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Si riprende la discussione del disegno di legge A.C. 3062-A.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3062-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, preannunzio l'espressione del voto favorevole da parte del gruppo dei Verdi sull'approvazione del disegno di legge comunitaria. Già nella Conferenza dei presidenti di gruppo che si era riunita subito dopo lo scioglimento delle Camere, in sostituzione del collega Bonelli, avevo espresso il pieno consenso da parte del gruppo dei Verdi ad affrontare, anche in regime di prorogatio, dopo lo scioglimento delle Camere, la materia della legge comunitaria in Aula.
In un primo momento vi erano state difficoltà da parte di alcuni gruppi dell'opposizione; tuttavia do atto positivamente, come del resto ha fatto il Ministro Bonino questa mattina in Aula, del fatto che vi è stata alla fine la consapevolezza unanime dell'importanza, chiunque governi oggi e chiunque governi domani, di portare tempestivamente in porto il disegno di legge comunitaria.
Ovviamente avremmo preferito che il testo potesse essere corretto, modificato e migliorato, ma altrettanto ovviamente ciò avrebbe comportato un ulteriore esame da parte del Senato. Abbiamo accettato, quindi, l'invito del Ministro Bonino - che si è molto impegnata per portare a compimento quest'opera - a ritirare i nostri emendamenti. Li abbiamo ritirati quasi tutti prima della seduta ed alcuni altri nel corso dell'esame in Aula.
Ci dispiace che non sia stato possibile approvare alcune modifiche migliorative, ma il bene primario di completare questa così breve legislatura almeno con l'approvazione della legge comunitaria era quello da perseguire. Per tali motivi confermo il voto favorevole da parte del gruppo dei Verdi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, colleghi, ho seguito il dibattito generale che si è svolto nelle settimane scorse sul provvedimento in esame ed ho ascoltato la relatrice Franca Bimbi, ma anche altri colleghi, con i quali mi trovo d'accordo nel sottolineare che stiamo votando oggi, 19 febbraio 2008, la legge comunitaria 2007. Lo ripeto: 2007.
Se poi aggiungiamo il fatto che non siamo stati neanche in grado di discutere, come avremmo dovuto, ed approvare la relazione annuale del Governo relativa all'attività dell'Unione Europea per il 2006 (lo ripeto: 2006), mi pare urgente e necessario un ripensamento dei lavori parlamentari, del calendario, della struttura stessa del dibattito e delle decisioni sulle questioni comunitarie, che oggi vede un abbinamento obbligatorio, secondo il nostro Regolamento, fra la relazione annuale e la legge comunitaria.
Inoltre, si conferma e si aggrava la prassi secondo la quale la legge comunitaria viene presentata ed approvata sempre nell'anno successivo a quello cui si riferisce, vanificando lo sforzo (che pure c'è stato da parte del Governo e del Parlamento nella legislatura che si è appena conclusa) di metterci al passo con gli adempimenti comunitari.
Riteniamo, comunque, un fatto positivo che in questo scorcio di legislatura si sia almeno adempiuto agli obblighi dell'Italia nei confronti dell'Unione Europea, prevedendo la calendarizzazione dell'esame delPag. 35disegno di legge comunitaria nella seduta odierna. Ciò costituisce un atto di responsabilità verso il Paese e l'Europa e perciò anche di sensibilità istituzionale e politica.
Ho apprezzato molto il fatto che vi sia stata una convergenza di maggioranza e di opposizione sulla decisione (a Camere sciolte e a Governo dimissionario) di compiere un atto - lo ripeto - dovuto per quanto riguarda i nostri rapporti con l'Unione europea. Quindi, nelle condizioni in cui ci siamo trovati in queste settimane, abbiamo compiuto una sorta di miracolo con l'approvazione della legge comunitaria per il 2007. Infatti, in assenza di tale approvazione, lo Stato italiano avrebbe rischiato non solo l'apertura di nuove procedure di infrazione da parte della Commissione europea, ma anche di compromettere l'ottimo lavoro svolto sin qui, che ha avuto, come noto, anche positivi effetti in termini di riduzione del deficit di recepimento della normativa comunitaria da parte dell'ordinamento interno.
Questa stessa ragione ci ha indotto a preferire la soluzione di un'approvazione certa e rapida, anche se meno completa, del testo licenziato dal Senato. Pertanto, il Governo ha provveduto al ritiro delle proposte emendative, che nel frattempo erano state presentate, ed ha formulato solo proposte di modifica dirette al ripristino del testo già approvato in prima lettura dal Senato. D'altro canto, abbiamo avuto anche oggi una prova del senso di responsabilità dell'opposizione, che ha ritirato praticamente tutte le sue proposte emendative.
Peraltro, il provvedimento presentato dal Governo, così come modificato ed approvato in prima lettura dal Senato, contiene a parer mio interventi di indubbio valore e rilievo, cui è indispensabile ora garantire una immediata operatività. Il disegno di legge comunitaria al nostro esame contiene, fra le altre, un'importante misura innovativa, in quanto allinea il termine di scadenza per il recepimento delle direttive europee a quello per l'esercizio della delega legislativa. Inoltre, per la prima volta, con il disegno di legge comunitaria al nostro esame, viene data attuazione, come previsto dalla legge n. 11 del 2005, alle decisioni quadro adottate nell'ambito della cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale, il cosiddetto terzo pilastro dell'Unione europea.
Tra l'altro, vengono indicati principi e criteri direttivi per l'attuazione di una decisione quadro in materia di lotta contro la corruzione nel settore privato. Cari colleghi, mi preme sottolineare che il lavoro comunque svolto nella XIV Commissione in sede referente, ma anche nelle altre Commissioni ed in Aula per migliorare ed integrare il disegno di legge comunitaria per il 2007, attraverso la presentazione di quegli emendamenti che sono stati oggi ritirati, non andrà perduto. Infatti, il Governo, entro il termine indicato dalla legge, il 31 gennaio scorso, ha approvato il disegno di legge comunitaria per il 2008, che inizierà il suo iter parlamentare con la convocazione delle nuove Camere. L'atto che compiamo oggi è un lascito positivo per le nuove Camere e per il nuovo Governo. Quindi, auspicando la disponibilità da parte di tutti i colleghi ad accogliere la proposta del Governo, sottolineo che l'approvazione definitiva in seconda lettura del disegno di legge comunitaria consentirà - nonostante la battuta d'arresto provocata dalla crisi di Governo - di mantenere comunque il buon livello raggiunto in termini di corretto e tempestivo recepimento della normativa comunitaria.
Vi è stata negli ultimi due anni un'inversione di tendenza su questo punto e il numero di direttive recepite dal Governo italiano e dal nostro Paese rispetto agli impegni nei confronti dell'Europa è aumentato significativamente.
In conclusione, vorrei spendere qualche parola sui grandi temi all'ordine del giorno dell'Europa che non abbiamo potuto affrontare per il semplice fatto che non abbiamo discusso la relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea. In quella occasione avremmo potuto affrontare punti importanti (alcuni dei quali a me e al mio gruppo politico stanno molto a cuore) che sono stati oggetto del nostro impegno e lo saranno ancora neiPag. 36prossimi mesi. Mi riferisco soprattutto ai nuovi Trattati, della cui ratifica chissà quando si parlerà; si tratta di un punto per noi molto importante. Su tale argomento già possiamo rilevare che i testi che saranno sottoposti alla ratifica del prossimo Parlamento mancano di ambizione: i nuovi Trattati confermano e aggravano il deficit democratico che continua a caratterizzare l'Europa e rafforzano i connotati nazionali e burocratici dell'Unione europea. Essi descrivono e costituiscono formalmente, ormai possiamo dirlo, «l'Europa delle patrie» e rischiano di essere la pietra tombale invece della «patria europea», quell'Europa politica, federalista, democratica che ha animato il sogno europeo, nei primi anni Quaranta, del Manifesto di Ventotene di Ernesto Rossi, Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni.
Allo stesso modo avremmo potuto discutere dell'allargamento dell'Unione europea, se si fosse svolto il dibattito sulla relazione del Governo italiano riguardo all'attività dell'Unione europea. Per quanto riguarda il tema dell'allargamento, vorrei rilevare che se l'Unione europea ha una sua missione, un ruolo ed un futuro (ciò è all'origine stessa della Comunità europea), questo è di impedire che guerre fratricide e regimi autoritari, come quelli che abbiamo conosciuto nel secolo scorso e che hanno imprigionato e insanguinato l'Europa, possano ritornare a manifestarsi nel continente europeo ed ai suoi confini.
Di questo avrei voluto che si discutesse in quest'Aula, ma la crisi di Governo ci ha impedito di farlo. Questi sono i temi all'ordine del giorno nel nostro Paese con riferimento non solo all'Unione europea ma anche a quanto sta accadendo ai nostri confini e mi riferisco alla crisi dei Balcani e ai rischi che la dichiarazione di indipendenza del Kosovo...
PRESIDENTE. Onorevole D'Elia, la prego di concludere.
SERGIO D'ELIA. ...potrà provocare nelle prossime settimane. Un dibattito che non abbiamo svolto e che svolgeremo subito, mi auguro, all'inizio della prossima legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Socialisti e Radicali-RNP).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Picano. Ne ha facoltà.
ANGELO PICANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Popolari-Udeur rinnova il proprio convinto sostegno in ordine all'approvazione della legge comunitaria per il 2007. Con l'approvazione del presente disegno di legge il Governo adempie ad un obbligo importante, giacché la legge vigente lo ha individuato come soggetto responsabile dell'adempimento degli obblighi comunitari.
Le novità principali del disegno di legge comunitaria 2007 possono essere individuate in due fattori essenziali. Da un lato, vi è la previsione, di cui al comma 1 dell'articolo 1 del provvedimento, che sancisce la coincidenza del termine della delega legislativa con la scadenza del termine di recepimento di ciascuna direttiva. Si tratta di un'innovazione di non poco rilievo in quanto, non solo come linea di tendenza, ma de iure, stabilisce un principio di adeguamento sostanziale alla normativa comunitaria.
In secondo luogo, al capo III del disegno di legge, sono previste per la prima volta nella storia delle leggi comunitarie disposizioni che danno attuazione, anche mediante il conferimento di delega al Governo, ad una serie di decisioni quadro adottate dalle istituzioni di Bruxelles nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Si tratta del famoso terzo pilastro dell'Unione europea. In tal modo, il Governo ottempera al mandato stabilito dall'articolo 9, comma 1, lettera c), della legge 4 febbraio 2005 n. 11, la cosiddetta legge Buttiglione, che, in maniera espressa, prescrive tra i contenuti della legge comunitaria l'attuazione delle suddette decisioni quadro che, come è noto, vanno ad affrontare materie molto delicate della cooperazione giudiziaria e che, è utile ricordarlo, sono state adottate all'unanimità a livello comunitario.
Contiene inoltre novità importanti in tema di riduzione dei termini per l'esercizioPag. 37della delega, evitando così ritardi tali da esporre l'Italia a sistematiche procedure di infrazione. Innovativa è anche la previsione dei codici di settore accanto a testi unici, quale strumento di coordinamento tra le direttive e le norme vigenti.
Il testo al nostro esame, inoltre, interviene dettando criteri per regolare diverse tematiche: la delicata questione del mandato di sequestro europeo, che consente unicità di procedure esecutive dei provvedimenti di sequestro negli Stati membri; lo smaltimento dei rifiuti tossici e nucleari; la disciplina della confisca di beni, strumenti e proventi di reato; il recepimento di una decisione quadro ispirata al principio del reciproco riconoscimento di sanzioni pecuniarie e decisioni giudiziarie adottate dagli Stati membri.
Il dibattito svolto nella seduta dedicata alla discussione generale della legge comunitaria per il 2007, infatti, oltre ad incentrarsi sui contenuti del provvedimento, si è particolarmente soffermato su di una questione che mi è sembrato di capire, sia dalla relazione introduttiva della presidente Bimbi, sia dai numerosi interventi dei colleghi, sembrerebbe trovarci tutti d'accordo: la necessità di rivedere le regole che disciplinano l'approvazione della legge comunitaria nel nostro Paese.
Come ampiamente ricordato da alcuni colleghi, a novembre 2007 risultano aperte complessivamente 223 procedure di infrazione, 168 per violazione del diritto comunitario e 55 per la mancata attuazione di direttive nel nostro ordinamento. La ormai cronica lentezza con la quale approviamo la legge comunitaria ci danneggia, e questo è un fatto incontrovertibile.
Il disegno di legge in esame va inquadrato, infatti, nella situazione più generale relativa alle procedure di infrazione che riguardano l'Italia, situazione su cui va ad incidere positivamente l'approvazione del provvedimento, in quanto il recepimento delle direttive in esso contenute consentirà al nostro Paese di migliorare il nostro scoreboard con l'Unione europea.
Permane, dunque, il problema di natura metodologica riguardante l'estrema complessità dell'iter procedimentale del disegno di legge comunitaria, problema di cui sono consapevoli, del resto, non solo le Camere, ma lo stesso Governo.
I tempi tecnici di elaborazione governativa, a cui si deve aggiungere l'arco temporale parlamentare di disamina del provvedimento, renderebbero urgente un ripensamento realistico della tempistica attuale e, conseguentemente, come auspicato dallo stesso Governo, una ridefinizione del termine di presentazione del disegno di legge fissandolo entro il 31 marzo di ogni anno, invece del 31 gennaio.
È ormai il secondo anno che si discute, in occasione dell'approvazione di tale provvedimento, dell'opportunità di rivedere i regolamenti parlamentari e di istituire una sessione apposita, come peraltro avviene per l'approvazione della legge finanziaria.
Tale ripensamento dovrebbe interessare anche la natura della relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, il cui esame congiunto con il disegno di legge comunitaria appare sempre di più anacronistico, visto che questa relazione si concretizza in un documento relativo a cose fatte nell'anno precedente. La divaricazione tra la legge comunitaria annuale e la relazione annuale si coglie in maniera ancora più macroscopica se si considera, inoltre, che i due atti si riferiscono a fasi completamente diverse del procedimento legislativo comunitario. La legge comunitaria attiene alla cosiddetta fase discendente di implementazione in Italia della normativa comunitaria, mentre la relazione annuale afferisce alla cosiddetta fase ascendente, ovvero a quel negoziato permanente che nei vari settori viene svolto a Bruxelles per creare il diritto comunitario.
È bene, dunque, che questa discussione trovi il tempo per essere approfondita o rimarrà l'annuale lamento di un Parlamento che non sa o non vuole rinnovarsi (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo per annunciare l'astensione del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Nuovo PSI sul disegno di legge comunitaria per l'anno 2007, per i motivi che elencherò.
La legge comunitaria è lo strumento normativo cardine, ancorché non esclusivo, volto ad assicurare il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello comunitario.
Il disegno di legge comunitaria per l'anno 2007, al nostro esame, è il terzo presentato dopo l'entrata in vigore delle innovazioni alla legge cosiddetta «La Pergola», introdotte dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari. Quest'ultima ha infatti sensibilmente ampliato i contenuti della legge comunitaria, in modo da adeguarli alle nuove esigenze emerse specificamente a seguito della riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione.
In questo senso, il disegno di legge in esame risulta estremamente carente: in particolare, è del tutto assente una puntuale attuazione della fase ascendente, ovvero della partecipazione del Parlamento (e degli altri soggetti interessati) alla formazione della posizione italiana nella predisposizione degli atti comunitari e dell'Unione; anche per quanto riguarda i contenuti, poi, si evidenzia la mancanza nel provvedimento di disposizioni che abbiano una qualche connotazione di politica europea.
Il disegno di legge al nostro esame si articola in tre capi, l'ultimo dei quali introdotto per la prima volta. Il capo I (articoli da 1 a 6) reca le disposizioni generali sui procedimenti per l'adempimento degli obblighi comunitari; il capo II (articoli da 7 a 27) reca le disposizioni particolari di adempimento e i criteri specifici di delega; il capo III (articoli da 28 a 32), infine, contiene le disposizioni occorrenti per dare attuazione a decisioni quadro adottate nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (il cosiddetto terzo pilastro dell'Unione europea).
Nel testo in esame non figura più, invece, il capo che reca i principi fondamentali della legislazione concorrente. A questo proposito, infatti, si rileva che nel corso dell'esame in sede preliminare del disegno di legge comunitaria per l'anno 2007 in sede di Conferenza Stato-regioni, è stato sottolineato il problema della definizione dei principi fondamentali ai quali devono attenersi le regioni nell'attuazione delle direttive comunitarie in materia di legislazione concorrente regionale.
Quanto al suo contenuto, il presente provvedimento dispone il recepimento con decreto legislativo di 16 direttive, delle quali una è contenuta nell'allegato A e le altre 15 sono contenute nell'allegato B. La distinzione tra i due allegati risiede nel fatto che il procedimento per l'attuazione delle direttive incluse nell'allegato B prevede l'espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari (tale procedura è peraltro estesa anche ai decreti di attuazione delle direttive contenute nell'allegato A, qualora in essi sia previsto il ricorso a sanzioni penali).
Proprio con riferimento all'adozione da parte del Governo dei decreti legislativi per l'attuazione delle direttive comprese negli allegati A e B, si rileva che l'articolo 1, comma 1 del disegno di legge in esame, introduce un significativo elemento di innovazione: il termine per l'esercizio della delega, infatti, non viene più determinato in via generale (nelle leggi comunitarie passate, tale termine era individuato in dodici mesi), ma viene fatto coincidere con quello di recepimento previsto dalle singole direttive. Oltre al termine generale determinato per relationem, inoltre, si prevede un termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge per l'esercizio della delega per l'attuazione delle direttive, comprese negli allegati, il cui termine di recepimento sia già scaduto, ovvero scada nei tre mesi successivi allaPag. 39data di entrata in vigore del provvedimento. Si fissa altresì un termine di dodici mesi (sempre dall'entrata in vigore della legge comunitaria) per le direttive, comprese negli allegati, che non prevedono un termine di recepimento.
Per quanto attiene ai contenuti dell'allegato A, occorre segnalare che, a seguito delle modifiche apportate dall'altro ramo del Parlamento, in esso figura la sola direttiva 2006/137/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (che modifica la direttiva 2006/87/CE che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna).
I settori principalmente interessati dal disegno di legge comunitaria per il 2007 - che, come qualche collega ha detto poc'anzi, viene approvato nel 2008 (il 19 febbraio) grazie all'apporto e alla sensibilità di tutti i gruppi presenti in Parlamento, e non della maggioranza o della minoranza, come il Ministro Bonino questa mattina ci ha voluto dire (non esiste infatti più in questo Parlamento maggioranza o minoranza, ci sono solamente i gruppi che, responsabilmente, nella Conferenza dei capigruppo hanno ritenuto opportuno procedere all'esame di questa legge comunitaria) - sono gli affari esteri, l'agricoltura, la giustizia, la sanità, la tutela dell'ambiente, i trasporti e le comunicazioni, le finanze.
Nella tabella 2, allegata al dossier, è indicato per ciascuno Stato membro lo stato di attuazione di tutte le direttive comunitarie già scadute alla data del 3 luglio 2007, e su questo punto volevo porre l'accento. A tale data risultano scadute e applicabili in Italia 2.816 direttive: l'Italia si colloca al ventitreesimo posto nella graduatoria del recepimento a 27 Paesi, avendo comunicato i provvedimenti di attuazione relativi a 2.772 di queste - pari cioè al 98, 44 per cento delle direttive da recepire -, quando la media della Comunità europea a 27 Stati è pari al 98,98 per cento (e quindi quasi al 99 per cento). Alla data del 3 luglio 2007 risulta quindi un deficit di attuazione dell'Italia pari a 44 direttive. Nella tabella 3 sono invece riportate le direttive il cui recepimento è stato previsto da leggi comunitarie precedenti a quella del 2007 in esame e che non risultano ancora attuate. Complessivamente risultano ancora da recepire 59 direttive contenute nelle precedenti leggi comunitarie a prescindere dal termine di recepimento, e tra queste 23 direttive sono da attuare in base alla legge comunitaria per il 2006, recentemente approvata. Le direttive contenute in precedenti leggi comunitarie, il cui termine di recepimento è già scaduto il 30 settembre 2007 e che non sono ancora state attuate, risultano essere 43.
Si segnala che di recente sono stati presentati dal Governo, e sono attualmente all'esame delle competenti Commissioni parlamentari, 26 schemi di decreto per il recepimento di direttive. Infine, come si desume dalla tabella 4, le direttive scadute o in scadenza nell'anno 2007, non recepite e non inserite in leggi comunitarie, risultano essere 22.
Da questi numeri viene il nostro giudizio negativo sul Governo e sul Ministro Bonino, che secondo noi ha fallito nel suo mandato, perché l'Italia è collocata agli ultimi posti della Comunità europea.
Con riguardo alle direttive comunitarie relative al solo mercato interno, circa i vantaggi del mercato interno e l'importanza dell'attuazione si ricorda che la Commissione europea ritiene che il mercato interno svolga un ruolo fondamentale nella realizzazione dell'obiettivo che l'Unione europea si è fissata in materia di crescita e occupazione, e che non possa tuttavia realizzare pienamente il suo potenziale se la legislazione concordata a livello europeo non viene effettivamente recepita ed applicata da tutti gli Stati membri. In termini quantitativi si ricorda che alla data del 30 ottobre 2005 erano 1.639 le direttive e 546 i regolamenti riferibili al mercato interno, come definiti dai Trattati.
Per quanto riguarda lo stato di recepimento delle direttive comunitarie relative solo al mercato interno, il secondo Rapporto dell'attuazione della strategia per il mercato interno 2003-2006 ha evidenziato che gli Stati membri non hannoPag. 40recepito nella legislazione nazionale, entro i termini stabiliti, numerose direttive essenziali per la realizzazione del mercato interno.
In base ai dati dell'ultimo scoreboard della Commissione europea, il tasso di mancato recepimento dell'Unione europea a 25 Paesi, che indica la percentuale media delle direttive relative al mercato interno in vigore e non trasposte alla scadenza, è pari all'1,6 per cento, con un incremento pari allo 0,4 per cento rispetto al dato registrato nel mese di gennaio 2007.
Si è registrato pertanto un allontanamento rispetto al nuovo obiettivo a medio termine dell'1 per cento, concordato dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione nel Consiglio europeo del marzo 2007, considerato elemento chiave per il rilancio ed il successo della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Barani.
LUCIO BARANI. Concludo, Presidente. L'Italia si colloca nel gruppo degli undici Paesi che non hanno ancora centrato l'obiettivo dell'1 per cento e, in particolare, nei rapporti con gli altri Stati europei il nostro Paese si trova ad essere il fanalino di coda. Per tali motivi, confermiamo la nostra astensione, che è benevola, perché di fatto dovremmo esprimere voto contrario all'azione di questo Governo e di questo Ministro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcazzan. Ne ha facoltà.
PIETRO MARCAZZAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'approvazione del disegno di legge comunitaria annuale rappresenta un momento importante e qualificante della partecipazione italiana all'Unione europea in quanto consente, da una parte, di porre le basi per un puntuale adempimento degli obblighi comunitari e, dall'altra, di realizzare un ampio confronto in Parlamento sulle politiche comunitarie e sul ruolo dell'Italia.
Negli ultimi anni abbiamo contribuito con convinzione alla definizione di strumenti che consentono di rafforzare il ruolo del Parlamento, tanto nella fase di formazione, quanto in quella di attuazione del diritto comunitario. Il disegno di legge che ci accingiamo a votare è il terzo presentato dopo l'entrata in vigore della legge n. 11 del 2005, frutto, tra l'altro, dell'impegno dell'allora Ministro per le politiche comunitarie Rocco Buttiglione. Com'è noto, si tratta di una legge che ha innovato gli strumenti per la partecipazione dell'Italia all'Unione europea, recependo tutte le istanze che negli anni hanno portato all'individuazione di procedure di informazione e coordinamento per assicurare il ruolo di controllo democratico del Parlamento, nonché la tempestiva e razionale attuazione del diritto comunitario.
Nel corso dei lavori parlamentari, l'UDC ha voluto fornire un contributo responsabile in uno spirito europeista che tende a interpretare la partecipazione dell'Italia con un ruolo attivo. Tale partecipazione non deve mai prescindere da una presenza costante e da un indirizzo delle istituzioni democratiche rappresentative; l'Italia, infatti, deve contribuire attivamente e non subire la politica europea, potendo offrire un apporto di valori al processo di costruzione di una nuova dimensione europea.
Dobbiamo però registrare che il nostro Paese è ancora in affanno nel recepimento delle direttive comunitarie e che vi sono difficoltà anche nell'applicazione delle norme vigenti. Nel mese di novembre 2007 il nostro Paese risulta al ventiduesimo posto nella classifica comunitaria su 27 Stati membri. Non è solo il dato quantitativo che preoccupa, ma anche la qualità del recepimento, e in questa sede riteniamo opportuno formulare alcune considerazioni richiamando l'attenzione dell'Assemblea su questioni che, purtroppo, non hanno ancora trovato risposte adeguate.
Il Governo ha impostato il disegno di legge in esame utilizzando quasi esclusivamente lo strumento della delega legislativaPag. 41per il recepimento delle direttive in scadenza; non ha ritenuto di doversi avvalere degli altri strumenti previsti dalla legge n. 11 del 2005, alcuni dei quali hanno il vantaggio di semplificare le procedure nel rispetto della Costituzione. Infatti, non si prevede l'utilizzo della delegificazione (previsto dall'articolo 9, comma 1, lettera d) della legge citata), né vi sono disposizioni che individuino i principi fondamentali di riferimento per l'attuazione da parte delle regioni e delle province autonome (di cui all'articolo 9, comma 1, lettera g). Così facendo, non solo non si utilizzano le opzioni previste dalla legge n. 11 del 2005, ma si rischia di tornare indietro di quasi vent'anni, quando il Ministro Antonio La Pergola, con l'iniziativa che portò all'approvazione della legge n. 86 del 1989, intese interrompere l'emergenza delle cosiddette leggi tampone con cui si recepivano in ritardo le direttive conferendo delega al Governo.
Inedita e molto preoccupante è la delega legislativa prevista nel disegno di legge per l'attuazione nel diritto interno di quattro decisioni quadro del Consiglio sulla lotta contro la corruzione nel settore privato, sull'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, sulla confisca di beni, strumenti e proventi di reato e sull'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie.
Si tratta di atti particolari, adottati in base al cosiddetto «terzo pilastro» dell'Unione europea che riguarda la cooperazione tra forze di polizia e giudiziaria in materia penale. Tali atti necessitano di misure di attuazione, ma presentano caratteristiche peculiari in quanto sono adottati all'unanimità in Consiglio con il metodo cosiddetto intergovernativo e in caso di mancata attuazione nel termine, a differenza delle direttive, non possono avere efficacia diretta per espressa previsione del Trattato.
Tale limite sottolinea l'inopportunità di trattare questioni attinenti, tra l'altro, alla sfera della libertà dei cittadini in un provvedimento omnibus, come è la legge comunitaria annuale, la quale non consente un approfondito esame dovendo essere approvata nell'anno di riferimento.
Nel corso dell'esame al Senato (è sufficiente leggere l'intervento del senatore Buttiglione) si è chiesto di stralciare gli articoli che contengono le deleghe per l'attuazione delle decisioni quadro e di intervenire con uno specifico disegno di legge. Alla Camera tale criticità è emersa anche in Commissione giustizia laddove, nelle premesse al parere reso con osservazioni, sono state espresse forti perplessità sulla scelta del Governo (confermata dal Senato) di inserire in una legge di contenuto eterogeneo (quale è la legge comunitaria) anche disposizioni volte ad incidere sostanzialmente sulla libertà personale e sul diritto di difesa il cui esame, da parte del Parlamento, rischia di non essere adeguatamente approfondito, come avviene nel caso di progetti di legge volti specificatamente ad attuare decisioni quadro in materia di cooperazione giudiziaria penale.
Il testo ripropone altre questioni sull'uso delle deleghe. L'articolo 3, ad esempio, consente tra l'altro al Governo di stabilire con decreto delegato le sanzioni penali per le violazioni di direttive comunitarie senza però precisare in maniera chiara i principi e i criteri direttivi di tale delega di dubbia costituzionalità e tanto più inopportuna perché riguarda la materia penale.
Da ultimo non appare opportuno il mantenimento della previsione, già contenuta nelle precedenti leggi comunitarie (ma la cui portata è addirittura estesa), in base alla quale una volta emanati i decreti delegati scatta una delega di ulteriori 24 mesi per le correzioni. La previsione rischia di ridurre la portata del vincolo costituzionale del termine e si presta ad aumentare la confusione.
Una situazione, pertanto, che evidenzia difficoltà del processo di integrazione normativa; inoltre, alcuni elementi del disegno di legge che ci accingiamo a votare francamente non sono pienamente condivisibili. Tuttavia, la tradizione di pensiero che rappresentiamo ci impone di non ostacolarePag. 42l'approvazione dell'atto, auspicando però maggiore aperture al dialogo per il futuro e comunque nell'esercizio da parte del Governo delle numerose deleghe.
Preannunzio, quindi, che il mio partito, l'UDC, si asterrà sul disegno di legge in esame [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, a nome del gruppo della Lega Nord dico innanzitutto che esprimeremo un voto contrario sull'approvazione della legge comunitaria, non tanto per i contenuti di essa che sono stati dibattuti (anche se troppo velocemente) questa mattina nella fase di esame dell'articolato e sui quali si è svolto comunque un lunghissimo dibattito in sede di Commissione.
Mi sia permessa, a tal proposito, una battuta: scopro adesso che l'UDC ha partecipato in maniera fattiva alla costruzione di tale percorso; non ricordo alcun intervento di alcun esponente dell'UDC nella fase della discussione in Commissione sulla legge comunitaria. Probabilmente, quel giorno, quando ciò è avvenuto, ero assente.
Esprimiamo un voto contrario in ordine non ai contenuti, ma al metodo, nonostante gli sforzi compiuti dal collega Stucchi, presentatore della legge n. 11 del 2005, che ha modificato la legge La Pergola. La fase di trasposizione del diritto comunitario all'interno dell'ordinamento italiano, purtroppo, è ancora troppo lenta e farraginosa ed è bloccata anche da regolamenti interni a questo ramo del Parlamento, che non ci permettono di esaminare serenamente - magari in una sessione specifica per la legge comunitaria - l'enorme massa di documenti e di norme provenienti dalla Commissione europea. Non solo, ma non ci è neanche permesso, in fase di formazione del diritto comunitario, di essere incisivi, come invece è permesso ad altri Parlamenti degli altri Stati membri.
Il nostro voto, perciò, è negativo per un aspetto politico: tutti, infatti, si «riempiono la bocca» della questione europea e dell'europeismo, ma pochissimi obiettivamente conoscono quali siano le difficoltà nell'armonizzare i diritti dei cittadini degli Stati membri, senza schiacciarli, senza omologarli per forza e senza rispettare le loro tradizioni, i loro principi e la loro cultura. Indichiamo, quindi, la vera criticità di tutta la fase di adeguamento dell'ordinamento italiano a quello comunitario.
Il collega Frigato, nella sessione antimeridiana della seduta, durante la fase dell'esame dell'articolato, ha affermato che abbiamo perso alcune settimane: in realtà, abbiamo perso alcuni mesi, perché sostanzialmente è stato necessario un anno per arrivare alla formulazione di un testo che fortunatamente il Senato aveva pesantemente modificato su impulso della Lega Nord (fortunatamente, perché altrimenti, in questo momento, ci saremmo dovuti «sorbire» un testo originario che, nonostante tutti i buoni propositi, cancellava la tutela dei prodotti made in Italy). Si tratta di una battaglia che abbiamo vinto al Senato. Il voto contrario sotto il profilo politico è anche dettato dall'inconsistenza stessa del provvedimento con riferimento al capo terzo, concernente le disposizioni occorrenti per dare attuazione a decisioni quadro adottate nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 16,35)
GIANLUCA PINI. Come si può recepire così velocemente, senza un dibattito approfondito e serio in Commissione giustizia della Camera un provvedimento che «passa sopra le teste» dei cittadini, senza che gli stessi sappiano a quale rischio vanno incontro e stante anche la situazione drammatica in cui versa la magistratura, sia in Italia sia in altri Paesi dell'Unione europea di recente ingresso?
Approviamo in un batter d'occhio il recepimento di decisioni quadro che andrebberoPag. 43invece sviscerate fino in fondo per garantire il rispetto delle libertà e dei diritti individuali di ogni singolo cittadino dell'Unione europea; invece, lo facciamo tranquillamente, perché così deve essere, perché siamo alla fine della legislatura e perché, altrimenti, si rischia di pagare le multe. Come affermavo questa mattina, alla fine sono sempre i padani a pagare le multe: in questa fase di chiusura delle Camere abbiamo avuto la responsabilità di accettare tranquillamente e serenamente di discutere sulla legge comunitaria, ma avevamo anche avanzato una richiesta di buonsenso, ossia di stralciare una parte che non può - sottolineo, non può - essere approvata serenamente e tranquillamente, senza che un dibattito parlamentare serio e approfondito.
Questi sono i motivi per i quali noi, come Lega Nord, esprimiamo un voto contrario all'approvazione del disegno di legge comunitaria, non tanto - lo ripeto - per i contenuti tecnici, che magari possono anche servire a portare qualche ulteriore tutela nel campo dei controlli sanitari, dell'agricoltura o, come ricordava il collega Pili stamattina, su questioni molto più spicciole, come gli strumenti per l'infanzia. Peraltro, non possiamo limitarci all'astensione per fare una cortesia alla maggioranza e alla Commissione europea, senza puntare il dito su quelli che riteniamo veri e propri soprusi nei confronti dei cittadini italiani in generale.
Da ultimo, mi preme sottolineare anche una distorsione regolamentare: la legge n. 11 del 2005, che regola - come sappiamo - la partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario, ci obbliga a votare anche risoluzioni, sia di maggioranza sia di minoranza, sulla relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea; il Regolamento della Camera, però, non ci consente di approvarle perché le Camere sono sciolte. Ciò mi sembra alquanto punitivo e oltremodo monco nei confronti del processo di adesione all'Unione europea, che deve sì avvenire, ma in primis nel rispetto dei cittadini e dei popoli che ne fanno parte (Applausi di deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).
PRESIDENTE. Assistono ai nostri lavori i docenti e gli alunni delle classi IV e V del liceo scientifico di Cirò in provincia di Crotone. La Presidenza e l'Aula vi salutano (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Falomi. Ne ha facoltà.
ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, un provvedimento come la legge comunitaria per il 2007, che delega il Governo a recepire per via amministrativa o attraverso decreto legislativo centinaia di direttive europee nel nostro ordinamento, in realtà è un atto dovuto, anche se in articulo mortis da questo Parlamento.
Proprio perché è un atto dovuto, esprimeremo un voto favorevole. Intendiamo soltanto segnalare che questo atto dovuto ci consente, comunque, di superare lo storico ritardo con il quale il nostro Paese recepisce le direttive europee, che fa gravare una minaccia seria di sanzioni finanziarie sulle nostre casse. Quindi, si tratta di un atto dovuto che allontana questo pericolo e questa minaccia.
La cosa importante, però, non è dare corso a un atto dovuto, perché il problema rilevante che questa legge comunitaria ci segnala è il grado di legittimazione democratica dei processi e delle istituzioni europee, chiamate a produrre la legislazione europea. Recepiamo o deleghiamo il Governo a recepire nel nostro ordinamento centinaia di direttive europee, ma la domanda che ci dobbiamo porre è con quale livello di democrazia reale sono state adottate quelle direttive europee. Questo è il problema reale: ci troviamo di fronte a procedure e a istituzioni europee con uno scarso livello di legittimazione democratica. Questa è una questione enorme, che dovremo affrontare. La affronteremo, ovviamente, quando discuteremo della ratifica del Trattato di Lisbona.
È una questione profondamente sottovalutata dalla politica e negata da una prassi che tende a marginalizzare il ruoloPag. 44delle assemblee elettive, il ruolo del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, e a considerare come unici protagonisti della produzione legislativa europea le tecnoburocrazie di Bruxelles e gli Esecutivi nazionali, che compiono un'opera di vera e propria appropriazione di ogni spazio legislativo europeo.
Questa sottovalutazione e negazione del problema democratico, attraverso cui si adottano le decisioni in sede europea, ha raggiunto il suo acme, credo, nel modo in cui si è concluso il tentativo di dare all'Europa una vera e propria Costituzione. Il Trattato di Lisbona, infatti, ha accantonato ogni idea di Costituzione: è approdato ad una riforma dei Trattati, quindi ha derubricato l'idea di dare all'Europa una Costituzione e di imprimere quindi un forte impulso all'Europa politica. Si tratta di un esito deludente, anche perché il modo con cui si è pervenuti a tale decisione ha marginalizzato il Parlamento europeo e ha posto tutto nelle mani degli Esecutivi, dei Governi. In altre parole, il livello di legittimazione democratica della riforma dei Trattati, che è stata varata a Lisbona nel dicembre scorso, corrisponde a questa prassi, che è di negazione e di sottovalutazione del problema democratico.
Si tratta di una sottovalutazione e di una negazione che trovano poi conferma anche nel testo di riforma dei Trattati in punti molto preoccupanti: la questione della politica estera europea rischia di essere totalmente delegata a un gruppo ristretto di Ministri dei vari Esecutivi nazionali europei, senza alcuna reale partecipazione del Parlamento europeo e del Parlamento democratico. La questione, quindi, nel momento in cui stiamo recependo centinaia e centinaia di direttive europee, consiste esattamente nel problema di come si dà legittimazione democratica alla legislazione europea, che attualmente ha uno scarso livello di legittimazione democratica.
Credo che questo sia il nodo fondamentale: ne avremmo probabilmente discusso, se avessimo potuto esaminare l'altra parte dei provvedimenti sottoposti alla nostra attenzione (mi riferisco alla relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea: non vi abbiamo potuto procedere, avremmo potuto farlo con una risoluzione conclusiva). Ritengo che questo sia il tema che viene consegnato alle prossime elezioni europee e al prossimo Parlamento, se quest'ultimo non vuole continuare a giocare l'attuale ruolo «di rimessa», marginale, che consiste semplicemente nel recepire ciò che si decide a Bruxelles in una forma che sicuramente non è pienamente democratica. Tale è la questione politica, che naturalmente vogliamo sollevare, anche rilanciando il tema di una vera Costituzione europea.
La Costituzione europea non c'è più: l'idea di dare una Costituzione all'Europa è stata affossata dal Trattato di Lisbona. Il tema di una nuova Costituzione europea, costruita con una reale partecipazione degli organi rappresentativi dei cittadini europei, costruita attraverso la partecipazione popolare, rimane all'ordine del giorno e noi, su ciò, continueremo la nostra battaglia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castiello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPINA CASTIELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è con spirito diverso che quest'anno discutiamo e approviamo il disegno di legge comunitaria 2007, considerato sia il ritardo con il quale esso giunge in Parlamento, sia soprattutto l'evento politico che si è determinato con lo scioglimento delle Camere ad opera del Presidente della Repubblica.
Ciò, però, non ci deve esimere dallo svolgere una riflessione attenta sul ritardo con cui, ogni anno, giunge in Assemblea un provvedimento legislativo così importante, tra l'altro anche con scarsi tempi a disposizione per la discussione. Infatti, la legge comunitaria 2007 ci conferma non più un'impressione, direi, dopo oggi, ma una certezza: effettuiamo una perenne ed affannosa rincorsa di quanto Bruxelles, in qualche modo, ci propone e che, in altri casi, ci impone.Pag. 45
È evidente come la mole di provvedimenti che piovono dall'Unione europea sia addirittura superiore alla capacità di recepimento del nostro Paese e del nostro sistema legislativo e normativo, per i noti limiti che il bicameralismo perfetto in qualche modo ci impone.
Non si spiegherebbe altrimenti come mai tutti gli anni - lo ripeto - ci troviamo a discutere disegni di leggi comunitarie che non solo «toccano» la più ampia gamma di argomenti, come è prevedibile che sia, ma anche, in qualche modo, comprimono, soffocano e nascondono provvedimenti che, per l'impatto destinato ad avere sul nostro sistema normativo, meriterebbero sicuramente tempi di discussione molto più ampi. Si tratta di un iter che non può essere definito soltanto dalla necessità di far presto per non essere «bacchettati» dalla Commissione europea. Su questo tema abbiamo lungamente discusso - mi spiace, al riguardo, che non sia presente in Aula il Ministro Bonino - proprio per cercare in futuro (e ci auguriamo che lo faccia il nuovo Governo) di limitare questo «out» che diamo a un provvedimento così importante.
Da tutto ciò consegue che siamo di fronte a una legge comunitaria in cui troviamo posti sullo stesso piano banane, uova, fiori e sentenze penali. Al di là del rischio evidente di cadere nel ridicolo, come parlamentari siamo oggettivamente limitati nella nostra azione di confronto, di critica al disegno di legge governativo. Difatti, approfondire le modifiche al disegno di legge e ostacolare, se necessario, l'approvazione di alcune parti del provvedimento, rischia di comportare dei ritardi con il rischio di incorrere in infrazioni per il mancato recepimento di direttive e di norme necessarie e assolutamente condivise. Al riguardo, è naturale una prima e inevitabile riflessione: un provvedimento che spazia dalla commercializzazione delle uova alla normativa sul finanziamento delle fonti rinnovabili, a quella sull'importazione del legname, a quella sulla navigazione, al recepimento dell'ordinamento giudiziario comunitario in termini di cooperazione giudiziaria in materia penale e, infine, agli svariati interventi nell'ambito delle politiche comuni dell'Unione europea (peraltro di non facile soluzione) come quelli sul diritto societario, finanziario o fiscale, ci pone la domanda di quale debba necessariamente essere il contenitore, la forma, l'ambito più adeguato per l'applicazione e il recepimento delle direttive comunitarie. Purtroppo, a mio avviso, il rischio in cui si incorre è quello di licenziare una sorta di provvedimento omnibus in cui vi è di tutto e di più ma in cui è scarsa la consapevolezza del legislatore circa l'impatto delle misure previste sulla realtà quotidiana. Mi chiedo soprattutto se questioni così complesse, che hanno sicuramente bisogno di tempi più lunghi, non debbano essere trattate in una sede diversa da quella dell'esame della legge comunitaria o se non sia il caso che a tali problematiche, inserite nel disegno di legge comunitaria annuale, venga assegnato un tempo di approfondimento e di discussione più lungo. Si tratta di un tema che ci auguriamo possa essere dibattuto quando si insedierà il prossimo Governo e potranno essere poste in essere una serie di azioni per superare quello che rappresenta anche un limite temporale.
Noi riteniamo che si possa affrontare il problema prevedendo una sessione parlamentare dedicata alla legge comunitaria, per un adeguato esame di merito circa le materie oggetto di revisione normativa a seguito dell'introduzione delle normative comunitarie o, addirittura, istituendo una Commissione bicamerale con delega all'approvazione in via legislativa dei provvedimenti in questione. Si dovrà prevedere, quindi, un luogo istituzionale in cui il Parlamento e il Governo possano esercitare un confronto meditato sulle posizioni da assumere nell'interesse dell'Italia. A tutto ciò occorre purtroppo aggiungere un limite strutturale che è presente in questo provvedimento di legge, ovvero la circostanza che esso non risolve in alcun modo l'annoso problema delle infrazioni comunitarie. Come è noto, infatti, l'Italia continua ad essere il fanalino di coda per il numero di procedure avviate a suo caricoPag. 46per violazione del diritto comunitario e per mancata trasposizione delle direttive.
Infatti le procedure ufficialmente aperte nei confronti del nostro Paese sono all'incirca 227, compresa l'annunciata infrazione per quella grande sciagura nazionale rappresentata dalla disastrosa gestione dei rifiuti nella mia Campania. A fronte di questa situazione, fortemente preoccupante, sarebbe stato almeno auspicabile riscontrare nello stesso disegno di legge comunitaria un maggior numero di disposizioni dirette a risolvere le procedure di infrazione. Credo che anche in relazione a questo tema, nel momento in cui si sarà insediato il nuovo Governo, dovremo necessariamente istituire una sessione parlamentare per poter discutere il disegno di legge comunitaria in tempi adeguati.
Siamo convinti che l'Europa debba essere uno strumento forte, agile ed efficace, capace di sinergie tali da tener unite e rafforzare le potenzialità dei singoli Stati, che dobbiamo intendere con grandissimo senso di serenità e di realtà. Aspiriamo ad un'Europa a doppia velocità, e auspichiamo che i grandi Stati membri dell'Europa - non solo i Paesi fondatori - possano e debbano farsi carico di una politica molto più forte. Tutto ciò può avvenire certamente attraverso lo strumento delle cooperazioni rafforzate, intese non come fatto tattico, argomento per argomento, bensì come una strategia complessiva che possa individuare alcune materie fondamentali. Perché non pensare, ad esempio, ad una politica estera comune, ad una politica unica per la difesa, e ad una necessaria e urgentissima politica per l'accoglienza e per l'immigrazione? Infatti il problema della frontiera dell'Europa non può riguardare solo il nostro Paese, considerato che le coste italiane sono anche le coste europee. Su tale argomento le cooperazioni rafforzate possono rappresentare un'Europa che avanza e cresce in linea con gli obiettivi indicati da Bruxelles. Credo, in conclusione, che il compito dell'Italia debba tornare ad essere quello degli anni Cinquanta, quello di protagonista, insieme agli altri Paesi europei, nell'ambito di un'Europa più forte, coesa, unita, la quale si allargherà ulteriormente, e che quindi deve rappresentare il centro del mondo.
Ritengo che ciò debba rappresentare l'auspicio di tutti noi. È questo il nostro auspicio anche considerato il dato di fatto per cui stiamo approvando in ritardo il disegno di legge comunitaria. Tuttavia, visto il ritardo con il quale tale disegno è giunto all'esame all'Assemblea e considerato che tale ritardo ci ha tolto la possibilità di poter discutere nel merito il provvedimento e che soprattutto abbiamo dovuto con grande senso di responsabilità rinunciare alla discussione dei nostri emendamenti decidendo quindi di ritirarli, chiaramente non possiamo esprimere un voto favorevole sul provvedimento in esame.
Il gruppo di Alleanza Nazionale intende astenersi, con l'auspicio che in futuro sia il nuovo Ministro competente sia il nuovo Governo possano risolvere il problema della tempestività con la quale questo disegno di legge deve arrivare all'esame del Parlamento, garantendo in tal modo soprattutto dei tempi più lunghi e un confronto serio e serrato sulle cose da farsi (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.
MAURO PILI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per esprimere la dichiarazione di voto del gruppo Forza Italia sul disegno di legge comunitaria del 2007. Lo faccio rimarcando, se ce ne fosse ancora bisogno, il senso di responsabilità dell'opposizione, in particolar modo dei presidenti di gruppo, che hanno consentito oggi lo svolgimento del dibattito e l'approvazione del provvedimento in esame.
Credo che questo sia un elemento fondamentale nella valutazione politica che va posta alla base della riflessione su questa legge che ci accingiamo a varare. Si tratta di un senso di responsabilità che ha consentito di porre al di sopra delle partiPag. 47politiche la questione più rilevante del ruolo del nostro Paese nell'ambito europeo e comunitario.
Questo senso di responsabilità però, colleghi, deve tener conto anche di un clima di smobilitazione che ormai si registra in questa Aula; clima che certamente non ci consente di approfondire il tema e di conferire alla valutazione politica sostanziale su questa legge il carattere di una riflessione compiuta.
La prima considerazione che vorrei svolgere è proprio sul titolo di questo disegno di legge: legge comunitaria 2007. Arriviamo, cioè, all'esame del più importante provvedimento che riguarda il rapporto tra lo Stato italiano e l'Unione europea con oltre un anno di ritardo. Ritengo che ciò sia già il primo significativo elemento che lascia intendere come - lo affermo in termini bipartisan - il Parlamento, il Senato, la Camera e le parti politiche stiano considerando l'Unione europea come un soggetto davvero estraneo alla vita politica del nostro Paese: ciò, purtroppo, nella sostanza delle cose e nelle ricadute verso i cittadini e verso il nostro Paese, non è riscontrabile.
La seconda considerazione che mi permetto di avanzare e di ribadire è che questo provvedimento legislativo è carente sul versante del primo sostanziale punto che avrebbe dovuto impegnare il Parlamento italiano: manca, cioè, in tutto e per tutto quella fase ascendente che mirava, secondo i dettati del legislatore del 2005, a modificare l'intervento dello Stato che recepisce la normativa comunitaria subendola, senza svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione di una posizione europea condivisibile e sostenibile a pieno titolo dall'Italia.
L'assenza della posizione italiana su una questione fondamentale come quella della vita comunitaria e dell'intrapresa normativa nazionale ed europea rappresenta il più importante limite - lo ribadisco - della legge comunitaria in discussione.
Questo provvedimento ci consente, altresì, di esprimere un giudizio sul Governo. Ritengo che in questi mesi sia stato assolutamente importante da parte della Commissione richiamare più volte l'Aula, ma soprattutto le forze politiche, a non limitarsi al giudizio politico (come forse avrebbe voluto il Ministro Bonino) sulla riduzione delle procedure di infrazione. Innanzitutto, perché non vi è stata alcuna riduzione, anzi tutti i dati parlano di un incremento: come ha osservato qualche collega, non solo l'Italia non è salita nella graduatoria dei Paesi che recepiscono le direttive, ma davvero si deve proporre una valutazione diversa di quanto avvenuto in questi anni.
La valutazione della riduzione delle procedure di infrazione non rappresenta un fatto quantitativo, ma deve diventare un fatto qualitativo capace - esso sì - di valutare se le innumerevoli procedure di infrazione siano frutto di negligenza o di ritardi o se vi sia un'altra ragione che ci deve indurre davvero ad un'attenzione maggiore sulle questioni del recepimento comunitario.
Il più delle volte - e vi invito a guardare alla classifica dei temi che sono alla base delle procedure di infrazione - vi è soltanto un'imposizione dogmatica del principio burocratico europeo, che su molti temi vorrebbe mettere insieme politiche unitarie che unitarie non possono essere. Non possono esserlo per l'articolazione diversa dei Paesi che, per i problemi, la composizione e le prerogative, sicuramente, sotto ogni punto di vista, da quello economico a quello sociale a quello geografico e morfologico, non possono condividere politiche unitarie.
Il Governo, rispetto a questi temi, è stato proteso verso le questioni di piccolo cabotaggio politico mentre è stato totalmente assente sul confronto sull'Europa e con l'Europa. Abbiamo relegato questo Paese - lo affermo con la criticità necessaria - al ruolo di inseguitore. In altri termini, abbiamo fatto venir meno la possibilità di costruire per il nostro Paese un ruolo di apripista, capace di tracciare strade d'avanguardia della visione europea e di trascinare anche altri Paesi su politiche innovative in molti campi che per noi erano fondamentali.Pag. 48
La fase ascendente è venuta meno anche nel rapporto propositivo comunitario, capace di dare risposte puntuali al ruolo dell'Italia in Europa e a livello internazionale.
Nell'esame del disegno di legge - lo hanno richiamato i colleghi che mi hanno preceduto - abbiamo avanzato questioni di sostanza e di procedura.
Quanto a quelle di sostanza abbiamo proposto politiche di fase ascendente in ordine all'occupazione, l'energia e l'ambiente, affermando con estrema chiarezza che non può esservi un limite continuo a questioni fondamentali come quella dell'ambiente, che vedono gran parte delle regioni italiane sottoposte a procedura di infrazione senza che vi sia, da parte dello Stato italiano, alcuna attenzione capace di limitare il danno al ruolo dell'uomo protagonista dell'ambiente, che invece è fortemente richiamato in molte regioni italiane.
Allo stesso modo è assente (lo rammento solo per onore di cronaca) la progettualità sull'area di libero scambio del Mediterraneo che nel 2010 avrà avvio senza che l'Italia abbia svolto e possa svolgere un ruolo propositivo.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 17)
MAURO PILI. Quanto alle questioni procedurali, si propone con questa legge il recepimento di centinaia e centinaia di nuove direttive e atti comunitari mentre l'indicazione storica degli ultimi anni mostra che si deve puntare a delegificare e a creare le condizioni perché si possa davvero limitare l'imposizione dello Stato e delle istituzioni europee sulla vita economica e sociale dei nostri Paesi, circoscrivendo al massimo la regolamentazione di materie che invece devono essere lasciate al libero mercato e alla libera costruzione della nostra società.
Vanno assicurati tempi certi, come abbiamo sostenuto a proposito dell'organismo che deve operare nella fase ascendente; va anche preservato un ruolo (mi ricollego a quanto detto dal collega del gruppo di Rifondazione Comunista) autorevole per i Parlamenti che purtroppo oggi vengono del tutto accantonati in ordine alla loro funzione principale di creare e costruire una legislazione capace di fornire risposte al Paese.
Onorevole Presidente, in conclusione, se dovessimo esprimere un giudizio di merito non potrebbe che essere fortemente negativo, sia per la sostanza del provvedimento, sia per la subalternità politica, istituzionale e per la totale assenza di proposta sostanziale e politica da parte del Governo. Tuttavia, signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Forza Italia esprimerà un voto di astensione; un voto di astensione che intende essere senso di responsabilità istituzionale e internazionale. Esso vuole significare, oggi più che mai, l'auspicio che il nostro Paese abbandoni la subalternità e possa invece svolgere un ruolo di apripista e da protagonista. Con il provvedimento in esame avete contribuito ancora una volta a fare dell'Europa un limite. Forza Italia e il Popolo della Libertà lavoreranno per trasformare tale limite in un orizzonte di crescita dell'Europa nel rispetto dell'identità nazionale e delle sue prerogative.
Per tali ragioni esprimeremo un voto di astensione rivolto contro la politica di retroguardia e a favore di una proposta di avanguardia per il futuro europeo e per il nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, la discussione e il voto sul disegno di legge comunitaria ci consentono ogni anno di svolgere, in buona sostanza, un bilancio rispetto al sentire europeo del nostro Paese, delle Aule parlamentari e del nostro Governo. È di questi giorni l'annuncio dell'uscita del nostro paese dalla procedura di deficit eccessivo. Avviene in questi giorni dopo che sono trascorsi alcuni anni; siamo infatti incorsi nella procedura perPag. 49deficit eccessivo durante il Governo Berlusconi e ne usciamo solo negli ultimi giorni, con le dichiarazioni del commissario Almunia che ha espresso parole assolutamente forti in ordine all'azione del Governo, all'azione di risanamento dei conti e di contenimento della spesa.
Pertanto, il nostro Paese esce dalla procedura di infrazione e rientra a pieno titolo nei parametri che tengono insieme, dal punto di vista economico e finanziario, i Paesi che hanno deciso di aderire alla moneta unica europea. Ho voluto ricordare un dato che apparentemente non si trova negli atti né tra gli articoli del provvedimento in esame perché mi pare che, da solo, testimoni il tasso di attenzione all'Europa che il Governo Prodi ha avuto in questi due anni.
Potrei anche fermarmi a tale considerazione, perché mi pare che avere voluto riportare il Paese sul piano dei conti, del debito e del deficit all'interno dei parametri europei, significa aver voluto restituire dignità alla nostra presenza in Europa e complessivamente autorevolezza al nostro Paese.
Voglio anche ricordare - tutti lo abbiamo fatto - che, per quanto riguarda le infrazioni ed i contenziosi in sede europea, i numeri sono ancora alti e, per alcuni aspetti, preoccupanti. Tuttavia, credo si debba dare atto al Ministro Bonino di essere stata capace di invertire la tendenza; infatti, oggi, mentre parliamo, siamo nelle condizioni di dire che le infrazioni sono in diminuzione rispetto a un paio d'anni fa, quando il Ministro ha assunto quel ruolo e quell'impegno.
Intendo sottolineare, anche in questo caso, una tendenza positiva che accresce la nostra credibilità e la nostra autorevolezza in sede europea e dare atto al Ministro Bonino del suo impegno e del suo lavoro. Molti colleghi, sia nel lavoro in Commissione, sia quest'oggi in Aula, hanno voluto richiamare i problemi di un difficile funzionamento del rapporto tra il Parlamento e la Commissione europea e tra il Governo e la Commissione.
Sappiamo tutti che ci siamo confrontati più volte, anche negli ultimi mesi e nelle ultime settimane, sulla necessità di apportare alcune modifiche ai Regolamenti parlamentari per una migliore realizzazione della cosiddetta «fase ascendente» e della «fase discendente», distinguendo il dibattito e le scelte relative alla legge comunitaria, che generalmente attengono al recepimento delle direttive europee, dalla relazione sull'azione del Governo, che dovrebbe essere fatta prima dell'inizio dell'anno proprio per dare delle indicazioni e per indicare una prospettiva. Ciò affinché il Parlamento sui temi europei non sia solo un luogo importante, ma anche la sede per esprimere indirizzi, fornire linee guida ed indicare al Governo una direzione.
Dobbiamo riconoscere che, nel momento in cui si arriva a discutere del disegno di legge comunitaria con un anno e mezzo di ritardo e della relazione con due anni e mezzo di ritardo, tutto questo rischia di restare nelle buone intenzioni. Siccome, tuttavia, siamo negli ultimi giorni di attività dell'attuale Parlamento, credo - come ho affermato anche stamattina - che il nostro lavoro, che ci ha visto confrontarci, ma non dividerci su questi temi, sia un lavoro che lasciamo al prossimo Parlamento. Infatti, il tema dell'Europa e del rapporto del nostro Paese con l'Unione europea è troppo importante per essere discusso in ritardo e senza poter esprimere per tempo indirizzi ed indicazioni.
Mi consenta, signor Presidente, di ricordare solo che - lo sappiamo tutti - nel mese di dicembre a Lisbona è stato firmato il cosiddetto Trattato di Lisbona. Sappiamo che è stato un momento delicato, abbiamo lavorato in tanti per rimettere in moto la macchina europea, che si era arenata dopo i referendum in Francia e in Olanda che avevano bocciato la proposta di Costituzione europea. Pur avendo una qualche aspirazione in più rispetto al processo di integrazione europea, riconosciamo che quella macchina si è rimessa in moto a Lisbona; salutiamo positivamente quel lavoro e vorremmo essere insieme al Presidente Napolitano, che ha invitato a fare ogni sforzo per ratificare velocemente quel Trattato.Pag. 50
Sappiamo che sarà il prossimo Parlamento che se ne occuperà, ma noi del Partito Democratico vogliamo affermare in questa sede che riconosciamo nel Trattato di Lisbona un momento importante: la ripresa di un cammino e di un lavoro. Quel Trattato apre l'Europa ad una nuova prospettiva, ovvero all'Europa a «densità variabile», cioè alla possibilità e all'opportunità di metterci insieme nelle diverse situazioni e a seconda dei diversi momenti, non perdendo nessuna sensibilità e nessuna occasione.
Quel Trattato apre anche allo sviluppo di una politica di vicinato, che si giocherà particolarmente nell'area mediterranea. Allora, colleghi, credo che proprio quella politica di vicinato dell'area mediterranea possa vedere - anzi crediamo debba vedere - l'Italia come Paese protagonista, impegnato in prima fila per scrivere una nuova pagina della costruzione europea.
PRESIDENTE. Onorevole Frigato, dovrebbe concludere.
GABRIELE FRIGATO. Concludo, signor Presidente, sapendo che - come dicevamo questa mattina, lo hanno riconosciuto molti colleghi - abbiamo ottenuto il miglior risultato possibile nelle condizioni date. Ci auguriamo di poter fare di più e che la prossima legislatura faccia di più, ma per quanto riguarda il gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo noi manteniamo la nostra fede europea e, anche con riferimento al disegno di legge comunitaria al nostro esame, esprimeremo il nostro voto favorevole.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
FRANCA BIMBI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCA BIMBI, Relatore. Signor Presidente, parlerò brevemente come relatrice e come presidente della XIV Commissione. Vorrei solo ringraziare i colleghi perché abbiamo lavorato molto e con passione. Come relatrice, devo dire che ho trovato in tutti gli interventi, indipendentemente dalle decisioni di voto, il segno di una volontà di un europeismo vero. Ogni gruppo politico poi lo cerca e lo trova a misura delle sue scelte programmatiche. Sappiamo, tuttavia, che i tempi dell'approvazione del disegno di legge comunitaria e, quindi, le difficoltà che si sono incontrate indipendentemente dal colore politico di chi governava, dipendono proprio da un deficit di democrazia governante nel nostro Paese.
Occorre superare la duplicazione delle funzioni tra Senato e Camera, cambiare i Regolamenti parlamentari, perché altrimenti è impossibile intervenire efficacemente nella fase ascendente, vale a dire nella fase in cui il Parlamento dà voce ai cittadini, sia rispetto al Governo sia rispetto a Bruxelles. È necessario prevedere un rapporto molto più stretto con il Parlamento europeo, anche nei Regolamenti parlamentari o, comunque, attraverso delle prassi consolidate. È opportuno, inoltre, rivedere la legge n. 11 del 2005 perché mancano queste competenze reali.
Ritengo che di ciò siamo tutti consapevoli e la democrazia dei cittadini europei deve iniziare da qui, da questi cambiamenti che il prossimo Parlamento deve fare in questa direzione che, in maniera diversa, tutti hanno auspicato. I cambiamenti vanno fatti qui, non dico prima di chiederli a Bruxelles, ma certo mentre lo si fa: non possiamo sempre imputare all'Europa le nostre responsabilità. Auguro al prossimo Parlamento, tra pochissimo, che trovi gli strumenti per assumere queste responsabilità in maniera più efficace di quanto questo Parlamento e noi stessi, anche con i miei limiti personali, abbiamo potuto fare.