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Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 3194-A)
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono proseguiti gli interventi in discussione sulle linee generali.
È iscritto a parlare l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.
GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, siamo qui per svolgere il nostro ruolo parlamentare a proposito di un provvedimento del Governo che non abbiamo potuto, per decisione dello stesso Esecutivo e della maggioranza, commentare e cercare di modificare nella sede istituzionale.
Il Governo ha utilizzato lo strumento della decretazione d'urgenza da associare al disegno di legge finanziaria che terminerà oggi la sua discussione al Senato, al fine di accelerare la possibilità di intervento finanziario direttamente nell'anno 2007, utilizzando il tristemente noto «tesoretto».
Pertanto, ha deciso di intervenire, a fine anno, per spendere 8 miliardi e 464 milioni di euro. Lo ha fatto e in tale decisione ha ritenuto che l'apporto che la Camera avrebbe potuto fornire in ordine alla destinazione di tali risorse fosse pari a zero.
Come opposizione abbiamo affrontato il decreto-legge in esame nel modo con cui la Costituzione e il mandato degli elettori ci impongono di fare, presentando emendamenti che tentavano di migliorarlo, criticandone sostanzialmente la struttura. Dopo aver preso atto che la struttura presentata era un atto che la maggioranza poteva imporci, abbiamo cercato di migliorare tale struttura in modo da rendere il decreto-legge comprensibile, attuabile e cercando di piegare il suo contenuto a quelle che sono, a nostro avviso, le esigenze dei cittadini.
Tale compito è risultato impossibile. È stato impossibile, in Commissione, poter intervenire in ordine al contenuto di tale provvedimento. Tuttavia, è stato - ed è questo forse l'aspetto più grave - altresì impossibile per la maggioranza intervenire sul provvedimento in esame. Ci troviamo oggi in Aula con la spada di Damocle di una questione di fiducia che, probabilmente, verrà posta il prossimo lunedì e che renderà impossibile, anche all'Assemblea, intervenire per modificare anche solo una riga di questo provvedimento. O meglio, abbiamo corretto dal punto di vista finanziario una parte degli interventi introdotti dal Senato. Abbiamo utilizzato la Camera dei deputati come camera di compensazione esclusivamente dal punto di vista di pulizia finanziaria di alcuni grossolani errori commessi al Senato.
Di tale fatto sono ben consapevoli il sottosegretario Lettieri, il presidente della Commissione Duilio, il relatore Di Gioia e ritengo che sia lesivo non dei diritti della minoranza ma dell'Assemblea e delle facoltà che la nostra Costituzione le attribuisce.
La Commissione bilancio ha abdicato completamente al ruolo che avrebbe dovuto assumere rispetto al provvedimento in esame e anche l'Assemblea si prepara ad abdicare, senza che vi sia una sola persona, all'interno della maggioranza, che abbia il coraggio di sollevare un dito per denunciare tale fatto. Tuttavia, se si leggono i resoconti parlamentari relativi ai lavori della Commissione si nota che alcuni deputati di maggioranza - penso al collega Crisafulli - hanno avuto il coraggio di denunciare quanto sta avvenendo alla Camera. Ma rimangono mere opinioni personali, racchiuse in un resoconto di Commissione.
Signor sottosegretario Lettieri, ho cercato, leggendo gli articoli del provvedimento in esame, di attribuire una ragione politica, economica e di sostanza agli interventi contenuti nel decreto-legge e cercandoPag. 47di cogliere una connessione con quelli presenti nel disegno di legge finanziaria.
Sembrerebbe, quindi, non esistere una logica, ma, sforzandomi, onorevole Di Gioia, l'ho trovata. Non è una logica politica, né economica, ma etologica. Mi spiego meglio. Sottosegretario Lettieri, lei ha presente cosa succede quando i branchi si muovono? Lei sa perfettamente quanti libri si siano scritti sulla diversa moralità del singolo e del branco. Lei sa che la moralità del singolo - mi scusi se faccio questo paragone molto violento - non consentirebbe mai ad un giovane diciottenne di stuprare la sua compagna di scuola.
Nella logica del branco, la morale cambia e quello che è impossibile per il singolo diventa comprensibile in una morale più ampia e diversa. Quindi, questa è l'unica spiegazione che ho di fronte alla complessa manovra finanziaria da voi posta in essere. Sono cose che singolarmente nessuno di voi farebbe, ma che nella logica di branco del centrosinistra e di questo Governo diventano possibili e moralmente accettabili. Infatti, sono stufo di sentire ognuno di voi in Commissione, nei corridoi, in Transatlantico, tra i banchi, criticare queste manovre o quelle passate e poi vedere compattamente una maggioranza che accetta che queste manovre procedano nel loro iter, diventino leggi e abbiano effetto sullo Stato e sul futuro dei nostri conti pubblici.
Avete vissuto un momento importante: le entrate fiscali sono aumentate. Se non vi fossero stati interventi di spesa, ci saremmo trovati alla fine dell'anno con venti miliardi di euro di entrate non previste. Voi avreste avuto l'occasione di andare in Europa, per spiegare agli italiani che il frutto del lavoro di un anno di Governo Prodi era stato quello di sistemare in modo importante i conti italiani. Noi avremmo sostenuto che non era frutto del vostro lavoro, ma di quello che aveva costruito nei cinque anni precedenti Berlusconi, ma l'effetto finale sarebbe stato quello di trovare un Paese che arrivava in Europa con dignità, dicendo che era stato compiuto un passo importante nel risanamento dei conti pubblici italiani. Vi avrebbe permesso - scusate il termine casereccio - di mettere fieno in cascina per il prossimo anno e, di fronte ad una crisi di domanda che il prossimo anno in qualche modo toccherà l'Europa e, quindi, anche l'Italia (toccherà l'Europa più di ogni altro Paese perché l'Europa è diversa da ogni altra zona del mondo), avreste avuto venti miliardi di euro che il prossimo anno sarebbero diventati trenta per pensare ad interventi importanti da parte dello Stato.
Peraltro, ciò rientra anche nella vostra logica, ovvero nella logica con cui la sinistra pensa che si debba governare l'economia. Così non è stato fatto: non avete pensato di agire in questo modo e avete deciso di spendere in caviale e champagne le maggiori entrate di quest'anno, per usare termini più vicini alla vita di una famiglia: è come se un padre di famiglia, anziché mettere i soldi in banca, pensando che l'anno successivo dovrà pagare le spese per la scuola dei figli o cambiare l'automobile, decide di portare la famiglia a Montecarlo per un fine settimana, spendendosi tutto.
Tuttavia, voi non avete speso risorse in caviale e champagne (sarebbe ancora accettabile), ma avete assunto impegni - e li prenderete con la legge finanziaria per il 2008 - che faranno sì che il caviale e lo champagne dovremmo mangiarlo necessariamente per i prossimi vent'anni.
L'onorevole Garavaglia ieri ha svolto il più bel intervento che abbia sentito fino ad ora su questo punto, partendo da un ragionamento non mio, ma di un serio studioso di sinistra, il professor Ricolfi. Egli divide l'Italia in tre: l'Italia del rischio, l'Italia dei privilegi e l'Italia della forza.
L'Italia del rischio è quella dei lavoratori delle piccole e delle medie imprese, degli imprenditori, degli artigiani e dei commercianti. L'Italia dei privilegi è l'Italia del pubblico impiego, di chi riceve dallo Stato più di quello che dà. L'Italia della forza è drammaticamente quella della malavita organizzata di alcune zone del Paese.Pag. 48
Analizzando gli interventi della finanziaria e di questo decreto-legge nei confronti di queste «tre Italie», ci si accorge di un dato inquietante: la parte prevalente degli interventi del Governo è rivolta all'«Italia dei privilegi» e una parte di questi interventi va all'«Italia della forza», considerato che sono previsti 100 milioni di euro che verranno appaltati senza alcun controllo in determinate zone del Paese. Onorevole Lettieri, lei non potrà esimersi nella sua risposta dal fornire una spiegazione su una questione tecnicamente interessante: come è possibile che, sulla Salerno-Reggio Calabria, vi sia un semaforo ogni venti metri? Dovrà spiegarlo, perché questo le chiedeva il collega Garavaglia!
Dall'altra parte c'è l'«Italia del rischio» che ancora una volta si vede snobbata, perché secondo i dati la pressione fiscale aumenta. La pressione fiscale, lei lo sa bene onorevole Lettieri, non si attesta al 43 per cento, ma al 53 per cento. Il 43 per cento è il dato che emerge, tenendo conto dell'evasione; rappresenta la pressione fiscale su un PIL che non è quello realmente prodotto, ma quello che tiene conto dell'evasione. La pressione fiscale raggiunge il 53 per cento e, calcolando la tassa dei rifiuti, l'ICI, calcolando tutto, sulle piccole e medie imprese arriva al 71 per cento. Se voi pensate che si possa affrontare una sfida globale in questo modo, vi dico che non potrete fare altro che costruire un Paese che, poco per volta, allontana le imprese.
Onorevole Lettieri, la sfida non si vince, aiutando alcune categorie o alcune imprese. La sfida ormai non è tra imprese; esse non hanno più nazionalità. La FIAT, la Ferrero o la General Motors non hanno più una nazionalità: producono dove conviene produrre. La sfida dei Paesi saggi è quella di creare competitività rispetto a quella che si riscontra in altri. Un Paese non si muove per tutelare il proprio sistema industriale, ma cercando di attirare anche le aziende di altri Paesi. Alcuni interventi realizzati su grandi aziende italiane le hanno indotte ad investire in Turchia o in India. Il sistema Paese non deve portare investimenti italiani in Turchia o in India, ma al contrario attrarre gli investimenti da qualunque parte del mondo al suo interno. Ciò che è mancato e continua a mancare in questi interventi di politica economica è questa concezione del mondo.
Noi dobbiamo creare al nostro interno una competitività rispetto agli altri Paesi, cosa che non stiamo facendo. Quando ci ostiniamo a parlare di grandi opere e di alta velocità lo facciamo, avendo presente che ad asempio un Paese a noi vicino carica il pesce a Marsiglia alle sei del mattino e lo scarica e lo consegna a Londra alle 10 e mezzo della stessa mattinata. Poi vediamo quanto ci mette un treno da Reggio Calabria a Torino! Da questo punto di vista, il nostro Paese non è competitivo rispetto alla Francia. Sui trasporti e sull'alta velocità lo stesso raffronto si può fare con Germania e Spagna e sappiamo che per quindici o vent'anni non recupereremo quella competitività. Ragionando da Paese intelligente, bisogna pensare a recuperare competitività in altri settori.
Quando constatiamo che la nostra tassazione sulle piccole imprese è il doppio rispetto alla Spagna sappiamo che anche in quel settore non siamo competitivi e non abbiamo la possibilità di attrarre investimenti: allora dobbiamo agire. Nel momento in cui ci rendiamo conto che la lentezza della burocrazia italiana è quadrupla rispetto agli altri Paesi europei, sappiamo che anche in quel campo ci manca un elemento di competitività. Un Governo serio dovrebbe prendere in mano la situazione, senza attribuire le colpe di ciò che stiamo vivendo a qualcuno nei cinque, dieci o vent'anni precedenti, e proporre soluzioni.
Ciò che io vi contesto non è il fatto di proporre soluzioni che non condivido, ma il fatto di non proporre alcuna soluzione. Se la soluzione dei problemi della competitività del Paese, sottosegretario Lettieri, è regolarizzare 350 mila lavoratori socialmente utili, allora ci troviamo nella stessa situazione di un medico che, volendo curare un paziente, gli inietta qualche virus.Pag. 49
Il pubblico impiego è uno dei nostri problemi. In base ai parametri che voi stessi avete definito per il Ministero della pubblica istruzione, gli esuberi, solo in quel Ministero, ammontano a 43 mila. Inoltre, il Ministro dichiara che vi sono 40 mila esuberi nell'esercito, e con ciò arriviamo a 80 mila! Un Paese serio che vuole essere competitivo prende atto dal fatto che vi sono 80 mila esuberi soltanto in due Ministeri! E invece no, la vostra risposta è aggiungerne 350 mila!
Per fortuna - non prendiamoci in giro, sottosegretario Lettieri - si tratta di una risposta formale, con la quale, probabilmente, potrete «fregare» qualcuno di Rifondazione Comunista. Infatti, se qualcuno che capisca di conti e di bilancio va ad analizzare come avete finanziato l'assunzione di questi 350 mila precari, scopre che avete stanziato 20 milioni di euro e, dunque, comprende che, per fortuna, è una risposta che avete venduto per ottenere il voto di Rifondazione Comunista perché con 20 milioni di euro se ne assumono soltanto mille. Ma il principio che avete scritto, al di là di ciò che avverrà, è questo: i problemi di questo Paese si affrontano, aumentando a dismisura il divario che abbiamo rispetto agli altri Paesi in relazione al pubblico impiego e, quindi, incrementando in modo negativo per noi e per il nostro futuro il pubblico impiego.
Non è questo il modo con cui si affrontano i problemi del Paese, ma purtroppo questo è il modo che voi ci proponete e sappiamo che produrrà i suoi effetti non nell'anno in corso, ma per vent'anni. La nostra opposizione al decreto-legge in esame e al disegno di legge finanziaria, non è pregiudiziale e di parte, ma è motivata dalla volontà di non accettare che inoculiate nel sistema del Paese un virus che durerà vent'anni, perché non ne avete il diritto! Se decidete di farlo, fatelo almeno in modo serio! Iniziamo a spiegare al Paese che vi è una differenza tra interventi sociali e pubblico impiego.
Continuo a dire da anni, inascoltato anche dal mio Governo, che non accetto che vi siano 12 mila forestali in Calabria, ma non ho mai affermato che debbano essere licenziate 11 mila persone. Continuo a dire inascoltato da quattro anni che, se i forestali necessari sono mille, siano mille e gli altri 11 mila non si classifichino come pubblici dipendenti, ma siano, con lo stesso stipendio, «interventi sociali».
Spieghiamo almeno al resto del mondo che abbiamo un pubblico impiego compatibile con le nostre possibilità finanziarie ed interventi sociali per decine e decine di miliardi di euro. Abbiamo il coraggio di chiamare le cose per quello che sono! I 350 mila LSU o precari, che vorreste stabilizzare nella pubblica amministrazione, non devono entrare nel comparto del pubblico impiego, perché sarebbe un insulto a quelli che davvero sono impiegati nel pubblico impiego! Questi lavoratori non andranno a lavorare nel settore pubblico, saranno stabilizzati e pagati dal pubblico, che è un'altra cosa! Stabilizzandoli con la stessa qualifica che riguarda tutti gli altri lavoratori, fate un insulto a chi lavora veramente nel pubblico impiego. Chiamiamoli per quelli che sono: «interventi sociali» e, sottosegretario Lettieri, assumiamoci, però, la responsabilità di essere consapevoli che questo modo di agire prima o poi porterà ad una rottura.
Ieri, in quest'aula, ho ascoltato l'intervento più bello, il più civile e il più serio da parte di un rappresentante della Lega Nord. Sottosegretario Lettieri, lei non può pensare che il Paese accetti questi provvedimenti, se poi dai dati forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze si apprende che l'evasione IRAP in Lombardia è pari al 13 per cento, ossia inferiore all'evasione che si registra in Francia e in Svezia, mentre in Calabria è del 94 per cento, o in Sicilia è del 60 per cento! Di fronte a questa evasione certificata dal suo Ministero, con riferimento alle regioni che ho menzionato il rapporto tra i pubblici impiegati e la popolazione è di quattro volte superiore: uno in Lombardia e quattro in Calabria. Nonostante i dati siano questi, con il disegno di legge finanziaria il Governo, nella stessa regione, prevedePag. 50una regolarizzazione di LSU che porterà questo rapporto a 5,5. Vi è qualcosa che non funziona in questo Paese!
Non possiamo parlare di spesa pubblica fuori controllo, non possiamo aver passato sei mesi a discutere di quanti soldi sprechiamo, di quanto costiamo, dei barbieri, dei camerieri, dei ristoranti e, poi, far finta di non vedere i dati che il suo Ministero pubblica sul suo sito. Questo è un discorso che dovremmo affrontare, prima o poi, in quest'Aula.
Non possiamo pensare, infatti, che governare voglia dire cercare di comporre, utilizzando il pubblico impiego, le risorse che sono di tutti. Voi e il Ministro non avete il diritto di fare ciò, in quanto avete il diritto di governare il Paese come qualunque amministratore di società ha il diritto di governare una società, ma con una differenza. L'amministratore di una società privata deve rendere conto una volta all'anno ai propri azionisti e, in caso di perdite o nel caso in cui la società non funzioni, viene allontanato.
Pare, invece, che il Governo sia al di fuori di questa logica: ha il diritto di gestire i soldi dello Stato, ma non dovrà mai renderne conto. Vedo che lei fa segno contrario con la testa; infatti, il Governo dovrà rendere conto politicamente, ma il problema non è politico: è economico. Se il Ministro dell'economia, o il suo sottosegretario, fosse giudicato come un qualunque cittadino, un qualunque altro cittadino, a mo' di azionista del Governo, dovrebbe poter esercitare un'azione di responsabilità e chiedere conto di come siano stati spesi i soldi. Neanche un parlamentare può esercitare un'azione di responsabilità per chiedere conto di come siano spesi i soldi, né nei confronti del vostro Governo, né nei confronti del nostro.
Quindi, si ha un'assunzione di responsabilità che è politica e mai economica. Siccome è soltanto una responsabilità politica, ognuno di noi gestisce, a seconda di chi governa, le risorse dello Stato come se fossero una res nullius, un pesce, ovvero qualcosa di non nostro, di cui non si deve rendere conto.
Vi sono, inoltre, fasi di questa logica più o meno evidenti. Il disegno di legge finanziaria e il decreto-legge in esame hanno, a mio avviso, sottosegretario Lettieri, raggiunto il massimo, in quanto non vi è una ratio, un'anima e una logica. Il decreto-legge e il disegno di legge finanziaria all'esame del Senato non hanno un'anima.
Il Ministro Tremonti, con tutti i pregi e i difetti che potevate attribuirgli, aveva seguito una logica politica nell'ambito del suo lavoro. L'evanescente Ministro Padoa Schioppa non segue logiche né politiche, né finanziarie né economiche e produce, come in questo caso, effetti che sono soltanto frutto di pagamenti dati ad uno o ad un altro partito, senza una logica di paese da perseguire.
Con calma e tranquillità continuiamo a svolgere il nostro compito cercando, ogni volta che i vostri atti vengono sottoposti al nostro esame, di migliorarli secondo la nostra logica. Forse non riusciremo a migliorarli, ma vorremmo scoprire, all'interno di queste pagine, una vostra logica, che rappresenti la vostra visione del futuro del Paese e che, in qualche modo, sia perseguita con gli atti del Governo.
Sottosegretario Lettieri, nella sua replica non può non dirmi quale sia la logica seguita. Lei e Padoa Schioppa non potete evitare di riferire alla Camera quale sia la logica della manovra finanziaria. Ieri ho sentito il sottosegretario Letta in una trasmissione televisiva cercare di dare una spiegazione, affermando che la logica era quella, in qualche modo, di diminuire il cuneo fiscale sul lavoro, aumentando, quindi, gli stipendi dei lavoratori dipendenti che sono effettivamente percepiti come troppo bassi. Non partecipavo alla trasmissione, altrimenti avrei chiesto al sottosegretario Letta come mai, a fronte dei 12 o 13 miliardi di euro di aumento delle entrate di quest'anno, non si è destinato neanche un milione di euro per un intervento sul cuneo fiscale. Gli avrei chiesto, inoltre, come mai il Governo stesso si è contraddetto, dalla finanziaria di quest'anno alla decisione del decreto-legge in esame e di quello di luglio, non destinandoPag. 51interamente queste cifre, ad esempio, alla diminuzione delle tasse sui redditi più bassi.
Non capisco perché, dopo aver sentito parlare per mesi del problema dei lavoratori a tempo determinato, il vostro Governo non abbia utilizzato queste risorse, ad esempio, per un intervento fiscale su tali lavoratori. Credo ad esempio che uno dei meccanismi che lo Stato dovrebbe adottare per essere più equo nel rapporto fra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a tempo determinato sia quello di una minore pressione fiscale nei confronti di questi ultimi: avevate 12 o 13 miliardi di euro da poter destinare a questo scopo.
La vostra colpa più grave non è dunque quella di non averci concesso di intervenire, non è quella di aver tappato la bocca alla democrazia in Commissione, così come farete in Aula: è quella di non aver impresso un progetto e un cuore nella legge finanziaria. Non parlo dunque di una colpa nei confronti dell'opposizione, di Forza Italia o degli altri parlamentari, ma di una colpa nei confronti del Paese.
Lo dico sapendo benissimo che questo discorso lo stiamo ascoltando in cinque, e che nessuno di voi ne sarà toccato. Continuo però ostinatamente a pensare che in quest'Aula ognuno di noi dovrebbe, deve dire quel che pensa; continuo ad attribuire a quest'Aula un'importanza rilevante, credendo che ciascuno di noi abbia un ruolo singolarmente e che non esista logica di branco che possa farci dimenticare quello che siamo e quel che vorremmo essere: voi, invece, ve ne siete dimenticati.
Penso che non si possa barattare quel che si è, si è stati, o si vuole essere in cambio di una difesa incondizionata di qualcosa che non si capisce. Qui siamo alla Camera, sottosegretario Lettieri: la differenza non è di un voto, non vi sono senatori a vita novantenni, possiamo andare in bagno anche durante una votazione, a differenza di quel che avviene in Senato. Qui, dunque, possiamo vedere democraticamente, in presenza di una maggioranza forte, che cosa pensa realmente di questa manovra il Parlamento, lasciato alla sua libertà. Avremmo potuto farlo anche su questo decreto-legge e non lo faremo: facciamolo dunque almeno sul disegno di legge finanziaria. Non potete infatti arrogarvi il diritto di non lasciar esercitare in quest'Aula la democrazia: non la «nostra», anche la «vostra» e non potete farlo perché state impedendo questo diritto basandovi sul nulla: su una spesa pura, senz'anima, senza prospettive.
Per queste ragioni, nel corso dell'esame di questo provvedimento in Commissione abbiamo tenuto un atteggiamento di critica forte ma comunque di collaborazione, affinché esso potesse giungere all'esame dell'Assemblea nei tempi che si erano concordati in sede di Conferenza dei capigruppo. Per questo, stiamo proponendo le nostre opinioni in Aula civilmente anche se con durezza. Per questo però - come sanno il relatore Di Gioia e il presidente della Commissione - abbiamo chiesto, fin dall'inizio della discussione di questo provvedimento, che invece in sede di esame del disegno di legge finanziaria voi garantiste alla Camera - non all'opposizione - la possibilità di svolgere una discussione seria. Troppi, infatti, sono i temi che non abbiamo affrontato in questa sede in quanto la maggioranza non voleva o non poteva affrontarli e si tratta di temi che interessano non l'opposizione, ma il Paese. Potrei fare mille esempi: i rigassificatori e quel che essi rappresentano nella situazione economica odierna e dei prossimi anni; i contratti derivati e quello che stanno significando e significheranno per le casse dei nostri enti locali e in futuro anche per i cittadini.
Nel corso della sua replica, sottosegretario Lettieri, si faccia dunque autorizzare dal suo Presidente del Consiglio e dal suo Ministro dell'economia a poter dire a quest'Aula - non solo all'opposizione ma anche alla maggioranza - che il percorso del disegno di legge finanziaria sarà diverso: che sarà un percorso reale e rispettoso della Camera e della democrazia. Questo è quel che noi ci aspettiamo, nello stesso momento in cui calpestate (e calpesterete) la nostra libertà di intervento su di un atto importante qual è questo decreto.Pag. 52Sappiamo così che in quella sede - se così sarà - potremo contribuire a migliorare misure che voi stessi non condividete. Questo è il ruolo che ci hanno affidato i cittadini, questo è quanto vorremmo fare: nulla di più.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Allasia, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Giudice. Ne ha facoltà.
GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, colleghi, con il mio intervento non utilizzerò tutto il tempo a mia disposizione, anche perché i colleghi che mi hanno preceduto hanno svolto egregiamente una serie di valutazioni politiche assolutamente condivisibili. Non desidero assolutamente ripetermi, perché sono già intervenuto in Commissione e interverrò di nuovo lunedì quando inizieremo l'esame delle proposte emendative, ove il Governo non decida di porre la questione di fiducia. In particolare, oggi tengo a svolgere un intervento tecnico per dimostrare, documentare e spiegare ai colleghi, anche a quelli assenti, che mi auguro leggeranno il resoconto del mio intervento, le contraddizioni, gli errori e lo spirito di questo provvedimento.
Signor Presidente, credo che in politica gli elementi più importanti siano la coerenza dei vari passaggi degli atti parlamentari, il rispetto delle regole, che non appartengono alla sinistra o al centrodestra, ma sono patrimonio di tutti, e della forma, che in politica è sostanza. Per poter analizzare il provvedimento sotto questi due punti di vista vanno fatte due precisazioni. La prima si riferisce a un incontro con il Ministro Padoa Schioppa, avvenuto qui alla Camera il 25 settembre 2007. In quell'occasione il Ministro spiegò in Commissione quali sarebbero stati gli strumenti per la manovra di bilancio. Nel presentarci il suo lavoro, egli disse che vi sarebbero stati un disegno di legge di bilancio, diviso per missioni e programmi, secondo la nuova riclassificazione del bilancio, un disegno di legge finanziaria, con un massimo di cento articoli, e un decreto-legge, che è quello di cui oggi stiamo discutendo. Specificò che questo decreto-legge sarebbe stato fondamentalmente ed esclusivamente mirato a distribuire le maggiori entrate e precisò per iscritto che lo stesso avrebbe avuto effetti soltanto per il 2007.
Questo è il primo punto di un percorso e di una regola. Per quanto riguarda il secondo punto, credo vi sia il bisogno di ricordare all'Aula cos'è un decreto-legge.
Il decreto-legge è un atto con forza di legge, che può essere adottato dal Consiglio dei ministri - e fin qui ci siamo - in casi straordinari di necessità e urgenza. La necessità e l'urgenza possono riferirsi tanto al provvedere, ossia alle disposizioni in esso contenute, quanto al provvedimento nel suo complesso.
La legge n. 400 del 1988, che ne determina i limiti, prescrive che i decreti-legge debbano contenere misure di immediata applicazione e non esclude che il provvedimento sia di per sé capace di risolvere il caso di necessità e urgenza per cui lo stesso venga adottato. La straordinarietà dello strumento normativo si riconduce certamente alla deroga di un principio di rappresentatività, in quanto, sia pure per soli sessanta giorni (mi sembra che il decreto-legge scada il 1o dicembre 2007), espropria il Parlamento dell'esercizio della funzione legislativa (al di là dell'espropriazione ulteriore di cui ha parlato egregiamente l'onorevole Crosetto).
Dunque, vi sono due punti di partenza: l'impegno del Ministro Padoa Schioppa assunto il 25 settembre scorso verso il Parlamento e i limiti che vengono posti alla decretazione d'urgenza. Con riferimento a quest'ultimo punto, si tratta di una regola che non vale certamente solo per una parte politica, ma per tutti.
Analizziamo adesso alcuni aspetti. Appare del tutto evidente che alcune norme, i cui effetti finali sono destinati a prodursi in un momento differito rispetto alla loro entrata in vigore, anche in relazione al richiamato collegamento del decreto-legge con la legge finanziaria, non possono conciliarsi con la decretazione d'urgenza.Pag. 53
Dove sta l'immediata applicabilità? Davvero me lo chiedo, lo chiedo al Sottosegretario e lo chiederei ad ogni singolo deputato, se fossero presenti. Dov'è l'estrema urgenza? Dov'è l'esigenza di immediata applicabilità, in ognuno dei punti del decreto-legge in esame?
Solo a titolo esemplificativo (perché bisognerebbe muovere una critica su ogni singolo punto, dal primo all'ultimo articolo del decreto-legge sottoposto alla nostra attenzione), cito i più eclatanti; l'articolo 5-bis (recante la rubrica: Disposizioni concernenti il funzionamento dell'Agenzia italiana del farmaco) sposta l'entrata in vigore della previsione di cui al comma 297 della legge finanziaria dell'anno scorso dal primo gennaio del 2006 al primo gennaio del 2008. Ebbene, Il decreto ne prevede l'immediata applicabilità: dov'è l'urgenza di differire la data al 2008? Ciò è da Paese normale? O sarebbe stato più importante e più corretto, anche nei confronti degli utenti finali, che sono - ahimè! - i cittadini, prevedere questa proroga nel contesto di un'altra disposizione?
L'articolo 16 (recante la rubrica: Disposizioni in materia di sistema digitale terrestre) - tralascio di soffermarmi sul fatto che tali norme del decreto-legge, si sovrappongono con quelle recate da provvedimenti già esaminati, attualmente all'esame del Senato: ve n'è uno tuttora pendente in Commissione - individua scadenze addirittura a due mesi, dodici mesi e diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. Il decreto-legge deve essere immediatamente esecutivo per poter definirsi tale, ma con l'articolo 16 spostiamo di due, dodici e diciotto mesi dalla sua entrata in vigore la vigenza delle disposizioni in esso contenute.
Signori miei, o viviamo in un Paese quanto meno strano o qualcuno deve spiegare quale sia la necessità di intervenire con un decreto-legge per stabilire una proroga di due, dodici e diciotto mesi!
L'articolo 21-bis è ancora peggio: intervenendo in materia di rifinanziamento dei programmi innovativi, i famosi «contratti di quartiere II», rimanda l'applicazione della norma a un decreto del Ministero delle infrastrutture che verrà adottato; non fissa neppure la data entro la quale il Ministero delle infrastrutture deve adottare tale normativa di attuazione, ma ne reca la previsione con decretazione d'urgenza, e nell'articolo citato non si prevede nemmeno, per esempio, che il Ministero delle infrastrutture debba attivarsi entro tre mesi; si prevede semplicemente che in futuro si attiverà, ma lo si stabilisce attraverso la decretazione d'urgenza, con l'immediata applicabilità.
L'articolo 26 (recante la rubrica: Disposizioni in materia di ambiente) - ma non mi soffermerò, sul ruolo centrale, sia nella legge finanziaria sia nel presente decreto-legge, del Ministero dell'ambiente, evidentemente parte predominante, o quanto meno maggiormente condizionante, dell'attuale Governo - attraverso i commi 1, 1-bis e 2 attribuisce a successivi decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, l'adozione di specifiche misure nel settore. Tutto ciò attraverso una decretazione d'urgenza, con immediata efficacia di legge, che rimanda a un tempo indeterminato l'adozione delle norme attuative.
Lo dico per inciso e con la deferenza profonda che nutro per il Presidente della Repubblica, che è persona che ha un grande rispetto del nostro Paese: non so come potrà firmare la legge di conversione del decreto legge in esame!
All'articolo 31, comma 3-quater, continuiamo ad elargire contributi ad enti e ad associazioni: vorrei sapere quale sia l'urgenza di elargire un contributo di uno o due milioni di euro a un'associazione, attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza, che viene preferito ad altri, certamente più corretti rispetto ad esso.
Sono contento, quindi, che non abbiamo partecipato alla stesura di questo provvedimento, e ciò risulterà a nostra difesa.
Noi possiamo condividere o meno quanto affermato dal Ministro Padoa Schioppa, ovvero che le maggiori entrate avrebbero avuto effetto solo sull'esercizioPag. 54finanziario 2007. Non saremmo stati d'accordo comunque con il Ministro qualora si fosse limitato a prendere e distribuire i 5 miliardi e 978 milioni di euro del 2007, dato che avremmo certamente preferito che questo importo venisse tutto interamente destinato alla riduzione del debito pubblico; tale operazione finanziaria, peraltro, sarebbe stata estremamente corretta in quanto prevista dalla legge finanziaria dello scorso anno che stabiliva che le maggiori entrate sarebbero dovute essere destinate alla riduzione del debito pubblico.
Il Ministro in questione nelle sue intenzioni iniziali voleva distribuire questi 5 miliardi e 978 milioni di euro, provenienti da maggiori entrate, a favore di esigenze come, ad esempio, la copertura dei debiti del sindaco Veltroni per la realizzazione della metropolitana di Roma o di quelli del sindaco di Bassolino per la metropolitana di Napoli. Ciò poteva essere condivisibile o meno, ma era comunque corretto. Nella realtà è avvenuta un'altra cosa. La cosa pazzesca è che il Ministro si è fatto il giro dei vari Dicasteri per distribuire 5 miliardi 978 milioni, ma ad esso gliene venivano richiesti 8 miliardi 378 milioni. Addirittura, nonostante il Ministro avesse affermato che tali entrate avrebbero avuto effetto solo per il 2007, vi erano delle norme a regime che necessitavano di copertura per gli anni 2008 e il 2009. Cosa si può fare se i Ministri richiedono circa 8 miliardi e 400 milioni e ve ne sono a disposizione solamente 5 miliardi 978 milioni ? Facile, 1,3 miliardi di euro si prelevano dal concorso dell'Italia al finanziamento dell'Unione europea, si prendono da lì e si coprono le esigenze dei Ministri. E poi vi è il «bancomat», che abbiamo già utilizzato, ovvero il Fondo per le aree sottoutilizzate, possiamo prendere le risorse anche da lì: 1 miliardo e 100 milioni per il 2007, 5,4 milioni per il 2008 e 11,3 milioni per il 2009. Possiamo attingere queste somme dal Fondo per le aree sottoutilizzate anche se tali risorse hanno un indirizzo e uno scopo ben preciso, in un secondo momento si vedrà se si potranno restituire.
Ricordo, onorevoli colleghi, che lo scorso anno durante la sessione bilancio il sottosegretario Letta e il Ministro Bersani affermarono che le coperture finanziarie della legge finanziaria ricavate dal Fondo per le aree sottoutilizzate sarebbero state transitorie e sarebbero state rimesse a posto: è passato un anno, ed ancora aspettiamo che ciò avvenga.
Questo è lo scenario con il quale affrontiamo l'esame del disegno di legge di conversione questo decreto-legge.
Un altro aspetto che ritengo assolutamente fondamentale è il corretto passaggio del provvedimento sia in Commissione sia in Assemblea; ciò è necessario, anche per migliorare il testo dello stesso. Il testo infatti non deve essere migliorato solo esclusivamente nei contenuti, ma anche nella forma. Nell'iter legislativo, nei cosiddetti lavori preparatori all'Assemblea, vengono espressi dei pareri da parte delle Commissioni, per quanto riguarda la materia di attinenza della Commissione di merito, e il parere del Comitato per la legislazione, che in questo periodo ho l'onore di presiedere. Ritengo però che né il Governo né il relatore abbiano letto questi pareri che prevedevano una serie di suggerimenti e di correzioni.
Mi preme segnalare questo aspetto con correttezza alla Presidenza, perché il parere del Comitato per la legislazione ha prodotto una serie di emendamenti, contenuti nel fascicolo, non mirati a una modifica o a una scelta politica, bensì diretti a correggere errori madornali presenti all'interno del disegno di legge di conversione in esame. Pertanto, invito il Presidente della Camera, nel momento in cui lunedì dichiarerà le inammissibilità, a prendere in esame tali emendamenti in quanto mirati a migliorare, almeno dal punto di vista estetico, il provvedimento.
Faccio alcuni esempi. In primo luogo, il mio emendamento 3-bis.1 mira ad inserire una modifica nella disposizione prevista dall'articolo 3-bis del decreto, nel testo legislativo, che regola la materia, non modificando direttamente una norma che è stata addirittura abrogata. In altri termini, l'emendamento migliora, pulisce e sistemaPag. 55sul piano formale il disegno di legge. È questo lo scopo per cui è previsto il passaggio e il forte dibattito in Commissione bilancio, e il dibattito in Assemblea: sono passaggi che servono ad intervenire anche sulla forma. Si consideri inoltre l'altro mio emendamento 5.8, che tende a sostituire il termine «sforamento» - usato in modo veramente promiscuo, ora nel senso di eccedenza di spesa, ora nel senso di superamento del limite di spesa, ovverosia due concetti diversi - con un'espressione appropriata ai diversi contesti. In altre parole, se dovete scrivere delle disposizioni, almeno scrivetele bene! Vi sono altri emendamenti che - credetemi - vorrei leggere per intero, alcuni dei quali sono assolutamente palesi. Ho riscontrato una disposizione dove si trova l'espressione «a decorrere dal 2007». Che significa tale espressione? Che avreste dovuto prevedere la copertura finanziaria per il 2007, 2008 e il 2009. Allora sostituite l'espressione «a decorrere dal 2007» con l'espressione «per il 2007», almeno sarete coerenti. Infatti, se l'espressione usata fosse «per il 2007» andrebbe bene la copertura di tale anno, se invece l'espressione fosse «a decorrere dal 2007» dovreste provvedere alla copertura anche per gli anni successivi.
Ho, altresì, presentato emendamenti che riguardano le rubriche degli articoli. Infatti, mi chiedo come potete pensare di mantenere la formulazione della rubrica dell'articolo 27 «Modifiche all'articolo 1, comma 1156, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - LSU Calabria», considerato che dei contributi li avete dati pure alla Campania.
La rubrica dell'articolo 4 recita «Commissari ad acta per le regioni inadempienti» Che significa? Inadempienti in che senso? Occorrerebbe sostituire tale formulazione con «Commissario ad acta per le regioni inadempienti rispetto al piano di rientro dal deficit sanitario». È più logico scriverlo in tale maniera, risultando anche più comprensibile per il cittadino che deve applicare la norma.
Nella rubrica dell'articolo 33 avete usato l'espressione «trasfusioni infette», mentre sarebbe stata più opportuna l'espressione «trattamenti sanitari», che è anche esteticamente più corretta rispetto alla formulazione originaria.
Vi è tutta una serie di emendamenti che mirano a far sì che la Camera possa licenziare un testo accettabile, anche corretto in ordine ad una serie di fatti formali che, a mio avviso, in politica rappresentano anche fatti sostanziali. La forma non è solo forma. La forma è dimostrare che il Parlamento sa legiferare e lo sa fare correttamente. L'elenco di tali proposte emendative è lungo, sottosegretario, e intendo lasciarglielo perché ritengo che rappresenti una serie di emendamenti e suggerimenti che può solo migliorare esteticamente il provvedimento in esame.
In conclusione, poiché vi è poco da dire rispetto a quanto è stato già affermato ieri, ciò che rimane è il rammarico, non la rabbia, di non riuscire ad incidere, di non riuscire a partecipare al miglioramento di un testo legislativo. Il rammarico riguarda il fatto che il Parlamento dovrebbe essere la prima istituzione a rispettare le regole.
Infatti, il messaggio che noi diamo al Paese nel momento in cui utilizziamo la decretazione d'urgenza fuori dai limiti che la legge impone per emanare decreti di urgenza, è il seguente: se noi non rispettiamo la legge, potete non rispettarla anche voi. È il Parlamento che deve per primo applicare la corretta maniera di legiferare! I parametri e le regole che appartengono a tutti non vanno tradite, perché non è tanto grave tradirle quanto è grave il messaggio che il tradimento di questi principi trasmette fuori.
L'antipolitica non nasce per caso, ma nasce fondamentalmente per una carenza di risultati, per un'incapacità di fare leggere le norme in maniera chiara al cittadino. Noi siamo i responsabili: è inutile che ci lamentiamo di Grillo, di Santoro. Se esistono i Grillo, i Santoro, se esiste l'antipolitica, i primi responsabili siamo noi che non agiamo nella maniera in cui dovremmo agire. Caro onorevole Di Gioia, ho apprezzato il suo sforzo. Lo ha detto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ieri lo hanno detto l'onorevole Garavaglia, l'onorevolePag. 56Peretti e l'onorevole Zorzato, che sono i capigruppo in Commissione Bilancio, ma lo voglio aggiungere anche io: se voi lo riterrete opportuno, tutti i partiti della Casa delle libertà saranno disponibili a ridurre al minimo il numero degli emendamenti, se voi ci garantirete un dibattito sereno e costruttivo che restituisca al Parlamento la possibilità di incidere positivamente su questo provvedimento. Mi aspetto da voi uno spirito costruttivo. Non potrete mai dire che da questa parte vi è stato ostruzionismo o che vi è stata una mancanza di volontà a voler migliorare il testo. Da questa parte vi è stata la più ampia collaborazione a svolgere il nostro lavoro in maniera seria e corretta. Adesso la palla è nelle vostre mani. Se voi porrete la questione di fiducia, vuol dire che non vi fiderete della vostra maggioranza perché questa opposizione che vuole ben costruire e ben legiferare, vi ha dato la dimostrazione di voler lavorare seriamente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Bricolo, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritta a parlare l'onorevole Gardini. Ne ha facoltà.
ELISABETTA GARDINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi e colleghe, siamo in questa sede a continuare a riflettere sul disegno di legge di conversione del decreto-legge recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale. Anche se c'è da chiedersi se il titolo corrisponda a quello che noi troviamo all'interno di questo provvedimento. Infatti, le scelte operate dal Governo e dalla maggioranza con esso ci preoccupano. Potrebbe sembrare un verbo non forte quando dico «ci preoccupano». Invece è un verbo a cui ho pensato e che ho scelto con cura, perché volevo usare una parola che esprimesse insieme alla preoccupazione anche il senso di grande responsabilità che noi come opposizione stiamo dimostrando in questi giorni di lavoro così faticosi e non certo per scelta nostra.
Il decreto-legge in esame è la dimostrazione che il Governo Prodi non può e non sa pensare a medio e lungo termine ma continua a navigare a vista. Non c'è nemmeno l'ombra, infatti, di quella indispensabile, auspicata, doverosa riduzione delle spese e non c'è nessun impegno nel risanamento dei conti pubblici. Non c'è nessuna risposta significativa ai problemi reali e urgenti del Paese e delle famiglie. Anzi, a questo proposito, devo dire che la famiglia è la grande assente: lo ricordava questa mattina l'onorevole Capitanio Santolini. È stata una delusione, in particolare per noi parlamentari donne, vedere come Rosy Bindi, una donna, Ministro per le politiche della famiglia, non sia riuscita a portare a casa una sola cosa per la famiglia.
Ritengo che le sue lamentele appaiano addirittura grottesche, perché lei è il Ministro. Potrebbe dare un segnale forte con le dimissioni, oppure dovrebbe combattere fino a portare a casa qualche risultato. Quando il Ministro Bindi afferma che sta studiando da un anno, per le famiglie numerose, la questione delle tariffe, ebbene, signori, veramente il termine grottesco non basta a descrivere questa situazione! Ricordo che, prima dell'estate, proprio il Ministro Bindi condusse da Prodi l'associazione delle famiglie numerose; tennero anche una conferenza stampa dopo l'incontro e sembrava che si trattasse soltanto di quantificare il «quanto», ma non il «quando»; sembrava che «qualche cosa», almeno nella legge finanziaria, vi sarebbe stata, mentre vedendo ciò che è stato previsto nella manovra, sembra che questo «qualche cosa» sia equivalente allo zero assoluto.
Le vostre scelte sono volte ad allargare il consenso politico, questa è la verità: non potete pensare al bene del Paese. Per tale motivo preferite mantenere e incrementare perfino una pressione fiscale che è già a livelli record. Non so se state vivendo blindati - come in una navicella spaziale o quant'altro - ma guardate che l'opinione pubblica è sbigottita e arrabbiata! Non c'è bisogno di guardare i sondaggi, basta passeggiarePag. 57per una strada e frequentare i luoghi della vita comune della collettività, come un supermercato, un autobus o l'uscita di una scuola.
Ma non vi è solo l'opinione pubblica. I segnali di preoccupazione sono arrivati da molte parti: il Fondo monetario internazionale ha criticato il Governo per le misure adottate per il risanamento del debito e ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Paese. Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha affermato che la manovra finanziaria per il 2008 non sfrutta il favorevole andamento delle entrate per accelerare la riduzione del debito e non restituisce ai contribuenti una quota significativa degli aumenti di gettito. Il Commissario europeo, Almunia, ha sospeso il giudizio sulla legge finanziaria, ma non gli piace e non lo nasconde. La Banca d'Italia, infine, rileva la necessità di diminuire la pressione fiscale.
Sappiamo tutti che dal 1o gennaio (data del varo della legge finanziaria) al 30 settembre, ogni contribuente italiano - e sono più di 40 milioni - ha pagato 271 euro in più. Il gettito fiscale, dunque, senza calcolare quello derivante dalle imprese, è cresciuto di 11 miliardi di euro: 8 miliardi e mezzo versati nelle casse dell'erario e 2 miliardi e mezzo alle esattorie locali. Ciò è avvenuto perché le tasse locali sono aumentate, in media, del 9,4 per cento e questi sono dati tratti dal bollettino delle entrate fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze. In tutto, quindi, il cosiddetto extragettito, nei primi nove mesi dell'anno, è stato superiore a 15 miliardi di euro.
Il Governo non si è mosso nella direzione indicata dall'Europa: non ha usato ogni euro proveniente dal maggior gettito per la riduzione del deficit, come prevede il Patto di stabilità. No! Il Governo è andato nella direzione opposta: ha tassato maggiormente i cittadini, per poter aumentare la spesa; un «tassa e spendi» contrario non solo alle direttive europee, ma ad ogni principio economico!
Ve lo hanno già ricordato, tuttavia mi sembra un esempio calzante e lo vorrei ripetere: secondo voi, un padre di famiglia fortemente indebitato (e Dio solo sa quanti ce ne sono, in questo periodo, con questi chiari di luna), il quale ricevesse una gratifica, un'entrata extra o una tantum, la utilizzerebbe per ridurre le rate del mutuo, o per comprare qualcosa di superfluo, come un regalo ai figli o alla moglie? Se volesse seguire l'esempio del Governo, comprerebbe il superfluo. Il Governo, infatti, ha speso interamente il gettito aggiuntivo, attraverso i due decreti-legge sui «tesoretti» (quello di luglio e quello che, oggi, è all'esame dell'Assemblea).
Prodi ci sta fornendo un classico esempio di tax push: quando le entrate tributarie aumentano, si finisce sempre per trovare il modo di spendere queste entrate aggiuntive.
Si tratta della semplicissima ragione per la quale un aggiustamento nei conti pubblici incentrato sull'incremento delle entrate non potrà mai essere duraturo. Per sanare i conti pubblici bisogna ridurre la spesa pubblica, non farla viaggiare come un treno in corsa, un treno - badate - ad alta velocità: forse è questa la vostra vera TAV! Avete sprecato la grande occasione della ripresa economica in atto dalla fine del 2005, e i dati di Bruxelles certificano il fallimento della vostra politica economica.
Nel 2008 la crescita dell'Italia sarà la più bassa della zona euro. Stando alle parole del commissario Almunia, che non vede nella legge finanziaria misure convincenti finalizzate a contenere la crescita della spesa, è prevedibile che il prossimo anno non ci sarà nessun miglioramento nel rapporto deficit-PIL: l'avanzo primario rimarrà sostanzialmente invariato e la spesa in interessi aumenterà di un altro 0,1 per cento. Quindi tutto il Paese paga il prezzo del non Governo, il prezzo delle controriforme di Prodi e della sua maggioranza. È normale chiedervi: non vi sembra che le tanto sbandierate lenzuolate di Bersani si infrangano su questi risultati? Dove sono gli effetti di queste straordinarie liberalizzazioni?
In questi ultimi cinque anni abbiamo visto i nostri partner europei implementare riforme strutturali, abbassare le tasse,Pag. 58aumentare la competitività e liberalizzare l'economia. Cosa ha fatto il Governo Prodi? Dobbiamo ricordare che, prima di lui, il Governo Berlusconi aveva inaugurato la grande stagione delle riforme, dalla legge Biagi alle pensioni, alla riduzione della pressione fiscale, alle infrastrutture, nonostante ci trovassimo in un periodo di stagnazione europea. È proprio per questo che Prodi, una volta iniziata la ripresa, ha potuto trovarsi tra le mani i «tesoretti»: altro che Visco! Allora che fa Prodi? Sperpera i «tesoretti» in mille rivoli che non hanno nessun effetto serio, né sulla crescita, né sulle categorie sociali che dovrebbero beneficiarne.
Aveva detto « lasciateci lavorare», un po' tra l'infastidito e il minaccioso, l'ultima volta che Bruxelles aveva sollevato dubbi sulla sua politica economica, ma lo spettacolo che Prodi offre al Paese non è quello di un Governo che lavora, ma quello di un Governo in agonia. Poco importa, a questo punto, se l'agonia dura un'ora, un giorno, una settimana o un mese. Basta leggere i titoli dei giornali (di tutti i giornali, badate bene, non di quelli di parte) delle ultime settimane per non avere dubbi. Basta aver seguito sulla stampa le vicissitudini del famosissimo emendamento Rossi, di cui abbiamo parlato tanto, anche qui in Aula, per capire come funzionano le cose all'interno della maggioranza: il bonus incapienti è stato raddoppiato da 150 a 300 euro; sui giornali un giorno vive, il giorno dopo non c'è più, poi abbiamo notizie su come si pensa di scavalcare l'ostacolo (una volta rivedendo la platea dei beneficiari, un'altra volta spalmando il bonus di 300 euro in due tranche per accollare una parte della copertura sul 2008), poi i dubbi spariscono e si giunge alla conclusione che è meglio ripristinare il dispositivo originario. Comunque Rossi avverte: tanto al Senato devono ripassare, li aspetto. Mi sembra, pertanto, inutile che Prodi e Padoa Schioppa parlino di semplice correzione alla Camera: in ogni caso - su questo Rossi ha ragione - si dovrà tornare al Senato. D'altra parte ricordiamo che fu proprio Prodi a favoleggiare di chissà quali tesori nascosti nei conti dormienti, e il dissidente Rossi non ha fatto altro che dargli retta.
Ebbene, il percorso al Senato di questo decreto-legge non è stato proprio lineare, tanto che, per citare un esempio, il Riformista il 26 ottobre titolava: «Prodi non sa più dove mettere la pezza. L'ennesima giornata nera tra Senato e Palazzo Chigi, il centrosinistra arranca tra agguati, zuffe e proiettili». Mi sembra che oggi al Senato sia andata in scena l'ennesima puntata di questa telenovela senza fine.
Ora però siamo alla Camera, alle prese con questo provvedimento che non rispetta i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza previsti dalla Carta costituzionale per l'emanazione dei decreti-legge. È già stato ricordato, infatti, che la maggior parte delle norme potevano e quindi dovevano essere inserite in uno o più disegni di legge ordinari. Evidentemente i criteri d'urgenza sono altri, l'unica urgenza sembra - proprio leggendo l'articolato di questo decreto-legge - quella di assicurarsi il favore delle varie forze politiche, che al Senato diventa anche il favore dei singoli senatori. Il lavoro al Senato, infatti, ha peggiorato e aggravato la situazione, con l'inserimento di norme che altro non faranno che disperdere preziose risorse finanziarie.
Alcune di queste norme sono prive di coperture adeguate: abbiamo ascoltato i colleghi della Commissione Bilancio in Aula, ma già nei resoconti dei loro lavori in Commissione si vede come abbiano ricordato e sottolineato con forza e senso di responsabilità che il Governo non ha dato risposte alle criticità del decreto-legge. In Commissione, infatti, i colleghi hanno sottolineato che le risposte pervenute dal Governo hanno eluso le questioni più importanti, in quanto si riferiscono esclusivamente alle norme già contenute nel testo iniziale del decreto-legge, mentre le risposte alle richieste di chiarimento formulate nella documentazione predisposta dagli uffici della Camera non sono mai pervenute. Sono pervenute soltanto,Pag. 59quindi, risposte di carattere formale, che non chiariscono i problemi, e dunque assolutamente insoddisfacenti.
Non c'è, soprattutto, alcun riferimento alle questioni più rilevanti, come l'agevolazione per gli incapienti, le disponibilità effettivamente sussistenti sui conti dormienti e la copertura dell'intervento relativo ai residenti del comune di Campione d'Italia. Non erano problemi di carattere politico, ma di carattere tecnico, e l'assenza di una presa di posizione da parte del Governo su tali temi ha complicato il lavoro dei gruppi politici, in particolare di quelli dell'opposizione.
In Commissione, alla fine, questo decreto-legge non è stato votato. Ora siamo molto preoccupati, perché, stando alle voci, sembra che verrà posta la fiducia all'inizio della prossima settimana. Avremo, quindi, una situazione che davvero umilia il ruolo della Camera e che espropria il Parlamento delle sue prerogative: questo decreto-legge verrebbe approvato senza il voto della Commissione e senza il voto in Assemblea. Mi associo all'appello fatto poco fa dal collega Giudice, perché credo, colleghi della maggioranza, signori del Governo, che non dovremmo permettere che si apra un vulnus così pesante nella nostra vita democratica.
Nonostante questo, abbiamo continuato a lavorare nelle Commissioni con impegno, in modo propositivo e costruttivo. Faccio parte della XII Commissione (Affari sociali), e credo che tale Commissione, che si occupa di sanità, di salute e di problemi sociali, sia un po' il cuore della politica. È vero che la cornice la dà l'economia, ma il cuore della politica credo stia nella nostra Commissione: ebbene, anche lì siamo rimasti delusi.
Venendo al merito, mi soffermerò brevemente sull'articolo 4, sul quale è già intervenuto il collega Di Virgilio. La norma relativa alla nomina di un commissario ad acta nelle regioni nei cui confronti si prefiguri il mancato rispetto degli adempimenti relativi ai piani di rientro dai deficit sanitari ci lascia perplessi. Tale misura non si comprende bene, anche perché, quand'anche fosse questa l'interpretazione, essa si concentrerebbe esclusivamente sui profili contabili, senza considerare le regioni che sono inadempienti nell'erogazione di servizi sanitari di carattere essenziale.
Anche l'anno scorso dibattevamo sulle regioni non virtuose: il Servizio sanitario nazionale aveva bisogno di 100 miliardi di euro e il Governo disse che ce n'erano solo 97, salvo, poi, trovare nelle pieghe della finanziaria quei tre miliardi che venivano riservati in esclusiva proprio alle regioni non virtuose. Allora dicemmo che non era possibile dare soltanto i tre miliardi per coprire i buchi senza andare a vedere le ragioni per cui questi buchi si erano verificati, anche perché - lo si continua a ripetere - molto spesso le regioni non virtuose sono quelle che approntano anche i servizi meno efficienti per i loro cittadini.
Quest'anno sento parlare di cifre ancora più grandi: 9 miliardi di euro, da dare sempre alle famose regioni non virtuose. C'è da aggiungere anche che il mancato rispetto dei citati piani di rientro comporta come unica sanzione un inasprimento della pressione fiscale sui cittadini e sulle imprese, e questo torna a confermare la tendenza di questo Governo all'aumento del prelievo fiscale. È vero che non dubitiamo dell'amore e della passione per le tasse di questo Governo; non lo dubitavamo nemmeno prima che il Ministro Padoa Schioppa facesse quell'outing che ha fatto tanto parlare, affermando che le tasse sono bellissime: avrete visto anche voi, in un programma di satira, come egli veniva poi associato a quel personaggio di un famoso cartoon, il serpente Bis, tratto da Robin Hood, che esultava, anche lui innamoratissimo delle tasse.
Sempre per restare nella sanità, abbiamo il problema relativo all'accreditamento delle strutture sanitarie private che spesso, secondo voi, sono fonte di indebitamento del sistema sanitario; al contrario, i meccanismi di accreditamento possono generare risparmi, come dimostra benissimo, ad esempio, il caso della regione Lombardia.
E poi il fatidico, famigerato 5 per mille dell'IRPEF. Anche in questo caso abbiamoPag. 60ogni anno una storia faticosa: il 5 per mille che non c'è, che poi viene reintrodotto, si mette un tetto, sembra veramente che ci sia una sorta di allergia a riconoscere al contribuente la capacità e la facoltà di destinare una seppur piccolissima parte delle proprie tasse a qualcosa per cui il cittadino ritiene buono e giusto versarle, e che, soprattutto, può vedere, verificare e controllare. Tale istituto, che è nato per finanziare il volontariato e la ricerca, ora viene esteso alle associazioni di carattere sportivo, con il rischio dunque di penalizzare proprio la ricerca. Eppure ricordiamo che il 5 per mille era piaciuto agli italiani: 16 milioni di loro vi avevano aderito.
Un altro argomento di cui si parla molto è quello dei giovani. In televisione il Ministro Melandri sembra sempre molto appassionata alla situazione dei giovani: mi fa piacere; sarei lieta di potermi confrontare più spesso con lei in Commissione, dove non mi è mai capitato di incontrarla, non credo per colpa mia, visto che sono quasi sempre presente.
L'articolo 28 del provvedimento in esame, ai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater, reca norme sull'Agenzia nazionale per i giovani; in pratica, si attua una decisione della Commissione europea del 30 aprile 2007. Il programma europeo «Gioventù in azione» persegue quattro obiettivi generali importanti: la promozione della cittadinanza attiva dei giovani; lo sviluppo di solidarietà, tolleranza e comprensione; la creazione di sistemi di sostegno; lo sviluppo della cooperazione europea nel settore della gioventù. Tuttavia, le risorse stanziate sono poche: esse vengono praticamente assorbite dalle strutture che devono gestire i progetti, e quasi nulla rimane per i progetti stessi.
Non ritorno sull'emendamento Rossi: ne abbiamo già trattato abbastanza, anche in Commissione. Si tratta di un emendamento che porta l'elargizione agli incapienti da 41 centesimi a 82 centesimi al giorno. Tale importo è stato stimato corrispondente a mezzo chilo o a un chilo di pane. Tra l'altro abbiamo visto che il pane, che è un bene primario, è soggetto oggi ad aumenti che appaiono incontrollati, e l'Authority sta verificando se non ci sia qualcosa di non chiarissimo in questo aumento così sconsiderato; abbiamo visto nei telegiornali un panificio che ne ha fatto una svendita: alla fine hanno detto che non lo avrebbero fatto mai più, perché la fila di persone che si presentavano al panificio non permetteva di far fronte alla grande richiesta.
Quando si formano le code in un Paese, per andare ad una svendita del pane, credo che la situazione sia seria e richieda risposte altrettanto serie.
Vi sono, poi, diversi stanziamenti. Ricordo quello per gli asili nido, di appena 25 milioni di euro. Lo stesso importo è stabilito al fine di integrare il fondo per le politiche sociali. Insomma, si tratta di una congerie di disposizioni dal contenuto limitato, che non permettono di fornire risposte complessive.
In questi giorni, con il Ministro Ferrero, abbiamo tentato di affrontare ed avere delle risposte in ordine ad una copertura finanziaria decente per quanto riguarda il gravissimo problema della non autosufficienza. Ebbene, anche per tale questione vi sono solo parole, tavoli di lavoro, ma nessuna data, cifra e nulla di certo e di concreto.
Con l'articolo 33 del provvedimento in esame il Governo intende dirimere le controversie insorte tra il Ministero della salute e gli emotrasfusi. Anche in questo circostanza abbiamo constatato che l'importo di 150 milioni di euro per il 2007 permette di rispondere solo a 375 soggetti, mentre nulla si dispone per gli altri 1.225 attualmente in causa. Infatti, alla data del 26 luglio 2007, grazie ad un censimento effettuato dallo stesso Ministero, il totale dei casi ammontava a circa millecinquecento.
Noi ci chiediamo e vi domandiamo, soprattutto, per quale ragione non avete affrontato i problemi che allarmano e gravano sulle famiglie. Perché non avete affrontato il problema grave e urgente delle famiglie che hanno acceso mutui a tasso variabile? Ci domandiamo e vi domandiamo per quali motivi non avete datoPag. 61una soluzione alla portabilità dei mutui, questione finita sul binario morto delle liberalizzazioni.
Inoltre, non avete fornito alcuna risposta al problema dei rigassificatori, in quanto l'articolo 46 del provvedimento in esame non sblocca il procedimento per la costruzione e l'esercizio dei rigassificatori, ma lo complica ulteriormente. Vi domandiamo per quali ragioni colpite le piccole e medie imprese, come risulta da tanti articoli, che non vado a citare, e dai tanti conteggi espletati dalle associazioni che si occupano di tali questioni.
Purtroppo, la sinistra radicale ha imposto le sue scelte, anche in ordine alle risorse idriche, facendo prevalere il ritorno all'imprenditoria pubblica. Insomma, nel provvedimento in esame non vi sono interventi volti a produrre sviluppo ed equità. Faccio notare che il titolo del decreto non trova corrispondenza con il suo contenuto. Vi sono solo erogazioni a pioggia, senza affrontare una sola delle grandi questioni che riguardano la famiglia, le infrastrutture, l'energia e la modernizzazione del Paese.
In ordine alle infrastrutture l'onorevole Di Gioia aveva affermato, invece, che uno dei punti qualificanti del provvedimento in esame sta proprio nelle risorse destinate alle infrastrutture, pari a 3 miliardi e mezzo di euro. Nella scorsa legge finanziaria erano stati stanziati anche maggiori fondi e abbiamo riconosciuto che si trattava del 12 per cento in più rispetto a quanto stanziato dal Governo Berlusconi nella sua ultima legge finanziaria. Tuttavia, se i soldi vengono stanziati ma non sono spesi, possiamo affermare di avere investito nelle infrastrutture? Dei 6 miliardi stanziati nella scorsa legge finanziaria, quanti ne sono stati effettivamente erogati? La risposta ufficiale è l'8 per cento ed in effetti la Corte dei Conti ha riconosciuto, nel rapporto sul bilancio 2006, che con il Governo Prodi si è avuta un'inversione di tendenza rispetto al periodo del Governo Berlusconi.
Questo Governo non solo non impegna le risorse ma, purtroppo, sembra che non sappia nemmeno spenderle. Poco fa il collega Giudice ha ricordato la riduzione del FAS, il Fondo aree sottoutilizzate, pari a 1.100 milioni di euro per l'anno in corso. La scusa addotta è che il FAS non riesce a spendere le ingenti risorse messe a disposizione proprio dal Governo Berlusconi.
Potrebbe anche andar bene questa politica di sinistra massimalista, che sembra prevalere ogni giorno e in ogni vostro provvedimento, se le cose fossero state spiegate chiaramente fin dal principio.
Ma credo invece che sul punto ci sia una sorta di inganno, anche rispetto a chi vi ha votato e ciò, dal mio punto di vista, spiega anche questa perdita di consensi. Infatti, nessuno di noi ricorda che Prodi in campagna elettorale - e, ancor prima, durante le primarie - fosse andato a dire che la logica sarebbe stata quella di una sinistra massimalista radicale e, quindi, di una centralizzazione, di uno statalismo, di una burocratizzazione dello Stato. I discorsi erano completamente opposti e si parlava di liberalizzazioni, di una sinistra moderna, europea e liberalizzatrice.
Viceversa, abbiamo il prevalere di una visione veterosindacale spalmata qua e là, che perpetua la divisione della società tra occupati e non occupati, tra garantiti e non garantiti. Continuiamo a sentire raccontata da vari esponenti della vostra maggioranza la vecchia favola della ridistribuzione del reddito. In questo caso, è una redistribuzione di povertà, ma Melograni (una persona certo non di destra, anzi assolutamente di sinistra, credo militasse nel PCI, finché non ci fu l'invasione d'Ungheria: uno dei pochi italiani che aprì gli occhi dopo tale evento) ha affidato ad un libro di qualche anno fa la favola della redistribuzione del reddito come una delle dieci grandi bugie della storia. Egli, con semplici conti aritmetici alla mano, dimostra come non vi sia possibilità di redistribuire qualcosa se non ci sono crescita e sviluppo.
Proprio oggi me lo riportava alla mente Il Foglio, che ha pubblicato un articolo. Si tratta di una traduzione dal The Wall Street Journal dove si spiega proprio che l'America è un Paese con una societàPag. 62fortemente dinamica. L'«ascensore sociale» funziona soprattutto verso l'alto. Non vi leggo i dati, ma fanno veramente invidia. Noi, invece, stiamo morendo di immobilismo, soffocati da una disuguaglianza immobile e non da chances e speranza.
Vi leggo solo poche righe: «La disuguaglianza è un problema solo quando si traduce in stagnazione sociale, che genera una società stratificata da dislivelli economici più o meno permanenti. Questo tipo di società può far nascere inquietudine e risentimenti».
PRESIDENTE. Onorevole Gardini, dovrebbe concludere.
ELISABETTA GARDINI. Sto per concludere, signor Presidente. Quanto ho letto, riporta ad un atteggiamento di questa sinistra massimalista che sembra esattamente rappresentata da un libro di Festa, che ho letto di recente Il partito della decadenza, in cui si afferma proprio che ci sono delle forze politiche, dei poteri che preferiscono un Paese in sofferenza, senza trasparenza, regole chiare, che non dia pari opportunità e possibilità, che non permetta ai giovani di sviluppare i propri talenti e le proprie potenzialità.
PRESIDENTE. Onorevole Gardini, per cortesia, la invito a concludere.
ELISABETTA GARDINI. Sto concludendo, signor Presidente.
Nel 2008 gli italiani pagheranno più tasse e lavoreranno per lo Stato due giorni in più, fino al 20 giugno. Abbiamo sentito anche il discorso sul lavoro nero. Credo che in questo momento avremmo bisogno di un buon Governo, invece abbiamo il Governo Prodi che, allo stesso tempo, è il più mastodontico Governo che l'Italia abbia avuto e anche, purtroppo, il peggiore. Non ci resta che augurarci che l'agonia sia veramente il più breve possibile.
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Brigandì, Cota e Dozzo iscritti a parlare: s'intende che vi abbiano rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, so di dare un dispiacere al relatore nel non rinunciare al mio intervento...
LELLO DI GIOIA, Relatore. No, è un piacere sentirti, per carità.
SIMONE BALDELLI. ...ma immagino che in questa sede qualche considerazione possa essermi concessa in ordine al provvedimento che stiamo analizzando.
Il decreto-legge, curiosamente, è denominato «interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l'equità sociale». Verrebbe da dire che, se questo è lo sviluppo e questa è l'equità sociale, Dio ci liberi e scampi da questo sviluppo e da questa equità sociale. Si tratta di un decreto-legge che, proprio in quanto tale, dovrebbe avere i presupposti della necessità e dell'urgenza; sorvoliamo sulla solita questione della sussistenza dei requisiti costituzionali, anche se francamente, a guardare articolo per articolo, ci si pone più di qualche dubbio, specie considerando le recenti sentenze della Corte costituzionale.
Il disappunto aumenta se si considera il modo in cui sono stati impegnati e redistribuiti gli 8 miliardi e mezzo di euro, in particolare con un'assenza di progettualità, e con la consapevolezza che alla Camera, a parte qualche modifica di natura tecnica, oltre alla necessaria modifica sulla copertura per gli incapienti (uno scivolone avvenuto al Senato e su cui la Camera ha dovuto riparare), è evidente che non c'è stata e non ci sarà, né in Commissione né in Aula, la possibilità di intervenire attraverso modifiche significative; al di là dell'impianto generale che pure, a nostro avviso, non è condivisibile.
In Commissione lavoro, per la parte di competenza, abbiamo presentato nel merito una proposta di parere contrario che è stata poi preclusa dall'approvazione del parere favorevole della maggioranza, seppure ci è stata in qualche modo riconosciuta la fondatezza di alcuni rilievi, inPag. 63particolare con riferimento ai lavoratori socialmente utili e al fondo di 10 milioni per la regione Campania e 60 per la regione Calabria. Ci chiediamo come nasca e perché ci sia questa disparità di trattamento tra queste due regioni beneficiarie, seppure in misura diseguale, del fondo e le altre regioni che pure hanno lavoratori socialmente utili attivi in questo momento, e che di questo fondo non beneficeranno. Allora forse, si tratta di un accordo politico sottobanco, realizzato con i presidenti e con qualche esponente politico della maggioranza che ha particolarmente a cuore la stabilizzazione e la soluzione dei problemi degli LSU residenti in queste regioni, che ha visto trascurati i lavoratori assunti, per colpa di quella che, oggi, è maggioranza parlamentare e che lo era anche nel 1996.
Questa invenzione geniale dei lavoratori socialmente utili è stata una delle condizioni che allora il Presidente Bertinotti, quando ricopriva il ruolo di segretario del partito di Rifondazione Comunista, pose sul piatto della bilancia al primo Governo Prodi per la sopravvivenza di quella legislatura e di quel Governo. L'istituzione di questa «pagliacciata» di Stato, una formula a metà tra l'assistenzialismo, lo statalismo e la carità, di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze fu uno degli elementi di contrattazione accolto dal Governo. Lo stesso Prodi, Presidente del Consiglio ancora molti anni dopo, paga le conseguenze con delle uscite di cassa che, inoltre, creano discriminazioni tra regione e regione. Ricordiamo altresì che, diversi mesi fa, è stato presentato un disegno di legge del Governo addirittura solo per i lavoratori socialmente utili della Calabria.
Quando si parla di diritti dei lavoratori e del miglioramento delle condizioni di un personale che non possiede alte qualifiche, che nella maggior parte dei casi si trova o si trovava in uno stato di semi indigenza e che ha ottenuto questa specie di posto pubblico, il cui costo è stato poi caricato sulle casse delle pubbliche amministrazione e degli enti locali, dobbiamo fare grande attenzione. Occorre, infatti, rispettare queste persone che si trovano in una situazione di aspettativa nella quale il Governo e questa maggioranza li mise allora e che, oggi, quella stessa maggioranza ha il dovere di risolvere.
Sta di fatto che tali cittadini non hanno ottenuto un aiuto, perché non li abbiamo aiutati a pescare; abbiamo semplicemente dato loro del pesce marcio, che stiamo pagando come se fosse pesce fresco! Si tratta di una spesa che lascia fuori, in maniera indiscriminata, ad esempio, gli LSU della Sardegna, della Puglia, della Sicilia o della Basilicata, ma che forse accontenta le pretese del governatore Loiero, di Bassolino o di qualche altro esponente della maggioranza, magari anche di Governo o di un partito di peso, che ha chiesto soldi per la propria regione al fine di impiegarli nella campagna elettorale. Sapendo che non si potrà correggere tale stortura, l'augurio è che almeno queste somme servano a risolvere in via definitiva il problema, anche se abbiamo il sospetto che non vi siano le coperture per gli anni successivi, perché ci pare di comprendere che vi sia una copertura solo per il 2007 e non anche per il 2008, il 2009 e per gli anni a seguire.
L'altro elemento è rappresentato dal contratto dei dipendenti pubblici per i quali si stanzia un miliardo. È evidente che con questo stanziamento si dia luogo - se gli esponenti del Governo e il relatore qui presenti, mi permettono di dirlo - ad una procedura piuttosto atipica perché in una maniera, che credo francamente non sia mai stata seguita prima, si vanno ad appostare dei soldi in un provvedimento attualmente in vigore che, tra l'altro, non sono sufficienti per tutto il comparto pubblico, o per lo meno per il comparto Stato, parastato e scuola. Un miliardo, infatti, non basta a coprire la spesa e, comunque, ribadisco che non si tratta di soldi appostati nel disegno di legge finanziaria, bensì nel decreto fiscale. Registriamo, quindi, un'atipicità di procedura che ci fa supporre che vi sia un'indecisione del Governo e che, come qualcuno sostiene forse a ragione, vi siano altri fondi da destinare alla copertura di una parte del contratto attuale e del prossimo. Vi sarebbe unPag. 64«tesoretto» che non è stato ancora tirato fuori e che uscirà nel mese di dicembre e in fase di contrattazione.
Vi è poi la questione dell'Agenzia nazionale per i giovani, un organismo che abbiamo già definito pletorico, sostanzialmente sovrapponibile all'inutile dipartimento delle politiche giovanili presente nel Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive. Nel provvedimento in discussione si stanziano risorse per tale Agenzia e, per l'assunzione del personale, si ricorre a un fondo la cui ratio è stabilita in maniera chiara, perché si tratta di un fondo previsto per fronteggiare «indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza». Credo che le «indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza» possano essere quelle legate alla sicurezza del territorio, alle forze di polizia, alla giustizia e all'emergenza carceraria; francamente, non mi sembra che l'Agenzia nazionale per i giovani possa in qualche misura rientrare all'interno di queste tipologie. Forse sbaglio, ma non mi sembra.
Vi è poi il fatto che l'Agenzia - guidata, peraltro, da una persona che ha quarantasei anni; quindi, anche sotto questo profilo si evidenzia la sua atipicità - costituirà una specie di portafoglio a sé rispetto al Ministero per le politiche giovanili e attività sportive perché gestirà 56 milioni di euro per il prossimo anno. Si tratta di un organismo sulla cui utilità abbiamo già avanzato, spesso e volentieri, dei dubbi.
È un'Agenzia, inoltre, che andrà ad assumere personale, definito da una parte del Parlamento «precario» (mentre noi, in modo più semplice, lo chiamiamo «flessibile»), ma che, visto l'andazzo - ricordato precedentemente dal collega Crosetto - registrato al Senato in questo senso, finirà per rientrare nella grande sacca dei precari pubblici da stabilizzare prima o poi.
Credo, dunque, che debba essere spesa una parola su un tema, che non è contenuto nel testo del decreto-legge, nel momento in cui si stanziano 8,5 miliardi di euro per riavviare nel Paese, almeno in linea teorica, un meccanismo di competitività. Abbiamo un sistema di pubblica amministrazione che fa registrare circa 400 mila eccedenze. Poche ore fa, al Senato, è stato approvato un emendamento che, seppure con criteri un po' più ragionevoli rispetto a quelli prospettati da Rifondazione Comunista, apre la strada ad un'ulteriore sanatoria. Qualcuno ha sostenuto che non si tratta di una sanatoria indifferenziata - e probabilmente ha ragione - in quanto si tratta di una sanatoria differenziata. I co.co.co, infatti, non sono più sanati tout court, ma vengono forniti gli strumenti per sanarli con un concorso creato ad hoc, dando dei punteggi e riservando loro delle vie preferenziali. Quindi, nei fatti, si turba la regolarità di una prova selettiva aperta, come prevista dalla Costituzione all'articolo 97.
Riteniamo che sia singolare effettuare una sanatoria dei cosiddetti precari presenti nella pubblica amministrazione, la quale, in questo momento, per bocca del Ministro Nicolais, registra oltre 400 mila eccedenze. È singolare non per il fatto che chi è precario non deve essere in qualche modo aiutato, ma perché crediamo che i veri precari debbano essere aiutati. A tal proposito, mi chiedo chi siano i veri precari. Ritengo che possano definirsi tali coloro che, da dieci anni, hanno un rapporto paradipendente con la pubblica amministrazione, e non quelli che hanno un contratto per tre anni a partire da questo settembre. Questi ultimi, infatti, non possono definirsi precari, in quanto, forse, sono amici di qualcuno che ha procurato loro un contratto in un ente pubblico, in un ministero, alla regione o alla provincia.
Si è avuta la buona creanza, rispettando una mozione, di cui io stesso sono stato primo firmatario insieme a tutta la Casa delle libertà, che si opponeva all'assunzione dei portaborse e dei collaboratori dei politici all'interno di questo genere di sanatoria.
Tuttavia, è necessario guardarsi in faccia. Se si vuole intervenire sul precariato, è necessario definire chi sono i veri precari ed è necessario escludere la possibilità che le sacche di precariato si creino di nuovo, a partire dall'Agenzia per i giovani. Quindi, il provvedimento in esame, perPag. 65quanto riguarda la parte sul lavoro, suscita i nostri dubbi e la nostra contrarietà.
Tuttavia, il nocciolo del problema relativo al lavoro non è, probabilmente, questo, visto che presto arriverà in Assemblea un provvedimento collegato alla manovra finanziaria, che toccherà gli importanti argomenti del welfare, del sistema delle pensioni, dei lavori usuranti, della riforma del mercato del lavoro e degli istituti di collocamento previsti dalla legge Biagi. Allora sì che vedremo esplodere (o implodere) le contraddizioni interne di una maggioranza che già da giorni al Senato - e già da mesi sulla politica estera - ha dimostrato di non esserci più.
Quindi, è necessario svolgere una riflessione anche su questo decreto-legge, il quale arriva alla Camera blindato, ritornerà al Senato blindato e rappresenta uno dei tanti elementi indicativi della cifra politica della maggioranza, che non ha più niente da dire a se stessa e niente da dare al Paese. Se, infatti, si danno soldi a un bambino, probabilmente li spenderà tutti in caramelle, mentre se si danno soldi a un buon padre di famiglia, egli avrà il buon senso di metterli da parte e di utilizzarli nei momenti di difficoltà. Quando sono i cittadini italiani, dalle loro tasche, con il «tesoretto» fiscale a dare i soldi a questo Governo, quest'ultimo, anziché metterli da parte con il buon senso del padre di famiglia, comincia a comprare caramelle per gli amici degli amici e ad investirli in cose inutili per se stesso e per il Paese.
Questa è la cifra politica di questo Governo ed è la cifra politica di questo decreto-legge, che purtroppo non avremo né il piacere di discutere né il piacere di modificare. Tenetevelo, dunque, così com'è: speriamo francamente che sia l'ultimo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Fava, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, onorevole relatore, non ripeterò nel mio intervento le considerazioni che sono state portate all'attenzione dell'Assemblea dai colleghi di Alleanza Nazionale e dell'opposizione in merito alla qualità di questo decreto-legge, alla sua impropria definizione di decreto fiscale, al fatto che avevamo avanzato - credo correttamente - questioni di costituzionalità e pregiudiziali su aspetti che ritornano prepotentemente in primo piano man mano che si scende nel dettaglio e nell'esame complessivo di questo provvedimento.
Né ripeterò le considerazioni svolte anche da ultimo - che condivido appieno - sul fatto che questo Governo ha sprecato una congiuntura assolutamente diversa rispetto a quella nella quale si trovò ad operare il Governo precedente, e su come esso abbia così dissipato l'occasione per trasformare un vantaggio finanziario in un vantaggio per il sistema Paese nel suo complesso, per recuperare sotto il profilo del debito pubblico, per svolgere quegli interventi strutturali che - essi sì - avrebbero giustificato il roboante titolo che accompagna questo decreto e che fa riferimento allo sviluppo e all'equità sociale.
Mi soffermerò, invece, su taluni aspetti che finora sono stati trattati solo marginalmente, e che pur tuttavia - onorevole relatore - erano stati oggetto di un adeguato approfondimento in seno alla IX Commissione, di cui faccio parte, e che attengono al tema dei trasporti e dell'editoria: argomenti che trovano entrambi ospitalità in questa sorta di provvedimento omnibus e che richiedono da parte del Parlamento un'attenzione particolare.
Sotto questi profili, non ci troviamo soltanto di fronte all'erogazione di risorse che cercano di sanare un deficit strutturale soprattutto per quanto riguarda le ferrovie: ci troviamo anche di fronte ad un capovolgimento in termini di approccio normativo, che rischia di creare un precedente e che comunque apre vari margini di riflessione sulla legittimità sostanziale dei percorsi che si intendono attivare con questo provvedimento.Pag. 66
Partiamo proprio dalle ferrovie. Sotto questo profilo, il provvedimento stabilisce una serie di contribuzioni: 800 milioni per l'anno 2007; ulteriori 215 milioni di euro da utilizzare nel 2007 per i progetti ricompresi nel piano di investimenti allegato al contratto di programma 2007-2011 stipulato dal Ministero delle infrastrutture. Credo che i colleghi - soprattutto quelli che operano in altre Commissioni - debbano conoscere l'andamento del dibattito che si è sviluppato, in seno alla IX Commissione, tra il Ministro Bianchi e l'amministratore delegato di Ferrovie Spa, dottor Moretti. Tale dibattito ha riguardato il tema del parallelismo, della congruità e della concordanza fra il contratto di programma sottoscritto dal Ministero e il piano industriale proposto nelle settimane scorse da Moretti per la modernizzazione del sistema infrastrutturale, per il rilancio di talune opere importantissime dal punto di vista strategico, nonché per quella che dovrebbe essere la realizzazione di quel sogno che fu annunciato in campagna elettorale dalla sinistra - in particolare da Prodi - sull'integrazione dei vari sistemi trasportistici del nostro Paese al fine di aumentarne la competitività a livello europeo ed internazionale.
In Commissione è stata rilevata in maniera macroscopica - anche da alcuni colleghi molto attenti della maggioranza - un'assoluta incongruenza tra questi due strumenti, il che denota non soltanto quella incapacità che traspare da un provvedimento che presenta tutti i limiti qui sottolineati dai colleghi che mi hanno preceduto, ma anche l'incapacità di realizzare una politica di sviluppo nel nostro Paese.
Non parliamo soltanto di equità sociale, ma di un sistema che, per esempio, per quanto riguarda il piano industriale, dovrebbe sostanzialmente mettere al centro della riflessione le modalità di realizzazione dell'intermodalità in un sistema Paese in cui, nonostante gli sforzi che tutti affermiamo di voler compiere per passare dal trasporto su gomma a quello su rotaie, utilizzando anche il sistema portuale, manca un incentivo o un intervento concreto che colleghi il trasporto su ferro con le portualità italiane.
Nel nostro Paese, vi è un sistema portuale molto ricco, composto da ben 170 portualità, ma non riusciamo ancora a sviluppare una politica di integrazione, che consenta ai Tir di trasportare la propria merce tramite ferrovia e giungere nei porti, dove la merce può essere distribuita lungo gli assi del circuito europeo. Questo la dice lunga su come si stia agendo in questo lasso di tempo sul piano dell'infrastrutturazione del nostro Paese.
Ma vi è di più: come si fa a ritenere quello in esame un provvedimento di sviluppo, soprattutto nel campo dell'infrastrutturazione ferroviaria, se con esso svanisce anche la possibilità, annunciata soprattutto attraverso i mass media con tanta pomposità dallo stesso Moretti e dallo stesso Ministro, di realizzare in brevissimo tempo circa mille nuovi treni?
È stato affermato che, nel giro di due o tre anni, avremmo affrontato il tema del pendolarismo con interventi concreti anche sul trasporto locale, ma tutto ciò non è previsto in questo provvedimento. Ormai, nel piano investimento per il 2008 non crede più neanche lo stesso Moretti, che qualche giorno fa, nel corso di un convegno, al quale ho avuto la fortuna o la sfortuna di partecipare - dipende dai punti di vista - ha affermato chiaramente che nella manovra finanziaria non ci sono risorse per realizzare il piano delle ferrovie 2007-2011.
Pertanto, ci teniamo i treni vecchi e i bilanci in rosso; e i passeggeri non ne possono più. Questo è il quadro nel quale ci stiamo muovendo, con un provvedimento che interviene in maniera parziale e dissennata sul sistema del trasporto.
L'articolo 7, che è stato anche modificato dal Senato, prevede interventi per rafforzare il sistema di trasporto metropolitano nelle città di Roma, Napoli e Milano. Peraltro, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché ci si limita soltanto a queste tre città, dal momento che vi è una progettualità molto più articolata e vasta. Oltretutto, da parte del precedente GovernoPag. 67erano stati introdotti e finanziati sistemi metropolitani di importanti città, e non soltanto di Roma, Napoli e Milano. Al di là di questo, ciò che stupisce, e che in qualche misura lascia anche qualche dubbio sulle procedure che si intendono adottare, è che, ai commi 2 e 3 del citato articolo 7, si introduca anche una deroga al patto di stabilità interno.
Vorrei sapere qual è il pensiero dell'ANCI, l'associazione dei comuni italiani, rispetto ad una deroga al Patto di stabilità interno, che viene concessa per tali interventi unicamente alle tre città di Roma, Napoli e Milano.
Ancora: per quanto riguarda l'utilizzo di tali somme, al Senato è stata inserita una norma che sostanzialmente prevede, tra l'altro, al comma 4, che esse vengano espressamente attribuite ai citati enti e ai citati comuni, a condizione che siano utilizzate entro il 31 dicembre del 2007. Ciò significa che è giusta l'osservazione svolta anche stamani da alcuni colleghi - in particolare il collega Leo, ma anche l'onorevole Crosetto - circa il fatto che ci troviamo di fronte all'utilizzo di un extragettito non ancora determinato nella sua dimensione definitiva (infatti, l'anno non è ultimato), che sostanzialmente viene utilizzato per finalità di conguaglio e non di investimento, dal momento che costringeremo questi comuni a un'accelerazione delle procedure (vorrei poi capire esattamente quali saranno gli iter accelerati che essi potranno seguire per utilizzare tali somme entro il dicembre del 2007, considerate le procedure complesse che pure i comuni debbono assolutamente adottare e rispettare).
Quindi, non siamo in una fase di investimento per il futuro, per quanto riguarda il sistema metropolitano, ma direi che siamo di fronte ad una logica di conguaglio, rispetto alla quale anche l'alchimia legislativa si scontra poi con le procedure che, di fatto, devono essere approntate.
Ma ciò che è singolare e che devo sottolineare riguarda un aspetto di rivendicazione - consentitemi di definirlo tale - da parte del centrodestra nei confronti del centrosinistra: non abbiamo dimenticato la fase di grande critica che è stata elevata, soprattutto dai banchi della sinistra, quando eravamo al Governo e veniva posta «al centro del mirino» la legge obiettivo. Si è detto di tutto intorno alla legge obiettivo: si è perfino sostenuto, da parte di taluno, che essa serviva, accelerando alcune procedure, a bypassare alcuni controlli, soprattutto sotto il profilo ambientale.
Oggi devo dire che vi è un ripensamento, molto tardivo per la verità, da parte del Ministro delle infrastrutture, che dopo avere in qualche misura criticato fortemente la legge obiettivo, fin dall'inizio dell'assunzione del suo incarico, adesso cerca di estenderla anche per quanto riguarda quelle opere finanziate che non rientrano però nel programma delle infrastrutture strategiche. Proprio in riferimento all'intervento previsto dall'articolo 7, stiamo parlando dell'utilizzo delle procedure contemplate dalla legge obiettivo per opere non ricomprese tra le infrastrutture strategiche, anche se di fatto potrebbero essere considerate tali (infatti, per definirsi tali sarebbero dovute essere indicate all'interno del programma delle opere strategiche).
Allora, forse, si sta introducendo un elemento fortemente innovativo, che, in forza del fatto che la legge obiettivo è entrata nel codice dei contratti pubblici, ne modifica l'essenza e la filosofia; sicché, non vi sarà più la necessità di definire strategica un'opera, perché tutte potranno essere in qualche modo annoverate nella legge obiettivo. Ciò, tuttavia, introduce un precedente molto delicato, e guarda caso lo si fa attraverso un decreto-legge, al quale si vuole attribuire il crisma dell'urgenza e della necessità, rispetto a materie molto più complesse e molto più delicate, sulle quali sarebbe stato opportuno un approfondimento serio da parte del Parlamento.
Vi è ancora un aspetto, molto più delicato, che riguarda l'articolo 9 e, prima ancora, il comma 7 dell'articolo 8 (anche in relazione a ciò, si è affermato che quello in esame è un provvedimento che inPag. 68qualche modo non allarga lo spettro della spesa, ma mira a contenerla: i fatti dimostrano esattamente il contrario).
Penso, ad esempio, a quanto previsto in tema di sicurezza della navigazione dello Stretto di Messina. Viene, infatti, istituita appositamente una nuova Autorità marittima della navigazione dello Stretto, e si afferma che si tratta di un'autorità da individuarsi ovviamente con decreto del Ministro del trasporti, con sede a Messina, e a cui sono attribuiti compiti inerenti al rilascio di autorizzazioni, concessioni, ogni altro provvedimento in materia di sicurezza della navigazione e di misure di prevenzione, nonché di regolazione dei servizi.
Si afferma inoltre che tutto ciò avverrà senza oneri aggiuntivi, ma come questo sia possibile non è facile da immaginare. Come un'autorità marittima con queste competenze, con questa funzione, possa essere istituita senza oneri aggiuntivi rappresenta un artificio sul quale ci piacerebbe avere qualche chiarimento serio e non solo attraverso espressioni che non aggiungono nulla alla capacità di analizzare in profondità il provvedimento.
Vi è un ulteriore aspetto che ci preoccupa moltissimo e che riguarda la possibilità stabilita dal provvedimento di autorizzare, nelle more della stipula di nuovi contratti di servizio, il trasferimento di risorse in capo a Trenitalia Spa. A tale proposito in Commissione si è svolta una discussione sulla quale mi sembrava avessero convenuto anche alcuni colleghi della maggioranza, dato che su tale questione emergeva in primo piano le modalità di affidamento dei contratti. Lì si fa un generico riferimento alla normativa comunitaria e non si specifica in maniera tassativa se questa formulazione comporti l'applicazione di procedure concorsuali. Dalla lettura attenta dell'articolato si desume anzi come rispetto a una revisione annuale che riguarda le caratteristiche quantitative e qualitative del servizio pubblico, cui si riversano e si indirizzano risorse, ci possa essere un affidamento diretto da parte del Ministero. Una tale modalità elude - francamente in maniera clamorosa - il ricorso alla concorsualità, alla gara. Mi auguro, avendo noi predisposto in materia un emendamento, che almeno questa correzione venga apportata al provvedimento che, se sottoposto al voto di fiducia, lascerebbe irrisolto un tema così delicato e complesso.
L'articolo 16 introduce nei primi quattro commi alcune norme che sono già contenute nel cosiddetto disegno di legge Gentiloni di modifica della legge Gasparri. Anche qui, questa mattina abbiamo ultimato in Commissione l'esame degli emendamenti. Si è quindi esaurita la fase di confronto in Commissione su questa materia complessa e articolata che ha richiesto del tempo e che fornito la possibilità di un confronto molto serio su argomenti chiave riguardanti il sistema televisivo nel suo complesso, la sua modernizzazione sotto il profilo tecnologico e la sua capacità di arrivare al digitale in maniera tale da non lasciare indietro il Paese.
Che cosa si fa al riguardo con il provvedimento in esame? Con esso, dato che bisogna conformarsi ai rilievi formulati in sede europea, si introducono alcune norme che anticipano sostanzialmente quel disegno di legge, con il risultato di determinare uno scorporo sostanziale di tali norme dal provvedimento legislativo complessivo; quest'ultimo è stato da noi criticato ma rispetto ad esso vi sono ancora margini di confronto serio in Parlamento, qualora si volesse giungere veramente ad una riforma del sistema televisivo e pubblicitario, anche con riferimento alla RAI. Tutto ciò significa che si sta utilizzando sostanzialmente questo strumento anche per depotenziare disegni legislativi che pure sono stati al centro di un lavoro molto attento del Parlamento. In questa maniera si espropria il Parlamento e non lo si mette in condizione di operare.
L'articolo 10 detta disposizioni in materia di editoria. Il comma 5 di tale articolo prevede a decorrere dall'esercizio finanziario 2008 la riduzione di agevolazioni tariffarie postali per la spedizione di prodotti editoriali e la correlativa riduzione della compensazione dovuta alla società Poste Italiane Spa a norma delPag. 69decreto-legge n. 353 del 2003. Su questo argomento richiamo l'attenzione del relatore perché in merito si è pronunciata recentemente l'Autorità garante della concorrenza e del mercato con una segnalazione inviata il 28 ottobre scorso ai Presidenti delle Camere e al Governo, nella quale ha rilevato che il mantenimento del regime tariffario agevolato in favore di Poste Italiane Spa, di cui al decreto-legge n. 353 del 2003, si pone in contrasto con le norme poste a tutela della concorrenza e del mercato. Questa disciplina determinerebbe - cito testualmente - «un'evidente e grave distorsione concorrenziale in quanto operatori postali diversi da Poste Italiane Spa non sono in grado di praticare offerte competitive agli editori, per la prestazione cui la normativa stessa si riferisce. L'Autorità sottolinea pertanto la necessità di apportare, in sede di conversione del decreto-legge, un intervento di modifica in senso pro competitivo delle disposizioni sulle agevolazioni per le spedizioni di prodotti editoriali».
Se dovessimo anche qui rimanere imbrigliati da un provvedimento che, in quanto sottoposto al voto di fiducia, non può essere corretto neppure in questa parte, rendiamoci conto di che cosa stiamo facendo. In altre parole, creeremmo ulteriori elementi che costituirebbero un vulnus alla competizione anche in questo particolare settore.
Mi fermo qui, perché - come ho affermato all'inizio del mio intervento - ho inteso trattare unicamente alcune questioni che erano state poste in sede di esame presso la Commissione della quale faccio parte, ed esprimo, per le considerazioni generali, una critica davvero molto forte nei confronti di questo provvedimento nel suo insieme.
Ci troviamo di fronte ad una logica che ripropone esattamente lo schema degli interventi a pioggia, di cui credo gli italiani possano tranquillamente fare a meno. Voglio ricordare, a me stesso soprattutto, ma dovrei ricordarlo soprattutto a voi, colleghi della maggioranza, che non più tardi di un anno fa, proprio in questa Aula, il Presidente del Consiglio, venendo a giustificare il voto di fiducia chiesto per la scorsa legge finanziaria ebbe a dire - e in qualche modo poi è intervenuto sull'argomento anche il Capo dello Stato - che bisognava avviare una nuova filosofia di approccio rispetto alla sessione di bilancio. Dopo un anno ci troviamo esattamente nelle stesse condizioni, ma quello che è peggio è che ci troviamo di fronte a un profluvio di interventi settoriali, che vanno incontro ad esigenze che non hanno nulla a che vedere né con lo sviluppo del Paese né, tanto meno, con l'equità.
Anche quelle correzioni apportate al Senato in «zona Cesarini» non sono sufficienti a dare dignità a un provvedimento di questo tipo, che bolla con il marchio dell'incapacità un Governo che davvero ormai è ridotto a poca cosa.
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lussana, Montani, Pini e Stucchi iscritti a parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, oltre ad essere l'ultimo iscritto a parlare le assicuro che sarò anche breve.
Le considerazioni sul provvedimento in esame, almeno quelle di natura tecnica, sono state ampiamente svolte dai colleghi che mi hanno preceduto. Si può richiamare così en passant la non necessità di procedere all'approvazione di questo disegno di legge di conversione in relazione al fatto che si tratta comunque di uno strumento che non doveva essere usato, ovverosia quello decretazione d'urgenza. Abbiamo già espresso tale opinione in occasione dell'esame da parte dell'Assemblea delle questioni pregiudiziali che abbiamo sottoposto all'attenzione della Presidenza e della stessa Assemblea.
Nel merito, il provvedimento in esame è legato alla capacità da parte di questo Governo di far danno e di essere irresponsabile, perché con esso si sta operando esattamente in modo contrario a quanto è necessario per la nostra economiaPag. 70e per la nostra finanza pubblica. È esattamente il contrario!
Il disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame è il frutto di una maggioranza che ha sempre avuto da ridire sui cosiddetti collegati alle leggi finanziarie. Tra l'altro, la stranezza del provvedimento in esame, che fa parte, insieme a quello del welfare, di una serie di collegati alla legge finanziaria, é dovuta al fatto che al Senato esso è stato classificato come collegato sebbene mancasse la sua menzione come tale. Ha trovato una sorta di posizione non del tutto legittima al Senato: lì è arrivato con una «scopertura» finanziaria enorme che, all'ultimo momento la maggioranza, in sede di Commissione bilancio, ha inteso sanare con quei due o tre famosi emendamenti tecnici che sono stati votati martedì sera.
Affermo questo perché l'impostazione è vecchia, legata ad una concezione che questa maggioranza ha sempre voluto eliminare dal proprio modo di fare politica, tanto è vero che lo stesso Ministro Padoa Schioppa si è lamentato lo scorso anno, dopo l'approvazione della legge finanziaria, perché bisognava modificare la sessione di bilancio, mettendo le mani ai Regolamenti e ha dato corso a tutta una serie di audizioni e proposte che gli competevano o non gli competevano. Secondo il Ministro l'assalto alla diligenza non doveva essere compiuto: bisognava troncare una volta per tutte il metodo usato dai parlamentari di salire sulla diligenza per farsi approvare qualche provvedimento che, a seconda dei casi, poteva interessare a uno o più di essi, a un gruppo o a una parte politica.
L'unica cosa che può cozzare contro questo modo di fare non è solo il Regolamento della Camera o la legge ma è anche il modo di fare di chi, da tecnico, ritiene di puntare il dito addosso ai politici e, poi, invece, in sede di presentazione del decreto-legge, si premura con l'articolo 26, poi soppresso, di dare un aiutino, ad una biblioteca centrale europea con sede in Milano, di 50 milioni di euro. Tale articolo 26 è stato soppresso per buonsenso. Penso che sia stato proprio all'interno del Consiglio dei Ministri che si è ritenuto di sopprimerlo, perché vi era un leggero conflitto di interessi: il direttore della biblioteca è il fratello di Padoa Schioppa. Questa operazione della biblioteca rinveniva già da una «leggina» che era pendente in Parlamento, a prima firma Duilio, e che non riusciva ad andare avanti nella Commissione competente e, quindi, si era pensato di passare ad un «articoletto» di questo decreto-legge per arrivare ad accelerare i tempi. Dunque non è stato portato alla nostra attenzione, ma è stato soppresso.
Sicuramente vi saranno, poi, ulteriori interventi in sede di proposta di legge, ma vedremo quello che si dovrà fare. Dico ciò per mettere in risalto il modo di fare di questo Governo e di questa maggioranza, che continuano a «predicare bene e razzolare male», anche da parte di chi - come Padoa Schioppa - non è un politico e si permette, come ha fatto in più occasioni, di puntare il dito contro i politici e il Parlamento, perché in tutta una serie di azioni il cosiddetto «tecnico» ha ben pensato di snobbare letteralmente le Camere.
Durante alcuni interventi precedenti, è stato portato qualche esempio a proposito di quello che ha affermato il Ministro Padoa Schioppa durante le sue varie audizioni in Parlamento (quando ha inteso sottoporsi alla nostra modestissima attenzione!) e quello che, invece, poi, egli ha ritenuto di fare o di non fare. L'arroganza del Ministro - sposata poi (devo rilevare, con amarezza) da tutto il Governo e dalla maggioranza - è venuta fuori dall'iter, dal modo in cui si è costruito il provvedimento in questo ramo del Parlamento e che viene portato oggi alla nostra attenzione. Infatti, di tale provvedimento, questo ramo del Parlamento non ha preso assolutamente cognizione: allo stato, infatti, saremmo costretti ad approvare un provvedimento che è stato costruito al Senato e del quale, presso la Commissione bilancio, competente per materia, non si è potuto visionare neanche un emendamento!
Siamo arrivati al punto che potremmo approvare - anzi, potreste approvare - il provvedimento, senza che questa CameraPag. 71cambi una virgola, se non - come dicevo prima - quei due o tre emendamenti tecnici, volti a coprire i dissidi interni che si erano manifestati, come ad esempio, l'emendamento di Fernando Rossi concernente il bonus per gli incapienti, quello relativo al biodiesel e tutta una serie di altre questioni che, con tre emendamenti, hanno trovato una copertura, dato che - come dicevo poc'anzi - questo provvedimento è arrivato alla Camera completamente privo di copertura finanziaria, e di parecchio! Di conseguenza, si è operato questo intervento tecnico, tuttavia, nel merito, la V Commissione non ha avuto cognizione di nulla!
Pertanto, questo è il nostro atteggiamento nei confronti di un provvedimento che - proprio come «ultima chicca», a proposito del predicare bene e razzolare male - toglie al Mezzogiorno una cifra pari a 1.100 milioni di euro (che vengono sottratti alle zone depresse), con un'operazione che era stata già compiuta nella scorsa manovra finanziaria e che viene ripetuta in questo provvedimento.
Poi, naturalmente, ascoltiamo i proclami sia del Presidente del Consiglio dei ministri, sia del Ministro dell'economia e delle finanze, sia anche del Presidente del Consiglio dei ministri in pectore (ultima trovata del Partito Democratico), sul fatto che la manovra finanziaria e, quindi, questo decreto-legge che ne rappresenta il cuore, sono a favore del Mezzogiorno e delle aree sottosviluppate! E poi si tolgono 1.100 milioni di euro a quelle aree, senza nemmeno restituire quelli che sono stati tolti con la precedente manovra finanziaria.
Lo dico in maniera molto serena: l'iter di questo provvedimento non avrebbe avuto assolutamente alcun ostacolo; anche in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo è venuto fuori che non vi era ragione di allarmarsi.
Questo provvedimento avrebbe avuto bisogno di un iter più lungo, vista la sua complessità, tant'è vero che in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo lo stesso Governo ebbe a chiedere l'allungamento dei tempi e quindi l'anticipazione, al fine di portarlo in Aula prima del previsto, perché esso doveva essere sottoposto ad un esame attento. Qual è stato l'esito di quella richiesta? Abbiamo allungato i tempi, ma il tempo, in Commissione bilancio, lo abbiamo passato seduti nei salotti, aspettando le decisioni della maggioranza, che naturalmente non sono venute fuori, dagli incontri tra gli esponenti della maggioranza, perché non ci si metteva d'accordo sulle cose da regalare a questo o a quell'altro gruppo! Potrei usare un termine molto in voga, che riprende il titolo da una nota trasmissione televisiva, ma non lo faccio per rispetto alla Presidenza.
Non si è approdati a nulla perché non ci si è messi d'accordo all'interno della maggioranza: tutto il tempo lo si è passato, solo e soltanto, a litigare all'interno della maggioranza e ad evitare che gli emendamenti proposti dalla maggioranza stessa venissero portati all'attenzione della Commissione bilancio.
Si è rinviato tutto in Aula, e poi è spuntato il toto fiducia: fiducia sì, fiducia no, fiducia giovedì, venerdì, lunedì o martedì! Aspettiamo che vengano estratti a sorte il giorno e l'ora in cui la questione di fiducia potrebbe essere posta, ma noi - come hanno già dichiarato altri colleghi - siamo pronti a ritirare la maggior parte degli emendamenti, a ridurli il più possibile mantenendo i più significativi e a discutere di questo provvedimento senza pregiudicarne l'approvazione e senza ostruzionismo (a parte il fatto che l'ostruzionismo non ci è stato possibile neanche farlo, in Commissione, visto che non è mai iniziata una discussione!). Siamo, però, pronti a portare a termine l'esame di questo provvedimento senza fiducia, così come era nelle intenzioni iniziali e così come sostenuto da parte di tutte le forze politiche che compongono questo Parlamento. Non si è mai parlato di ostruzionismo, né di condivisione, ma si è parlato di una possibilità di miglioramento del provvedimento, comunque senza ostruzionismo. Il fatto che oggi si venga a paventarePag. 72la possibilità di porre la questione di fiducia su questo provvedimento non sta né in cielo né in terra.
Paradossalmente, siamo noi a chiedere di non porre la questione di fiducia, perché è inutile e perché vi dimostreremo - cari colleghi della maggioranza e caro collega relatore - che non abbiamo interesse. I nostri emendamenti saranno ritirati, lo ribadisco: rimarranno solo e soltanto gli emendamenti che riteniamo più significativi per migliorare il provvedimento. Ciò anche per non vanificare il lavoro che lo stesso relatore - e gliene devo dare atto pubblicamente - ha svolto, e che non gli hanno fatto portare a termine. Quest'ultimo aspetto va sottolineato: il relatore non è stato in grado di portare a termine il lavoro fatto su questo decreto-legge perché non c'è stata la possibilità di confrontarsi. Torno a ripetere che non è stato votato un solo emendamento: è questo, dunque, il vostro modo di legiferare, di mettere a tacere l'opposizione e di gestire i nostri lavori.
Mi rivolgo alla Presidenza - non naturalmente al Presidente di turno - che dovrebbe avere un sussulto di dignità per questo Parlamento, al fine di evitare, ancora una volta, così come già è accaduto, che da questo Palazzo non esca una sola virgola su questo provvedimento, che non si venga messi nelle condizioni di valutare un solo articolo e un solo emendamento e che ci si debba piegare alle logiche della maggioranza e sottostare ad un'assurdità politica che penso nessuno sia in grado di capire, non solo in Italia, ma anche all'estero, per tutte le brutte figure che stiamo facendo e che continuiamo a fare.
In questo ramo del Parlamento, con una maggioranza e con una differenza di voti enorme, non si riesce a legiferare e a portare a termine un solo articolo o un solo emendamento e al Senato, grazie ai senatori a vita, si continua a legiferare. Questo non è bicameralismo, questo è monocameralismo perfetto: forse una riforma costituzionale l'avete già inventata e la state attuando, pur non avendola mai votata.
L'appello è questo: confrontiamoci sul provvedimento in maniera serena, senza volontà, da parte nostra, di impedirne l'approvazione. L'altro appello, rivolto alla Presidenza, è di evitare, una volta per tutte, che la disgregazione legislativa di questo ramo del Parlamento venga portata a compimento da parte di questa maggioranza, che non solo ci sembra non abbia più il diritto di governare, ma neanche il diritto di imporci scelte che noi e una buona parte democratica dell'Italia non condividiamo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.