Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto - Doc. LVII, n. 1)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reina. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci accingiamo ad esprimere il nostro voto sul DPEF per il periodo 2007-2011 con una certa preoccupazione. Dico ciò facendo riferimento, in particolare, a noi parlamentari meridionali.
È sufficiente scorrere il testo del Documento che il Governo ha predisposto e sottoscritto per porre in rilievo come in esso sia espresso un giudizio, che reputo al di fuori della realtà, razzista ed estremamente grave nei confronti di tutti coloro che hanno a che fare con il sistema formativo meridionale. A questo proposito, leggo, e non a caso, nel Documento che a frenare lo sviluppo e la produttività del Mezzogiorno sono fattori quali lo scarso livello delle competenze acquisite nella scuola, il livello insufficiente della ricerca e dell'innovazione e così via. Inoltre, la qualità dei servizi collettivi, anche se negli ultimi anni il divario si è andato riducendo, è peggiore che nel centro-nord, dai trasporti ai settori dell'ambiente e dell'energia, dai servizi idrici all'istruzione. In quest'ultimo settore, i livelli di competenza degli studenti, indipendentemente dalle condizioni economico-sociali delle famiglie, sono molto più bassi che nelle altre aree territoriali.
Chi ha scritto queste cose pensa e conosce un'Italia che non c'è, che non esiste. Vorrei che su ciò si esprimesse il ministro Bianchi, rettore dell'università di Reggio Calabria, o il collega Ferdinando Latteri, rettore dell'università degli studi di Catania; università, quest'ultima, che ha molti centri di eccellenza importanti e che rappresenta un punto di riferimento attrattivo per l'intera area del Mediterraneo. Ci sono, quindi, giudizi antichi e superficiali sul sistema formativo; giudizi che la dicono lunga sulla capacità di questo Governo di guardare con attenzione ai fenomeni che ha di fronte, al fine di superare i gap strutturali esistenti e che lo stesso ritiene di affrontare con proposte formulate nel Documento in maniera generale e complessiva.
Anche in tema di infrastrutture, che sono il nodo centrale della questione del meridione, le proposte non vanno oltre il sostanziale completamento di ciò che era stato precedentemente avviato. Si tace colpevolmente sulla questione, irrisolta e grave per le popolazioni meridionali, della realizzazione del ponte sullo Stretto. Allo stesso tempo, in modo assurdo, si ritiene che un pezzo importante del sistema intermodale italiano possa essere realizzato in Sicilia, quando ormai, soprattutto durante il periodo estivo, occorrono ore e ore per attraversare lo Stretto: ciò in termini di competitività.
Vorrei aggiungere, anche perché il tempo a disposizione è veramente tiranno, che questo Governo non si pone altre due questioni. Sostiene che occorre dare priorità alla valorizzazione delle risorse naturali e culturali, ma non dice nulla rispetto allo smantellamento degli impianti di raffinazione petrolifera esistenti a Gela, a Priolo, a Siracusa, come anche a Milazzo.Pag. 17Non ci dice nulla su tutti gli altri impianti che si trovano nel sud, poiché ritiene si tratti di argomenti da non dover affrontare, probabilmente perché toccano interessi troppo grandi, che non sono toccabili come invece quelli delle categorie colpite dal decreto Bersani. Si tratta di situazioni difficilissime, rispetto alle quali il popolo siciliano non ritiene - e nei prossimi mesi e nelle prossime settimane ve ne darà contezza proprio qui a Roma - di poter tollerare più a lungo un atteggiamento di inefficienza, di sufficienza, di assoluto dispregio delle istanze che da tanti anni esprime.
Il Mezzogiorno non è assolutamente tenuto in considerazione, al di là delle enunciazioni di principio, dal Documento in esame, che, anzi, proprio per la forma in cui è stato costruito e nelle proiezioni che si propone, rischia addirittura di aggravare ulteriormente il divario esistente.
Da ultimo, aggiungo che nessuna parola viene detta (l'ho sentito dire in questa sede nel corso del dibattito sul DPEF), nessuna vera chiarezza viene fatta dal Governo in ordine al tema della fiscalità compensativa o di vantaggio, del quale lungamente abbiamo discusso nella competizione elettorale e che il precedente Governo ha, perlomeno, il merito di avere contribuito ad integrare nel famoso rapporto Hakmark in seno alla Commissione europea. L'attuale Governo, invece, realizza disegni in termini fiscali che continuano a creare onerosi problemi ai ceti meridionali ed allo sviluppo del Mezzogiorno. Tale condizione è per noi inaccettabile; lo testimonia il modo - lo ribadisco - antico e superato di affrontare le questioni, che pone nella condizione di esprimere un «no» netto e chiaro all'approvazione di questo Documento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO VILLETTI. Signor ministro, non ripercorrerò i temi contenuti nel Documento di programmazione economico-finanziaria, né quelli della risoluzione a prima firma Ventura, che il gruppo della Rosa nel Pugno voterà.
Conosciamo la natura del DPEF, che si limita a tracciare un quadro di previsioni macroeconomiche e di andamento della finanza pubblica. È, tuttavia, molto rilevante poiché stabilisce quale sarà l'entità della manovra contenuta nella prossima legge finanziaria.
Mi rivolgo in particolare al ministro, di cui ho apprezzato la replica; ebbene, vi è una concordanza nella diagnosi della situazione. Si sostiene che bisogna affrontare insieme risanamento dei conti pubblici e ripresa. Al riguardo, osservo solamente che, con un tale abbinamento, non si rende il problema più semplice, ma lo si definisce in tutta la sua complessità perché, per collegare insieme risanamento e impulso alla crescita, è necessaria una movimentazione di risorse assai maggiore. Infatti, il Documento di programmazione economico-finanziaria, da tale punto di vista, è chiaro e le identifica in 35 miliardi di euro, cioè nel 2,3 per cento del PIL.
Sappiamo anche in quali direzioni dobbiamo condurre i nostri interventi e su quali grandi comparti della spesa pubblica dobbiamo agire: sono indicati nello stesso Documento di programmazione economico-finanziaria e riguardano la previdenza, la sanità, la finanza locale e, nel complesso, la pubblica amministrazione.
Di fronte a tale situazione è necessario affrontare la questione con interventi di carattere strutturale. Per quanto riguarda la finanza pubblica, vogliamo ridurre l'incidenza dello stock del debito pubblico rispetto al PIL e ricostituire un avanzo primario ovvero un rapporto positivo tra entrate e spese al netto della spesa per interessi. Si tratta di obiettivi perseguibili soltanto se vengono effettivamente realizzate riforme complessive che incidano sui fattori che generano un aumento delle spese, il che sarà inferibile solo dalle indicazioni che emergeranno in sede di legge finanziaria.
Più complesso il ragionamento che deve farsi con riferimento all'economia reale; al riguardo, l'insuccesso marcato di questi ultimi cinque anni di Governo di centrodestra -Pag. 18e mi rivolgo, così, ai colleghi dell'opposizione - si deve non soltanto alla formulazione ed all'attuazione di misure una tantum, ma anche ad un vero e proprio fallimento degli sgravi fiscali che, pur iniqui, non sono però riusciti a imprimere un impulso alla crescita. Noi dobbiamo evidentemente percorrere un'altra strada: la riduzione del cuneo fiscale e contributivo è sicuramente una via giusta, che dobbiamo seguire; ma non è sufficiente. A mio avviso, il contributo recato dal decreto-legge n. 223 del 2006, il cosiddetto decreto Bersani-Visco, consiste nell'imprimere una forte spinta al processo delle liberalizzazioni, investendo uno dei nodi fondamentali della nostra economia. Bisogna cercare di proseguire in tale direzione, contro tutte le chiusure monopolistiche ed oligopolistiche che si manifestano nel campo delle public utilities e, altresì, nel campo delle assicurazioni, realizzando quindi un'economia più aperta.
Dobbiamo anche affrontare la rilevante questione dell'assetto della nostra economia reale, formata da piccole e medie aziende che, avendo costituito un fattore di grande rilevanza nello sviluppo economico del paese, sono oggi un elemento di nanismo che impedisce o, comunque, frena il reperimento di risorse finanziarie e gli investimenti nelle innovazioni tecnologiche e di prodotto.
Si deve poi tener conto, infine, della situazione dei servizi, posti al riparo dalla competizione internazionale, e del problema, enorme, costituito da un'evasione fiscale e contributiva veramente da record. Quindi, i problemi sul tappeto sono abbastanza definiti.
Nel corso degli anni, ci siamo attivati per arrivare ad una flessibilità del mercato del lavoro, ma su questo terreno non è stato ancora creato un sistema di ammortizzatori sociali, come era scritto nel Libro bianco di Biagi. Conseguentemente, si sono verificati tutti quei fenomeni che abbiamo conosciuto con il nome di precarietà.
Esiste un quadro definito nel quale tutti si possono riconoscere. Tuttavia, signor ministro, ci attendiamo dal Governo (e pensiamo che, in questo senso, la nostra fiducia sia ben riposta) che tali problemi vengano affrontati con lo stesso impulso con il quale sono state affrontate le chiusure corporative della società italiana attraverso i provvedimenti che portano il nome del ministro Bersani. Bisogna dare una scossa al paese! Occorre cercare di affrontare, non a parole, ma con i fatti, le storture che tutti conosciamo. Solo così si riuscirà a dare un impulso allo sviluppo.
Vedete, la società italiana si trova in una vera e propria crisi. In molti settori dimostriamo di non avere dinamicità. Abbiamo notevoli difficoltà nella competizione internazionale, non solo nei paesi del Terzo e del Quarto mondo, ma nella stessa Europa e nella stessa area dell'euro. Occorre trovare una via che possa cambiare alcune realtà strutturali del nostro paese. È necessario cambiare la struttura della spesa pubblica e il modo in cui è amministrato il sistema fiscale, nonché contribuire a cambiare la struttura dell'economia italiana, che fatica ad andare avanti.
Si tratta di una sfida di grandissima rilevanza. Non ci possiamo nascondere l'entità del problema, né le diverse visioni presenti nella maggioranza e nel Governo. Non vorrei che, come linea politica del Governo su questi temi, si adottasse una sorta di media delle posizioni che esistono all'interno della maggioranza. Crediamo che dal Governo ci si possa attendere molto (in questo campo, la fiducia che diamo al Governo è piena e lo è altrettanto la stima che nutriamo nei confronti del ministro dell'economia e delle finanze). Comunque, ci aspettiamo molto.
In questo spirito, esprimeremo un voto favorevole sulla risoluzione Ventura n. 6-00004
(Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno e de L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, l'Italia dei Valori si riconosce nella risoluzione illustrata dall'onorevole Ventura e guarda conPag. 19favore agli obiettivi di politica economica individuati dal Governo.
Il DPEF relativo alla manovra finanziaria per gli anni 2007-2011 rappresenta una conferma degli impegni assunti dall'attuale maggioranza in sede di campagna elettorale e costituisce per l'Italia dei Valori la presentazione ufficiale del programma di Governo.
A nostro avviso, il Documento risulta innovativo rispetto alle precedenti formulazioni, in quanto non si limita ad un'elencazione sintetica degli obiettivi di finanza pubblica per l'esercizio a venire, ma si occupa dell'approfondimento di due temi di particolare interesse. Da un lato, offre un quadro rigoroso dell'evoluzione del contesto economico internazionale, con riferimento ai principali paesi sviluppati, e di quello italiano, con riferimento agli andamenti delle variabili macroeconomiche nazionali negli ultimi 15 anni.
Dall'altro, esso offre un'immagine unitaria e completa della linea di politica economica che il Governo intende perseguire non soltanto nel corso del prossimo esercizio finanziario, ma anche per l'intera durata della legislatura, realizzando, così, un vero e proprio «manifesto» politico-economico.
Per quanto riguarda il primo aspetto, si apprezza la scelta del Governo di operare una descrizione il più possibile accurata e documentata dello stato di salute sia dell'economia italiana, sia dei conti pubblici. Si condivide, in particolare, l'atteggiamento prudente con cui sono state effettuate le previsioni di crescita e di risanamento.
A mio avviso, tale accortezza rappresenta una scelta di grande intelligenza: essa non va criticata, anzi, deve essere messa in risalto. Si ritiene, infatti, che ciò sia l'espressione e la conferma di un approccio costruttivo e serio ai problemi che attanagliano il nostro paese.
D'altra parte, data la criticità di alcuni di essi, la concretezza dei propositi e la trasparenza delle informazioni possono risultare gli strumenti migliori per costruire e coltivare il più ampio consenso sociale possibile. In ciascuna fase dello svolgimento della propria attività, infatti, il Governo dovrà sempre adottare un comportamento costruttivo per la creazione di un clima di collaborazione, attraverso la concertazione con il Parlamento, con le parti sociali e con coloro che, di volta in volta, saranno i soggetti direttamente interessati dai suoi interventi di politica economica.
Ciò detto, si esprime soddisfazione per l'ampio e completo programma d'azione presentato dall'esecutivo, nonché per gli obiettivi che esso si è proposto di perseguire nel corso dell'attuale legislatura. Crescita, risanamento ed equità, infatti, possono concretamente costituire le tre direttrici lungo le quali canalizzare le politiche finalizzate al rilancio del nostro sistema economico.
Si è già evidenziato, in particolare, come appropriati interventi finalizzati allo sviluppo ed al potenziamento dell'economia del Mezzogiorno d'Italia consentirebbero di perseguire, contemporaneamente, obiettivi di crescita e di equità. Il sud del paese, signor ministro, contiene in sé enormi potenzialità di crescita, tali da far sì che possa essere considerato un possibile volano per il rilancio dell'economia dell'intero paese. Bisogna considerare il Mezzogiorno, infatti, non un peso od un fardello, ma un'occasione di sviluppo per l'intero paese.
Al contempo, riuscire a realizzare interventi in grado di ridimensionare il divario economico territoriale esistente nel nostro paese rappresenterebbe uno dei più grandi successi mai ottenuti nell'ambito di politiche volte a garantire l'equità. È questo il motivo, dunque, per cui sottolineo che tale ultimo aspetto, voluto dal Governo Prodi, risulta per noi importante.
Entrando nel merito degli specifici programmi individuati dall'esecutivo, ci si dichiara innanzitutto concordi con tutte le misure che si intendono promuovere in favore della crescita del nostro sistema economico. Le linee di politica economica tracciate nei tre diversi ambiti del miglioramento delle condizioni di contesto e di rete, della politica industriale e della riduzionePag. 20dei costi di produzione, infatti, risultano condivisibili sotto molteplici aspetti.
Inoltre, l'adozione di politiche dell'offerta finalizzate a mettere a disposizione del tessuto sociale ed industriale le infrastrutture ed i servizi necessari per supportare il loro pieno sviluppo racchiude, in sé, ampie possibilità di successo. Simili iniziative non soltanto sono in grado di potenziare le capacità produttive di imprese già operanti sui mercati, ma possono costituire, altresì, un incentivo di non trascurabile importanza per indirizzare nuove aziende verso l'investimento in aree che, al momento, risultano caratterizzate da una condizione di maggiore arretratezza.
Si dà pieno sostegno, poi, alla volontà dell'esecutivo di proseguire lungo il cammino delle liberalizzazioni. Chiediamo, dunque, che il Governo Prodi persegua tale obiettivo con grande determinazione e fermezza, ponendo fine a quelle rigidità ed a quelle posizioni di rendita che costituiscono un ostacolo al rilancio della nostra economia.
La liberalizzazione dei mercati dei beni e di servizi, infatti, rappresenterà lo strumento attraverso cui perseguire obiettivi di abbattimento dei costi e di recupero di competitività per i nostri prodotti: in tal senso, riteniamo positiva la misura adottata dal Governo attraverso il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, in materia di liberalizzazioni. Ribadisco, pertanto, che occorre accelerare in tale direzione questo processo, ed auspichiamo che esso trovi la sua completa realizzazione, nelle prossime ore, proprio in questa Assemblea.
Si guarda con favore alle linee guida di politica industriale individuate dal Governo in attesa di analizzare gli interventi di dettaglio che verranno proposti. Si condivide la necessità di adottare misure in grado di accrescere la competitività delle nostre imprese sul mercato internazionale. Per lungo tempo, tutto il sistema industriale dell'Italia è stato caratterizzato da una bassa propensione all'attività di ricerca e di sviluppo, all'innovazione e alla crescita dimensionale. A ciò hanno contribuito - non devo dirlo a voi, onorevoli colleghi, ma voglio soltanto sottolinearlo -, oltre che fattori culturali, quali l'istituto dell'azienda familiare, anche politiche pubbliche eccessivamente accondiscendenti che, da un lato, hanno cercato, fin quando è stato possibile, di compensare i differenziali di competitività con strategie di svalutazione del cambio e, dall'altro, come evidenziato dallo stesso DPEF, hanno creato una struttura normativa in favore delle piccole e medie imprese, che ha finito con il costituire un disincentivo per il loro ampliamento dimensionale.
Interventi volti a convertire simili tendenze, quindi, non potranno che essere di giovamento per la nostra economia.
Di non secondaria importanza sono poi gli impegni assunti dal Governo - a mio modesto avviso, credo che questo sia un punto già toccato dall'Italia dei Valori in altre occasioni - per la promozione di una più intensa e mirata attività di ricerca e sviluppo, da realizzare attraverso l'elargizione di incentivi e la produzione di progetti da attuare di concerto con tutti i livelli di Governo, anche sotto forma di partnership pubblico-privato.
A tale proposito, noi ci rivolgiamo al Governo con forza, perché ci auguriamo che esso abbia un'attenzione forte nei confronti di un aspetto importante, ossia il potenziamento della ricerca e del sistema delle università in Italia.
Confermiamo, inoltre, il nostro sostegno al Governo in materia di infrastrutture. L'impegno per l'ammodernamento del paese, tale da recuperare i ritardi accumulati e garantire la piena integrazione delle reti di comunicazione con i partners europei, deve essere puntuale e deve basarsi su una politica di investimento che garantisca l'omogeneità di sviluppo territoriale. Non bisogna più pensare solo di incrementare il sistema delle infrastrutture nel settentrione, ma guardare anche con attenzione ad una politica mirata ad aumentare il sistema infrastrutturale nel Mezzogiorno d'Italia. Accanto alla realizzazione dei grandi corridoi transeuropei, non va sottovalutata l'importanzaPag. 21dello sviluppo di grandi infrastrutture al sud, in grado di realizzare una ricentralizzazione del Mediterraneo.
Sempre nell'ambito delle linee guida di sostegno alla crescita dell'economia tracciate dal Governo, siamo pienamente favorevoli agli interventi previsti in materia di abbattimento dei costi di produzione e, in particolare, del costo del lavoro. Confidiamo nel fatto che la manovra di risanamento venga realizzata per quanto possibile attraverso una politica di riduzione della spesa pubblica, piuttosto che tramite un aggravio della pressione fiscale.
Infine, approviamo la scelta effettuata dal Governo di condurre una seria e puntuale lotta ai fenomeni di evasione ed elusione fiscale. Condividiamo, quindi, l'idea secondo cui i principi base dell'equità sociale richiedono che tutti contribuiscano alla spesa pubblica in base alle loro possibilità.
In conclusione, garantiamo il nostro pieno sostegno alle linee essenziali contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria presentato dal Governo. Auspichiamo che esso abbia piena attuazione nel corso dell'attuale legislatura, ma, con molta schiettezza, aggiungiamo che valuteremo con attenzione la traduzione quantitativa delle indicazioni contenute nel DPEF. Lo diciamo senza infingimenti: la prossima legge finanziaria sarà il vero banco di prova del Governo e noi dell'Italia dei Valori daremo tutti i contributi necessari per il bene generale del paese (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo ad esprimere un giudizio sul Documento di programmazione economico-finanziaria predisposto da questo Governo, che, da varie parti, anche da parte del ministro in questa sede, è stato ritenuto un documento obsoleto o anche poco favorevole ai tempi che corrono.
A nostro modo di vedere, il Documento oggi al nostro esame è una scatola vuota, è un contenitore senza contenuto, non perché sia uno strumento che non va più bene, bensì perché questo Governo non ha avuto la capacità e la possibilità di inserire all'interno di tale Documento le modalità con cui vorrà attuare le politiche finanziarie ed economiche dei prossimi anni.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,30)
MAURIZIO FUGATTI. È un grande libro dei sogni, in cui vengono scritte tante cose, vengono fatti tanti proclami, ma nella realtà non si dice come nei prossimi mesi questo Governo reperirà le risorse delle quali dice di avere bisogno per risanare i conti del paese. Ricordiamo che nelle prime settimane di questo Governo sono stati tanti gli «al lupo, al lupo» riguardanti il fantomatico buco nei conti pubblici, che poi non c'è stato.
Questo Governo ha istituito anche una commissione ad hoc, la commissione Faini, che ha scritto tante cose, tra cui che il Governo Berlusconi aveva lasciato un buco, una voragine nei conti pubblici. Addirittura si è detto che eravamo come all'epoca del 1992, quando la situazione era disastrosa per i nostri conti pubblici. Dopodiché, avete dovuto fare marcia indietro ed avete dovuto riconoscere che quanto aveva predisposto il Governo precedente in termini di numeri e di previsioni si è discostato di poco, se non di nulla, dalla realtà.
Infatti, la «manovrina» che avete fatto per correggere i conti pubblici di quest'anno non corregge minimamente quello che, secondo voi, era un buco, che alla fine non c'è stato. A nostro avviso, questo è un modo imprudente di operare da parte di tale Governo, che ha lanciato tanti allarmi, tanti proclami, ha creato disagio nei mercati finanziari ed allarme nei cittadini. Ha creato una situazione di rischio all'interno del paese, per cui si è fatto credere alla gente che esisteva una realtà economica e finanziaria dei conti pubblici che in realtàPag. 22non c'era. Questa per noi è imprudenza, e la vediamo in tanti altri provvedimenti di questo Governo.
Abbiamo visto come ci si è comportati con il cosiddetto decreto Bersani, che inizialmente è stato «venduto» come il decreto delle liberalizzazioni dei panettieri, dei farmacisti, dei tassisti. Dopodiché, ci siamo accorti che in realtà questo era il cosiddetto decreto Visco, il decreto contro le categorie produttive, contro gli artigiani, contro i commercianti, contro le piccole e medie imprese, perché di quel provvedimento oltre la metà delle pagine sono i tre articoli relativi alla parte fiscale.
Vi siete mossi imprudentemente, perché avete adottato un decreto-legge dicendo che dovevate colpire l'evasione; invece avete sbagliato i conti, per esempio sul settore immobiliare (per l'IVA retroattiva) avete sbagliato i conti di quasi 60 volte! Dovevate portare a casa 500 milioni di euro, ma nella realtà erano 30 miliardi quelli che avreste incassato, mettendo a rischio un settore, mettendolo in ginocchio! Le perdite che quel settore ha registrato a causa della vostra imprudenza sono state elevate: si è parlato di una perdita del 15-20 per cento per i titoli del settore immobiliare.
Ora vorremmo chiedervi - visto che ci avete messo una pezza, visto che siete intervenuti qua e là a mettere delle toppe sui vostri errori - chi risarcisce quei risparmiatori. Chi andrà a spiegare a quei risparmiatori che avete sbagliato perché avete colpito nel mucchio? Il vostro colpire nel mucchio fa parte di un'impostazione ideologica e culturale che avete. Le dichiarazioni del viceministro Visco e quelle del ministro Ferrero sulla lotta all'evasione ci fanno credere che, secondo voi, vi è un'Italia divisa in due parti. Un'Italia dei dipendenti pubblici e dei dipendenti delle grandi imprese, che è da tutelare, e poi un'altra Italia: gli altri sono tutti evasori, gli altri bisogna colpirli, gli altri sono persone disoneste che non pagano le tasse! Il vostro modo di operare con il cosiddetto decreto Bersani ha semplicemente sancito tutto questo, perché avete colpito nel mucchio. Noi non diciamo che lì non c'era evasione, ma diciamo che avete agito indiscriminatamente su una categoria, mettendola a rischio; adesso è vero che ci avete messo una pezza, ma vedremo per il futuro.
Non ci sono poi piaciute le dichiarazioni del ministro Padoa Schioppa in sede di audizione, quando, di fronte alle nostre critiche su questa parte del provvedimento, egli ha detto che nel settore immobiliare vi era evasione e quindi andava colpito. Andava colpito indiscriminatamente, perché questo è il vostro modo di agire! Un modo di agire che, ripetiamo, fa parte di una visione ideologica, culturale e politica che ritroviamo anche nella risoluzione che oggi sottoponete al voto dell'Assemblea.
Si parla più volte di equità, di redistribuzione e di uguaglianza, si dice di colpire le rendite. Addirittura, in un documento ho letto, si dice che il Governo Berlusconi aveva creato una Repubblica basata sul patrimonio! Ciò sembra quasi voler dire che andrete a colpire il patrimonio e quelle categorie che, in questo paese, finora, hanno tirato avanti la «carretta». Ricordo che veniamo da cinque anni di crisi economica! Oggi, si dice che ci sarà la ripresa e, invece di far correre i cavalli, quelle categorie che tengono in piedi l'Italia, cominciate a mettere lacci, lacciuoli, freni, pali e paletti, come avete fatto con il cosiddetto decreto-legge Bersani-Visco.
Il disegno di legge finanziaria che ci prospettate è ambizioso: si parla di una manovra di 35 miliardi e si citano numeri importanti. Sostenete che 20 miliardi saranno destinati al risanamento e una quindicina allo sviluppo. Non dite, però, dove troverete queste risorse. Fate riferimento a quattro grandi capitoli, quali il pubblico impiego, la sanità, le pensioni e gli enti locali; ma non dite le modalità attraverso cui reperirete tali fondi. E non lo dite semplicemente perché non lo sapete! All'interno della vostra maggioranza ci sono visioni distanti e distinte - come quella di Rifondazione comunista, da una parte, e magari quella della Margherita, dall'altra - in ordine alle modalità con cui risanare i conti pubblici.Pag. 23
In campagna elettorale avete parlato di quella che sembrava essere la panacea di tutti i mali: il cuneo fiscale. Non comprendiamo minimamente come andrete a finanziare il cuneo fiscale all'interno del DPEF. Si parla - e questa è un'ipotesi che critichiamo aspramente - di innalzare le percentuali contributive di determinate categorie e, casualmente, sono sempre quelle produttive. Per quel poco che si capisce da questo Documento, sembra che finanzierete il cuneo fiscale con un aumento dei contributi di determinate categorie.
Comunque, una manovra di 35 miliardi delinea una legge finanziaria ambiziosa. Dovremmo capire dove andrete a trovare questi soldi! Oggi il DPEF non lo dice e siamo costretti ad esprimere valutazioni generali. Il problema è che non lo dite, perché oggi non avete la possibilità di farlo. Non avete la minima idea di come reperire questi soldi e, soprattutto, di come riuscirete a trovare un accordo all'interno della vostra compagine.
In queste prime settimane, abbiamo constatato un particolare accanimento - lo ripetiamo - verso determinate categorie produttive. Ieri, il Presidente Prodi si è recato a Milano, quasi per volersi «pacificare», tra virgolette, con quella parte del paese che non lo ha votato. I primi passi del Governo ci portano a dire che non è questo il modo con cui ci si può ingraziare questa parte di elettorato. Una parte del paese corre, produce e contribuisce allo sviluppo e alla crescita del paese. Non è prevedendo nuove imposte, lacci e lacciuoli, e non è reinserendo nuovi adempimenti - come avete fatto con il cosiddetto decreto-legge Visco - che possiamo lasciar correre le imprese, facendo in modo che si aggancino realmente alla ripresa, come sarebbe necessario.
Questo è solo un modo per scoraggiare i piccoli e medi imprenditori. Fate perdere alla gente la volontà di lavorare! Infatti, se prima di svolgere il proprio lavoro si deve, ogni volta, pensare all'agenzia delle entrate, non si opera tranquillamente e onestamente.
Quindi, dichiaro il voto favorevole del gruppo della Lega Nord Padania sulla risoluzione Giorgetti n. 6-00003 predisposta dalla Casa della libertà (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).