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Informativa urgente del Governo sul tragico episodio verificatosi presso il tribunale di Reggio Emilia e sulle iniziative per garantire adeguate misure di sicurezza nei palazzi di giustizia (ore 9,40).
(Interventi)
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, forse era utile avvisare il sottosegretario che il tempo a sua disposizione non era contingentato, e quindi l'informativa poteva essere resa in modo che a tutti noi risultasse più comprensibile.
Prendiamo atto, ovviamente, delle dichiarazioni del sottosegretario e credo che vadano fatte alcune valutazioni. Il sottosegretario ci ha letto il mattinale - immagino - della questura e del rapporto dei carabinieri riguardo a quello che è accaduto e questo, ovviamente, entra più nei dettagli di quanto abbiamo letto e ascoltato dagli articoli dei giornali e dai servizi televisivi.
Inoltre, il sottosegretario ha utilmente elencato una serie di normative che regolano la sicurezza nei tribunali e anche ciò, ovviamente, non può che arricchire la nostra cultura sotto questo punto di vista.
Ha fornito anche delle indicazioni riguardo a quelle che possono essere le prospettive e gli impegni, anche del Dicastero che rappresenta, riguardo alle esigenze che tutti noi abbiamo, innanzitutto come cittadini. Signor sottosegretario, nel nostro Paese gli elementi che mettono in fibrillazione il popolo riguardo ai temi della sicurezza sono così vasti che, certamente, non si sentiva la necessità di quello che è accaduto a Reggio Emilia, fatto che senza dubbio accresce ulteriormente il senso di insicurezza nel nostro Paese.
Credo che dobbiamo inquadrare il fatto di cui stiamo parlando e cercare di capire come intendiamo muoverci e per fare cosa, anche perché, diversamente, non capirei l'utilità di svolgere un'informativa al Parlamento.
Sappiamo perfettamente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, signor Presidente, che questo episodio è assolutamente imprevedibile. Sappiamo che la sicurezza non è qualcosa che si può mai garantire al 100 per cento e non c'è dubbio che azioni estreme di persone che, probabilmente, agiscono anche in preda alla follia e allo squilibrio, non sono arginabili e prevedibili.
Credo, però, che sarebbe necessario capire se le minime garanzie di sicurezza all'interno dei tribunali, che comunque potrebbero anche presupporre lo svolgimento di azioni di persone squilibrate o, comunque, in preda alla follia, possano essere date, ovviamente non solo ai cittadini che vi si recano in quanto utenti, ma anche a tutti coloro che nei tribunali e nelle aule giudiziarie compiono il loro lavoro.
Non voglio proporre l'inserimento, magari, di un metal detector, strumento che, ormai, vediamo usato anche in alcune manifestazioni culturali, attraverso il quale è possibile scoprire la presenza di armi, ma, chiedo se sia possibile inserire qualche piccola misura nei tribunali e all'interno delle aule giudiziarie, per evitare che accadano fatti di questo tipo.
Ovviamente, signor sottosegretario, sappiamo perfettamente che questi interventi non sono gratuiti. Prevedere le dotazioni minime di sicurezza, senza blindare i tribunali o creare chissà che cosa, significa impegnare soldi e risorse.
Credo però - e con questo concludo il mio intervento - che un episodio, che indubbiamente non può che essere considerato, e noi ci auguriamo che sia considerato, un episodio isolato di una persona che in preda alla follia ha commesso tale gesto, possa essere l'occasione per far sì che, magari ancorché non dipendendo direttamente dal Ministero dell'interno ma dai procuratori generali e dai prefetti, siaPag. 5possibile fare una ricognizione del livello di sicurezza dei nostri tribunali, ripeto, non pensando di blindarli o di evitare ciò che probabilmente non è fino in fondo evitabile, perché appartiene anche a quanto di più imprevedibile possa accadere, ma per fornire le minime dotazioni di sicurezza che a Reggio Emilia, come in tanti altri posti, potrebbero essere garantite, con un filo di attenzione e di sensibilità da parte degli organi competenti e anche con un piccolo e dedicato stanziamento da parte del Governo per sostenere le minime garanzie di sicurezza che sono necessarie anche nelle aule dei tribunali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Paoletti Tangheroni. Ne ha facoltà.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, se lei mi permette, il collega Giachetti ha affermato che il sottosegretario Maritati avrebbe potuto prendere tutto il suo tempo per spiegare meglio cose che sono a noi risultate incomprensibili: temo, ahimè, di dover dire al collega Giachetti che l'unica cosa che si poteva capire, anche con un'esposizione più lenta, è che i livelli di sicurezza del nostro Paese sono bassissimi. Si continua a rimandare: abbiamo sentito il poco che siamo riusciti a percepire, ma è abbastanza per farci comprendere che si rinviano le responsabilità da Cesare a Pilato, e poi la crocifissione è riservata ai cittadini.
Non ci è stato spiegato perché, nonostante lo sciorinamento di norme che consentono o vietano gli strumenti più o meno solidi per garantire la sicurezza dei tribunali, ve ne sono alcuni che, nonostante questi «incroci» di responsabilità, sono dotati di tali strutture e altri no: Bologna sì, Ferrara no, Reggio Emilia no e non si capisce per quale motivo. Quanto è avvenuto dimostra che siamo in presenza di una grave sottovalutazione di una situazione, proprio quella di Reggio Emilia. Siamo in presenza di una sottovalutazione di un caso grave, dice Giachetti, ma non era prevedibile; era invece prevedibilissimo, perché si trattava di un soggetto violentissimo, che teneva in stato di terrore la sua famiglia, al quale - altro caso di sottovalutazione, a proposito della quale con la collega Bertolini abbiamo presentato un'interrogazione - misteriosamente sono state affidate le due figlie di 12 e 16 anni: al «pazzo» invece che alla madre, che semplicemente era più povera.
ROBERTO GIACHETTI. Però questo non è colpa del Governo!
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Questo per dire che è stata sicuramente sottostimata una situazione che poteva essere prevista (e quindi nella sua risposta bisognerebbe suggerire di porre più attenzione ai singoli casi) e che siamo in presenza di un Governo che sottostima chiaramente la sicurezza dei cittadini. Non mi stupirei che a carico del poliziotto che ha evitato una strage (perché se non ci fossero stati il carabinieri e i due poliziotti, il soggetto poteva compiere una vera e propria strage), si aprisse anche un procedimento penale, magari per «eccesso di difesa»: ormai, signor Presidente, ci aspettiamo veramente di tutto.
Credo che bisogna porre una grande attenzione ai vari elementi che compongono il tema della sicurezza. Spero che questa tristissima situazione, in cui un nostro agente è stato ferito e due persone sono state uccise in un'aula del tribunale, almeno non sia stata vana e che si cominci a considerare che i livelli di sicurezza sono cambiati.
Viviamo in una situazione che è esplosiva dal punto di vista della sicurezza e questa esplosività ha una crescita esponenziale, per cui quanto non era possibile l'anno scorso è possibile quest'anno, e probabilmente non possiamo immaginare quello che succederà l'anno prossimo. Abbiamo una moltitudine di clandestini, una moltitudine di disperati: una situazione in cui sappiamo di essere soggetti ad attentati.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Nonostante la complessità delle norme chePag. 6lei ha così prontamente sciorinato, bisogna cominciare a pensare che tutti gli uffici pubblici vivono in una situazione di grave emergenza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Germontani. Ne ha facoltà.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, ho ascoltato attentamente la relazione del signor sottosegretario. Egli ci ha descritto però la situazione citando circolari ed atti amministrativi che poco si adattano ad essa, e che anzi suonano oggi in modo tragico.
Quel che è avvenuto nel tribunale di Reggio Emilia il 17 ottobre - mi rivolgo anche all'onorevole Giachetti - non era un fatto imprevedibile: era una tragedia annunciata, che avrebbe potuto e dovuto essere evitata.
I problemi che riguardano il tribunale di Reggio Emilia (e che certo riguardano molti altri tribunali in Italia, ma vorrei concentrarmi sul fatto specifico) erano e sono sotto gli occhi di tutti. Si tratta di un tribunale privo di qualunque sistema di sicurezza che possa permettere di identificare chi entra e l'eventuale introduzione di armi od oggetti atti ad offendere. Il Ministro Mastella oggi, dopo che è avvenuto il fatto, chiede e dà spiegazioni; il Ministro Mastella ora - dopo - si preoccupa di indagare sull'accaduto. Egli dimentica però che al tribunale di Reggio Emilia sono stati destinati fondi scarsissimi ed insufficienti, anche solo per l'ordinaria amministrazione.
Proprio il giorno prima dei tragici fatti, il 16 ottobre, in Commissione giustizia si era discussa un'interrogazione presentata da me e dal collega Consolo e rivolta al Ministro Mastella, depositata a metà settembre (credo che queste date siano importanti), per richiamare l'attenzione del Governo sulla generale situazione critica del tribunale reggiano. Nell'interrogazione si segnalava che il rapporto tra personale amministrativo e magistrati avrebbe dovuto essere più del doppio di quel che era, e si poneva l'accento sul fatto che l'organico è stato ulteriormente ridotto nel marzo 2007 e che la produttività dei magistrati risulta condizionata in misura non trascurabile dalla disponibilità di personale amministrativo. Si affermava inoltre che era necessario dotare il comparto giudiziario reggiano almeno di maggiori fondi per le spese di ufficio e di maggior personale per istituire, ad esempio, un punto d'informazione, per filtrare l'accesso al pubblico.
A quell'interrogazione, signor sottosegretario, ha risposto il suo collega sottosegretario Li Gotti, che ha affermato che in data 10 gennaio 2006 il Ministro della giustizia aveva proposto l'ampliamento della pianta organica di quel tribunale con l'aggiunta di un posto di giudice, ma che il Consiglio superiore della magistratura aveva ritenuto che non vi fossero i presupposti per giustificare la destinazione di un'unità aggiuntiva, respingendo così la richiesta del Governo.
Credo che davanti a questi fatti non si possano scaricare le responsabilità: la situazione deve essere affrontata in modo serio. Il mio partito - non solo con quell'interrogazione - è fortemente impegnato sul fronte della sicurezza, che è una richiesta che viene dai cittadini, non da Alleanza Nazionale, da Forza Italia o dalla Lega. Come diceva giustamente la collega che mi ha preceduto, la situazione è ormai al collasso. Lo è per molti motivi: le frontiere sono aperte, l'accoglienza è indiscriminata (tutto ciò, naturalmente, si aggiunge alla responsabilità non soltanto di cittadini extracomunitari, ma anche di cittadini italiani: non lo nego).
A fronte di questa situazione, si continuano a consumare tragedie, e soprattutto tragedie familiari. Ricordo, ad esempio, che l'associazione degli avvocati matrimonialisti ha chiesto recentemente che le forze dell'ordine assistano anche alle cause familiari, così come assistono alle udienze penali, proprio per il gran numero di delitti familiari che si stanno consumando.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
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MARIA IDA GERMONTANI. Concludo, Presidente. L'allarme che è scattato a Reggio Emilia non è di oggi.
Alla fine del 2001 era pronto un piano per dotare il palazzo di giustizia di telecamere a circuito chiuso e di metal detector, ma esso è rimasto lettera morta.
PRESIDENTE. Deputata Germontani, deve concludere.
MARIA IDA GERMONTANI. La donna rimasta uccisa era già assistita da un centro antiviolenza cittadino, che aveva raccolto la sua denuncia, e da tempo era minacciata e malmenata dal marito. Chiedo, allora, che si affronti con serietà la questione della sicurezza e della violenza alle donne, e che in Assemblea venga discussa con grande responsabilità una questione che sta dilaniando il nostro Paese. Oggi parliamo di Reggio Emilia, ma dobbiamo parlare della sicurezza in tutti i tribunali del nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor sottosegretario, intendo svolgere un ragionamento molto rapido e breve. Quando hanno luogo tali informative, a distanza di tempo dal fatto, il Parlamento - almeno i richiedenti - si attende qualcosa in più che una semplice comunicazione, o semplici notizie che poi via via sono state riportate e riprese dai mass media, dai quotidiani e dalle televisioni. Le informative devono essere l'occasione, piuttosto, per riflettere, ripensare ed avanzare anche qualche proposta, perché non vi è dubbio che, in sede di commento, a conclusione di un fatto di sangue così drammatico, si è tutti d'accordo nell'auspicare, sollecitare e perseguire maggiore sicurezza per quanto riguarda gli uffici giudiziari ed i tribunali (mi riferisco certamente a quello di Reggio Emilia, ma più in generale a tutti i tribunali e gli uffici giudiziari).
Signor sottosegretario, avrei preferito che lei avesse fatto riferimento - e lo ha fatto, quando si è richiamato alle responsabilità per quanto riguarda la sicurezza - al decreto ministeriale 28 ottobre 1993, per dirci se questo decreto ministeriale è ancora valido. Ritengo che bisogna operare nel senso di rivedere quel decreto ministeriale, perché la sicurezza non può essere lasciata in esclusiva - pur trattandosi di uffici giudiziari - ai procuratori generali, o ai comuni per quanto riguarda l'esterno, ma essa deve essere riferita al Governo. Se lei, sottosegretario, viene a riferire all'Assemblea, e a riferire non è il procuratore generale della Repubblica, ciò ha un senso; oppure, lei si dichiari incompetente, perché la responsabilità in materia di sicurezza è di altri. Non vi è dubbio che su tale punto si apre, a mio avviso, un conflitto, quanto meno di ordine costituzionale.
Ritengo che occorra rivedere quella norma, anche perché i procuratori generali non costituiscono una rappresentanza generale del Paese rispetto alle esigenze della sicurezza, mentre credo che i procuratori generali si interessino soprattutto di assicurare sicurezza e tranquillità a se stessi ed agli appartenenti all'ordine giudiziario. Certamente non poteva venire a riferire il procuratore generale della Repubblica perché, come si sa, esso costituisce un altro potere. Peraltro, si è diffusamente coscienti che i magistrati non rispondono di nessun atto e godono dell'aura dell'impunità in termini assoluti, esclusivi e totalizzanti. Essi possono fare carriera anche in politica, ma questo è un altro tipo di discorso; possono fare politica proprio iniziando, piano piano, attraverso alcuni atti (e questo ci fa piacere, perché denota grande intelligenza e, soprattutto, grande capacità di aggirare molti ostacoli, vestendo alcuni panni). Inoltre, signor sottosegretario, lei ci deve parlare della Polizia penitenziaria (non in questa occasione; non si tratta di un'interrogazione, e non posso, dunque, dire di essere soddisfatto o meno).
Il collega Giachetti ha detto in precedenza che lei poteva riferire con calma, per non dirle che lei ha reso una risposta burocratica (siccome fa parte della sua stessa maggioranza è stato così cortese, maPag. 8ovviamente anche così «coperto», rispetto alle idee che avrebbe dovuto manifestare). Abbiamo un problema di sicurezza: ci sono dei morti! Non possiamo fare un discorso di maggioranza o di minoranza, perché parliamo di problemi.
Ho parlato del decreto ministeriale 28 ottobre 1993. Parliamo della Polizia penitenziaria: cosa fa la Polizia penitenziaria? Svolge ancora attività di custodia dei carcerati, tanto è vero che il direttore del carcere di Catanzaro, ad esempio, che necessita di tutela, ricorre non alla Polizia penitenziaria, ma alla Polizia di Stato. Vorrei capire da chi dipende la Polizia penitenziaria.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO TASSONE. Concludo, signor Presidente. Da chi dipende la Polizia penitenziaria? Abbiamo voluto creare il Corpo di polizia penitenziaria, ma quali mezzi gli forniamo? La responsabilità è in capo al Governo, o meno? È necessario rivedere tale questione, se fosse possibile affrontarla - mi rivolgo al Presidente Leoni, che si è sempre interessato di tali problemi - dopo la vicenda De Magistris, Lombardi e altri. È necessario che ci si dica soprattutto cosa avviene nelle carceri e come possa essere impiegata, al meglio, la Polizia penitenziaria, e quali sono le responsabilità del Governo, e non dei procuratori generali, che dovrebbero essere semplicemente un organo di supporto, e non di esclusiva competenza o di gestione di una responsabilità che non gli appartiene.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, signor sottosegretario, premetto che sono reggiano. Devo ammettere che sono rimasto molto deluso dal contenuto della «velina» letta dal sottosegretario, perché si tratta di un testo, preparato sicuramente dagli uffici, che non dice nulla in ordine a quanto è avvenuto, su ciò che si deve compiere e su quali siano le implicazioni di questo episodio, che è grave, per la follia con cui è avvenuto, e perché è accaduto all'interno di un tribunale, nel palazzo di giustizia. Per tali ragioni costituisce un fatto eclatante, ed è assurto alle cronache nazionali. Tuttavia, se tali episodi non servono per capire che questi fatti si denunciano da anni ma nessuno interviene mai e che è necessario intervenire immediatamente per evitare che simili vicende avvengano di nuovo, credo che non si fornisca alcun tipo di servizio alla cittadinanza, alla nostra gente, né tanto meno si dà sicurezza, garanzia e risposte.
Signor sottosegretario, lei ha riferito un elenco degli avvenimenti di quella mattina. Si tratta della semplice presa d'atto, dal punto di vista legale, in ordine a chi avrebbe dovuto provvedere ad inoltrare una domanda, che in realtà è inesistente, sulla dotazione di sistemi di sicurezza. Oggi è stata pubblicata una vignetta, su un giornale locale reggiano, in cui due lische di pesce si interrogano, e una chiede dall'altra: ma Reggio non era una città felice, e soprattutto sicura?. L'altra lisca di pesce risponde: sì, da oggi solo in tribunale. Infatti, dopo quanto è avvenuto sono stati mandati due poliziotti fissi in tribunale, ma togliendoli dalla strada. Vi sono articoli, in questi giorni, sui giornali locali di Reggio Emilia, in cui si afferma che siamo al collasso delle forze dell'ordine: di 21 pattuglie ne sono rimaste 7, e di queste solo due svolgono attività di pattugliamento, perché gli altri mezzi sono in officina e non ci sono i soldi per le riparazioni. Assistiamo ad una presa in giro sulla sicurezza, perché i 700 milioni di euro promessi ad agosto diventeranno 100 milioni, e ho notato addirittura che alcuni giorni fa, in una conferenza stampa, erano presenti esponenti della Marina e dell'Esercito, che di solito non intervengono mai in tali vicende, almeno politicamente. Si constata un segnale di investimento sull'insicurezza, e dall'indulto in poi il Governo ha fatto parecchio in questo senso.
D'altra parte, siamo dinanzi ad una città violentata che aspettava delle rispostePag. 9(lo affermo da reggiano): una città che è stata violentata nel suo intimo, perché questo avvenimento, così cruento, all'interno di un tribunale, ci ha fatto risvegliare il giorno successivo constatando che la situazione non è più gestibile. Dico onestamente che per quanto riguarda i tribunali la situazione è accettabile, ma ci sono anche tutti gli altri uffici distaccati, gli enti pubblici. Oggi si può entrare negli uffici della provincia di Reggio Emilia con una bomba a mano e nessuno interviene, si può entrare nel comune, negli uffici dell'INPS, nell'ufficio del registro. Non vi è alcun controllo in ordine alla sicurezza pubblica. Ma è difficile pensare di poter avere una sicurezza quando i dati sulle forze dell'ordine sono questi: si tratta davvero di prese in giro.
Inoltre, mi aspettavo da un Governo un po' serio qualche parola di encomio per l'atteggiamento pronto, puntuale e coraggioso da parte dei due poliziotti che sono intervenuti immediatamente: uno è stato ferito alla gamba, l'altro ha sparato.
In altre occasioni, purtroppo, abbiamo assistito al linciaggio del rappresentante delle forze dell'ordine perché aveva sparato, ma in questo caso sarebbe doveroso, da parte del Governo, un encomio, o almeno un ringraziamento nei suoi confronti. L'autore della sparatoria è stato colpito dal poliziotto dopo che, per un paio di volte, gli era stato chiesto di deporre l'arma e mentre, invece, stava continuando a ricaricare. Aveva sparato 45 colpi, ed era pronto a spararne altrettanti. Ha ferito alcune persone, e ne ha uccise due. Credo che il Governo dovrebbe dare un segnale a chi, a suo rischio e pericolo, continua, nonostante i mezzi limitati ed uno stipendio da fame, a cercare di proteggerci sul territorio, ma questo non è accaduto.
Ho già affrontato il tema delle garanzie di sicurezza, ma vi è un ulteriore ragionamento che deve essere compiutamente svolto circa le implicazioni sociali di questa vicenda, il cui protagonista è stato un personaggio già sotto controllo, mentre la donna aveva chiesto protezione ai servizi sociali del comune di Reggio Emilia. C'è un aspetto che trascende l'episodio di follia. Quest'ultimo può verificarsi anche da parte di nostri cittadini, su questo siamo d'accordo; tuttavia, vi è un aspetto che rende ancora più importante il problema, nel momento in cui si hanno famiglie musulmane nelle quali la donna...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, concludo ricordando che vi sono moltissime donne che non hanno neanche più il coraggio di denunciare i maltrattamenti in famiglia, perchè non si sentono protette, e dunque hanno paura di farlo. Nel caso specifico, l'autore della sparatoria non solo non doveva avere una pistola ed entrare in tribunale, ma doveva stare lontano dalla moglie e dalla famiglia. La cultura delle famiglie musulmane si manifesta nelle parole della figlia, che, il giorno dopo, ha dichiarato che il padre aveva fatto bene. Si deve capire che vi è una situazione sulla quale è necessario interrogarsi e che vi sta scappando di mano. Reggio Emilia, la città che rappresento, ha interesse ad ottenere risposte anche su questo.
Presenterò oggi stesso un'interpellanza sulle forze dell'ordine a Reggio Emilia, ed un'altra, anche insieme ad altri colleghi, su questi episodi, e anche sulle implicazioni sociali che comportano. Guai se dicessimo, come fa spesso Amato, che si tratta di episodi ineluttabili, che compiono anche i nostri cittadini: avevamo qualcuno che compiva atti di follia, ma oggi ne abbiamo dieci volte di più, perché abbiamo imbarcato gente che ha comportamenti sociali che non siamo in grado di gestire (noi saremmo stati in grado di farlo, ma voi, a mio avviso, avete abbandonato le armi).
Vi chiedo, prima che Reggio Emilia diventi davvero una città completamente incontrollabile, come purtroppo è diventata Bologna e come sta diventando anche Modena (vi sono responsabilità politiche molto chiare), di compiere un atto di coraggio, di onestà e di dignità, incominciando ad intervenire subito, magari non rispondendo con le «veline», ma con i fatti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pedica. Ne ha facoltà.
STEFANO PEDICA. Signor Presidente, signor sottosegretario, apprezziamo che il Governo abbia avvertito l'esigenza di informare il Parlamento su una vicenda così tragica, quale la strage compiuta nel tribunale di Reggio Emilia. Tuttavia, il rappresentante del Governo ci ha fornito dati sconcertanti e, più che altro, una lettura fredda, piuttosto che una risposta su ciò che volevamo sapere tutti noi, a livello trasversale. Sapere che dal 1998 si sollecita la sicurezza e che, dopo dieci anni, si parla ancora del problema irrisolto, credo sia preoccupante e sconcertante al tempo stesso. Si tratta di un episodio che può accadere ogni giorno - lo abbiamo capito dalle parole del rappresentante del Governo - a causa della mancanza di sicurezza nel luogo in cui essa dovrebbe essere principalmente garantita.
Inoltre, ascoltare alcuni colleghi, e in particolare la collega Paoletti Tangheroni, che afferma che il Governo non agisce in merito ad una richiesta che risale al 1998, è veramente paradossale. Dal 1998 ad oggi si sono susseguiti tanti governi, sia di centrodestra, sia di centrosinistra, ed è strano che si arrivi sempre ad imputare le colpe agli ultimi due anni di Governo, nei quali abbiamo recuperato solo macerie lasciate dal precedente Governo. Forse la collega Paoletti Tangheroni non sa che nei cinque anni precedenti, e anche in quelli che precedevano il 1998, era anche compito del centrodestra provvedere, anziché accusare noi del centrosinistra che, al Governo da due anni, stiamo solo raccogliendo cose poco «legali», almeno per ciò che riguarda gli anni passati.
Siamo sgomenti, perciò, dinanzi ad una così grande tragedia, che ha sterminato vittime innocenti. Avvertiamo l'esigenza di porci alcuni interrogativi su tale tragico evento. Il primo riguarda l'aspetto della sicurezza. Presso gli uffici giudiziari sono da tempo installate apparecchiature di sicurezza (compresi metal detector) che segnalano gli oggetti metallici e, a maggior ragione, le armi, che hanno una massa che non può sfuggire al controllo.
Ci chiediamo come sia stato possibile che quell'arma abbia potuto passare indenne i controlli. Sono state disposte ispezioni amministrative volte ad accertare come sia potuto accadere un evento simile? Sono state svolte indagini? Si sono concluse o sono in corso? È stato disposto l'allertamento di tutte le strutture di sicurezza esistenti negli uffici giudiziari e negli altri edifici pubblici o esse sono installate? Infatti, questo è un caso nazionale, non parliamo del caso particolare di Reggio Emilia, ma dell'Italia intera. I responsabili sono stati richiamati ad una maggiore vigilanza? Per i cittadini i controlli possono rappresentare un fastidio, ma purtroppo il ripetersi di simili emergenze deve indurre a non abbassare la guardia.
Il secondo aspetto concerne le motivazioni sociali e psicologiche di simili comportamenti. Riteniamo che le prime affondino le radici in un terreno di crescente aggressività, presente nella nostra società e favorito anche dal sistema delle comunicazioni che spesso indica come strumento principale per risolvere i conflitti il gesto estremo della morte, più spesso procurata ad altri. La facilità con cui viene spesso indicato un gesto estremo nella reazione violenta come mezzo di risoluzione extrapunitivo del conflitto può indurre facilmente soggetti deboli a farvi ricorso. Pertanto, noi del gruppo Italia dei Valori sentiamo il bisogno di rivolgere un accorato richiamo ai responsabili della comunicazione, soprattutto televisiva, affinché gli spettacoli violenti siano il più possibile banditi o comunque fortemente ridotti. Inoltre, le motivazioni psicologiche più immediatamente connesse con il fatto in esame riguardano fenomeni, sempre più frequenti, connessi con le crisi familiari e di coppia. Le rotture generano spesso reazioni difficilmente controllate da soggetti deboli, che non hanno più nulla da perdere. Si assiste così troppo spesso a comportamenti provocatori, vessatori, persecutori nei confronti del partner da cui ci si è separati, che sovente coinvolgono altrePag. 11persone estranee al rapporto di coppia. Spesso il gesto finale è stato preceduto da tali avvisaglie, che bisogna saper cogliere, prevenire e, se necessario, reprimere. L'attuale ordinamento non appresta misure idonee a tal fine.
PRESIDENTE. Deputato Pedica, dovrebbe concludere.
STEFANO PEDICA. Concludo, signor Presidente. Ad esempio il delitto di minaccia non rappresenta uno strumento di efficace deterrenza. È per questo motivo che è necessaria l'introduzione nel nostro ordinamento del delitto di minaccia grave e persistente, che, insieme ad una repressione efficace, permette anche strumenti di dissuasione e di avvertimento ad opera della magistratura e della polizia, che potrebbero evitare conseguenze estreme. Il gruppo Italia dei Valori - concludo - ha presentato una sua proposta di legge in materia ed ha votato a favore dello stralcio della previsione della richiamata fattispecie delittuosa, affinché si giunga ad una sua immediata approvazione. Confidiamo che l'intero Parlamento avverta tale sensibilità e dia all'esame di tale provvedimento una corsia del tutto preferenziale, nella speranza che possa valere ad evitare casi drammatici come quello di cui ci stiamo occupando.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Balducci. Ne ha facoltà.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, ringrazio anche il sottosegretario per le spiegazioni che, sinceramente, da un lato sono state sicuramente puntuali e precise, ma dall'altro hanno aperto anche una grande perplessità, correttamente rappresentata dallo stesso sottosegretario, con riferimento al lungo periodo in cui non vi è stata una risposta. Infatti, anche gli altri colleghi vi hanno fatto riferimento, il prefetto già nel 1998 aveva rappresentato alle autorità giudiziarie competenti la necessità di predisporre importanti misure di sicurezza.
Affronto ora altri due aspetti, molto brevemente. Quanto ho ascoltato poco fa dai colleghi conferma ciò che sto per affermare. In primo luogo, i gravi fatti accaduti a Reggio Emilia hanno riportato drammaticamente all'attenzione il problema della sicurezza nelle aule di giustizia. Sicuramente, la sicurezza in tali luoghi è uno dei problemi più importanti e più pressanti. Tuttavia, vorrei sottolineare anche un pregiudizio e un preconcetto che sempre accompagnano questi discorsi, che si ascoltano non soltanto in Assemblea, ma anche attraverso i mass media, che condizionano anche le analisi, che dovrebbero essere più attente, ossia che i fatti di Reggio Emilia siano figli della presenza di cittadini extracomunitari nel nostro Paese.
In realtà, solo con una visione semplicistica la questione può essere banalizzata da una tale conclusione. Infatti, se andiamo ad analizzare i precedenti degli episodi di violenza di una certa gravità verificatisi nelle aule di giustizia negli ultimi anni, constatiamo come da Napoli a Latina, da Velletri a Lamezia Terme, i protagonisti sono sempre cittadini italiani. La verità è che in certi luoghi più che in altri, a prescindere dalla nazionalità di chi li frequenta, si creano situazioni di tensione tali da aumentare il livello di aggressività e il rischio di esplosione di fatti di violenza. Le notizie di cronaca ci suggeriscono che gli uffici giudiziari, purtroppo, devono essere oggetto di una particolare attenzione da parte di chi è chiamato a salvaguardare l'ordine pubblico. L'esperienza dei processi ci ha insegnato che le situazioni di conflittualità, alla base delle vicende portate all'attenzione dell'autorità giudiziaria, costituiscono evidentemente una fonte di rischio e che tale fenomeno non si limita, al contrario di quanto si potrebbe pensare, ai processi penali, ma riguarda anche le controversie civili, come dimostrano, insieme a molti altri, i fatti di Reggio Emilia.
Tali fatti, come altri che con clamore sempre maggiore vengono portati all'attenzione dell'opinione pubblica, impongono di apprestare gli strumenti più efficaci per aumentare nei cittadini il livello di percezione di sicurezza. Nel concludere, aggiungo che sono sempre stata convintaPag. 12che, più che con misure legislative eccezionali, con l'introduzione di reati sempre più gravi e di pene sempre più severe, che quasi sempre falliscono l'obiettivo, si dovrebbe - a mio avviso - intervenire sul terreno delle risorse per la sicurezza dei cittadini, aumentando gli stanziamenti finanziari per la tutela dell'ordine pubblico. Si tratta di individuare, con un lavoro di attenta analisi, i settori della nostra società che richiedono maggiore attenzione e concentrare in tali ambiti le energie a disposizione. Qualcosa in tal senso - sicuramente non abbiamo più tempo - dovrà farsi anche nelle nostre aule di giustizia.
Rispondo brevemente al collega che mi ha preceduto. In Commissione giustizia, dopo lo stralcio sulle molestie insistenti, stiamo lavorando affinché il testo, come sa anche il Presidente Leoni, diventi definitivo affinché possa essere sottoposto al più presto all'esame dell'Assemblea. Invito i miei colleghi, di maggioranza e di opposizione, a considerare l'importanza di tale normativa. Cerchiamo, una buona volta, di varare un provvedimento condivisa che tutti i cittadini, donne e uomini di questo Paese, attendono.
PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Buontempo, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.