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TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO DEI DEPUTATI DANTE D'ELPIDIO E ANDREA RIGONI SULLE MOZIONI NN. 1-00225 E 1-00237
DANTE D'ELPIDIO. Onorevoli colleghi, vorrei iniziare questo mio intervento ricordando a tutti il dettato dell'articolo 2 della nostra Carta costituzionale, il quale recita: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo».
A sua volta, lo statuto delle Nazioni Unite impegna gli Stati membri a «riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo» e a «incoraggiare il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali di tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione».
Per questo, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo sancisce che «il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo».
Dal canto suo, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea afferma, nel preambolo, che «l'Unione si basa sui principi di democrazia e dello Stato di diritto», mentre la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali afferma il «profondo attaccamento» dei Paesi europei alle libertà fondamentali «che costituiscono le basi stesse della giustizia e della pace nel mondo e il cui mantenimento si fonda essenzialmente, da una parte, su un regime politico veramente democratico e, dall'altra, su una concezione comune e un comune rispetto dei diritti dell'uomo».
Ecco, onorevoli colleghi, ho voluto ricordare brevemente le principali norme costituzionali e internazionali che ci impegnano tutti, in modo forte e univoco, ad intraprendere ogni azione utile al fine di promuovere il rispetto dei diritti umani e la democrazia nel mondo, perché ritengo che trattando temi di tale importanza nessuno di noi debba mai dimenticare gli impegni solenni che sono stati presi dal nostro Paese in questa direzione.
Ciò vale, a maggior ragione, per chi, come noi, ha deciso di intraprendere un percorso politico, ponendosi al servizio dei cittadini e del Paese: un percorso politico che, se vuole essere serio, non può prescindere dai principi fondamentali che stanno alla base del nostro ordinamento, quali, appunto, il rispetto dei diritti umani e la democrazia.
Viviamo ormai in una società globalizzata, con tutti i suoi pregi e difetti, ma una cosa è certa: non possiamo accettare, non dobbiamo consentire che da questa globalizzazione vengano esclusi proprio quelli che sono i valori fondanti della nostra cultura, italiana e europea. Al contrario, dobbiamo attivarci affinché questi valoriPag. 37ottengano un riconoscimento sempre più diffuso e soprattutto concreto, non meramente virtuale o «sulla carta».
L'Europa, e l'Italia in particolare, considerata la loro radicata tradizione democratica, non possono permettersi, quindi, di assumere un atteggiamento di indifferenza rispetto ai numerosi casi di violazione dei diritti umani nel mondo, anche se questi casi non sempre acquistano il rilievo mediatico che meriterebbero. Spesso, infatti, solo le violazioni eclatanti perpetrate in alcuni Paesi, come, recentemente, la Birmania, vengono messe sotto i riflettori attenti dell'opinione pubblica, ma non dobbiamo dimenticare che anche in numerosi altri Paesi, ogni giorno donne, uomini, bambini, vedono violati, in modo forse meno eclatante ma altrettanto sistematico, persino i propri diritti più elementari.
Dobbiamo, quindi, certo in modo pacifico e democratico, fare tutto quanto in nostro potere perché queste violazioni cessino e si instauri a livello mondiale un modello democratico autentico.
D'altronde, questo è anche il senso della decisione assunta in sede di Consiglio d'Europa circa la promozione, con cadenza annuale, di un dibattito generale che verifichi lo stato dei diritti umani e della democrazia.
Ciò è tanto più utile se si considera che anche le democrazie europee manifestano da qualche tempo i segni evidenti di una crisi nel rapporto tra istituzioni e cittadini, crisi che sebbene non conduca a vere violazioni dei diritti umani, pone comunque in discussione il livello di democrazia raggiunto e determina quindi una certa necessità di rinnovamento dell'intero sistema politico democratico.
Perché né i diritti umani, né la democrazia possono essere considerati come dati acquisiti una volta per tutte. Al contrario: in quanto valori soggetti ad una continua evoluzione, essi devono essere continuamente sottoposti a vaglio critico, al fine di appurare se il livello di garanzia che ricevono nel nostro come negli altri Paesi risulta ancora adeguato alle esigenze della moderna società globalizzata.
È in questa direzione che mi pare vadano entrambe le mozioni al nostro esame, anche se con modalità e toni differenti, su cui quindi esprimeremo il nostro voto favorevole.
In particolare, apprezziamo l'impegno proposto al Governo dalla mozione Rigoni circa la necessità di porre fine all'impunità degli autori di violazioni dei diritti umani, condannando tali violazioni anche al livello più alto e garantendo indagini trasparenti, imparziali ed effettive, nonché l'impegno a fare dell'educazione ai diritti umani un elemento base dell'istruzione scolastica e dell'educazione permanente e quello a ratificare al più presto la Convenzione del Consiglio d'Europa contro la tratta degli esseri umani.
Inoltre, non possiamo che esprimere piena adesione all'impegno a lottare in modo efficace contro la violenza domestica, i matrimoni forzati e quelli di bambini, nonché contro i presunti «reati d'onore» e le mutilazioni sessuali femminili.
Ha un ambito di intervento più circoscritto, ma non per questo meno importante, anche la mozione Turco, che impegna il Governo soprattutto in relazione ad una serie di ratifiche di accordi internazionali, certamente di grande rilevanza, tra cui ad esempio quello sulla corruzione che, vorrei rassicurare gli onorevoli presentatori della mozione, è attualmente all'esame congiunto delle Commissioni Esteri e Giustizia e di cui auspichiamo presto l'approvazione.
ANDREA RIGONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel dichiarare naturalmente il voto favorevole mio e del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo, desidero invitare tutti i colleghi ad approvare la mozione in esame, in relazione non soltanto a contenuti che richiamano principi fondamentali per uno Stato di diritto, ma anche al significato ed al valore della procedura della discussione che abbiamo svolto in questa sede.
Intendo fare riferimento all'opportunità di approvare a larga maggioranza ed auspicabilmente all'unanimità la mozionePag. 38in esame, non soltanto in quanto con essa si richiama sostanzialmente il Governo all'impegno per il superamento in sede nazionale ed internazionale dei deficit democratici (tuttora presenti purtroppo anche nelle società che normalmente consideriamo più avanzate), ma anche in quanto, con questa discussione, viene valorizzato il lavoro della delegazione parlamentare italiana al Consiglio d'Europa ed il rapporto tra quest'ultimo e la Camera per il tramite della delegazione stessa.
L'iniziativa infatti - mi preme sottolinearlo - è di carattere bipartisan e reca le firme dei componenti la delegazione di tutti i gruppi, quindi al di là degli schieramenti politici di appartenenza; inoltre, analoga iniziativa è stata nel contempo presentata anche al Senato. È peraltro la prima volta che si realizza una reale corrispondenza tra il dibattito svoltosi nell'Assemblea di Strasburgo ed un dibattito nell'aula della Camera dei deputati, per mezzo della mozione in esame.
Permettetemi quindi di esprimere - a conclusione di un dibattito che ha fatto registrare un'ampia consonanza di accenti, sensibilità e posizioni politiche su una tematica centrale per la nostra democrazia e per l'affermarsi dei principi democratici in Europa e nel mondo - una soddisfazione soprattutto di natura politica ma anche di carattere personale.
In quanto presidente della delegazione italiana all'Assemblea parlamentare al Consiglio d'Europa, considero infatti un mio preciso impegno quello di riuscire a portare all'attenzione del nostro Parlamento le questioni che formano l'oggetto del nostro costante lavoro a Strasburgo. Mi riferisco alle questioni relative alla promozione ed alla protezione dei diritti umani, della democrazia, dello Stato di diritto. È su tali materie che il Consiglio d'Europa concentra la propria attività a partire dalla sua fondazione.
Credo sia importante ricordare che il Consiglio d'Europa, fondato col Trattato di Londra il 5 maggio del 1949, è la prima organizzazione politica, la più antica Assemblea Parlamentare (Forum) nata tra gli Stati del vecchio continente ad aver inserito tra le sue finalità principali lo sviluppo di un'identità basata su valori condivisi, che trascendono le diversità culturali.
Il Consiglio d'Europa raggruppa attualmente 47 Paesi, per un totale di 630 membri, quella che io chiamo la Grande Europa da Vladivostok a Reykjavik, e l'Italia rappresenta non solo uno degli Stati fondatori, ma anche uno tra quelli che maggiormente contribuiscono al bilancio dell'organizzazione.
A questo riguardo sottolineo che appare incomprensibile e persino pericoloso il taglio (3 milioni di euro) previsto in finanziaria del contributo ordinario italiano al Consiglio d'Europa che, se approvato dall'Aula, farà perdere all'Italia il ruolo guida che gli spetta in questa organizzazione oltreché violare in modo unilaterale gli accordi internazionali liberamente assunti compromettendo immagine e credibilità nella comunità internazionale nonché influendo negativamente sul funzionamento della Corte europea dei diritti dell'uomo.
Il Consiglio d'Europa ha lo scopo di favorire la creazione di uno spazio democratico e giuridico nei Paesi membri nel rispetto della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, quindi con la garanzia di una serie di diritti e libertà fondamentali, dal diritto alla vita al divieto della tortura, dal divieto della schiavitù al diritto alla libertà ed alla sicurezza, dal diritto ad un processo equo al rispetto del principio di legalità, dal diritto al rispetto della vita privata e familiare alla libertà di associazione, pensiero, coscienza e religione.
Si tratta di diritti che devono essere tradotti in pratica, implementati nelle diverse realtà nazionali, giacché, come si evidenzia nell'annuale «Rapporto sullo stato dei diritti dell'uomo e della democrazia in Europa» del Consiglio d'Europa, numerose insufficienze vengono registrate.
Come garantire tale effettività? Uno degli strumenti storicamente affermatisi è stato quello della «giustiziabilità» dei diritti fondamentali: superando la vecchia concezione dell'affidamento della tutelaPag. 39dei diritti fondamentali ai soli ordinamenti statuali, è stato istituito un organo sovranazionale, la Corte europea dei diritti dell'uomo, con due distinte tipologie di atti d'iniziativa: i cosiddetti ricorsi interstatali, presentabili da parte dei singoli Stati membri e i ricorsi individuali, i quali consentono al singolo che lamenti la violazione di un proprio diritto, la possibilità di adire direttamente la Corte europea dei diritti dell'uomo, senza un'intermediazione statuale.
Per quanto riguarda il nostro paese, come è noto, i più significativi interventi della Corte europea dei diritti dell'uomo hanno riguardato l'eccessiva durata dei processi, che configurano la violazione dell'articolo 6 della Convenzione dei Diritti dell'Uomo, relativo al diritto ad un processo equo: l'Italia ha infatti, purtroppo, a tale riguardo un primato negativo. Questo è quindi uno degli aspetti su cui richiamiamo l'impegno del Governo per assicurare tempi più rapidi della giustizia, come espressione di un diritto umano irrinunciabile.
Ma certamente, i rilievi contenuti nel «Rapporto sullo stato dei diritti dell'uomo e della democrazia in Europa» ci toccano da vicino anche per altri aspetti: ad esempio, dal punto di vista dell'esigenza di riattivare i processi di partecipazione democratica, per superare il crescente sentimento di malcontento e di disaffezione per la politica tra i cittadini, i quali hanno spesso l'impressione che principi fondamentali della democrazia, quali la separazione dei poteri, le libertà politiche, la trasparenza e la responsabilità, siano applicati in modo insufficiente; dell'esigenza di accrescere la partecipazione delle donne ai processi politici; di assicurare maggiori garanzie sui diritti sociali ed economici, in particolare per quanto riguarda l'accesso all'istruzione, all'abitazione, ad un ambiente sano, alle cure mediche, all'occupazione, ai redditi minimi, alle prestazioni sociali e alle pensioni.
Ecco, si tratta di garantire la traduzione nei sistemi normativi e nelle prassi dei singoli paesi di diritti e principi affermati da tempo nei consessi internazionali: ho l'impressione, invece, che il nostro lavoro a Strasburgo venga troppo spesso percepito come poco concreto, che l'attenzione del nostro Parlamento, come di altri Parlamenti nazionali, per l'attività del Consiglio d'Europa sia scarsa perché considerata di limitato interesse concreto.
Mi piace ricordare un maestro del pensiero giuridico e politico, Norberto Bobbio, il quale scriveva: «Il problema di fondo relativo ai diritti dell'uomo è oggi non tanto quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli. È un problema non filosofico ma politico».
L'affermazione concreta dei diritti fondamentali dell'uomo richiede quindi un impegno costante, non solo nelle sedi internazionali, in primo luogo in quella del Consiglio d'Europa, la più autorevole in tale ambito, ma anche da parte dei Parlamenti e dei Governi nazionali. Per questo, riteniamo di avere compiuto un nostro dovere nell'assumere l'iniziativa di presentare la mozione in esame, sulla quale ribadiamo l'invito ad esprimere un voto unanime, naturalmente favorevole.