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TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO CLAUDIO FRANCI IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 3062-A E DELLA RELAZIONE DOC. LXXXVII, N. 2
CLAUDIO FRANCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei cogliere l'opportunità dell'esame del provvedimento legislativo al nostro esame, che recepisce le norme comunitarie nella nostra legislazione e dell'esame della Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2006 per compiere un complesso di valutazioni sulle politiche agricole comunitarie che hanno determinato e determineranno un forte impatto nella economia agricola del nostro Paese.
Evidente è il peso che l'agricoltura assolve nel contesto europeo: lo ha assolto negli anni di costruzione del processo d'integrazione e del formarsi e definirsi delle politiche europee, lo ha oggi nell'Europa a ventisette Stati membri. Quasi la metà del bilancio dell'Unione, infatti, è destinato alle politiche agricole che hanno visto trasformarsi nel tempo la loro funzione. Se per un lungo periodo la politica agricola comune ha avuto come obiettivo fondamentale la risposta al problema dell'autonomia alimentare di questa parte del mondo, sempre più oggi è chiamata ad assolvere ad un ruolo di valorizzazione e di difesa dell'ambiente e del paesaggio, costituisce un presidio territoriale umano fondamentale senza il quale più gravi risulterebbero i rischi di degrado ambientale e dell'assetto idrogeologico, è chiamata a rispondere alla domanda di sicurezza alimentare che viene dai consumatori, alla salubrità delle produzioni ed è chiamata, in un sistema sempre più globalizzato, non solo a rispondere alla sfida competitiva, ma anche alla difesa dei nostri marchi dalle tante imitazioni presenti in giro per il mondo.Pag. 62
Questo è tanto più necessario per il nostro Paese, dove le scelte compiute negli ultimi anni a sostegno della qualità delle produzioni, delle certificazioni, della tracciabilità hanno rafforzato il peso che il settore agroalimentare ha nella caratterizzazione del made in Italy nel mondo e nell'identità e nella cultura, non solo enogastronomica, del nostro Paese. Ecco perché oltre ad esaminare i singoli articoli, contenuti nella legge comunitaria, che giudichiamo positivamente ed utili alla crescita del settore agricolo dell'Italia, intendiamo svolgere un ragionamento che riguarda le politiche in atto di revisione della politica agricola comune e della pesca, che rappresenta un altro pilastro fondamentale dell'identità agroalimentare e socioculturale del nostro Paese.
Profondi sono stati i cambiamenti introdotti nelle politiche agricole comunitarie. Se nella storia della politica agricola comune il sostegno al reddito agricolo era strettamente legato alle produzioni effettuate, le riforme sulle organizzazioni comuni di mercato, intervenute in questi ultimi anni, capovolgono i criteri di assegnazione dei contributi, impegnano l'azienda agricola nelle sfide di mercato, prescindono largamente dalle produzioni effettuate, chiamano in causa fattori ambientali, standard di qualità nelle produzioni animali e vegetali. Questo è il significato del disaccoppiamento degli aiuti introdotto con i cambiamenti che determina.
Siamo di fronte ad una innovazione radicale che chiama in causa non solo i fattori economici di costruzione del reddito dell'azienda, ma il modo d'intendere l'impresa ed il suo collocarsi sul mercato. Il mondo agricolo italiano ed europeo è chiamato a ridefinire la propria funzione, sapendo che gli strumenti dei quali oggi parliamo avranno una validità fino al 2013, dopodiché più accentuati saranno i processi di liberalizzazione dei mercati agricoli. Dobbiamo farlo pensando al 2010, data nella quale il Mediterraneo diverrà una grande area di libero scambio nel quale le produzioni agroalimentari, la pesca e le risorse marine assumeranno una funzione significativa. È guardando a questi processi che riteniamo che l'agricoltura italiana in Europa e con l'Europa potrà continuare ad assolvere un ruolo centrale dello sviluppo economico del Paese. In questi ultimi due anni si sono chiuse alcuni revisioni delle organizzazioni comuni di mercato e regolamenti che hanno coinvolto settori come quello bieticolo-saccarifero, dell'ortofrutta, del vino, dell'agricoltura biologica, i piani di sviluppo rurale, il set-aside ed ancora aperta è la discussione sulle quote latte.
Per quanto riguarda il settore bieticolo-saccarifero, occorre ricordare che la riforma approvata dal Governo Berlusconi prevede la chiusura di dieci impianti su sedici nel nostro Paese e la riduzione di oltre il 50 per cento delle coltivazioni (vorrei ricordarlo all'onorevole Pili). Noi riteniamo che una significativa azione di stimolo vada condotta nelle singole realtà territoriali dove erano presenti gli impianti di produzione dello zucchero, affinché celermente possano andare avanti i programmi di riconversione. Giudichiamo positivamente l'azione condotta in sede europea dal nostro Governo sul contributo ai coltivatori che intendono uscire dalla produzione della barbabietola da zucchero e sulla previsione di interventi perequativi per chi già si è ritirato dalla produzione.
Il confronto continua ad essere aperto in Europa in materia di quote latte: da una parte, si prevede l'ampliamento del 2 per cento del plafond complessivo e, dall'altra, esso riguarda l'assegnazione agli Stati membri, nella prospettiva di giungere dopo il 2011 ad una completa liberalizzazione delle quote stesse. La strada da seguire dovrebbe essere quella di riconoscere una percentuale maggiore di quote a quei paesi dove più alto è lo squilibrio fra capacità produttiva, quote assegnate e consumo nazionale e, nell'ambito di questo meccanismo, nel nostro Paese, privilegiare nell'assegnazione di nuove quote quelle imprese che hanno esercitato l'attività nel rispetto delle regole.
La riforma del settore ortofrutticolo, approvata con il concorso positivo e determinante del nostro Governo, rivede alcuniPag. 63elementi della proposta iniziale della Commissione europea nel senso auspicato anche dal nostro Parlamento, in particolare per quanto concerne il mantenimento di un aiuto alla produzione per i prodotti destinati alla trasformazione. Come è stato sottolineato più volte, anche nei documenti approvati dalla XIII Commissione, l'introduzione immediata di un aiuto disaccoppiato avrebbe determinato il rischio di una forte riduzione della produzione, con gravi difficoltà per le industrie di trasformazione, della frutta e del pomodoro.
Non possiamo che esprimere il nostro apprezzamento per la riforma dell'OCM approvata e per l'azione condotta dal Governo in sede comunitaria, che vi ha inserito il principio della tracciabilità delle produzioni e che può risultare utile anche per altri comparti, non ultimo quello dell'olio di oliva.
Il decreto sulla tracciabilità dell'olio extravergine attualmente all'esame di Bruxelles trova un precedente proprio nelle regole contenute nell'OCM dell'ortofrutta, del quale auspichiamo una rapida approvazione.
Stabilire la provenienza delle olive, i luoghi di molitura, le eventuali miscelazioni non solo contribuisce a determinare un elemento di corretta informazione del consumatore, ma aiuta a dare trasparenza ad un settore nel quale troppe continuano ad essere le sofisticazioni che penalizzano i produttori onesti e che maggiormente hanno investito nella qualità delle produzioni.
La riforma del regolamento (CE) 2007/834 sulla produzione biologica e sull'etichettatura dei prodotti biologici è avvenuta il 28 giugno 2007 ed ha registrato giustamente il voto contrario del nostro Governo.
Secondo il nuovo regolamento l'uso del logo biologico UE sarà obbligatorio, ma non escluderà l'esistenza di marchi nazionali. Tale logo verrà dato agli alimenti con almeno il 95 per cento degli ingredienti provenienti dall'agricoltura biologica. Il settore ristoranti e mense non rientra nel campo di applicazione. Gli alimenti biologici potranno essere contaminati accidentalmente da OGM con un limite dello 0,9 per cento, la stessa soglia prevista per la contaminazione degli alimenti convenzionali. Queste norme hanno destato grande preoccupazione nei nostri produttori e anche la nostra Commissione in più occasioni si è espressa contro un limite così elevato di contaminazione. Il nostro Parlamento è impegnato ad approvare una riforma del biologico in Italia che sostenga la produzione nazionale e stabilisca una soglia accettabile di contaminazione, ed è ormai in una fase avanzata di discussione.
Un'altra decisione importante, assunta con il concorso decisivo del nostro Governo, è quella relativa alla riduzione dal 10 allo zero per cento della percentuale dei terreni agricoli da mettere a riposo obbligatorio nel 2008 (set-aside). Tale misura ha già consentito, per la campagna 2008, di rimettere a coltura terreni idonei alla produzione cerealicola, in considerazione della situazione difficile del mercato dei cereali e degli usi plurimi che avvengono nel panorama internazionale.
L'altro grande capitolo agricolo è rappresentato da quello che viene chiamato il secondo pilastro della politica agricola, lo sviluppo rurale. La programmazione 2007-2013 vedrà destinare all'Italia 8,292 miliardi di euro e fondamentale sarà il ruolo svolto dalle regioni nella sua applicazione.
Una misura particolarmente importante è la nuova normativa degli aiuti di modesta entità alle imprese che aumenta a 7.500 euro per beneficiario, in un triennio, il massimale individuale degli aiuti di Stato, gli aiuti de minimis, come si definiscono, a favore delle imprese agricole, mentre fino ad oggi tale beneficio era pari a tremila euro. Il limite massimo complessivo per Stato membro, a partire dal 1o gennaio, viene portato allo 0,75 per cento del valore della produzione agricola (attualmente tale limite era pari allo 0,3).
La riforma sulla quale era concentrata quest'anno la più grande attenzione è quella dell'OCM del vino; credo sia chiara a tutti l'importanza che gli esiti di essa hanno nel sistema agricolo del nostro Paese. Il vino è la punta di diamante della nostra presenza nei mercati internazionali.Pag. 64La riforma approvata a fine anno ci propone un quadro fatto di luci ed ombre, un risultato fortemente condizionato dagli Stati membri del nord Europa e comunque consente di parlare di una soluzione non negativa per la vitivinicoltura italiana. Abbiamo ottenuto risultati significativi nella riduzione degli ettari da estirpare obbligatoriamente, passando da 400 mila a 175 mila ettari, abbiamo ottenuto un surplus di aumento nella pratica di arricchimento naturale dei mosti, 60 milioni di euro; lo zuccheraggio non è stato abolito e questo rimane il vero handicap di tutta la riforma. È un compromesso sul quale l'Italia può continuare a lavorare valorizzando le proprie denominazioni di qualità e qualificando il patrimonio vitivinicolo nazionale. Occorre però mettere mano ad una riforma della legge sulle denominazioni di origine ed i vini di qualità che ha dato grandi frutti nel passato, ma oggi deve adempiere a nuovi compiti nel mercato europeo ed internazionale.
Concludo con alcune osservazioni che riguardano il settore della pesca e dell'acquacoltura.
Anche in questo campo sono state ridefinite nuove norme e regolamenti, il nuovo Fondo europeo per la pesca (FEP) ed il regolamento per il Mediterraneo rappresentano le novità più significative. Il nostro Governo ha approvato dopo anni di proroghe il piano triennale della pesca che dovrà convogliare le risorse comunitarie e le risorse nazionali in un'organica politica per il settore, che tenga conto delle attività economiche propriamente destinate al settore, delle esigenze ambientali, degli habitat marini e di politiche di accompagnamento sociale in un settore in profonda riorganizzazione e riconversione. Assieme ad una nuova sensibilità europea per il Mediterraneo rilevo due questioni: la prima è un impegno dell'Europa a definire regole comuni con i paesi rivieraschi e l'altra il peso che il costo del gasolio va assumendo per l'attività ittica, nella quale incide per oltre il 40 per cento.
Sono le questioni sulle quali occorrerà lavorare nel prossimo futuro assieme ad una politica di accentuazione della multifunzionalità del settore ed ad uno sviluppo dell'acquacoltura e della maricoltura che già rappresentano una realtà significativa nel sistema della filiera ittica. L'azione svolta in sede comunitaria, ciò che il Governo sta facendo sul piano delle relazioni internazionali, le norme contenute nella legge finanziaria e nei suoi collegati hanno offerto al mondo agricolo punti importanti di riferimento sui quali abbiamo espresso il nostro apprezzamento. Occorre andare avanti con decisione per operare una profonda riorganizzazione degli strumenti nazionali che agiscono in campo agricolo e questo è il lavoro che abbiamo davanti.