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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2007, n. 249, recante misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza (A.C. 3325-A) (ore 14,05).
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3325-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Zaccaria.
ROBERTO ZACCARIA, Relatore. Signor Presidente, svolgerò poche considerazioni, perché il dibattito è stato ampio e ha messo in luce molte questioni. Ad alcunePag. 35avevo provato a dare una risposta nella relazione, e ritengo che su qualche aspetto replicherà in modo specifico anche il rappresentate del Governo, perché vi sono profili diversi.
Insisto nel dire che l'impianto sistematico che risulta da questo duplice strumento normativo, che era nelle facoltà del Governo introdurre nell'ordinamento, oggi è chiaro: chi semplicemente provasse a leggere il testo del decreto-legge - l'ho detto più volte in Commissione e lo ripeto anche in questa sede - lo troverebbe estremamente comprensibile. Naturalmente, poi, vi sono valutazioni di merito che si possono diversificare, come è accaduto anche durante il dibattito che si è svolto in quest'Aula. Resta, tuttavia, una questione di fondo, relativa al bilanciamento difficile - ma indispensabile, in una società come quella contemporanea - tra le esigenze della sicurezza e della prevenzione e la tutela dei diritti fondamentali.
Da questo non si esce: questi due momenti, questi due capisaldi sono tipici di ogni società contemporanea, che naturalmente li può realizzare con gradazioni anche diverse, e mi sembra che il collega Gozi abbia bene descritto la situazione con riferimento al rapporto tra l'ordinamento interno e quello comunitario. Comunque, a mio modo di vedere, sottovalutare questi strumenti può essere sbagliato.
Del resto, ascoltando le osservazioni dei colleghi del centrodestra, nonché alcuni interventi di colleghi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e anche della collega De Zulueta, ci si rende conto che giochiamo proprio su questo crinale del bilanciamento. Ritengo che sia una strada difficile, ma che il Governo - attraverso i due interventi che si sono succeduti per ragioni che abbiamo più volte illustrato - sia arrivato ad una struttura, a mio avviso, convincente.
Prima di tutto, vorrei dire che ormai l'impianto è chiaro, distinguendo ciò che fa parte del decreto-legge e ciò che fa parte del decreto correttivo. Vi sono varie tipologie di interventi in questa materia, come ad esempio la prevenzione del terrorismo che è stata introdotta con il decreto-legge. Ho insistito più volte su questo parallelismo che si determina, in qualche modo, in peius. La situazione dei cittadini comunitari ed extracomunitari viene, in qualche modo, assimilata sotto il profilo delle tipologie e delle garanzie. Certo, in questa sede, qualcuno sottovaluta questo elemento delle garanzie, ma se consideriamo l'articolo 1 del decreto-legge, acquisiamo un risultato in termini di civiltà giuridica - anche per il lavoro svolto durante l'attività della Commissione - che è importante tenere in considerazione. Infatti, se abbiamo rilievi da parte della Corte europea, dobbiamo tenerne conto e darvi seguito.
Qualcuno ha affermato che sarebbe stato meglio non prolungare l'efficacia di questo decreto-legge. Capisco. Tuttavia, le ragioni di necessità e di urgenza che ancora oggi sono presenti sulla scena internazionale non si possono sottovalutare. Non credo, infatti, ad esempio, a quanto afferma la collega De Zulueta, ossia che i problemi non si risolvono «spostando» in un altro Paese. Ciò fa parte della duttilità degli strumenti che una moderna democrazia deve possedere: in alcuni casi sarà meglio monitorare sul territorio nazionale, in altri sarà il caso di procedere in via giudiziaria, in altri ancora sarà necessario trovare soluzioni diverse. In altre parole, si tratta di non sottovalutare - prendendo ed enfatizzando un modello - la complessità dei modelli che anche gli organi di polizia devono possedere.
Non sarebbe certo follia pensare che, se vi è una pista interessante da seguire, si può monitorare un terrorista e, per trovarne altri che operano sul territorio nazionale, certo non lo si caccia via, è ovvio. Tuttavia, non ha senso impedire questo strumento in certi casi, perché la tipologia dei comportamenti è molto varia. Pertanto, non ci si può limitare al caso in cui si cattura un terrorista (o presunto tale) pericoloso che, per una serie di fattori che vengono indicati, possa essere necessario allontanare. L'allontanamento, infatti, non vuol dire che egli non venga monitorato, né segnalato alle corrispondenti polizie. Tutto questo è parte dello schema.Pag. 36
Pertanto, insisto, nel complesso dei provvedimenti vi sono almeno cinque tipologie di espulsione e allontanamento. Nel decreto-legge sono previsti: prevenzione del terrorismo e motivi imperativi. Nel decreto correttivo vi sono: motivi di sicurezza dello Stato e ordine pubblico, motivi di sicurezza pubblica e cessazione dei presupposti del diritto di soggiorno. In ciò vi è una logica sistematica.
Ritengo che questo sia un disegno comprensibile e noi abbiamo percepito ciò. Domani, in Commissione, inizieremo l'esame del decreto correttivo, con la relazione che svolgeremo su tale argomento. Ritengo che questi strumenti, giustamente, viaggino paralleli. Dobbiamo infatti ricordare che una cosa è la delega, un'altra è la delega per un intervento correttivo: quest'ultima non è uguale a quella principale.
Quindi, opportunamente, una certa tipologia d'intervento che riguarda i motivi imperativi è stata collocata nel decreto-legge, ed è infatti una materia ulteriore rispetto a quelle che si potevano configurare.
Credo che in tale difficile materia abbiamo svolto un lavoro di equilibrio e mi auguro che la Camera possa proseguire il dibattito anche nella difficile situazione che obiettivamente abbiamo davanti.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il sottosegretario di Stato per l'interno.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, risponderò per quanto riguarda la parte di mia competenza, chiedendo poi al sottosegretario Scotti di integrare il mio intervento, perché credo che l'atteggiamento più utile che il Governo possa assumere in questo momento (proprio perché, come diceva l'onorevole Santelli, non siamo dei marziani) sia quello di interloquire con le riflessioni e con i contributi anche interessanti emersi in Assemblea oggi pomeriggio, per i quali ringrazio coloro che sono intervenuti.
Avverto che non mi soffermerò sugli elementi relativi alla costituzionalità del decreto, tema del quale abbiamo già ampiamente dibattuto durante i lavori in Commissione, ma sul quale gravano anche delle questioni pregiudiziali: ritengo che il loro esame potrebbe rappresentare un momento opportuno per soffermarsi in maniera più approfondita su tale argomento.
Come molti tra di voi hanno sottolineato, è emerso un dato di continuità rispetto al decreto-legge precedente; continuità che considero innegabile, soprattutto rispetto all'analisi dalla quale il Governo ha inteso avviare l'elaborazione di un nuovo decreto-legge che, in parte, interviene sulla stessa materia oggetto del precedente.
Tale analisi ci porta ad affermare che nel nostro Paese permane la situazione oggettiva che diede vita a quelle norme. Tuttavia, qui siamo di fronte a un provvedimento che, come diceva il relatore, è sostanzialmente diverso e non mostra (ne siamo convinti) continuità sostanziale con il decreto non convertito. Ciò per due ragioni, che brevemente vado a riassumere: la prima è che affrontiamo in esso le questioni sorte a seguito del venir meno, in data 31 dicembre 2007, di due disposizioni contenute nel decreto-legge n. 144 del 2005. Rispetto a tali disposizioni, voglio ricordarlo, siamo intervenuti prevedendo le opportune garanzie, così come credevamo fosse necessario e così come la stessa Corte costituzionale ci aveva invitato a fare.
La seconda ragione, che voglio brevemente esporre anche per rispondere a una preoccupazione sollevata dall'onorevole De Zulueta, riguarda specificamente i cittadini comunitari. Credo di poter affermare che l'operazione compiuta da questo decreto sia diversa, anzi essa dovrebbe rispondere a quella preoccupazione.
Il decreto-legge, infatti, fa sì che si affronti la materia della prevenzione del terrorismo per quanto riguarda i cittadini comunitari proprio attraverso la direttiva 2004/38/CE, tant'è che l'emendamento approvato in Commissione afferma ancora più chiaramente che nei motivi imperativi di pubblica sicurezza una sottovoce èPag. 37anche la prevenzione del terrorismo. Abbiamo soltanto voluto coniugare le disposizioni contenute nel cosiddetto decreto Pisanu con una direttiva che comunque ci costringe, per quanto riguarda i cittadini comunitari, a stare dentro un recinto di disposizioni condivise in ambito europeo.
Abbiamo pertanto costruito un quadro normativo organico, in sé compiuto per quanto riguarda l'allontanamento dei cittadini comunitari per motivi di pubblica sicurezza, attraverso la previsione di due strumenti tra loro diversi, ma assimilabili nella ratio ossia la tutela, in chiave preventiva, della sicurezza pubblica rispetto a persone che per i loro comportamenti individuali si ritiene possano pregiudicare la sicura convivenza e l'ordine pubblico. Ciò è stato fatto, appunto, unendo i motivi di prevenzione del terrorismo e i motivi imperativi di pubblica sicurezza.
Il relatore ha già detto che per quanto riguarda una parte residua, che esisteva nel precedente decreto-legge e che non ritroviamo in quello al nostro esame, il Governo ha valutato di agire attraverso un decreto legislativo correttivo, anche perché le voci in esso contenute non definiscono sostanzialmente un'urgenza, un'emergenza. Si è, pertanto, previsto un altro iter che, a differenza di ciò che sostiene l'onorevole D'Alia, non consideriamo assolutamente incompatibile. In ogni caso, sia questo decreto-legge sia il decreto legislativo correttivo, tornano sul decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, che il Parlamento - sia la Camera sia il Senato - così come il Governo, ritennero di dover guardare con un altro approccio, che ha mostrato nel tempo alcune lacune contenute in quel testo.
Voglio ricordare che in Parlamento si discusse più del problema dell'attuazione e dell'applicazione degli articoli 2 e 3 della direttiva 2004/38/CE - cioè quegli articoli rivolti ai familiari e ai partner dei cittadini comunitari - piuttosto che guardare attentamente ad una dimensione della direttiva 2004/38/CE, e conseguentemente del decreto legislativo, che invece di lì a poco tempo emerse nel Paese.
Rispetto a ciò aggiungo che una delle questioni, emersa ancora oggi nell'Assemblea, è l'idea che questo provvedimento sia figlio di una concezione emergenziale attraverso la quale il Governo ha ritenuto di dover intervenire. Voglio dire che non è così, perché questo intervento nasce all'interno di un disegno di legge, di un articolato pacchetto normativo con il quale il Governo offriva al Parlamento la sua strategia in materia di sicurezza. All'interno di quel pacchetto erano già contenute previsioni che riguardavano i cittadini comunitari in un'ottica che fu, allora, totalmente altra da quella con cui poi si è voluto interpretare lo spirito di quel decreto.
Il Governo non ha mai pensato ad allontanamenti o ad espulsioni di massa di cittadini comunitari dal territorio e l'ottica con la quale ha inteso intervenire è stata proprio rivolta a distinguere nel nostro Paese il percorso, l'incontro, la relazione che si vuole costruire con quei cittadini comunitari che utilizzano l'identità comunitaria come momento di costruzione di uno spirito comune, anche attraverso il movimento sul territorio europeo, da quelli che, invece, la utilizzano con uno spirito distorto, magari come un'opportunità per delinquere, per vivere di espedienti.
Questa necessità l'abbiamo sentita! Qualcuno ha detto che forse questo decreto sarà convertito e proprio per questo ritengo di aggiungere qualcosa in nota alla fine del dibattito, perché resti il fatto che questo è il Governo che ritenne, a gennaio 2007, di salutare l'ingresso della Romania e della Bulgaria in Europa superando il regime transitorio, che pure si poteva adottare nei confronti di questi cittadini comunitari.
Lo abbiamo fatto perché la Romania era il primo Paese di emigrazione, perché essa rappresentava quella quota di immigrati maggiormente richiesta dai datori di lavoro italiani e perché in un regime di libera circolazione e di ingresso sul nostro territorio non consentire, con un regimePag. 38transitorio, ai rumeni e ai bulgari di lavorare significava condannare queste persone al lavoro nero.
Qualcosa è cambiato di fronte a questa realtà nel corso dell'anno ed è stato il nascere di un legame tra fenomeni criminali emergenti e la cittadinanza delle persone da cui essi erano messi in atto; è lì che si è intervenuti proprio per determinare quella distinzione che poteva essere utile a non svegliare, come disse il Ministro Amato, quella tigre dell'odio che pure rischiava di mettere in cantiere e di operare delle reazioni molto più problematiche, declinando la paura dei cittadini su un crinale assai difficile, poi, da governare e da gestire.
Voglio esprimere anch'io - non l'ho fatto in Commissione - un apprezzamento per il lavoro del relatore e della Commissione. Nel merito, devo dire che nel lavoro della Commissione il testo si è arricchito di un'attenzione maggiore - grazie, quindi, anche a chi ha proposto gli emendamenti che sono stati accolti - alle garanzie che l'onorevole Pettinari ha richiamato nel suo intervento.
Per quanto ci riguarda, siamo pronti ad accogliere anche la proposta avanzata dal gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea di distinguere nettamente, con riferimento al trattenimento, tra i CPT e le camere di sicurezza, e quindi a prevedere che, nel caso in cui si tratti di dover attendere quarantotto ore per la pronuncia di un nulla osta da parte dell'autorità giudiziaria, non si preveda il trattenimento nei centri di permanenza temporanea.
Aggiungo che mi dispiacerebbe che uno dei punti che perderemmo, se non convertissimo il decreto-legge, è il trasferimento delle competenze dal giudice di pace al giudice ordinario anche per quanto riguarda gli extracomunitari.
Trovo un paradosso nell'intervento dell'onorevole Pettinari, perché la definizione che in questa sede abbiamo articolato di motivi imperativi di pubblica sicurezza, oltre che essere il frutto di un dialogo costruttivo che si è svolto al Senato anche con il suo gruppo, è un'ipotesi davvero residuale, che invece correrebbe il rischio, se seguissi il ragionamento che egli ha svolto, di diventare un'ipotesi molto ampia di esclusione, di allontanamento dal territorio dello Stato dei cittadini comunitari. Se cioè coincidessero, come egli ha affermato, i motivi imperativi con i motivi di pubblica sicurezza, si amplierebbero i casi di allontanamento e si attenuerebbero le garanzie del diritto di difesa delle persone così come prescrive la direttiva, la quale, ad esempio, esclude l'ipotesi di sospensione dell'allontanamento nel caso di un'impugnazione proprio qualora si tratti di un allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza.
Concludo con alcune riflessioni più di taglio politico. L'onorevole Gozi ha auspicato un riequilibrio della direttiva, ed al riguardo il Ministro Amato si è espresso già al Senato. Non lo facciamo con l'ottica richiamata qui dall'onorevole D'Alia: «tutti verranno in Italia», perché non è così. Voglio dire tra l'altro all'onorevole D'Alia che è la direttiva che su tale aspetto pone alcuni paletti chiari, che qui non rievoco, rispetto ai quali la stessa esperienza francese, che pure ha accompagnato l'allontanamento in caso di «non abbienza» delle persone con l'erogazione di una somma di denaro, si è dimostrata inutile: la direttiva, infatti, afferma chiaramente che a coloro che non dispongono di risorse economiche per rimanere sul territorio dello Stato non può essere impedito il reingresso in esso. Credo quindi che lo spirito del ragionamento dovrebbe essere tale da indurci quanto meno a rimanere tutti nell'ambito dello stesso recinto che è proprio quello stabilito dalla direttiva.
Poniamo invece, rispetto alla direttiva, una questione di sostenibilità, perché - vorrei ricordarlo, anche se è stato già affermato - chi è sul territorio del nostro Stato per cinque anni continuativi poi acquisisce il diritto al soggiorno permanente e non può più essere allontanato se non per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza: ciò significa considerare anche che la stessa persona può costituire, se priva di mezzi economici di sussistenza, un onere per lo Stato. Credo che un'attenzione, un'accoglienza attentaPag. 39anche verso queste persone non possa prescindere dalla considerazione dell'impatto dell'ingresso di cittadini comunitari sul nostro territorio e della sua sostenibilità, nonché dalla conseguente richiesta all'Unione europea di essere vicina al nostro Paese, perché lo stesso è maggiormente esposto all'ingresso soprattutto di cittadini rumeni. Credo che sia stato un bene che il Presidente Prodi, rispetto a questo, insieme al Premier rumeno, abbia richiesto all'Europa di fare di più soprattutto per quanto riguarda la presenza dei rom nel territorio italiano.
Concludo, ricordando solo una cosa all'onorevole Santelli. Credo che, per quanto riguarda il provvedimento in esame, ma ancora di più, quanto al provvedimento sull'immigrazione da lei richiamato, la riforma della Bossi-Fini, il disegno di legge delega Amato-Ferrero, questo Governo abbia agito, com'è nel suo stile, in piena autonomia. Anzi, siamo stati capaci di ascoltare tutte le realtà e tutte le esperienze interessate al governo del fenomeno migratorio nel nostro Paese. E quel testo non è affatto intriso di ideologia, ma di concretezza; soprattutto è un testo che vuole pensare gli immigrati come persone, e non come animali da soma che vengono solo per lavorare.
Credo che una riflessione spetti a tutti; soprattutto, spetta ricordare, con riferimento all'iter del disegno di legge Amato-Ferrero - e con ciò mi fermo davvero -, che lo stesso, rispetto all'esperienza di questo Governo, è stato gravato dalla presentazione di oltre mille emendamenti presentati dal centrodestra. Non posso che augurarmi, anche se non lo credo assolutamente, che anche quegli emendamenti siano stati il frutto di un confronto con la società! Ma non lo credo, perché si tratta di quella stessa società che con noi ha parlato e che ha infine condiviso il nostro testo: e soprattutto, perché si tratta di quella stessa società che vuole un'immigrazione non subita e che dell'immigrazione non è nemica - come invece mi pare molto spesso si colga nelle parole di chi è stato all'opposizione. Dunque, che si riprenda il dialogo: ma lo si riprenda davvero, senza approcci ideologici.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Scotti. Ne ha facoltà.
LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi associo anzitutto al ringraziamento per il lavoro svolto in Commissione da parte di tutti i componenti e in particolare per il lavoro acuto e molto attento svolto dal relatore, che ha plasmato taluni emendamenti con la piena disponibilità del Governo affinché - come si sperava - si potesse ritrovare un'ampia convergenza.
Desidero anzitutto svolgere qualche considerazione in relazione ai presupposti di costituzionalità del decreto-legge. In proposito, devo dire che in taluni interventi ho sentito confondere l'occasio con la ratio della normativa. È vero: il primo decreto fu approvato in occasione di un terribile episodio che si verificò a Roma. Per fortuna, invece, il decreto successivo non ha avuto un simile precedente. Soprattutto quel fatto fu soltanto l'occasio, non il motivo giustificativo dell'emanazione del secondo decreto che invece ha propri presupposti di necessità ed urgenza: taluni comuni al decreto precedente, altri del tutto nuovi.
Prima di tutto, penso alla proroga di talune norme (tanto di intervento quanto di garanzia), contenute nel decreto cosiddetto Pisanu, che scadevano il 31 dicembre 2007 e che quindi ponevano come necessaria ed urgente una loro riproduzione. In secondo luogo, mi riferisco al fatto che si era nel frattempo verificato un altro fenomeno, cioè l'allargamento - sia pur in itinere, ma con una scadenza abbastanza ravvicinata - della Comunità ad altri otto Paesi: il che comportava la previsione di ulteriori flussi immigratori in Italia da parte di questi Paesi, con la conseguente necessità di strutturare quelle norme in modo tale che si potesse fronteggiare anche questa ulteriore evenienza, non certo prevista nel precedente decreto.Pag. 40
Altre osservazioni sono state svolte nel corso degli interventi a proposito delle fattispecie previsionali in materia di sicurezza pubblica e a proposito dell'opzione per la magistratura ordinaria invece di quella onoraria. Quanto alla prima questione, si è detto che si sarebbe lasciato all'autorità amministrativa (o forse anche a quella giudiziaria) l'individuazione delle fattispecie che costituiscono l'occasione dell'intervento e che ne determinano la necessità: taluni oratori nei loro interventi hanno dunque parlato di un'ampia discrezionalità, che si teme addirittura affidata all'autorità amministrativa, invece dell'invocata fissazione di disposizioni normative tassative che indicassero e specificassero effettivamente le condotte rilevanti.
Ora, la materia della pubblica sicurezza conosce una pluralità di condotte, che non sono tutte riconducibili a fattispecie da normativizzare secondo quella tipicità della materia che è caratteristica del diritto penale. In proposito, anzi, va detto che si sono compiuti diversi passi in avanti.
Basterebbe operare un confronto con la disciplina del vecchio testo unico di pubblica sicurezza, quella sì estremamente generica, mentre in questo caso sono stati indicati i parametri in base ai quali l'individuazione del pericolo concreto viene eseguita sia dall'organo amministrativo procedente, sia dall'autorità giudiziaria in sede di verifica e di convalida del provvedimento stesso.
Trattandosi di materia di pubblica sicurezza sarebbe impossibile individuare e specificare alcune condotte - così come si vorrebbe da alcuni interventi -; tuttavia, con quelle ripetute indicazioni, aggettivate e specificate ulteriormente, si è detto che vengono prese in considerazione alcune condotte che rispondono a determinati requisiti, oppure a determinate cadenze, ovvero che si leghino tra di loro in modo da costituire e dare la certezza della gravità della situazione stessa. E ciò vale tanto per l'autorità amministrativa, quanto per l'autorità giudiziaria in sede di convalida.
Quindi, non si tratta di una discrezionalità piena o semipiena, tale da preoccupare soprattutto se ascritta all'autorità amministrativa - ma da preoccupare anche se ascritta all'autorità giudiziaria -, ma di una discrezionalità molto limitata e circoscritta, attraverso parametri precisi indicati dalle disposizioni del decreto-legge, tutte da rispettare allorché il provvedimento venga emesso e con cui confrontarsi allorché il provvedimento sia convalidato.
Quanto alla convalida, si è criticato il passaggio dal giudice di pace all'autorità giudiziaria ordinaria. Al riguardo bisogna dire, prima di tutto, che abbiamo a che fare con i diritti fondamentali della personalità: il diritto di movimento, il diritto di stabilimento e soprattutto, per i cittadini europei, il diritto di muoversi liberamente nel territorio europeo di Schengen. Da ciò deriva la ragione fondamentale di attribuirla a quella parte dell'autorità giudiziaria che è la parte, per così dire, più professionalizzata, e cioè l'ordine giudiziario di carriera.
Certamente la magistratura onoraria, nei limiti della sua competenza, ha piena autonomia ed altrettanta dignità e senso di responsabilità, ma nell'ambito della sua competenza specifica che non comprende certo (li aveva compresi in un certo periodo di tempo, quando le fu attribuita anche la verifica dei provvedimenti nei confronti degli extracomunitari) i diritti fondamentali della personalità.
Debbo dire che questa fu una modifica successiva, perché originariamente la convalida per gli extracomunitari era attribuita all'autorità giudiziaria ordinaria.
Dunque, vi è l'esigenza fondamentale di garantire tali diritti sostanziali della personalità attraverso l'autorità giudiziaria ordinaria. Si obietta però - svolgendo considerazioni di carattere pratico - che l'autorità giudiziaria ordinaria è oberata da un'enorme massa di lavoro, e che probabilmente non ce la farà o che, comunque, si perderà ulteriore tempo.
Sfogliando la relazione sul rendiconto della giustizia per il 2007, preparata dall'ex Ministro della giustizia Mastella e fattaPag. 41propria dal Ministro della giustizia ad interim Prodi, si noterà che, mentre per il lavoro del tribunale ordinario in composizione monocratica si è constatata, per così dire, una retrazione delle pendenze dello 0,5 per cento, riferendosi invece alla massa di pendenze e di arretrato dei giudici di pace, anch'essi giudici monocratici, si registra addirittura che negli ultimi tempi vi è una pendenza di circa un milione di cause, con un incremento rispetto all'anno precedente, il 2006, di circa 150 mila unità.
Pertanto, a prescindere dall'esigenza di un intervento attributivo all'autorità giudiziaria ordinaria, proprio di stampo costituzionale, si è posta questa considerazione di carattere pratico: l'attribuzione anche per quanto riguarda i cittadini comunitari della competenza della convalida al giudice di pace avrebbe determinato la possibilità, o meglio la probabilità, di ulteriori ritardi in una materia così delicata che, con riferimento ai cittadini comunitari, ci pone anche sotto gli occhi dell'Unione europea. Quindi, anche sul piano pratico e sostanziale della resa di giustizia del cammino della macchina giudiziaria, l'opzione per il giudice ordinario in composizione monocratica è senz'altro da preferire rispetto all'attribuzione al giudice di pace. Ovviamente ciò è generalizzato e vale tanto per i cittadini comunitari, quanto per gli extracomunitari.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito, a cominciare dall'esame delle questioni pregiudiziali presentate, è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.
La seduta, sospesa alle 17,40, è ripresa alle 19,05.