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Sull'ordine dei lavori (ore 12,12).
GERARDO BIANCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, in questa che con ogni probabilità sarà l'ultima seduta della legislatura mi consenta una riflessione personale «a margine», che credo possa essere condivisa anche da colleghi con i quali abbiamo avuto lunghi rapporti, insieme coincidenti e contrastati, come l'onorevole Boato.
È l'ultima seduta alla quale partecipo, in quanto nella prossima legislatura non sarò più su questi banchi, che mi hanno visto presente per più decenni. Lei mi ha dato la parola, e per me è molto importante il fatto che mi abbia concesso di prendere la parola, perché un Parlamento è proprio il luogo dove non solo si parla, ma si dovrebbe rispettare la parola. Ciò è fondamentale: una civiltà si fonda sulla parola, e quando la parola si insulta, non la si mantiene, oppure alla parola non si attribuisce alcuna rilevanza, vi è il rischio della decadenza di un popolo e di una civiltà. Le parole sono importanti, ecco perché il Parlamento è importante. Anche il meno buono, il peggiore dei Parlamenti è importante per la libertà della società e per quella dei popoli. Tutto ciò appartiene alla storia di ogni Paese, compreso il nostro.
Per questo motivo, quando sento frasi legate alla svalutazione del Parlamento, ad esempio l'idea che esistono solo venti o trenta parlamentari che possono svolgere un ruolo rilevante e importante, e si sminuisce il valore di ciascun parlamentare, credo che si infligga un colpo non solo di immagine ma anche di sostanza al ruolo del Parlamento.
Dobbiamo fare le riforme, il futuro Parlamento dovrà affrontare questo tema e credo che esso dovrebbe dar vita ad un'assemblea costituente per affrontare il problema, ma non spetta a me dirlo in questa sede (con l'onorevole Boato, e con altri amici, lo faremo in altre sedi). Intendo solo ribadire, nella mia ultima seduta, che in questo luogo ho vissuto quasi tutta la mia vita politica, e credo di averlo fatto con passione, e soprattutto con il cuore e con la mente. Per me questo è stato un luogo importante, e vorrei che tutti i parlamentari del passato, come anche quelli che verranno, considerino quest'Aula non un'Aula sorda e grigia, bensì un'Aula importante per svolgere il proprio ruolo all'interno del Paese.
Mi fermo qui; non posso però non sollevare un'ultima questione, che in questo momento sta agitando le piazze di tutta Europa e di tutto il mondo. Si tratta di un segno importante, perché mentre noi politici forse non interpretiamo adeguatamente l'istanza che sale dal cuore della gente, quest'ultima si muove per difendere principi di libertà, diritti civili, principi diPag. 4libertà religiosa, diritti dei popoli ad avere una propria storia nel contesto internazionale.
Ci troviamo di fronte ad un fenomeno singolare, quello di un popolo che difende la propria identità, come i tibetani, che viene inserito in una visione globale dei diritti umani. Vi è questo valore importante, anche culturalmente: non la chiusura dell'identità in se stessa, in contrapposizione agli altri, ma il rispetto dell'identità di un popolo che deve inserirsi nel rispetto più generale dei valori umani. Ritengo che tale problema dovrà essere affrontato dal Parlamento futuro in profondità e spero che i Governi futuri sappiano prendere adeguate decisioni.
Abbiamo un solo modo in un mondo globalizzato di affrontare i problemi del mondo e dell'integrazione: il rispetto della persona umana, una cultura che appartiene a tutte le culture, le civiltà e a tutte le religioni. Difendere tale principio e saperlo difendere significa volare un po' più in alto. A volte sembra che si voli alto soltanto occupandosi di Alitalia mentre, invece, sarebbe molto importante alzare il tono non per una retorica ma per difendere valori reali e profondi che appartengono all'identità dei vari popoli.
Signor Presidente, la ringrazio e, accanto a lei, vorrei ringraziare tutto il personale della Camera. Ho vissuto con loro per più decenni. Voglio ringraziare tutto il personale della Camera e penso che ancora una volta essi meritino il nostro rispetto e il nostro grazie. La ringrazio, signor Presidente (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bianco, e sono certo che tutti i colleghi si uniscono a questo mio ringraziamento non soltanto per le parole che ha pronunciato ma per il fatto che, con l'onestà e il rigore con il quale ha svolto la sua funzione, lei ha onorato questa istituzione parlamentare. Seguendo la sua attività e, in particolare, l'assoluta libertà e indipendenza di giudizio e di espressione del proprio pensiero, tanti hanno potuto capire il significato dell'espressione costituzionale, secondo la quale il parlamentare esercita la funzione senza vincolo di mandato rappresentando la Nazione.
Anche se la Presidenza di turno è impersonale, voglio aggiungere un ringraziamento personale perché mi è capitato in più occasioni, quando ho svolto la mia funzione di Presidenza, di poter avvantaggiarmi dei suoi consigli e delle sue sollecitazioni, che sono sempre state molto garbate e molto utili. La ringrazio ancora, onorevole Bianco (Applausi).
LUCIANO D'ULIZIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, colleghi, ritenevo che la seduta del 21 febbraio fosse effettivamente l'ultima seduta della Camera della XV legislatura e, in quella sede, rivolsi un ringraziamento generale ai dirigenti, al personale e a tutti i funzionari per la loro professionalità e per la loro dedizione, che ancora ribadisco. Invece, siamo stati riconvocati e, dobbiamo dire la verità (infatti la parola è importante ma anche la verità è altrettanto importante), eravamo stati convocati per altre comunicazioni, signor Presidente. Invece, vi sono state comunicazioni di routine.
La riflessione che vorrei svolgere, seppur nell'ambito dell'ordine dei lavori, è un'altra. Stiamo vivendo un periodo convulso, come spesso accade nel nostro Paese - non si tratta di un'eccezione -, in cui ci sono richiami addirittura, signor Presidente e colleghi, al rispetto della Costituzione, all'onorare la Costituzione. Mettiamo in dubbio che vi siano delle forze democratiche che, una volta «conquistato il potere», potrebbero non osservare la Costituzione.
Anch'io per l'ultima volta, vorrei mandare un messaggio forte e chiaro da quest'Aula: l'Italia è un Paese fondato sulla propria Costituzione democratica e non vi è nessuno - lo ripeto, nessuno - che possa metterla in discussione o prevedere un suo «accantonamento», seppure momentaneo. Pertanto, da questo Parlamento invito i colleghi a sollevare un grido di orgoglioPag. 5verso le istituzioni democratiche del nostro Paese, che non possono minimamente essere messe in discussione.
La seconda questione, signor Presidente, è la seguente. Tutti gli osservatori sono concordi: oggi ci troviamo esattamente nella stessa situazione in cui ci siamo lasciati.
PRESIDENTE. Onorevole D'Ulizia, la pregherei di tener conto del momento in cui ci troviamo. A pochi giorni dal voto, non possiamo improvvisare una discussione politica senza che lo abbia deciso la Conferenza dei presidenti di gruppo. La prego di tenere conto di ciò e di concludere.
LUCIANO D'ULIZIA. Quello che vorrei affermare è che da quest'Aula - nell'ultima seduta della XV legislatura - si deve levare un altro grido a difesa degli interessi dei cittadini, dei giovani e di chi, purtroppo, è costretto a rubare un pezzo di pane in un supermercato!
Io faccio parte della società civile, ho fatto una scelta in coerenza e l'ho portata fino fondo. Pertanto, questa è la mia raccomandazione ai deputati della XVI legislatura, cui rivolgo il mio appello: cerchiamo di fare di questa un'altissima istituzione e tenete conto che, purtroppo, il nostro Paese è in ginocchio.
PRESIDENTE. Deve concludere.
LUCIANO D'ULIZIA. Guardiamo alla gente, guardiamo alle categorie più disagiate, puntiamo a far ripartire questo Paese, soffermandoci sulle esigenze e sui problemi veri, e non fermandoci ai sofismi che, purtroppo, pervadono la politica italiana.
Chiedo scusa, signor Presidente, se mi sono dilungato, ma ritenevo fosse utile rivolgere questo appello.
ANTONELLO FALOMI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, intervengo sull'oggetto delle comunicazioni all'ordine del giorno. Lei ha annunciato la presentazione da parte del Governo di un disegno di legge di conversione di un decreto-legge teso a garantire la segretezza del voto. Non entro nel merito del decreto-legge, ma vorrei che rimanesse agli atti una preoccupazione di metodo riguardo ad esso.
Ci troviamo, infatti, nel pieno di una campagna elettorale e si interviene in materia elettorale. Sotto il profilo del metodo, trovo estremamente preoccupante e pericoloso intervenire con decreti-legge in materia elettorale, anche se possono avere una loro giustificazione. A mio parere, non è possibile intervenire con decreti-legge in materia elettorale, soprattutto mentre il «gioco» elettorale è in corso.
Vorrei sottolineare ciò e vorrei, altresì, che restasse agli atti, affinché non si vada, poi, verso altre decisioni più gravi.
ARNOLD CASSOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, mi ricollego all'intervento dell'onorevole Falomi e alla materia oggetto della seduta in corso. Io sono cittadino italiano all'estero ed anche candidato all'estero: proprio in questi giorni vi sono state varie accuse di brogli, di compravendita di schede all'estero. Vi è stata un'accusa molto precisa da parte di un giornale - Tempi - in cui un giornalista ha affermato di aver comprato - lui personalmente - sei voti in un bar di Colonia, menzionando anche il tipo di bar. Ritengo che in questi casi, naturalmente, il voto non sia segreto, né personale.
Se veramente sussistono casi specifici di questo genere - piuttosto che tante dicerie che cercano di gettare fango sugli italiani all'estero e di screditare la comunità italiana all'estero -, occorre che non solo la magistratura e la politica italiane, ma anche le autorità in loco, intraprendano un'azione concreta. Se èPag. 6stato commesso un reato in territorio tedesco, o in altro territorio, vi è il dovere, da parte delle autorità italiane, di comunicare anche con le autorità presenti in quei Paesi, perché su questi reati - se veramente sono stati commessi - si deve investigare. Non si può continuare con queste dicerie o supposte compravendite. Se vi è una accusa fondata si proceda immediatamente.
PRESIDENTE. Il Governo e le autorità preposte faranno tesoro di questa sua segnalazione.