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Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
Pag. 239(Iniziative per contrastare l'emergenza idrica nel territorio del delta del Po - n. 2-00095)
PRESIDENTE. Il deputato Bellotti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00095 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1). Ricordo al deputato Bellotti che ha 15 minuti di tempo a disposizione.
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, da alcuni anni si stanno verificando con una certa frequenza siccità eccezionali: ricordiamo quelle del 2001, del 2003 e del 2005. Anche in questi giorni, le cronache dei giornali rappresentano una situazione a dir poco drammatica, con riferimento, ad esempio, al fiume più importante d'Italia, il Po.
Provengo da una zona particolarmente debole sotto il profilo ambientale, ossia l'area del delta del Po, dove il fenomeno della siccità è assai più grave rispetto ad altri territori. Oggi, stiamo assistendo a quello che, negli anni passati, veniva considerato un evento assolutamente straordinario ed eccezionale, ossia alla risalita del cuneo salino, che si verifica quando il mare risale il fiume (mentre dovrebbe accadere il contrario: il fiume dovrebbe riversare la propria acqua nel mare).
Dieci o venti anni fa, questa contaminazione del mare (se così possiamo definirla) nelle acque del Po avveniva nell'ordine di due, tre o quattro chilometri. Negli ultimi dieci anni, tali risalite si sono fatte più importanti in termini quantitativi, tanto da raggiungere l'estensione di una decina di chilometri. Proprio in questi ultimi giorni, la risalita ha superato addirittura i 25, 30, 32 chilometri. Ciò pone un grave problema legato soprattutto all'agricoltura e all'ambiente. Le coltivazioni, infatti, non riescono a sopportare una contaminazione salina pari al 2 per mille come contenuto di sale nell'acqua: oggi stiamo parlando di quantità che arrivano al 4 per mille! Ciò produce un gravissimo danno, perché non si possono irrigare i raccolti. Nel delta del Po, oltre al danno provocato al settore agricolo, vi è quello procurato in maniera indiretta, a causa della siccità, alla pesca e alle valli. Vi è poi un aspetto occupazionale importantissimo, che coinvolge oltre tremila pescatori, oltre a un danno che riguarda l'ambiente. Infatti, il danno da salinità è irreversibile! Le terre che vengono, in qualche maniera, toccate da questo problema devono poi essere bonificate e ciò richiede anni di lavoro.
Quando nell'immaginario collettivo si parla di siccità, come accade nella Bibbia, si cita sempre la carestia: è un grande e grave problema del nostro paese. Nelle ultime settimane, presso Pontelagoscuro, abbiamo toccato le soglie minime di portata del fiume Po. Qualche collega avrà visto sicuramente qualcuno attraversare il Po senza nuotare, ma addirittura quasi camminando. Siamo arrivati a soglie non conosciute a memoria d'uomo.
Il problema non è semplicemente legato a un aspetto di siccità, vale a dire di mancanza di precipitazioni. Uno dei problemi più importanti è quello delle ritenzioni dell'acqua a monte dell'asta del fiume Po: in questi bacini l'acqua viene trattenuta per la produzione di energia o per altre ragioni che poi, alla luce di questi fatti, determinano una grande siccità.
In sintesi, il Po ha troppi padroni. Quando si parla di problemi di siccità collegati al Po, la gestione delle risorse è frazionata tra un'infinità di soggetti istituzionali: i ministeri, le autorità di bacino o distrettuali, le agenzie interregionali per il Po, le regioni, gli ambiti territoriali ottimali, le province, i comuni e altri soggetti di varia natura, come i consorzi di bonifica, i consorzi di gestione e regolazione dei laghi, i gestori di invasi artificiali, i concessionari di derivazioni per l'energia idroelettrica e molti altri concessionari per l'uso dell'acqua.
Vi è, sicuramente, la necessità di una cabina di regia, che rafforzi il controllo su quello che oggi rappresenta un problema serio, ossia la siccità, nonché su quello che potrà essere un problema di domani, vale a dire le piene del fiume Po.Pag. 240
Parlo da polesano: purtroppo, in passato, siamo stati toccati in maniera profonda da tali fenomeni. Credo che sia necessario e indispensabile mettere le mani anche sulla normativa concernente le calamità naturali, in modo tale che gli agricoltori e chi comunque in questo periodo è stato profondamente danneggiato da questo problema - non per volontà propria - abbiano la possibilità di essere risarciti.
Credo ci sia bisogno di una sorta di regia per l'utilizzo dell'acqua. L'acqua non è di chi sta sopra o sotto il territorio; l'acqua è un bene prezioso che appartiene a tutti e, come tale, va regolamentato. Non credo che l'agricoltore polesano possa essere felice se gli viene detto che deve pagare la sua siccità perché qualcun altro a monte trattiene l'acqua, magari per la produzione di energia elettrica. Abbiamo bisogno di un punto di chiarezza importante e fondamentale.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, onorevole Bellotti, il ministro Pecoraro Scanio avrebbe voluto rispondere personalmente, ma in questo momento è impegnato nella Commissione ambiente della Camera.
Per quanto riguarda la crisi idrica che ha investito il fiume Po, la dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2006 ha riguardato tutti i territori interessati dalla crisi idrica, che sta determinando una situazione di grave pregiudizio agli interessi nazionali nel bacino idrografico del Po e nei bacini limitrofi. Sicché, qualsiasi iniziativa o misura che verrà assunta dovrà essere necessariamente correlata e coordinata con le attività che faranno seguito alla dichiarazione del Presidente del Consiglio dei ministri adottata il 28 luglio.
Appare comunque necessario, condividendo le osservazioni degli interpellanti, avviare anche azioni di medio e lungo periodo, volte a superare l'approccio di gestione dell'emergenza a favore della mitigazione del rischio, in analogia con quanto fatto per il rischio inondazioni.
Per il bacino del Po è necessario, quindi, predisporre un attendibile bilancio idrico esteso a tutto il bacino, sulla base dei piani di tutela delle acque predisposti dalle regioni, anche al fine di stabilire criteri oggettivi per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni che hanno rilevanza a livello di bacino. Successivamente, dovranno individuarsi le aree a maggiore rischio di crisi idrica, per le quali elaborare strategie impostate sulla gestione sostenibile e solidale della risorsa idrica.
Siffatte strategie dovranno tendere al risparmio d'acqua in agricoltura, ad esempio tramite l'utilizzo di tecniche di irrigazione più efficienti, incentivando il riutilizzo delle acque reflue urbane depurate, oppure passando a colture meno idroesigenti ove il bilancio idrico evidenzia l'impossibilità a mantenere le colture esistenti.
Dovranno, infine, essere verificati i margini di miglioramento gestionali esistenti nella regolazione dei grandi laghi, nel raccordo delle gestioni dei serbatoi idroelettrici montani con le necessità idriche di valle o nei sistemi di distribuzione della risorsa, anche mediante l'interconnessione dei canali principali per una maggiore flessibilità di gestione. Particolare attenzione dovrà essere posta alla possibilità di utilizzo plurimo delle infrastrutture esistenti.
Dopo attenta valutazione delle soluzioni di risparmio idrico e di ottimizzazione gestionale, è invece opportuno valutare gli interventi strutturali che possano offrire il miglior rapporto costi-benefici. Fra questi, si può ricordare la realizzazione di nuovi invasi a basso impatto ambientale, quali l'uso multiplo delle cave dismesse e delle vasche di laminazione delle piene.
Per quanto concerne, invece, le eventuali responsabilità legate alla diminuzione della portata del corpo idrico che attraverso la pianura Padana, si ritiene che,Pag. 241attraverso un puntuale monitoraggio da parte delle regioni e degli organismi a ciò preposti, sarà possibile conoscere la reale portata dei prelievi di acqua ed assumere le dovute iniziative.
Al fine di definire congiuntamente quali misure adottare per superare l'attuale fase critica dovuta alla prolungata siccità, forse in via di attenuazione, il Consiglio dei ministri del 28 luglio ultimo scorso ha previsto l'istituzione di una apposita cabina di regia presso il Dipartimento della protezione civile, composta dai rappresentanti di tutte le regioni e province autonome interessate, delle autorità di bacino, delle amministrazioni centrali competenti e delle associazioni di categoria interessate.
Superata la fase critica, è tuttavia necessario che i vari enti preposti subentrino nelle attività di competenza e continuino ad operare, come, di fatto, sta già avvenendo, nella più stretta collaborazione. In tale contesto, è indispensabile il rafforzamento del ruolo delle autorità di bacino, prossime autorità di distretto, che devono ricoprire, anche nell'immediato, un ruolo sempre più incisivo negli scambi continui tra gli enti istituzionalmente competenti.
Si ritiene, comunque, che l'attuale crisi idrica non possa essere definita «calamità naturale indotta dall'intervento umano», in quanto le valutazioni emerse nelle diverse sedi a cui partecipano le autorità competenti portano a non considerare il fattore umano l'unica causa determinante di tale crisi.
Infine, nell'ambito del programma nazionale degli interventi del settore medico, si inserisce il piano irriguo nazionale, di competenza del ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, nel rispetto delle cui priorità, approvate dalla Conferenza Stato-regioni del 20 maggio 2004, sono stati censiti progetti per un investimento complessivo di 7,3 miliardi di euro solo per il settore irriguo, di cui circa 1,7 miliardi di euro per progetti pressoché cantierabili.
PRESIDENTE. Il deputato Bellotti ha facoltà di replicare.
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi dichiaro insoddisfatto della risposta ricevuta. Mi sarei aspettato, quanto meno, un segnale nei confronti dei polesani che, dal punto di vista economico, sono stati toccati in maniera forte da questa vicenda che ha messo in difficoltà i bilanci delle aziende agricole ed i loro i prodotti, che oggi - ahimè - stanno scomparendo da quel territorio proprio per l'impossibilità di irrigare il terreno.
Mi sarei atteso una risposta forte sulla normativa riguardante le calamità naturali. Di fronte a questo stato di cose, è assolutamente scontato pensare di poter usufruire di questo strumento operativo per andare incontro ai fabbisogni di quelle popolazioni. Dal Governo mi sarei aspettato tale posizione.
Lei ha tracciato, altresì, un quadro più ampio e l'avvio di una vasta concertazione. Credo che, a furia di istituire questi tavoli, prima di decidere, corriamo il rischio di diventare falegnami! Al contrario, dovremmo essere gli autori di un intervento indispensabile per il territorio.
Tra l'altro, non sono stati toccati tutti i temi. È molto complicato dire alle popolazioni della pianura Padana che occorre cambiare i piani colturali, perché - così come ho ricordato precedentemente - le colture devono essere le migliori, nel rispetto del ciclo dell'acqua, anche perché quando parliamo di agricoltura, parliamo di un settore direttamente collegato alla fertilità, e la fertilità è direttamente collegata alle migliori produzioni che riusciamo ad ottenere nel Veneto, nella Lombardia, nel Piemonte, dove un milione di ettari di quel territorio è coltivato a mais. Il mais è indispensabile nella catena agroalimentare del nostro paese. Dunque, ritengo che la risposta fornita dal Governo sia assolutamente insufficiente sotto questo profilo.
Per quanto riguarda i nuovi invasi di cui lei ha parlato, mi risulta che, a monte del Polesine, vi sono circa 270 sbarramenti, a volte non censiti, che trattengono l'acqua. Anche in tale caso, il Governo deve intervenire in maniera autorevole edPag. 242urgente, per far sì che l'ENEL, che gestisce molti bacini, intervenga per rilasciare al più presto le necessarie quantità d'acqua, al fine di garantire un minimo di aumento del livello del fiume Po e, quindi, di salvare quei territori.
Sarebbe molto curioso verificare la distribuzione degli invasi. Mi sembra che il rispetto dell'ambiente, a seconda che si parli della regione Emilia-Romagna o della regione Veneto, avvenga con una sorta di corrente alternata. Infatti, nell'Emilia-Romagna vi è il rilascio di molte licenze in maniera «aperta», mentre, per quanto riguarda il Veneto, ciò avviene con grande saggezza e con grande rispetto dell'ambiente. La realizzazione dei nuovi invasi deve essere regolamentata e deve avere una tracciabilità da parte del Governo.
Ultimo aspetto. Non vorrei che, rispetto a ciò di cui stiamo parlando, vale a dire il problema delle quattro regioni più importanti d'Italia per quanto riguarda l'agricoltura, ossia il Piemonte, la Lombardia, il Veneto e l'Emilia-Romagna, le dichiarazioni dei ministri fossero solamente propaganda. A tale proposito, vorrei citarvi un'agenzia ANSA di poche ore fa riguardante la risposta del ministro dell'ambiente Pecoraro Scanio durante il question time; il ministro ha parlato di una iniziativa, insieme al ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali riguardante l'uso razionale della risorsa idrica, perché è inaccettabile utilizzare acqua potabile per usi impropri ed irrigui; ha ricordato, altresì, che stanno lavorando ad un accordo di programma in questo senso.
Mi dispiace che il ministro non sia presente per altri motivi istituzionali (lo comprendo), ma sarebbe stato curioso sentire proprio dal ministro le dichiarazioni in tal senso.
Le stesse dichiarazioni le ha fatte il ministro De Castro: vanno tenute presenti anche opzioni come quella di una revisione degli ordinamenti colturali - quello che dicevamo prima - tendente ad utilizzare colture con minor fabbisogno idrico. È quanto abbiamo prima contestato. Però, De Castro aggiunge: sono stati censiti progetti per un investimento complessivo di 7,3 miliardi di euro e, solo per il settore irriguo, circa un miliardo e 600 mila milioni per progetti cantierabili. Anche in questo senso mi sarei atteso dal Governo una dichiarazione di immediata disponibilità di queste risorse almeno per le aree più colpite, proprio per dare un segnale forte rispetto a grandi necessità.
Noi, come gruppo di Alleanza Nazionale, nelle prime audizioni di questa legislatura, proprio alla presenza del ministro De Castro, abbiamo posto il problema dell'acqua come problema centrale di tutta la politica agricola nazionale. Non ci può essere agricoltura se non c'è l'acqua, che è una risorsa che va controllata e regolamentata.
Oggi, il Po e l'acqua hanno troppi padroni nel nostro paese. Quindi, ci auguriamo che questo Governo trovi al più presto soluzioni credibili a un problema assolutamente indifferibile e non più rinviabile (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
(Rinvio dell'interpellanza urgente Donadi - n. 2-00104)
PRESIDENTE. Avverto che, per accordi intercorsi tra il presentatore ed il Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Donadi n. 2-00104 è rinviato ad altra seduta.
(Ritardi nella concessione dei contributi a favore dei comuni per le spese di gestione degli uffici giudiziari - n. 2-00093)
PRESIDENTE. La deputata Samperi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00093 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, la legge n. 392 del 1941 pone a carico dei comuni in cui hanno sede gli uffici giudiziari le spese che riguardano la custodia, la manutenzione, l'illuminazione, il riscaldamento, il materiale di cancelleria e quant'altro. La concessione ai comuniPag. 243dei contributi è regolata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 187 del 1998, che prevede che i contributi vengano corrisposti in due rate: la prima è disposta in acconto, la seconda, a saldo, entro il 30 settembre.
I comuni sedi di uffici giudiziari (sono circa 850) non hanno riscosso i rendiconti che riguardano gli anni 2002, 2003, 2004 e 2005, e siamo già nel 2006. I comuni vivono una vita difficile, perché hanno avuto trasferimenti di competenze senza trasferimenti di risorse. I comuni, in questi anni, hanno tenuto il tessuto democratico del paese, perché su di essi è stata addossata una riforma in senso federalista, che ha gravato soprattutto su di loro.
L'ANCI, spesso, in modo allarmato, ha chiesto interventi e dispone di dati secondo i quali 600 milioni di euro debbono essere dati ai comuni in rendicontazione.
Vorremmo sapere se il debito nei confronti dei comuni ammonti effettivamente a questa cifra, se il Governo intenda sanare più presto il debito pregresso - stiamo parlando di cinque anni, dal 2002 ad oggi -, e se intenda proporre una modifica dell'attuale normativa, in quanto i comuni debbono sostenere spese che dovrebbero riguardare il Ministero della giustizia. I comuni, in questo momento, spesso rinviano il pagamento degli stipendi perché non hanno «cassa» a sufficienza.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, i riferimenti normativi dell'onorevole Samperi sono estremamente puntuali. C'è da osservare, per completezza, che la rata in acconto che viene corrisposta ai comuni è pari al 70 per cento della somma corrisposta nell'anno precedente. La seconda rata, che deve essere corrisposta nel settembre di ciascun anno, è ovviamente a saldo. Ciò significa che il sistema approntato garantisce ai comuni comunque una rata in conto per ogni anno pari al 70 per cento di quanto viene speso per la gestione degli uffici giudiziari.
Entrando nello specifico, tutti gli acconti sino al 2005, pari al 70 per cento, dal 2002 al 2005, sono stati corrisposti ai comuni. Invece, deve essere ancora corrisposto il saldo per gli anni 2002, 2003, 2004 e 2005. Ovviamente, il discorso non si può fare per il 2006, in quanto è stato pagato l'acconto e il termine per la seconda rata non è scaduto.
Per quanto riguarda il saldo del 2002, il relativo contributo era stato già calcolato ed era stato inviato alla firma dei ministri competenti. Senonché, sia pure con notevole ritardo, i ministri hanno visto loro restituito l'atto dal Ministero dell'economia e delle finanze, in quanto i ministri firmatari non corrispondevano alle persone fisiche dei ministri subentranti. Quindi, si è provveduto ad inviare nuovamente la documentazione corretta per la firma e, insieme alla nuova documentazione che riguarda il 2002, si è anche predisposto il conteggio e la documentazione per la firma dei ministri per il saldo del 2003.
Il materiale pagamento alle amministrazioni comunali è previsto tra la fine di settembre e i primi giorni del mese di ottobre, mentre il saldo per l'anno 2004 dovrebbe poter intervenire entro la fine del corrente anno. È altresì previsto che, nei primi mesi del 2007, tutti i comuni riceveranno il saldo relativo a tutti gli anni.
L'importo attualmente esigibile dai comuni, ossia la somma dei saldi dal 2002 al 2005, è pari a 370 milioni di euro.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, ossia i maggiori oneri che sopportano i comuni per l'attività di vigilanza degli uffici giudiziari, si deve prendere atto che l'Avvocatura generale dello Stato, con parere del 6 giugno 2001, ha stabilito che, nel termine «custodia», contenuto nell'articolo 1 della legge n. 392 del 1941, debba essere compreso anche il termine «vigilanza», dal momento che non può esistere custodia, specie di un ufficio giudiziario, senza la sua vigilanza. Queste spese, quindi, possono rientrare nei costi previstiPag. 244e disciplinati dalla legge n. 392 del 1941, proprio perché afferiscono alla custodia e non costituiscono una voce separata.
Sicuramente, può affermarsi che per gli anni 2002 e 2003 la percentuale di rimborso, anche per queste spese, corrisposta ai comuni per tutte le sedi di Corte di appello, tribunale e sedi di giudice di pace è pari al 95 per cento. Certo, sarebbe opportuno aumentare il finanziamento del capitolo destinato al rimborso di tali spese, in ragione degli aumenti - questo è il problema - del costo dei servizi forniti, nonché di nuovi compiti di vigilanza attribuiti alle amministrazioni comunali, ripartiti almeno in parte anche con gli altri comuni facenti parte della stessa circoscrizione giudiziaria. Questa è una novella normativa che dovrà essere introdotta, in quanto le strutture giudiziarie servono più comuni e, ovviamente, tali costi devono gravare su tutti i comuni che utilizzano il servizio giustizia.
Il Governo, invece, non ritiene opportuno modificare la legge n. 392 del 1941 - vale a dire la legge che prevede che tali costi vengano sopportati anche dai comuni -, anche perché i costi relativi al servizio giustizia devono essere strettamente correlati e gestiti con la collaborazione dei soggetti istituzionalmente preposti alla cura degli interessi locali.
La ratio della legge n. 392 era proprio questa, cioè quella di garantire un meccanismo di rimborso di spese con lo scopo di assicurare anche la tempestività degli interventi e il controllo dell'autorità locale, rapportati e correlati alla effettiva necessità degli stessi. Cosa che diventa difficile con un'organizzazione centralizzata. Peraltro, la suddetta legge non contempla il completo rimborso delle spese comunque sostenute.
PRESIDENTE. La deputata Samperi ha facoltà di replicare.
MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, sono soddisfatta soprattutto per la sensibilità che questo Governo sta mostrando nei confronti di enti così importanti, quali i comuni che, negli ultimi anni di Governo, sono stati molto trascurati e hanno molto sofferto per la diminuzione di trasferimenti e per l'assoluta distrazione dimostrata nei confronti di problemi che attenevano non solo alla qualità dei servizi, ma anche alla vita stessa della popolazione.
Ci sono comuni che, in questi anni, oltre a sopportare le spese di giustizia, hanno sopportato una serie di servizi a loro totale carico, e lo hanno fatto senza tirarsi indietro e continuando a svolgere il proprio dovere e la propria opera.
(Questioni relative all'abuso delle intercettazioni telefoniche - n. 2-00101)
PRESIDENTE. La deputata Craxi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00101 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI. Signor Presidente, intendo illustrare la mia interpellanza perché mi piacerebbe - anche se non coltivo alcuna illusione in merito - ricevere una risposta in ordine a tutte le questioni contenute nella stessa.
Il ministro dell'interno Amato, che è un uomo dalle grandi riflessioni - e, quindi, spesso molto assorto -, si è accorto, dopo 14 anni, dell'intreccio perverso che esiste tra stampa e procure. Si tratta dello stesso intreccio perverso che 14 anni fa ha costituito l'arma letale per compiere quel golpe che, non a caso, si definisce un golpe giudiziario-mediatico.
Tuttavia, oggi ci troviamo di fronte ad un salto di qualità. Il fatto è che, in Italia, sembra esistere un mare di intercettazioni telefoniche, con modalità e quantità finora sconosciute.
In particolare, il Governo ha accertato che esiste una rispondenza tra ciascuna intercettazione, in relazione sia al periodo cui si riferisce sia all'inchiesta nella quale si iscrive e agli atti formali con i quali è stata disposta.
È capitato di leggere intercettazioni che, per materia e località, non solo nonPag. 245si riferiscono all'inchiesta di quel procuratore, ma neanche rientrano nella competenza di quella procura. Chi, allora, ha chiesto ed autorizzato quella attività investigativa?
Si è anche letto di intercettazioni durate anni. Ma quali indagini hanno avuto una così lunga durata e con riferimento a quali reati?
È noto che il responsabile della sicurezza Pirelli, Giuliano Tavaroli - secondo sue dichiarazioni spontanee -, ha curato per Telecom Italia tutto il settore relativo alle intercettazioni telefoniche. Apprendiamo anche che Tavaroli si appoggiava ad una struttura privata, ordinando lavori per Telecom per una cifra pari a 14 milioni di euro. Sappiamo che si tratta di un ex carabiniere, i cui ex colleghi, con i quali continuava a collaborare, gestivano società di investigazione o avevano ruoli di rilievo nei nostri servizi di informazione.
Tavaroli non ha mai perso la fiducia del vertice delle due società, che è costituito dalle stesse persone, e - come lui stesso ha dichiarato - si esclude che abbia agito di testa propria o violando la loro volontà, anche se si cercherà in tutti i modi di dimostrarlo.
Certo, colpisce il fatto che sia stata la pubblicazione di certe intercettazioni a provocare l'apertura delle indagini e non i risultati delle indagini a filtrare sui giornali. Quindi, si torna al quesito iniziale: dov'è la fonte delle intercettazioni? Quali leggi sono state violate e da chi?
Nel corso delle indagini che hanno riguardato Consorte e Sacchetti, si è accertato - sempre a seguito di loro dichiarazioni - che hanno riscosso somme ingenti all'estero per il ruolo svolto sulla vicenda Telecom Italia. Tali soldi sono solo una piccola parte dell'enorme somma movimentata all'estero, cosa che è stata resa possibile dal fatto che la stessa Telecom era finita nelle mani di una cordata radicata all'estero, con società lussemburghesi a loro volta possedute da off-shore.
Nessuno, prima delle indagini, aveva mai immaginato che Consorte e Sacchetti avessero potuto attingere a quel tesoro. Si ha un'idea di quanti altri lo abbiano potuto fare? E i soldi movimentati all'estero da Tavaroli hanno una qualche connessione con i conti riferiti a quella transazione?
Con riferimento ai magistrati che propalano il contenuto delle inchieste loro affidate, come mai Achille Toro, pubblico ministero presso la procura di Roma, incaricato di indagini sulla scalata Antonveneta, comunicava informazioni sensibili per Consorte ad un altro magistrato amico dell'indagato? Su ciò è stata avviata un'inchiesta dalla procura di Perugia, della quale non si è saputo più nulla. Come mai il pubblico ministero Toro è diventato capo di gabinetto presso il Ministero dei trasporti?
Chiediamo dunque al Governo quale sia la posizione dell'esecutivo sul mare di intercettazioni, perlopiù illegali, che pervengono ai giornali e come si giustificano queste intercettazioni, durate anni, e a quali reati sono riferite.
Con riferimento all'attività di Tavaroli, il Governo è sicuro del fatto che non si sia creato un giacimento a cui si attinge per le inchieste o per scelta o per volontà dei gestori del giacimento stesso?
Chiediamo inoltre al Governo come intenda porre termine al perverso fenomeno delle intercettazioni illegittime e della loro diffusione ed utilizzazione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, la particolare sensibilità per i problemi di probabile corruzione che sta dietro a molti di questi avvenimenti indubbiamente impone al Governo di dare risposte agli interpellanti che siano più precise possibili, nei limiti in cui le domande relative hanno la possibilità di essere collocate nello spazio e nel tempo.
Per quanto riguarda i quesiti che maggiormente poggiano sui «si dice», sui «possibile» o sui «probabile», esistono alcune difficoltà rispetto alle quali, per serietà della risposta, si cercherà di nonPag. 246fare tentativi per soddisfare comunque gli interpellanti.
È noto come il ministro della giustizia, sin dal momento del suo insediamento, abbia manifestato in più occasioni disappunto, come ministro e come uomo politico (ma, ovviamente, in quel momento era prevalente il suo ruolo di responsabile del dicastero), stigmatizzando il fenomeno delle indebite pubblicazione di intercettazioni telefoniche e, in genere, di atti coperti dal segreto di indagine.
Sappiamo che gli atti di un procedimento penale sono doppiamente sanzionabili; è prevista una sanzione di natura contravvenzionale, all'articolo 684 del codice penale, che riguarda la pubblicazione di atti del procedimento penale quando essi non sono ancora pubblicabili. Inoltre, vi è la sanzione (in questo caso si tratta di un delitto e quindi punito maniera più rilevante, con la reclusione anche fino ad un anno) prevista all'articolo 326 del codice penale che punisce la violazione da parte dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio e la divulgazione di atti coperti da segreto. E sicuramente gli atti delle intercettazioni sono coperti da segreto, così come altri atti dell'indagine, sin quando gli stessi non vengano utilizzati e messi a disposizione delle parti processuali.
Le violazioni, sia per l'ipotesi contravvenzionale ex articolo 684, che per quella delittuosa ex articolo 326, sono di stretta competenza della magistratura. Nell'interpellanza vi è un fatto specifico citato con puntualità che riguarda il magistrato Achille Toro per il procedimento pendente innanzi alla procura della Repubblica di Perugia. Il Ministero si è interessato per conoscere lo stato del procedimento; le comunicazioni ultime informano che l'indagine della procura della Repubblica di Perugia è prossima alla conclusione. Pertanto, nel momento in cui gli atti verranno conclusi e si procederà al discover con gli avvisi di conclusione, ex articolo 415-bis, si verrà a conoscenza degli stessi, così come la legge consente di fare.
Per quanto riguarda, invece, la vicenda che più ha colpito in questo ultimo periodo, ovvero le intercettazioni gestite dagli uffici giudiziari di Potenza, il ministro della giustizia ha disposto immediatamente un'ispezione, inviando il capo dell' Ispettorato generale, dottor Miller, al fine di compiere un'indagine conoscitiva per verificare la regolarità di quanto è avvenuto, sia per la diffusione che per l'attività di intercettazione, quanto alle motivazioni di decretazione e alle modalità di effettuazione.
Questa indagine conoscitiva, partita su quanto al momento era conosciuto, dopo le dichiarazioni del ministro Amato è stata estesa ai fatti denunziati dallo stesso ministro, circostanze sicuramente gravi in quanto è stata prospettata l'ipotesi gravissima del possesso da parte di alcuni giornalisti delle chiavi di accesso al sistema informatico degli uffici giudiziari. Questa è tuttora materia di indagine, non soltanto a livello ispettivo ministeriale, ma anche in sede penale. Per quanto riguarda la materia ispettiva ministeriale, si tratta di indagine delicatissima che verrà svolta in maniera approfondita perché se si fosse davvero verificato un fatto del genere, le decisioni da prendere dovranno essere le più dure e decise perché circostanze del genere sono inammissibili nel nostro paese.
Per quanto riguarda la durata delle attività intercettative, non so a quali fattispecie precise gli interpellanti intendono riferirsi; tuttavia, cercherò di rispondere in maniera generica. Posso soltanto intuire a quale indagine gli interpellanti si riferiscono, anche se, non essendo citate nel testo dell'interpellanza indagini specifiche, sono costretto a dare una risposta generica ma puntuale, a rigore di legge. E quindi, a rigore di legge, è bene che si sappia (in proposito esistono i codici penale e di procedura penale che possono essere consultati) che esiste un articolo, il 407 del codice di procedura penale, che prevede che per determinate tipologie di reati (peraltro moltissimi, dal reato di strage alle ingiurie telefoniche) le indagini possano protrarsi anche per due anni. Quindi, la durata delle intercettazioni telefoniche può essere rapportata anche ad un periodoPag. 247biennale. È bene anche che si sappia che ai sensi degli articoli 419 e 430 del nostro codice di rito la possibilità delle intercettazioni può proseguire durante la fase successiva alla conclusione delle indagini e prima della fase dibattimentale nonché anche, ai sensi dell'articolo 430 del codice di rito, nella fase dibattimentale. Quindi, è possibile che attività intercettative possano proseguire oltre i due anni. Questo è previsto nel nostro codice e, fino a quando non sarà cambiata, la legge dovrà essere applicata.
Qualora rispetto ai termini previsti dal nostro sistema, scelto dal legislatore e deliberato dall'aula sovrana del Parlamento, che quindi ci siamo dati democraticamente, dovessero prospettarsi ed evidenziarsi responsabilità con abuso dell'utilizzo del mezzo di prova, la prima sanzione di natura processuale è prevista dal codice e consiste nell'inutilizzabilità degli atti.
La seconda sanzione è quella di natura disciplinare, che può assumere anche rilevanza penale, qualora l'inutilizzabilità sia stata provocata da dolo da parte del magistrato. Infatti, in questo caso si tratterebbe di fatti illegali.
Altro profilo è quello che riguarda le intercettazioni illegali, ovvero quelle non codificate e non previste dal nostro sistema. Per quanto riguarda le intercettazioni illegali, esse sono vietate e punite. Le sanzioni sono quelle previste dall'articolo 617 e dall'articolo 617-sexies del codice penale. Quindi, sono vietate le intercettazioni illegali, che non sono possibili nel nostro paese. Deve ribadirsi che le intercettazioni legali, ossia quelle codificate, devono essere usate come strumento di indagine e non è ammissibile che nel nostro paese possano essere utilizzate in forma scandalistica o ricattatoria, con indebita pubblicazione di stralci di conversazioni che possono ledere la privacy dei cittadini neppure soggetti di indagine.
Questa è la parte più grave e, proprio per questo motivo, gli uffici legislativi del ministero della giustizia hanno predisposto un disegno di legge, già portato in Consiglio dei ministri, da cui è risultata la necessità di ulteriori approfondimenti perché trattasi di complessi strumenti di indagine, in cui si configura un sistema che predispone un presidio a monte per rafforzare la segretezza degli atti e la tutela della privacy, prevedendo l'espunzione dai documenti utilizzabili e ritenuti rilevanti dall'inquirente o dal giudice delle parti delle intercettazioni che riguardano soggetti non oggetto di indagine. Quindi, il privato che non è colpito o sfiorato dalle indagini non può finire all'interno delle intercettazioni utilizzabili giudiziariamente e giudizialmente dal magistrato.
Quindi, vi è l'obbligo di espunzione di quelle parti delle intercettazioni che riguardino soggetti estranei: questa è una forma di tutela che riguarda il terzo che, senza avere alcuna responsabilità, dovesse essere coinvolto in una conversazione telefonica intercettata.
Ovviamente, il sistema predisposto è abbastanza complesso e, come sa una degli interpellanti, l'onorevole Craxi, merita interventi. Al riguardo, pende una proposta di legge, presentata proprio dall'onorevole Craxi, che è sovrapponibile, per alcuni aspetti, al disegno di legge predisposto dal Governo. Quindi, onorevole Craxi, abbiamo pari sensibilità.
Essendo la materia particolarmente complessa, proprio perché si tratta di regolamentare uno strumento di indagine delicato e molto invasivo, deve comunque tenersi fermo il principio che quello dell'intercettazione, ambientale o telefonica, è uno strumento irrinunciabile, in quanto mezzo di ricerca non del reato, ma della prova (questa è cosa diversa): attraverso l'intercettazione, non si cerca l'esistenza di un reato, ma la prova di un reato che si assume essere stato commesso.
Nel perseguire questi obiettivi, attinenti comunque alla tutela della collettività, che può essere offesa da gravi condotte illecite, si devono salvaguardare gli interessi e i diritti dei cittadini, in special modo di quelli che vogliono essere tutelati dalla giustizia, e non indirettamente offesi.
PRESIDENTE. La deputata Craxi ha facoltà di replicare.
Pag. 248
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI. Sottosegretario Li Gotti, premesso che non sono pentita delle domande che ho rivolto al Presidente del Consiglio e che esse non nascono dai «si dice», ma da dichiarazioni spontanee dei diretti interessati e da fatti accertati ed evidenti, rilevo che lei non ha risposto neanche ad un quarto dei quesiti che ho posto.
Soprattutto, signor sottosegretario, lei non ha risposto alla domanda centrale, che non riguardava la reiterata consegna dei verbali dalle procure ai giornali (nel caso dello scandalo di Milano, un giornale è diventato il bollettino della procura), ma ben altri aspetti: se il Governo abbia accertato che tutte le intercettazioni pubblicate dai giornali abbiano rispondenza con le inchieste disposte, in relazione tanto al periodo a cui si riferiscono quanto alle inchieste nelle quali si inscrivono; se esista o meno un «giacimento» che viene utilizzato di volta in volta per estrarne elementi da allocare nelle singole indagini o se le intercettazioni vengano semplicemente utilizzate per piazzarle negli articoli che in quel momento servono.
A queste domande non ha risposto, signor sottosegretario. Se questa è la risposta del Governo, bene ha fatto il ministro Mastella a non essere presente in aula e ad evitarsi - anche lui - una pessima figura! Grazie (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
(Iniziative per una rapida liquidazione dei danni relativi al crollo di un edificio nel comune di Castellaneta (Taranto) avvenuto il 7 febbraio 1985 - n. 2-00085)
PRESIDENTE. L'onorevole Patarino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00085 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, oltre 21 anni fa, precisamente il 7 febbraio 1985, in provincia di Taranto, a Castellaneta, mio comune di nascita e di residenza, 34 persone trovarono la morte a seguito del crollo del palazzo in cui abitavano. Le ragioni di quel crollo non furono addebitate a movimenti tellurici o allo scoppio di una bombola di gas, ma semplicemente al cedimento delle strutture portanti dell'edificio.
La notizia di quel tragico evento, come si può ben immaginare, ebbe larghissima eco sulla stampa e nelle televisioni italiane e straniere per diversi giorni, suscitando ovunque sentimenti di dolore e di commozione. Né mancarono, come sempre accade in casi del genere, dichiarazioni di alti esponenti istituzionali, regionali e nazionali, che assicurarono il loro massimo impegno a favore dei superstiti e dei familiari delle vittime. Lo stesso Presidente della Repubblica dell'epoca, onorevole Pertini, che aveva partecipato alla cerimonia dei funerali di quelle 34 persone sfortunate, aveva garantito che avrebbe seguito personalmente la vicenda, per dare a tutti, e nei tempi più brevi, le più concrete soddisfazioni.
Invece, dopo le belle e commoventi parole pronunciate dai più alti pulpiti, dopo le dichiarazioni di solidarietà, i calorosi abbracci, le cordiali strette di mano e le rassicuranti espressioni del tipo: «State tranquilli, non vi abbandoneremo», spenti i riflettori, per i superstiti ed i familiari delle vittime, al dolore per la perdita dei propri cari, si è aggiunto il tormento di un interminabile iter processuale del quale non si prevede alcuna conclusione: udienze, rinvii, cavilli, scaricabarili, sentenze e appelli che non finiscono mai!
Con la prima sentenza, che risale al 4 maggio 1989 (n. 592), il tribunale di Taranto condannava i colpevoli alle pene di legge ed al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio. Successivamente, il 1o marzo 1991, con sentenza della Corte di appello di Lecce, veniva rigettato il ricorso presentato dagli imputati. Il 31 ottobre 1991, la Corte di cassazione pronunciava una sentenza (depositata il 19 maggio 1992) che confermava la sentenza della Corte d'appello.
Nel luglio del 1992 aveva inizio il giudizio di risarcimento danni dinanzi al tribunale di Taranto e, in data 23 novembrePag. 2491998, veniva nominato il GOA, che fissava per la comparizione delle parti l'udienza del 1o giugno 2000. Le conclusioni venivano precisate all'udienza dell'8 giugno 2000, mentre la sentenza di accoglimento (n. 428 del 2003), con la quale veniva stabilito un risarcimento danni ammontante ad oltre 20 miliardi delle vecchie lire, veniva depositata in cancelleria soltanto il 1o maggio 2003, cioè a distanza di circa tre anni, togliendo, di fatto, al comune di Castellaneta la possibilità di contrarre mutuo con la Cassa depositi e prestiti.
Nel settembre del 2003 è cominciato il giudizio d'appello, definito con sentenza 13 luglio 2005, di accoglimento dell'appello con rimessione della causa al giudice di primo grado (tribunale di Taranto), al fine di evocare in giudizio il ministro dell'interno. L'udienza di trattazione è stata fissata per il 10 gennaio 2007.
Credo sia arrivato il momento che, da qualche parte, nei vari palazzi in cui si esercita il potere decisionale, qualcuno abbia la volontà di interessarsi seriamente della vicenda ed il coraggio di andare fino in fondo, per fare giustizia e per dare a chi attende da 21 anni una risposta giusta e definitiva. Per queste ragioni ho chiesto, speranzoso, l'autorevole intervento dell'onorevole ministro.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Alessandro Pajno, ha facoltà di rispondere.
ALESSANDRO PAJNO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'interpellanza solleva una questione verso la quale il Ministero dell'interno guarda con il massimo rispetto, non solo per il dolore dei familiari delle vittime del disastro, ma anche per il gravissimo disagio che essi hanno dovuto sopportare anche a causa dei tempi lunghi della giustizia, che non hanno ancora consentito il risarcimento dei danni a distanza di tanti anni dall'evento.
La vicende si inquadra, su un piano giuridico, in una questione di carattere generale: quella della legittimazione passiva dell'amministrazione dell'interno nei giudizi connessi con gli atti emessi dal sindaco in qualità di ufficiale di Governo. In particolare, viene ipotizzata l'imputabilità allo Stato della responsabilità patrimoniale per i danni derivanti dall'illegittimità delle ordinanze sindacali o, come nel caso in esame, della loro omessa adozione nelle ipotesi di provvedimenti a tutela della pubblica incolumità. D'altra parte, è frequente il caso di ordinanze sindacali non comunicate al prefetto al momento dell'adozione e delle quali, quindi, quest'ultimo acquisisce conoscenza soltanto al momento delle impugnazioni giurisdizionali, e comunque delle vicende eventualmente connesse con tali ordinanze, quando ormai il danno derivante dall'illegittimità eventualmente esistente non è più evitabile.
Su questa problematica, il Ministero dell'interno ha sensibilizzato i sindaci circa la necessità di dare immediata comunicazione ai prefetti delle ordinanze contingibili ed urgenti adottate nella qualità di ufficiale di Governo.
Nel caso in questione, come ricordato dall'onorevole interpellante, a seguito dell'esito del giudizio penale dell'ottobre del 1993, è stata corrisposta alle parti civili una provvisionale complessivamente pari a circa 700 milioni di lire, e ciò nelle more della definizione del giudizio risarcitorio incardinato sin dal 1992 dinanzi al tribunale di Taranto nei confronti delle persone civilmente responsabili e del comune di Castellaneta, obbligato in solido.
Ricordo che, nel primo grado del giudizio già celebrato, l'amministrazione statale non è stata presente e che, con la sentenza di primo grado in sede risarcitoria, non si è ravvisata responsabilità dello Stato per la mancata adozione da parte del sindaco, quale ufficiale di Governo, dell'ordinanza contingibile e urgente. A tale decisione giurisdizionale si è opposto il comune, che ha invece insistito sulla tesi che l'omessa adozione dei provvedimenti del sindaco quale ufficiale del Governo non può dar luogo a responsabilità dell'amministrazione locale, ma a quella dello Stato.Pag. 250
In secondo grado, la Corte d'appello, sezione distaccata di Taranto, con la sentenza n. 248 del 2005, ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero dell'interno e ha rimesso le parti in primo grado davanti al tribunale per la riassunzione della causa, ai sensi dell'articolo 353, secondo comma, del codice di procedura civile.
In ultimo, a seguito dell'udienza del 7 giugno scorso, il giudice competente ha rinviato la causa al 10 gennaio 2007 per consentire le necessarie notificazioni e comunicazioni nei confronti delle parti contumaci. Fino alla sentenza della corte d'appello, quindi, l'amministrazione dell'interno è rimasta totalmente estranea alla controversia. Solo nel giudizio riassunto dinanzi al tribunale, si avrà ora modo di valutare compiutamente i vari profili della vicenda, anche riguardo alla corretta qualificazione della natura giuridica del provvedimento sindacale omesso, che potrebbe ricondursi alle funzioni non già di ufficiale del Governo, bensì a quelle di sindaco quale capo dell'amministrazione comunale. Infatti, l'articolo 32 della legge urbanistica del 1942, vigente all'epoca dei fatti, prevedeva l'obbligo di vigilanza del sindaco sulle costruzioni che si eseguono in territorio comunale.
L'onorevole interpellante pone, dunque, un problema di ordine morale e sociale che tutti riconosciamo. Il Ministero dell'interno si rende conto della gravità dei ritardi che si sono accumulati su questa vicenda, ma che finora non ha visto acclarato in sede giurisdizionale le eventuali responsabilità civili e, in attesa di un procedimento giurisdizionale sulle responsabilità civili, certamente imprescindibile, si dichiara disponibile a collaborare alla ricerca di una soluzione che venga incontro alle esigenze delle famiglie. Una ipotesi potrebbe essere quella di un intervento legislativo mirato, che, viste le ristrettezze di natura economica, consenta allo Stato di adottare misure finanziarie che rendano possibili, anche eventualmente, il conseguimento del ristoro da parte degli interessati.
PRESIDENTE. Il deputato Patarino ha facoltà di replicare.
CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'ultima parte del suo intervento lascia qualche spiraglio. Ma è un timido e pallido spiraglio in una vicenda che, come lei stesso ha detto e come ha riferito anche per quanto attiene allo stesso ministro, si guarda con particolare attenzione non soltanto per quello che accadde 21 anni fa, ma per quello che continua ad accadere alle famiglie delle vittime ed ai superstiti.
A parte questa ipotesi da lei prospettata alla fine del suo intervento e che andrebbe valutata nelle sue possibilità concrete per evitare un processo, che pure si deve svolgere nel prossimo mese di gennaio, è opportuno intervenire in fretta, perché diversamente i familiari attendono, l'amministrazione comunale di Castellaneta non è, né sarebbe mai in grado di tirare fuori una cifra come quella di oltre 10 milioni di euro, i cittadini che aspettano continueranno ad aspettare e c'è il fondato rischio, come è successo qualche anno fa, che il comune addirittura dichiari lo stato di dissesto perché non avrebbe le possibilità.
Pertanto, pur aderendo alla sua richiesta, devo dichiararmi parzialmente soddisfatto della sua risposta. A questo punto, parlando fuori dal microfono, se lei mi consente, signor sottosegretario, possiamo incontrarci, subito dopo le feste estive, al fine di valutare, anche con i tecnici ed, eventualmente, con i legali, la possibilità concreta di aderire alla sua richiesta.
(Incarico affidato all'onorevole Maura Cossutta per la revisione delle linee guida della legge n. 40 del 2004 - nn. 2-00096, 2-00097 e 2-00106)
PRESIDENTE. Avverto che le interpellanze urgenti Bondi n. 2-00096, Volontè n. 2-00097 e La Russa n. 2-00106
(Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5), vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente.Pag. 251
L'onorevole La Loggia ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bondi n. 2-00096, di cui è cofirmatario.
ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, intervengo per pochi minuti, ma l'argomento meriterebbe e merita una grande attenzione; mi dispiace che il ministro Turco non abbia avuto l'opportunità di essere qui presente, ma confido che il sottosegretario possa rispondere adeguatamente e soprattutto riferisca al ministro Turco le nostre preoccupazioni e le nostre valutazioni su questo argomento.
Premesso il massimo di stima e di considerazione, non solo personale ma anche politica, nei confronti dell'onorevole Maura Cossutta, che ha idee totalmente diverse dalle mie ma che meritano per questo altrettanto rispetto (che sono sicuro lei stessa vorrà avere nei miei e nei nostri confronti), il fatto che sia stata incaricata di revisionare le linee guida sulla legge n. 40 del 2004, in materia di procreazione assistita, ha suscitato preoccupazione, nella parte maggioritaria della popolazione italiana che, come è noto, si riconosce nei principi cattolici che stanno alla base della difesa della vita, dall'inizio alla fine naturale.
La preoccupazione è aumentata quando abbiamo appreso, dalle parole della stessa onorevole Maura Cossutta, che le linee guida non modificano certo la legge, ma possono «fare molto». Su questo «fare molto» si è appuntata la nostra attenzione, in quanto abbiamo dedotto - ma vorrei, francamente, essere smentito con una risposta contraria a questa mia preoccupazione - che le intenzioni dell'onorevole Maura Cossutta siano di utilizzare le linee guida - ovvero la via amministrativa, perché di questo si tratta -, per stravolgere o trasformare la legge n. 40, scavalcando il Parlamento e, peraltro, tenendo in nessuna considerazione la volontà popolare, che si è espressa in maniera inequivocabile nel referendum di appena un anno fa.
Questa è la preoccupazione principale, alla quale se ne aggiungono almeno altre due, sulle quali voglio spendere appena alcune parole. La prima è un argomento solamente giuridico, istituzionale-giuridico, anzi, direi di più, istituzionale, costituzionale e giuridico. La legge n. 40 del 2004 è in vigore ed è stata confermata dalla volontà popolare. Le leggi possono piacere o non piacere ma, soprattutto per chi le fa - e, quindi, il legislatore - ciò non deve in alcun modo condizionare o limitare la propria capacità di azione in relazione al rispetto della legge, che - lo ripeto - può piacere o non piacere.
Ho avuto io stesso occasione di misurare, su me stesso e sull'attività di Governo che mi onoro di aver svolto durante la scorsa legislatura, quanto ciò sia vero. Nessuno più di me, per tante ragioni, avrebbe avuto a che dire rispetto alla riforma costituzionale del Titolo V della seconda parte della Costituzione. Ebbene, credo che nessuno nel Parlamento, e nessun altro al di fuori del Parlamento stesso, possa mai aver messo in dubbio la mia lealtà alle istituzioni, avendo dato attuazione - io sì -, avendo promosso e fatto approvare quasi all'unanimità dal Parlamento l'unica legge di attuazione di quella riforma costituzionale che io non condividevo; per rispetto della Costituzione, delle istituzioni e della certezza del diritto, ho svolto quel ruolo, anche se non condividevo quella riforma.
Non posso aspettarmi di meno dal Governo attuale, dalla maggioranza attuale, dagli esperti e dai consulenti che, nella loro legittima attività, i ministri possono incaricare di svolgere un determinato ruolo. Non posso - e dico di più, non debbo - aspettarmi di meno, perché altrimenti quel rispetto delle istituzioni, della Costituzione e dell'ordinamento vigente non potrebbe che venir meno. Ciò sicuramente non è auspicabile da nessuno, da qualunque parte militi, sia nella maggioranza sia nell'opposizione.
La seconda argomentazione è che ascolto e leggo che questo argomento - non ci vuole molto a comprendere che si tratta di un argomento che attraversa trasversalmente tutta la società italiana, quindi, le forze rappresentative della medesima,Pag. 252e dunque i partiti politici ed i gruppi parlamentari - è particolarmente sensibile. È un argomento sensibile per chi si riconosce in determinati principi, lo è altrettanto per chi in quei principi non si riconosce. Ma, pur nel legittimo confronto tra opinioni diverse, è difficilmente immaginabile che un argomento di tal genere possa diventare oggetto di polemica all'interno delle due coalizioni, di opposizione o di Governo. Perché dico questo? Perché sembra che uno tra gli elementi che può avere in qualche modo intralciato il percorso che, legittimamente - anche se si possono avere opinioni diverse su ciò -, una parte cospicua della maggioranza di Governo sta compiendo verso la costruzione di un partito unico, il partito democratico, sia proprio un argomento così sensibile, che attraversa quella coalizione, così come peraltro è sotto gli occhi di tutti; non è un'illazione è soltanto una constatazione. Mi permetto di osservare, e non posso non farlo, che un argomento di tal genere non può essere politicizzato al punto da divenire oggetto di una polemica su un percorso politico. Troppo importante e troppo sensibile è l'opinione pubblica del nostro paese, la società - nel suo complesso - del nostro intero paese, per poter essere messa di fronte soltanto ad una polemica politica. Si può condividere o non condividere ciò che è scritto nella legge n. 40 del 2004. Si può condividere o non condividere l'esigenza di una modificazione, anche di una modificazione attuativa - mi comprenda bene, signor sottosegretario -, ma una modificazione attuativa in via amministrativa per fare cosa diversa rispetto a ciò che è nello spirito e nella lettera della legge stessa, ciò, francamente, non sarebbe consentibile; credo che non sia consentibile a nessuno, ma soprattutto a chi è il rappresentante delle istituzioni.
Non debbo ricordare, perché è nella memoria di tutti - ma soprattutto nella sua, signor sottosegretario - la polemica che è nata da un'iniziativa - che definisco assolutamente improvvida - dell'onorevole Mussi, ministro del vostro Governo, nel mettere in discussione la posizione dell'Italia rispetto all'Europa sull'argomento delle cellule staminali embrionali. Il mio giudizio è che egli ha fatto malissimo, perché, in coerenza con quanto ho detto sino ad ora, per rispetto della legge, per rispetto della volontà del popolo italiano, per rispetto della sensibilità dello stesso popolo italiano, egli avrebbe dovuto astenersi, in assenza di un preciso mandato, che non poteva che nascere attraverso una trasformazione della legge n. 40 del 2004. Ma non credo che sia di ciò che abbiamo il dovere di occuparci, certamente non oggi, certamente non adesso.
La citata legge, infatti, ha bisogno di essere sperimentata, di fare il suo percorso attuativo, mantenendo le linee guida, semmai rendendole ancora più rigorose, in maniera tale che non vi siano possibilità di fuga rispetto ai principi che in tale legge sono sanciti. Ed allora, la nostra preoccupazione è - credo - fondata.
Dunque, la domanda alla quale la prego di rispondere, signor sottosegretario, e intenderò questa risposta come la risposta del Governo - non me ne voglia, ma dalle sue parole dovrò ritenere che la risposta è non solo del sottosegretario, non solo del ministro che rappresenta, ma dell'intero Governo che rappresenta, quindi, le do questa responsabilità e non posso fare altrimenti -, è se non ritenga prioritario che il Governo, o il ministro, riferisca preventivamente in Parlamento, così come prevede la stessa legge n. 40 del 2004, in ordine ai dati concreti relativi alla sua attuazione, prima ancora che si ponga mano - ed è questo il punto - ad una qualsiasi iniziativa di modificazione delle linee guida, ancorché sia previsto che nell'arco di un triennio dall'approvazione della legge ciò possa - non debba - accadere. Dunque, mi aspetto che da settembre-ottobre, alla ripresa dei lavori parlamentari questo dibattito si possa aprire e che si possa aprire nella consapevolezza degli aspetti sui quali credo lei non potrà avere opinione diversa da quella che mi sono permesso di rappresentare a nome degli interpellanti in questa circostanza.
La ringrazio per la sua attenzione.
PRESIDENTE. La deputata Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00097, di cui è cofirmataria.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, mi associo ovviamente a tutto ciò che ha detto il collega La Loggia. Volevo solo aggiungere anche le preoccupazioni dell'UDC rispetto a questa iniziativa, quanto mai improvvida, ed aggiungo che tali preoccupazioni sono aggravate dalla circostanza che, pochi giorni fa, su L'Unità era scritto «Fecondazione, si cambia». È grave che un organo di partito, un organo autorevole, letto, che ha la sua importanza, dello stesso partito cui appartiene l'onorevole Turco, possa titolare «Fecondazione, si cambia» e non vi sia stata alcuna smentita, non vi sia stato alcun chiarimento, non vi sia stato nulla, se non le affermazioni, poco convincenti, dell'onorevole Turco che sicuramente l'onorevole Maura Cossutta agirà con saggezza e la risposta della stessa onorevole Maura Cossutta che lei «tira di lungo», nel senso che lei «tira avanti», perché ciò farà. Dunque, le preoccupazioni si sommano alle preoccupazioni.
Signor sottosegretario, ciò che volevo sottolineare è che le linee guida possono stravolgere una legge. Non è vero che sono ininfluenti e che i passaggi applicativi hanno poca importanza.
Lo sappiamo tutti, come riscontrato in tutti i tipi di leggi (varate a livello regionale, nazionale, comunale: non ha importanza). Coloro che predispongono le linee attuative possono in qualche modo stravolgere lo spirito e la ratio di una legge; lo possono fare in buona fede, in malafede ma, comunque, è possibile farlo, tant'è vero che l'onorevole Cossutta ha affermato che si può fare molto al riguardo.
Attraverso le linee guida, è possibile intervenire sulla diagnosi preimpianto, che è proibita ma si potrebbe in qualche modo prevedere, e tutti lo sanno. Così com'è accaduto in Europa con la spallata di Mussi, e non mi si venga a dire che è stata una grande conquista, perché è stata una grande sconfitta collettiva, perché, con giochi di parole, con giochi di prestigio, con frasi più o meno chiare, più o meno ambigue si fa passare quello che si nega e si nega quello che si vuole far passare! Allora, su tali questioni occorre estrema chiarezza.
Vorrei che lei dicesse al ministro Turco - anche io mi rammarico che non sia presente - che non vi è alcun bisogno di modificare le linee guida, anche se lo può fare, perché è di sua competenza. Una legge così giovane, così controversa, così dibattuta e così complicata ha bisogno di tempo, di calma, di tranquillità, fuori dai riflettori e dalle polemiche. È necessario che ciò avvenga nei centri appositi, i quali devono comportarsi e riferire seriamente per poi discuterne con calma. Non sono ammesse scorciatoie amministrative!
Questo è molto grave, perché tale questione non ha diviso il paese ma lo ha unito. Tutto il paese ha detto che la legge n. 40 va bene così come scritta e non mi tranquillizza che il ministro Livia Turco dica che la legge non si tocca, perché la Cossutta è così abile e così brava da apportare modifiche attraverso le linee applicative.
Pertanto, lo ritengo un gesto politicamente molto deludente e mi stupisce che una persona navigata e abile come il ministro Turco sia scivolata su una buccia di banana del genere!
Non voglio fare un processo alle intenzioni, ma viene da pensare che, poiché dopo le elezioni l'onorevole Cossutta è stata lasciata fuori dagli incarichi e dal mare di poltrone e di premi distribuiti da questa maggioranza (non ha ricevuto alcun incarico né piccolo né grande), si è voluto farla rientrare in qualche modo, attribuendole un'attività che avesse a che fare con il Governo per compensarla della delusione di essere rimasta fuori.
Non è stata eletta, non è stata candidata, ma non è così che si recuperano le persone! Le chiedo, pertanto, delle garanzie assolute; in particolare, non chiedo che non venga stravolto lo spirito della legge, ma che non si metta mano alle linee guida, perché non se ne avverte il bisogno.
PRESIDENTE. Il deputato Moffa ha facoltà di illustrare l'interpellanza La Russa n. 2-00106, di cui è cofirmatario.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, i colleghi di Forza Italia e dell'UDC hanno già approfondito e spiegato i motivi per cui abbiamo presentato le interpellanze urgenti in esame.
Vorrei brevemente integrare alcune considerazioni testè svolte dall'onorevole La Loggia, in merito a due profili, il primo dei quali è quello squisitamente politico, sul quale non mi soffermo ulteriormente. Con tutto il rispetto per il sottosegretario, che ringraziamo, avremmo voluto interloquire con il ministro della salute, perché a lei rivolgiamo un'istanza, affinché chiarisca alcune sue posizioni estremamente contraddittorie.
Sul piano meramente istituzionale, vorrei chiedere al Governo, ed in questo caso al sottosegretario che ne ha la responsabilità, se non ritenga assolutamente antitetico un incarico attribuito ad un deputato, Maura Cossutta, nei cui confronti non nutriamo riserve di ordine personale - ci mancherebbe altro -, ma le cui posizioni in termini politici e ideologici ben conosciamo in riferimento proprio alla legge n. 40; vorrei chiedere, inoltre, se non ritenga che proprio il tema dell'aggiornamento della legge n. 40 debba trovare un momento di riflessione all'interno degli organi istituzionalmente preposti a misurarsi su questa delicata e complessa questione.
Si tocca un tema che, come è stato giustamente osservato, taglia trasversalmente le coscienze e le opinioni del nostro paese, ma che, pur tuttavia, ha trovato, a livello di referendum, una risposta molto chiara e netta.
Vi sono degli istituti, in particolare l'Istituto superiore della sanità ed il Consiglio superiore della sanità, che si devono occupare degli approfondimenti scientifici in materia e anche delle novità che nel campo della ricerca scientifica possono emergere. Quindi, francamente, non riusciamo a comprendere perché mai, se non per motivi squisitamente politici (mi riferisco alle considerazioni che ha svolto l'onorevole La Loggia), si sia scelto di attribuire un incarico di questo tipo all'onorevole Cossutta.
Tra l'altro, leggendo i giornali, con dichiarazioni virgolettate, apprendiamo che questa divergenza è interna anche alla maggioranza.
Vi è il ministro Fioroni che, auspicando la saggezza del ministro Turco, sembra prefigurare un comitato scientifico, coordinato dall'onorevole Cossutta, per intervenire sulle linee guida. Ha ragione la collega dell'UDC: quando si pone mano alle linee guida, il rischio di un sostanziale snaturamento della legge va oltre il semplice sospetto, perché non c'è dubbio che oggi il Governo ha un obbligo ed un dovere rispetto alla legge n. 40, quello di verificare e riferire in Parlamento in ordine alla sua attuazione.
Soltanto all'indomani di questa verifica, è possibile prefigurare qualche percorso di ulteriore aggiornamento normativo, non prima, altrimenti non ci sarebbe né il rispetto istituzionale, né il rispetto nei confronti del referendum, né il rispetto nei confronti del Parlamento!
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Serafino Zucchelli, ha facoltà di rispondere.
SERAFINO ZUCCHELLI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli deputati, a nome del ministro della salute, che qui rappresento, voglio riaffermare la stima per la dottoressa Maura Cossutta, per la sua professionalità e la sua competenza, che si accompagnano a comportamenti «estivi» sempre ispirati a correttezza e sensibilità istituzionale.
Quanto poi al ruolo della dottoressa Maura Cossutta all'interno del Ministero della salute, essa esercita il suo incarico unitamente ad altri esperti, occupandosi, oltre ad altri temi, delle vaste problematiche relative alla salute della donna e del bambino e, in particolare, dei consultori, della prevenzione della sterilità, del disegno di legge sul parto, della prevenzionePag. 255dell'aborto e dell'applicazione della legge 19 febbraio 2004, n. 40, sulla procreazione medicalmente assistita.
A questo proposito, aggiungo a ciò che è stato scritto che il ministro Turco ha già provveduto ad inviare ad entrambe le Camere la prima relazione annuale sull'applicazione della legge n. 40, che è, quindi, disponibile, perché è stata predisposta entro i termini previsti.
All'interno del ministero non si è, tuttavia, provveduto fino ad ora a dare inizio alla fase di revisione ed aggiornamento delle linee guida previste dalla citata legge n. 40, né è stata insediata a questo scopo alcuna commissione.
La definizione delle suddette linee guida, secondo quanto disposto dall'articolo 7 della citata legge n. 40, viene effettuata con un decreto del ministro della salute, che giustamente, come si ricordava, si avvale dell'Istituto superiore di sanità, previo parere del Consiglio superiore di sanità. Le linee guida tuttora in vigore sono state emanate con decreto ministeriale il 21 luglio 2004 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 16 agosto 2004. Il già citato articolo 7 prevede - letteralmente - che le suddette linee guida siano aggiornate periodicamente, in rapporto all'evoluzione tecnico-scientifica, almeno ogni tre anni; così recita, salvo modifiche del Parlamento, sempre possibili, a queste disposizioni.
Entro il 16 agosto 2007, il ministro della salute non potrà sottrarsi al dovere di aggiornare, nell'ambito delle sue competenze, le suddette linee guida, in collaborazione - aggiungo, d'accordo con il ministro - con il Parlamento (non verrà fatto nulla di nascosto) e nel pieno rispetto della legge n. 40, la cui modifica, come già più volte ribadito, non rientra nel programma di Governo.
In conclusione, a fronte di quanto esposto, appaiono del tutto strumentali le insinuazioni che attribuiscono al ministro della salute la volontà di modificare la legge n. 40 attraverso l'uso improprio - come è stato detto, perché sarebbe un uso improprio - dell'aggiornamento delle linee guida.
PRESIDENTE. La deputata Paoletti Tangheroni ha facoltà di replicare per l'interpellanza Bondi n. 2-00096, di cui è cofirmataria.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Non sono del tutto soddisfatta della risposta, perché il sottosegretario ha citato gli ambiti di cui si dovrà interessare come esperta Maura Cossutta. Francamente, mi sembrava di leggere una pagina di George Orwell quando parla del ministero della verità, per cui tutto è sovvertito. Fare occupare l'onorevole Maura Cossutta della prevenzione all'aborto, quando è una convinta abortista, mi sembra una situazione veramente orwelliana!
Al di là di ciò, che non riguarda precisamente l'ambito della risposta ma che è sicuramente un contorno che ci ha un po' sorpresi, vorrei dire che la legge n. 40, che è stata fatta secondo un criterio di grandissimo realismo, prevede, all'articolo 7, l'obbligatorietà di rivedere le linee guida alla luce delle evoluzioni tecniche eventualmente sopraggiunte. Voglio dire che, se tra un anno non sono sopraggiunte evoluzioni tecniche, le linee guida non si toccano. Questo deve essere chiarissimo. Non è che il Governo, e il ministro nella fattispecie, sia obbligato a rivedere le linee guida. Il ministro è obbligato a confrontare le linee guida con l'evoluzione tecnica nel frattempo intervenuta, ma se questa non c'è stata le linee guida restano tali e quali. Questo volevo che fosse chiaro.
Noi siamo all'opposizione e siamo ben felici di sentire che la legge n. 40 non sarà toccata, tuttavia il nostro compito è quello di essere estremamente vigili e di non tralasciare nessuna occasione per verificare se questo avviene. Al sottosegretario non sarà sfuggito che tutti i media hanno diffuso la notizia - peraltro senza smentita del ministro Turco - che l'onorevole Maura Cossutta era stata incaricata di rivedere le linee guida. Non mi pare del resto che ciò non sia del tutto vero, se, come ha detto il sottosegretario, una delle tematiche che dovrà studiare, quale esperta del ministero, l'onorevole Cossutta è anche la prevenzione alle sterilità.Pag. 256
Noi dunque svolgeremo il nostro ruolo. Saremo estremamente attenti, perché questo è quello che dobbiamo fare. Vorremmo che il sottosegretario riferisse al ministro che questa obbligatorietà esiste solo in rapporto alle nuove tecniche. Ci faremo carico di spedire al sottosegretario e al ministro sia la relazione di minoranza, svolta dall'onorevole Maura Cossutta sulla legge n. 40, sia la legge alternativa, che l'onorevole Cossutta stessa definisce alternativa, in quanto alternativi devono essere l'impianto, la cultura di riferimento e le finalità della legge.
Detto ciò, signor Presidente, signor sottosegretario, vigileremo attentamente. Certamente, non lasceremo nessuno spazio e saremo attenti a qualsiasi punta di iceberg che venga fuori, e credo che la campagna mediatica che c'è stata sia stata una poderosa punta di iceberg. Spero che ne prendiate tutti atto e che, oltre che di persone che avevano fatto leggi alternative, voi del ministero vi avvaliate anche di ottimi medici che hanno idee diverse, perché i temi sono sensibili e occorre laicità nell'affrontarli.
PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00097.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, io, come sempre, cerco di guardare gli elementi positivi della risposta. Parto da quello che è accaduto in questi ultimi giorni.
Il 1o agosto, l'onorevole Maura Cossutta ha rilasciato alcune interviste, una su la Repubblica, l'altra sul Corriere della Sera, attribuendosi, impropriamente - alla luce di questa risposta -, la competenza specifica nella revisione delle linee guida della legge n. 40 del 2004, dicendo che ci sono punti nevralgici e che le linee guida si stanno occupando o si occuperanno della risoluzione di tali punti, e affermando: a settembre vedremo, non assicuro né minaccio, ma gli altri riflettano, le linee guida andranno comunque aggiornate e corrette, avviando un percorso con tutti gli organismi preposti.
Nell'intervista al Corriere della Sera, ha dichiarato di non rinnegare la sua cultura, né di voler scindere la propria persona. Ha detto: credo nelle battaglie sostenute ho sempre usato lealtà e correttezza, e così farò anche adesso. Il giornalista del Corriere della Sera le chiede cosa andrebbe cambiato delle linee guida. Risponde la Cossutta: correggerle dove non sono coerenti con la legge n. 40, cioè nei passaggi criticati in modo trasversale quando vennero approvate.
Il ministro Turco, il 1o agosto, affermava di essere stupefatta delle reazioni che da più parti sono seguite alle dichiarazioni dell'onorevole Maura Cossutta, che, ricordo - lo abbiamo scritto nel testo della nostra interpellanza -, il 20 luglio ebbe l'ardire di andare all'associazione Luca Coscioni riferendo testualmente non solo le dichiarazioni riportate sul Corriere della Sera, ma anche che lei si stava occupando, informalmente, attraverso un gruppo di lavoro, proprio dell'attuazione, anzi della modifica sostanziale delle norme attuative e regolamentari previste dalla legge. Quindi, il passaggio nel quale il Ministero della salute difende l'onorevole Cossutta è un passaggio che evidentemente cancelliamo. Non c'è stato nulla di pretestuoso. Questa notizia è stata fornita con grande orgoglio dall'onorevole Cossutta agli organi di stampa, con la volontà esplicita di farlo sapere.
Il secondo elemento, che invece vorrei sottolineare come positivo, è altrettanto in contrasto con quello che ha affermato l'onorevole Cossutta in questi giorni. Apprezzo il fatto che, con questa comunicazione del Governo, si venga a sapere pubblicamente che l'onorevole Cossutta non ha l'incarico e non sta lavorando alla modifica e alla revisione delle linee guida. L'onorevole Cossutta è uno dei tanti esperti che lavorano presso il Ministero della salute e che si occupano di tante materie. Questi esperti, immagino - come viene detto nella risposta -, forniranno al ministro i propri pareri, perché il ministro - mi sembra positivo venga detto in questa risposta al Parlamento -, prima ancora di valutare se vi siano sono le condizioniPag. 257ricordate nell'articolo 7 per procedere all'aggiornamento periodico in rapporto alle evoluzioni tecniche (quindi, se non ci sono evoluzioni tecniche non c'è aggiornamento periodico!), quindi prima che nel 2007 gli aggiornamenti delle linee guida divengano regolamento, vuole portare all'attenzione del Parlamento tali proposte di modifica.
Mi sembra un altro elemento assolutamente sconosciuto fino a questo momento, dalle dichiarazioni della Cossutta e dalle prime reazioni alle polemiche scatenate da quelle reazioni (non dalla reazione dell'opinione pubblica) del ministro Turco, che bisogna apprezzare, perché questo è un dato di fatto assolutamente imprevedibile fino a qualche ora fa e in contrasto con quello che ha detto l'onorevole Cossutta - non noi - dal 20 luglio sino al 2 agosto.
Questi due elementi mi sembrano assolutamente nuovi, assolutamente importanti. Anche noi, come i colleghi che ci hanno preceduto, non abbiamo a cuore la polemica con l'onorevole Cossutta; della Cossutta, onorevole Presidente, onorevole sottosegretario, abbiamo tutte le dichiarazioni rilasciate durante il periodo in cui - qualche anno fa - si fregiava di essere relatore di minoranza sulla legge n.40 del 2004 e tutte le critiche che in quel periodo essa rivolse. Ne ricordo una: purtroppo, siamo di fronte alla prima proposta di legge «confessionale» della storia repubblicana laica e democratica, pericolosa perché propone la cultura della colpa e perché, allorquando, al comma 2 dell'articolo 1, assicura il diritto di nascita del concepito, sferra un attacco aperto alla legge n. 194 del 1998. Ce ne sarebbero molte altre, ma mi fermo qua.
Sappiamo quali sono le posizioni; sappiamo, però, qual è il principio di laicità, principio attraverso il quale si è erroneamente «crocifisso» - faccio un esempio che sia chiaro in questo ramo del Parlamento - l'onorevole Buttiglione. Egli, citando Kant, non ha negato le proprie convinzioni, ma, nello stesso tempo, ha detto che le sue convinzioni erano una cosa e il rispetto della legge era un'altra, ed è stato cacciato per un malinteso sul concetto di laicità. L'onorevole Cossutta, invece, che nelle interviste dichiara di essere orgogliosa delle proprie posizioni, di non voler rinnegare i propri convincimenti, di volerli addirittura introdurre nella revisione della legge n. 40, non viene neanche sancita con un ammonimento.
Ma il miglior ammonimento, onorevole sottosegretario, è la dichiarazione ufficiale del Ministero della salute; ci lasci interpretare così la sua dichiarazione. Noi non ci aspettavamo che lei dicesse di aver cacciato dal ministero, come esperta, l'onorevole Cossutta, i nostri migliori auspici erano che dicesse quello che ha detto, cioè che tutto quello che ha affermato l'onorevole Cossutta nelle sue dichiarazioni all'Associazione Luca Coscioni, nelle interviste sui giornali, è smentito nei fatti dalle sue dichiarazioni.
Siamo certi che le sue dichiarazioni non potranno essere smentite, perché sono rilasciate in un organo istituzionale, il Parlamento, a nome di un ministro della Repubblica italiana, che in questo momento è il ministro Livia Turco. Le sue dichiarazioni confermano che il rispetto della legge n. 40 non è di facciata, ma, secondo quello che lei ci ha detto oggi, assolutamente sostanziale. Vogliamo apprezzare questo aspetto della sua risposta [Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Il deputato Moffa ha facoltà di replicare per l'interpellanza La Russa n. 2-00106.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, nella sua risposta, soprattutto nella seconda parte, lei ha sostanzialmente confermato il rispetto integrale della normativa cui facevamo riferimento, la legge n. 40 del 2004, e ha anche aggiunto che, all'atto del possibile accertamento, ci sarà anche il rispetto di quelli che sono gli organi istituzionali preposti a verificare se ci sono stati aggiornamenti sotto il profilo scientifico e novità tali da comportare una revisione del quadro normativo delle linee guida.Pag. 258
Debbo, però, con altrettanta franchezza, dirle che, mentre apprezzo questa presa di posizione, continuo a nutrire qualche preoccupazione - mi consenta -, più di ordine politico che di ordine istituzionale. Poiché il Parlamento sarà chiamato a discutere di queste materie anche nel prosieguo, come diceva poc'anzi l'onorevole Volontè, va sottolineato che l'interpellanza in esame non è stata presentata perché abbiamo improvvisamente sognato qualcosa, ma perché sugli organi di stampa sono state riportate dichiarazioni, a questo punto debbo ritenere avventate, della stessa onorevole Cossutta, che in qualche misura si è forse attribuita una sfera di attività e di funzioni che travalica il mandato che le è stato conferito in quanto esperta dal ministro Turco.
Se così è, ne prendiamo atto; ma, proprio citando altri organi di stampa, ci sono dichiarazioni che fanno invece prevedere una ulteriore divaricazione anche all'interno della maggioranza su questa delicata materia. Oggi, sul Riformista, sotto il titolo «Un tagliando per la legge n. 40», vengono riportate due dichiarazioni assolutamente divergenti: la dichiarazione di Fioroni e di Pierluigi Castagnetti, che affermano che su questo tema non c'è vincolo di maggioranza (anzi, Fioroni richiama un impegno solennemente assunto all'interno dell'accordo tra le forze dell'Ulivo e della coalizione di maggioranza), e una dichiarazione dell'onorevole Fassino, che in un forum di due settimane fa, sempre promosso dal Riformista, ha detto espressamente: continuo a pensare che la legge n. 40 sia una brutta legge e che sarebbe una buona cosa riesaminarla. Anzi, egli dice di più: sono pronto a lavorare con la Binetti, a patto che sull'effettiva validità della legge attuale rifletta anche lei.
Mi sembra che siamo un po' più avanti rispetto alle considerazioni che ha fatto poc'anzi il sottosegretario, chiamando ad una responsabilità diretta il ministro. Siamo in una fase in cui quella preoccupazione, a cui mi riferivo poc'anzi, è più che fondata.
Mi limito ad osservare e a prendere atto della sua dichiarazione, onorevole sottosegretario. Da parte nostra, non ci potrà che essere la giusta e doverosa attenzione perché ci si muova lungo il percorso stabilito dalla norma, che è stato oggetto anche, come dicevamo poc'anzi, di un referendum dall'esito estremamente chiaro e netto da parte degli italiani.
(Dati relativi all'utilizzo della pillola abortiva - n. 2-00099)
PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di illustrare la sua interpellanza urgente n. 2-00099 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il sottosegretario di Stato per la salute, Serafino Zucchelli, ha facoltà di rispondere.
SERAFINO ZUCCHELLI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli deputati, con riferimento alle richieste formulate nell'interpellanza in esame, si precisa quanto segue (dovrete avere pazienza, la risposta è un po' lunga perché gli argomenti sono un pochino delicati).
La regione Piemonte, su richiesta del Ministero della salute - l'ho avanzata io - ha inviato una relazione - ieri - sul protocollo di sperimentazione clinica relativa all'interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone (Ru 486) e misoprostol. L'assessorato competente ha precisato che, con nota del 28 luglio ultimo scorso, è stato richiesto all'azienda S. Anna di Torino di indicare il numero di pazienti che hanno richiesto ed ottenuto il permesso di uscita, a fronte del consenso sottoscritto, che, coerentemente con l'ordinanza ministeriale, indica in modo esplicito la necessità di restare in ospedale sin dall'assunzione del primo farmaco, e laPag. 259durata dei permessi stessi. Questo ha chiesto il comitato etico all'azienda S. Anna.
La relazione riporta che, sulla base dei dati delle visite di monitoraggio della direzione sanitaria aziendale, alla data del 28 febbraio 2006, risultavano arruolate 329 pazienti; di queste, 328 risultavano avere abortito a seguito della somministrazione del farmaco, mentre per una paziente si è ricorso, dopo il farmaco, alla revisione chirurgica (è un'anticipazione di quello che sta accadendo). Altre 17 pazienti risultano aver necessitato di revisione chirurgica dopo l'aborto farmacologico (il totale delle revisioni chirurgiche è stato pari a circa il 5,5 per cento).
I primi 26 casi, nella prima fase del primo protocollo, sono stati effettuati in regime di day hospital terapeutico, mentre, nel corso dell'audizione del comitato etico, si è appreso che 269 pazienti avevano ottenuto il permesso di uscita senza che il medico sperimentatore le avesse messe in guardia sul fatto che la dimissione temporanea avrebbe comportato la violazione formale del protocollo. Simili affermazioni sono state fatte verbalmente in una audizione del comitato etico presieduto dall'assessore.
Tale è la situazione attuale in Piemonte: manca ancora la relazione scritta degli organi dirigenti del Sant'Anna su quanto sia veramente accaduto. Ma la prima audizione - mi sono premurato di riferirvela direttamente - ha riportato le affermazioni, virgolettate, che l'assessore del Piemonte ci ha inviato correttamente ieri.
Il mancato rispetto dell'iter procedurale, pur non avendo messo a rischio la salute delle pazienti, per le quali era peraltro disponibile un sistema di pronto intervento attivo ventiquattro ore, potrebbe comportare, da parte del comitato etico, un'indicazione di sospensione della sperimentazione (cosa non ancora avvenuta, contrariamente a quanto affermato dalla stampa), anche perché l'uscita dall'ospedale e il conseguente mancato controllo diretto, potrebbero compromettere la validità scientifica dello studio. Così virgolettate terminano le dichiarazioni dell'assessore - come dicevo - giunte ieri.
Per quanto riguarda la risposta al secondo quesito posto nell'interpellanza, negli ospedali dove la pillola RU-486 viene utilizzata, non tramite la sperimentazione clinica ma sulla base del decreto ministeriale 11 febbraio 1997 (cosiddetto Di Bella), relativo alle modalità di importazione di medicinali autorizzati al commercio nei paesi esteri ma non in Italia, si prevede che, quando un medico richieda un trattamento per un singolo paziente - e può farlo in base a tale normativa -, debba inviare agli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF) del Ministero della salute la documentazione riguardante, tra l'altro, informazioni sul farmaco, sulla relativa ditta produttrice, sul paziente e sul rispettivo consenso informato, secondo gli articoli 1 e 2; gli USMAF verificano che tale procedura avvenga nel rispetto di quanto previsto dal citato decreto ministeriale.
Fermo restando che le modalità di utilizzo di un farmaco importato sono quelle indicate dal paese nel quale il farmaco è stato registrato, e che, per quanto concerne l'interruzione volontaria di gravidanza, deve essere comunque rispettata la normativa contenuta nella legge 22 maggio 1978, n. 194, relativamente ai controlli, alla durata delle degenze, all'uscita dall'ospedale della donna prima del completamento dell'interruzione volontaria di gravidanza (IVG), si precisa che, per la delicatezza e la rilevanza degli aspetti di sanità pubblica, tutte le informazioni sono state richieste con la procedura d'urgenza ai competenti assessorati alla sanità delle regioni che hanno fatto ricorso all'importazione di cui al punto b) (si vedano tutti gli allegati).
Non sappiamo, dunque, quale sia stato il trattamento cui le donne sono state sottoposte, anche se abbiamo richiamato che, in base alla normativa vigente, bisogna attenersi, come ho testé detto, alle normative della ditta produttrice nel paese da cui abbiamo importato e, in Italia, alle norme della citata legge n. 194.Pag. 260
Per quanto attiene alla scelta consapevole da parte della donna, relativamente al rapporto tra i diversi tassi di mortalità, conseguenti all'impiego della pillola RU-486 o all'intervento chirurgico, con riferimento ai dati citati dall'onorevole Volontè nell'interpellanza del 7 luglio 2006, relativa ad un articolo pubblicato nel dicembre 2005 sul New England Journal of Medicine, in cui veniva riportato un tasso di infezioni gravi e fatali da Clostridium Sordelii in seguito all'impiego della pillola RU-486, è necessario segnalare che, al momento, nessun procedimento restrittivo di tipo regolatorio sulla pillola abortiva è stato assunto dalla Food and Drug Administration, a seguito dei casi di infezione da Clostridium Sordelii che si sono verificati negli USA ed in Canada.
Si fa, inoltre, presente che il modulo informativo per le pazienti in sperimentazione a Torino include il riferimento alla percentuale di decessi avvenuti per infezione asettica a seguito di aborto con la RU-486, cioè uno ogni 100 mila.
In particolare, è necessario precisare che, al momento, presso l'ufficio sperimentazioni cliniche dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), non è pervenuta alcuna segnalazione, fino ad ora, di infezioni gravi o fatali associate a Clostridium Sordelii, dopo l'impiego della pillola RU-486, utilizzata nell'ambito dell'interruzione volontaria di gravidanza.
Tutti i dati relativi al profilo di beneficio-rischio della pillola RU-486 a livello europeo internazionale, e non solo i dati pubblicati sulla rivista citata, sono all'esame dell'Agenzia europea dei medicinali (EMEA), ai cui lavori partecipano tutte le Agenzie nazionali dell'Unione Europea, in quanto le connesse problematiche vengono affrontate a livello scientifico e regolatorio internazionale, e non sulla base della discrezionalità del singolo paese.
Le eventuali decisioni regolatorie che saranno assunte dalla suddetta Agenzia, relative ai casi di infezione da Clostridium Sordelii, saranno obbligatoriamente prese da tutti i paesi europei e, quindi, immediatamente recepite in Italia dall'AIFA, l'Agenzia italiana del farmaco.
In proposito, inoltre, appare comunque significativo quanto riportato in una recente revisione sistematica - amplissima, aggiungo io -, che è recentissima, dell'11 aprile 2006, tratta dalla banca dati più aggiornata in campo scientifico, l'Up to Date - che può essere verificato - sulla base di tutti gli studi pubblicati sulla pillola in questione.
Si riporta testualmente quanto segue: «Nonostante le segnalazioni di reazioni avverse segnalate negli Stati Uniti» (e viene riportato l'articolo del New England Journal of Medicine), «l'esperienza complessiva nel mondo occidentale indica che il tasso di mortalità relativo all'aborto terapeutico, con l'RU-486, non appare essere significativamente più elevato rispetto all'intervento chirurgico». Sono questi i dati che, dal punto di vista scientifico, oggi possiamo avere.
Per quanto riguarda i quesiti di cui alle lettere e) ed f) dell'interpellanza, si rimanda alla richiesta di dati già precisata nel precedente punto.
Si precisa inoltre che, ai sensi dell'articolo 4 del decreto ministeriale già citato, gli USMAF (e veniamo con ciò al dato quantitativo dell'importazione di pillole tramite cui conosciamo gli eventi) sono tenuti ad inviare all'AIFA un rapporto semestrale sulle richieste di autorizzazione all'importazione di farmaci non registrati in Italia.
Si ritiene utile al riguardo mettere a disposizione degli interroganti alcune tabelle. Nel periodo novembre 2005-marzo 2006, la Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, non destinataria dei rapporti in questione, ha avviato un monitoraggio sulle singole richieste di importazione di RU-486 pervenute ai citati uffici, i cui risultati sono riportati nella tabella n.1, sulla base della distribuzione per regione di appartenenza dell'ospedale richiedente.
Prima del novembre 2005, vi era stata una sola richiesta di importazione di otto flaconi da cento compresse ciascuno daPag. 261parte di un ospedale della regione Piemonte, quello autorizzato a condurre una sperimentazione clinica sulla pillola medesima.
Il monitoraggio che vi era in precedenza era stato richiesto dall'allora ministro della salute, Storace; dopodiché, pareri successivi del Consiglio superiore di sanità hanno ritenuto inutile procedere ad un monitoraggio quotidiano e si è tornati a quello di norma, che comunque avviene.
Dal marzo 2006, essendo stato interrotto il monitoraggio sulle singole richieste di importazione, gli USMAF inviano per conoscenza alla suddetta Direzione generale copia dei rapporti trasmessi trimestralmente. Non sfugge quindi niente e abbiamo anche controllato tutti i dati.
Nella tabella 2 sono stati riassunti i dati scaturiti dai rapporti trimestrali inviati dal mese di gennaio 2006 in poi, mentre nella tabella 3 sono riportati quelli relativi al numero di compresse di cui è stata richiesta l'autorizzazione: una cosa sono le confezioni, un'altra le compresse. Al riguardo, si fa presente che, escluse le già citate confezioni importate dalla regione Piemonte - se vi ricordate -, le richieste di importazione sottoscritte dal medico curante sono sempre state relative a confezioni da tre compresse cadauna, cioè il numero delle compresse indispensabile per completare l'atto, equivalente alla dosa necessaria per indurre l'interruzione di gravidanza, come del resto impone la legge. Non se ne compra una partita, se non in quel caso specifico in cui vi era l'indagine che era programmata.
Viene allegata, inoltre, una tabella riassuntiva di dati presente nelle relazioni, ex articolo 4 del citato decreto ministeriale, pervenute al momento attuale dagli USMAF, in merito alle richieste di importazione di mifepristone per il secondo semestre 2006.
Nella presente relazione scritta vi è tutta la documentazione allegata, di cui potete disporre.
PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di replicare.
LUCA VOLONTÈ. Ringrazio il sottosegretario. Lei è testimone oculare, Presidente di turno, e sa da quanto tempo attendo tali notizie, per cui, caro sottosegretario, di queste informazioni, tabelle e notizie, che attendiamo almeno dallo scorso 7 luglio, faremo buon tesoro nei mesi estivi e le valuteremo. Lei ci offre un dato nuovissimo di qualche settimana fa, relativo alla banca dati Up to date, un dato che non potevamo conoscere nelle settimane precedenti.
Lo valuteremo con attenzione. Tuttavia, anche in virtù di questo dato, in base alle notizie che ci ha fornito in questo momento, non si vede la ragione di pubblicizzare, almeno sui quotidiani e sulle riviste italiane, la pillola abortiva come il metodo più efficace, più sicuro e meno pericoloso al mondo. Nemmeno questo dato, infatti, ammesso che sia verificabile ulteriormente, potrebbe giustificare una informazione così distorsiva della notizia che appare su molti quotidiani italiani.
Rimangono, però, alcune osservazioni che le vorrei sottoporre e che sono già parte della sua comunicazione. La preoccupazione, che mi sembra faccia parte anche della sua risposta, è relativa a questa sperimentazione perché, in 269 casi, nella regione Piemonte, vi è stata una lacunosa comunicazione del pericolo o, quanto meno, un problematico rispetto della normativa e del consenso informato. Spero che l'assessore alla sanità propenda per una valutazione efficace - che lei, in qualche modo, ci ha anticipato, come valutazione generale - della sospensione di una sperimentazione che, come si può verificare, nemmeno nel quadro generale che si era proposto ha avuto un qualche effetto, visto che i quattro quinti dei soggetti sui quali la si voleva attuare sono, per così dire, fuori dal controllo, dal panel sperimentativo che si proponeva. Al riguardo, nel mese di gennaio scaturì una polemica - non c'è bisogno di ricordarglielo - tra il ministro della salute Storace e il presidente della regione, proprio a seguito di una nostra interrogazione a risposta immediata. Evidentemente, non si può attribuire responsabilità a nessuno, ma i dati confermano che la nostraPag. 262preoccupazione di allora, che dall'epoca abbiamo sottoposto all'attenzione del Ministero della salute, aveva un qualche importante fondamento, purtroppo.
C'è un secondo elemento che le voglio suggerire. È vero, infatti, che l'FDA degli Stati Uniti d'America, nonostante una importante serie di articoli apparsi su riviste scientifiche, non ha ancora adottato alcun procedimento restrittivo nei confronti della pillola. Questo dato, che in qualche modo è presente anche all'interno della sua risposta, sarà fatto presente dai nostri rappresentanti all'EMEA. Un dato di preoccupazione, anche se non ha portato ad una decisione, non può essere nascosto nella valutazione complessiva sui pericoli che, in effetti, questa pillola può comportare, non solo come dimostrano alcuni articoli scientifici. Mi riferisco ai 10 o 12 morti durante il periodo di sperimentazione in altri paesi ed ai processi infettivi che possono portare, non alla morte, ma a problemi, a volte anche permanenti, per la salute delle donne.
La ringrazio, onorevole sottosegretario, per essere rimasto fino a quest'ora, nell'ultimo giorno di seduta di questa Assemblea, e per averci fornito, finalmente, dopo mesi di reticenza da parte del ministero - posso dirlo senza offendere lei, perché non è il diretto interessato - alcuni dati sui quali possiamo iniziare a confrontarci. Le assicuro, certamente, non solo la mia continua preoccupazione e la nostra vigilanza su questo tema che, finalmente, sarà confortato anche dai dati su cui potremo riflettere ulteriormente. Tuttavia, quanto emerge dalla relazione ampia che ci ha illustrato sulla sperimentazione piemontese - lo ripeto, senza voler fare polemiche - ci lascia una grande preoccupazione su quanto sta accadendo nel nostro paese. Il sottosegretario Gaglione, 15 giorni fa, con altrettanta preoccupazione ha commentato con noi le sperimentazioni che sulle donne sono effettuate, con altri medicinali, presso l'ospedale Buzzi. Egli ha impegnato il Governo per arrivare a una valutazione rapida e assolutamente esemplare di alcuni comportamenti. Lei ci sta riferendo la stessa preoccupazione riguardo alla sperimentazione torinese, preoccupazione sua ma anche dell'assessore alla sanità della regione Piemonte. Questo tipo di vigilanza e, se ci consentite, questa preoccupazione, che abbiamo nei confronti di una pillola chiamata in tutto il mondo kill pill, vogliamo mantenerla e vogliamo confrontarci con lei fin dal prossimo mese di settembre.
(Ritiro dell'interpellanza urgente Dioguardi n. 2-00103)
PRESIDENTE. Avverto che l'interpellanza urgente Dioguardi n. 2-00103 è stata ritirata dai presentatori.
(Tempi di erogazione dei contributi a favore degli enti di cui all'articolo 11-bis, comma 1, del decreto-legge n. 203 del 2005, per interventi a tutela dell'ambiente e dei beni culturali - n. 2-00100)
PRESIDENTE. L'onorevole Allasia ha facoltà di illustrare l'interpellanza Maroni n. 2-00100 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7), di cui è cofirmatario.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa interpellanza urgente è rivolta al ministro dell'economia e delle finanze.
Con i decreti del 1o marzo 2006 e del 7 marzo 2006, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi statali per l'anno 2005. Tali contributi sono stati autorizzati secondo le disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (la legge finanziaria 2006) e sono stati indirizzati al finanziamento di interventi diretti a tutelare l'ambiente e i beni culturali e, comunque, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio. Gli enti beneficiari hanno già inserito nei propri bilanci i finanziamenti loro spettanti, hanno inviato alla Ragioneria generale dello Stato, entro il termine del 31 maggio 2006, come da decreto, le attestazioni delle dichiarazioni di assunzione di responsabilità in ordine al rispetto del vincolo di destinazione del finanziamentoPag. 263statale, e sono in attesa dell'erogazione dei contributi. L'impegno di pagamento in favore degli enti in questione è stato autorizzato con soli tre decreti del Ministero dell'economia e delle finanze quale acconto rapportato al 50 per cento dei contributi spettanti agli stessi, per un totale di poco superiore a centocinquanta enti, a fronte di quasi un migliaio di enti che deve ancora ricevere questa parte di contributo. La cosa assurda è che nessuna comunicazione in merito a eventuali ritardi o parziali pagamenti è stata fornita ufficialmente agli uffici della Ragioneria generale dello Stato e agli enti medesimi.
Desidero sottolineare che i finanziamenti sono indirizzati ad opere indispensabili per le realtà locali, che da tempo sono attese dei cittadini, e, peraltro, spesso si tratta di realizzazioni di opere in cofinanziamento, per le quali i comuni hanno dovuto vincolare ulteriori risorse a loro disposizione. Questi ultimi ora si trovano non solo nell'impossibilità di ultimarle, ma anche con un impegno preso in bilancio che non sanno come giustificare. Dopo le richieste degli enti stessi, noi chiediamo al ministro se intenda onorare al più presto gli impegni previsti dalla legge finanziaria per il 2005 e firmare i decreti relativi ai contributi statali per le opere locali, allo scopo di permettere l'erogazione dell'importo di contributi spettanti agli enti beneficiari. Gli chiediamo, inoltre, se non ritenga grave che proprio gli enti che si sono esposti per il finanziamento di interventi diretti a tutelare l'ambiente e i beni culturali e, comunque, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, risultano penalizzati dalle omissioni del Governo, compresa la totale mancanza di informazioni su quanto accade.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Nicola Sartor, ha facoltà di rispondere.
NICOLA SARTOR, Sottosegretario per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente n. 2-00100, l'onorevole Maroni ed altri chiedono notizie in merito agli stanziamenti di bilancio destinati agli enti beneficiari dei contributi statali di cui all'articolo 11-bis del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 1, comma 28 e 29, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Tali stanziamenti, come ricordano esattamente gli interpellanti, sono destinati al finanziamento di interventi a tutela dell'ambiente e dei beni culturali e, comunque, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio.
In proposito, vorrei sottolineare come gli interventi in materia siano parte rilevante del programma di Governo. Al riguardo, sentito il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, si fa presente che i pagamenti autorizzati in misura ridotta dal citato dipartimento riguardano esclusivamente i contributi individuati per l'anno 2005 dai decreti ministeriali del 1o marzo 2006 e del 7 marzo 2006. Tali contributi, iscritti nell'anno 2006 come residui relativi all'anno 2005, sul capitolo 7356-economia, non avevano all'inizio del corrente esercizio finanziario la corrispondente autorizzazione di cassa, pari a complessivi 222 milioni di euro.
Ricordo che si tratta del bilancio predisposto dal precedente Governo e che i finanziamenti, di cui tratterò in seguito, sono stati autorizzati da quello attuale. Detto fabbisogno di cassa, unitamente a quello di euro 38,870 milioni relativi ai contributi recati dall'articolo 1, comma 28, della legge n. 311 del 2004 e dall'articolo 2-bis del decreto-legge n. 7 della 2005, convertito dalla legge n. 43 del 2005, risultati revocati nell'anno 2005 e riassegnati ai sensi delle medesime norme, è stato assentito parzialmente, con decreto ministeriale n. 56921 del 15 giugno 2006, nel limiti del 50 per cento dei residui predetti e, quindi, per l'ammontare di 130,435 milioni di euro (di cui 111 milioni di euro riferibili ai contributi 2005 della legge n. 248 del 2005). Il totale degli enti beneficiari dei contributi è pari a 995. I tre decreti, cui fanno riferimento gli interpellanti, già pubblicati, riguardano circa 150Pag. 264enti. Nel corso del mese di luglio sono stati disposti pagamenti ulteriori in sei decreti, in corso di pubblicazione.
Comunico, infine, che per i rimanenti enti beneficiari è in corso l'emissione dei relativi mandati di pagamento, che avverrà dopo la pausa estiva. Per quanto concerne la comunicazione dei decreti autorizzativi dei pagamenti relativi ai contributi in questione, essa è demandata alla pubblicazione sul sito web del dipartimento «www.rgs.mef.gov.it», così come previsto dall'articolo 6 dei citati decreti ministeriali 1o marzo 2006 e 7 marzo 2006; pubblicazione che ovviamente non può avvenire contestualmente all'adozione dei predetti decreti, atteso che gli stessi sono inviati successivamente al controllo di competenza dell'Ufficio centrale del bilancio presso questo ministero per il relativo perfezionamento e per la validazione dei relativi titoli di spesa.
PRESIDENTE. Il deputato Allasia ha facoltà di replicare.
STEFANO ALLASIA. È logico che non sia soddisfatto, dato che il ministero ha abbandonato totalmente gli enti stessi, mentre doveva almeno, come abbiamo detto nell'illustrazione della nostra interpellanza urgente, comunicare in merito ai ritardi e agli eventuali progressi dei decreti citati. Sicuramente, se questo è un acconto, vi sarà un saldo nel prossimo futuro. Noi chiediamo che ci sia concretezza nell'effettuare urgentemente le comunicazioni dovute a tutti gli enti, perché - come lei ben sa e come è stato detto - essi sono in fervente attesa di questi finanziamenti per poter proseguire nelle opere. Finanziamenti che non sono, come vediamo nei vari allegati e nei decreti, di restauro o recupero di manufatti importantissimi per il nostro paese, ma per la salvaguardia delle culture e delle tradizioni locali, a noi molto care.
Quello che ci sembra strano in relazione a tali decreti è che, sui 995 finanziamenti ad enti, 150 sono stati già finanziati e solo 53 ad enti del nord Italia, nella Padania. Di questo ci rammarichiamo perché - lo ricordiamo - il nord è la parte che produce il 70 per cento del PIL del paese. Per questo motivo, ci sembra che questo Governo voglia strangolare economicamente quelle aree. Dopo aver fatto varie illazioni sul federalismo e sulla devolution, adesso sta mettendo al nord il cappio economico. Speriamo che ciò non avvenga, e non per fare un favore al Governo. Al riguardo, esso ci pare poco rappresentato in quest'aula, non con riferimento ai suoi rappresentanti, ma alla maggioranza stessa, dal momento che, oltre al sottoscritto, presentatore dell'interpellanza in esame, sono presenti ben pochi colleghi; vedo solo un'altra collega in aula. Di questo non posso far altro che rammaricarmi, non come parlamentare, non come deputato, ma come cittadino, ed è necessario che ciò emerga.
A parte l'ora tarda, è però doveroso che non tanto il Governo, quanto i parlamentari siano presenti in aula fino alla chiusura dei lavori. In relazione a questo, rivolgo un ringraziamento al Presidente che è ancora in quest'aula e non ci ha lasciato soli, altrimenti avremmo potuto «soverchiare» qualsiasi ordine del giorno...
In conclusione, noi riteniamo che la risposta sia inadeguata per il paese e per la Padania stessa. Perciò, vigileremo e proporremo una mozione in merito, dopo questa interpellanza, come consente il regolamento della Camera. Ringrazio per la risposta.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.