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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,46).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Rinvio delle interpellanze urgenti Aprea n. 2-00772 e Bodega n. 2-00773)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento delle interpellanze urgenti Aprea n. 2-00772 e Bodega n. 2-00773 è rinviato ad altra seduta.
(Iniziative del Governo con riguardo al ricorso alla cosiddetta finanza derivata strutturata da parte di regioni ed enti locali e per assicurare chiarezza e trasparenza nell'acquisto e nella vendita di opzioni da parte degli istituti di credito - n. 2-00787)
PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00787, concernente iniziative del Governo con riguardo al ricorso alla cosiddetta finanza derivata strutturata da parte di regioni ed enti locali e per assicurare chiarezza e trasparenza nell'acquisto e nella vendita di opzioni da parte degli istituti di credito (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, intendo illustrare brevemente la mia interpellanza urgente. Come altri cittadini italiani che hanno avuto occasione di seguire la puntata della scorsa settimana della trasmissione Report, sono rimasto allibito da quanto quel programma - devo riconoscere - ha documentato, almeno sino a prova contraria.
Devo dire che, seppure non membri del Governo, autorevoli dirigenti legati all'attuale Esecutivo e alla maggioranza si sono pronunciati al riguardo; ad esempio, il capo dipartimento dell'economia di Palazzo Chigi, Francesco Boccia, nel commentare lo strano rapporto sorto fra gli istituti di credito italiani e stranieri e gli amministratori regionali, provinciali e locali, ha parlato di «circonvenzione di incapace».
Una frase pesantissima, anche se devo ammettere che le interviste rilasciate da alcuni amministratori hanno suggerito l'impressione che questo termine, usato nei loro confronti, avesse qualche fondamento. Infatti, quando si domandava loro ragione di questi contratti finanziari cosiddetti derivati stipulati fra banche ed enti locali, di fronte ai costi occulti di tali operazioni e agli oneri finanziari futuri, sempre a carico degli enti locali, che venivano sottolineati con cifre alla mano, costoro cadevano dalle nuvole, affermando di aver incassato soldi in contanti, che certo avrebbero dovuto in futuro restituire, ma senza alcun onere aggiuntivo, con rateizzazioni favorevoli.
Al contrario, esperti indipendenti dimostrano, cifre alla mano, che il milione di euro incassato oggi significa 10, 20 o 30 milioni di euro da restituire fra qualche hanno, ma da parte di chi? Secondo quanto è emerso dalla trasmissione televisiva a proposito dei casi della regione Piemonte, del comune di Torino, del comune di Napoli - per riportare alcuni degli enti che sono stati citati: potrei fare riferimento anche al comune di Taranto, ma non lo faccio perché è già fallito, proprio a causa di questo meccanismo infernale -, risulta sostanzialmente o che le banche, anche primarie - lo dico in Parlamento, nonostante l'espressione un po' brutale -, imbrogliano gli amministratori locali, perché rappresentano loro situazioni diverse dalla realtà o che gli amministratori si lasciano imbrogliare, conoscendo benissimo le conseguenze di questi rapporti, ma facendo finta di non saperle.
Indagare il fenomeno non è facile perché, essendo queste operazioni tutte fuori bilancio (quindi non appaiono, sono debiti occulti), molti amministratori - fatto che mi ha colpito e che in quella trasmissione è stato documentato - quando qualcuno chiede loro di visionare la documentazione di tali rapporti bancari intercorrenti fra il comune, la provincia o la regione da loro amministrata e l'Unicredit o una banca internazionale qualsiasi rispondono che si tratta di documentazione riservata e che può essere fornita solo se le banche che hanno venduto tali prodotti concedono l'autorizzazione.
In altri amministrazioni - non ricordo se nel comune di Treviso o nella provincia di Treviso - la documentazione è invece assolutamente trasparente, si può accedere alla visione dei contratti e dei termini delle convenzioni concluse e si seguono giornalmente gli andamenti sul mercato di questi titoli e così via. Quanto è emerso - perciò chiediamo al Governo di avere un quadroPag. 32complessivo della situazione - è che fuori bilancio, senza che dunque tali voci appaiano, si sono messe in atto operazioni che per tamponare falle del bilancio in corso (in ipotesi, del 2007) e senza porsi il problema di come tamponare il futuro deficit di bilancio, ad esempio del 2008, risultano fin dall'inizio disastrose dal punto di vista finanziario e danno sì un sollievo momentaneo in termini di incasso ma proiettano sul futuro oneri finanziari talmente elevati da strozzare qualsiasi amministrazione futura che non potrà far fronte alla montagna di impegni e di interessi che vengono a maturare o comunque agli oneri che nascono dall'acquisto di questi «derivati». Tutto ciò rappresenta un'ipoteca sul futuro che rischia di far collassare l'intero sistema.
Da tutto ciò ritengo che emergano due problemi. Il primo attiene al monitoraggio della dimensione del fenomeno; il secondo attiene alla vigilanza che non so se costituisca un compito attribuibile al Governo, al Ministro dell'economia, alla Banca d'Italia o se sia invece compito di qualche spregiudicato istituto bancario. Non riesco a dimenticare, infatti, i casi dei bond argentini e della Parmalat a proposito dei quali sembra di capire che le banche, quando hanno ceduto titoli a decine di migliaia di ignari piccoli risparmiatori, spesso pensionati, sapevano benissimo che li stavano imbrogliando e che questi prodotti finanziari assolutamente inaffidabili sarebbero morti nelle mani di quei risparmiatori incauti.
Inoltre, i comuni, le province, le regioni che hanno i bilanci più dissestati hanno anche la possibilità di subire le conseguenze dei prodotti finanziari più rischiosi, proprio quelli che aggravano ancor più la loro situazione.
Non so se la Banca d'Italia deve vigilare sulle banche, che comunque devono avere una loro propria responsabilità; sempre ci sentiamo rivolgere da parte dei grandi banchieri prediche e ammonimenti etici per interventi responsabili nell'economia, ma non mi sembra che nel caso emerso dalla trasmissione o in casi precedenti questa gran virtù, da questi grandi banchieri, sia stata esercitata nel momento in cui si volevano tutelare gli interessi delle banche anziché quelli della collettività. Ritengo che il Governo su tale fenomeno debba fornire qualche risposta anche per via dell'allarme che è stato suscitato dal disvelamento avvenuto in maniera così cruda di questa realtà. Ci aspettiamo concrete e maggiori informazioni, anche su come efficacemente fronteggiare il fenomeno.
PRESIDENTE. Saluto il sindaco e la giunta della città svizzera di Wohlen che assistono ai nostri lavori dalle tribune.
Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alfiero Grandi, ha facoltà di rispondere.
ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, premetto che fino ai primi anni Novanta l'indebitamento degli enti locali avveniva essenzialmente attraverso il sistema dei mutui a tasso fisso e i contributi statali coprivano pressoché interamente gli oneri finanziari. Negli anni successivi si è assistito ad una riduzione progressiva dei trasferimenti statali e all'introduzione di vincoli di spesa posti dalla necessità di rispettare il patto di stabilità interno. Questi fattori insieme alla discesa dei tassi di interesse hanno indotto gli enti locali ad adottare forme di gestione più sofisticate delle passività, utilizzando anche strumenti derivati e di copertura del rischio di tasso di interesse.
A partire dal 1996, con la legge n. 539 del 1995, agli enti è stato consentito di effettuare operazioni di swap su tassi di cambio (obbligatori per i debiti in valuta), mentre è stata esclusa la facoltà di porre in essere operazioni in «derivati» che modificano la struttura del debito. La ratio di tale disposizione rispondeva fondamentalmente alla preoccupazione di evitare che gli strumenti derivati fossero utilizzati per rinviare agli esercizi futuri oneri relativi al servizio del debito.
Alla luce dei vincoli che hanno caratterizzato la finanza pubblica, l'articolo 41 della legge finanziaria per il 2002 (la leggePag. 33n. 448 del 2001) ha introdotto la possibilità per gli enti locali di porre in essere operazioni in strumenti derivati, rinviando la disciplina di dettaglio ad un apposito regolamento ministeriale. Infatti il decreto interministeriale 1o dicembre 2003, all'articolo 3, stabilisce che «le operazioni derivate sono consentite esclusivamente in corrispondenza di passività effettivamente dovute», queste ultime correttamente registrate in bilancio, così come i flussi che originano dalle operazioni derivate su di esse poste in essere. Infatti i derivati sono strumenti di gestione del debito e quindi «nessun derivato è configurabile come una passività», presupposto ribadito anche recentemente dalla circolare esplicativa del 22 giugno 2007 del dipartimento del Tesoro in tema di «Non applicabilità delle delegazioni di pagamento alle operazioni in derivati concluse da enti territoriali».
Il citato decreto ministeriale 1o dicembre 2003 stabilisce, inoltre, che sono consentite «operazioni derivate finalizzate alla ristrutturazione del debito, solo qualora non prevedano una scadenza posteriore a quella associata alla sottostante passività».
La corrispondenza tra passività effettivamente dovute e operazioni di gestione del debito tramite strumenti derivati è, peraltro, individuata come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica di cui agli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, dall'articolo 1, comma 736, della legge finanziaria in vigore.
Per quanto attiene poi al caso del comune di Taranto di cui si fa cenno nel testo dell'interpellanza, non risulta dagli atti in possesso di questa amministrazione che l'utilizzo di tali strumenti derivati ne abbia comportato il dissesto finanziario, anche se valutazioni più puntuali possono essere espresse dal commissario straordinario del comune.
In base ai dati riportati nella relazione annuale della Banca d'Italia del maggio 2007 il debito contratto dagli enti territoriali nel loro complesso è pari, alla fine del 2006, al 7,3 per cento del PIL, che si confronta con un debito del 106,8 per cento dell'intera pubblica amministrazione.
Vale la pena di precisare che la legge finanziaria in vigore, prevede, inoltre all'articolo 1, comma 737, un obbligo informativo al Ministero dell'economia e delle finanze dei contratti relativi alle operazioni in strumenti derivati, pena l'inefficacia degli stessi. Tale obbligo ha comportato, nel periodo 1 gennaio-30 settembre 2007, un raddoppio delle operazioni comunicate da parte degli enti interessati, alcune delle quali peraltro in violazione della vigente normativa, pertanto segnalate dal Ministero alla Corte dei conti per l'adozione dei conseguenti provvedimenti.
Sulla questione la Commissione nazionale per le società e la borsa ha comunicato che l'operatività in derivati da parte di soggetti pubblici, e in particolare di enti locali, si caratterizza per una propria peculiarità rispetto all'analoga operatività di soggetti privati, in quanto le regole del settore, relative alla generale prestazione dei servizi di investimento da parte degli intermediari, si intersecano con la specifica disciplina legislativa e regolamentare di emanazione ministeriale (appunto il decreto ministeriale 1o dicembre 2003 n. 389), che regola proprio il ricorso degli enti locali agli strumenti finanziari derivati e ne stabilisce i limiti. La Consob ha precisato inoltre che la disciplina relativa alla prestazione di servizi di investimento da parte degli intermediari è interessata da un rilevante processo di modifica, a seguito del recepimento della direttiva 2004/39/CE (la cosiddetta Mifid), che introduce e innova importanti presidi di tutela a favore dei clienti degli intermediari, prevedendo, tuttavia, in continuità con il precedente quadro comunitario, una graduazione delle norme applicabili in ragione della classificazione conferita ai clienti.
In particolare, la cosiddetta Mifid distingue gli investitori, a motivo della loro professionalità, tra clienti al dettaglio (o retail), clienti professionali e controparti, definendo in modo articolato i meccanismi di classificazione e le relative conseguenze.Pag. 34
L'appartenenza all'una o all'altra categoria determina una diversa ampiezza delle tutele previste nell'ambito della prestazione di tutti o di alcuni servizi di investimento; tali tutele, infatti, si graduano da quelle ampie assicurate ai «clienti al dettaglio» fino alla disapplicazione di alcune importanti disposizioni per le «controparti». È, peraltro, sempre possibile per ogni cliente di qualunque tipo, anche di chi si fa intervistare in televisione, richiedere un trattamento di maggior tutela rispetto a quello della categoria di appartenenza.
La direttiva menziona specifiche categorie di «soggetti pubblici» sia tra le «controparti» sia tra clienti «professionali di diritto».
Tale disciplina è, come è noto, in fase di avanzata trasposizione nell'ordinamento nazionale.
Con riferimento alla dimensione del fenomeno - un altro punto posto dall'interpellanza urgente in esame -, consegno alla Presidenza della Camera le tabelle contenenti i dati, tratti dagli archivi della centrale dei rischi della Banca d'Italia, relativi all'esposizione (crediti per cassa, crediti di firma e derivati) del sistema bancario e finanziario italiano nei confronti delle amministrazioni locali.
Le informazioni, relative al periodo giugno 2006-agosto 2007, non comprendono crediti e derivati stipulati da banche estere tramite filiali o filiazioni non residenti in Italia in quanto queste ultime non rientrano tra gli intermediari per i quali, ai sensi della circolare della Banca d'Italia n. 139 del 1991, è previsto l'obbligo di partecipazione al servizio di centralizzazione dei rischi.
Tra le iniziative che sicuramente possono essere utili per affrontare questo problema e cercare di comprenderne fino in fondo le questioni e di conseguenza adottare i necessari provvedimenti, mi permetto di suggerire che ci possa essere da parte del Parlamento l'uso di altri strumenti parlamentari come, ad esempio, una forma di risoluzione o di mozione che possa consentire un dibattito e un approfondimento, anche audizioni e indagini, per ulteriori approfondimenti sull'insieme della materia che sicuramente è delicata e merita una particolare attenzione.
PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi ha facoltà di replicare.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, devo ringraziare il Governo anche se un'interpellanza urgente, presentata ieri o l'altro ieri, in ventiquattro o quarantotto ore non può che avere una risposta parziale, costruita sui dati che possono essere raccolti in poche ore.
Chiaramente tale risposta mi preoccupa e, secondo me, preoccupa anche il Governo e il Parlamento, perché mi sembra che il quadro della situazione venga ampiamente confermato rispetto alle affermazioni sentite in quella trasmissione.
Non ho capito bene il passaggio sulle interviste televisive: forse si riferiva ad alcuni amministratori che prima di parlare avrebbero dovuto un attimo approfondire i temi di cui stavano parlando, perché l'accusa di circonvenzione di incapace fatta dal responsabile economico di Palazzo Chigi è piuttosto pesante nei confronti di alcuni disinvolti sottoscrittori.
Emerge anche, però, che in base all'attuale normativa - mi sembra di capire - non è neanche possibile verificare esattamente le dimensioni del fenomeno, perché (se ho capito bene) le banche estere sono parte importante del fenomeno di cui abbiamo sentito l'altra sera.
Non voglio essere polemico ma abbiamo anche sentito che nel Governo sono presenti esponenti come il Ministro Lanzillotta che per cinque anni è stata consulente proprio di quelle banche e proprio in questo settore di investimento; mi riferisco anche al dottor Bassolino che, a sua volta, lavora in quel campo. Evidentemente, non sono materie sconosciute ma, nel Governo, sono presenti anche professionalità e competenze che conoscono bene, dal punto di vista delle banche e delle banche estere, quanto sia facile penetrare e alimentare un fenomeno di questo tipo.
Tale preoccupazione, per quanto riguarda le banche estere, non emerge, èPag. 35fuori bilancio, gli stessi amministratori interrogati negano che esista e, anzi, raccontano di aver scoperto una specie di formula magica, per cui si incassa denaro e non si capisce, poi, chi debba pagare, perché, a sentir loro, hanno trovato una specie di bengodi che risolve tutti i problemi di bilancio.
Mi sembra, quindi, che venga confermato un quadro normativo in cui vi sono enormi lacune e una disinvolta gestione di tale rapporto, sia da parte di alcuni amministratori sia, sicuramente, da parte delle banche. Quando leggiamo, infatti, degli effetti che i contratti e le convenzioni stipulate hanno sul futuro dei bilanci dei comuni, delle province e delle regioni, non è possibile pensare che la banca - italiana o straniera - che stipula tali contratti non si renda conto che condanna alla rovina gli enti locali. Capisco che qualche autorevole banchiere - che, magari, va a votare per le primarie del centrosinistra - dica che è necessario pensare solo a realizzare il profitto, perché l'efficienza di una banca si misura soltanto su di esso; però, quando un istituto di credito si rapporta con enti locali, oltre al profitto dovrebbe anche porsi il problema, a lungo termine, di quali effetti comporti sulle amministrazioni un certo tipo di comportamento o il collocamento di prodotti che - come affermavo prima - più sono a rischio, più sono screditati, e più trovano qualcuno con l'acqua alla gola che è disposto anche ad acquistarli.
Raccolgo l'invito avanzato dal sottosegretario ad approfondire questo tema, attraverso un atto di indirizzo o un'indagine conoscitiva, per avere un quadro realistico. Anche in merito al dato relativo al 7,3 per cento del PIL, è necessario considerare quanti degli 8 mila comuni italiani, delle province e delle regioni sono interessati a questo fenomeno: se esso è spalmato su 8 mila comuni, 120 province e 20 regioni è un conto, ma se sono 40 o 50 tra regioni, province e comuni ad essersi messi in questa situazione, significa che hanno delle voragini di debiti con cui bisognerà fare i conti. Sarà, pertanto, necessario che qualcuno si ponga il problema di immaginare come tali enti potranno sostenersi in futuro.
Ritengo, quindi, che ci si possa - e ci si debba - muovere in questa direzione e ritengo, altresì, che, con tutti i limiti della risposta (dovuti anche al tempo a disposizione), il Governo oggi più di così non potesse dire, anche perché il quadro che è venuto fuori non è stato smentito, ma, anzi, è stato confermato. Inoltre, una volta tanto, in una trasmissione televisiva, che spesso forza la realtà o fornisce delle immagini distorte e grottesche di essa, il lavoro svolto è stato serio e documentato, e ha denunciato un fenomeno di cui nessuno parla (neanche i grandi giornali), che costituisce un'ipoteca seria sul futuro del nostro Paese.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Sereni n. 2-00789)
PRESIDENTE. Avverto che su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Sereni n. 2-00789 è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Barani n. 2-00784)
PRESIDENTE. Avverto che su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Barani n. 2-00784 è rinviato ad altra seduta.
(Compatibilità ambientale del progetto di realizzazione di un porto turistico in località Grotte (Messina) - n. 2-00692)
PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00692, concernente la compatibilità ambientale del progetto di realizzazione di un porto turistico in località Grotte (Messina) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
Pag. 36GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, rinuncio ad illustrarla.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Giampaolo Vittorio D'Andrea, ha facoltà di rispondere.
GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, per conto del Ministero dell'ambiente rispondo all'interpellanza urgente relativa alle opere previste nel PRUSST di Messina, al porticciolo turistico e all'incompatibilità con le norme di tutela vigenti.
In riferimento all'interpellanza urgente n. 2-00692, presentata dagli onorevoli D'Alia e Volontè, avente ad oggetto la realizzazione di un porticciolo turistico in località Grotte, lungo la costa tra Messina e Ganzirri, si fa presente che, in data 27 settembre 1998, la società Tourist Ferry Boat e, successivamente la società Marina dello Stretto Spa, con sede in Messina, subentrata alla prima, ha presentato istanza di concessione di una zona demaniale marittima della superficie complessiva di 67.716 metri quadrati, costituita da arenile e spiaggia, e di 131 mila metri quadrati di specchio d'acque, situata in località Pace-Sant'Agata del comune di Messina, per la realizzazione di un porto turistico.
Il 14 settembre 1999, presso la capitaneria di porto, si è svolta una conferenza di servizi, nel corso della quale tutti gli enti intervenuti hanno espresso preliminare parere favorevole alla realizzazione dell'opera, subordinandola alla presentazione del progetto definitivo. In data 12 giugno 2002 la società Nettuno Spa, società mista avente come principale attore la provincia di Messina, presentava istanza di concessione in concorrenza con quella della società Marina dello Stretto. Successivamente, la Regione Sicilia, con nota n. 5488 del 27 gennaio 2003, autorizzava l'istruttoria dell'istanza presentata dalla società Nettuno, specificando, tra l'altro, che l'iter istruttorio per l'istanza della società Marina dello Stretto non poteva considerarsi concluso poiché mancante della valutazione di impatto ambientale.
Sempre nel 2002, la società Marina dello Stretto presentò un progetto di variante, con due bacini portuali denominati Porto sud e Porto nord anziché un unico bacino, finalizzato a salvaguardare la prateria di poseidonia che risulterebbe essere collocata sui fondali dello specchio acqueo interessato al progetto. L'istruttoria sul progetto di variante, avviata il 24 settembre 2002 con nota n. 5/28096, ha ottenuto il rilascio dei pareri favorevoli dagli enti interessati.
In data 15 novembre 2004, la società Nettuno rinunciava alla richiesta di concessione avanzata il 12 giugno 2002 ed in pari data la società Marina dello Stretto comunicava di aver sottoscritto un accordo con la predetta società per la cointestazione della rilascianda concessione.
L'intervento di cui trattasi rientra nel programma PRUSST «Messina per il 2000» approvato e finanziato dal Ministero dei lavori pubblici con decreto ministeriale n. 1169 dell'8 ottobre 1998 ed ammesso a finanziamento nel 2001; la documentazione inerente l'opera, depositata presso gli uffici comunali dal partner privato, è solo una bozza di progetto. Nel 2003 il consiglio comunale ha deliberato la predisposizione delle varianti al piano regolatore, sia correlate all'intervento in questione che ad altri quindici interventi. Alla fine del 2004 tali proposte hanno ottenuto in conferenza di servizi le approvazioni degli enti interessati. Le varianti, prima di essere trasmesse all'assessorato regionale territorio ed ambiente per l'approvazione, dovranno essere adottate dal consiglio comunale. Solo dopo detta eventuale approvazione da parte della regione, sarà richiesto alle ditte di presentare i progetti definitivi provvisti di tutte le approvazioni richieste dalla normativa vigente.
Appare opportuno evidenziare che l'intervento, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, deve essere preventivamente sottoposto aPag. 37VIA sul progetto definitivo. Giova fare presente che, in merito, non risulta pervenuta al Ministero dell'ambiente alcuna istanza di VIA; in particolare, i porti turistici, che non rientrano nell'ambito più ampio di un porto commerciale, non sono soggetti a procedura di VIA di livello nazionale, bensì rientrano tra le competenze delle regioni ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996.
Poiché l'opera di cui trattasi insiste in una zona a protezione speciale (ZPS), prima di concedere l'autorizzazione ai suddetti interventi, la direzione per la protezione della natura del Ministero dell'ambiente ha chiesto alle autorità competenti di procedere all'espletamento dello studio di valutazione di incidenza, secondo i contenuti di cui all'allegato G del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, al fine di identificare e quantificare i possibili effetti impattanti di tali opere nei confronti di habitat naturali, in particolare delle specie floro-faunistiche presenti nelle aree interessate.
La stessa direzione, inoltre, ha rappresentato che, ai sensi della normativa nazionale vigente in materia di tutela ambientale, in caso di incidenza negativa, possono essere realizzati solo interventi necessari per la tutela della salute pubblica, per la tutela ambientale o altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, dopo aver valutato attentamente la possibilità di adottare adeguate soluzioni alternative, comprese una diversa ubicazione del progetto o anche, se necessario, l'opzione zero.
La direzione assicura l'impegno ad esercitare ogni azione prevista riguardante il rispetto delle direttive europee 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in materia di valutazione di incidenza.
Per quanto concerne il problema correlato all'erosione della costa, la capitaneria di porto ha evidenziato che tale aspetto è stato valutato dal Genio civile opere marittime. In merito si rammenta che tutte le competenze in materia di difesa del suolo, anche per quanto riguarda gli aspetti relativi alla prevenzione e riduzione del rischio idrogeologico, sono di competenza delle regioni; a tale proposito, si segnala che i piani per l'assetto idrogeologico (PAI) dei bacini idrografici siciliani sono in via di approvazione da parte della regione che ha, altresì, proceduto ad individuare le aree a rischio idrogeologico su tutto il territorio siciliano.
Da ultimo, si evidenzia che nello specchio d'acqua interessato dalla realizzazione del porto turistico, su richiesta della soprintendenza del mare, che ha accertato la presenza di beni di interesse archeologico, il comando della capitaneria di porto ha emanato l'ordinanza n. 59/07 del 12 luglio 2007 per la regolamentazione marina della zona, con particolare divieto di ogni attività finalizzata al danneggiamento dei beni di interesse archeologico e all'asportazione di essi.
PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia ha facoltà di replicare.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, mi dichiaro assolutamente insoddisfatto - lo dico nonostante il garbo e la cortesia consueta del sottosegretario D'Andrea - perché le notizie che, per il suo tramite, il Ministro Pecoraro Scanio ci ha fornito sono note, ovvie e scontate.
Il senso della nostra interpellanza è diverso: essa si riferisce a un intervento che interessa la parte più importante e più bella, dal punto di vista paesaggistico, della città di Messina e dello stretto di Messina. Tale zona è interessata da una mega-operazione speculativa che - come correttamente ha affermato il sottosegretario D'Andrea - riguarda 131 mila metri quadrati di specchio d'acqua e 67.716 metri quadrati di superficie terrestre, che corrispondono ad un intervento che, per la dimensione della città di Messina, riguarda un intero quartiere.
Non vi è alcun dubbio che su tali materie vi sia una preliminare competenza della regione, e quindi anche della capitaneriaPag. 38di porto di Messina, la cui istruttoria mi sembra, ad un primo esame e per le affermazioni fatte, assolutamente carente ed insufficiente; non voglio dire che punti a favorire il privato, ma certamente è sospetta, molto sospetta.
Inoltre, tutti gli atti citati sono precedenti al decreto assessoriale della regione siciliana del 2005 che ha istituito le ZPS, zone a protezione speciale, in attuazione di una normativa comunitaria su cui, almeno a parole, il Ministro Pecoraro Scanio appare particolarmente solerte. Tale disciplina comunitaria, recepita con ritardo dalla regione siciliana, esclude interventi di tali dimensioni nelle zone a protezione speciale. Questo è il punto: a prescindere da una valutazione tecnica (che comunque non potrà che condurre all'esclusione di un intervento di tali dimensioni) già la disciplina prevede che gli interventi che possono essere realizzati in tali zone siano funzionali solo ed esclusivamente alla tutela della salute pubblica.
Pertanto l'opzione zero, signor sottosegretario, non è l'eccezione, ma la regola, e ci saremmo aspettati dal Ministro Pecoraro Scanio una dichiarazione più ricca di contenuti rispetto a tali indicazioni, poiché è evidente che il mancato rispetto della tutela nelle zone a protezione speciale comporta la possibilità di una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea.
Inoltre, vorrei segnalarle - e le chiedo, abusando della sua cortesia, di riferirlo al Ministro Pecoraro Scanio - che il WWF Sicilia, non più tardi di una settimana fa, ha denunciato, credo anche alla magistratura, il sacco edilizio che si sta consumando nella città di Messina nelle zone a protezione speciale.
Il WWF non può essere tacciato di partigianeria, e ritengo sia necessaria maggiore attenzione su questi problemi. Infatti, l'ex sindaco di Messina - come lei sa, l'elezione è stata annullata, e quindi si tornerà presto a votare - nonché neoeletto segretario regionale del Partito Democratico - il suo partito - è anche socio, casualmente, della società privata che sta facendo questo intervento. Credo che il Ministro Pecoraro Scanio, che pure aveva un assessore, come rappresentante dei Verdi o presunti tali, in questa sorta di amministrazione, che fortunatamente è andata a casa, dovrebbe, anziché scomodare lei e la sua cortesia, farsi carico di fare l'ambientalista non a chiacchiere e non con i deboli, cioè con i piccoli operatori economici, ma con i forti, soprattutto quando i forti sono tali perché sono esponenti autorevoli di un partito, che è nato da poco.
Pertanto, credo che questa vicenda non possa finire qua, signor Presidente: credo che sia molto, molto più grave di quanto non si immagini e di quanto venga minimizzata da quattro «cartuccelle» che il Ministero dell'ambiente ha cercato di tirare fuori con grande fatica - nonostante questa interpellanza sia stata presentata da tempo - e ritengo che il volerla occultare sia immorale da parte del Ministro Pecoraro Scanio. Mi auguro che egli abbia il coraggio e l'onestà intellettuale di occuparsene personalmente, anche intervenendo sull'assessorato regionale al territorio e all'ambiente, affinché faccia rispettare la normativa comunitaria (infatti, non è che sarà solo la regione siciliana ad essere sottoposta a procedura di infrazione, ma anche il Governo e lo Stato italiano).
In ogni caso, questo intervento, che realizza una città nella città, stravolge totalmente, con un processo costante di erosione delle coste, il territorio della città di Messina, trasformandolo, magari, in una grande convention del Partito Democratico.
(Iniziative volte alla determinazione delle quantità minime delle specie che possono essere cacciate in piccole quantità - n. 2-00781)
PRESIDENTE. L'onorevole Salerno ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00781, concernente iniziative volte alla determinazione delle quantità minime delle specie che possono essere cacciate in piccole quantità (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
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ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, illustro brevemente l'interpellanza in esame per quello che può definirsi «dovere politico», perché la caccia continua ad essere sul banco degli imputati, in questo periodo come nei periodi precedenti.
La caccia è considerata colpevole di non so quale danno all'ambiente e alle specie faunistiche, e bisognerebbe ricordare - vado al merito dell'interpellanza - che il meccanismo naturale, in virtù del quale il territorio stava in equilibrio (specialmente le specie selvatiche), con il progresso, la modernità e la civiltà si è interrotto. La caccia oggi non è una caccia indiscriminata ma un prelievo selettivo, quindi utile alla conservazione di questo equilibrio o, laddove non vi sia, al suo raggiungimento.
È, quindi, una disciplina e una pratica utile al territorio e al patrimonio faunistico nazionale. Proprio perché alcune specie non sono in equilibrio e hanno un numero di esemplari in esuberanza, o comunque anomalo, rispetto al numero naturale che quel territorio può contenere per il suo specifico habitat, in questi casi le regioni possono essere delegate, ai sensi della legge n. 157 del 1992, a riequilibrare questa situazione, che altrimenti danneggerebbe tutto il ciclo faunistico del territorio, che, quindi, non raggiungerebbe quell'equilibrio che oggi, per natura, non c'è più.
A determinare il numero relativo alle varie specie in esubero, che quindi possono essere cacciate, è l'Istituto nazionale di fauna selvatica, con sede in provincia di Bologna. Tale istituto, però, non ha trasmesso alle regioni i piani di prelievo degli esuberi delle specie in questione. Pertanto, le regioni non possono adottare i provvedimenti inerenti al controllo delle specie selvatiche, proprio perché manca - perlomeno mancava, non so se in queste ore sia arrivato - il parere di tale istituto.
In mancanza di provvedimenti, il territorio permane in una situazione di degrado. Da qui la presentazione della nostra interpellanza urgente, rispetto alla quale mi auguro che il Governo fornisca una risposta confortante.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, le modalità attraverso cui i prelievi in deroga possono essere autorizzati sono state indicate nell'intesa sancita in data 29 aprile 2004 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
Su questa base, a partire dal 2004, sono pervenute all'Istituto nazionale di fauna selvatica (INFS) richieste per la determinazione della cosiddetta «piccola quantità». Già dall'istruttoria effettuata a partire dal 2004, sono risultate evidenti difficoltà tecniche nell'applicazione del metodo proposto dalla Commissione europea in relazione alle caratteristiche delle specie richieste dalle regioni e, per tali motivi, l'INFS ha successivamente posto alla Commissione europea un quesito sull'applicabilità di tale metodo. Nella risposta della Commissione del 19 dicembre 2005 vengono confermati gli aspetti critici già rappresentati relativamente all'applicabilità in modo scientificamente corretto del metodo di calcolo proposto dalla stessa.
Stante i dati disponibili a livello internazionale nel caso delle specie in questione, su tale risposta l'INFS ha provveduto immediatamente, con nota n. 3030 del 6 aprile 2006, ad informare le amministrazioni, gli enti e gli organismi competenti e, quindi, anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, predisponendo sull'argomento uno specifico incontro presso la sede dell'Istituto per il 4 maggio successivo.
Su tale problematica, infine, è pervenuta alla direzione per la protezione della natura una specifica relazione, in data 26 aprile 2007, nella quale, sulla base delle problematiche già evidenziate in relazionePag. 40alla caccia in deroga in rapporto alla definizione di «piccola quantità» (articolo 9, comma 1, lettera c) della cosiddetta direttiva «Uccelli» (79/409/CEE del 2 aprile 1979), si riteneva che, qualora si tentasse di determinare questa «piccola quantità» senza un'adeguata conoscenza di alcuni parametri demografici di base delle specie in questione (cioè dimensione delle diverse popolazioni interessate, produttività annuale, comportamento migratorio, mortalità naturale di giovani e adulti), non si sarebbe ottemperato a quanto previsto dalla normativa comunitaria e, per di più, con il rischio di una maggiore esposizione della posizione dell'Italia, già sottoposta alla procedura di infrazione 2006/2131.
Per quanto sopra esposto, si ritiene che nella correlazione tra ipotetici effetti benefici sulla popolazione faunistica, difficilmente individuabili scientificamente anche dall'organismo competente, proposti dagli interpellanti e il rischio di un aggravarsi della posizione del nostro Paese nei confronti della Commissione europea, si debba condividere la decisione assunta di non comunicare alcun prelievo quota in deroga, come già indicato, all'articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
PRESIDENTE. L'onorevole Salerno ha facoltà di replicare.
ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, purtroppo mi debbo dichiarare insoddisfatto della risposta fornita dal rappresentante del Governo.
In essa viene, infatti, riconfermata l'omissione dell'Istituto nazionale di fauna selvatica, che interviene negativamente, non esprimendo il prescritto parere, sul processo di normale vita del territorio e sul patrimonio agro-silvo-pastorale nazionale.
L'indicazione dei prelievi in deroga, stabiliti da tale istituto, consentirebbe di ristabilire un equilibrio che attualmente non c'è. La conseguenza, ancor più negativa, che così si viene a determinare, è la mancanza di equilibrio nelle specie selvatiche, spesso con ulteriore danno e disequilibrio per le stesse.
La caccia, quindi, oltre ad essere ancora immaginata in un'ottica negativa, viene ancora ad essere oggetto e campo anche di strumentali omissioni, affinché le cose vadano sempre peggio. Pertanto, è estremamente grave che il presente Governo - e probabilmente anche i governi regionali, che sarebbero deputati ad alzare un po' più la voce su tale argomento - sia nuovamente protagonista in negativo su un aspetto importantissimo, qual è appunto il patrimonio agro-silvo-pastorale nazionale, patrimonio della nazione e, come tale, elemento estremamente importante.
La caccia è di nuovo danneggiata; è nuovamente oggetto di danno da parte di una politica insensibile e oltretutto anche culturalmente arretrata su tale aspetto. Tale politica probabilmente continua con tante componenti in questo Governo di ambientalisti e di naturalisti di maniera - solo un po' di slogan - che non sanno trovare alcuna soluzione per risolvere questa problematica. Purtroppo, è un momento molto negativo per la caccia.
(Stato dei lavori di completamento dell'inceneritore di Acerra e dei lavori di realizzazione delle discariche previste dalla legge n. 87 del 2007 - n. 2-00767)
PRESIDENTE. L'onorevole Martusciello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00767, concernente lo stato dei lavori di completamento dell'inceneritore di Acerra e dei lavori di realizzazione delle discariche previste dalla legge n. 87 del 2007 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
ANTONIO MARTUSCIELLO. Signor Presidente, il decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 2007, n. 87, ha individuato i siti da destinare a discarica presso i seguenti comuni: Serre in provincia di Salerno, Savignano Irpino in provincia di Avellino, Terzigno in provincia di Napoli e Sant'Arcangelo Trimonte in provincia di Benevento. Tale legge ha, inoltre, prescritto che «l'utilizzo del sito di SerrePag. 41in provincia di Salerno è consentito fino alla realizzazione di un nuovo sito idoneo per lo smaltimento dei rifiuti individuato dal presidente della provincia di Salerno» e che «l'uso finale del sito ubicato all'interno del Parco nazionale del Vesuvio, nel comune di Terzigno, è consentito per il solo recapito di frazione organica stabilizzata ed esclusivamente ai fini di ricomposizione morfologica del sito medesimo».
Finora, purtroppo, dopo tre mesi dall'emanazione della citata legge, non sono stati avviati i lavori per la realizzazione delle discariche di Savignano Irpino, di Sant'Arcangelo Trimonte e di Terzino; l'unica discarica attualmente attiva è quella di Macchia Soprana di Serre, che probabilmente entro aprile 2008 sarà colmata.
Per realizzare una discarica nelle aree interne appenniniche durante il periodo piovoso autunnale-invernale occorrono realisticamente diversi mesi. Il sito di Terzigno, nel Parco nazionale del Vesuvio, molto difficilmente potrà essere utilizzato come discarica, in quanto la frazione organica stabilizzata prodotta dai combustibili derivati dai rifiuti urbani della Campania, come evidenziato più volte dalla magistratura, non corrisponde ai requisiti previsti dalle vigenti leggi. L'inceneritore di Acerra difficilmente entrerà in funzione entro l'inizio della stagione estiva 2008, in quanto l'inquinamento ambientale, già da anni al di sopra dei parametri stabiliti dalle vigenti leggi, non è stato mai abbassato mediante gli interventi previsti dalla commissione per la valutazione di impatto ambientale.
La raccolta differenziata nella provincia di Napoli è a livelli bassissimi e, quindi, si profila una nuova crisi ambientale, connessa all'accentuazione della cosiddetta emergenza rifiuti, che probabilmente raggiungerà l'acme durante la stagione estiva 2008, quando la discarica di Serre sarà chiusa e non vi saranno altre discariche sostitutive.
Questa è un'evenienza facilmente prevedibile e determinerebbe situazioni catastrofiche per l'economia regionale e darebbe un colpo all'immagine del sistema turistico nazionale, come già avvenuto nei mesi scorsi: ricordiamo le penose copertine dei magazine internazionali che fotografavano la situazione dell'emergenza rifiuti napoletana e campana.
Per tutti questi motivi poniamo al Governo su tale questione un problema di responsabilità. Chiediamo, in particolare, come il Governo intenda porre rimedio ad una situazione che purtroppo, per come si sta profilando, avrà necessariamente esiti assolutamente negativi ed analoghi a quelli emergenziali che si sono già verificati nella precedente stagione estiva.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il termovalorizzatore di Acerra, i cui lavori di costruzione sono iniziati nell'agosto del 2004, è in via di ultimazione in quanto resta da completare ancora circa il 15 per cento dell'impianto stesso. Negli ultimi tempi, infatti, c'è stato un rallentamento nell'attività di realizzazione, all'epoca affidata alle società Fibe e Fisia Impianti, appartenenti al gruppo Impregilo, dovuto al sequestro cautelare dei crediti, della liquidità e dei conti correnti per la somma di 750 milioni di euro, disposto nel mese di giugno 2007 dal GIP del tribunale di Napoli.
Il commissario delegato per l'emergenza dei rifiuti ha intrapreso tutte le possibili iniziative per evitare che i provvedimenti giudiziari suddetti potessero determinare ripercussioni negative sul completamento dei lavori di costruzione dell'impianto, a causa del blocco dei pagamenti alle imprese impegnate. Infatti, queste ultime hanno, nei confronti del gruppo Impregilo, crediti per oltre 25 milioni di euro.
In tale contesto il commissario delegato ha incontrato il presidente dell'Unione industriali di Napoli ed i titolari delle imprese coinvolte nei lavori per individuarePag. 42le soluzioni più idonee a fronteggiare le gravi difficoltà finanziarie. A tal proposito, il commissario ha ricevuto assicurazioni a garanzia della prosecuzione dei lavori.
Completato l'impianto, il suo funzionamento dovrà essere preceduto dalle attività di commissioning, cioè propedeutiche all'inaugurazione dell'opera, già in parte in corso, mentre le attività di controllo propedeutiche all'immissione in rete dell'energia elettrica prodotta dall'impianto stesso potranno essere effettuate dal nuovo gestore, per la cui individuazione sono già iniziate le relative procedure.
Inoltre, la commissione di collaudo dovrà accertare sia il completamento dell'impianto sia la sua piena funzionalità, entro dodici mesi dalla data di accensione della prima linea di bruciatori. Il funzionamento dell'impianto è previsto per il mese di giugno 2008.
Per quanto riguarda il paventato inquinamento ambientale, causato dal funzionamento del predetto termovalorizzatore, si fa presente che la commissione VIA ha individuato alcune integrazioni progettuali in ragione della situazione ambientale rilevata sul territorio di Acerra. In particolare, è stato installato un ulteriore sistema di abbattimento degli inquinanti che consente di rendere ancora più efficiente l'impianto, mentre un sistema di rivelazione di microinquinanti potrà garantire, in ogni condizione di funzionamento, il continuo prelievo di campioni d'acqua dai fiumi e le loro analisi. Si precisa che i valori di tutte le emissioni dell'impianto, pur rientrando nelle soglie previste dalla normativa vigente, saranno comunque oggetto di continuo monitoraggio.
In merito alla questione relativa alle ecoballe stoccate provvisoriamente nei diversi siti, si fa presente che tali rifiuti, di eterogenea composizione, hanno subito nel tempo processi aerobici e anaerobici che possono averne modificato le caratteristiche, per cui si rende necessario applicare particolari accorgimenti gestionali e tecnologici per il loro trattamento.
Le oltre quattro milioni e mezzo di ecoballe presenti nelle piazzole, infatti, sono già destinate al termovalorizzatore come combustibile ma, per la loro composizione, non sono ancora idonee a tale scopo. Attualmente l'unica soluzione possibile per la loro utilizzazione, per lo smaltimento definitivo e per lo sgombero delle predette piazzole, è data dalla possibilità di aggiungere del cemento e usarle come materiale di ricomposizione morfologica delle cave.
In proposito l'ENEA, su incarico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sta procedendo ad identificare una formula di inertizzazione delle ecoballe, da sperimentare entro la fine dell'anno.
In relazione, poi, all'individuazione di soluzioni alternative all'utilizzo della discarica di Macchia Soprana, in occasione della riunione tenutasi il 1o ottobre 2007 presso la prefettura di Napoli, l'assessore all'ambiente della provincia di Salerno ha preannunciato la prossima indicazione di almeno altri due siti da adibire a discarica.
La legge 5 luglio 2007, n. 87, recante «Interventi straordinari per superare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e per garantire l'esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti», ha previsto l'attivazione dei siti da destinare a discarica presso i comuni di Savignano Irpino, Terzigno e Sant'Arcangelo Trimonte.
In ottemperanza all'articolo 1-bis della predetta legge n. 87, il commissario delegato ha istituito una commissione tecnica composta dai rappresentanti della provincia di Avellino, della regione Campania, dell'Autorità del Bacino Puglia, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della regione Puglia con il compito di procedere agli approfondimenti sulle caratteristiche tecniche, geomorfologiche ed ambientali del sito di Savignano Irpino. Il 24 settembre 2007 il commissario ha acquisito il parere favorevole della predetta commissione, avverso il quale i comuni di Savignano Irpino, Montaguto (in provincia di Avellino) e Panni (in provincia di Foggia) hanno presentatoPag. 43ricorso al tribunale di Napoli, ex articolo 700 del codice di procedura civile.
Deve, invece, essere ancora definito il progetto per la discarica di Sant'Arcangelo Trimonte, non adatta per le ceneri che in futuro saranno prodotte dai termovalorizzatori che richiedono discariche di seconda categoria in quanto considerati rifiuti speciali e pericolosi. Tuttavia, a seguito di una proposta del presidente della provincia di Benevento, la predetta discarica sarà soggetta a verifica per essere utilizzata come impianto per la dissociazione molecolare.
Diversi sono i tempi di realizzazione del sito di Terzigno ubicato all'interno del Parco nazionale del Vesuvio che, dovendo attendere sia la valutazione d'incidenza ambientale, sia le conclusioni dello studio curato dall'ENEA sulla frazione organica stabilizzata di qualità da conferire, sarà pronto solo nella prossima primavera. Peraltro, il predetto sito, per la sua notevole capacità, dovrebbe garantire lo smaltimento dei rifiuti per diversi anni, adattandosi anche alle esigenze degli impianti di combustibile derivato da rifiuti urbani napoletani, in un'ottica di scelta mediana tra il principio della provincializzazione e quello della specializzazione.
Il commissario delegato ha assicurato la ricomposizione morfologica del sito e l'adozione delle occorrenti misure di mitigazione ambientale, ivi compresa la bonifica e messa in sicurezza dei siti di smaltimento incontrollato dei rifiuti esistenti nel territorio del comune di Terzigno, mediante la predisposizione di un piano da adottarsi d'intesa con il presidente della regione Campania e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. È stato, inoltre, pianificato l'adeguamento degli impianti di combustibile derivato da rifiuti urbani a partire da quello di Tufino, per il quale è prevista l'attivazione del processo di essiccazione, per ottenere la necessaria qualità di frazione organica stabilizzata.
La realizzazione del CDR di Tufino consentirà la ristrutturazione di un secondo CDR e, successivamente, di altri analoghi impianti. Aumenterà così la raccolta differenziata e la qualità del prodotto e, di conseguenza, si ridurranno progressivamente i periodi di fermo degli impianti e l'adeguamento degli stessi sarà più agevole.
In relazione alla messa in sicurezza delle acque del fiume Sele, si fa presente che sono stati ultimati i lavori e la copertura provvisoria della discarica di Basso dell'Olmo che, pertanto, è completamente impermeabilizzata ed è stato completato anche l'impianto di captazione di biogas.
È ancora da terminare il collegamento dell'impianto di cogenerazione alla rete ENEL, poiché la sua realizzazione è rallentata dai tempi necessari all'ottenimento del nulla osta dell'ANAS per il passaggio sotto la sede stradale del collegamento stesso.
La discarica di Basso dell'Olmo, come tutte le discariche presenti sul territorio della Campania, è soggetta a controlli periodici da parte dell'Agenzia regionale protezione ambientale della Campania che ha compiuto, dal giugno 2006 ad oggi, tre sopralluoghi che non hanno evidenziato criticità significative alla salvaguardia delle matrici ambientale.
L'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 maggio 2007, n. 3590 ha incaricato la Direzione qualità della vita del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dell'approvazione del progetto del sito di Macchia Soprana, autorizzandone l'apertura e l'esercizio, nonché della sua messa in sicurezza e della bonifica e dello stoccaggio. Con decreto direttoriale del 20 giugno 2007 è stata autorizzata l'apertura e l'esercizio di un sito di stoccaggio di rifiuti non pericolosi per consentire le operazioni di deposito preliminare, in attesa dei lavori di costruzione della nuova discarica. Tale sito è oggi esaurito, avendo ricevuto, in due mesi, 110 mila tonnellate di rifiuti. Attualmente, il conferimento dei rifiuti è garantito dalle attività di un primo lotto della discarica, denominato «vasca 3», con una potenzialità di 85 mila tonnellate, comprensiva della prima fase di 36 mila tonnellate, già autorizzata, e come parte della nuova discarica, con una capacitàPag. 44di 700 mila tonnellate di rifiuti non pericolosi. Nella conferenza dei servizi del 26 settembre 2007 è stato autorizzato all'esercizio anche l'ulteriore lotto di discarica denominato «vasca 2». La stessa realizzazione della discarica contempla, quindi, la bonifica di discariche esistenti nel comune di Serre, contribuendo al miglioramento delle condizioni ambientali del territorio.
Si precisa, inoltre, che tutte le decisioni inerenti la progettazione, la costruzione, le modalità di smaltimento e la caratterizzazione delle matrici ambientali sono esaminate ed approvate da apposite conferenze di servizi, ex articolo 14 della legge n. 241 del 1990, convocate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle quali intervengono tutti gli enti e le realtà coinvolte nella problematica.
Ad ulteriore garanzia, sono periodicamente compiuti sopralluoghi da parte dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania (ARPAC), dipartimento provinciale di Salerno. Gli esiti dei sopralluoghi sono inviati ai commissari per l'emergenza rifiuti della Campania, alla provincia di Salerno, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'ASL SA2, ai sindaci dei comuni di Serre e di Postiglione, al direttore generale e al direttore tecnico dell'ARPAC, con richiesta di riscontro, ad ognuno degli enti per le proprie competenze, delle prescrizioni impartite.
Per quanto riguarda la provincia di Salerno, il sito di Macchia Soprana potrà garantire il conferimento di frazione organica e di altri scarti di lavorazione fino al luglio 2008. In occasione della riunione tenutasi il 1o ottobre 2007 presso la prefettura di Napoli, l'assessore all'ambiente della provincia di Salerno ha preannunciato l'indicazione di due siti da adibire a discarica, su cui si stanno svolgendo le operazioni di verifica preliminare e che serviranno come soluzione alternativa al sito di Macchia Soprana.
Infine, per quanto concerne le iniziative atte ad evitare un'ulteriore crisi ambientale in Campania tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate 2008, si fa presente che il commissario per l'emergenza rifiuti sta lavorando per creare le condizioni per un ritorno alla normalità nelle varie fasi di trattamento e smaltimento dei rifiuti prodotti nella regione Campania. Tale impegno trova la sua più completa concretizzazione nel piano regionale per la realizzazione di un ciclo integrato dei rifiuti, d'intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la consulta regionale di cui alla legge n. 87 del 2007. La predetta consulta si è riunita presso la prefettura di Napoli anche il 26 settembre 2007. Il piano si ispira, oltre che alla provincializzazione del ciclo dei rifiuti, anche alla specializzazione degli impianti, in relazione alla qualità del materiale che gli stessi sono in grado di ricevere e mira anche alla riduzione dei rifiuti e al potenziamento della raccolta differenziata.
PRESIDENTE. L'onorevole Martusciello ha facoltà di replicare.
ANTONIO MARTUSCIELLO. Signor Presidente, la risposta del Governo è assolutamente inadempiente rispetto alle problematiche poste nella mia interpellanza. Infatti, riguardo ai 4 milioni e cinquecentomila ecoballe, che dovrebbero essere impiegate come combustibile per l'attivazione dell'inceneritore di Acerra, il Governo ha disposto che le stesse ecoballe non sono utilizzabili, e che, attraverso un processo chimico, serviranno unicamente a riempire le cave di Acerra. Ciò significa che non vi sarà combustibile utile per l'inceneritore di Acerra, rispetto al quale i tempi prospettati dal Governo sono ulteriormente dilatati e certamente non sono definiti, così come, invece, imporrebbe una necessità assolutamente cogente.
Più di una volta, inoltre, il sottosegretario, nella sua risposta, ha segnalato la disponibilità dell'assessore all'ambiente della provincia di Salerno in ordine all'individuazione di alcuni siti - che, però, non sono stati individuati - alternativi alla discarica di Serre. Non è così che si affronta un'emergenza ambientale! Purtroppo,Pag. 45rispetto a una questione che ha devastato l'intera regione Campania, ancora una volta, da parte del Governo, vi è un atteggiamento approssimativo, inconsapevole e irresponsabile. Siamo estremamente preoccupati, perché ci rendiamo conto che le istituzioni competenti, perfino di fronte a una questione così importante e pericolosa per la salute dei cittadini, non hanno un atteggiamento consapevole e consequenziale rispetto agli atteggiamenti e alle attività che dovrebbero essere posti in campo.
(Progetto di costruzione di un sacrario in onore dei bambini mai nati nel comune di San Martino Valle Caudina (Avellino) - n. 2-00745)
PRESIDENTE. L'onorevole Aurisicchio ha facoltà di illustrare l'interpellanza Pettinari n. 2-00745, concernente il progetto di costruzione di un sacrario in onore dei bambini mai nati nel comune di San Martino Valle Caudina (Avellino) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5), di cui è cofirmatario.
RAFFAELE AURISICCHIO. Signor Presidente, da diverso tempo, nel nostro Paese, è in atto un'intensa campagna contro la legge n. 194 del 1978 - che disciplina l'aborto - al fine di chiederne la modifica: si vuole limitare fortemente il diritto delle donne a decidere in autonomia e in piena responsabilità. A capo di tale campagna si è posta la gerarchia ecclesiastica e, in particolare, il cardinale Ruini, almeno fino a quando lo stesso è rimasto alla guida della Conferenza episcopale italiana. Proprio nelle scorse settimane, il cardinale Ruini ha rivolto ai cattolici presenti nelle istituzioni un nuovo appello ad essere coerenti e ad agire per affermare il diritto alla vita.
Nel clima che si è generato nel Paese a seguito di questa campagna, deve essere valutato ciò che è accaduto nel comune di San Martino Valle Caudina in provincia di Avellino, dove la giunta comunale, il 23 agosto 2007, ha deliberato l'assegnazione alla locale parrocchia di uno spazio nel cimitero comunale «per erigere un sacrario in onore di tutti bambini mai nati, per cause naturali o violente». La costruzione di un sacrario in onore di bambini mai nati per cause violente equivale a sostenere che si vogliono celebrare le cosiddette vittime dell'aborto, che sarebbero, appunto, i feti concepiti ma non nati a causa di ogni caso di aborto. Tutto ciò senza nemmeno distinguere rispetto alle cause che hanno potuto determinare l'interruzione volontaria della gravidanza. In tal senso, dunque, la richiesta di erigere il sacrario altro non è che un atto di prevaricazione e di intimidazione nell'ambito della richiamata propaganda. Che una parte del mondo cattolico e la parrocchia di San Martino Valle Caudina ritengano necessario assumere iniziative per testimoniare il proprio pensiero e il proprio impegno nel quadro dei dettami provenienti dalla gerarchia, è questione che non assume una rilevanza pubblica e, quindi, non merita alcuna attenzione istituzionale. Assume, invece, una rilevanza pubblica l'atto della giunta comunale, che concede il suolo per l'erezione del sacrario in onore dei bambini mai nati per cause naturali o violente e rilascia l'autorizzazione per la sua costruzione.
Ciò è dovuto a diversi motivi. Innanzitutto, il cimitero è uno spazio pubblico votato alla celebrazione dei morti (persone nate, vissute e decedute) e, in quanto tale, non può esser luogo per simboli di propaganda. In secondo luogo, all'interno di uno spazio pubblico, si concede di realizzare un monumento che va contro le donne, offende la loro dignità e richiama in continuazione la loro sofferenza, per avere le stesse attraversato la drammatica vicenda dell'aborto. In terzo luogo, l'azione di un organismo civico deve sempre agire in accordo con la Costituzione repubblicana, che, agli articoli 2 e 32, tutela il diritto alla salute della donna e con le leggi della Repubblica, compresa la legge n. 194 del 1978. Per tale motivo, ci pare necessario evitare la diffusione di analoghi comportamenti tenuti da parte delle amministrazioniPag. 46civiche, che sono completamente titolari della competenza in materia.
Il senso della presente interpellanza urgente è, perciò, di rivolgere al Governo la richiesta di considerare l'opportunità di regolare tale materia con l'emanazione di alcune indicazioni di principio, finalizzate a fare modo che si determinino comportamenti assolutamente omogenei su tutto il territorio nazionale, evitando il verificarsi di spiacevoli episodi, come quelli, già richiamati, di San Martino Valle Caudina.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, tutta la materia di cui si tratta è disciplinata dal testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e dal regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285. Inoltre, i cimiteri sono assoggettati al regime dei beni demaniali e possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Il comune può disporre delle aree cimiteriali solo nel rispetto delle norme contenute negli articoli da 90 a 95 del regolamento di polizia mortuaria. Il citato regolamento sembra solo contemplare le concessioni per la costruzione delle sepolture, mentre nulla dice per quanto riguarda l'erezione di sacrari.
Nel caso in cui tale costruzione dovesse servire alla tumulazione dei nati morti, ricorrerebbe la fattispecie di cui all'articolo 7, commi 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 1990, riferita alla sepoltura dei prodotti abortivi di presunta età di gestazione dalle venti alle ventotto settimane complete e dei feti che abbiano, presumibilmente, compiuto ventotto settimane di età intrauterina, ovvero dei prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle venti settimane. In particolare, si precisa che allo stato, la domanda prodotta dal parroco e corredata dalle firme di centocinquantasei cittadini, volta ad ottenere l'autorizzazione alla costruzione del sacrario, sembra riferirsi a un «piccolo monumento» e non sarebbe destinata alla sepoltura.
Infatti, con una petizione, in data 16 luglio 2007, indirizzata al sindaco del comune di San Martino Valle Caudina, in provincia di Avellino, il sacerdote titolare della parrocchia Santi Giovanni Battista e Martino ha chiesto alla civica amministrazione di destinare uno spazio per la costruzione del monumento in onore di tutti i bambini non nati, per cause naturali o violente. La giunta municipale, con atto n. 147, in data 25 agosto 2007, ha deliberato nel senso richiesto, evidenziando all'interno del cimitero un'area da destinare alla realizzazione del monumento, i cui oneri finanziari saranno posti a carico dell'ente ecclesiastico.
Nel ribadire che la verifica di legittimità non rientra nelle competenze statali, si ritiene, tuttavia, che l'utilizzo degli spazi cimiteriali nel rispetto delle leggi vigenti possa essere rimesso alla libera determinazione dell'ente. Tale attività, in assenza di specifici divieti e non potendo essere sottoposta a valutazione di merito, deve quindi ritenersi consentita. Si fa presente, infine, che la pratica relativa alla concessione di uno spazio nel civico cimitero per erigere un sacrario in onore di tutti i bambini non nati, per cause naturali o violente, è, comunque, tuttora ferma, in attesa della presentazione del relativo progetto da parte del sacerdote, per cui la prevista inaugurazione annunciata dai quotidiani locali non avrà luogo.
PRESIDENTE. L'onorevole Zanotti, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
KATIA ZANOTTI. Signor Presidente, dobbiamo dichiarare la nostra insoddisfazione rispetto alla risposta fornita dal Governo, rappresentato in questa sede dal sottosegretario Naccarato. Siamo insoddisfatti,Pag. 47signor sottosegretario, perché il tema è delicato. Lei ha fatto riferimento al regolamento di polizia mortuaria, che naturalmente conoscevamo. Conosciamo bene le competenze dello Stato e dei comuni, ma non avevamo bisogno di una risposta burocratica alla nostra interpellanza; tale, infatti, consideriamo la risposta del sottosegretario e la riteniamo, pertanto, insoddisfacente. Crediamo che il tema meritasse maggiore attenzione da parte del Governo. Si tratta di un luogo pubblico, quale il cimitero, di uno spazio di raccoglimento e di memoria che appartiene a tutti, indipendentemente dalle convinzioni religiose, dai principi etici e dai valori morali, cui tutti gli uomini e le donne di San Martino fanno riferimento.
Anche sul piano dei simboli - perché tale è il predetto sacrario in onore di tutti i bambini mai nati, per cause naturali o per cause violente - il cimitero, comunque, dovrebbe essere uno spazio e un luogo in cui tutti dovrebbero potersi riconoscere. La scelta che è stata compiuta dal comune di San Martino Valle Caudina la consideriamo singolare anche dal punto procedurale (anche se è evidente che ogni comune può decidere): se si decide con una delibera di giunta, su un tema così delicato, non vi è alcuna intenzione di coinvolgere la popolazione locale, gli uomini e le donne e non si pensa neppure necessario costruire consenso attorno alla proposta ricordata, al di là delle firme dei centocinquantasei giovani che, attraverso il parroco, hanno inoltrato richiesta al comune; non si pensa e non si ritiene che proprio su un tema siffatto, che rischia di dividere - nel comune di San Martino Valle Caudina vi sono dissensi molto forti all'idea della costruzione del sacrario - l'amministrazione civica debba spendersi in una pratica di coinvolgimento e di partecipazione. Al contrario, si assume di imperio la decisione, con atto di giunta.
Intendevamo chiedere al Governo se ritenesse appunto legittimo che un luogo pubblico, anche sul piano simbolico, rischiasse di diventare luogo di parte o in cui una sola parte si riconosce, semplicemente perché è del tutto evidente che il predetto monumento, con il titolo ricordato, - lo affermava con molta chiarezza l'onorevole Aurisicchio - ha un obiettivo molto preciso: tale obiettivo - si parla di morti violente di bambini mai nati - è la legge n. 194 del 1978. Si tratta di una legge dello Stato, varata negli anni Settanta con una mediazione alta del Parlamento, che tutte le donne del nostro Paese apprezzano, perché ogni donna sa che abortire è una questione di dolore e di difficile scelta e nessuna donna, in Italia, pensa che l'aborto sia un diritto e che la legge n. 194 del 1978 riconosca un diritto; al contrario: tale legge ha consentito semplicemente di liberarsi dalla piaga dell'aborto clandestino - che ha debellato -, è riuscita persino a ridurre in modo significativo le interruzioni di gravidanza e, addirittura, ad agire sulla prevenzione, evitando appunto che, per diverse ragioni, le donne siano costrette a ricorrere all'aborto. Del resto, sono dati recentissimi ad affermare che in trenta anni di applicazione della legge n. 194 del 1978, il risultato è di straordinaria rilevanza.
Il comune di San Martino Valle Caudina, con il monumento di cui si è detto e con il relativo sacrario, ha deciso di far sì che ogni donna che frequenta i viottoli e i luoghi del cimitero comunale, si trovi di fronte ad un simbolo che, comunque, è sicuramente una rappresentazione di dolore e di sofferenza, per ogni donna che è stata magari costretta ad abortire.
Dal Governo ci aspettavamo maggiore sensibilità e maggiore attenzione. Conosciamo la normativa e sappiamo, lo ripeto, quali sono le competenze dei comuni e dello Stato. Sappiamo, tuttavia, che era possibile - mi auguro sia ancora possibile - agendo sulla normativa di polizia mortuaria in materia funeraria, che lo Stato e il Governo possono determinare, sul piano dei principi, riguardo appunto ai monumenti e ai sacrari - poiché giustamente, come affermava il sottosegretario, nessun regolamento dispone e contiene indicazioni al riguardo - dare un segnale di attenzione ai temi oggetto di questa interpellanza. Ciò in nome, lo ripeto, di un concetto molto semplice: di una laicitàPag. 48dello Stato che prevede che qualsiasi spazio pubblico offra le condizioni affinché tutti, indipendentemente dai propri orientamenti, possano riconoscersi, onde evitare che vi sia una convinzione o un'etica, una morale o un sistema di valori che prevalga sugli altri, ma affinché tutti possano esservi ricompresi.
Mi auguro che, nonostante la risposta non soddisfacente, il tema rimanga all'attenzione del Governo affinché si produca una normativa che possa diventare omogenea su tutto il territorio dello Stato per evitare che di volta in volta, caso per caso, magari attraverso l'unico strumento a disposizione del sindacato ispettivo, si debba rilevare la presenza di una questione di principio molto alta, che non è liquidabile. Ritengo davvero che almeno da questo punto di vista l'interpellanza sia servita a richiamare un tema di particolare significato e mi auguro che possa servire al comune di San Martino Valle Caudina per rivedere le modalità e i percorsi istituzionali con i quali si è addivenuti a tali decisioni.
(Iniziative del Governo per riformare le istituzioni scolastiche italiane all'estero al fine di promuovere la diffusione della lingua e della cultura italiane all'estero - n. 2-00788)
PRESIDENTE. L'onorevole Angeli ha facoltà di illustrare l'interpellanza La Russa n. 2-00788, concernente iniziative del Governo per riformare le istituzioni scolastiche italiane all'estero al fine di promuovere la diffusione della lingua e della cultura italiane all'estero (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6), di cui è cofirmatario.
GIUSEPPE ANGELI. Signor Presidente, finalmente sono rimasto solo - non l'avrei mai pensato -, in un «deserto»... Ringrazio comunque per la presenza almeno del sottosegretario Naccarato anche se, riguardando l'interpellanza la questione delle scuole italiane all'estero, avrei desiderato essere ascoltato da qualche rappresentante del Ministero degli affari esteri o del Ministero della pubblica istruzione. Ai titolari di tali dicasteri è infatti rivolta l'interpellanza. Essa nasce dalla considerazione che la legge 3 marzo 1971, n. 153, prevede la promozione, a cura del Ministero degli affari esteri, di iniziative scolastiche nonché attività di assistenza scolastica, formazione e perfezionamento professionale dei lavoratori italiani all'estero e dei loro familiari. Tali iniziative, volte soprattutto all'organizzazione di corsi e all'impiego di sussidi finalizzati al recupero della lingua e della cultura italiane si sono spesso rivelate inadeguate rispetto ai bisogni delle realtà locali.
La richiesta di italiano, come mezzo per superare i confini espressivi dialettali e come recupero della propria identità linguistica e di appartenenza, continua ad essere fortemente sostenuta dal mondo dell'emigrazione. È comunque innegabile che mentre l'azione formativa nei confronti delle prime generazioni di emigrati era strutturata, essenzialmente, sul sistema scolastico e dava le basi per una prima alfabetizzazione in lingua italiana, per le nuove generazioni nate e vissute all'estero il rapporto con la lingua e la cultura italiane è ben diverso, configurandosi l'italiano quasi come lingua straniera di cui appropriarsi per ridefinire le proprie radici e mantenere il legame con la terra dei propri padri.
Il carattere sperimentale degli interventi sotto il profilo didattico e organizzativo ha spesso dato luogo a situazioni di disagio e difficoltà a causa della scarsa organicità e sistematicità che dovrebbero caratterizzare ogni progetto educativo. Per citare solo alcuni esempi: l'editoria italiana ha mostrato di non riservare particolare attenzione alla produzione di materiale didattico, sia cartaceo sia multimediale, destinato al mercato dell'America latina, soprattutto per quello necessario alla formazione dei bambini e adolescenti; inoltre, le procedure di formazione ed aggiornamento professionale per il corpo docente sono saltuarie e non assicurano la continuità del processo formativo.Pag. 49
La legislazione vigente, disciplinata dalla legge n. 153 del 1971, appare ormai obsoleta e necessita di una riforma, da anni richiesta in modo trasversale da tutte le forze politiche, che si armonizzi con le mutate condizioni in cui versano oggi le comunità italiane all'estero.
I finanziamenti per la promozione linguistico-culturale, previsti dalla succitata legge e destinati alle collettività italiane all'estero, non sono stati interamente erogati nel corso degli anni 2005 e 2006.
Chiedo al sottosegretario quali provvedimenti il Governo intenda adottare per riformare le istituzioni scolastiche italiane all'estero, al fine di promuovere la diffusione della lingua e della cultura italiane all'estero. Intendo domandare inoltre al sottosegretario se il Governo non ritenga opportuno prevedere la possibilità che enti, previsti dalla legge, possano produrre certificazioni che siano valide lungo tutto l'excursus scolastico, e se il Governo non ritenga altresì necessario riformulare le procedure di formazione e aggiornamento del corpo docente, utilizzando anche risorse locali, attraverso accordi con università italiane e Stati esteri, al fine di garantire la continuità di un processo formativo che oggi risulta essere inadeguato.
Chiedo poi quali urgenti iniziative si intendano assumere affinché siano disponibili materiali didattici multimediali relativi a tutte le fasce scolastiche, a costi accessibili, e in grado di soddisfare le necessità delle comunità italiane all'estero, e quali siano infine i motivi per cui l'erogazione dei sussidi previsti dalla legge n. 153 del 1971 è stata sospesa e quali provvedimenti urgenti il Governo intenda adottare al fine di saldare i contributi mancanti.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, come è noto l'organizzazione dei corsi di lingua e cultura italiane in tutte le aree ove risiedono i nostri connazionali è, ancora oggi, particolarmente ampia e capillare. Negli anni si è infatti proceduto ad un successivo potenziamento dei corsi di lingua italiana e all'incremento del numero degli insegnanti assegnati alle scuole italiane, proprio con le finalità di corrispondere alla crescente domanda di corsi di lingua e cultura italiane per i lavoratori italiani ed i loro congiunti. Ciò nonostante, vi è l'esigenza di aggiornare la legge n. 153 del 1971 alle nuove esigenze delle nostre comunità all'estero. Non bisogna dimenticare infatti che l'integrazione delle nostre collettività emigrate risulta ormai molto avanzata e soprattutto le ultime generazioni sono ormai, nella quasi generalità dei Paesi, completamente inserite nel tessuto sociale delle nazioni ove vivono.
Per adeguare la legge n. 153 del 1971 alle nuove esigenze di insegnamento della lingua italiana all'estero sono stati depositati in Parlamento numerose disegni di legge di modifica. Il Ministero degli affari esteri, sotto l'impulso del Viceministro Danieli, ha organizzato nel giugno scorso una conferenza alla quale sono stati invitati, tra gli altri, i rappresentanti degli enti gestori nonché i rappresentanti dei Comites e del CGIE per un esame delle varie proposte di modifica. Nel corso della riunione è emersa una larga condivisione dell'obiettivo di introdurre la possibilità di aprire i corsi anche a ragazzi non italiani di passaporto, passando così da un intervento assistenziale ad uno di carattere promozionale. Nella stessa conferenza è stata ribadita la centralità del ruolo istituzionale dello Stato attraverso il rafforzamento degli uffici scolastici consolari, nonché la selezione rigorosa dei dirigenti scolastici, ed è stato riconosciuto il ruolo degli enti gestori nell'assunzione degli insegnanti nel rispetto delle normative dei Paesi ospitanti. Si sta ora lavorando ad una legge quadro comprensiva di tutti gli interventi di promozione della lingua italiana all'estero che assicuri il coordinamento fra tutti gli attori istituzionali coinvolti.Pag. 50
Per quanto attiene alla formazione e all'aggiornamento degli insegnanti sono stati siglati e finanziati, con le norme della legge n. 153 del 1971, numerosi accordi sia con università all'estero sia con università italiane specializzate nell'insegnamento della lingua per gli stranieri (Venezia, Siena e Perugia).
Da anni, infatti, vengono formati gli insegnanti non di ruolo che operano all'estero grazie al contributo culturale delle istituzioni accademiche più prestigiose.
Nei Paesi ove maggiore è il costo dei materiali didattici si sta già provvedendo ad inviare biblioteche tipo composte da testi scolastici e sussidi multimediali.
Si segnala, infine, che negli anni 2005 e 2006 sono stati interamente erogati - in termini di cassa - tutti i finanziamenti per la promozione linguistico-culturale previsti dalla legge in parola.
Un discorso a parte meritano le scuole italiane statali e private paritarie all'estero e le sezioni bilingue presso le scuole straniere (che non ricadono, a rigore, nell'ambito di applicazione della legge n. 153 del 1971).
Il Ministero degli affari esteri si è da tempo fatto promotore di una prospettiva bilingue e biculturale, concretizzatasi soprattutto con la conclusione di accordi bilaterali miranti all'istituzione di sezioni bilingue presso le scuole straniere, che non siano solo circoscritte alla fascia dell'obbligo scolastico, ma estese a tutto l'arco formativo.
In tali sezioni viene impartito l'insegnamento non solo della lingua e letteratura italiana, ma anche di altre materie in lingua italiana ed il titolo di studio finale è riconosciuto dall'Italia e dal Paese ospitante.
Una analoga valorizzazione del carattere biculturale e bilingue è un obiettivo prioritario dell'intervento del Ministero degli affari esteri nei confronti delle scuole statali italiane all'estero e di quelle private paritarie.
Per quanto riguarda la formazione dei docenti va segnalato che anche nell'ipotesi di contratto recentemente siglato per il comparto scuola, per il quadriennio 2006-2009, viene riconfermato il diritto alla formazione per il personale docente che opera all'estero e la previsione di idonee iniziative di formazione.
Tra le iniziative messe a punto in quest'ambito vale la pena di segnalare un progetto di collaborazione tra il Ministero degli affari esteri e il Ministero della pubblica istruzione per la diffusione on line di materiali didattici adatti all'insegnamento dell'italiano a stranieri. Tali materiali sarebbero scaricabili gratuitamente grazie alla collaborazione dell'Istituto nazionale per la documentazione, l'innovazione e la ricerca educativa di Firenze, che dispone - unico ente in Italia - di una piattaforma ad attività sincrona per 3000 utenti in contemporanea e si avvale di esperti propri o individuati dal Ministero della pubblica istruzione guidando iniziative di formazione e sperimentazione didattica.
All'indirizzo http://insegnoitaliano.indire.it è già fruibile un ambiente virtuale dedicato a tutti coloro che insegnano l'italiano a stranieri, contenente materiali specifici: schede destinate agli alunni e spunti di attività didattica. Si tratta di materiale studiato tenuto conto delle necessità specifiche per l'insegnamento della lingua italiana a stranieri di vari gruppi linguistici.
Al materiale in questione sono affiancati strumenti per il miglioramento della preparazione didattica dei docenti. Il progetto INDIRE fornisce pertanto uno strumento utile per contribuire ad un auspicabile superamento della insufficienza di preparazione dei docenti e della disponibilità di materiali didattici, rispetto alla crescente domanda di insegnamento della nostra lingua.
Per quanto riguarda la certificazione di conoscenza dell'italiano, il Ministero degli affari esteri ha sottoscritto convenzioni con le università per stranieri di Siena e Perugia, l'università Roma Tre e la Società Dante Alighieri per il rilascio di tali certificazioni tramite gli istituti italiani di cultura.
Infine, per ciò che riguarda nello specifico la scarsa attenzione che l'editoriaPag. 51italiana riserva all'America latina, si può sottolineare che l'Italia sarà ospite d'onore alla fiera internazionale del libro di Guadalajara nel 2008, la più grande dell'America latina e la seconda del mondo dopo Francoforte. Anche in considerazione di questo importante evento è stato dato un impulso maggiore agli incentivi dedicati alla traduzione di libri italiani in lingua spagnola.
PRESIDENTE. L'onorevole Angeli ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE ANGELI. Signor Presidente, sono insoddisfatto della risposta alla mia interpellanza. Infatti mi chiedo per quale motivo in Argentina, dove ci sono circa 100 mila studenti tra ragazzi e adulti che imparano la nostra lingua e la cultura italiana, tantissimi enti stanno chiudendo i corsi perché non riescono a pagare i docenti. Bellissime le promesse: sapevo tutte queste cose.
Nella mia città ho un ente gestore (e ho anche un insegnante di ruolo, qua, d'italiano). Noi abbiamo bisogno di moltissimi insegnanti: è necessario, pertanto, inviare nel mondo formatori di formatori. Vi è una carenza totale di docenti in Argentina e nel mondo, dove c'è un risveglio dello studio della nostra lingua. La domanda è quanto paghiamo: non parlo del 2007, in cui non è stato versato neanche un euro, però nel 2004, 2005 e 2006 sono stati erogati degli acconti, mentre i saldi non sono ancora stati erogati né versati.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti.