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Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo 3 - A.C. 553-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - AC 553 ed abbinate sezione 1).
Dovremmo passare agli identici emendamenti Benedetti Valentini 3.116, Boscetto 3.129 e Licandro 3.130, per i quali la Commissione ed il Governo hanno formulato un invito al ritiro e, in caso di mantenimento, un parere contrario.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta che riprenderà alle 14,25.
La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 14,25.
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione degli identici emendamenti Benedetti Valentini 3.116, Boscetto 3.129 e Licandro 3.130.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questi emendamenti soppressivi hanno il significato di far comprendere la nostra fortissima contrarietà alle modalità con cui il Senato è stato concepito nel testo della Commissione. Noi riteniamo che sia migliore la formulazione attuale, quella contenuta nella nostra Carta costituzionale: «Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero». Per quanto riguarda il numero dei senatori, noi ne proponiamo un abbassamento. Sempre ai sensi della disposizione della Carta costituzionale, «nessuna regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno. La ripartizione dei seggi tra le regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione della disposizione del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti».
Invece, nel testo presentato noi troviamo una formulazione di questo Senato (che non abbiamo ancora voluto definire federale, perché neppure sappiamo se questa costruzione comporti il fatto che sia o meno federale) secondo la quale non vi è più l'elezione a suffragio universale e diretto; non vi è un numero fisso di senatori, ma soprattutto si prevede l'attribuzione dell'elezione dei senatori ai consigli regionali con una serie di numeri: da 5 senatori nelle regioni sino a un milione di abitanti, fino a 12 senatori nelle regioni con più di 7 milioni di abitanti. Una formulazione che noi troviamo cervellotica, non ancorata a solide basi, per cui si arriva ad un numero di 183 senatori, compresi quelli eletti dai consigli delle autonomie, senza che si dia una spiegazione esauriente del perché si sia posta in essere questa costruzione.
In più si è attribuita la possibilità di eleggere senatori anche ai consigli delle autonomie locali in ciascuna regione: si elegge un senatore nelle regioni sino a un milione di abitanti, e due senatori nelle regioni con più di un milione di abitanti. In tal modo, una piccola regione avrà un solo senatore, mentre una grandissima regione, come la Lombardia con 9 milioni di abitanti, potrà avere solo due senatori eletti dal consiglio delle autonomie locali. Tutto ciò ci lascia fortemente perplessi, perché la logica è di difficile comprensione.
Mi auguro di sentire qualche collega della maggioranza ritornare su questi numeri per spiegare all'Aula, per filo e per segno, perché si è giunti a questa conclusione.Pag. 31Certo è che si era partiti diversamente; anche nella scorsa legislatura gli emendamenti dei nostri allora oppositori prevedevano l'elezione a suffragio universale e diretto. Per quanto riguarda il Senato, l'emendamento recitava: «il Senato federale della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto su base regionale». Anche il testo base, poi arricchito in seno alla Commissione, parlava sempre di suffragio diretto e universale, salva l'elezione di pochissimi senatori da parte dei consigli regionali e da parte dei consigli delle autonomie locali.
Poi tutto ad un tratto si è assunto come testo della Commissione un emendamento dei presidenti di gruppo del centrosinistra che ha portato alla formulazione del provvedimento in discussione. In qualche modo si è realizzata una rivoluzione copernicana; si è optato non più per un Senato composto da un certo numero di senatori ed eletto a suffragio universale e diretto, ma per un Senato costruito con il meccanismo dell'elezione indiretta di secondo o addirittura di terzo grado.
Probabilmente, si è arrivati a questo risultato per tagliare la testa al toro, come si suol dire, e per non lasciare una composizione mista, anche se la composizione a suffragio universale e diretto era prevalente. Tuttavia, invece di eliminare la previsione relativa agli eletti dai consigli regionali e dai consigli delle autonomie locali, come avevamo proposto noi, si è deciso di portare tutti gli eletti in seconda battuta con il meccanismo del quale abbiamo parlato e sto parlando.
PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, la invito a concludere.
GABRIELE BOSCETTO. Concludo, Presidente. Quindi, la nostra fortissima contrarietà ha fatto sì che presentassimo questi emendamenti soppressivi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, mi permetterete di richiamare l'attenzione dell'Assemblea sul fatto che si sta per lanciare un segnale di cambiamento della Carta costituzionale e (non so se dico poco!) si sta per cancellare il Senato della Repubblica, almeno come conato legislativo. Dico ciò per richiamare l'attenzione dei colleghi che, probabilmente, sono più attratti dall'attualità politica che non da quello che stiamo facendo, ma mi permetto di svolgere in via preliminare una considerazione anche di ordine politico.
L'emendamento mio e dell'onorevole Contento, conforme a quello dei colleghi di altri gruppi, che chiede la soppressione dell'articolo 3 del testo unificato, è molto più costruttivo di quello che sembra. Dicendo «sopprimerlo» intendiamo, infatti, eliminare l'equivoco formidabile che con l'articolo sottoposto al nostro esame è stato messo sul cammino di un'eventuale riforma, facendo presente che il neoleader del Partito Democratico, ammesso che il Governo Prodi riesca a superare i Capi Horn delle sue difficoltà finanziarie ed altre questioni sulle quali nutro profonde perplessità, ha preconizzato per gennaio o febbraio (non so esattamente quando) l'epoca del dialogo sulle riforme possibile.
Allora, io vi chiedo e mi chiedo, rivolgendomi sia agli scettici sia ai fiduciosi, come sarà possibile concepire per quell'epoca una stagione di confronto, di dialogo o di dibattito se avremo già compromesso la situazione, mettendo non una «pecetta», ossia con un piccolo ritocco o un cambiamento alla Carta costituzionale, ma compiendo addirittura la scelta di sopprimere una Camera parlamentare, riducendo a metà il numero dei parlamentari eletti dal popolo e facendo sì che l'altra Camera non sia più democraticamente rappresentativa del popolo italiano! Su cosa si dovrebbe discutere? Solo sulla legge elettorale ventura e ipotetica? Anche la legge elettorale, onorevoli colleghi, sarà sempre rapportata al tipo di Parlamento che ci saremo prefigurati e che avremo scelto. Mi chiedo, dunque, se, come in questo momento si sta facendo, forzare per un voto negativo sugli emendamenti e per preparare l'approvazione del fondamentalePag. 32e criticissimo articolo 3 in esame non significhi compromettere il percorso riformatore.
Detto ciò, Alleanza Nazionale è favorevole a compiere tutti gli approfondimenti e i confronti necessari per superare il cosiddetto bicameralismo perfetto, ma, sia ben chiaro, guarda a Camere che siano democraticamente sovrane ed elette dal popolo. Quindi, non è favorevole a designazioni di delegati senatoriali di secondo, o addirittura di terzo grado, che vengano ad espropriare i cittadini italiani del diritto di eleggere i membri di una delle Camere parlamentari.
Questa è un'operazione tutt'altro che democratica e aperta al coinvolgimento popolare. È particolarmente assurdo che si preconizzino in questo articolo i delegati delle regioni e in misura del tutto marginale - quindi con una grande mortificazione delle autonomie locali e, in particolare, dei comuni - si concepisca una piccola Assemblea nazionale dei delegati dei consigli regionali, comunali o provinciali che, oltretutto, colleghi, restano in carica. Si tratta, quindi, di senatori a mezzo servizio, o a un terzo di servizio, che restano assurdamente in carica nei loro consigli di provenienza.
Inoltre, mentre la Carta costituzionale ribadisce - e ciò non viene escluso dal presente tentativo di riforma - che il parlamentare nazionale rappresenta la nazione e non ha alcun vincolo di mandato, si concepiscono, invece, dei consiglieri regionali, provinciali e comunali che, con evidente vincolo di rappresentanza e di mandato, dovrebbero far parte dell'Assemblea centrale che non oso, sinceramente, più chiamare Senato o Camera alta della Repubblica. Quindi, il superamento del bicameralismo andava e andrà cercato, mi auguro, in altro modo: o radicando territorialmente, mediante opportuno criterio di rappresentanza, i senatori (come tali e con la «S» maiuscola) eletti direttamente dal popolo, o concependo una forma differenziata di rappresentanza, ma non esclusivamente declassando il Senato della Repubblica a una Camera rappresentativa di addetti ai lavori che, in base ad una ripartizione effettuata con il «bilancino del farmacista» da parte della partitocrazia, dovrebbero essere i delegati dei loro consigli.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Vi è una forte contrarietà sull'articolo 3; quindi, esprimo un invito forte a voler ripensare questo passo fondamentale del nostro percorso, altrimenti non possiamo che sollecitare il voto favorevole sugli emendamenti soppressivi dell'intero articolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, anch'io approfitto per richiamare l'attenzione sugli emendamenti sottoposti al nostro esame, in quanto credo che sia abbastanza singolare immaginare che il futuro Senato della Repubblica sia rimesso ad un'elezione di secondo grado, come accadeva per le assemblee delle unità sanitarie locali in tempi, fortunatamente, ormai dimenticati.
Immagino, inoltre, cosa accadrà quando questo articolato arriverà all'esame del Senato, il quale dovrà votarlo, affossando, sostanzialmente, la pari dignità tra le Camere che, invece, può coesistere perfettamente, pur nella diversificazione delle competenze affidate.
Immagino, infine, anche come si potrà rendere onore all'articolo della Carta costituzionale in forza del quale ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione, quando il legame che andiamo istituendo è esclusivamente di interesse politico attraverso le elezioni di secondo grado. Tornerò su questo aspetto in ordine alle successive proposte emendative; tuttavia, credo che sia necessario riflettere profondamente prima di non approvare gli emendamenti in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.
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FRANCO RUSSO. Signor Presidente, concordo con l'onorevole Benedetti Valentini nel sottolineare l'importanza dell'articolo 3 che stiamo discutendo dettagliatamente. Infatti, è indubbio che, se non siamo solo presi dalle drammatiche vicende politiche, con la discussione su tale articolo, il quale propone la trasformazione, onorevole Benedetti Valentini, del Senato della Repubblica in un organismo rappresentativo degli enti decentrati (sia degli enti locali, sia dell'organo di legislazione decentrata quale la regione) ovviamente stiamo per affrontare un passaggio assai importante nella storia delle istituzioni repubblicane.
Non vi è dubbio, inoltre, onorevole Benedetti Valentini, che la trasformazione del nostro Senato non può essere semplicemente criticata in nome delle scelte effettuate dal costituente, perché lei sa quanto me, onorevole Benedetti Valentini, che in sede di Assemblea costituente si svolse una discussione molto approfondita sulla seconda Camera di cui, infine, si scelse di farne un elemento di riflessione. Anche per tale motivo si ha la differenziazione dell'elettorato attivo e passivo per quanto riguarda l'età.
Però vi fu anche una discussione - lo ricordiamo tutti - per trasformare eventualmente il Senato in una Camera delle professioni oppure in un Senato che prefigurasse appunto l'evoluzione in senso regionalista della forma di Stato.
Credo, onorevole Benedetti Valentini, che le scelte che stiamo per compiere siano invece scelte di saggezza istituzionale, e ne spiego le ragioni. Il primo motivo è che noi, attraverso la Carta costituzionale del 1948 - a cui ci manteniamo ben legati -, con l'articolo 1, comma secondo, stabiliamo che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nei limiti e nelle forme dettate dalla Costituzione. In altre parole, l'articolo 1 della nostra Carta costituzionale vuole affermare che è vero che il popolo esercita la sovranità popolare, ovviamente, nel senso che è la fonte di legittimazione dell'esercizio della sovranità, ma non è più vero che nel nostro sistema democratico costituzionale esiste un unico luogo dove si esercita la sovranità: non esiste più il «punto sovrano» che detta le leggi all'intera società.
Il nostro sistema costituzionale prevede il pluralismo delle istituzioni, che non è solo un'articolazione delle istituzioni per migliorarne il funzionamento, ma serve appunto anche per articolare la sovranità: come affermano alcuni giuristi e alcuni filosofi del diritto, nel tempo moderno la sovranità tende a sparire, ma non nel senso della governance (cioè della privatizzazione dell'esercizio della sovranità), bensì nel senso che la sovranità non conosce più il sovrano unico, il luogo unico, il palazzo da cui si emanano gli ordini; conosce invece una pluralità di enti nel suo esercizio, che consente appunto alla sovranità stessa di non essere più esercitata in senso autoritario, ma nel rispetto invece dei diritti della persona, e soprattutto nel rispetto dei diritti nell'articolazione e nella formazione delle leggi.
Quindi la sovranità conosce due limiti: uno è costituito dai diritti della persona e l'altro riguarda la strutturazione stessa della sovranità. Si aggiunge un altro limite democratico, positivo, costituito dalla Corte costituzionale, che è chiamata a verificare la congruenza della legislazione con i dettami della Costituzione.
Pertanto, oggi compiamo un ulteriore passaggio verso il superamento della concezione monistica della sovranità, cioè nella direzione di una sovranità che si articola attraverso una Camera politica (che sarà la Camera dei deputati) ed una Camera di rappresentanza delle regioni e delle autonomie locali, chiamate appunto, in date materie, a partecipare alla legislazione nazionale.
Dunque abbiamo un'articolazione delle istituzioni rappresentative: da un lato la rappresentanza diretta, eletta direttamente dal popolo (la Camera politica, che mantiene l'indirizzo politico e la competenza riguardo al rapporto fiduciario con il Governo), e dall'altro una Camera rappresentativa delle regioni e delle autonomie locali, che partecipa all'elaborazione delle leggi.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
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FRANCO RUSSO. Ho terminato, signor Presidente.
Da questo punto di vista, non capisco l'argomentazione che viene avanzata da coloro, come per esempio i nostri amici del partito dei Comunisti Italiani, i quali non valutano positivamente il policentrismo istituzionale che noi, con questo prospettato modello di Senato, introduciamo.
Per tali motivi invece - convinti come siamo di rispettare il monismo politico e, per altro verso, di decentrare l'articolazione dell'elaborazione delle leggi - Rifondazione Comunista-Sinistra Europea si opporrà e voterà contro gli emendamenti in esame, per sostenere l'impianto che la Commissione ha presentato all'esame dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, siamo giunti ad esaminare una delle norme cardine del progetto di riforma costituzionale sottoposto alla nostra attenzione.
Si tratta di una norma fondamentale perché per la prima volta, dopo oltre vent'anni in cui si parla di riforme e di trasformazione del bicameralismo, viene introdotto nel nostro ordinamento un principio di rappresentanza delle autonomie nel Parlamento: principio che ha una valenza in qualche modo storica.
Questo principio si collega ad uno degli articoli iniziali della nostra Carta costituzionale, l'articolo 5 che contempera in maniera esemplare i due concetti fondamentali dell'unità e dell'autonomia. Al tempo stesso l'articolo 3 del progetto di riforma dà attuazione a quel concetto che stava alla base della diversa elezione del Senato su base regionale, che era stato inserito nel testo originario della Costituzione, senza essere sviluppato fino in fondo.
La nostra è una Repubblica articolata su diversi livelli e, nel momento in cui si definiscono le Camere rappresentative come un elemento di sintesi di questi livelli, è logico pensare che il bicameralismo possa essere fondato proprio sulla complessità presente nell'articolo 5. Questo è quello che sostiene la maggior parte della dottrina costituzionalista da molti anni a questa parte. Si parlava in precedenza di Camera delle regioni, successivamente si è parlato di Camera delle regioni e delle autonomie; finalmente oggi abbiamo individuato con il Senato federale della Repubblica una nuova sintesi di questa complessità.
Alcuni colleghi si sono soffermati su alcuni aspetti nevralgici quali il fatto che sia prevista un'elezione indiretta e che le autonomie (comuni e province) abbiano una minore rappresentanza quantitativa in questo nuovo consesso. Vorrei però richiamare l'attenzione dei colleghi in merito alle esperienze di altri Paesi alle quali abbiamo guardato.
In una pubblicazione proveniente dal Servizio biblioteca della Camera dei deputati si può vedere come nei due Paesi europei che vantano una profonda tradizione di tipo federale, autonomistica, come l'Austria e la Germania, i modelli di Senato siano molto simili a quello in discussione. In Austria vi è un modello di elezione indiretta. Nel Consiglio federale i länder sono rappresentati in rapporto alla rispettiva popolazione e a ogni land spetta una rappresentanza di almeno tre componenti, mentre il land con il maggior numero di abitanti invia al consiglio dodici membri; vi è una rappresentanza indiretta, quindi, nella vicina Austria dove il modello funziona egregiamente.
Si può forse discutere se in tale modello i poteri previsti per il Senato siano adeguati ma vi è da dire che all'articolo 7 abbiamo provveduto ad attribuire al Senato poteri più rilevanti. In Germania la rappresentanza è diversa, vi è una rappresentanza dei singoli länder ed una rappresentanza più legata alle delegazioni delle regioni (degli esecutivi) che non hanno un'autonomia di rappresentanza così ampia come noi abbiamo voluto riconoscere.
Il modello in discussione configura una novità vera nel nostro Paese, si fonda sulla nostra Costituzione e sviluppa i principi della stessa; pone le radici in un dibattito molto ricco dal punto di vista dottrinale ePag. 35scientifico e rappresenta un modello indubbiamente lineare. Quando nel mese di ottobre insieme ad altri colleghi presentammo in Commissione l'emendamento 4.60 che ha dato origine a questa formulazione ci sono state delle perplessità ma anche numerosi consensi. Abbiamo registrato successivamente in dibattiti pubblici una grande convergenza del mondo dell'università e ci è stato detto che finalmente si era riusciti a trovare un percorso logico e coerente, e che finalmente il bicameralismo, non più paritario e ripetitivo, acquistava una legittimazione profonda.
La coerenza del sistema la verificheremo ancor meglio sull'articolo 7 quando parleremo dei poteri. Tuttavia permettetemi di dire che mi pare particolarmente rivolto al passato lo sguardo di coloro che pensano di sopprimere in radice questa nuova impostazione del Senato. Questa è una visione retrospettiva. Noi dobbiamo fare i conti con una Repubblica in cui convivono Stato e autonomie e partendo da questa dar vita ad un moderno bicameralismo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, intendo dire all'onorevole Zaccaria che qui non è in discussione il fatto di attribuire un ruolo diverso al Senato, bensì il fatto che si voglia votare un articolo che istituisce un Senato eletto dalle regioni, fuori da un impianto e da un quadro generale.
A nome della componente politica del gruppo Misto-La Destra dichiaro il voto favorevole agli emendamenti in esame, e credo sia un grandissimo errore sottrarre l'elezione della seconda Camera, almeno in parte, al voto popolare, perché anche il sistema di elezione di una Camera deve essere necessariamente legato ai tipi di poteri ad essa conferiti.
In Germania e in Austria vi è tutto un altro impianto costituzionale. La volontà di realizzare le riforme costituzionali «a pezzi», senza un quadro generale di riferimento, rappresenta pura follia politica. Pertanto voterò a favore degli identici emendamenti soppressivi in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, intervengo semplicemente per dire che il gruppo Lega Nord Padania voterà contro gli identici emendamenti in esame, soppressivi dell'articolo 3, il cui spirito è quello di voler incidere sul Senato federale, perché riteniamo che il Senato federale, così come previsto dall'articolo 3, rappresenti un elemento positivo del testo all'esame dell'Assemblea, probabilmente l'unico, ma questo lo vedremo nell'ambito della discussione.
La nostra posizione è chiara. Noi affermiamo che deve esserci un Senato federale per superare il meccanismo del bicameralismo cosiddetto perfetto, ma questo Senato federale deve essere una Camera legislativa a tutti gli effetti, altrimenti ci prendiamo in giro. In altre parole non deve trattarsi di una Camera soltanto consultiva, o poco più, laddove le decisioni poi vengono prese, in via definitiva, dalla Camera dei deputati anche con la maggioranza politica del momento.
Tuttavia, la previsione di un Senato federale come espressione dei territori in ordine alla composizione, pur essendo per i motivi citati un'anatra zoppa, dal nostro punto di vista rappresenta un fatto positivo, ed è quanto abbiamo sempre sostenuto in anni di battaglia parlamentare per ottenere una riforma in materia.
Nella scorsa legislatura avevamo raggiunto un traguardo importante, anche attraverso delle mediazioni ovviamente politiche, che si verificano sempre quando bisogna affrontare un iter parlamentare, però la nostra proposta originaria era proprio quella di un Senato espressione dei territori, ed in particolare espressione dei consigli regionali.
Questa previsione sussiste nel testo dell'articolo 3 del provvedimento in esame.Pag. 36Noi, inoltre, abbiamo proposto alcune correzioni dal punto di vista della rappresentanza di alcune regioni, che ovviamente hanno un numero di abitanti maggiore rispetto ad altre.
Riteniamo positivo anche il fatto che vi sia una quota di senatori espressione del Consiglio delle autonomie locali, perché in questo modo verrebbero rappresentati anche gli altri enti territoriali. Siccome siamo per un federalismo a trecentosessanta gradi e riteniamo che nell'ambito di esso non debba sussistere un neocentralismo regionale, per cui tutte le competenze, nel limite del possibile, debbono restare a comuni e a province, secondo il principio di sussidiarietà, è giusto che nel Senato federale siano rappresentati anche gli enti territoriali.
Per questo motivo il gruppo Lega Nord Padania è contrario - nel corso del dibattito magari potrò spiegarlo meglio - agli identici emendamenti soppressivi dell'articolo 3 e a tutti gli emendamenti soppressivi del termine «federale» - ci mancherebbe altro - e anche delle modalità di elezione così come sono state individuate dal testo unificato in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tessitore. Ne ha facoltà.
FULVIO TESSITORE. Signor Presidente, intervengo per esprimere perplessità sulla formulazione dell'articolo 3 del testo al nostro esame, prescindendo dalla singolarità di definire «federale» il Senato in uno Stato che federale non è.
A parte questo problema, la mia preoccupazione non è tanto relativa alle funzioni del Senato. Potrei anche concordare sull'esigenza della rappresentanza dei territori ma non mi risulta che esistano nel costituzionalismo moderno Camere legislative elette con elezione indiretta.
Anche gli esempi analogici presentati mi sembra che siano poco analogici, perché in quelle situazioni, quelle Assemblee non hanno una funzione legislativa ma una funzione di verifica, di controllo ed eventualmente di rinvio alla Camera che è titolare della funzione legislativa. Per tale ragione sono molto perplesso sulla formulazione dell'articolo e credo che voterò a favore degli identici emendamenti in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, condivido le considerazioni dei colleghi che mi hanno preceduto e che hanno sottolineato nei loro interventi l'importanza di questa votazione. Credo che dall'articolo 3 dipenda tutto o, comunque, dipenda molto. Dal sistema elettivo del Senato dipende la definizione «federale» e, in buona parte, anche la disposizione del successivo articolo 7 che poi esamineremo: la distribuzione di funzioni e la separazione di funzioni tra Senato federale e Camera. È giusto ed opportuno che su questo articolo vi sia una riflessione approfondita, seria e serena. Su questo punto sono d'accordo.
Credo che prima di ragionare del metodo e degli strumenti sia necessario, però, avere chiare le idee sugli obiettivi, che in alcuni interventi che mi hanno preceduto non sono stati messi in evidenza adeguatamente. In buona sostanza, che cosa vogliamo fare? Su cosa stiamo ragionando? Siamo d'accordo sul fatto che l'attuale sistema bicamerale non funziona? Siamo convinti dell'esigenza di superare questo sistema e di costruire una Camera alternativa che garantisca una partecipazione viva e costruttiva del sistema delle autonomie locali e delle regioni? Siamo convinti del fatto che due Assemblee che ripetono la stessa attività, ci costringono ad un appesantimento del procedimento legislativo enorme e non ci mettono al passo con tutti gli altri Paesi occidentali che riescono a ridurre il tempo che intercorre tra la presentazione di una proposta e la decisione finale in termini straordinariamente più brevi dei nostri?
Credo che sia molto più importante confrontarsi sugli obiettivi che non sugli strumenti da mettere in campo. Se l'obiettivoPag. 37è quello di superare l'attuale sistema bicamerale, non vedo alternative a quelle offerte dall'attuale formulazione dell'articolo 3.
Se dobbiamo istituire un sistema all'interno del quale una sola Camera accorda la fiducia al Governo, mentre l'altra Camera costituisce l'espressione delle autonomie locali attraverso la quale le regioni, le province e i comuni prendono parte al procedimento legislativo, credo che sia impossibile pensare a una soluzione diversa. Vorrei sentirla rappresentata: non è possibile dire di essere favorevole al superamento dell'attuale sistema bicamerale, però, nel contempo, di essere contrari alla individuazione di un sistema elettivo che non sia a suffragio universale.
È evidente che, nel momento in cui tutte e due le Camere dovessero essere elette a suffragio universale, sarebbe impossibile, illogico, prima ancora che difficilmente spiegabile sul piano costituzionale, spiegare le ragioni per cui debba essere una Camera e non l'altra ad accordare la fiducia al Governo.
Se l'obiettivo è superare l'attuale sistema bicamerale, se l'obiettivo è consentire al sistema delle autonomie locali di prendere parte attivamente al processo di formazione delle leggi, allora, il sistema elettivo non può che essere diverso rispetto al sistema elettorale previsto per la Camera dei deputati.
Trovo abbastanza illogico ed incomprensibile - lo ribadisco - l'intervento di chi dichiara di voler perseguire questo obiettivo conclusivo - il superamento del bicameralismo - ma, al tempo stesso, si dichiara contrario all'individuazione di un sistema elettivo diverso da quello della Camera che deve esprimere la fiducia. Su tale aspetto sviluppiamo un approfondimento ulteriore, ma vorrei una maggiore chiarezza: dobbiamo partire dagli obiettivi. Nel momento in cui essi sono chiari, ragioniamo sugli strumenti che servono per raggiungerli. Ma se l'obiettivo è il superamento dell'attuale sistema bicamerale, personalmente - ma sono pronto a rivedere la mia posizione ascoltando, eventualmente, proposte diverse - non vedo soluzione alternativa rispetto a quella individuata dall'articolo 3.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, ritengo che siamo alle prese con una certa confusione: in questa sede, nessuno - almeno io personalmente e noi come gruppo - è dell'idea di mantenere un bicameralismo perfetto così com'è stato ideato e scritto nella Costituzione repubblicana del 1948. Ma da qui a pensare di istituire un cosiddetto Senato federale ce ne passa.
Esprimo, dunque, una dichiarazione comprensiva anche dell'emendamento Cirino Pomicino 3.126 (che porta anche la mia firma) e svolgo la seguente considerazione: vi è una questione di forma e una di sostanza. Non possiamo introdurre la definizione di «Senato federale» in una Repubblica non federale come quella italiana. Si dirà che sono state introdotte modifiche attraverso la riforma del Titolo V della Costituzione, che è l'unica avvenuta a seguito di un referendum costituzionale confermativo; tuttavia, anche quella modifica non introduce in Italia il federalismo.
Fino a quando in Italia non vi sarà - mi rivolgo soprattutto ai colleghi della Lega Nord - un federalismo fiscale, difficilmente si potrà realizzare una Repubblica federale.
Qui si propone di iniziare dalla testa anziché dalla sostanza e dal cuore del problema, cioè la riforma in senso federale della Repubblica italiana. Solo al termine di tale riforma si potrà parlare di Senato federale, altrimenti si può parlare di superamento del bicameralismo perfetto e di istituzione di un Senato della Repubblica fondato su base regionale.
In merito a tale aspetto, esiste ugualmente una questione da sottoporre all'attenzione dell'Assemblea ed è la seguente: noi ideiamo un Senato, cosiddetto federale (che, a mio giudizio, finché non vi è ilPag. 38federalismo dovrebbe chiamarsi «Senato della Repubblica»), eletto dai consigli regionali per quanto riguarda gli italiani residenti in Italia e, invece, su base elettiva di primo grado per quanto riguarda gli italiani residenti all'estero. Questo meccanismo francamente è sconcertante, perché si eleva il Senato a organismo di secondo grado, facendo eleggere i senatori da un ente elettivo e non direttamente dal popolo, ma si lascia intatta l'attuale legge elettorale per ciò che riguarda l'elezione dei senatori all'estero, che vengono eletti direttamente dalla circoscrizione Estero. Ciò produce confusione in relazione alle competenze di questo organismo e una certa disparità di trattamento tra gli elettori residenti in Italia e quelli residenti all'estero.
Sarebbe necessario intervenire anche su questo aspetto, e ciò rimanda necessariamente - ne ho parlato, seppur fugacemente, con il presidente Violante - ad una riflessione sui rapporti tra la citata riforma costituzionale e la legge elettorale. So bene che ora non ci troviamo di fronte ad una proposta di modifica della legge elettorale, ma come è possibile non pensare che una riforma di questo tipo comporti necessariamente anche una riforma della legge elettorale, almeno per quanto riguarda le modalità con cui viene eletto all'estero il Senato della Repubblica, definito «Senato federale»?
Queste sono le considerazioni, a cuore aperto, che volevo esprimere senza alcun pregiudizio nei confronti delle proposte fornite dalla Commissione, ma semplicemente per fare un po' di chiarezza laddove, a mio giudizio, vi è un alto livello di confusione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, voteremo contro l'emendamento presentato dall'onorevole Benedetti Valentini e dagli altri colleghi di opposizione per una semplice ragione: noi consideriamo che il testo, approvato in Commissione a larga maggioranza su questo argomento, costituisca un passo in avanti.
Inoltre, con altrettanta franchezza, vorrei fare presente che, se la funzione del Senato non verrà modificata in termini chiari, ci asterremo dal voto finale sull'articolo in discussione per le considerazioni che in parte abbiamo già svolto in Commissione e che, sinteticamente, ora svolgeremo in Aula.
Abbiamo presentato un emendamento che prevede il ripristino dell'elezione del Senato a suffragio universale e diretto (ovviamente con un sistema diverso), non perché non condividiamo il sistema monocamerale (quindi, perché vogliamo che vi sia un bicameralismo sostanzialmente e formalmente differenziato), bensì in quanto, se rimane fermo l'attuale sistema di ripartizione delle competenze legislative, attribuite anche al Senato, è evidente che l'attività legislativa non può essere svolta da un Senato eletto in via indiretta.
Leggiamo, allora, il testo dell'articolo 7 approvato dalla Commissione: rispetto ad un'impostazione, che consideriamo corretta - in forza della quale il Senato federale, eletto dalle regioni e dal sistema delle autonomie, ha una competenza legislativa da esercitare collettivamente, cioè insieme alla Camera dei deputati, ma solo per poche leggi di sistema -, nel testo approvato dalla Commissione, l'ambito delle competenze legislative del Senato è stato ampliato, in quanto non si occupa soltanto delle leggi costituzionali o di revisione costituzionale o in materia elettorale o che stabiliscono le funzioni fondamentali e disciplinano gli organi di governo del sistema delle autonomie. A nostro avviso, se il Senato federale si occupasse solo di queste materie, potrebbe essere eletto in maniera indiretta, così come è previsto.
Invece, in aggiunta a queste ultime, la Commissione ha ritenuto di attribuirgli ulteriori competenze legislative da esercitare collettivamente, e che riguardano: le competenze previste dal terzo comma dell'articolo 114 della Costituzione (relative a Roma capitale), l'autonomia differenziata - che ha una forte caratterizzazione di indirizzo politico - prevista dal terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione,Pag. 39nonché le materie di cui ai commi quinto e nono dell'articolo 117, ed altre competenze.
Inoltre, il Senato dovrebbe esercitare collettivamente la funzione legislativa in materia di disciplina delle autorità di garanzia e vigilanza (sebbene comprendo che quest'ultima possa essere qualificata come legge di sistema). Comprendo, altresì, che possa rientrarvi anche la legislazione in materia di tutela delle minoranze linguistiche.
Sinceramente, invece, non comprendo perché il Senato federale, ancorché sotto il profilo dell'esercizio dell'iniziativa legislativa - perché, comunque, rimane fermo il ruolo prevalente della Camera dei deputati nella deliberazione finale del disegno di legge - debba occuparsi, ad esempio, della legislazione di principio in materia di legislazione concorrente.
Infatti, è evidente che non si tratta di leggi di sistema, bensì di leggi che, proprio nel nuovo sistema di legislazione concorrente delineato dall'articolo 117 (che è sbagliato), hanno una grande attinenza con l'attività di indirizzo politico propria del rapporto fiduciario tra Camera dei deputati e Governo.
Analoghe considerazioni possono svolgersi per quanto riguarda le altre competenze che, con una procedura garantita e rafforzata, vengono attribuite al Senato con riferimento agli articoli 118 e 119 della Costituzione, che non riguardano l'aspetto minimale del federalismo fiscale. Anche queste ultime non sono leggi di sistema, bensì coinvolgono e presuppongono una scelta politica che non si può attribuire alla funzione legislativa di una Camera che non sia eletta direttamente dal popolo.
Queste sono le ragioni per le quali, pur non considerando plausibile un emendamento che ci riporti allo status quo ante, rimarremo fermi ad una posizione di astensione qualora, in seguito, non venga chiarito che la funzione legislativa esercitata dal Senato è limitata solo a grandi leggi di sistema.
In questa logica - concludo e chiedo scusa, signor Presidente - abbiamo presentato peraltro un emendamento che propone di attribuire al Senato federale, eletto su base indiretta, le competenze proprie che riguardano, in primo luogo, l'attività di attuazione del federalismo (quindi, i poteri di inchiesta e di attuazione) e, in secondo luogo, l'attività di svolgimento della funzione di Camera di compensazione, preliminare rispetto al ricorso alla Corte costituzionale nei conflitti tra Stato e regioni.
Quindi, scegliamo una strada chiara e orientiamoci su questa; purtroppo, tale strada ancora non è chiara e quindi la nostra posizione non può che essere quella appena illustrata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, l'articolo 3 è una delle norme principali di questa proposta di revisione costituzionale ed è quella che, in Commissione affari costituzionali, in sede referente, ha ottenuto la più larga convergenza politica, sia da parte della quasi totalità dei gruppi della maggioranza (una riserva è mantenuta anche in aula dal gruppo dei Comunisti Italiani) sia da parte dei gruppi dell'opposizione. Poco fa, infatti è intervenuto il collega D'Alia e prima di lui il collega Cota: è evidente che esistono delle problematiche che essi hanno posto e che si riferiscono, più che alla composizione del Senato - su cui, comunque, alcune correzioni verranno apportate in sede di esame degli emendamenti - alle altre principali tematiche, che riguardano l'articolo 7 concernente il nuovo articolo 70 della Costituzione in merito al procedimento legislativo differenziato.
La soluzione presentata all'Assemblea - lo ripeto - è, però, stata approvata in Commissione a larghissima maggioranza, con la convergenza tra centrosinistra e centrodestra, anche se non nella loro totalità.
Credo che tutti ricordino che, quando fu approvata la riforma del Titolo V alla fine della XIII legislatura, l'obiezione principalePag. 40avanzata allora rispetto all'incompiutezza di quella riforma riguardava proprio il fatto che, certamente venivano attribuite molte più competenze alle regioni (sia come competenza legislativa concorrente, sia come competenza legislativa residuale rispetto a quella dello Stato), ma nel sistema parlamentare centrale della Repubblica non esisteva una rappresentanza delle autonomie regionali e locali.
Ebbene l'articolo 3 realizza dal punto di vista strutturale (l'articolo 7 lo farà dal punto di vista del procedimento legislativo) esattamente quello che mancava alla riforma del Titolo V, ossia una forte rappresentanza del sistema delle autonomie regionali e locali nel cuore, non vorrei dire dello Stato, ma della Repubblica. Certo, il riferimento è anche al cuore dello Stato, perché siamo nel cuore del Parlamento della Repubblica, il Parlamento nazionale.
A chi, come il collega Del Bue (con il quale vorrei anche dialogare) ha richiamato l'essenzialità del processo di federalizzazione - sia pure graduale e parziale - e l'essenzialità del federalismo fiscale, vorrei rispondere che sono perfettamente d'accordo, ma che l'articolo 119, introdotto dalla riforma del Titolo V, che costituisce il cardine del federalismo fiscale, non è stato modificato neppure dalla riforma approvata nella scorsa legislatura e poi bocciata dal referendum costituzionale; quindi tale articolo è pienamente condiviso sia dal centrodestra che dal centrosinistra. Il problema ovviamente è passare alla fase di attuazione.
Sempre il collega Del Bue ha fatto riferimento al problema - legittimo anche questo - della legge elettorale. Vorrei, però, ricordare a lui e a tutti noi che la legge elettorale attualmente in procinto di discussione al Senato riguarda la Costituzione vigente, mentre il problema che giustamente poneva il collega Del Bue riguarda la legge elettorale che interesserà, sia la Camera sia, nel caso specifico, il Senato. È evidente che tale tema sarà posto all'ordine del giorno nel momento in cui entrerà in vigore la riforma costituzionale.
Vorrei anche rispondere al collega Tessitore, se può ascoltarmi, ma vedo che è distratto. Volevo dialogare con chi ha avanzato delle obiezioni, ma mi rendo conto che non mi ascolta, pertanto replico pubblicamente, ma non al collega Tessitore: egli ha affermato che la struttura del Senato, della seconda Camera, ossia il Bundesrat della Repubblica federale tedesca e il Bundesrat anche nella Repubblica federale austriaca, ha alcune analogie con questo, ma non hanno competenze legislative.
Volevo ricordare al collega Tessitore, semplicemente dal punto di vista della documentazione comparativa, che sia il Bundesrat tedesco sia quello austriaco hanno competenze legislative; la differenza è che il Senato federale della Repubblica (lo vedremo discutendo dell'articolo 7) ha competenze legislative sia collettive con la Camera su materie fondamentali, sia differenziate molto più forti rispetto di quelle che non abbiano gli organi federali nei due casi citati.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARCO BOATO. Quindi, non è vero che non abbiano competenze legislative: le hanno, ma inferiori a quelle che noi proponiamo per il Senato.
Queste sono le ragioni - la ringrazio, signor Presidente, per il tempo in più che mi sta concedendo - per cui il gruppo dei Verdi voterà contro gli emendamenti soppressivi in esame e alcuni successivi, su cui anche interverremo. Sarà giusto, invece, emendare il testo che è stato varato dalla Commissione nel modo in cui è stato concordato nella sede del Comitato dei nove.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Burgio. Ne ha facoltà.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, vorrei solo riprendere quanto appena detto, per affermare di condividere le perplessità espresse dall'onorevole Tessitore,Pag. 41soprattutto per quello che concerne la definizione di «Senato federale». Trovo che non ce ne siano i motivi.
In tutti questi anni la sinistra in Italia ha reagito a questa forzatura, che non ha ragion d'essere sul piano storico. Ci sembra che rischiamo di operare una concessione impropria ad istanze e a posizioni ideologiche non condivisibili. Credo che l'esigenza sia quella di accentuare l'autonomia e il decentramento, ma in Italia il federalismo davvero non ha nessuna ragion d'essere.
Aggiungo un'altra considerazione, visto che l'onorevole Costantini ha risposto alle considerazioni dell'onorevole Tessitore a proposito del meccanismo di elezione. L'onorevole Costantini, se ho ben capito, affermava che ad eguale sistema di elezione dovrebbe corrispondere un'identità di funzioni; non credo che sussista in proposito alcun vincolo, né di tipo logico né di tipo giuridico. Penso che si possa informare l'elettorato che va ad eleggere, per esempio a suffragio universale, una Camera con diverse funzioni. Siamo d'accordo nel superare il bicameralismo perfetto, ma non credo che ci sia solo questa modalità per farlo. Dunque, confermo le mie perplessità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.
GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, le mie personali perplessità sono di matrice esattamente uguale e contraria a quelle appena espresse dal collega della sinistra.
Da federalista convinto e certo dell'esigenza che si debba arrivare necessariamente al superamento del bicameralismo perfetto e ad una Camera delle regioni, ritengo che lo strumento delineato nell'articolo in esame esprima delle regole di difficilissima applicazione, involute nella loro espressione, estremamente complesse e certamente non sufficientemente garantiste del principio della rappresentanza territoriale.
È per questi motivi e anche perché una Camera eletta con questo sistema indiretto difficilmente potrebbe avere la potestà legislativa generalmente ratificata dall'espressione della volontà popolare tramite l'elezione diretta dei propri rappresentanti, che l'articolo 3 ci lascia particolarmente perplessi. Oltretutto, si crea una situazione che non ha, a suo sostegno, nessun modello preciso esistente negli altri Paesi federali.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Benedetti Valentini 3.116, Boscetto 3.129 e Licandro 3.130, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 415
Astenuti 42
Maggioranza 208
Hanno votato sì 145
Hanno votato no 270).
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Cirino Pomicino 3.126, formulato dal relatore Amici.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, il mio intervento precedente riguardava anche l'emendamento 3.126, che propone, in termini formali, la sostituzione del Senato federale con il Senato della Repubblica. Non ritiriamo pertanto l'emendamento e chiediamo che l'Assemblea si esprima su di esso.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamentoPag. 42Cirino Pomicino 3.126, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 455
Votanti 329
Astenuti 126
Maggioranza 165
Hanno votato sì 27
Hanno votato no 302).
Prendo atto che la deputata Dato ha segnalato che non è riuscita a votare.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Turco 3.110, formulato dal relatore.
MARCO BELTRANDI. Sì, signor Presidente, lo ritiriamo.
PRESIDENTE. Sta bene.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento D'Alia 3.111, formulato dal relatore Amici.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, intervengo molto brevemente solo per dire che non accediamo all'invito al ritiro poiché né da parte dei relatori né da parte della maggioranza è giunto alcun segno in ordine ad una contrazione del potere legislativo del Senato federale. Noi siamo d'accordo su questo punto, purché sia coerente e chiaro il contesto istituzionale in cui si inserisce il Senato eletto dalle regioni e dal sistema delle autonomie. È questa infatti la questione di fondo. Siamo pertanto costretti ad insistere per la votazione di questo emendamento, che prevede l'elezione a suffragio universale e diretto del Senato e ne fissa la durata in 6 anni, sfalsandola dunque rispetto a quella della Camera, anche nella logica di sganciare lo stesso Senato dal rapporto fiduciario con il Governo e di attribuirgli una funzione differenziata. Ci sembra il metodo di elezione che si lega meglio al sistema delle competenze legislative tracciato dalla Commissione: questo è il punto. Dunque, in assenza di un'indicazione di altro tipo, non ritiriamo l'emendamento e chiediamo su di esso il voto favorevole dell'Assemblea.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, in relazione alla questione posta dal collega D'Alia debbo osservare anzitutto che le norme costituzionali servono a fornire un ordine, e che l'ordine deve avere una sua coerenza. Ora, la questione di fondo non è tanto la distinzione delle funzioni, ma quella di quale Camera concede la fiducia: poiché la Camera depositaria della sovranità nazionale è quella che concede e revoca la fiducia. Avendo dunque stabilito che siamo d'accordo tutti (o quasi tutti) sul fatto che la fiducia viene concessa e revocata dalla Camera dei deputati, non si può costruire il Senato in modo da farne un'altra espressione della sovranità nazionale: altrimenti, non si capisce in base a cosa chi rappresenta la sovranità nazionale alla Camera abbia il potere di concedere e revocare la fiducia al Governo, mentre chi la rappresenta al Senato no.
Questa è la ragione di fondo per la quale - lo dico a fronte dell'obiezione di fondo esposta dal collega D'Alia - riteniamo che l'elezione diretta del Senato non sia assolutamente compatibile con l'esclusione del potere di fiducia e di indirizzo politico. Il sistema di attribuzione delle competenze che abbiamo previsto dipende dalla scelta che svolgiamo ora: prima occorre dunque decidere come il Senato è costruito; solo poi, una volta stabilito ciò, si determina quale tipo di funzioni attribuire ad esso. Questa è la logica che abbiamo seguito (lo dico ai colleghi che si oppongono): certo il sistema proposto, come tutti i sistemi, non è perfetto, ma ha una sua coerenza, sulla quale mi permetto di invitare i colleghi a riflettere.Pag. 43Tale coerenza è determinata dal fatto che - lo ripeto - avendo stabilito che la fiducia è concessa e revocata dalla sola Camera, che rappresenta la sovranità nazionale, non è possibile che anche l'altra Camera sia eletta in modo da rappresentare la sovranità nazionale.
Per quanto riguarda la questione delle competenze, infine, pregherei il collega D'Alia di esaminare gli emendamenti presentati in materia, anche dalla Commissione: riscontrerà che vi è una certa chiarificazione rispetto a quel che si prevedeva in precedenza. Comunque, il tema potrà essere affrontato quando esamineremo l'articolo 7, una volta definito come il Senato è costruito.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, il presidente Violante ha fornito una spiegazione dei motivi per cui il Senato debba essere composto in questo modo. Tuttavia, tale spiegazione non ci soddisfa, come è già avvenuto in Commissione. Se una scelta così discutibile nasce dalla circostanza che un'unica Camera deve concedere la fiducia e che non entrambe le Camere devono essere composte a seguito di elezione a suffragio diretto e universale avremmo potuto, per paradosso, conservare la concessione della fiducia alle due Camere, pur mantenendo a queste ultime diverse competenze, oppure potevamo e possiamo riferirci alla nostra riforma costituzionale della scorsa legislatura, dove il numero di senatori veniva ridotto a duecentocinquantadue, dove veniva effettuato un collegamento alle singole regioni con determinate modalità e, ciononostante, il suffragio era diretto e universale. Bisognerebbe concludere che tale riforma era stata pensata in modo così sbagliato che non resisteva alla critica, di carattere dogmatico, svolta dal presidente Violante.
In conclusione, credo che tale soluzione sia stata quasi casuale, poiché la si è voluta collegare alla realtà, ben diversa, della Germania e ad altre consimili. Sappiamo che la storia dei länder in Germania è risalente nel tempo. Le nostre regioni sono ben diverse da tali Stati, che poi si sono federati. Pertanto, si è voluto mettere in essere un istituto copiandolo da altre realtà e mi chiedo perché la patria del diritto debba ispirarsi al sistema tedesco, austriaco, spagnolo, inglese o riprodurre il sistema elettorale spagnolo o tedesco. Cerchiamo di adottare da soli leggi serie, sperando che successivamente gli altri Paesi decidano di copiare il modello italiano. Sarebbe finalmente interessante sapere che altri Stati si ispirano ai nostri istituti. Ritengo importante non continuare la ricerca di altri modelli, mentre sarebbe opportuno costruirne uno adatto alla nostra realtà, al nostro territorio e ai nostri cittadini. Il modello migliore è il suffragio diretto, affinché tutti possano votare con pienezza di diritti.
Inoltre, se ci concentriamo nello specifico e nell'analitico, siamo di fronte a situazioni particolarissime. I consiglieri regionali vengono eletti con il voto di preferenza e quindi si muovono sul territorio cercando consensi legati alla propria preferenza, attivando così un meccanismo che per molte ragioni abbiamo criticato, perché presenta aspetti negativi di notevole importanza. Il consigliere regionale cercherà le preferenze sapendo che con tali voti potrà non solo diventare consigliere regionale, ma anche essere eletto, in seconda battuta, senatore. Pertanto, egli potrà garantire, recandosi in un'occasione a Roma, al Senato, e in un'altra rimanendo nella propria regione e svolgendo l'ufficio di consigliere regionale - perché l'elezione dei senatori avviene all'interno dei consigli regionali - una maggiore tutela e con tale eufemismo si comprende a cosa alludo. È possibile costruire un meccanismo che, analiticamente, evidenzia anche aspetti negativi di tale genere? Si creerebbe un organismo in cui vi sarebbero i senatori della circoscrizione Estero eletti a suffragio diretto e universale, i senatori eletti dai consiglieri regionali, a loro volta scelti con voto di preferenza, i membri del consiglio delle autonomie locali,Pag. 44che vengono preferiti o eletti in numero limitato, rappresentando sindaci, presidenti di provincia o altri membri di autonomie, quali le città metropolitane. Sarà un compito estremamente arduo varare una legge che garantisca la serietà di tale selezione.
Allora si sarebbe dovuto dare eventualmente più spazio ai membri espressi dal Consiglio delle autonomie. È un pasticcio, una zuppa, un brodo né lungo, né corto, ma di pessimo gusto!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, stiamo esaminando un emendamento particolarmente importante. La decisione sul voto da esprimere, anche nel nostro gruppo, è stata affrontata con molto rigore. L'onorevole Burgio, mio collega di gruppo, ha esposto in precedenza le sue perplessità sull'elezione indiretta del Senato della Repubblica. Vorrei motivare, in questa sede, le ragioni per le quali voteremo contro l'elezione diretta del Senato della Repubblica, portando alcune motivazioni a sostegno della tesi esposta dal presidente della I Commissione, Luciano Violante. So benissimo - lo dico amichevolmente al collega Burgio - che la vita del diritto non è né logica né dogmatica: come diceva il giudice Holmes «La vita del diritto è esperienza».
A questo punto, credo che dobbiamo fare in modo di richiamarci all'esperienza per comprendere come agire. Ebbene, l'esperienza storica del costituzionalismo ci ricorda che è stato stretto un legame tra suffragio universale, sovranità popolare e legislazione, tant'è vero che anche la nostra Carta costituzionale, mentre all'articolo 1, secondo comma - che ho richiamato in precedenza - recita che «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione», all'articolo 70, che disciplina l'attività legislativa (quindi la produzione delle leggi), afferma che: «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere».
Dunque, a me pare che l'esperienza storica e in questo caso - consentitemi - anche l'affermazione dogmatica, che si rifà semplicemente alla nostra Carta costituzionale, ci insegnino che, in presenza di un'elezione diretta, le due Camere da quest'ultima formatesi non possono che esercitare collettivamente la funzione legislativa. L'onorevole Violante sostiene - concordo in pieno con tale affermazione - che se vogliamo superare il bicameralismo perfetto e differenziare le due Camere non possiamo che diversificare anche le basi della loro legittimazione. A mio avviso, si tratta di un'argomentazione ragionevole, sulla quale occorre tenere ferma la nostra attenzione. Infatti, con un'elezione diretta da parte dei cittadini è impossibile differenziarle, per volere della Costituzione. Non è che la Costituzione, quel che dice, è verità (lo affermo rivolgendomi, molto amichevolmente, anche al mio collega di gruppo Burgio). La Costituzione reca principi normativi dai quali fa discendere le sue prescrizioni e in questo caso a me pare che ragione e logica storica e costituzionale vogliono che se differenziamo la base della legittimazione elettorale delle Camere è possibile anche diversificare le funzioni che le due Camere assumono. Pertanto, a me pare che il superamento del bicameralismo paritario non possa che comportare il superamento dell'elezione diretta del Senato in modo da attribuirgli alcune funzioni di compartecipazione alla funzione legislativa.
In questo senso - concludo, signor Presidente - risolveremmo anche una seconda questione. La produzione legislativa dovrebbe rappresentare l'interesse generale (nel senso che dovrebbe avere come obiettivo la produzione di leggi che rappresentino l'interesse generale della nazione), pertanto, il secondo problema che dobbiamo risolvere è come far partecipare enti quali le regioni, dotate di potestà legislativa, alla determinazione dell'interesse generale, che dovrebbe essere il prodotto, lo ripeto, della legge del Parlamento nazionale. Per questo motivo abbiamo bisogno anche di un Senato rappresentativo delle regioni. È questo il secondo motivoPag. 45per il quale credo che le previsioni che sottoponiamo all'attenzione dell'Assemblea per la sua approvazione, e cioè la differenziazione della base elettorale delle due Camere, siano importanti.
Infatti, poiché, nel nostro sistema le regioni espletano funzioni legislative, abbiamo anche bisogno che le regioni stesse possano partecipare alla funzione legislativa nazionale e, quindi, determinare l'interesse nazionale insieme al Parlamento. Abbiamo per tradizione, mi consenta signor Presidente, l'importanza dei «mille» comuni nella storia dell'Italia, che debbono anch'essi, come prescrive peraltro l'articolo 114 della nostra Costituzione, partecipare all'elaborazione della legislazione, naturalmente per i campi che attengono alle autonomie locali e alla legislazione regionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sull'argomento del nostro dibattito, come spesso gli capita, l'onorevole Violante ha svolto un teorema che è un sofisma. Il presidente Violante ha preso il «toro per la coda», sostenendo che, siccome vogliamo affidare il compito di conferire e revocare la fiducia ad una sola Camera, allora l'altra non può essere eletta direttamente dal popolo. Se ci pensate bene, è un sofisma, ma facilmente discopribile. Precisamente, potrei svolgere un teorema democratico inverso e assai più coerente, proponendo che la funzione di concorrere alla legislazione sia conferita a coloro che sono eletti dal popolo. Posso, dunque, capire che si superi il bicameralismo perfetto o con due Camere che concorrono - magari una per un verso ed una per l'altro - alla funzione legislativa (in tal caso, occorrerebbe prevedere l'elezione diretta e l'investitura popolare), oppure conferiscono un altro ruolo di tipo più consultivo o di confronto di tipo diverso (in tal caso, si potrebbe anche ammettere un tipo di rappresentanza differenziata). Oggi, onorevoli colleghi, non è per fare accademia, ma per rimanere in ambito concreto, possiamo stare al sistema costituzionale vigente ed operare una riduzione del numero dei parlamentari sia alla Camera sia al Senato (in tal senso sono andate e vanno alcune nostre reiterate proposte). Un'altra ipotesi, che diversi colleghi hanno ricordato secondo verità, è la previsione per una Camera di un criterio differenziale della rappresentanza pluralistica e democratica, restando salva l'ultima parola al pluralismo politico della Camera dei deputati. Si tratterebbe di affidare ad una Camera la funzione del pluralismo della rappresentanza degli interessi, delle categorie, delle professioni ed altro. Come ben sapete, è un concetto che, a livello consultivo, anche il legislatore democratico repubblicano si è posto. Tuttavia, se ciò non è nell'attualità e nelle volontà, si può andare verso una maggiore territorializzazione della rappresentanza democratica elettiva, ma pur sempre democratica ed elettiva. Se ne può affermare il principio nella Carta costituzionale e poi saranno le leggi ordinarie, ed elettorali in particolare, a stabilire sistemi di rappresentanza nei quali non sarà soltanto la delega politica, la rappresentanza del pluralismo politico a trionfare in una Camera, ma sarà prevalentemente o essenzialmente la rappresentanza dei territori, ma sempre per mandato popolare.
Onorevoli colleghi, voglio concludere il mio intervento ribadendo ciò che ho più volte detto in maniera abbastanza disincantata in Commissione. Volete veramente credere o darci a credere o, ancora, far finta di credere che ci sarà una rappresentanza democratica, autonoma e sovrana delle regioni e degli enti locali? Volete forse ignorare che si riuniranno i vertici dei partiti - non so in quale albergo, e di quale categoria, a Roma - per stabilire quale sarà il pacchetto dei delegati senatoriali da assegnare a ciascun partito e che ciò non verrà spalmato col bilancino del farmacista sulle singole regioni, così come accade quando si debbono eleggere i delegati regionali che concorrono all'elezione Presidente della Repubblica?Pag. 46Volete negarmi che ci sarà una situazione grottesca nei consigli regionali, laddove ci sarà il consigliere regionale che svetta perché è anche «signor senatore della Repubblica», rispetto ad un sistema che vede umanamente e comprensibilmente contrapposti a colpi di preferenze ciascun gruppo e ciascuna lista nelle elezioni regionali? Stiamo parlando di federalismo, quando il vero e profondo federalismo della identità italiana è quello delle «mille» città. Inoltre, stiamo relegando ad un ruolo nettamente minoritario, quasi insignificante, i rappresentanti dei comuni e delle città italiane per renderli succubi, anche numericamente, ed eletti di terzo grado altamente delegittimati rispetto ai delegati pro tempore delle regioni.
Il tutto, come ho accennato dianzi - e concludo, ma credo di aver detto abbastanza, forse anche troppo -, senza modificare la norma della Costituzione che riconosce al parlamentare il diritto-dovere di rappresentare tutta la nazione, mentre i delegati regionali avrebbero il preciso obbligo politico di rappresentare il loro particulare. Vorrò proprio vedere quale sarà il consigliere regionale che si porrà in contrasto con il proprio esecutivo regionale e con il presidente della giunta regionale: tutto ciò è destinato a non funzionare. Noi, quindi, in quanto vogliono contribuire ad una vera riforma costituzionale e democratica, e non conservare ciò che non funziona, invitiamo ad un ripensamento. Pertanto, non possiamo aderire ad emendamenti quali quello in esame, perché non incide affatto sul concetto fondamentale dell'elezione diretta da parte del popolo. Possiamo spingerci, tutt'al più, ad annunciare la nostra astensione dal voto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, io credo che la discussione che stiamo svolgendo sui diversi emendamenti sia anche utile a ciascuno di noi per focalizzare i temi fondamentali della riforma. Non contesto, ovviamente, il diritto del collega D'Alia di insistere per la votazione di questo emendamento; voglio dirgli, però, che definiremo meglio le problematiche da lui poste nell'ambito della discussione dell'articolo 7. Del resto, abbiamo lavorato, anche su quell'articolo, con l'intento di trovare larghe convergenze e larghe consonanze.
Tuttavia, dato che questo emendamento non viene ritirato, vorrei osservare che, a differenza dell'impianto del testo della Commissione (votato, del resto, anche dal collega D'Alia) che prevede l'elezione da parte del sistema delle autonomie regionali e degli enti locali, questo emendamento prevede un'elezione diretta. Ha un aspetto positivo, la previsione dei dodici senatori eletti all'estero, che però è stato recepita nell'emendamento 3.255 della Commissione; ormai, a tale riguardo, vi è una amplissima convergenza.
Mi pare che il collega D'Alia auspichi anche una durata sfalsata fra Camera e Senato, rispettivamente di cinque e di sei anni. Vorrei ricordargli, senza alcuna polemica, semplicemente a mo' di ricognizione storica, che questo era esattamente quanto prevedeva il testo della Costituzione del 1948, ma che non ha mai funzionato. Infatti, nel 1953 e nel 1958 il Senato, che doveva durare sei anni, venne sciolto anticipatamente. Finalmente, nel 1963 è stata approvata una legge costituzionale per portare la durata del Senato, eletto direttamente dal popolo, a cinque anni. Al contrario, il Senato eletto dal sistema delle autonomie regionali e locali avrà una struttura permanente, perché i membri verranno eletti dai consigli regionali e dai consigli delle autonomie man mano che si rinnovano, rispettivamente, le regioni e i consigli delle autonomie.
Vorrei dire garbatamente al collega Boscetto che non è così strampalato ciò che stiamo proponendo: è la struttura tipica di un Senato che abbia funzioni di rappresentanza territoriale. In Austria i senatori vengono eletti dai landtage, le assemblee legislative regionali; in Francia, Paese che pure ha un decentramento molto meno forte del nostro, il Senato èPag. 47interamente eletto da «grandi elettori», eccettuati i dodici senatori eletti dai francesi all'estero; in Germania, il Bundesrat è eletto dagli esecutivi dei länder, ma noi abbiamo fatto la scelta di un rapporto tra legislativo e legislativo; nel Regno Unito la Camera dei Lord è interamente di nomina, non c'è nulla di elettivo; in Spagna il Senato è per metà di elezione diretta e per metà eletto da parte del sistema delle autonomie spagnolo. Quando il collega Boscetto dice che dobbiamo individuare un «modello italiano», io convengo con lui, ma è esattamente quanto stiamo facendo. Possiamo discuterlo, possiamo migliorarlo, anzi dobbiamo correggerlo e migliorarlo, ma noi stiamo realizzando esattamente un modello italiano che comparativamente si rapporta con gli altri sistemi a forte federalismo o a forte autonomia regionale come la Spagna, ma al tempo stesso tiene conto delle caratteristiche del nostro Paese. Il collega Benedetti Valentini ricordava l'importanza dei comuni nel nostro Paese: infatti i comuni, che nel Bundesrat tedesco e in quello austriaco non sono rappresentati, hanno invece nel Senato che noi prospettiamo una loro rappresentanza eletta dal consiglio delle autonomie.
Da ultimo, voglio sottolineare che con l'approvazione dell'emendamento in discussione vi sarebbe anche la previsione in Costituzione del sistema elettorale proporzionale mentre credo, invece, che sia saggia la scelta operata dai costituenti di non adottare nella Costituzione alcun sistema elettorale.
Per queste ragioni, che ho esposto con un rispetto e una pacatezza assoluti, il gruppo dei Verdi, e spero gran parte di questa Assemblea, voterà contro l'approvazione dell'emendamento D'Alia 3.111.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.
ELIAS VACCA. Signor Presidente, il gruppo dei Comunisti Italiani voterà contro l'approvazione dell'emendamento proposto dal collega D'Alia sebbene lo stesso contenga, almeno parzialmente, una delle nostre osservazioni, ossia l'auspicio che anche la seconda Camera della Repubblica possa essere eletta a suffragio diretto universale.
Comunque, anche a voler entrare nell'ottica di quelle forze politiche e di quei gruppi che propugnano il Senato federale, mi pare difficile poter sostenere che questo tipo di Senato federale possa essere l'espressione di una reale federazione fra popoli e appartenenze, e non piuttosto una federazione fra enti. L'avevo già sostenuto quando abbiamo discusso sugli emendamenti presentati all'articolo 2 e avevo già motivato la ragione per la quale, in questo particolare momento storico, riteniamo che sia un grave danno all'esercizio della democrazia istituire una Camera eletta in secondo grado, quindi con un mandato che, come osservato da taluno, diventerebbe di terzo grado.
Colleghi, il presidente Bianco in un intervento svolto la scorsa settimana, che ho ascoltato attentamente, ha affermato che la difficoltà del progetto di riforma in esame risiede nel fatto che obiettivamente non vi è un clima costituente. Io non so, perché non ho una lunga esperienza della frequentazione di queste aule, se questo clima possa essere definito costituente; ho l'impressione che non vi sia un progetto costituente definito e che - badate bene - stiamo rischiando di andare avanti, ciascuno con i propri emendamenti, per poi vedere qual è la Costituzione che ne risulta.
A nostro giudizio, questo non è modo di attendere ad una riforma che peraltro, i cittadini non ci chiedono: i cittadini, infatti, ci chiedono di restituire rappresentanza, non di «rottamare» la Repubblica! Ritengo, invece, che con emendamenti del tipo di quello presentato dal collega D'Alia si rottamino pezzi di storia del Paese e la rappresentanza che i cittadini vogliono. Anche se l'emendamento D'Alia 3.111 prevede il suffragio diretto universale, la definizione di Senato federale - continuo a dirlo - è la rinuncia a un pezzo della storia di questo Paese, in una Repubblica che - lo ribadisco nuovamentePag. 48- non è federale, è democratica e fondata sul lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, svolgo alcune brevi considerazioni. La prima è che l'emendamento D'Alia 3.111 ci vede contrari perché, attraverso la soppressione dell'articolo 4 del testo unificato, modifica il meccanismo di scelta dei senatori da parte dei consigli regionali e degli enti locali, e questo è già un motivo che giustifica la nostra contrarietà. Vorrei ricordare - l'hanno già fatto altri colleghi, ma lo faccio anch'io dal nostro punto di vista perché quando si confronta il nostro sistema con uno straniero la comparazione va fatta fino in fondo - che in Europa il modello tedesco spesso citato è un modello federale nel quale il Bundesrat è espressione dei territori. Condivido, quindi, l'argomentazione che è stata addotta a tal riguardo.
Inoltre, la modifica dell'articolo 5, contenuta nell'emendamento in esame con la previsione della durata di sei anni del Senato incontra la nostra contrarietà in base al fatto che i senatori sono espressione dei consigli regionali e, quindi, la durata dell'elezione dei senatori dovrebbe essere esattamente pari a quella delle legislature regionali, perché il senso della riforma è proprio quello di rendere i senatori espressione dei territori. Dunque, se le legislature regionali durano cinque anni, non è logico che il Senato federale duri sei anni. Questi sono due degli argomenti che giustificano la nostra posizione contraria.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ronconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, alla Camera abbiamo iniziato a discutere questo testo di riforma costituzionale e a me, per un sano realismo, piace notare come sia quantomeno strano che noi deputati immaginiamo un Senato federale con un meccanismo elettivo di secondo grado, mentre non abbiamo immaginato, noi per primi, una Camera federale eletta in secondo grado. Sostengo ciò perché, ragionando con un po' di realismo, a me pare assai complicato che il Senato, questo Senato, aderisca, in modo pieno, all'ipotesi presentata. Credo, invece, che questo metodo di lavoro ci sta soltanto facendo perdere tempo e tutti quanti noi, dall'estrema destra all'estrema sinistra, ne siamo coscienti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Alia 3.111, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 453
Votanti 292
Astenuti 161
Maggioranza 147
Hanno votato sì 34
Hanno votato no 258).
Prendo atto che la deputata Dato ha segnalato che non è riuscita a votare.
Passiamo all'emendamento Benedetti Valentini 3.109. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro e insisto per la votazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, voteremo a favore sull'emendamento in esame anche se la nostra ipotesiPag. 49più specifica è contenuta nel mio emendamento 3.63. Quando si constata questa logica - che è all'incirca quella adottata dalla nostra passata riforma - ci si dispiace che quella riforma, dopo essere stata approvata dai due rami del Parlamento in quattro passaggi parlamentari, non abbia ottenuto la conferma che meritava in sede di referendum.
È accaduto ciò perché l'opposizione di allora ha svolto una furibonda battaglia contro quella legge, anche contro parti del tutto ragionevoli. Erano talmente ragionevoli che, come non mi stancherò mai di dire, nelle proposte emendative dell'allora centrosinistra alla nostra riforma, il suffragio universale e diretto era previsto de plano; del resto, anche il testo sottoposto alla I Commissione dai due relatori recava pienamente la previsione del suffragio universale e diretto.
Successivamente, nell'evoluzione della discussione - ha ragione il collega Vacca - si è pensato di trovare qualche soluzione che andasse bene in termini di nuove mode e di soddisfazione di diverse logiche e, di conseguenza, si è realizzato questo strumento che critichiamo così fortemente. D'altro canto - e rispondo allo stimatissimo collega Boato - se si doveva giungere a imitare la legge tedesca, allora era logico che i länder, ovvero le regioni, esprimessero i senatori attraverso i governi, ossia che fossero i governi a esprimere i senatori. In Germania, infatti, sono i governi regionali a nominare i senatori e non i consigli regionali. Si tratta di una situazione completamente diversa, in quanto nel primo caso vi è un mandato ben preciso (il governo della regione manda dei rappresentanti nella Camera denominata Bundesrat), mentre nel secondo caso vi sono delle maggioranze politiche che saranno comunque maggioranze particolari e senza vincolo di mandato, in quanto non è stato modificato l'articolo 67 della Costituzione, secondo cui: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato».
Finiremo per avere rappresentanti delle regioni che non rappresenteranno le regioni, perché non saranno nominati con indirizzi precisi dai governi regionali: alla fine rappresenteranno solo sé stessi richiamando, giustamente, il principio in base al quale non devono essere sottoposti a vincolo di mandato, in quanto parlamentari. Più si medita su tale nuova forma di Senato, più si constata che si distrugge questo ramo del Parlamento sotto ogni profilo, con pochissimo rispetto per gli stessi senatori.
Ciò ci porta a ribadire che l'esame della riforma in discussione sarebbe dovuta cominciare al Senato - perché non può essere la Camera a spogliare e a distruggere un'altra Camera! - mentre eventualmente l'esame della riforma elettorale avrebbe dovuto essere avviato dalla Camera. Abbiamo sbagliato tutto!
Questo Governo ha sbagliato tutto, anche nella presentazione di tali provvedimenti all'esame del Parlamento secondo un'impostazione che rispettasse le relative attribuzioni parlamentari delle due Camere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, si vuole procedere per forza e quindi non starò a ripetere che i presunti inviti all'apertura e al dialogo, per gennaio o febbraio, sono evidentemente vani, forse anche irrisori, perché quando si è pregiudicata una situazione non si vede poi cosa possa accadere, in termini di dialogo.
Odo perfino, in giro, colleghi considerare, con singolare cinismo, che si può ben proseguire, tanto provvederanno poi i senatori a bloccare questa operazione non ben realizzata. Qualcun altro afferma che tanto di qui a poco cadrà il Governo Prodi, e di conseguenza nessuna di tali misure andrà avanti.
Ma, scusate, non è in tale contesto che si compie una riforma costituzionale organica!Pag. 50È certo che il clima politico giusto manca; il Governo Prodi è quello che è: una sorta di viscido tapis roulant politico, sul quale voi del centrosinistra fate ogni mattina il vostro jogging, non sapendo dove volete portare il Paese; ma tutto ciò non vi legittima, intanto, a produrre lacerazioni nel sistema istituzionale, che poi potranno essere difficilmente riparabili.
Noi, credo più coerentemente, in maniera meno ambiziosa, con l'emendamento in esame proponiamo intanto la diminuzione del numero dei parlamentari, in maniera correlata: come l'abbiamo concepita da seicentotrenta a cinquecento alla Camera, così la proponiamo da trecentoquindici a duecentocinquanta al Senato (oltre, naturalmente, ai rappresentanti dei cittadini italiani all'estero, in entrambi i rami del Parlamento). Con ciò già compiamo un'opera in qualche modo di razionalizzazione, dal punto di vista numerico, fermo restando però che, in questa visione, manteniamo due Camere elette dal popolo.
Ho già ricordato, nel corso di una precedente seduta, che sopprimendo l'elezione diretta di una Camera resterebbero soltanto cinquecento parlamentari eletti legittimamente dal popolo. Tutto ciò, se permettete, anche in coloro che vogliono adoperarsi quali drastici potatori dell'albero istituzionale, suscita qualche perplessità: vi è un problema di rappresentanza delle categorie, dei territori, si aprono delle questioni.
A tale riguardo, peraltro, ho poi sfidato più volte il Governo - che però è un po' a corto di udito! - perché quando giustamente ci sottoponiamo, come la gente sembra chiederci, al dimagrimento delle strutture e dei consessi parlamentari, vogliamo capire se il Governo sta facendo altrettanto o se invece sta facendo una ridicola marcia indietro sullo snellimento di tutte le altre strutture e dei vari livelli di Governo e sottogoverno. Infatti, rispetto alle grandi «sparate» iniziali che erano state preannunciate al Paese, il Governo sta facendo marcia indietro e non sta portando a compimento alcuna potatura delle sovrastrutture. Potatura che invece porterebbe a una effettiva semplificazione delle procedure e a un risparmio delle spese ridondanti.
A questo proposito, invito ancora una volta il Governo a pronunciarsi e ad uscire dal suo «pilatesco» silenzio.
Concordo con le considerazioni svolte dal collega Boscetto, del gruppo di Forza Italia: il nostro emendamento 3.109 tende semplicemente a ridurre a duecentocinquanta il numero dei senatori, ribadendo che costoro sono sicuramente «elettivi» e quindi parlamentari di pieno diritto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, intervengo per dichiarare che ci asterremmo su tutte le proposte emendative che seguiranno, che prevedono l'elezione diretta del Senato, compreso l'emendamento presentato dai colleghi del gruppo dei Comunisti Italiani, qualora non venga ritirato, e ne illustrerò la ragione. Colgo anche l'occasione per rispondere garbatamente al collega Boato, che spero gradisca la mia risposta.
È chiaro che l'elezione sfalsata del Senato non ha senso se il Senato ha le stesse funzioni legislative della Camera. Stiamo discutendo però di un'ipotesi diversa, ovvero di un sistema bicamerale imperfetto che mantiene in capo al Senato una serie di competenze legislative rilevanti che attengono giocoforza non al tema della sovranità popolare - come da lei, presidente Violante, correttamente posto - ma alla circostanza che quando si è chiamati a votare provvedimenti che riguardano, ad esempio, parti sostanziali di una legge finanziaria, come quella relativa al fondo perequativo per i territori di cui all'articolo 119 della Costituzione, parliamo di scelte che condizionano fortemente l'attività dell'Esecutivo e che non possono essere affidate a un organo che non è legato da un rapporto fiduciario con l'Esecutivo.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 16)
GIANPIERO D'ALIA. Per tali ragioni l'idea di un Senato differenziato, che condividiamo, deve essere migliorata, e fino ad oggi non lo è stata, per ragioni che nascono anche dal dibattito politico, in particolare da alcune posizioni della Lega, verso cui siete oggettivamente più sensibili di quanto lo possa essere il mio gruppo. Tali posizioni non ci portano ad avere un sistema coerente. Il problema è solamente questo, non è quello di prevedere un Senato ad elezione indiretta o diretta. Se scegliamo la strada, che abbiamo condiviso in Commissione, dell'elezione indiretta, non possiamo attribuire al Senato, che non è legato da un rapporto fiduciario con il Governo e che non è titolare o depositario della sovranità popolare, perché eletto dalle regioni e dal sistema delle autonomie, i compiti che spettano per definizione alla Camera dei deputati in quanto unico organo elettivo legato da un rapporto fiduciario con il Governo.
Se si vuole mantenere il sistema delle competenze così come delineato nel testo della Commissione, va mantenuta quanto meno una certa coerenza del sistema, sfalsando nella durata il Senato - questo era il senso dell' emendamento precedentemente respinto - e lasciando che sia eletto direttamente dal popolo, ancorché su base regionale. Se si sceglie una strada diversa, coerenza vuole che allora vada bene l'impostazione che ci siamo dati, ma evitiamo pasticci. Nella passata legislatura alcuni pasticci su questa materia specifica li abbiamo fatti anche noi: nel tentativo di inseguire tutti e rincorrere tutti, venne fuori una soluzione istituzionalmente poco ortodossa. Evitiamo oggi di ripetere lo stesso errore, facendo nascere un Senato che di fatto blocca, anziché rendere più efficiente, il sistema.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà
MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo soltanto per sottolineare due aspetti. Il collega Boscetto ha contestato il Governo, come del resto anche il collega Benedetti Valentini, sul fatto che avrebbe sbagliato nel ripartire i progetti di legge tra Camera e Senato, con la riforma costituzionale all'esame della Camera e la legge elettorale all'esame del Senato. Al riguardo devo osservare che il Governo sta assumendo un atteggiamento, in tutta questa vicenda, di attenzione e rispetto nei confronti di Camera e Senato, senza interferire. Sono stati i Presidenti di Camera e Senato - come lei sa, collega Boschetto, perché conosce il Regolamento meglio di me - che hanno concordato la ripartizione delle competenze. Anch'io avrei preferito un rapporto inverso, come auspicato da lei (come vede voglio evitare polemiche inutili), ma, con la decisione presa il Governo non c'entra nulla: è stata una decisione concordata dai Presidenti di Camera e Senato.
La seconda riflessione critica riguarda il riferimento che spesso si fa all'articolo 67 della Costituzione, che risulterebbe in contrasto con il modello di Senato proposto dalla riforma. A mio parere così non è. Come lei sa, anch'io in Commissione ho posto la questione.
Tuttavia, se prevediamo un Senato non eletto da organi esecutivi, come accade nel Bundesrat tedesco, bensì eletto da organi legislativi e dalle autonomie locali, si realizzerà un Senato caratterizzato da pluralismo politico. Per ogni regione, attraverso il voto limitato, sarà eletto in quella regione chi appartiene alla maggioranza e chi appartiene all'opposizione: quindi, è opportuno che rimanga il riferimento all'assenza di vincolo di mandato - per assurdo, sul piano politico semmai tale vincolo lo avranno i membri della maggioranza, ma non quelli dell'opposizione - e che il parlamentare rappresenti la Nazione, perché quando le rappresentanze delle regioni e delle autonomie locali entreranno a far parte del Senato non dovranno rappresentare la meccanica proiezione sul piano nazionale dei problemi locali, bensì l'espressione della realtà territorialePag. 52regionale e locale, che si compone in un quadro di governabilità e di rappresentanza nazionale.
Concludo annunciando il voto contrario del gruppo dei Verdi all'emendamento in esame, nonché agli emendamenti successivi Contento 3.133, 3.135 e 3.134. L'emendamento Benedetti Valentini 3.109 in esame, infatti, non definisce il numero degli eletti all'estero, mentre in forza dell'articolo 48 della Costituzione è obbligo costituzionale definire con norma costituzionale tale numero, mentre l'emendamento successivo Contento 3.133 tra l'altro intende ridurre a sei gli eletti all'estero, che invece prevediamo, come anche il precedente emendamento D'Alia 3.111, nel numero di dodici. Infine, gli emendamenti Contento 3.135 e 3.134 addirittura cancellano totalmente gli eletti all'estero.
Siccome l'ampio accordo che si è raggiunto, tra maggioranza e opposizione, è quello di realizzare una rappresentanza complessiva di diciotto parlamentari eletti nella circoscrizione Estero, di cui dodici al Senato, dovremo necessariamente votare contro gli emendamenti citati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Jannone. Ne ha facoltà.
GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, credo che vada apprezzato il difficile lavoro svolto dal presidente Violante. Tuttavia, proprio perché il presidente Violante è uomo esperto e capace, non può non rilevare che è ben difficile operare e lavorare in questo contesto, in cui una componente importante della maggioranza, Rifondazione Comunista, poco fa ha affermato che l'Italia è democratica e quindi non può essere federale. È come dire che Paesi come la Germania, gli Stati Uniti d'America, la Svizzera e tantissimi altri nel panorama mondiale, essendo federali, non sono democratici. Ciò testimonia e attesta la mancanza di quel contesto sufficiente e necessario per proseguire utilmente con provvedimenti importanti, come la modifica della Carta costituzionale.
Gli emendamenti in esame testimoniano quanto sia stato grave perdere l'occasione della scorsa legislatura, in cui vi erano tutte le condizioni per arrivare ad una riforma compiuta, e certamente non le condizioni in cui oggi ci troviamo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Benedetti Valentini 3.109, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 463
Votanti 435
Astenuti 28
Maggioranza 218
Hanno votato sì 165
Hanno votato no 270).
Prendo atto che il deputato Razzi ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Contento 3.133.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro e insisto per la votazione, mentre preannuncio il ritiro dei successivi emendamenti a mia firma, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Se non ricordo male, signor Presidente, con la modifica del numero dei senatori eletti all'estero da sei a dodici, credo che anche il mio emendamento 3.133 si possa intendere riformulato nel senso di sostituire la parola «sei» con la parola «dodici».
Pag. 53PRESIDENTE. La Presidenza lo conferma.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, le argomentazioni richiamate precedentemente dal presidente Violante neanche a mio giudizio sono convincenti.
Se è vero che la questione della fiducia al Governo è questione importante per quanto riguarda la rappresentanza, credo che questo elemento non sia decisivo per poter eliminare la possibilità dell'elezione diretta ove i rappresentanti siano chiamati ad un'importante funzione legislativa.
Per quanto concerne anche le argomentazioni richiamate dal collega Boato, che ci ha ricordato i sistemi attualmente vigenti in alcuni importanti Paesi europei, credo di poter dire che quegli esempi non escludono la possibilità che si possa arrivare nel nostro caso ad un'elezione diretta.
In altre parole, non siamo di fronte a un vero e proprio sistema di carattere federale, e lo sottolineo richiamando le parole che furono pronunciate nell'Assemblea costituente dall'onorevole Giolitti: una seconda Camera di tipo regionalistico si giustificherebbe solo ove le autonomie regionali avessero quel carattere federalistico che non è stato accolto nel progetto di Costituzione. Poiché il progetto di riforma che ci avete sottoposto e di cui stiamo discutendo nulla toglie a quel sistema regionalistico, è evidente che stiamo cercando di costruire un sistema federale che è completamente diverso da quello che conosciamo. Se così è, non vedo perché non si possa, coerentemente, fare in modo di agganciare la rappresentanza alla base regionale, ma contemporaneamente restituire all'elettore la possibilità di scelta o di indicazione.
Inoltre, il rispetto nei confronti dell'elettore potrebbe portare a consentirgli di votare esprimendo due preferenze all'interno dell'indicazione dei consiglieri regionali, riservandogli la possibilità di esprimere un voto disgiunto e, qualora venga eletta la persona a cui ha attribuito anche la possibilità di essere parlamentare e, quindi, senatore, vederla eletta, facendo pesare non soltanto l'accordo politico a livello regionale, ma la volontà popolare, che comunque rimane un caposaldo nella nostra Costituzione democratica.
Quindi, a nostro giudizio, non esiste l'impossibilità di conciliare questi due aspetti. Anzi, anche chi ha rispetto, in senso federale, della propria autonomia dovrebbe restituire questa possibilità direttamente in capo all'elettore, disegnando un sistema italiano, se vuole dare attuazione a quel principio federale nel rispetto dell'elettorato, di cui tanto si parla.
Signor Presidente, mi chiedo anche come potrà funzionare il Senato federale: se è vero che vengono diminuite le sue competenze, la sua funzione legislativa dovrebbe comunque essere assicurata da rappresentanti che contemporaneamente svolgono la funzione di consiglieri regionali entro quel consesso, con due contraddizioni palesi. La prima di esse è di carattere ordinamentale: in quanto eletti direttamente, votano le leggi regionali, ma contribuiscono all'importante funzione legislativa nazionale con l'elezione di secondo grado. Non vedo una logica in questo.
Il secondo aspetto è di carattere pratico: come faranno contemporaneamente - può ben dirlo chi ha esperienza di consiglio regionale - ad essere ad un tempo parlamentari e consiglieri regionali? Ho l'impressione che a forza di guardare ai principi e di mantenere insieme questo ordinamento che si sta proponendo, si siano persi di vista i capisaldi non solo del diritto costituzionale, ma anche della logica (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Contento 1.133, nel testo riformulato, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 470
Votanti 440
Astenuti 30
Maggioranza 221
Hanno votato sì 174
Hanno votato no 266).
Ricordo che gli emendamenti Contento 3.135 e 3.134 sono stati ritirati.
Passiamo all'emendamento Boscetto 3.63.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.
GABRIELE BOSCETTO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come accennavo nel mio intervento precedente, pur avendo votato a favore degli emendamenti all'articolo 3 presentati dai colleghi di Alleanza nazionale, la nostra opzione è per la soluzione contenuta nell'emendamento 3.63 a mia firma. In sostanza, nella nostra proposta il Senato federale, così come nella riforma della precedente legislatura, è eletto a suffragio universale e diretto.
In sostanza, il nostro Senato federale (che è quello previsto dalla nostra riforma nella precedente legislatura) è eletto a suffragio universale e diretto; è composto da 252 senatori eletti, in ciascuna regione, contestualmente all'elezione del rispettivo consiglio regionale; si garantisce la rappresentanza territoriale dei senatori; nessuna regione può avere un numero di senatori inferiore a sei; la ripartizione dei seggi tra le regioni si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni; partecipano all'attività del Senato federale, senza diritto di voto, rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali (è questo l'elemento di collegamento); i senatori possono essere sentiti dai consigli regionali o dalle assemblee regionali; all'inizio di ogni legislatura regionale, ciascun consiglio o assemblea elegge i rappresentanti tra i sindaci, oltre che tra i propri componenti e tra altri rappresentanti di enti locali, per svolgere la funzione di partecipazione, senza il voto.
Riteniamo che questa debba essere la soluzione, anche perché si sposa con il collegamento territoriale degli aventi legittimazione passiva, che devono essere persone che sono state o sono rappresentanti degli enti locali, oppure che hanno residenza, al momento delle elezioni, nella regione. Ricordo un emendamento del centrosinistra, nella passata legislatura, che prevedeva l'elettorato passivo per coloro che da diciotto mesi erano residenti nel territorio della regione. Ciò significa che il collegamento non deve essere quello che si realizza attraverso un consiglio regionale, che elegge, nel proprio seno, i senatori che - come ricordavamo - un giorno sono senatori e un giorno sono consiglieri regionali. Per garantire che vi sia un collegamento fra candidati ed eletti, da un lato, e la regione, dall'altro, vi sono altre formule, come quella che proponiamo con l'emendamento in esame, che riproduce il testo della scorsa legislatura, in collegamento con le norme sull'elettorato passivo.
Nella riforma avevamo, altresì, previsto che, per essere eletti, fosse necessario aver compiuto una certa età (oggi proponiamo 25 anni), perché se si deve rilevare un cursus honorum, è necessario che si abbia qualche anno in più rispetto ai diciotto.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GABRIELE BOSCETTO. D'altro canto abbiamo già osservato che, essendo i senatori eleggibili all'età di diciotto anni, anche per il fatto che sono consiglieri regionali, non avrà più senso chiamare il Senato «Senatus». Tale termine, infatti, in qualche modo, richiama la radice latina senex e, quindi, quella saggezza che è collegata ad una certa età e ad una certa esperienza della vita. Potremmo, invece, chiamarlo - per paradosso - «Juventus», perché sarà un Senato dove i senatori (con radice senex) potranno, invece, tranquillamente essere dei diciottenni. Tutto questoPag. 55ci fa comprendere come non vi sia un funzionamento, né una logica in questa formulazione...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GABRIELE BOSCETTO. ...e come non ci si sia soffermati, signor Presidente, ad esaminare il testo della nostra riforma per cercare di migliorarlo. Si è voluto a tutti costi creare qualcosa di nuovo, che si sta dimostrando un monstrum.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, per accantonare immediatamente la polemica, vorrei far presente all'onorevole Jannone - affinchè rimanga agli atti della Camera - che nessun deputato appartenente a Rifondazione Comunista, intervenuto finora - né io, né il collega Burgio - ha sostenuto la balzana idea per cui gli ordinamenti federali non possano essere democratici.
Signor Presidente, soffermandomi sull'emendamento in discussione, innanzitutto vorrei far presente all'onorevole Boscetto che è libero, in quanto è nella sua facoltà, di riprodurre un testo bocciato dal referendum popolare tenutosi il 25 e 26 giugno 2006 (quindi, già sottoposto al vaglio dell'elettorato, che tutti affermiamo essere il detentore della sovranità). Lei stesso, pertanto, supera il giudizio espresso con il referendum del 25 e 26 giugno e presenta tale emendamento.
Tuttavia, ciò riguarda la correttezza e il rapporto con l'opinione pubblica. Invece, onorevole Boscetto, vorrei tentare di motivare all'intera Assemblea, quali siano le ragioni per cui l'elezione diretta del Senato della Repubblica sia contraddittoria.
In base a quanto previsto nel suo emendamento, ai sensi del primo comma dell'articolo 57 della Costituzione, il Senato federale della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto. Il Senato dovrebbe svolgere una funzione di raccordo e di cooperazione con gli enti decentrati, sia con competenze legislative che amministrative.
Invece, onorevole Boscetto, in base alla riforma presentata nella scorsa legislatura, che lei qui ripropone, è costretto a scrivere esattamente queste parole: «partecipano all'attività del Senato federale della Repubblica, senza diritto di voto, secondo le modalità previste dal suo regolamento, rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali».
Dunque, lei stesso, onorevole Boscetto - mi rivolgo anche a tutti coloro che sostengono l'elezione diretta del Senato - riconosce che se vogliamo creare dei meccanismi di raccordo che vadano oltre le Conferenze Stato-regioni, occorre che rappresentanti diretti delle regioni (in questo caso i presidenti delle regioni), facciano parte, seppur senza diritto di voto, del Senato della Repubblica. Pertanto, si riconosce l'esigenza e la necessità di stabilire un raccordo Senato-regioni-autonomie locali.
Inoltre, onorevole Boscetto, al capoverso successivo, è previsto che a loro volta, i senatori, eletti a suffragio universale, possono essere sentiti, ogni volta che lo richiedono, dal consiglio o assemblea della regione ovvero dal Consiglio della Provincia autonoma, in cui sono stati eletti.
Pertanto, si riconosce, a sua volta, che è necessario che i senatori in quanto rappresentanti territoriali - o che dovrebbero rappresentare il territorio - vengano immessi nel consiglio regionale, sia pur attribuendo loro semplicemente un diritto di audizione.
Quindi, onorevole Boscetto, ci troviamo di fronte ad una situazione contraddittoria. I cittadini vanno a votare per eleggere un rappresentante del proprio territorio al Senato. D'altro canto sappiamo che la regione è l'ente esponenziale del territorio stesso. Quindi, avremmo due rappresentanze disgiunte: una al Senato e un'altra attraverso la regione.
Per tentare di sanare questa contraddizione avete inventato il marchingegno per cui il presidente della regione fa parte delPag. 56Senato, sia pure senza diritto di voto e, a loro volta, i senatori che non fanno parte del consiglio regionale dovrebbero essere ascoltati dalla regione stessa.
Pertanto, mi rivolgo non soltanto a lei, ma a tutti coloro che hanno sostenuto l'elezione diretta del Senato per rappresentare in quale ginepraio ci si trovi ove si voglia tenere insieme suffragio universale, rappresentanza del popolo e rappresentanza territoriale.
A mio avviso, la soluzione che stiamo costruendo, in questo dibattito, è quella di prevedere una rappresentanza di secondo livello - per rappresentare effettivamente gli enti esponenziali territoriali - la quale, però, deve cooperare e collaborare nell'elaborazione delle leggi (come chiede, da sempre, la Corte costituzionale attraverso le proprie sentenze).
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FRANCO RUSSO. Concludo, Presidente. Come ho già detto poc'anzi, non siamo i rappresentanti di coloro che ritengono che esista un «decisore ultimo». Sappiamo che oggi la sovranità è policentrica e vorremmo fare entrare e intervenire, in questo policentrismo, le regioni e le autonomie locali, attraverso il Senato della Repubblica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, il gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore di questo emendamento presentato dai colleghi del gruppo di Forza Italia. In qualche articolazione tecnico-funzionale potremmo anche discutere, magari non condividerlo al 100 per cento, ma vorrei dire che, in termini politici, questo emendamento - come i precedenti presentati dal collega Contento e anche alcuni successivi a firma di colleghi del mio gruppo - è la dimostrazione pratica che non siamo qui per fare i guastatori, per il gusto di guastare: in questa legislatura, semmai, tale attività è prerogativa di versanti politici diversi dal nostro.
Piuttosto, pur in un quadro che non condividiamo, stiamo cercando realisticamente di inscrivere delle possibili misure di adattamento, dei realistici adattamenti in grado di rendere il sistema meno disfunzionale, meno assurdo di quello che viene prospettato.
Mi pare che il collega del gruppo di Rifondazione Comunista contestasse al collega Boscetto delle presunte contraddizioni. Mi permetterà di dire che queste così forti contraddizioni sinceramente non le vedo. In questo testo vi è, semmai, lo sforzo di prevedere dei meccanismi di consultazione che facciano, però, salvo, il principio fondamentale della sovranità popolare in base al quale chi concorre alla legislazione deve essere investito da un mandato popolare.
Si parla di «rappresentanza dei territori» e grazie a tale affascinante espressione si crede di superare le obiezioni. Non è così perché ben si può concepire, in una Carta costituzionale, una seconda Camera, a numero ristretto, che rappresenti essenzialmente i territori, in cui gli eletti - sempre dal popolo - siano scelti dai loro territori e rappresentino essenzialmente, il concorso che gli interessi territoriali portano all'attività legislativa propria del Parlamento centrale della Repubblica italiana. Essi non dovrebbero, però, avere una libertà assoluta di mandato politico, come quello proprio dei membri della Camera dei deputati eletti, sì, su circoscrizioni d'area vasta, ma in base a liste essenzialmente politiche che debbono rispondere a questo principio di rappresentanza generale della nazione e che tale interesse generale devono rappresentare.
Quindi, la nostra opzione persiste con forza. Mi pare che la parte fondamentale delle nostre argomentazioni sia purtroppo contraddetta da un centrosinistra che spesso alza lo stendardo - più o meno credibile - della sovranità popolare e invece, in questo caso, purtroppo, debbo dire che si fa paladino della cancellazione di oltre la metà di tale sovranità.Pag. 57
Votando a favore anche di questo emendamento, ribadiamo, pertanto, la volontà di concorrere al processo innovativo, ma allo stesso tempo rispettoso del principio della sovranità popolare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, vorrei illustrare le tre ragioni per le quali questo emendamento - che ovviamente come sempre rispetto - non può essere condiviso. La prima è che (come credo il collega Boscetto abbia veramente ricordato prima) questo emendamento riproduce testualmente, persino nelle virgole, il testo bocciato nel referendum del giugno dell'anno scorso. Ci sembra, pertanto, inaccettabile che, proprio a proposito di sovranità popolare, si proponga un testo già bocciato dal popolo con oltre il 60 per cento dei «no».
La seconda ragione è che nella proposta emendativa al nostro esame è totalmente cancellata la rappresentanza degli italiani eletti all'estero, mentre anche il collega Boscetto aveva convenuto - e credo converrà successivamente - nel mantenere tale rappresentanza nel numero complessivo di 18 unità di cui dodici andranno al Senato, dal momento che si è deciso di eleggerne sei alla Camera.
La terza ragione è riferita in particolare al collega Benedetti Valentini il quale dice sempre che nel testo della Commissione è stata negata la sovranità popolare. Quest'ultima non viene affatto negata, ma solo espressa in modo diverso, perché anche i consiglieri regionali sono espressione della sovranità popolare e lo stesso vale per i sindaci e gli eletti delle autonomie locali.
La nostra Costituzione, all'articolo 1, fa riferimento alla sovranità popolare, ma anche alle forme e ai limiti previsti dalla stessa Costituzione. Pertanto essa ha il diritto e la possibilità di stabilire una forma di espressione, sempre di sovranità popolare, ma diversa da quella che storicamente si è manifestata.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 3.63, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 474
Votanti 441
Astenuti 33
Maggioranza 221
Hanno votato sì 176
Hanno votato no 265).
Passiamo all'emendamento Gamba 3.124.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Gamba 3.124 formulato dal relatore.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. No, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, non sono intervenuto sinora nel dibattito, che si è articolato riguardo sostanzialmente alla composizione del Senato federale, in quanto condividevo e condivido molte delle argomentazioni che sono state portate da colleghi del mio gruppo e dai colleghi del gruppo di Forza Italia. Se è chiaro, alla luce dei lavori che si sono svolti in Commissione, che vi è una sostanziale, larga convergenza riguardo alla cessazione del cosiddetto bicameralismo perfetto, e quindi all'attribuzione di competenze diverse fra le due Camere e segnatamente all'attribuzione unicamente alla Camera dei deputati del potere di accordare la fiducia al Governo, comunque questo venga individuato, non vi èPag. 58stata invece convergenza riguardo alle modalità di composizione e di elezione del Senato federale.
Il dibattito si è articolato sinora nel confronto, non dico nella contrapposizione, tra chi ha sostenuto la previsione di un sistema di elezione indiretta del Senato federale, che poi è prevalsa in Commissione sulla base dell'emendamento dell'onorevole Zaccaria, e chi invece continua a sostenere la necessità, per quanto riguarda un organo comunque di natura legislativa, dell'elezione a suffragio diretto.
Si è sostenuto che la soluzione individuata sia originale, ma in qualche modo si richiami a soluzioni vigenti in altri Stati: in realtà questo non è vero. Si è creata una soluzione ibrida, che presenta delle innegabili incongruenze e che non supera, quindi, le obiezioni relative alla opportunità, a nostro modo di vedere, di reintrodurre invece l'elezione diretta dei nuovi senatori federali.
Si è fatto riferimento al Bundesrat della Germania, dove evidentemente è diversa la soluzione perché è diverso il meccanismo, le competenze e le modalità di espressione del consenso e dei voti da parte dei membri di quella Camera. Come è noto, lì vi è il vincolo di mandato per i membri del Bundesrat: essi sono, come è stato già ricordato, nominati dai governi dei länder, esprimono obbligatoriamente il parere della maggioranza che governa ciascun land. Possono esserci addirittura sostituzioni fra componenti, e uno solo dei rappresentanti di ogni land può consegnare, come viene detto, il voto riguardo alle singole questioni: è, quindi, evidente che in quel caso il sistema di elezione indiretta è connaturato alle caratteristiche dell'organo, e non corrispondente a quello che si viene a proporre qui. Non abbiamo questo sistema, con la soluzione proposta, perché non abbiamo nemmeno le competenze, assai inferiori rispetto a quelle che vogliamo attribuire al Senato federale, che caratterizzano il Bundesrat tedesco.
Non abbiamo nemmeno le competenze molto limitate e il sistema di elezione - questo sì indiretto ma perlomeno a più ampia pletora di partecipanti - che è previsto per il Senato francese, perché in quel caso partecipano all'elezione indiretta i deputati eletti nelle singole circoscrizioni territoriali, i consiglieri regionali, i consiglieri dipartimentali e i consiglieri municipali, con un meccanismo diversificato a seconda del numero di abitanti dei singoli municipi: una composizione quindi - quella sì a elezione indiretta - ma su una platea assai più vasta, e quindi tendenzialmente un po' più rappresentativa della realtà politica dei singoli territori; senza parlare del meccanismo delle elezioni di medio termine, che portano a un diverso svolgimento delle dinamiche all'interno del Senato della Repubblica francese.
La soluzione individuata non è dunque conforme - come invece è stato sostenuto - al progetto complessivo sotteso a questa proposta di riforma costituzionale. Con un certo largo consenso, infatti, abbiamo attribuito al Senato federale - e su questo ancora ci si confronterà - competenze assai maggiori rispetto a quelle che sono proprie delle seconde Camere degli altri Paesi, anche se, allo stesso tempo, abbiamo ad esso sottratto quelle riferite al conferimento della fiducia.
L'emendamento che abbiamo presentato con il collega Giorgio Conte reintroduce dunque l'elezione diretta, ma è quello più vicino al testo presentato dalla Commissione: si tratta, dunque, dell'ultima occasione disponibile per muoversi in quel senso, poiché i successivi emendamenti prevedono soluzioni diverse.
Quanto, in particolare, alla questione dei senatori eletti all'estero, signor Presidente, la prego di tener conto di quanto era stato indicato nella precedente seduta dal presidente Violante, nel senso che in luogo di «sei senatori eletti nella circoscrizione Estero» si deve leggere «dodici senatori eletti nella circoscrizione Estero», a seguito dell'accordo intervenuto.
Invito, dunque, alla riflessione ed al voto favorevole su questo principio (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Come ha ricordato l'onorevole Gamba, la Presidenza ha consentitoPag. 59una riformulazione dell'emendamento nel senso di fissare in dodici il numero di senatori eletti nella circoscrizione Estero.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Antona. Ne ha facoltà.
OLGA D'ANTONA. Signor Presidente, il gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo dichiara il proprio voto contrario sull'emendamento al nostro esame.
L'articolo 3 del testo di riforma costituzionale al nostro esame riguarda la struttura del nuovo Senato federale. Con la sua introduzione nel nostro ordinamento si mette fine al sistema di bicameralismo perfetto che ha caratterizzato fin qui la vita del nostro Parlamento repubblicano. Si tratta di una scelta su cui si è riflettuto molte volte, soprattutto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, che ha modificato il sistema del regionalismo italiano in chiave più federalista, ma che ha lasciato aperta la questione della rappresentanza territoriale nel cuore della democrazia, cioè nel Parlamento.
Com'è noto, la proposta di modifica dell'articolo 57 della Costituzione prevede che il Senato federale sia eletto indirettamente da parte dei consigli regionali e dei consigli delle autonomie locali, secondo le modalità che verranno stabilite con legge. È importante sottolineare che si introduce così un sistema di elezione di secondo grado, eliminando il carattere diretto dell'elezione del Senato: ciascuna regione potrà, infatti, eleggere i propri senatori, in un numero determinato sulla base della popolazione residente. I senatori sono, dunque, eletti dal consiglio regionale, al proprio interno, immediatamente dopo il suo rinnovo, e dal consiglio delle autonomie locali fra i componenti dei consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane.
La durata in carica dei senatori viene legata a quella dei consigli regionali: in tal modo, la composizione del Senato verrà modificata nel tempo con una sostituzione parziale di gruppi di senatori, e non vi saranno né una durata fissa né una scadenza di legislatura. Il Senato diviene in altri termini un organo permanente, in cui ciascun gruppo di senatori eletti nelle regioni è legato al ciclo politico di ciascuna di esse.
Fra gli aspetti positivi della nuova struttura del Senato sono da segnalare almeno i seguenti. Le regioni - che già oggi esercitano una funzione legislativa rilevantissima sulla base di quanto prevede l'articolo 117 della Costituzione - potranno contribuire direttamente a determinare le scelte politiche del Parlamento, entrando a pieno titolo nel meccanismo di decisione legislativa nazionale. Ai territori viene così assegnata la responsabilità diretta delle scelte per il futuro dell'intero Paese.
L'elezione del Senato da parte delle istituzioni regionali segna il radicamento territoriale dei senatori. Inoltre, la fine del sistema bicamerale perfetto porta necessariamente con sé una diversificazione delle funzioni fra le due Camere, che potrà avere effetti benefici sul procedimento legislativo, eliminando quella sostanziale duplicazione che si ha oggi.
L'elezione indiretta dei senatori garantisce, rispetto ad altre modalità di elezione, che essi rappresentino gli interessi locali cui è preposto il Senato federale.
Mi permetto, a tal proposito, di mettere a confronto l'esperienza statunitense e quella tedesca. Negli USA i senatori, due per ogni Stato, sono eletti a suffragio universale e diretto; aspetto quest'ultimo che dà al Senato un carattere fortemente politico. Tale soluzione appare poco adatta per l'Italia, dove la competizione ideologica-elettorale è ben più intensa che negli USA, poiché farebbe perdere alla seconda Camera il ruolo di rappresentanza degli interessi locali cui è destinata in un equilibrato sistema federale.
In Germania, invece, i delegati dei länder sono espressione dei loro Governi ed hanno vincolo di mandato rispetto a questi, che li nominano e li revocano. Il dettato costituzionale stabilisce che ogni länder abbia tre voti e quindi tre rappresentanti cui se ne aggiunge un numeroPag. 60variabile, proporzionale alla popolazione. Tale aspetto, insieme al forte radicamento locale dei partiti nazionali e alla composizione e alle funzioni del Bundesrat, permette ai politici e agli amministratori più capaci in sede locale di accedere al cancellierato e rende il federalismo tedesco particolarmente effettivo.
È evidente, da quanto precede, che la soluzione approntata dal testo di riforma che discutiamo è simile, per certi versi, a quella tedesca ma molto legata alla situazione politica italiana, nonché al nostro specifico contesto sociale ed ha il merito di porsi in una prospettiva di rafforzamento delle istituzioni regionali e del radicamento territoriale delle forze politiche. La riduzione del numero dei senatori determinerà anche una riduzione dei costi del Parlamento; tale aspetto deve considerarsi come effetto e non un risultato positivo della riforma complessiva e non una delle ragioni che la determinano (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
ROBERTO COTA. Signor Presidente, mi scusi, quale emendamento stiamo esaminando?
PRESIDENTE. È in votazione l'emendamento Gamba 3.124.
ROBERTO COTA. Dall'intervento che ho ascoltato pensavo stessimo esaminando altri emendamenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo di Forza Italia sull'emendamento in esame.
Il collega Gamba ha ragione quando afferma che questa è l'ultima opportunità per ripensare a quello che dovrà essere il futuro Senato. Per il momento preferisco chiamarlo così, senza aggiungere nulla, anche se abbiamo sempre parlato di Senato federale perché tenevamo presente il collegamento con le regioni attraverso una modalità che noi abbiamo considerato giusta nella scorsa legislatura e che riteniamo ancora tale, tant'è che la riproponiamo oggi insieme a tanti altri colleghi.
Non si deve dimenticare che stiamo assumendo una decisione fondamentale per il futuro del nostro sistema istituzionale. Siamo d'accordo sul fatto che vi sia la sensazione che si stia lavorando solo in attesa che cada o meno il Governo.
Ritengo che, pur discutendo in questa sede di riforme costituzionali, non vi sarà nessuno che ascolterà i nostri lavori attraverso le stazioni radiofoniche, perché sia Radio Parlamento, sia Radio Radicale sono in attesa di vedere se tale caduta si verificherà; in particolare, se qualche emendamento presentato dall'opposizione al Senato sarà accolto e individuare chi esprimerà su di essi un voto favorevole. A fronte dell'esercizio «sul filo» di un Governo e della sua maggioranza, discutere di riforme costituzionali riveste un interesse del tutto minore, e forse sarebbe stato opportuno non presentare all'Assemblea tale riforma prima della discussione del disegno di legge finanziaria.
Tuttavia, siamo qui a discutere serenamente e devo riconoscere che non ravviso particolari apporti dai numerosi interventi svolti dai membri della maggioranza. Tutti coloro che intervengono a sostegno delle proprie tesi - non sono in grado di dare giudizi o, meglio, non devo essere io a darli - lo fanno in modo esemplare, però non mi pare di vedere un interesse corale in una maggioranza che, prospettando una riforma così stravolgente del sistema istituzionale esistente, dovrebbe essere fortemente convinta degli strumenti normativi in esame.
Per tutte le ragioni che abbiamo prima addotte noi nutriamo il timore che si sia parlato troppo poco di questo strumento finale, di questo Senato mal copiato dalla Germania, e che si vada verso un'approvazione perché si è in aula, si deve tenere la maggioranza, c'è una linea tracciata nella maggioranza dalla Commissione e bisogna seguirla.Pag. 61
Sarei estremamente più contento se il voto che finirete per esprimere su questo nuovo Senato fosse più meditato. Mi pare che, comunque, non si procederà alla votazione finale neanche dell'articolo 3. Si tratta di un elemento di saggezza introdotto dal presidente della I Commissione perché, in realtà, non guasta lasciare uno spazio aperto per poter meditare ancora per qualche tempo su quanto sta accadendo e potere eventualmente, nell'amalgama finale, tornare indietro, cambiare il testo e migliorarlo.
Quella sulla legislazione collettiva è un'obiezione fortissima perché sono tante le materie da essa toccate. Infatti, in una Camera ci saranno cinquecento deputati eletti a suffragio universale e diretto dal popolo che avranno un determinato tipo di rappresentanza, mentre nell'altra Camera ci saranno circa duecento senatori eletti, invece, in tutt'altro modo, cioè senza suffragio universale e diretto, attraverso una rappresentanza indiretta che forse può essere chiamata rappresentanza, ma nutro dei dubbi al riguardo. I senatori si troveranno in una situazione ben diversa dai colleghi della Camera, ma noi affideremo alle due Camere, con il sistema della navette, la decisione sulle leggi più importanti dello Stato.
Credo che le possibilità di incaglio della legislazione collettiva, così importante, saranno tantissime. Sarà quindi estremamente delicato...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.
GABRIELE BOSCETTO. ...riuscire ad approvare le principali leggi dello Stato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gamba 3.124, nel testo riformulato, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 466
Votanti 440
Astenuti 26
Maggioranza 221
Hanno votato sì 173
Hanno votato no 267).
Prendo atto che la deputata Poretti ha segnalato che non è riuscita a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario. Prendo atto, altresì, che il deputato Zinzi non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Passiamo all'emendamento Licandro 3.131.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.
ELIAS VACCA. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIAS VACCA. Signor Presidente, approfitto di questa occasione anche per chiarire quanto precedentemente detto e probabilmente erroneamente attribuito dal collega Jannone ai colleghi di Rifondazione Comunista. Il collega Franco Russo era intervenuto in replica, ma in realtà replicava ad un mio intervento. Il fatto che qualcuno faccia confusione fra deputati dei Comunisti Italiani e quelli di Rifondazione Comunista è un contributo evidente all'unità della sinistra.
Desidero precisare che l'emendamento in esame non potrebbe essere compreso, dopo tutto ciò che abbiamo detto a proposito del Senato federale, se non nell'ottica di cercare, quanto meno, di porre un freno o un rimedio a processi che ci appaiono davvero ineluttabili.
Noi non sosteniamo che una repubblica federale sia implicitamente una repubblica non democratica. Vi sono vari esempi di repubbliche federali che sono, fortunatamente, democratiche. Semplicemente, sosteniamo che prima di definire un organoPag. 62della Repubblica italiana bisognerebbe precisare, nella prima parte della Costituzione, la natura della stessa.
La natura di una repubblica deriva dalla storia di un Paese, dalla sua Carta costituzionale e non può essere cambiata con tanta disinvoltura. Quindi, intendiamo semplicemente sostenere che difficilmente si può qualificare una Camera di una repubblica che è qualificata diversamente.
Nella proposta emendativa al nostro esame, ci richiamiamo alla denominazione di Senato federale, in quanto è di tutta evidenza che, se avessimo seguito il naturale ordine delle cose, saremmo pervenuti a parlare degli emendamenti all'articolo 3 solo dopo aver definito all'articolo 1 la qualità del Senato. Nell'accantonare l'articolo 1, ci siamo anche detti che non si può partire nella denominazione del Senato dando un aggettivo che non corrisponde alla sostanza che a quell'organo si deve dare. Inoltre, è evidente a tutti - mi è stato anche spiegato dalla Presidenza - che laddove, come auspichiamo, l'articolo 1 non dovesse determinare quella modifica del Senato con la qualificazione di «federale», automaticamente verrebbe a cadere la definizione portata all'articolo 3. In questo senso, naturalmente non accediamo all'invito al ritiro della nostra proposta emendativa. Dopodiché, come si può vedere, tentiamo di porre un presidio a questo desiderio di eleggere la seconda Camera attraverso una nomina di secondo grado. Diamo per possibile che possa coesistere all'interno della stessa Camera una larga maggioranza di senatori eletta a suffragio universale e diretto ed una minoranza indicata, eletta dai consigli regionali. Quindi, non accediamo all'invito al ritiro ed invitiamo i colleghi a votare favorevolmente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, i colleghi del gruppo Comunisti Italiani ci daranno atto che per quanto riguarda questo argomento non abbiamo avuto pregiudiziali di carattere ideologico. Personalmente, infatti, ho il maledetto vizio che se qualcuno dice una cosa giusta, può anche collocarsi alla sinistra di Mao Tse Tung che gli do ragione. Tuttavia, colleghi del gruppo Comunisti Italiani, il problema è che, al di là del numero del vostro gruppo (non sempre è il numero ad aver ragione), nel dibattito sull'emendamento soppressivo Licandro 3.130 voi non avete spezzato alcuna delle vostre egregie lance per sostenerlo. Ora vi impegnate in un grazioso minuetto, un passo avanti e due indietro, non tenendo conto che avete voi stessi criticato il fatto che si volesse superare il bicameralismo e che non si avesse il coraggio di andare al monocameralismo (se ben ricordo voi sposavate il monocameralismo). Non si riesce a trovare un principio diverso, che comunque deve essere sempre dentro la sovranità popolare. A questo punto, collega Vacca, che lei sostenga che, l'aver scambiato lei per un collega del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea significhi dare un contributo all'unità della sinistra mi sembra un po' un eccesso, un paradosso, un ossimoro, che vorrei ci risparmiasse.
In realtà, con la presente proposta emendativa andreste a stabilire un criterio misto con il quale vi sarebbero dei «senatorini» di complemento, che, eletti dai consigli regionali andrebbero ad integrare quelle eletti direttamente dal popolo. A questo punto, aggiungeremmo falla a naufragio per il semplice fatto che questo Parlamento, se andrà avanti con i voti, dimostrerà palesemente di non avere avuto il coraggio di smantellare il Senato come tale, ma di averlo svuotato da dentro, mantenendogli il cappello e la denominazione, né di aver sposato una forma più decisa di monocameralismo decisionale con un altro ramo di rappresentanza centrale, relegato al ruolo di mera consultività. Quindi, il vostro emendamento, purtroppo, pur rispettando i punti intellettuali e politici di partenza da voi assunti, è una conclusione che mi permetterete di considerare decisamente deludente.Pag. 63Senza alcuna pregiudiziale ideologica, in questi termini il nostro voto non potrà che essere contrario.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale. È vero che molte delle cose che ha testè detto il collega Benedetti Valentini sono certamente corrispondenti ad una sorta di insieme non eccessivamente ben articolato.
Personalmente ritengo che, a seguito della sancita impossibilità - per ora - di procedere all'elezione dei senatori a suffragio diretto, proprio per le ragioni che sono state ripetute negli altri interventi, debba essere mantenuta qualche strada aperta, come diceva il collega Boscetto. La soluzione, un po' «stiracchiata», contenuta in questo emendamento potrebbe consentire di mantenere ancora aperta la discussione tra la scelta piena dell'elezione diretta di tutti i senatori e quella proposta invece dalla Commissione. Per cui, a titolo personale, esprimerò un voto favorevole su questo emendamento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Licandro 3.131, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 467
Votanti 428
Astenuti 39
Maggioranza 215
Hanno votato sì 33
Hanno votato no 395).
Prendo atto che i deputati Dato e Rampelli hanno segnalato che non sono riusciti a votare. Prendo altresì atto che la deputata Leddi Maiola ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Ronconi 3.108.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
MAURIZIO RONCONI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Con questo emendamento intendo trasformare una specie di Senato federale in un autentico Senato federale, con una rappresentanza dei territori che garantisca la parità tra le regioni, in modo da impedire che il Senato federale prossimo venturo possa essere monopolizzato dalle regioni più grandi, e con i senatori federali nominati dagli esecutivi, come avviene in un vero Senato federale, cioè quello tedesco.
Questo emendamento costituisce una cartina di tornasole per i federalisti. Vediamo in quest'aula quanti federalisti ci sono realmente.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ronconi 3.108, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 468
Votanti 295
Astenuti 173
Maggioranza 148
Hanno votato sì 21
Hanno votato no 274).
Prendo atto che il deputato Fadda ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Zinzi ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.Pag. 64
Passiamo all'emendamento Boscetto 3.137.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
GABRIELE BOSCETTO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, il testo dell'articolo 3, del quale stiamo parlando da lungo tempo, recita «il Senato federale della Repubblica è eletto, secondo modalità stabilite dalla legge, su base regionale, salvi i sei seggi (...)». Successivamente, si passa ad evidenziare le modalità di voto e si vede che praticamente in ciascuna regione i senatori sono eletti dal consiglio regionale al proprio interno e dal consiglio delle autonomie locali tra i componenti dei consigli dei comuni, delle province e delle città. Il consiglio regionale elegge, con voto limitato cinque senatori, e così via con tutto lo sviluppo del quale si è già abbondantemente parlato.
Mi sembra che lasciare l'espressione «secondo modalità stabilite dalla legge» rappresenti un'eredità di qualche norma scritta in precedenza, ovvero della norma che faceva parte del testo base quando non era ancora arrivata la famosa «alzata di ingegno». Pertanto, credo che questo inciso sia pleonastico e sia da accogliere il mio emendamento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 3.137, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 476
Votanti 465
Astenuti 11
Maggioranza 233
Hanno votato sì 168
Hanno votato no 297).
Passiamo all'emendamento Boscetto 3.136. Prendo atto che i presentatori lo ritirano.
Passiamo agli identici emendamenti Buemi 3.103, Maroni 3.112 e Contento 3.132.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Buemi 3.103 formulato dal relatore.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, abbiamo presentato l'emendamento 3.103 perché riteniamo che la rappresentanza estera c'entri poco con un Senato che dovrebbe rappresentare le istituzioni locali, le regioni, le province e i comuni. Abbiamo già espresso perplessità sull'assegnazione di una presenza in Parlamento ai cittadini italiani residenti permanentemente all'estero, che hanno perso molti degli interessi che devono comunque sovrintendere a una partecipazione effettiva all'interno dell'istituzione rappresentativa. Tuttavia, in questo caso l'emendamento viene presentato non per questa ragione, bensì per quella poc'anzi accennata, ossia per l'incongruenza della presenza di una rappresentanza di cittadini all'estero in un'Assemblea che ha il compito di rappresentare, tra l'altro in secondo grado, le istituzioni locali.
In tal senso manteniamo la nostra posizione rendendoci conto, però, dell'inutilità dell'emendamento, visto ormai che i voti che si stanno esprimendo in quest'Aula vanno tutti nella direzione contraria; pertanto ritiriamo l'emendamento.
PRESIDENTE. L'emendamento Buemi 3.103 è stato testé ritirato; chiedo dunque al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Contento 3.132 formulato dal relatore.
MANLIO CONTENTO. Sì, signor Presidente, accedo all'invito al ritiro del mio emendamento 3.132.
Pag. 65PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Maroni 3.112 formulato dal relatore.
ROBERTO COTA. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Dal nostro punto di vista l'emendamento in esame ha una sua logica che abbiamo già esposto con riferimento ai deputati nel dibattito svoltosi nella seduta precedente. La nostra posizione è identica anche con riferimento ai senatori eletti nella circoscrizione Estero. Riteniamo, infatti, che la figura del senatore o del deputato eletti nella circoscrizione Estero sia non soltanto inutile ma dannosa, perché si tratta di soggetti che non rappresentano il nostro territorio. La loro presenza è dannosa anche per le modalità con le quali sono stati eletti che sono sotto gli occhi di tutti: collegi troppo estesi, meccanismi assolutamente incerti e brogli che sono stati filmati e documentati. Inoltre, soprattutto al Senato, nell'esame in corso del disegno di legge finanziaria assistiamo ad un mercimonio in quanto, anziché stanziare le risorse per i nostri territori in un momento di difficoltà, hanno previsto stanziamenti ad hoc per i singoli senatori eletti nella circoscrizione Estero, al fine di garantirsi il loro voto favorevole sul disegno di legge finanziaria. Per tali motivi abbiamo presentato l'emendamento Maroni 3.112.
Un'ultima riflessione: il fatto di spostare i parlamentari dalla Camera al Senato contiene in sé una controindicazione, nel senso che il Senato dovrebbe essere rappresentativo dei territori mentre i senatori eletti nella circoscrizione Estero, ovviamente, non sono rappresentativi di alcuna parte del nostro territorio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, pensavo che i presentatori - appartenenti a diversi gruppi - degli identici emendamenti in discussione ritirassero tutti la rispettiva proposta emendativa; invece, a differenza dell'emendamento a prima firma dell'onorevole Buemi e della proposta emendativa Contento 3.132, l'emendamento Maroni 3.112 presentato da colleghi della Lega non è stato ritirato. Non posso che precisare, allora, il voto contrario di Alleanza nazionale su tale emendamento; siamo fedeli, infatti, all'intesa politica di sostanza che è stata raggiunta di mantenere nel numero di diciotto i rappresentanti eletti dai concittadini italiani all'estero. Tuttavia, non posso negare che, come in molti passaggi del testo unificato in esame, le conclusioni siano assai sconclusionate. Precisamente, sia ben chiaro che trovo fondata la critica secondo la quale vi sarebbe un'assoluta asimmetria nella previsione di un numero doppio di rappresentanti degli italiani all'estero nell'Assemblea che è composta da meno della metà del numero dei parlamentari che compongono invece l'altro ramo del Parlamento. Al contrario, proprio nella Camera più numerosa, composta da cinquecento deputati, ne prevediamo un numero minimo.
Questa è già una discrasia. La seconda discrasia è che si pongono i rappresentanti dei nostri concittadini all'estero, eletti con un criterio politico e con il suffragio democratico-popolare, nella Camera che dovrebbe essere rigorosamente rappresentativa delle territorialità e, addirittura, neanche delle territorialità (che sarebbe ancora nulla), bensì degli enti che presiedono all'amministrazione dei territori: ciò anche è un'incongruenza.
Infine, trovo assurda, se non addirittura offensiva - e l'ho già respinta con un precedente intervento -, la tesi secondo la quale i rappresentati eletti democraticamente dagli Italiani all'estero verrebbero ad alterare la logica politica della Camera che conferisce la fiducia e, di conseguenza, li si collocherebbe nella Camera che, per lo meno, non avrebbe il potere di dare e revocare la fiducia, quasi si trattasse diPag. 66parlamentari minoris iuris. Tuttavia, ci si accorge poi che al Senato gli eletti all'estero saranno gli unici veri rappresentanti della sovranità popolare (in tal caso, dei nostri concittadini all'estero), per il semplice fatto che sono eletti, rispetto agli altri che vengono designati, di secondo o terzo grado.
Si tratta di una serie di incongruenze che, mi permetto di dire, non tarderà ad esplodere nel dibattito e nella funzionalità. Tuttavia, in questa sede, l'irrazionalità dei lavori porta a perseguire una politica di limitazione del danno, per cui il nostro scopo principale, in questo momento, è di confermare la rappresentanza numerica degli Italiani all'estero. Quindi, voteremo a favore sull'emendamento che si adegua a questa soluzione e non possiamo che, probabilmente, ritirare gli emendamenti tecnici, anche a mia firma, presentati su tale argomento e votare contro sull'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cassola. Ne ha facoltà.
ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, ho notato che il collega Cota continua a persistere nel definire dannosi e inutili gli eletti all'estero. Non entro nel merito, in quanto giudicherà il popolo italiano se sono più inutili o dannosi per il Parlamento gli eletti all'estero o gli eletti celtici o padani (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maroni 3.112, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 474
Votanti 426
Astenuti 48
Maggioranza 214
Hanno votato sì 35
Hanno votato no 391).
Prendo atto che i deputati Gasparri e Gamba hanno segnalato che hanno erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 17,10)
PRESIDENTE. Passiamo alla parte conseguenziale dell'emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione precedentemente accantonata, alla quale è stato attribuito il numero 3.255, ed al subemendamento Boscetto 0.3.255.1.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro del subemendamento Boscetto 0.3.255.1 formulato dal relatore.
GABRIELE BOSCETTO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Il subemendamento in esame propone di sopprimere alcune parole dall'emendamento della Commissione 3.255. Il testo dell'emendamento della Commissione, infatti, stabilisce: « (...) Alla circoscrizione Estero sono assegnati dodici senatori, eletti secondo modalità e con i requisiti stabiliti dalla legge». Sembrerebbe una ripetizione dell'articolo 48, comma 3, della Costituzione: «La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero (...)». Ma sono invece due ipotesi diverse. Secondo la disposizione costituzionale vigente infatti «La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto (...) A tal fine è istituita una circoscrizione Estero (...)» e ad essa «(...) sono assegnati seggiPag. 67nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge».
Il quadro dell'articolo 48 della Costituzione è, pertanto, da un lato diverso, dall'altro lato sufficiente a suggerirci di evitare tale ripetizione nell'emendamento della Commissione 3.255.
Sempre nel tentativo di «rappezzare» la proposta di legge costituzionale in esame, che fa acqua da tutte le parti, abbiamo svolto un lungo dibattito in Commissione, nella sostanziale consapevolezza che il Senato si caratterizzerebbe principalmente per la presenza di eletti di serie A (coloro che vengono eletti all'estero con suffragio universale diretto), eletti di serie B (coloro che vengono eletti dai consigli regionali) e eletti di serie C (coloro che vengono eletti dal consiglio delle autonomie locali, che addirittura si collocherebbero dunque in terza posizione): l'obiezione che viene sollevata soprattutto con riferimento all'emergere di una diversità fra coloro che sono eletti a suffragio universale e diretto (cioè i senatori della circoscrizione Estero) e gli altri si può eventualmente superare prevedendo un organismo che si ponga fra i cittadini esteri che votano e l'ingresso degli eletti al Senato.
Tale organismo potrebbe essere uno dei tanti consigli: si eleggerebbero i membri di quel consiglio all'estero e poi gli eletti, in seconda battuta, eleggerebbero i senatori al Parlamento italiano. Di qui nasce l'utilizzo della formula «eletti secondo modalità e con i requisiti stabiliti dalla legge», per potere disporre dello spazio costituzionale per realizzare eventualmente tale consiglio, che permetterebbe una votazione di secondo grado.
Siccome siamo estremamente contrari a tali forme di apparente filtro, ma in sostanza luoghi di possibile accaparramento del potere, abbiamo presentato il subemendamento in esame, che potrebbe essere approvato laddove le nostre preoccupazioni fossero condivise dal presidente della Commissione, a meno che non vengano palesemente smentite in Assemblea, sempre dallo stimato presidente della Commissione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ovviamente non voglio sostituirmi allo stimatissimo presidente della Commissione, il quale valuterà se replicare al collega Boscetto.
Il collega Boscetto in genere è sempre garbato e attento, salvo qualche eccezione per passionalità, e devo dire che ha fatto correttamente riferimento all'articolo 48 della Costituzione, per alcuni aspetti. Ma anche io vorrei provare a fornire un chiarimento, poi si vedrà se ne è necessario uno ulteriore.
L'importanza dell'emendamento della Commissione 3.255 - lei, onorevole Boscetto, non ha «toccato» questo punto perché so che lo condivide - è quello di fissare in dodici il numero dei senatori assegnati alla circoscrizione Estero. In Commissione, collega Boscetto - ma mi rivolgo naturalmente a tutti colleghi in Assemblea - abbiamo aggiunto la formula «eletti secondo modalità e con i requisiti stabiliti dalla legge»; la spiegazione di ciò sta nel fatto che con l'articolo 4, successivo all'articolo 3 in esame, ovviamente sopprimiamo l'articolo 58 della Costituzione, il quale afferma attualmente: «I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno di età».
Ovviamente, prevedendo adesso un Senato ad elezione da parte delle assemblee regionali e delle autonomie, l'elettorato attivo e passivo è ridotto a diciotto anni, come per la Camera.
Non abbiamo nella Costituzione, per quanto riguarda il Senato, una definizione di quali siano i requisiti per essere eletti nella circoscrizione Estero.
Collega Boscetto, stavo cercando di spiegarle la nostra contrarietà al suo subemendamentoPag. 68ma vedo che la spiegazione l'ha chiesta ma non la ascolta...
Sopprimendo l'articolo 58, che prevedeva i tuttora vigenti limiti di venticinque e quaranta anni, dobbiamo definire con una legge ordinaria - non è necessario scriverlo in Costituzione - quali siano i requisiti per essere eletti. Mi auguro che i requisiti siano ovviamente quelli di diciotto anni come sarà per l'elettorato attivo e passivo alla Camera e al futuro Senato eletto dai consigli regionali e delle autonomie. È questa la ragione per cui alle modalità già previste dall'articolo 48 abbiamo aggiunto i requisiti di legge, dato che ci deve essere, infatti, un momento nel quale la legge definisce i requisiti per essere eletti nella circoscrizione Estero del Senato.
Ho cercato di darle una risposta con assoluta serenità e pacatezza e spero di averla convinta. Comunque è solamente questa la motivazione per cui noi voteremo contro il suo subemendamento 0.3.255.1: lei ha chiesto un chiarimento e mi pare, se lei lo ritiene, che ciò che le ho detto possa essere sufficiente. Comunque, qualora non lo ritirasse, sia pure con dispiacere, voteremo contro l'approvazione del suo subemendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, intervengo solo per una considerazione. Noi dovremmo riscrivere la Costituzione. Ci rendiamo invece conto del caos che stiamo scrivendo nel susseguirsi degli emendamenti.
MARCO BOATO. Nessun caos!
MARCO ZACCHERA. Come è possibile immaginare di scrivere una Costituzione coerente quando, sentendo gli interventi di chi mi ha preceduto, si apprende addirittura che non viene presa in considerazione l'età di coloro che voteranno per il Senato.
MARCO BOATO. L'età è già stabilita, è di diciotto anni!
MARCO ZACCHERA. Penso che sarebbe più serio se questo ramo del Parlamento sospendesse questa assurda discussione, perché veramente non stiamo costruendo una Costituzione, stiamo facendo solamente una grande confusione, che è un'altra cosa.
MARCO BOATO. La confusione l'ha fatta lui!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boscetto 0.3.255.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 470
Votanti 430
Astenuti 40
Maggioranza 216
Hanno votato sì 146
Hanno votato no 284).
Prendo atto che i deputati Lion, Trepiccione, Balducci e Pellegrino hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.255 della Commissione
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto di astensione del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e per svolgere delle precisazioni. Le ragione della nostra astensione parte dal lavoro svolto in Commissione e dal fatto che l'emendamento 3.255 vede una nostra contrarietà di principio legata alla riaffermazione della circoscrizione Estero che consideriamo un errore pur essendo favorevoli al voto degliPag. 69italiani all'estero. A nostro avviso le modalità di elezione per la circoscrizione Estero - e non è da oggi che sosteniamo questa nostra opinione - presentano anche aspetti di incostituzionalità.
Avevamo però apprezzato lo sforzo fatto in Commissione per tener conto di un'obiezione anche politica da noi avanzata: sulla Camera dei deputati, l'unica Camera a dare il voto di fiducia, avrebbe di fatto influito in modo determinante il voto di dodici deputati eletti all'estero. Questa obiezione è stata tenuta in considerazione e si è ridotto, si è dimezzato il numero di queste presenze e si sono assegnati al Senato con questo emendamento dodici senatori eletti all'estero. Tutto ciò dal punto di vista istituzionale in termini non di principio ma di fatto può essere un argomento di discussione a cui possiamo contribuire positivamente. Anche tale soluzione però pone un problema che non è irrilevante e che attiene alle modalità di elezione. Attualmente la modalità di elezione utilizzata è diversa da quella oggettivamente prevista con l'ipotesi di questo nuovo Senato delle regioni o Senato della Repubblica che prevede un'elezione di secondo grado. Questo non è un elemento di poco conto ed è per tale ragione che noi abbiamo apprezzato che in Commissione si fosse tenuto conto anche di questo aspetto introducendo l'elemento di verifica dei requisiti stabiliti secondo la legge.
Si tratta di un punto che verrà ulteriormente approfondito, anche per il dibattito che si è svolto sul subemendamento Boscetto 0.3.255.1, nei confronti del quale abbiamo espresso voto contrario, proprio perché intendeva eliminare questa possibilità successiva di approfondimento.
Vorrei fosse chiaro che, per quanto ci riguarda, per «requisiti stabiliti dalla legge» non si devono intendere soltanto le caratteristiche dei singoli senatori, cioè chi avrebbe titolo ad essere eletto, ma anche come, ovvero le modalità di voto e la legge elettorale. Pensiamo che all'interno di questi requisiti debba anche essere disciplinata esattamente la modalità di elezione. Voglio sottolineare tale aspetto, perché di esso abbiamo discusso in Commissione, ed è questa la ragione per cui il nostro gruppo intende astenersi sull'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo solo per confermare il voto favorevole sull'emendamento in esame del gruppo dei Verdi, e credo anche di larghissima parte di questa Assemblea, considerate le dichiarazioni rilasciate nella seduta odierna ed in quella precedente. Ribadisco, dunque, il voto favorevole sull'emendamento 3.255 della Commissione, che prevede che dodici senatori siano assegnati alla circoscrizione Estero. Inoltre intendo chiarire alla collega Mascia che la norma che abbiamo definito fa riferimento sia ai requisiti che alle modalità di elezione, come da lei poco fa richiesto. Infatti la disposizione in esame, così come modificata dalla proposta emendativa 3.255 della Commissione, recita: «eletti secondo modalità e con i requisiti stabiliti dalla legge».
Dunque, confermo il voto favorevole del gruppo dei Verdi.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.255 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 477
Votanti 424
Astenuti 53
Maggioranza 213
Hanno votato sì 395
Hanno votato no 29).Pag. 70
Avverto che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 3.255 della Commissione, risultano preclusi gli identici emendamenti Benedetti Valentini 3.113 e Boscetto 3.128, nonché gli emendamenti Benedetti Valentini 3.114 e 3.115.
Prendo atto che l'emendamento Boato 3.104 è stato ritirato.
Passiamo all'emendamento Capezzone 3.123.
Prendo atto che non è stato ritirato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Capezzone 3.123, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 487
Votanti 363
Astenuti 124
Maggioranza 182
Hanno votato sì 27
Hanno votato no 336).
Passiamo all'emendamento Cirino Pomicino 3.125.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cirino Pomicino 3.125, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 478
Votanti 283
Astenuti 195
Maggioranza 142
Hanno votato sì 12
Hanno votato no 271).
Passiamo all'emendamento Capezzone 3.122.
Prendo atto che non è stato ritirato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Capezzone 3.122, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 486
Votanti 396
Astenuti 90
Maggioranza 199
Hanno votato sì 14
Hanno votato no 382).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 3.139, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, l'emendamento in esame è ritirato.
PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione.
Passiamo all'emendamento Gamba 3.127.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, intendo illustrare il contenuto dell'emendamento in esame. Tra le varie argomentazioni, che peraltro si potrebbero definire di secondo livello, che sono state portate in ordine alla contrarietà alla previsione di un'elezione di secondo grado dei membri del definendoPag. 71Senato federale, vi era anche questo aspetto, evidenziato dall'emendamento «minimale» in esame, presentato insieme al collega Conte. Naturalmente tale proposta emendativa era subordinata al fatto - nel frattempo verificatosi - che fosse stata approvata la forma di elezione prevista nel testo della Commissione, vale a dire l'elezione di secondo grado dei senatori.
Senza l'approvazione dell'emendamento in esame, si verrebbe a creare l'incongruenza per la quale i senatori - come è già stato ricordato - saranno contemporaneamente anche consiglieri regionali. Quindi, non soltanto sarebbero eletti dai consigli regionali, ma rimarrebbero contemporaneamente anche consiglieri regionali. Ciò oltretutto aprirà certamente delle situazioni oggettive di conflitti di interesse, oggi tanto proclamati: infatti arriveremmo all'assurdo che, ad esempio, gli stessi soggetti, nella veste di senatori, approveranno leggi che stabiliscono i principi fondamentali dello Stato per la legislazione concorrente e, successivamente - si auspica - come consiglieri regionali parteciperanno alla legislazione concorrente, dovendo applicare nelle norme regionali quei principi che si sono dati come senatori. Francamente mi sembra una cosa che non sta né in cielo né in terra, per non parlare di altre situazioni, relative, ad esempio, alle incompatibilità. Quindi, quanto meno dovrebbe essere previsto che, una volta eletti senatori, i consiglieri regionali non rimangano tali e lascino il posto di consiglieri regionali ad altri, in modo da non avere il cumulo delle cariche di consigliere regionale e di senatore.
Pertanto, si propone con l'emendamento in esame di sopprimere le parole «al proprio interno», in modo che possano essere eletti senatori dai consigli regionali soggetti estranei al consiglio stesso, e che i consiglieri regionali che vogliono essere eletti senatori si dimettano prima da consiglieri regionali.
Si vuole evitare questa ulteriore grave incongruenza, che non mi pare neanche funzionale al disegno di chi prevede l'elezione di secondo grado del Senato federale come rappresentanza dei consigli regionali, perché essere rappresentanti dei consigli regionali eletti dai consigli regionali non dovrebbe voler dire rimanere, contemporaneamente, anche componenti dei consigli stessi. Peraltro, ancora una volta, va sottolineata la totale diversità di situazione rispetto al Bundesrat tedesco, in cui è previsto, come è stato ripetutamente osservato, il vincolo di mandato.
Ritengo dunque che sia da sottolineare il fatto che si determinerebbe una doppia funzione e, quindi, l'esercizio in capo ai medesimi soggetti e alle stesse persone fisiche di funzioni diversificate anche nell'ambito della materia legislativa specifica di competenza del Senato federale.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gamba 3.127, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 486
Votanti 478
Astenuti 8
Maggioranza 240
Hanno votato sì 177
Hanno votato no 301).
Passiamo all'emendamento Boscetto 3.141.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dai relatori.
GABRIELE BOSCETTO. Sì, signor Presidente, accedo all'invito al ritiro.
PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Boscetto 3.140 non accedono all'invito al ritiro formulato dai relatori.Pag. 72
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, prendo spunto dall'emendamento in esame, che tenta di introdurre qualche sia pur marginale elemento di razionalizzazione, per dire che abbiamo fatto un po' orecchie da mercante a quanto il collega Gamba ha argomentato per creare un minimo di raccordo tra questi livelli rappresentativi.
Invece, il collega sottolineava un aspetto importante, tant'è che mi permetto di sottoporre all'attenzione di chi cortesemente me la voglia concedere una rilettura dell'articolo 122 della Costituzione che, nel quadro di un armonico sistema tra i vari livelli di Governo, afferma esplicitamente che nessuno può appartenere contemporaneamente a un consiglio o ad una giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento. Il nostro sistema costituzionale prevede un'incompatibilità che è inerente e intrinseca al sistema.
Concludo osservando che, in precedenza, ho espresso una previsione, non so se maligna o realistica (non so cosa direbbe il senatore Andreotti riguardo al pensar male): si andrà ad effettuare una ripartizione con il bilancino del farmacista, spalmata sulle regioni, e i consigli regionali disciplinatamente voteranno quelli che dovranno votare, a petto della rappresentanza politica spalmata sul territorio.
Negli enti locali, ma anche nelle regioni, è destinato ad accadere qualcosa di peggio: non è difficile pensare che chi verrà eletto senatore tra i consiglieri regionali o comunali sarà il «capo bastone» (parlo, naturalmente, in termini politici) o il capo di qualche altra cosa. In altre parole, o i suoi colleghi si mettono d'accordo per eleggere chi, in termini di prospettiva, dà meno fastidio - e questa sarebbe un'umiliazione della Camera senatoriale - oppure si elegge il «ras di cordata» di una certa situazione regionale, in base alla ripartizione politica.
Tutto questo porta a un degrado della qualità istituzionale e democratica del nostro Paese, non ad una valorizzazione delle rappresentanze locali. Gli emendamenti che vengono liquidati con una certa inopportuna sufficienza tendono a razionalizzare, per quanto riguarda i comuni, le province, soprattutto le regioni e anche le città metropolitane. Andrei cauto, sia riguardo l'intero testo, sia nel liquidare gli emendamenti.
Per quel poco che possa aiutare a razionalizzare, voteremo a favore dell'emendamento Boscetto 3.140.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 3.140, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 476
Votanti 465
Astenuti 11
Maggioranza 233
Hanno votato sì 177
Hanno votato no 288).
Passiamo all'emendamento Dato 3.69.
Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dai relatori.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dato 3.69, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 486
Votanti 469
Astenuti 17
Maggioranza 235
Hanno votato sì 29
Hanno votato no 440).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.253 della Commissione...
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Presidente, ho chiesto di parlare!
PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione.
Prego, onorevole Benedetti Valentini, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, richiamo ancora l'attenzione su questo aspetto, perché è uno degli equivoci che galleggiano sulla riforma. Stiamo stabilendo che il presidente e gli altri componenti della giunta regionale non siano tra gli eleggibili e, cioè, che possono essere eletti delegati senatoriali i consiglieri, purché non siano anche membri dell'esecutivo.
Si comprende bene che tutto ciò già introduce potenzialmente - non solo sulla distanza, ma anche in maniera incombente - un conflitto di carattere istituzionale e politico, in ordine alle scelte che si compiono. In particolare, volete che coloro che saranno i delegati di maggioranza, eletti in seno al consiglio, portino avanti delle linee in contrasto con la maggioranza che li esprime, con la giunta che è sorretta dalla loro maggioranza, o addirittura in contrasto ipotetico con il presidente della giunta regionale che - come sapete - allorché si verifichi una crisi politica ha il potere di mandare tutti a casa? Infatti, se si dimette il presidente della giunta regionale, si scioglie il consiglio regionale e si svolgono nuove elezioni. Come sarà possibile che costoro abbiano una quota significativa di autonomia? E mi dovete spiegare come si possa creare una conciliazione di indirizzi politici quando, addirittura, escludiamo a priori che essi possano essere rappresentanti dell'esecutivo.
Pertanto, a tale riguardo, trattandosi di una questione non ideologica, ma di carattere funzionale, mi permetto di affermare che, a titolo personale, voterò contro l'emendamento 3.253 della Commissione. Non essendo una questione ideologica, il nostro gruppo si regolerà secondo coscienza. Si tratta di una scelta di carattere funzionale e di razionalità del sistema.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, su questo argomento in Commissione si è svolto un dibattito, durante il quale sono emerse tesi sia favorevoli sia contrarie alla presenza eventuale dei presidenti delle giunte regionali e degli assessori regionali all'interno del Senato.
Vorrei svolgere una riflessione personale, non so se condivisa anche dai colleghi appartenenti al mio gruppo, ma ritengo di sì.
Se i presidenti delle regioni e gli assessori regionali sono consiglieri regionali, perché escluderli dalla possibilità di essere eletti senatori (ovviamente, nel caso in cui gli assessori regionali non siano esterni al consiglio, come è previsto in alcuni statuti regionali)? Infatti, se vi è compatibilità tra la carica di governo a livello regionale e quella di consigliere regionale, vi deve anche essere la compatibilità con la carica di senatore, anche perché, a tutti gli effetti, potrebbero rappresentare gli interessi dei territori di cui sono espressione gli stessi consigli regionali.
Non possiamo interferire, con legge, con una libera manifestazione di volontà dei consigli regionali. È vero che da un punto di vista logico e di opportunità sarebbe meglio indicare dei senatori che abbiano più tempo a disposizione, rispetto al presidente della regione o ad un assessore regionale che siano titolari di deleghe rilevanti. Tuttavia, si tratta di una valutazione di opportunità, che va rimessa alla volontà, alle determinazioni e alle sceltePag. 74che vengono compiute all'interno dei consigli regionali. Pertanto, è giusto che, in questo caso, i consiglieri regionali assumano anche la responsabilità delle proprie scelte. Prevedere, addirittura nella Costituzione, una speciale causa di incompatibilità, a nostro avviso rappresenterebbe una lesione troppo forte dell'autonomia regionale.
Infine, la presenza al Senato di alcuni presidenti di regione potrebbe anche qualificare lo stesso Senato e fungere da elemento di raccordo rispetto alla presenza dei consiglieri, fornendo ai senatori una rappresentanza territoriale ancora più marcata: si tratterebbe di un ulteriore elemento positivo.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, a volte si fa riferimento ai presidenti delle giunte, seguendo il modello tedesco. Vorrei soltanto ricordare che il modello tedesco risponde alla condizione della Germania dopo la Seconda guerra mondiale.
Gli alleati imposero che, nella Costituzione, i länder avessero una forza particolare e i presidenti delle regioni, vale a dire dei lander, fossero presenti al Bundesrat, perché temevano la ricostituzione di un forte Stato nazionale. Si tratta, quindi, di un tipo di meccanismo che impedisce la costruzione di un forte Stato nazionale. Vorrei, inoltre, far presente ai colleghi che il 30 giugno 2006 il Parlamento tedesco ha approvato una riforma costituzionale che ha cercato di limitare i poteri del Bundesrat, altrimenti si rischiava di impedire l'esercizio della funzione del Parlamento.
Infine, nel nostro sistema i presidenti delle regioni e gli assessori fanno parte della Conferenza Stato-regioni, ove negoziano con il Governo. Se fossero presenti anche al Senato, avremmo delle figure che contribuirebbero alla legislazione nazionale e a quella regionale e farebbero parte anche della Conferenza Stato-regioni: mi sembrerebbe un po' troppo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.253 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 480
Votanti 469
Astenuti 11
Maggioranza 235
Hanno votato sì 278
Hanno votato no 191).
Passiamo all'emendamento Franco Russo 3.101.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro.
FRANCO RUSSO. Si, signor Presidente, accolgo l'invito al ritiro per la semplice motivazione che la nostra esigenza di veder rispettate le minoranze nella rappresentanza del Senato della Repubblica è stata recepita dall'emendamento 3.252 della Commissione. Anzi, devo dire che, mentre l'emendamento da noi presentato cancellava anche il voto limitato, la dizione «secondo il principio della rappresentanza proporzionale» che si accompagna al voto limitato garantirà, in maniera più certa e sicura, che le minoranze dei consigli regionali possano trovare spazio nella rappresentanza del Senato. E mi auguro che, con il voto limitato, quando si voterà la legge ordinaria, si impedirà che la maggioranza possa scegliere anche i rappresentanti della minoranza.
Ringraziando la Commissione per aver recepito il contenuto del nostro emendamento, ribadisco il ritiro dell'emendamentoPag. 753.101 a mia firma e preannuncio il nostro voto favorevole sull'emendamento 3.252 della Commissione.
PRESIDENTE. Sta bene. L'emendamento Franco Russo 3.101 è ritirato.
ENRICO BUEMI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per invitarla, se possibile, a mantenere la buona abitudine di indicare, prima della votazione, sia il parere della Commissione che del Governo sui singoli emendamenti.
PRESIDENTE. La ringrazio, ma l'indicazione del parere favorevole era già stata data; quindi, è lei probabilmente a non averla ascoltata.
Passiamo all'emendamento Boscetto 3.160.
Prendo atto che i presentatori accedono all'invito al ritiro.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.252 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 491
Votanti 462
Astenuti 29
Maggioranza 232
Hanno votato sì 460
Hanno votato no 2).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.250 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, la formulazione dell'emendamento al nostro esame mi sembra molto vaga. Infatti, se da una parte è stato respinto l'emendamento Dato 3.69 sulla riserva di genere (sul quale anche noi abbiamo espresso un voto contrario in quanto troppo limitativo e restrittivo) vorrei, però, sapere come la formula: «e tenendo conto delle esigenze di una equilibrata rappresentanza di genere» si potrà, poi, trasfondere in un dettato legislativo o in qualsiasi formula di carattere normativo.
Il «tener conto delle esigenze di una equilibrata rappresentanza di genere», infatti, non significa né riconoscere una rappresentanza di genere, né creare delle limitazioni a tal fine, ma significa semplicemente che occorre tener conto delle esigenze di una equilibrata rappresentanza.
Chiederei, pertanto, che l'emendamento 3.250 della Commissione venisse accantonato affinché possa essere riformulato con maggiore precisione.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, la Commissione è contraria sulla questione dell'accantonamento in quanto questa formula ricorre già in altre leggi e fa riferimento alla necessità che venga tenuto conto del rapporto uomo-donna nelle liste.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, vorrei solo dire che ciò che l'onorevole Boscetto ritiene generico è il lessico proprio della Costituzione quando interviene su queste materie. Occorre tener presente che, in questo caso, si interviene su una norma che riguarda il consiglio regionale e per la quale esiste già un principio in materia contenuto nell'articoloPag. 76117. Pertanto, la formulazione non può essere così perentoria - come forse piacerebbe a qualcuno - perché affronta un'elezione indiretta dove si deve tener conto del collegio di primo grado ed è quindi più opportuno muovere nella logica complessiva che nasce dall'articolo 51 della Costituzione, con un adattamento alla realtà di questo tipo di elezione.
Quindi, in questo senso, la norma dice solo quello che può dire la Costituzione in questo frangente.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.250 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 489
Votanti 367
Astenuti 122
Maggioranza 184
Hanno votato sì 362
Hanno votato no 5).
Saluto gli studenti dell'Istituto Comprensivo «Convitto Nazionale» di Macerata, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Passiamo all'emendamento Buontempo 3.117.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, ho presentato l'emendamento in esame perché è prevista una strana rappresentanza al Senato: ad esempio, nella regione Lombardia un senatore corrisponderebbe a 681 mila voti, mentre in Basilicata ci sarebbe un senatore ogni 98 mila cittadini. Questo crea uno squilibrio di rappresentanza, perché per eleggere in Lombardia un senatore occorrono 681 mila persone, per eleggerlo in Campania 482 mila, nel Lazio 457 mila, e così via.
È chiaro che le regioni piccole devono avere il loro diritto di rappresentanza, specialmente perché si tratta di un Senato federale; però il «peso» di rappresentanza tra chi rappresenta mezzo milione di persone e chi ne rappresenta 100 non può essere pari. Il mio emendamento, quindi, riequilibra questo rapporto, e stabilisce che per le regioni grandi (quasi tutte più o meno) il numero di voti necessari è di 360 mila, mentre per quelle più piccole è di 174 mila. È un modo per riequilibrare il livello di rappresentanza. Infatti, così come non sarebbe giusto non dare rappresentanza alla regioni piccole, non è nemmeno giusto che vengano penalizzate le regioni con la popolazione più numerosa, anche perché vi è un peso a livello di economia, di lavoro, di produttività che è diverso. Il mio emendamento tende a dare una ripartizione di voti necessari per ogni senatore con maggiore equilibrio e senso di responsabilità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, prendo brevemente la parola per dire che evidentemente le argomentazioni legate alla scarsa rappresentanza delle regioni più grandi, ed in particolare della regione Lombardia che ha 10 milioni di abitanti, rispondono ad esigenze reali. Per questo motivo abbiamo presentato l'emendamento Maroni 3.119, sul quale vi è il parere favorevole dei relatori.
La nostra posizione, quindi, è che, proprio per andare incontro a queste esigenze che per primi abbiamo sollevato, noi sosterremo ovviamente il nostro emendamento e ci asterremo su tutti gli altri, perché il testo risultante dal nostro emendamento è quello, dal nostro punto di vista, più equilibrato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamentoPag. 77Buontempo 3.117, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 477
Votanti 451
Astenuti 26
Maggioranza 226
Hanno votato sì 23
Hanno votato no 428).
Prendo atto che il deputato Leoluca Orlando ha segnalato che ha erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Saluto gli studenti dell'Istituto Comprensivo «Giovanni Pascoli» di Monteroberto, (Ancona), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Passiamo all'emendamento Boscetto 3.161. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, questo è il primo di una serie di emendamenti che aumentano o diminuiscono di una unità il numero di senatori attribuiti ai consigli regionali ed ai consigli delle autonomie locali. Il senso di tali emendamenti è di far presente - in modo lievemente provocatorio - quel che abbiamo già detto diverse volte, e cioè che la scelta numerica dei senatori attribuiti alle varie fasce di abitanti è arbitraria e talvolta del tutto incongrua, come tendevano ad evidenziare gli onorevoli Buontempo e Cota.
In sostanza - prescindendo da quello che potrà essere l'esito dell'emendamento presentato dai colleghi della Lega Nord - se considero che la Campania, con 5.700.000 abitanti, si vede attribuire 12 senatori, mentre la Lombardia, con 9.032.000, ne ottiene 14, non posso non domandarmi quale sia il computo che si è fatto. Non solo: a Costituzione vigente, la Lombardia detiene 47 senatori; nel testo base della proposta, che optava per un'elezione a suffragio universale diretto e diminuiva il numero dei senatori a 250, tale numero si riduceva a 39; ora, esso diviene 14. Ebbene, il passaggio da 47 a 14 non è una riduzione di parlamentari: è un'ecatombe di parlamentari.
Ci domandiamo, dunque, quale sia il ragionamento che si è seguito anche sotto questo profilo: davvero non vi è una parte della composizione del nuovo Senato che abbia una dignità tale da non spingere chiunque lo esamini a domandarsi che cosa stia accadendo e che cosa si stia realizzando.
Di conseguenza, signor Presidente, insisto per la votazione di questo emendamento, ma ritiro tutti gli altri che sono volti ad aumentare o diminuire il numero di senatori attribuiti alle regioni, poiché quel che mi interessava era soltanto evidenziare l'incongruità e l'irragionevolezza dei numeri contenuti nel testo che la maggioranza intende approvare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, il ritiro dei successivi emendamenti preannunciato dall'onorevole Boscetto ci semplifica il compito e ci evita di svolgere varie dichiarazioni di voto. Ne faccio però una: mi preme, infatti, osservare che la ripartizione dei seggi contenuta nel testo configura tutto fuorché una rappresentanza federale. Deve essere ben chiaro che, se vi è rappresentanza federale, non si pone il problema di suddivisione delle regioni secondo la loro popolazione: essendovi, infatti, una sovranità primaria delle entità che eleggono i rappresentanti, ne viene che regioni grandi e regioni piccole debbono esprimere teoricamente lo stesso numero di rappresentanti (che siano due, tre o magari dodici). Esattamente questa è la situazione in grandi Paesi federali quali gli Stati Uniti d'America: il grande e il piccolo Stato, per quanto riguarda il Senato, eleggono lo stesso numero di rappresentanti.Pag. 78
Quella che si intende approvare è, dunque, una mezza misura spuria: è una scelta che cede alle esigenze inevitabili della rappresentanza quantitativa proporzionale alla popolazione, ma allo stesso tempo vuole chiamare federale quel che però non si ha il coraggio di attuare come tale.
A questo punto, considerando lo spirito dell'emendamento, e dal momento che l'onorevole Boscetto, onestamente, ne ha spiegato la ratio, preannuncio la nostra astensione. Prendiamo atto, inoltre, sin d'ora che vengono ritirati gli emendamenti successivi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, preannuncio il nostro voto contrario sull'emendamento al nostro esame. Ma desidero inoltre, anche in questa occasione, dialogare con gli onorevoli Boscetto e Benedetti Valentini, che hanno posto un problema rispetto al quale è giusto fornire un chiarimento.
Nei sistemi federali, che sono diversi fra loro, vi sono due ipotesi distinte.
L'una è quella, per esempio, del Senato degli Stati Uniti che, come affermava poco fa il collega Benedetti Valentini, prevede per i 50 Stati che compongono gli Stati Uniti d'America due senatori eletti in ciascuno Stato, sia con riferimento a quello che ha seicentomila abitanti, sia con riferimento alla California di cui ignoro il numero di abitanti, ma sicuramente è molto ingente.
La seconda ipotesi, più collegata al tipo di Senato federale che stiamo realizzando, ha come riferimento l'esempio tipico della Germania, il Bundesrat, laddove ci sono länder che hanno pochissimi abitanti ed altri, come il Baden-Württemberg o la Baviera, che hanno molti milioni di abitanti, come la Lombardia.
La logica che è stata seguita - leggendo il testo della Costituzione tedesca - è che ogni land dispone di almeno tre voti. I länder con più di 2 milioni di abitanti ne hanno quattro, quelli con più di 6 milioni di abitanti ne hanno cinque, quelli con più di 7 milioni di abitanti ne hanno sei. Lo scarto rispetto al land più piccolo, e a volte ve ne sono di piccolissimi, è limitato. Complessivamente vi sono 16 länder in Germania, 11 nella vecchia Germania occidentale e 5 nella vecchia Germania orientale. Lo scarto di popolazione è enorme, ma quello di rappresentanza nell'organismo federale è molto più limitato. Non è proporzionale alla popolazione, come il collega Benedetti Valentini ha detto molto correttamente poco fa, ma non è neanche in numero fisso per ciascuna - noi diremmo - delle regioni, loro direbbero dei länder e negli Stati Uniti d'America direbbero degli Stati. Questa è la logica del modello di Senato federale che stiamo esaminando ed approvando.
Capisco la provocazione, come lui l'ha chiamata, dal punto di vista intellettuale del collega Boscetto; ma, se tale doveva essere, sarebbe stato giusto che ottenesse almeno una ragionevole spiegazione nel nostro dibattito. Solo per tale motivo esprimeremo un voto contrario sull'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 3.161, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 475
Votanti 297
Astenuti 178
Maggioranza 149
Hanno votato sì 24
Hanno votato no 273).
Prendo atto che la deputata Balducci ha segnalato che non è riuscita a votare.
Passiamo all'emendamento Boscetto 3.162.Pag. 79
Onorevole Boscetto, il suo emendamento è ritirato?
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, ritirerò tutti gli emendamenti successivi, ma vorrei mantenere l'emendamento in esame; ciò mi consente di rispondere al collega Boato.
La sua spiegazione è stata sempre frutto di onestà intellettuale come gli riconosciamo. Tuttavia, è in qualche modo sottoposta alla nostra obiezione di fondo. Siamo andati a cercare la legislazione tedesca, tentando di adeguare la nostra realtà alle tradizionali situazioni giuridiche della Germania, e siamo giunti alla conclusione in base alla quale, allorché gli abitanti delle diverse regioni conosceranno il numero dei senatori ad esse attribuiti, si sentiranno offesi da una ingiustizia, ove riterranno di essere molto sottorappresentati in rapporto alla popolazione; e anche quelli che si sentiranno favoriti, sosterranno che si tratta, comunque, di un'ingiustizia.
Vi era la necessità di accantonare l'esperienza tedesca; e, se si intendeva procedere con gli scaglioni, occorreva renderli, in qualche modo, più armoniosi in modo da non fare gridare allo scandalo, come avverrà, qualora la norma, per tale aspetto, dovesse essere approvata.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 3.162, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 472
Votanti 294
Astenuti 178
Maggioranza 148
Hanno votato sì 16
Hanno votato no 278).
Ricordo che gli emendamenti Boscetto 3.163, 3.164, 3.165, 3.166 e 3.168 sono stati ritirati.
Passiamo all'emendamento Adenti 3.118.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
FRANCESCO ADENTI. Sì, signor Presidente, lo ritiro.
PRESIDENTE. Ricordo che gli emendamenti Boscetto 3.167, 3.169 e 3.170 sono stati ritirati dal presentatore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Maroni 3.119.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, avevo già sviluppato l'argomento in precedenza. Riteniamo che le regioni con più di nove milioni di abitanti debbano avere un aumento della loro rappresentanza: il numero dei senatori dovrebbe quindi passare da dodici a quattordici.
Si tratta di una modifica giusta. Per tale motivo l'emendamento in esame ha riscontrato anche il favore dei relatori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ronconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, sono assolutamente contrario all'emendamento Maroni 3.119 perché è l'esatto contrario del federalismo: aumentando a dismisura il numero dei senatori a favore delle regioni più popolate, il Senato verrebbe ad essere monopolizzato da alcune regioni a scapito di altre.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maroni 3.119, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 80
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 484
Votanti 468
Astenuti 16
Maggioranza 235
Hanno votato sì 406
Hanno votato no 62).
Passiamo al subemendamento Buontempo 0.3.251.1.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
TEODORO BUONTEMPO. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, bisogna riflettere un momento sul voto limitato. Infatti, limitando il voto in una regione come il Molise, che avrebbe due senatori, si avrebbero sempre un senatore di maggioranza ed uno di minoranza. Anche se un partito o una coalizione fosse fortemente maggioritaria, si avrebbe comunque un senatore della maggioranza ed uno dell'opposizione. Se poi si aggiunge il possibile emendamento sul genere, il Molise si troverebbe ad avere sempre un senatore uomo e uno donna (uno di maggioranza ed uno di minoranza).
A me ciò parrebbe un blocco della democrazia, della scelta e dell'autonomia di una regione che non avrebbe la libertà di scegliere i due senatori secondo i propri orientamenti politici. Nonostante in quella regione vi fosse una maggioranza (di centrosinistra o di centrodestra) vi sarebbe sempre, lo ripeto, un senatore della maggioranza ed uno dell'opposizione.
Ciò porterebbe anche ad un accordo un po' perverso sul territorio perché, sapendo già prima chi saranno gli eletti, si potrebbe avere un inquietante rapporto che in politica non è mai buono. Ho presentato a tale proposito questo subemendamento 0. 3.251.1: la Camera ora voti come ritenga giusto fare.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Buontempo 0.3.251.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 492
Votanti 479
Astenuti 13
Maggioranza 240
Hanno votato sì 15
Hanno votato no 464).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.251 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 495
Votanti 460
Astenuti 35
Maggioranza 231
Hanno votato sì 442
Hanno votato no 18).
Invito i relatori ad esprimere il parere della Commissione sul subemendamento Biancofiore 0.3.254.1.
SESA AMICI, Relatore. Signor Presidente, sul subemendamento Biancofiore 0.3.254.1 la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
PRESIDENTE. Il Governo?
Pag. 81PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.
MICHAELA BIANCOFIORE. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, visto e considerato che il Governo e la maggioranza sono così gentili nell'elargire più senatori possibili alla mia provincia autonoma, così come a quella vicina di Trento (anche se è stata presentata una proposta emendativa limitativa in questo senso), mi pare allora giusto affermare che se alla provincia autonoma di Bolzano spetterebbero quattro senatori, giunti a questo punto ad essa ne potrebbero spettare anche cinque. In questa maniera, con la riforma costituzionale al nostro esame, il Trentino-Alto Adige avrebbe dieci senatori e la Sicilia ne avrebbe semplicemente undici.
Visto che è tutto congruente, a questo punto attribuiamo cinque senatori alla provincia autonoma di Bolzano, mantenendo uno dei cardini fondanti dello statuto di autonomia della regione Alto-Adige, ovvero la pariteticità tra gruppi linguistici. L'articolo 2 di tale statuto prevede che nella regione è riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono, e sono salvaguardate le rispettive caratteristiche etniche e culturali.
Riconosco alla Commissione di aver comunque fatto un passo avanti rispetto ad una mia proposta emendativa presentata in Commissione e all'emendamento dell'onorevole Holzmann del gruppo Alleanza Nazionale, su cui anticipo che apporrò anche la mia firma. Tuttavia, garantendo un rappresentante italiano, la Commissione non ha tenuto conto ovviamente della minoranza territoriale italiana, che non può essere cooptata semplicemente da altri partiti politici. Visto e considerato che vengono comunque attribuiti due senatori tedeschi ed è stata garantita la rappresentanza di un italiano, si potrebbe, ed è quello che fra l'altro chiediamo con la presente proposta emendativa, garantire la pariteticità prevista dallo statuto prevedendo due senatori di lingua tedesca e due di lingua italiana.
Tutto ciò, tenendo presente che la proposta emendativa della Commissione - che con molta probabilità sarà approvata e che posso condividere soltanto per la benevolenza dell'apertura nei confronti della comunità italiana dell'Alto Adige - non fornisce la possibilità ai liberi cittadini di votarsi il proprio senatore. Ciò è già sostanzialmente contrario al federalismo in sé. Infatti, colleghi della Commissione, con la riforma costituzionale al nostro esame viene assolutamente meno qualsiasi principio di federalismo. Venendo meno il suffragio universale, cade il principio cardine, ovvero la vicinanza delle istituzioni e degli eletti ai cittadini. Quindi, viene meno il concetto stesso di sussidiarietà.
Pertanto, chiedo che venga posta in votazione la nostra proposta emendativa. Vista questa grande elargizione positiva del centrosinistra per la mia provincia, invece di quattro senatori se ne possono prevedere anche cinque.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, non credo che sia un terno al lotto l'attribuzione dei senatori alle varie regioni e, quindi, alla regione Trentino-Alto Adige/Südtirol. Non si può ragionare in questo modo in materia costituzionale: visto che l'avete fatto, già che ci siete, allora aumentate il numero dei senatori di un'altra unità, e così via.
Voteremo contro la presente proposta emendativa e voteremo a favore dell'emendamentoPag. 823.254 della Commissione, che rappresenta una grande novità dal punto di vista costituzionale. Infatti, nell'ordinamento italiano, il Parlamento ha recepito nel 1969 il cosiddetto pacchetto di autonomia sull'Alto Adige, finalizzato a chiudere una vertenza che si era aperta all'ONU nel periodo 1960-1961. Tale pacchetto conteneva 137 misure, che dovevano poi essere attuate nello statuto con legge ordinaria o con norme di attuazione.
Una di queste, la misura 111, proponeva non di garantire ma di favorire l'eventuale elezione di un appartenente al gruppo linguistico italiano al Senato, nella provincia di Bolzano. La misura 111, approvata da questo Parlamento nel 1969, fu recepita con legge dello Stato nel 1991, dislocando in modo diverso i collegi senatoriali, che erano originariamente quattro in Trentino e due in Alto Adige/Südtirol, riducendo a tre i collegi in Trentino e aumentando da due a tre i collegi in Alto Adige/Südtirol.
Con l'emendamento 3.254 della Commissione noi aumentiamo la previsione contenuta nel terzo comma del testo unificato che abbiamo al nostro esame. Il testo prevedeva due senatori eletti dai due consigli provinciali di Trento e di Bolzano e, nei commi successivi, un senatore eletto da ciascuno dei consigli delle autonomie. Con l'emendamento della Commissione non soltanto aumentiamo di uno, ovviamente in modo assolutamente paritario fra Trentino e Alto Adige, il numero dei senatori eletti dal consiglio provinciale ma, per quanto riguarda la provincia di Bolzano, prevediamo che deve essere garantita la rappresentanza dei due maggiori gruppi linguistici. In questo modo recepiamo un principio che appare per la prima volta nella Costituzione, e che è attualmente indicato - se non ricordo male - nell'articolo 91 dello statuto di autonomia, approvato con una legge costituzionale, con riferimento alla nomina politica dei giudici del TAR.
La proposta della collega Biancofiore di garantire una rappresentanza paritaria fra i due gruppi linguistici maggiori, in una provincia che ha una popolazione appartenente per circa il 70 per cento al gruppo linguistico tedesco, per circa il 3 per cento al gruppo linguistico ladino e per un po' meno del 27 per cento al gruppo linguistico italiano, è ovviamente confliggente non solo con le misure del pacchetto di autonomia e con la legislazione ordinaria attualmente vigente, ma anche con un minimo di razionalità politica. Noi non abbiamo in Parlamento una rappresentanza etnico-linguistica, perché vale anche per gli eletti in Trentino Alto Adige/Südtirol l'articolo 67 della Costituzione secondo il quale ogni parlamentare rappresenta la nazione, senza vincolo di mandato: rappresenta la nazione, non un gruppo etnico-linguistico.
Con la formulazione di questo emendamento della Commissione siamo arrivati al massimo della garanzia compatibile con gli articoli 3 e 6 della Costituzione. Per questi motivi, come detto, noi voteremo contro il subemendamento della collega Biancofiore e voteremo a favore dell'emendamento della Commissione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, la collega Biancofiore, nell'illustrare il suo subemendamento, ha utilizzato alcuni argomenti che non sono esattamente pertinenti rispetto al tema che stiamo discutendo. Lei ha fatto riferimento esplicito all'articolo 2 dello statuto del Trentino Alto Adige che recita: «Nella regione è riconosciuta parità di diritti ai cittadini». Si parla di parità di diritti, non di parità di rappresentanza. Come la collega Biancofiore sa, i due concetti sono, dal punto di vista costituzionale, profondamente diversi.
L'emendamento della Commissione, che riguarda esattamente il punto successivo a quello di cui stiamo discutendo, affronta il tema nella misura più corretta e conveniente. Ma su questo interverrò successivamente. Intendo, invece, cercare di spiegare perché il nostro voto è contrario alla proposta emendativa a primaPag. 83firma della collega Biancofiore. Come è stato ripetutamente detto quest'oggi, noi ci troviamo di fronte ad un Senato federale. Il Senato federale rappresenta i territori; in questa rappresentanza territoriale conta molto il rapporto tra popolazione e rappresentanti. Com'è stato giustamente rammentato poco fa dal collega Boato, tutte le Camere federali che funzionano sono piccole; esse fanno sì che la differenza tra un territorio piccolo, come può essere ad esempio la città di Brema con 600 mila abitanti, e un länder grande, come la Baviera con 12 milioni di abitanti, sia di soli tre senatori.
Il motivo di ciò è che in questo caso devono essere rappresentati i territori e non le maggioranze politiche di quelle realtà.
L'ipotesi di portare a otto la rappresentanza del Trentino-Alto Adige, al di là delle questioni connesse alla presenza dei due maggiori gruppi linguistici della provincia di Bolzano, è, anche dal punto di vista numerico, congruente con il resto della proposta. Giova, infatti, ricordare che il Friuli-Venezia Giulia che ha un milione 183 mila abitanti, e l'Abruzzo che ne ha un milione 262 mila, hanno nove rappresentanti. Il Trentino-Alto Adige secondo l'ultimo censimento ha 950 mila abitanti, quindi, non vi è alcuna sproporzione; dunque, l'affermazione della collega Biancofiore secondo cui si elargiscono senatori a una terra piuttosto che a un'altra, non trova riscontro nei fatti.
Per tali ragioni, il nostro sarà un voto contrario sul subemendamento Biancofiore 0.3.254.1, mentre sarà favorevole sull'emendamento della Commissione e ne spiegherò il perché successivamente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, anche il voto della Südtiroler Volkspartei è contrario al subemendamento Biancofiore 0.3.254.1 e, invece, favorevole all'emendamento 3.254 della Commissione.
Non potremmo votare il subemendamento in esame per il semplice motivo, spiegato poc'anzi dal collega Bressa, che la parità di diritti prevista dall'articolo 2 dello statuto non equivale a rappresentanza paritaria. A tal riguardo posso portarvi un esempio semplice: se il gruppo linguistico italiano in provincia di Bolzano è pari a un terzo della popolazione totale, mentre all'incirca i due terzi appartengono al gruppo linguistico tedesco, è giusto che il gruppo linguistico italiano sia rappresentato con un senatore su tre e non con due su quattro, poiché ciò costituirebbe sicuramente un principio non del tutto condivisibile.
Crediamo, invece, che con la soluzione proposta dalla Commissione nell'emendamento 3.254 si sia trovato un giusto equilibrio. Tale proposta emendativa accoglie, in buona sostanza, il nostro emendamento 3.107 che, nel caso in cui la prima fosse approvata, verrebbe assorbito. Con esso chiedevamo di aumentare i senatori spettanti alla provincia autonoma di Bolzano da tre a quattro, di cui tre eletti dal consiglio provinciale e uno dal consiglio delle autonomie. Questo è un altro aspetto su cui la proposta dell'onorevole Biancofiore è criticabile perché escluderebbe del tutto, come unico caso in tutta Italia, i comuni dall'elezione del proprio senatore. Non si tratta di un ingiustificato privilegio per la provincia autonoma di Bolzano ma di una soluzione dettata, come è stato spiegato anche dai colleghi Boato e Bressa, dall'obbligo di rispettare la misura 111 del «pacchetto» che richiede di favorire la presenza proporzionale dei vari gruppi linguistici in Senato. Certamente questa soluzione è ancora più favorevole del «pacchetto» in quanto non favorisce solamente la presenza equilibrata di tutti i gruppi linguistici in Senato, ma la rende certa, nel senso che d'ora in poi il gruppo linguistico italiano avrà una rappresentanza garantita in Senato.
Inoltre, l'elezione del senatore italiano non può certamente essere influenzata, come è stato affermato in Commissione, dal mio partito perché, essendo il voto limitato ad uno, la Südtiroler Volkspartei necessariamente dovrà far convergere i suoi voti sugli altri due senatori per renderePag. 84certa l'elezione dei due senatori appartenenti al gruppo linguistico tedesco.
Pertanto credo che la Commissione abbia svolto un lavoro egregio, è riuscita a fare la quadratura del cerchio e vorrei ringraziare i due relatori, ma soprattutto anche il presidente Violante e il collega Bressa per la sensibilità dimostrata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.
GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, il collega Bressa ha concluso il suo ragionamento giustificando il numero dei senatori del Trentino-Alto Adige paragonandoli a quelli dell'Abruzzo e a quelli del Friuli-Venezia Giulia.
Fino a un secondo fa mi dicevano che il criterio non era quello della popolazione; altrimenti, onorevole Bressa, cerchi di giustificarmi i dieci senatori del Trentino-Alto Adige rispetto ai quattordici della Lombardia, con dieci volte gli abitanti, ai dodici della Campania e ai dodici del Lazio, con sette volte gli abitanti, ai dodici della Sicilia, parimenti con sette volte gli abitanti, agli undici del Veneto (uno in più), con cinque volte gli abitanti, e agli undici del Piemonte.
Onorevole Bressa, o non vale il principio del numero degli abitanti - e, quindi, non vale né dal basso né dall'alto - o se vale, come spieghiamo (lei lo spiegherà ai suoi elettori altoatesini meglio di come riusciremo a farlo noi in Piemonte, in Sicilia, in Lombardia o in Campania) che un cittadino lombardo conta un decimo, come rappresentanza al Senato, rispetto ad un cittadino del Trentino, che un veneto e un siciliano contano un settimo e che un piemontese conta un sesto? Come spiegheremo che non conta la popolazione, perché si tratta di rappresentanti dei consigli regionali?
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GUIDO CROSETTO. Mi pare che questa proposta di legge, al di là della discussione sulle linee generali, includa un elemento che poco ha a che vedere, nonostante si sia cercato di spiegarlo, con la Costituzione, in quanto i cittadini, di fronte a questo Senato, sono diversi da regione a regione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, il collega Crosetto ha posto un tema importante e cercherò di replicare. Non ho la pretesa di convincerlo, ma voglio spiegare il motivo della scelta compiuta. I cittadini sono rappresentati presso la Camera, mentre presso il Senato sono rappresentati i consigli comunali, regionali e provinciali. Questo, dunque, è il motivo. Ciò che rileva sono i consigli, e i cittadini hanno la loro rappresentanza, proporzionale al numero regione per regione, all'interno della Camera dei deputati. Questa è la ragione per la quale, partendo dal principio secondo cui, teoricamente, ciascun consiglio era rappresentato allo stesso modo, si è effettuata una graduazione secondo il numero degli abitanti. Tuttavia, il problema fondamentale è che il calcolo deve essere svolto in base al consiglio regionale e non in base agli abitanti della regione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, presidente Violante, vi sono sistemi in cui gli Stati sono rappresentati indipendentemente dal numero degli abitanti. Ciò succede, ad esempio, nel Senato degli Stati Uniti. Non si è optato per questo tipo di sistema, in quanto si è scelto di realizzare una rappresentanza che, in qualche modo - purtroppo in modo non soddisfacente, anche se con il nostro emendamento, per la verità, abbiamo limitato i danni - rappresenta le regioni in base al numero degli abitanti.Pag. 85
Quindi, onestamente, l'emendamento 3.254 della Commissione si pone assolutamente fuori dalla linea di una rappresentanza corretta. Sostenere, infatti, che il Trentino-Alto Adige debba avere tre senatori per ciascuna provincia quando ha una popolazione di meno di un milione di abitanti, evidentemente, falsa completamente i meccanismi della rappresentanza e crea una situazione assolutamente ingiustificata di privilegio a favore di un territorio rispetto ad altri territori.
Siamo, dunque, assolutamente contrari all'emendamento in esame, nonché al subemendamento Biancofiore 0.3.254.1, poiché tratta proprio di una questione di giustizia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, si tratta di concetti che ha già espresso il collega Cota. In realtà, la spiegazione fornita dal presidente Violante ha una sua logica. Tuttavia, quando tenteremo di spiegare come si equilibra la riforma in esame, non riusciremo a convincere nessuno (si tratta di un onere della maggioranza e non certo nostro, in quanto voteremo contro).
Tuttavia, sarebbe stato sicuramente più logico affrontare il computo in base agli abitanti di ogni regione, in quanto, in realtà, gli otto più due senatori di Trento e Bolzano risultano sovrastimati rispetto a regioni importanti, come, ad esempio, il Piemonte, che ne ha pochi meno.
Inoltre, occorre considerare che poi si formeranno maggioranze politiche, non vi sarà la rappresentanza uomini-Stati, come accade per esempio negli Stati Uniti, e tali maggioranze politiche influiranno sempre in modo «sbilanciato», soprattutto quando si dovrà votare la legislazione collettiva, che è di competenza sia della Camera sia del Senato.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GABRIELE BOSCETTO. Dunque, affermare che la rappresentanza è alla Camera, mentre non vi è una rappresentanza al Senato, significa prefigurare una situazione che nei fatti non esiste e non esisterà.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ferrigno. Ne ha facoltà.
SALVATORE FERRIGNO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che si stia creando veramente una grande confusione, cercando di imitare il sistema statunitense, che si caratterizza per un'altra Costituzione, un'altra storia ed è formato da cinquanta Stati, i quali hanno tutto il diritto di legiferare indipendentemente dal sistema federale. Il sistema federale riunisce semplicemente poche leggi federali ed è un sistema diverso anche per quanto riguarda l'elezione del Presidente della federazione americana, cioè il Presidente degli Stati Uniti.
Per quanti ci riguarda, copiare un sistema che non si adatterebbe alla nostra storia e alla nostra Costituzione è un grave errore. Quindi, secondo me, bisogna prestare molta attenzione ad una «scopiazzatura» di un sistema che sarebbe davvero di intralcio alla rappresentatività dei nostri connazionali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, mi rivolgo al presidente Violante e ai colleghi della maggioranza: credo che dovremmo procedere ad un supplemento di riflessione.
Infatti, in linea di principio non contesto ciò che il collega Bressa ha dichiarato in precedenza, e cioè che nel Senato federale i senatori rappresentano i territori e non sono parametrati al numero degli abitanti di ciascuna regione. Tuttavia, se ciò fosse del tutto vero, avremmo dovuto scegliere un'altra soluzione riguardo alla composizione del Senato, cioè immaginare all'interno di esso una rappresentanza paritaria di tutte le regioni, tenendoPag. 86conto dell'esigenza delle regioni a statuto speciale, la cui specialità nasce dalla necessità di convivenza di diverse realtà linguistiche.
Poiché abbiamo scelto una strada diversa, che tiene conto di tale principio, ma lo adegua (poiché il numero dei senatori è comunque parametrato progressivamente al numero di abitanti di ciascuna regione), non contesto il principio che il Trentino-Alto Adige possa avere, nella sua articolazione, tre o quattro senatori per ciascuna provincia, ma sostengo che tutto deve essere proporzionato.
Pertanto, ove si abbandoni il principio in forza del quale i senatori rappresentano i propri territori (perché se così fosse basterebbe eleggere tre senatori per regione, in maniera paritaria), poiché abbiamo scelto la strada di ancorare il numero dei senatori, progressivamente, al numero degli abitanti di quella determinata regione, se alla fine non manteniamo comunque un rapporto proporzionato, salta il criterio cui ci siamo ancorati, e quindi la previsione diventa illogica.
Credo che, traendo spunto dal subemendamento della collega Biancofiore 0.3.254.1, dovremmo riservarci un supplemento di riflessione, per evitare che poi non vi sia un criterio coerente; infatti, badate che una sproporzione è obiettivamente presente.
In sostanza: se scegliamo la strada del rapporto paritario proseguiamo su di essa, ma senza deroghe. Se scegliamo la strada di una «via di mezzo», rendiamola in qualche modo coerente, perché così i numeri non sono privi di contraddizioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.
MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo un fortissimo dissenso rispetto all'emendamento 3.254 della Commissione. A questa proposta emendativa dovrebbe ribellarsi l'intero Parlamento perché viola un principio fondamentale: quello dell'eguaglianza tra cittadini.
È francamente inconcepibile che una regione che ha 900 mila abitanti esprima dieci senatori e regioni che hanno 5 milioni di abitanti possano esprimere undici senatori. Dov'è il rispetto del principio dell'eguaglianza? Questo è niente più e niente meno che l'ennesimo privilegio che il Trentino-Alto Adige cerca di procurarsi. Un privilegio che affonda le sue radici in una storia che ha fatto però molti passi avanti e che oggi non risulta più giustificata. È indegno ricordare situazioni che affondano le radici a oltre cinquant'anni fa quando siamo aggrediti da comuni che vogliono passare dalle regioni di statuto ordinario a quelle a statuto speciale solo perché hanno davanti ai loro occhi la montagna di privilegi che queste ultime regioni godono.
L'emendamento della Commissione privilegia dunque un territorio e penalizza quelli di tutto il resto d'Italia. Mi oppongo quindi fermamente al suo accoglimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Mi sembra sia stata formulata una proposta di accantonamento da parte dell'onorevole D'Alia. Ha chiesto di parlare il presidente Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Presidente della I Commissione. Signor Presidente, inviterei l'Assemblea a riflettere sul fatto che il Trentino-Alto Adige possiede uno statuto particolare, anche di carattere internazionale. Vi è il problema di garantire le appartenenze linguistiche; difatti, se si legge l'emendamento 3.254 della Commissione si comprende che alla provincia di Bolzano deve essere garantita la rappresentanza dei due maggiori gruppi linguistici. Questa è la ragione per la quale siamo giunti a prevedere il numero di tre senatori.
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Cota, lei è già intervenuto.
Pag. 87ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, vorrei, per rispetto dei colleghi del centrosinistra e del centrodestra, che venisse accolta la proposta di accantonamento e si soprassedesse a questa votazione.
I dati riportati fanno venire meno il principio di rappresentatività non solo in rapporto alle altre regioni a statuto speciale, che godono di condizioni particolari, ma anche nei confronti di tutto il resto del Paese. Non posso pensare che, al di là delle convenienze politiche, vi possa essere una qualunque maggioranza parlamentare - mi rivolgo al presidente Violante - che accetti una tale ripartizione dei seggi al Senato con queste indicazioni che ci sono state fornite. Faccio riferimento ad un rapporto tra eletti ed elettori assolutamente sproporzionato rispetto a qualunque criterio.
Ricordo che sulla famosa cosiddetta «legge mattarellum» si svolse un grandissimo dibattito sulle dimensioni dei collegi e su una forbice tra nord e sud che comunque rimaneva all'interno della decenza politica. Ciò di cui parliamo ora stravolge invece qualsiasi tipo di rappresentanza territoriale.
Per tale ragione invito la Commissione e la maggioranza a riflettere su una questione assolutamente trasversale tra nord e sud e che riguarda la rappresentatività di tutti. L'invito a riflettere su questa materia mi sembra un obbligo che ognuno di noi dovrebbe assumersi.
PRESIDENTE. In relazione alla proposta di accantonamento formulata dall'onorevole D'Alia la questione mi sembra controversa...
ITALO BOCCHINO. Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ITALO BOCCHINO. Relatore. Signor Presidente, desidero sottolineare due questioni. La prima, su questo tema vi è stata divergenza sia nel Comitato dei nove sia in Commissione tra i due relatori; esistono due diversi pareri. Ritengo che il subemendamento Biancofiore 0.3.254.1 - mi dispiace dirlo alla collega e amica Biancofiore - non solo non risolve il problema ma per certi versi lo aggrava dato che, in primo luogo, aumenta lo squilibrio nel rapporto tra popolazione e senatori eletti.
In secondo luogo, il punto è stabilire se i cittadini italiani di lingua italiana che vivono nella provincia di Bolzano abbiano gli stessi diritti dei cittadini italiani di lingua tedesca che vivono nella stessa provincia. Considerato che i cittadini di lingua italiana in quella provincia sono già cittadini di serie B rispetto all'elettorato, rischiamo di farli diventare cittadini di serie C, perché o stabiliamo che i senatori che rappresenteranno la provincia di Bolzano in un ipotetico Senato federale saranno sostanzialmente scelti dal partito di lingua tedesca, il Südtiroler Volkspartei, oppure, con l'approvazione dell'emendamento - che è un passo in avanti, ma timidissimo -, prevediamo che sarà eletto senatore un cittadino di lingua italiana, ma voluto dallo stesso Südtiroler Volkspartei, poiché i numeri sono tali per cui tale partito potrà decidere quale alleanza stringere per far eleggere il senatore di lingua italiana gradito.
Allora il subemendamento a prima firma Biancofiore in esame non risolve il problema, perché, ove fosse approvato, il Südtiroler Volkspartei anziché avere tre senatori, più uno (scelto) di lingua italiana, ne avrebbe quattro più uno, e da otto complessivi si passerebbe a dieci, e così via.
Se si vuole risolvere il problema noi possiamo farlo facilmente. Basta che il Comitato dei nove si riunisca per un minuto e lo risolverebbe. Decidiamo che il Trentino-Alto Adige sia rappresentato da quattro senatori, due per la provincia di Trento, due per quella di Bolzano; due eletti con voto limitato nella provincia di Trento, e due eletti nella provincia diPag. 88Bolzano, come suggerisce l'emendamento Holzmann 3.100, con votazioni separate per appartenenza linguistica.
Dato che è obbligatoria la dichiarazione di appartenenza linguistica all'interno del consiglio provinciale di Bolzano, in questo modo possiamo ottenere il risultato della rappresentanza del gruppo linguistico, quello dell'equilibrio tra maggioranza e opposizione nelle due province, e infine quello di un numero complessivo di quattro senatori che non spingerebbe molti colleghi ad affermare giustamente che non è possibile uno squilibrio tale per cui una pur piccola regione, anche se a statuto speciale e caratterizzata dalla presenza di minoranze linguistiche, verrebbe così sovrarappresentata.
Rispetto all'argomentazione, espressa da molti colleghi della Commissione appartenenti al centrosinistra, secondo cui l'anomalia numerica nel Trentino-Alto Adige starebbe nella presenza di minoranze linguistiche, ritengo che in questo caso l'unica minoranza è quella dei cittadini di lingua italiana, che non viene assolutamente tutelata perché non ha la possibilità di esprimere se stessa con un rappresentante al Senato.
Ecco perché vi è il problema dell'accantonamento. Se vogliamo accantonare la proposta emendativa in esame sono favorevole ma ciò vuol dire mettere la polvere sotto il tappeto.
Il problema è quello di stabilire se vogliamo invece trovare una formula che giustamente non spinga l'Assemblea ad affermare che vi è uno squilibrio numerico e - aggiungo - oltre a tale squilibrio anche una penalizzazione per i rappresentanti degli italiani in provincia di Bolzano.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, il problema è il seguente. Il subemendamento in esame, a prima firma della collega Biancofiore, per così dire estremizza il problema, lo aggrava, perché è diretto ad aumentare il numero dei senatori espressi dal Trentino-Alto Adige. È chiaro? Probabilmente, se vi è un'esigenza dell'Assemblea di riflettere meglio sulla questione, possiamo accantonare l'emendamento 3.254 della Commissione, che è quello che porta a tre il numero dei senatori per ognuna delle dette province; lo dico - non so se sono stato chiaro - perché è in tale proposta che si pone la questione. Intendo tuttavia invitare i colleghi a riflettere su questo punto. Se si ritiene che le altre regioni siano sottorappresentate, si deve pur tener conto che nessuno degli emendamenti che sono in discussione risolve questo problema.
Tuttavia siccome - voglio informare i colleghi - vi è un'intesa di non procedere alla votazione dell'articolo 3, possiamo riservarci di riesaminare in Commissione la graduazione e il numero dei parlamentari, per verificare in quella sede, in un secondo momento, come si potrebbe articolare meglio tale questione della rappresentanza. Non so se è chiaro, ma tutto ciò non ha niente a che fare con il Trentino-Alto Adige. Allora osservo - e credo che i colleghi siano d'accordo - che noi potremmo votare tranquillamente sulla proposta emendativa in esame senza procedere al voto sull'articolo. Considerato che vi è un'intesa tra i gruppi nel senso di fermarci all'esame dell'articolo 3 senza porlo in votazione e procedere oltre; così abbiamo tutto il tempo - fino a quando la Conferenza dei presidenti di gruppo deciderà la ricalendarizzazione del provvedimento in esame - di riesaminare e di calibrare la composizione del Senato, anche secondo il numero dei cittadini di ciascuna regione, in modo più adeguato a ciò che l'Assemblea ritiene. Non so se è chiaro.
D'ora in poi non affronteremo più questo tema. Dunque, pregherei i colleghi di valutare questa possibilità: possiamo votare l'emendamento senza procedere al voto sull'articolo 3 e impegnandoci a rivalutare il numero di senatori per ciascuna regione, in relazione alle esigenze,Pag. 89che sono state prospettate, di migliore rappresentanza delle regioni più popolose come la Sicilia, la Lombardia, e via dicendo. Spero che questo possa tranquillizzare i colleghi.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, presidente Violante, lei sta proponendo un accantonamento del subemendamento Biancofiore 0.3.254.1 e dell'emendamento della Commissione 3.254?
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, d'ora in poi, né questo emendamento né quelli successivi risolvono il problema della più adeguata rappresentanza nel Senato delle regioni più popolose, perché non affrontano questo tema: è affrontato soltanto il problema del Trentino-Alto Adige. Neppure il subemendamento Biancofiore 0.3.254.1 risolve la questione, ma, anzi, rende il problema ancora più grave.
Ci riserviamo di riesaminare la composizione del Senato in relazione al numero di abitanti per ciascuna regione, affinché le regioni più popolose abbiano una migliore rappresentanza. Lo possiamo fare, perché non procediamo al voto finale sull'articolo 3: possiamo presentare successivamente emendamenti che raggiungano tale risultato.
Ma, adesso, il problema non sussiste, perché nessun emendamento è presentato con tale finalità. Dunque, abbiamo due alternative: votare comunque e non procedere al voto sull'articolo 3, riservandoci di presentare emendamenti che adeguino la composizione del Senato al numero di abitanti di ciascuna regione, oppure votare il subemendamento Biancofiore 0.3.254.1 e accantonare l'emendamento della Commissione 3.254 sul Trentino-Alto Adige e gli altri successivi.
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, concordiamo sulla proposta del presidente Violante, poiché il meccanismo della rappresentanza va ponderato molto attentamente, e vi sono sperequazioni. Ritengo che sia giusto su questo punto elaborare una nuova proposta da sottoporre all'Assemblea.
ENRICO BUEMI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Mi associo alla richiesta del collega Cota. Nel merito, esiste una necessità di proporzionalità tra le varie regioni che salta completamente con l'emendamento in esame. Vi è inoltre il criterio della rappresentanza democratica. A prescindere dalle argomentazioni del presidente Violante, sulla necessità di dare al Trentino-Alto Adige una rappresentanza che tenga conto di alcuni elementi previsti anche da trattati internazionali, esiste comunque un principio generale della proporzione democratica, che non può essere completamente stravolto come in questo caso. Chiedo, dunque, formalmente l'accantonamento, per affrontare tale questione in Commissione.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi sono numerose richieste di intervento.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. L'emendamento 3.117 a mia firma, se ci fosse stata maggiore attenzione, avrebbe evitato di farci compiere un errore. Infatti, ponevo proprio il problema di una diversa ripartizione, perché la Lombardia non può avere 14 senatori e la Sardegna 8. Dunque, proponevo una diversa ripartizione.
Adesso, però, siamo in una fase di interventi sull'ordine dei lavori (chiedo dunque, signor Presidente, che il tempo di cui sto usufruendo non sia computato fra quello concesso alla componente La Destra). Non sono d'accordo, perché non so se l'Assemblea ha capito la proposta dell'onorevole Violante. Questi - mi è parso di capire, e se sbaglio chiedo scusa - propone di votare, per successivamente vedere cosa fare.Pag. 90
Propongo di sospendere i lavori in questo momento, in modo da consentire la riunione del Comitato dei nove: non si tratta, infatti, di una questione secondaria; essa è fondamentale, perché non so come i colleghi torneranno in Lombardia o cosa diranno quelli del Lazio, visto che con 5 milioni 493 mila abitanti avranno dodici senatori.
Ritengo, pertanto, che si debbano sospendere i lavori: il Comitato dei nove torni in Aula nei tempi più rapidi possibili e formalizzi una proposta. In tale modo - questo aspetto era sfuggito - ogni singolo gruppo avrà anche il tempo necessario per svolgere delle considerazioni (è possibile, infatti, che le cifre che ho fornito siano sbagliate).
In primo luogo, serve tempo per i gruppi per verificare le conseguenze di questo articolo. In secondo luogo, il Comitato dei nove deve tornare in Aula con una proposta concreta, senza dilazioni e senza votare al buio alcun provvedimento.
PRESIDENTE. Sono state formulate richieste che, sostanzialmente, comportano la necessità di rimeditare complessivamente la questione. Pertanto, se non vi sono obiezioni, prima di dare la parola ai numerosi colleghi che hanno chiesto di intrevenire, ritengo di rinviare il seguito dell'esame ad altra seduta. Se ho ben compreso la proposta avanzata, il presidente Violante intendeva non procedere domani all'esame di questo provvedimento, rinviandolo ad una seduta successiva. Rimarrà in facoltà della Conferenza dei presidenti di gruppo definire l'ulteriore seguito dell'esame.
Secondo le intese intercorse tra i gruppi, anche al fine di consentire alle Commissioni di potersi riunire, l'esame dei successivi argomenti all'ordine del giorno è rinviato ad altra seduta.