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Seguito della discussione delle mozioni Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00248 e Ranieri ed altri n. 1-00252 relative ai negoziati sullo status del Kosovo (ore 17,05).
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, a nome del gruppo Italia dei Valori, voglio dire che inizialmente abbiamo guardato con interesse, se non con favore, almeno in linea di principio, alla mozione presentata dall'onorevole Giancarlo Giorgetti per il gruppo della Lega. Tuttavia, non potevamo e non possiamo oggi esimerci dal sollevare alcune obiezioni di principio e alcune questioni da chiarire, anche se un contributo notevole in tal senso è stato già fornito dal rappresentante del Governo.
La crisi nei Balcani dopo decenni ha riportato di fronte ad una attonita e fin troppo immobile Europa la barbarie della guerra, della distruzione e della fame, producendo dinamiche che ancora oggi rischiano, da un lato, di incrinare la stabilità del rapporto tra Stato e minoranze etniche nei vari Paesi membri (si pensi, ad esempio, alle correnti separatiste in Spagna e in Grecia) e, dall'altro, di assurgere a potenziale giustificazione, a modello e addirittura a valido precedente per un'azione di smembramento in seno agli stessi Stati membri.
Ieri, tra l'altro, a Baden - è una notizia riportata stamani da tutti i giornali - si è constatato quanto questo obiettivo sia difficile da raggiungere, tanto che i colloqui internazionali sono tornati ad un impasse che rischia di comportare effetti ancora più drammatici.
Proprio per questo motivo (tralascio ogni altra considerazione perché mi rendo conto della ristrettezza dei nostri tempi), pur apprezzando la mozione a prima firma dell'onorevole Giancarlo Giorgetti, non possiamo votare a favore su di essa; appoggeremmo senz'altro, tuttavia, la mozione della maggioranza, la definisco così, di cui è primo firmatario il presidente Ranieri. Chiedo infine che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.
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IACOPO VENIER. Signor Presidente, sarebbe stato necessario un diverso clima per discutere mozioni relative ad un evento, l'eventuale proclamazione unilaterale d'indipendenza del Kosovo, che a catena potrebbe provocare una nuova guerra nei Balcani e l'esplosione di conflitti in aree molto prossime all'Europa, con conseguenze devastanti sul piano del diritto internazionale.
Voglio solo sottolineare che condividiamo la mozione presentata dal collega Ranieri e da altri componenti della maggioranza, in particolare quando si afferma che l'Italia è impegnata nella ricerca di una necessaria soluzione condivisa. Senza una soluzione condivisa, infatti, non può esservi soluzione per lo status del Kosovo, nonostante le iniziative unilaterali che possono essere pensate (e anche determinate) solo a causa di un atteggiamento irresponsabile del Governo degli Stati Uniti d'America che non guarda all'interesse degli europei, ma cerca una sponda e una base efficace nel centro dei Balcani.
Al nostro Governo chiedo di porre attenzione anche al concerto europeo, in quanto dobbiamo far valere la nostra voce in sede europea e non accettare la condizione attuale della posizione di alcuni Paesi europei. L'Europa, infatti, è un soggetto che potrebbe essere coinvolto dai disastri che potrebbe provocare una proclamazione unilaterale, con il conseguente riconoscimento di un fatto che si porrebbe al di fuori di qualsiasi legalità internazionale anche alla luce della risoluzione dalle Nazioni Unite.
È per questo motivo che noi votiamo a favore sulla mozione a prima firma Ranieri, mentre ci asterremo dal voto sulla mozione presentata dal gruppo della Lega Nord, in quanto non condividiamo tutte le considerazioni in quell'atto contenute. Ma lo spirito di tali atti, ovvero la necessità assoluta di una soluzione condivisa, è ciò cui vogliamo impegnare il nostro Governo e tale spirito era anche alla base della precedente mozione che tutto il Parlamento ha approvato.
Chiedo ufficialmente che il Governo, prima dell'adozione di qualsiasi atto che impegni l'Unione europea o il nostro Paese in seguito al verificarsi di ciò che non deve verificarsi (ovvero la proclamazione unilaterale di indipendenza), venga in Aula per ascoltare l'opinione dei gruppi e del Parlamento stesso; venga, cioè, prima che si compia qualcosa di irreparabile, le cui conseguenze non sono oggi misurabili.
Concludo sottolineando che questo problema enorme - che potrebbe poi scatenare ulteriori guerre - deriva da una scelta sbagliata e illegittima anche sul piano del diritto internazionale, ovvero la guerra contro l'ex Jugoslavia. Le guerre, infatti, non realizzano soluzioni ma provocano nuovi problemi e quello che abbiamo di fronte è uno dei più gravi che dobbiamo affrontare per pensare davvero ad un'Europa senza guerre (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tondo. Ne ha facoltà.
RENZO TONDO. Signor Presidente, gli scenari complessivi nei quali il difficile equilibrio balcanico si è venuto a trovare all'indomani della deflagrazione della Repubblica federale socialista jugoslava ravvivano in noi le immagini ancora ben chiare del proprio vissuto personale delle dinamiche verificatesi in quella complessa regione e le conseguenze che esse hanno determinato sul destino di milioni di persone.
Mi riferisco alla Slovenia, alla Croazia, alla Serbia, alla Bosnia Erzegovina, al Montenegro, alla Macedonia e ora al Kosovo, con la variante interna relativa alla Bosnia; una Jugoslavia in sedicesimi, appunto, con serbi, croati e musulmani bosniaci a ritentare una non facile coabitazione, tant'è che al nord opera ancora l'autoproclamata Repubblica serba di Bosnia, per non parlare della Bosnia croata a Mostar e dell'Erzegovina o, ancora, del Montenegro, fino a poco tempo fa unito alla Serbia nella Repubblica jugoslava di Serbia e Montenegro e oggi Stato autonomo, a sua volta separato da Belgrado.
Non deve sfuggire, inoltre, la vicenda della Repubblica di Macedonia, sulla denominazionePag. 90 della quale uno Stato membro e fondatore dell'Unione europea quale la Grecia mantiene legittimamente fortissime riserve.
Vale la pena di ricordare come, all'epoca dell'auto-proclamazione della Slovenia come Stato autonomo, il 25 giugno 1991, l'allora Ministro degli affari esteri italiano, l'onorevole Gianni de Michelis, avvertì, purtroppo abbastanza inascoltato, sui grossi rischi che la corsa di vari Governi e istituzioni europee al riconoscimento delle varie sovranità nazionali, e poi a catena delle altre Repubbliche, avrebbero creato con un effetto domino, poi puntualmente verificatosi, dalle conseguenze devastanti. Oggi la vicenda kosovara rischia di essere non già l'ultimo tassello della prima serie, bensì, ahimé, il primo di una seconda tormentata tornata di autoproclamazioni secessioniste decisamente preoccupanti.
L'elemento di maggiore preoccupazione, e soprattutto a noi più vicino, almeno nell'immediato, è proprio la Bosnia, dove i serbi di Bosnia della Republika Srpska di Banja Luka, sarebbero decisamente interessati all'idea di secessione da Sarajevo, con rischi gravissimi di un'ulteriore immediata deflagrazione della situazione balcanica. Nelle mozioni presentate e nel dibattito intervenuto si coglie giustamente l'alto livello di preoccupazione verso un contesto di grande tensione che si verrebbe immediatamente a creare se i leader kosovari (troppo spesso, ahimè, ex guerriglieri dell'UCK) dovessero procedere senza indugi ad una propria dichiarazione unilaterale d'indipendenza.
È evidente quindi che la dead line del 10 dicembre va assolutamente procrastinata, che una iniziativa negoziale non può essere abbandonata da parte di tutti i soggetti in campo, a cominciare dall'ONU e dall'Unione europea. I colloqui devono assolutamente riprendere e devono proseguire. Il rappresentante USA, in seno alla trojka Unione europea, USA e Russia, ha detto ieri che la pace nella regione è in grande pericolo, anche se per fortuna ha aggiunto, speriamo sia vero, che ambo le parti escludono la violenza per la soluzione del conflitto. Certo, i negoziati sono quelli che sono. Pristina ha sempre dichiarato che, con o senza accordo, proclamerà l'indipendenza. Belgrado ha ripetuto che non è disposta a cedere neanche un centimetro di territorio, ma solo a concedere un'ampia autonomia.
Il dibattito ha il merito di porre all'attenzione del Parlamento italiano una situazione di una gravità che finora il Governo, a nostro avviso, ha sottovalutato e che non può essere ulteriormente procrastinata. Deve prevalere la volontà negoziale, pur nella consapevolezza che le posizioni attualmente esistenti sono talmente distanti che un'ipotesi di ricomposizione può apparire impossibile. Compito della comunità internazionale non può essere che quello di negoziare e continuare il negoziato.
Non c'è dubbio che, con la prematura scomparsa di Ibrahim Rugova, leader non violento, unica personalità carismatica kosovara, è venuto a mancare un interlocutore sul quale si sarebbe potuto innestare un percorso e un ragionamento di autonomia negoziata e per fasi successive. D'altra parte la conferma alle elezioni serbe della forte consistenza della spinta nazionalista rappresenta un ulteriore elemento di irrigidimento delle posizioni e di tensione. Tant'è che anche il Presidente Kostunica ha dovuto in qualche modo assumere posizioni di indisponibilità all'indipendenza.
Desidero portare un contributo personale al dibattito. Nel 2002 - all'epoca presiedevo il Friuli Venezia Giulia - ebbi l'opportunità di incontrare separatamente il Presidente Kostunica a Belgrado e il leader kosovaro Rugova a Pristina. In entrambi i colloqui trassi la profonda convinzione di trovarmi di fronte a leader certamente orientati dalla comune volontà di arrivare ad una soluzione, ma nel contempo profondamente condizionati dalla consapevolezza di avere, ciascuno in casa propria, l'elemento estremista deflagrante e soprattutto entrambi impossibilitati a governare questa reciproca tensione interna.Pag. 91
La situazione di questa parte di Europa è oggi, se vogliamo, vieppiù peggiorata. Appare evidente, quindi, quanto pericoloso possa essere, in un simile contesto, una qualsivoglia accelerazione. Noi riteniamo che si debba porre la situazione del Kosovo nell'agenda delle priorità dell'attività diplomatica e politica del Governo. Bisogna fare, e fare presto. Noi chiediamo al Governo di assumere subito un'iniziativa di sostegno e rilancio dell'operato della trojka, ma anche di mobilitazione e coinvolgimento della comunità nazionale e internazionale sulla questione che rischia di essere, tra non molto, una vera e propria polveriera nel cuore dell'Europa.
Il Kosovo, signor Presidente e colleghi, non è una questione minore, non ci sono concesse distrazioni né superficialità. L'appello di questo ramo del Parlamento deve trovare il Governo pronto ad assumere un'iniziativa. Forza Italia attiverà i propri canali e le proprie energie, nessuna esclusa, per far sì che il negoziato, ieri di nuovo pericolosamente fallito, possa rivedere una prospettiva di ripresa positiva (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.
GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, chiedo ai colleghi di avere pazienza per cinque minuti. Il gruppo della Lega Nord ha chiesto la calendarizzazione di questo argomento e siamo orgogliosi di avere portato all'attenzione dell'Aula un argomento tremendamente serio e dai possibili sviluppi imprevedibili, anche per la loro gravità.
L'Italia è un Paese che dista dal Kosovo cinquanta minuti di aereo.
Purtroppo abbiamo l'impressione che le sorti di tale regione siano decise da chi sta molto lontano dal Kosovo e, forse, non nutre queste preoccupazioni.
Abbiamo presentato la mozione in esame perché pensiamo che l'Italia abbia un ruolo fondamentale, poiché il 10 dicembre si troverà a presiedere quel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che dovrà gestire le decisioni o le non decisioni della trojka.
L'Italia ricopre un ruolo fondamentale perché, all'interno dell'Europa, dovrebbe in qualche modo proporsi di dettare la linea e non di subirla, come invece a noi sembra che si stia facendo.
Abbiamo voluto che si portasse la discussione su tale materia all'attenzione del Parlamento in quanto molti di noi si lamentano del fatto che il Parlamento non svolga alcun ruolo e che il Governo decida tutto, mentre noi parlamentari ratifichiamo soltanto. Oggi vi sarebbe la possibilità, in qualche modo, insieme con il Governo, di assumere una decisione in un ambito importante quale l'indirizzo di politica estera.
Purtroppo, la situazione contingente e i tempi mi sembrano non essere ideali per svolgere una discussione approfondita e seria, però alcune questioni vanno sottolineate.
Viceministro Intini, è chiaro che tutti sappiamo quale sarà probabilmente l'esito della vicenda: un'eventuale dichiarazione unilaterale da parte delle autorità kosovare, probabilmente ratificata dagli Stati Uniti d'America e da chi si accoderà, causerà enormi problemi sul territorio.
Vi è una prima questione che vorrei sottolineare e che forse non è stata adeguatamente trattata ed esplorata: i soldati della NATO - e tra essi 2.300 soldati italiani - dovranno fronteggiare situazioni di estrema tensione; costoro infatti si trovano in quel luogo in funzione e legittimati da una risoluzione delle Nazioni Unite, la n. 1244 del 10 giugno 1999, che, nel momento in cui verrà dichiarata unilateralmente l'indipendenza, non avrà alcun valore, anzi sarà esplicitamente contraddetta.
In quel momento, chi ha inviato i soldati dovrà chiedersi se costoro si trovano nella regione legittimamente e cosa possono fare in situazioni di estremo pericolo. Infatti questa è la preoccupazione di tutti: garantire la sicurezza delle popolazioni, in particolare della minoranza serba.Pag. 92
Sappiamo benissimo cosa accadrà: abbiamo già visto nel 2003 cosa è accaduto alla minoranza serba (naturalmente senza il clamore televisivo e mediatico che meritavano le bande delinquenti del signor Milosevic); a Pristina, dieci anni fa, vi erano quarantamila serbi, oggi ve ne sono centoventisei, rinchiusi in un palazzo circondato dal filo spinato e pattugliato dalle truppe della NATO.
Queste sono le legittime istituzioni democratiche che chiedono l'indipendenza del Kosovo!
Per tale motivo, con la mozione da noi presentata, chiediamo fondamentalmente due impegni (francamente non capisco come il Governo non possa accettare la nostra mozione e come non possa accettarla la maggioranza, anche perché il nostro atto esprime sostanzialmente gli stessi concetti di quello da essa presentato).
Chiediamo in primo luogo il maggior coinvolgimento dell'Europa, perché siamo convinti che la Serbia sia terra europea e le decisioni che si stanno assumendo, eterodirette, la spingerebbero inevitabilmente nell'orbita russa e in qualche modo la allontanerebbero dall'Europa.
Ciò è inaccettabile e lo capiscono tutti in Serbia, tutti i partiti politici, non semplicemente gli estremisti nazionalisti, ma anche coloro che oggi democraticamente governano la Serbia e si trovano ancora sotto esame, quasi sotto sanzione, come eredi - non si sa in che modo - spirituali di Milosevic e della comunità internazionale, in particolare degli Stati Uniti d'America.
Francamente non capisco l'interesse da parte di qualcuno - gli Stati Uniti d'America - nel voler spingere sull'acceleratore, alterando quindi profondamente i negoziati. Infatti, i negoziati non hanno luogo se una parte si appresta a trattare o a fingere di trattare sapendo che comunque avrà alle spalle una sponsorizzazione eccellente. Oppure, forse, qualcuno che legge ancora l'Unità nelle file della maggioranza avrà letto, a pagina 12 del quotidiano di oggi, il vero motivo per cui avviene tutto ciò.
Non possiamo accettare che nel cuore dell'Europa nasca uno Stato in balia di bande, dove le campagne elettorali si svolgono tra bande contrapposte di tipo malavitoso, come hanno scritto tutti gli organi di informazione negli ultimi giorni, anche in relazione alle recenti elezioni tenutesi in Kosovo.
Perché qualcuno innesca la miccia e poi la fa gestire agli europei? Questa è la vera spiegazione di tutto ciò che succede.
Qualcuno riconoscerà l'indipendenza del Kosovo, e poi toccherà agli europei doverla gestire in tutti i sensi. Per questo motivo non comprendo cosa c'entri la trojka: perché vi è la necessità di una trojka? A questo punto sappiamo come la pensano i russi e gli americani, il grande assente è proprio l'Europa, il protagonista che ci sarebbe dovuto essere.
Per questi motivi abbiamo presentato la nostra mozione. Non vogliamo che il 10 dicembre rappresenti una data invalicabile, vogliamo che le trattative continuino nello spirito condiviso da tutta l'Aula. Per questo motivo, onorevole Intini, voteremo la mozione della maggioranza Ranieri ed altri n. 1-00252
(Nuova formulazione), in quanto dice le stesse identiche cose che pensiamo noi, che pensano in tutti gli ambienti diplomatici e che sono scritte anche nella nostra mozione. Capiamo però le regole del gioco, e le mozioni dell'opposizione non possono essere votate favorevolmente dalla maggioranza. Ci conforta comunque il fatto che abbiamo costretto la maggioranza a guardarsi allo specchio e a proporre una propria mozione (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e del deputato Musi - Congratulazioni ).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, sarò brevissimo, perché sono già intervenuto in fase di discussione sulle linee generali, e alle considerazioni svolte in quella sede mi richiamo. Sono firmatario della mozione Ranieri ed altri n. 1-00252
Pag. 93e quindi annuncio il voto favorevole della Rosa nel Pugno su tale mozione. Spenderò, invece, qualche parola sulla mozione Giancarlo ed altri n. 1-00248
(Nuova formulazione), sottoscritta dai colleghi della Lega. Come ho già fatto in discussione sulle linee generali, ringrazio i colleghi della Lega per aver posto una questione che avrà nella prossime settimane, nel silenzio e nella disattenzione generale, e forse già nella rassegnazione generale, i connotati di un'emergenza dalle ricadute e dalle conseguenze disastrose. Tali conseguenze non riguarderanno soltanto i Balcani, ma anche l'Europa, e forse anche altre aree di crisi, potendo la catena di conseguenze collegate arrivare anche sulla situazione in Medio Oriente e sui venti di guerra che lì si annunciano, specialmente nel rapporto con l'Iran sulla questione della sicurezza nucleare.
Avanzo la richiesta formale di un voto per parti separate, nel senso di votare separatamente le premesse e il dispositivo. Obiettivamente il Governo non può condividere le premesse, alcune delle quali non sono condivise neanche da me. L'unico punto di differenza nel dispositivo tra la mozione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00248
(Nuova formulazione) e la mozione Ranieri ed altri n. 1-00252
(Nuova formulazione) è nel primo capoverso della mozione Giorgetti, laddove si fa riferimento all'impegno per il Governo «ad esprimere in tutte le sedi internazionali una posizione contraria a qualunque violazione del diritto internazionale e ad una eventuale dichiarazione unilaterale d'indipendenza da parte delle autorità locali kosovare». Questo concetto non chiama in causa direttamente il comportamento del Governo italiano rispetto ad un eventuale riconoscimento del Kosovo dichiaratosi indipendente in via unilaterale. Si afferma semplicemente di voler impegnare il Governo ad esprimere in tutte le sedi internazionali una posizione contraria a qualunque violazione del diritto internazionale - vorrei anche vedere che non fosse così - e ad un'eventuale dichiarazione unilaterale di indipendenza. La mozione Ranieri impegna il Governo «a proseguire nel quadro dell'impegno dell'Unione europea, nella ricerca di una necessaria soluzione condivisa». Detti in altre parole, il principio e il concetto sono gli stessi.
Invito quindi il Governo a riformulare il parere e, in particolare, se si dovesse votare per parti separate, a modificare il parere sul dispositivo della mozione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00248
(Nuova formulazione), fermo restando, evidentemente, il parere contrario sulle premesse.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, la tematica in esame è molto delicata e di grande rilievo internazionale, e condivido quanto detto da altri colleghi, ovverosia che un dibattito di questo tipo su un simile argomento avrebbe richiesto un momento diverso e anche una presenza diversa. Noto che vi sono banchi di alcuni gruppi quasi deserti, ed è sinceramente imbarazzante svolgere riflessioni in queste condizioni.
Il problema dello status del Kosovo si trascina da tempo e richiede ormai un'urgente soluzione. Non può rimanere questo buco nero nell'ambito degli equilibri politici e istituzionali europei, e deve essere trovata una definizione. Sappiamo che le parti in causa sono ancora molto drastiche e molto rigide nelle rispettive posizioni. Ho ascoltato l'intervento equilibrato del Viceministro e le argomentazioni degli altri colleghi, e certamente vi è l'esigenza prioritaria, che ritengo avvertita da tutti i gruppi dell'Assemblea, di arrivare ad una soluzione condivisa da entrambe le parti, una soluzione negoziata di una vicenda dalla quale, su un tema vissuto con tale sofferenza da ambedue le etnie coinvolte prima ancora che dai loro rispettivi referenti istituzionali, nessuno deve uscire con un senso di mortificazione e di penalizzazione. Tale vicenda inoltre non deve assolutamente portare profonde alterazioni negli equilibri territoriali europei, soprattutto quelli che involgono le aree contigue al Kosovo e alla Serbia.Pag. 94
Penso sia giusta l'insistenza di entrambe le mozioni in esame sulla necessità che il Governo italiano continui a impegnarsi per una soluzione negoziata, che accolga il consenso di entrambe le parti, e sulla necessità che ci sia la volontà di negoziare e di tentare una soluzione anche oltre il termine del 10 dicembre 2007. Quest'ultima data non deve essere considerata una sorta di deadline: in altre parole, ad essa non deve essere attribuita, come osserva giustamente il collega Giorgetti nella sua mozione, una valenza definitiva. Penso che comunque l'atteggiamento del Governo italiano nelle sedi internazionali debba scoraggiare una soluzione unilaterale che sicuramente avrebbe conseguenze preoccupanti e porrebbe una delle due parti in causa in una condizione di grande difficoltà. È altresì condivisibile la sollecitazione che troviamo nella mozione Ranieri ad incoraggiare soluzioni che compensino in qualche modo un eventuale sacrificio da parte della Repubblica serba, con un'accelerazione del negoziato d'integrazione all'interno dell'Unione europea e con alcune misure efficaci di tutela e di valorizzazione della minoranza serba che resterà nel Kosovo, e dunque a cercare i giusti ammortizzatori di un'eventuale soluzione negoziata di indipendenza del Kosovo. Pertanto mi riconosco totalmente nei contenuti della mozione Ranieri ed altri n. 1-00252
(Nuova formulazione), e sulla stessa dichiaro il mio voto favorevole.
Per quanto riguarda la mozione Giorgetti Giancarlo n. 1-00248
(Nuova formulazione), anch'io condivido l'idea di scorporare eventualmente la premessa, che ha una valenza più drastica e politica, dal dispositivo, che in larga misura è condivisibile, salvo forse - come giustamente sottolineava il collega D'Elia - per quanto riguarda la seconda proposizione del primo capoverso del dispositivo.
Ritengo dunque di condividere il dispositivo della mozione Giorgetti, tranne che per la seguente parte: «ad una eventuale dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte delle autorità locali kosovare». Infatti, capisco che tale parte del dispositivo per il nostro Governo possa rappresentare un vincolo troppo forte, anche se l'Esecutivo dovrà impegnarsi a evitare ogni violazione del diritto internazionale, così come oggi si presenta e per quello che allo stato attuale dispone. Per quanto riguarda invece il resto del dispositivo della mozione presentata dal collega Giorgetti dichiaro il mio voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, penso che questa sia stata un'occasione davvero importante, sicuramente provocata - va riconosciuto - dalla presentazione della mozione da parte della Lega Nord Padania, ma che coincide anche, purtroppo, con l'avvenuto fallimento dei negoziati in relazione allo status della provincia serba del Kosovo.
Parlo di provincia serba, perché di questo si tratta, colleghi. Forse non è stato abbastanza sottolineato qual è lo stato dell'arte della vicenda all'interno del quadro di diritto internazionale e del processo, anche costituente, del Kosovo. Dopo la cosiddetta guerra umanitaria, e alla fine di questo periodo di 78 giorni di bombardamenti, in cui è vi è stata grande confusione, si sono avuti centinaia di migliaia di profughi dei quali, come dimostrato, molti si sono allontanati proprio a causa dell'intervento bellico. Dopo il trattato di pace e la risoluzione n. 1244 dell'ONU, che lo ha recepito, si è avviata una sperimentazione, probabilmente unica al mondo, di un'amministrazione ONU-NATO di una parte di uno Stato - di questo si tratta - sotto la sovranità dello Stato serbo.
Infatti la risoluzione riconosceva questo. Lo status definitivo di questa provincia e di quest'area, peraltro piccolissima, era stato non tanto rimandato ad una data precisa, quanto condizionato all'avvenuto raggiungimento di alcuni standard indicati dagli accordi, e su questi standard forse troppo poco si è parlato e si è riflettuto.
Nel 2004, onorevoli colleghi, si sono svolti dei veri e propri pogrom contro la Pag. 95minoranza etnica serba, contro la minoranza etnica rom, e non solo. Vi sono state centinaia di migliaia di profughi, migliaia di morti, migliaia di desaparecidos, centinaia di chiese e monasteri violati e saccheggiati: mentre si parla di radici cristiane d'Europa, con molta disattenzione o, forse, con un certo sentimento di rassegnazione, abbiamo assistito alla devastazione di parte del patrimonio della cristianità serbo-ortodossa.
Siamo anche riconoscenti alle forze militari italiane, che in qualche misura, o in grande misura, hanno sostenuto gli interessi e le necessità elementari di una minoranza destinata a rimanere tale, visto che tra gli standard previsti dagli accordi vi era il rientro dei profughi serbi e delle altre etnie. Questo non solo non è avvenuto ma certamente non è stato incentivato. Mi rendo conto della delicatezza della situazione e della conseguente posizione prudente del Governo, ma non possiamo non vedere che milioni e milioni di euro e di dollari sono stati spesi in questi anni e che abbiamo un'economia drogata dagli interventi cosiddetti umanitari e dell'amministrazione internazionale del protettorato UNMIK.
Non possiamo nascondere che quello è un luogo dove si sono radicate la delinquenza e la criminalità organizzata, un luogo di traffici di armi, di droga e di uomini. Vi è un grande problema di democrazia.
Le ultime elezioni si sono svolte proprio per organizzare, in qualche misura, un plebiscito etnico per la secessione unilaterale: soltanto il 57 per cento della popolazione complessiva è andata a votare, mentre la minoranza etnica serba non lo ha fatto. Una grande e importante percentuale di popolazione kosovara non crede, di fatto e nei fatti, in questo Stato nascente, non partecipa al processo costituente; nemmeno le forze positive di questo cosiddetto «Stato» sono attive nel percorso verso la vera autonomia.
Vorrei sottolineare, signor rappresentante del Governo, signor Presidente e colleghi, che non possiamo assolutamente pensare di rimanere inermi, silenziosi e di non spingere, affinché non si faccia un'ulteriore ingiustizia a questa terra martoriata. Non ne va solo del Kosovo o della Serbia: ne va dei Balcani e dell'Europa.
Ritengo che il Governo dovrebbe fare uno sforzo maggiore. Ritengo, altresì, assolutamente indispensabile che si prenda atto della possibilità di individuare uno status alternativo a quello dello Stato frutto di una secessione o di una provincia che si mantenga tale, seppure nell'autonomia. Le proposte vi sono, e credo che il nostro Governo dovrebbe appoggiarle con maggior convincimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Khalil. Ne ha facoltà.
ALÌ RASHID KHALIL. Signor Presidente, nella discussione sulle linee generali abbiamo avuto modo di svolgere un lungo dibattito, interessante e costruttivo, in cui abbiamo condiviso la mozione Giorgetti Giancarlo ed altri n. 1-00248
(Nuova formulazione). Questa posizione esprime anche quella del mio partito, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, sulla necessità di non riconoscere una dichiarazione di indipendenza unilaterale. Noi continuiamo a sostenere tale posizione. Pertanto, è inutile tornare a svolgere un dibattito, perché il nostro imbarazzo è evidente.
Per questo motivo, annuncio il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea ad entrambe le mozioni presentate, puntando la nostra fiducia sul senso di responsabilità del Governo, che continuerà la sua azione politica e diplomatica anche oltre la data del 10 dicembre, e insistendo affinché questa soluzione avvenga in un contesto europeo (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.
DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, signor Viceministro, colleghi, avrei voluto Pag. 96utilizzare il tempo a mia disposizione per un'analisi della situazione che, partendo dalla genesi dei fatti, arrivasse a spiegare le conclusioni e gli scenari che ci troviamo di fronte. Per rispetto dei colleghi, considerate le circostanze, mi limiterò solo ad alcune osservazioni di carattere molto sintetico.
Innanzitutto, signor Viceministro, vorrei sottolineare in modo chiaro come sicuramente non solo noi di Forza Italia, ma neanche la maggior parte dei presenti in quest'Assemblea sia aprioristicamente contraria ad un'ipotesi che contempli un Kosovo indipendente. Noi siamo contrari a che ciò avvenga senza la volontà di tutte le parti coinvolte e, quindi, contro il diritto internazionale.
Vorrei sottolineare che, se ci fosse - come accadde per la Repubblica Cecoslovacca che si sciolse o come potrebbe accadere (qualcuno lo ipotizza, anche se io non lo auspico) domani per il Belgio - una volontà di tutte le parti componenti un attuale Stato, armonicamente, di separarsi, non avremmo ostacoli da porre. Al contrario, vogliamo sottolineare che il diritto internazionale non consente che, autonomamente, alcuni Stati - tantomeno una sola delle parti in causa! - dichiari la propria volontà di secessione da uno Stato che è membro dell'ONU.
Non vado oltre con considerazioni sulla risoluzione n. 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, sarebbero agevoli da svolgere ma qualche collega lo ha già fatto. Vorrei dire che comprendo - così come lo comprendono tutti colleghi - quanto lei, signor Viceministro, ha affermato in merito alla delicatezza del momento negoziale, ieri vittima di una grave battuta d'arresto che potrebbe averne segnato o potrebbe segnarne la fine definitiva. Comprendo, quindi, le sue parole in questo senso e le devo dire che le due mozioni - anche la nuova formulazione della mozione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00252
(Nuova formulazione) - per questo motivo hanno cercato di lasciare al Governo il massimo spazio possibile e praticabile, proprio perché non si vuole, con vincoli troppo stretti, impedire la possibilità di ritrovare quei piccoli «pertugi» che ancora si offrono a spazi negoziali.
Nello stesso tempo, tuttavia, vorrei partire da questa considerazione e sottolineare che voteremo a favore di entrambe le mozioni; tuttavia, nella mozione Giancarlo Giorgetti vi è un punto su cui mi auguro che lei, rispetto ad un primo momento, voglia ravvedersi e su cui desidero attirare l'attenzione sua (una seconda volta), di tutti colleghi e, in modo particolare, di quelli che hanno dichiarato all'estrema sinistra che si sarebbero astenuti su questa mozione. Il punto cruciale riguarda l'ultimo capoverso del dispositivo di tale mozione, in cui si chiede al Governo di consultare il Parlamento quando, conclusa la fase negoziale, qualunque ne sia l'esito, l'Italia dovrà assumere una posizione.
Signor Viceministro, non vorremmo trovarci di fronte ad una situazione come quella del 1999, in cui il Parlamento fu vittima prima di menzogne da parte dell'allora Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale venne a raccontare che non vi erano atti bellici da parte dell'Italia, e poi, invece, di fronte all'ammissione di atti bellici che l'Italia aveva in corso, si chiese al Parlamento di approvare decisioni già adottate ed applicate. Pertanto, vorremmo che questa volta - su una questione estremamente delicata, come i colleghi di tutti i gruppi hanno rilevato ed esposto - il Governo agisca solo dopo essersi consultato con il Parlamento. Questa è la cosa importante, signor Viceministro: non possiamo lasciare che decisioni prese al chiuso, in una stanza, possano coinvolgere il nostro Paese e il mondo - come è stato detto - in situazioni che possono portare a gravi conflitti di cui non conosciamo le conseguenze.
Le ricordo - ma lei lo sa benissimo, signor Viceministro - che quello che c'è in ballo di fronte ad eventuali riconoscimenti di indipendenza unilaterali, non riguarda solo quella piccola regione e nemmeno la grande regione dei Balcani, per quanto gravissimi siano - come è stato detto - i rischi di guerra. Si tratta di una questione Pag. 97che riguarda la stabilità mondiale nel suo insieme e se avessimo tempo le enumererei tutti gli Stati in cui situazioni, come quella di oggi del Kosovo, potrebbero trovarsi ad essere incoraggiati ad azioni di questo tipo se la comunità internazionale accettasse atti unilaterali e non negoziati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcenaro. Ne ha facoltà.
PIETRO MARCENARO. Signor Presidente, poiché vi è stata una discussione sulle linee generali alla quale tutti avete partecipato e della quale sicuramente tutti avete letto il resoconto, vi risparmio la ripetizione delle cose che sono state già dette in quel dibattito generale.
Vorrei svolgere solo una considerazione politica sulla discussione che si è svolta oggi: nonostante il fatto che abbiamo analisi diverse della situazione, ritengo che sia emersa anche in questa discussione (così come era emersa, peraltro, in Commissione affari esteri, nella discussione generale sulle mozioni) una comune preoccupazione. Ritengo che, anche raccogliendo la richiesta che è stata fatta di un voto per parti separate su premessa e dispositivo, tale da offrire a questa comune preoccupazione uno sbocco, il Governo possa contribuire ad un esito positivo di questa discussione. Considero quest'ultima come la premessa di una discussione che dovrà continuare perché - come è stato ricordato - siamo oggi ad una tappa di una vicenda molto importante che nei prossimi giorni chiamerà Governo e Parlamento ad un nuovo confronto.
Per questo spero di poter esprimere, dopo le osservazioni del Governo, un voto a favore dei due dispositivi delle due mozioni pur conservando un'opinione negativa sulla premessa della mozione Giancarlo Giorgetti (Nuova formulazione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cannavò. Ne ha facoltà.
SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, ritengo che la mozione Giancarlo Giorgetti (Nuova formulazione) sia molto chiara, in quanto impegna il Governo ad un comportamento molto preciso ed è animata dalla preoccupazione di impedire che un'indipendenza unilaterale possa provocare un'escalation del conflitto com'è evidente a tutti gli osservatori internazionali.
Purtroppo, la mozione Ranieri (Nuova formulazione) - la mozione di maggioranza - non è così chiara e lascia un margine di ambiguità tale per cui si sta oggi dentro un gioco della politica diplomatica: il Governo ha libertà di manovra ma è vittima, poi, delle pressioni internazionali degli Stati Uniti e, in particolare, della Germania. Dunque, se vogliamo assumere un impegno chiaro e non fare marcia indietro rispetto agli impegni già assunti dal Parlamento ritengo sia opportuno - così farò conseguentemente - votare a favore della mozione Giancarlo Giorgetti (Nuova formulazione) e astenersi sulla mozione Ranieri (Nuova formulazione).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, ho molto apprezzato, non soltanto il dibattito di lunedì sera, ma anche gli approfondimenti di oggi e mi pare che, essendo in questo caso le preoccupazioni, di maggioranza e di opposizione, comuni, da parte del Governo si possa fare questa proposta. Ribadisco il parere favorevole sulla mozione Ranieri (Nuova formulazione), mentre siamo disponibili ad accettare il dispositivo della mozione Giancarlo Giorgetti (Nuova formulazione) a condizione che sia accettata la seguente riformulazione: espungere dal primo capoverso del dispositivo le parole da: «e ad un'eventuale dichiarazione» fino a: «autorità locali kosovare».
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PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Giancarlo Giorgetti accetta la riformulazione proposta dal Governo.
Onorevole Forlani, vorrei sapere se intende mantenere la sua proposta di votazione per parti separate delle due parti relative al dispositivo della mozione Giancarlo Giorgetti visto che il parere del Governo è favorevole su tutto il dispositivo?
ALESSANDRO FORLANI. No, signor Presidente, a questo punto aderisco alla posizione del Governo.