabbrica in un territorio già fortemente provato dal punto di vista ambientale. L'azienda - italiana, con una maggioranza di capitale inglese - conta 200 dipendenti tra Colleferro e Anagni, con un fatturato di oltre 80 milioni di euro ed è l'unico produttore in Italia di munizionamento e spolette di medio e grosso calibro. Essa è accusata, da tempo, di produrre cluster bomb, ordigni esplosivi che disseminano centinaia di submunizioni che possono restare inesplose sul terreno.
La denuncia proviene dalla Campagna italiana contro le mine, che aggiunge che si producono le micidiali bombe a grappoli, delle quali le Nazioni Unite hanno chiesto una moratoria internazionale. Del resto, a fine 2004 la Simmel Difesa aveva oscurato il proprio catalogo on line, che all'epoca riportava diversi modelli di cluster bomb, mentre, secondo l'inchiesta successiva di Rainews 24, la Simmel Difesa continua ad esportare componenti di cluster.
I Comunisti italiani - e concludo - ritengono che tutte queste notizie inquietanti ci impongono di affrontare la questione con nettezza, sia per ciò che riguarda un piano di riconversione dell'industria bellica nel nostro Paese, garantendo occupazione e una maggiore sicurezza per i lavoratori, sia perché si mettano in atto tutte le iniziative per accertare le cause e le responsabilità del tragico evento, sia, infine, per avviare un'indagine conoscitiva volta a individuare eventuali siti e depositi industriali addetti alla produzione di materiali bellici ad alto rischio e scarsamente tutelati.
Noi riteniamo che l'informativa di oggi abbia chiarito gli aspetti e le dinamiche dell'incidente.
PRESIDENTE. Onorevole Ferdinando Benito Pignataro, concluda.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Concludo, Presidente.
Credo che bisogna fare un passo in avanti ed utilizzare questa tragedia per svolgere una discussione nel Governo e nel Paese più ampia rispetto alle armi belliche e alla loro produzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, intanto faccio i complimenti per gli orari sia alla Presidenza della Camera sia al Governo; nonostante la giornata lunga e faticosa di oggi, mi pare che la calendarizzazione non sia stata delle più felici.Pag. 91
Ritengo la relazione svolta dal sottosegretario qui presente assolutamente carente. L'incidente non è accaduto questa mattina e, quindi, avremmo potuto avere, dopo tanti giorni, delle notizie più approfondite e più chiare. La persona che è morta appena un mese fa - qualcuno l'ha detto - aveva un bambino che oggi ha un mese. Si muore per 1100-1200 euro al mese!
Ora è chiaro che l'infortunio può essere anche un caso drammatico, ma qui ci troviamo di fronte ad un difetto del Governo. Tutti citano l'intervento e le dichiarazioni del Capo dello Stato. Intanto è grave che il Capo dello Stato, per il ruolo che ricopre nella nostra Costituzione, debba intervenire. Va dato merito a lui che l'ha fatto, ma è un demerito della politica e del Parlamento (della Camera e del Senato) che, nonostante le migliaia di morti ed il numero incredibile di incidenti sul lavoro, vi sia ancora una legislazione carente. Il Governo, che era stato delegato a presentare al Parlamento dei provvedimenti legislativi, ancora oggi non ha adempiuto.
Concludo dicendo, signor sottosegretario, che i controlli non sono stati effettuati e su questo spero che il Governo la prossima volta ci dia conto.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente.