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Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale Boato ed altri; D'Elia ed altri; Mascia ed altri; Piscitello: Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte (A.C. 193-523-1175-1231) (ore 17,10).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 193 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, non chiederò la pubblicazione del mio intervento in calce al resoconto stenografico, come richiesto da qualche collega, perché, a parer mio, è importante che l'Assemblea si renda conto, al di là del merito del provvedimento su cui stiamo per esprimerci, dell'attualità della questione che voglio portare all'attenzione di tutti. Nel dichiarare il mio voto sulla proposta di legge di modifica costituzionale sarò davvero breve. Oggi saniamo, superiamo un anacronismo ancora presente nel nostro ordinamento. Abbiamo abolito la pena di morte nel 1994, per quanto riguarda le ipotesi previste dal codice militare di guerra e abbiamo, invece, ancora un riferimento alla pena di morte nella nostra Costituzione all'articolo 27, proprio nei casi previsti dalla legge militare di guerra. Quindi, oggi cancelliamo l'ultimo retaggio di pena di morte ancora presente nel nostro ordinamento e con esso anche la possibilità teorica di una sua reintroduzione.
In dodici anni il Parlamento italiano non ha mai trovato il tempo per approvare proposte di legge presentate nelle ultime tre legislature da tutti i gruppi politici e volte a cancellare dalla Costituzione le ultime vestigia di un passato che non ha più futuro nella nostra coscienza politica e civile.
Ciò su cui vorrei richiamare l'attenzione dell'Assemblea è che ci si dichiara contrari alla pena di morte e si propone di sopprimere il riferimento alla pena capitale dalla Costituzione ma, spesso, non si compiono gli atti conseguenti affinché tale pena sia cancellata laddove essa è ancora prevista, vale a dire in molte parti del mondo.
Vorrei ricordare che quest'Assemblea ha approvato, il 27 luglio scorso, una mozione che impegna il Governo a presentare all'Assemblea generale delle Nazioni Unite in corso una risoluzione finalizzata ad una moratoria universale delle esecuzioni capitali. Tale moratoria delle esecuzioni serve, innanzitutto, ai «dimenticati» della pena di morte: mi riferisco a coloro i quali sono prima condannati e poi giustiziati nell'indifferenza e nel silenzio generale, vale a dire alle persone detenute nel braccio della morte di paesi totalitari ed illiberali.Pag. 42
Vorrei infatti ricordare che il 98,8 per cento delle esecuzioni capitali nel mondo avviene in paesi come la Cina, l'Iran, la Corea del Nord e l'Arabia Saudita: ebbene, non si fa nulla per sollevare il problema e la moratoria dell'ONU sulle esecuzioni serve soprattutto a questo.
Orbene, cosa sta accadendo, colleghe e colleghi, in queste ore? Ricordo ancora che questa stessa Assemblea ha approvato, all'unanimità, una mozione che impegnava il Governo non solo a consultare l'Unione europea per coinvolgere il maggior numero di paesi membri tra i primi firmatari della risoluzione da presentare all'Organizzazione delle Nazioni Unite, ma anche (ciò stabiliva il dispositivo, molto chiaro e stringente, dell'atto di indirizzo approvato a luglio) a cercare di ottenere la copromozione di tale risoluzione da parte di paesi rappresentativi di tutti i continenti.
Ebbene, questo non è avvenuto: è grave che, in sede di Governo, non si dia ottemperanza a quanto l'Assemblea della Camera dei deputati (vale a dire la politica ed il Parlamento) ha deciso. Vorrei rilevare che accade molto spesso, nel nostro paese, che le amministrazioni e le strutture burocratiche decidano, alla fine, la linea politica del Governo. Posso accettare che l'esecutivo tenti di fare ciò che la citata mozione in sé non chiede - vale a dire, ottenere l'unanimità del consesso europeo alla presentazione di detta risoluzione all'ONU -, ma quello che non posso accettare è che non venga successivamente seguito l'iter previsto dal dispositivo della mozione parlamentare.
Vorrei fosse chiaro che intendo mettere in discussione non la contrarietà di questo Governo e del Presidente del Consiglio nei confronti della pena di morte, ma il comportamento, nei fatti omissivo e dilatorio, che l'esecutivo ha dimostrato in questa vicenda, rispetto ad un impegno preciso assunto davanti al Parlamento il 27 luglio scorso: la presentazione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite di quest'anno (quindi, quella in corso) di una risoluzione per la moratoria ONU delle esecuzioni capitali!
I tempi stanno ormai per scadere e se il testo non verrà presentato entro il 2 novembre, non potrà più essere discusso quest'anno. Il Governo italiano, a due mesi e mezzo dall'approvazione della mozione parlamentare, è ancora impegnato a ricercare un'unanimità che non si è registrata in passato e che, probabilmente, non ci sarà all'interno dell'Unione europea. Infatti, basta che un paese sia contrario - è già successo, poiché la Gran Bretagna, in queste ore, continua ad opporsi all'iniziativa italiana - perché l'esecutivo italiano non possa successivamente procedere.
Vorrei sottolineare che la mozione approvata a luglio non vincola il Governo ad ottenere il consenso unanime a livello europeo. È bene chiarire tale aspetto: il Parlamento italiano, infatti, ha chiesto all'esecutivo di procedere con chi è d'accordo sia all'interno, sia al di fuori dell'Unione europea. L'abolizione della pena di morte, infatti, non è un'esclusiva dell'Europa!
In America latina, vi sono paesi che hanno abolito la pena di morte non nel secolo scorso, ma ancora prima: nel 700 o nell'800. Sono paesi disponibili a presentare e fare approvare all'ONU una proposta di risoluzione per una moratoria sulle esecuzioni capitali. Quel consenso e quel sostegno andavano cercati, ma ciò non è avvenuto.
Il modo in cui si sta muovendo il Governo in queste ore significa una sola cosa: impedire, di fatto, la conquista di un risultato storico, ossia l'abolizione della pena di morte, per via di una moratoria universale delle esecuzioni capitali. La Farnesina si sta muovendo in maniera non coerente con quanto il rappresentante degli affari esteri si era impegnato a realizzare in quest'aula, dichiarando di presentare comunque questa risoluzione.
Sì può abolire la pena di morte dalla nostra Costituzione, si possono fare grandi dichiarazioni di principio contro la pena di morte. Ma il Governo ha accettato di sostenere una soluzione di compromesso, cosiddetta francese, chePag. 43chiede all'Italia di ritirare la proposta di risoluzione all'ONU, accettando di presentare soltanto una dichiarazione d'intenti, che non ha alcun valore politico né alcun valore formale, che non verrà posta al voto dell'Assemblea generale e che servirà semplicemente a rimandare alle calende greche una questione attuale, ciò che oggi sappiamo essere un successo dell'Italia. Su questa iniziativa, infatti, vi è il consenso di maggioranza ed opposizione e non soltanto quello delle organizzazioni abolizioniste, come Nessuno tocchi Caino, il Partito radicale, Amnesty International ed altre associazioni. Non bisogna tradire gli impegni che il Governo ha assunto in quest'aula.
Faccio parte di questa maggioranza, ho sostenuto l'attuale Governo e La Rosa nel Pugno fa parte della formazione di Governo, ma non posso accettare che quest'ultimo ripeta l'errore compiuto dal Governo precedente, il quale, dopo aver annunciato che avrebbe presentato all'ONU la proposta di moratoria, all'ultimo minuto ha deciso di non farlo. Anzi, si rischierebbe di fare di peggio: quanto meno, la volta scorsa il Governo si richiamò ad un dispositivo che modificò la nostra proposta di allora, con cui si chiedeva di seguire la strada dell'unanime consenso europeo. Questo Governo non è più vincolato a quel dispositivo, perché ha accettato un dispositivo che chiede di presentare una risoluzione con chi è d'accordo, con paesi europei, ma anche con paesi di altri continenti. Chiedo al Governo di rispettare l'impegno assunto.
In questo senso, come già abbiamo fatto a luglio, proponendo una risoluzione firmata da tutti i presidenti di gruppo, insieme a molti colleghi abbiamo presentato in Commissione affari esteri una risoluzione che discuteremo nei prossimi giorni, che richiama il Governo agli impegni già assunti in questa Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, i deputati del gruppo parlamentare dell'UDC voteranno convintamente a favore di questa proposta di modifica costituzionale, non solo perché la condividiamo nel merito e perché essa fa parte del nostro DNA culturale.
Vorrei dare atto al collega Boato di essere stato tenace anche nella passata legislatura, quando in Commissione abbiamo affrontato questo tema, e vorrei ringraziarlo, perché nella dinamica generale di questa nostra politica, fatta sempre di scontri, ci ha dato l'opportunità di confrontarci su questioni che attengono alla dignità e al valore della persona umana.
Il mio ringraziamento non è formale, poiché oggi il voto del Parlamento su questa proposta di modifica riveste un'importanza ulteriore. Qui non stiamo solo abrogando una norma caduta in desuetudine e non stiamo semplicemente affermando l'ovvietà di quanto avvenuto negli ultimi sessant'anni, ossia il fatto che non si sia applicata la pena di morte, neanche nel caso delle leggi militari di guerra. E facciamo ciò non solo per le ragioni espresse dal collega D'Elia con riferimento alle controversie internazionali, ai patti, alle Convenzioni e alla moratoria internazionale sulla sospensione della pena capitale, ma anche perché, paradossalmente, credo che l'idea di affermare ancor di più questo principio non sia solo un segnale che mandiamo all'esterno.
Esso serve anche a sottolineare l'idea (essendo cambiato il modo in cui i conflitti avvengono nel nostro mondo globale e avendo noi oggi un sistema di guerre, come quella al terrorismo, che non hanno un loro codice militare internazionale, con la evidente difficoltà di regolamentazione) che anche nelle operazioni di carattere internazionale (che si trovano al confine - a seconda dell'interpretazione politica o giuridica che si dà - tra la guerra e le operazioni di polizia internazionale) qualora giuridicamente vi fosse la possibilità di applicare norme del codice penale militare, questePag. 44stesse norme non possono mai essere in contrasto con il diritto fondamentale alla vita e all'esistenza di una persona.
Pertanto, anche dal nostro punto di vista, in questa logica e per queste ragioni, noi sosteniamo la proposta e voteremo a favore di essa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Adenti. Ne ha facoltà.
FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in riferimento alla proposta di legge costituzionale oggi in esame, ovvero l'abolizione del quarto comma dell'articolo 27 della Costituzione, come già enunciato nel corso della discussione sulle linee generali, voglio esprimere con convinzione la piena adesione a tale proposta da parte mia e del gruppo dei Popolari-Udeur.
Questo provvedimento, che si rifà alla più alta tradizione giuridica del nostro paese, contribuisce infatti a riaffermare la nostra piena adesione al processo politico in atto a livello internazionale di affermazione della democrazia e dei diritti dell'uomo, ma, soprattutto, credo che il suo valore risieda principalmente nel fatto che affermi con vigore che in un paese che intende tutelare i diritti dell'uomo (e, prima di tutto quel diritto da cui tutti gli altri diritti derivano, cioè la vita), nessuno può arrogarsi arbitrariamente il diritto di disporre della vita e della morte di un altro essere umano in quanto costitutivo della sua libertà.
La difesa della vita, tema caro al nostro gruppo politico, potrà essere certamente più forte dopo questo provvedimento che bandisce anche l'ultima eccezione. La modifica alla legge costituzionale che ci accingiamo a votare senza dubbio contribuisce a rendere chiaro l'assunto dell'articolo 2 della nostra Costituzione, escludendo ogni possibile relativizzazione della libertà di vivere, diritto inalienabile ad una scelta arbitraria del singolo. È un intento, quest'ultimo, che credo possa essere ampiamente condiviso dai cittadini del nostro paese, al di là di ogni differenza culturale, sociale, politica e religiosa, in quanto massima espressione del patrimonio valoriale su cui si fonda la nostra Repubblica.
Desidero ringraziare il relatore Boato per la passione con la quale ha seguito questo provvedimento. Infine, il nostro auspicio è che l'iter legislativo, con la doppia lettura, trattandosi di una modifica costituzionale, si svolga in modo rapido e con grande serietà e responsabilità da parte di tutti i parlamentari, quindi anche da parte del Senato, perché stiamo discutendo di valori e di principi, quali sono quelli di rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che devono costituire uno degli obiettivi basilari del nostro agire politico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, Alleanza Nazionale si è già espressa con convinzione e con ampie motivazioni in numerose occasioni, anche in questa sede, a favore della soppressione anche della sola possibilità della previsione della irrogazione della pena capitale e, quindi, con tutta coerenza, esprime il voto favorevole alla presente proposta di modifica della nostra Carta costituzionale.
La motivazione è, naturalmente, quella della priorità assoluta dei valori incancellabili della vita umana, della primazia della persona, della sua dignità, della indisponibilità della sua esistenza. Sono principi alti, che ci rimandano ai cosiddetti massimi principi.
Noi rivendichiamo a noi stessi una coerenza che non sempre riscontriamo in altri versanti politici e culturali, laddove manifestiamo questa primazia del diritto alla vita - e, vorrei dire, del dovere alla vita, se è lecita questa espressione -, ricordandoci di questo principio quando si tratta di tutelare il bene supremo della vita in tutte le contingenze, in tutte le sfaccettature, in tutti i nodi, anche drammatici, problematici e delicatissimi, che trovano,Pag. 45anche in questi giorni, sede di grande e coinvolgente dibattito.
In nome di questo principio, al quale noi, anche nei nostri documenti statutari, ci richiamiamo, non possiamo che essere coerentemente favorevoli ad una statuizione solenne che concerne l'abolizione della pena di morte e, quindi, la cancellazione di quanto residui della stessa nel nostro ordinamento giuridico. Vi erano ragioni contingenti sulle quali è inutile intrattenersi in questa sede. Parliamo di norme che giustamente sono state definite ormai desuete, che non hanno trovato applicazione. Stiamo, quindi, facendo un'affermazione più che dagli effetti pratici, di pur alto e importante livello di principio.
Il residuare di siffatta norma nelle leggi militari di guerra era evidentemente correlato alla volontà di tutelare al massimo livello la vita di soggetti che fosse compromessa o messa in gravissimo, concreto, reale ed immanente pericolo dai comportamenti di un determinato soggetto operante in condizioni militari. Affermando il ricordato principio in questa sede e, quindi, cancellando quanto residua di vigenza teorica della pena capitale nel nostro ordinamento, diamo un messaggio a noi stessi ed alla nostra società nazionale, ma - permettetemi di dirlo un po' più ambiziosamente - lo diamo anche ad un'opinione pubblica internazionale, ai rapporti di interlocuzione che intratteniamo con altre comunità nazionali.
Onorevoli colleghi, il primo degli interventi per dichiarazione di voto svolto da parte di un esponente di un gruppo della maggioranza ha già posto una questione di polemica interna alla maggioranza di Governo persino su questo delicatissimo argomento di alta immagine e di alta sostanza di principio. Noi ci limitiamo, più modestamente, a ricordare che, mentre in Italia si sopprime questa norma che non è applicata e che, di fatto, non era vigente, nel mondo si sta tuttora assistendo a tragedie individuali e collettive, spesso di immani ed inaccettabili proporzioni. Proprio in questi giorni, i conduttori di una popolare trasmissione radiofonica di opinione hanno chiamato a raccolta cittadini, enti locali, associazioni e gruppi culturali per una fiaccolata da tenersi, proprio a Roma, di fronte alla sede diplomatica di un paese, al fine di scongiurare l'esecuzione di una giovane cittadina del medesimo paese, che rischia di essere tuttora eseguita, con motivazioni e premesse che il nostro senso giuridico, il nostro senso morale ed il nostro senso civile non potrebbero mai accettare.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 17,30)
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Vogliamo offrire un contributo, anche morale, politico e civile, a tale iniziativa. Vogliamo ricordare i casi di persone - e stiamo parliamo dei nostri tempi - che in determinati paesi, per manifestare e voler praticare il proprio credo religioso, in particolare cristiano, subiscono addirittura l'applicazione della pena capitale. Ci sono grandi nazioni con le quali ci compiaciamo di intrattenere, di voler rafforzare e rendere ancora più intrinseci, stretti e fruttuosi rapporti di carattere culturale, commerciale ed economico, in vari quadranti del mondo, che spesso vedono i propri capi di Governo o di regime pronunciarsi in favore di principi quali la pace, l'umanità e l'uguaglianza delle condizioni umane, e praticare, anche su larga scala, l'applicazione della pena capitale.
Con il voto che ora esprimiamo - almeno questo è l'intendimento di Alleanza Nazionale - per l'abolizione di quanto residua nel nostro ordinamento della comminazione della pena di morte, non facciamo soltanto un atto di coerenza con i precedenti voti espressi o di ossequio concreto e coerente ai massimi principi di tutela e di centralità della vita e della dignità della persona - che sopravanza ogni altro bene giuridico ed intendimento -, ma vorremmo che questaPag. 46abolizione rafforzasse unitariamente ed in modo compatto il segnale, il messaggio e la volontà politica e morale del nostro paese nei confronti di quelle altre realtà che si muovono, purtroppo, ancora su un piano ben diverso ed inconciliabile con i nostri principi fondamentali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, ci apprestiamo a questo voto importante. Esso è relativo ad un provvedimento che modifica la Costituzione e che è già stato oggetto di discussione nel corso della passata legislatura, su cui la Lega ha già espresso la propria posizione con il collega Fontanini. La nostra posizione, favorevole a modificare l'articolo 27 della Costituzione e a cancellare in modo totale la previsione della pena di morte dal nostro ordinamento - anche in caso di guerra - è sicuramente una scelta giusta: il valore supremo della vita non deve essere messo in discussione da nessuno.
Oltre però ad annunciare il voto favorevole del gruppo della Lega Nord Padania, volevo ricollegarmi brevemente a quanto detto dal collega Benedetti Valentini, che mi ha preceduto. Questo voto deve far riflettere tutti coloro che sostengono quei gruppi che in altri paesi mettono in atto degli efferati delitti e utilizzano il sistema di «dare la morte». Verso coloro che usano la pena di morte - penso, ad esempio, ai tagliatori di teste - troppo spesso abbiamo sentito dei silenzi assordanti, anche da parte di componenti dell'attuale maggioranza. Dobbiamo dunque guardare al di fuori dei nostri confini nazionali. Questo provvedimento ha una portata ben più rilevante rispetto alla semplice modifica della nostra Costituzione. Forse dovrebbe essere anche un monito a sollecitare determinati paesi come Cuba o la Cina o gli stessi Stati Uniti d'America a non utilizzare questo sistema inumano.
Dobbiamo trasmettere questo messaggio ai nostri colleghi parlamentari negli altri Stati del mondo: occorre far prevalere il valore supremo della vita e impedire che, ad alcune persone condannate alla pena di morte, venga tolta la vita. Esistono altri modi per far scontare le pene e redimere - se mi passate il termine - queste persone; esiste sicuramente la possibilità di far pagare chi ha compiuto certi delitti efferati in modo giusto, corretto e pesante, senza arrivare alla pena di morte.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ronchi. Ne ha facoltà.
ANDREA RONCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi, in questo Parlamento, continuiamo una battaglia che già nella scorsa legislatura, in modo assolutamente bipartisan, abbiamo condotto per cancellare l'obbrobrio della pena di morte nella nostra Costituzione. Ricordo il voto all'unanimità in quest'aula che ha dato forza al Governo italiano, all'ex ministro Frattini e al ministro Fini per andare in Europa e combattere una dura battaglia sulla moratoria internazionale.
Gli egoismi di alcuni paesi hanno impedito di fatto che questa vittoria, questo successo morale prima che politico, potesse essere raggiunto. Oggi, noi, con forza, in quest'aula parlamentare, chiamiamo le istituzioni a continuare questa battaglia morale, civile, culturale e politica: cancelliamo la pena di morte! Alziamo il velo del silenzio rispetto a paesi come la Cina e tanti altri che, nell'indifferenza dell'Europa e del mondo civile cosiddetto libero, assistono inerti a centinaia e centinaia di esecuzioni capitali ogni anno.
Abbiamo letto sui giornali, anche oggi, che alcuni cristiani stanno per essere uccisi in una nazione. Ribelliamoci, alziamo le nostre coscienze, facciamo che questo voto del Parlamento diventi una bandiera da sventolare per salvare i fratelli nel mondo! Soprattutto - concordo con il collega Benedetti Valentini - vorreiPag. 47ricordare la fiaccolata che si è svolta di fronte ad una ambasciata, promossa dall'onorevole Pier Ferdinando Casini, dove in centinaia, appartenenti a tutti i partiti, senza differenze e senza distinzioni, ci siamo stretti in silenzio per protestare con il cuore, con il pensiero e con l'anima nei confronti dei paesi torturatori, che uccidono e che mantengono la pena capitale come un marchio, come un torchio da utilizzare per soffocare le coscienze ed uccidere la libertà.
Il 27 luglio di quest'anno, signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo votato una risoluzione, impegnando il Governo a far sì che tale battaglia si potesse portare avanti in Europa. Dobbiamo constatare che, fino a questo momento, il Governo italiano, il ministro degli affari esteri e il Presidente del Consiglio nulla hanno fatto in Europa per continuare questa battaglia sulla moratoria.
Mi auguro che il voto di oggi, un voto unanime, che continua una grande battaglia che ci inorgoglisce come italiani, non soltanto come cattolici, ma come persone che hanno chiaro il senso della vita e della dignità della persona, spinga il Governo a riprendere questa battaglia, a continuarla e a far sentire alta la nostra voce in Europa, anche contro gli egoismi di paesi che, tutto sommato, preferiscono la pena di morte e gli interessi economici.
Ribelliamoci con il cuore e con le nostre coscienze per cancellare la pena di morte, questa ombra sull'Europa libera, sull'Europa democratica e sull'Europa civile! Questo voto ci deve impegnare ancora di più in questa battaglia e mi auguro che tutti i partiti insieme, in una conferenza da promuovere in Italia, siano ancora una volta all'avanguardia in Europa e nel mondo per testimoniare una battaglia di civiltà, non di religione soltanto, ma di spiritualità, e per far sì che la dignità e la difesa della persona siano anteposte agli interessi di parte, soprattutto economici (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Non può mancare la parola dei Comunisti italiani nel momento in cui approviamo una importante modifica della nostra Costituzione, che cancella ogni riferimento ad una barbarie, ad una pratica inaccettabile come la pena di morte.
Credo sia importante che questo Parlamento candidi l'Italia ad essere il paese più coerente nella condanna di una barbarie che non può trovare nessun tipo di giustificazione in nessuna ragione di Stato, in nessuna situazione di sicurezza e in nessuna gestione dei problemi di ordine pubblico o quant'altro: nessuna ragione può essere portata a difesa di un istituto come la pena di morte, che trasforma lo Stato in un criminale, che sopprime la parte fondamentale del diritto all'esistenza di ciascuno di noi.
Credo sia importante farlo, ricordando che oggi, in tutto il mondo, questa pratica barbara coinvolge sistemi diversi, che trovano una giustificazione a questi omicidi di Stato. Dagli Stati Uniti alla Cina, da Israele al mondo arabo integralista, ci sono teorici della pena di morte come strumento per contenere fenomeni di criminalità sociale o per colpire nemici politici. Mai, in nessun caso, deve essere da noi tollerato un atteggiamento di questo tipo. La pena di morte deve essere cancellata non solo dalla Costituzione italiana, ma anche dal panorama mondiale. Per questo, crediamo che questo atto che il Parlamento approva oggi costituisca anche una risposta positiva alla teoria dello scontro di civiltà, alla guerra al terrorismo, che ha tra i suoi sostenitori anche coloro che teorizzano l'uso della tortura, degli omicidi mirati e della pena di morte, ossia di qualsiasi strumento che, in questo scontro, nella lotta al terrorismo, fa perdere la natura stessa delle nostre democrazie, dello Stato di diritto, dei diritti civili e dei diritti conquistatiPag. 48da lunghi percorsi di lotte politiche e sociali in questa parte dell'Europa.
Ecco perché noi siamo a favore di questo provvedimento e lo voteremo con grande convinzione. E crediamo che, con convinzione, debba poi operare il Governo italiano per arrivare a quella moratoria internazionale di cui abbiamo assoluto bisogno e che deve condannare in modo uguale qualunque forma statuale utilizzi strumenti analoghi alla pena di morte.
Credo infine che, accanto a questa discussione, dovremo discutere anche del diritto all'asilo di coloro che vivono in paesi dove viene applicato questo tipo di pena. Si tratta di un diritto di asilo che ancora il nostro paese a volte non riconosce. Proprio nel momento in cui condanniamo questa pratica barbara, dobbiamo assumerci l'impegno, come Parlamento, di trovare il modo di arrivare al più presto a una revisione della normativa sull'asilo confacente e coerente con il provvedimento che stiamo esaminando.
Crediamo quindi che questo voto sia importante e rafforzi la credibilità internazionale del nostro paese, nonché quell'impianto costituzionale coerente con una visione dell'umanesimo, della difesa di un'idea di umanità che non può accettare alcuna giustificazione ad una pratica inumana, barbara, inaccettabile, come quella di togliere la vita ad un uomo, qualunque sia lo Stato che la mette in pratica. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Anche noi del Partito socialista-Nuovo PSI, ovviamente, anche in ragione del garofano che portiamo al bavero, non possiamo non partecipare (anzi chiederemmo al Presidente, se fosse possibile, di aggiungere anche le nostre firme a questa importante proposta di legge) al dibattito su questo tema, che ha visto noi socialisti riformisti da sempre pagare un grosso tributo. Siamo la forza politica che più ha pagato nel mondo per le nostre idee: ci hanno giustiziato dappertutto, sia i comunisti massimalisti, sia i nazifascisti, ovunque!
Vediamo quindi cancellata questa norma con quattro anni di ritardo - collega D'Elia, ti ringrazio per il lavoro svolto, come ringrazio ovviamente il collega Boato per la costanza che ha avuto - perché è dal 3 maggio del 2002 che avremmo dovuto eliminare dalla nostra Carta costituzionale la pena di morte anche per le leggi militari di guerra. Insieme con il Presidente della Camera, dobbiamo fare in modo che si intervenga nel mondo, dove si sta continuando ad uccidere; e non dobbiamo fermarci qui, ma dobbiamo andare avanti e cercare di impedire questa pratica ovunque venga perpetrata, attraverso il dialogo con il nostro Parlamento e con il nostro Governo.
Dobbiamo cercare quelle misure necessarie e indispensabili per far sì che nessuno tocchi nessuno perché - è così - nel 2006 si registrano ancora troppe esecuzioni capitali, dalla lontana Cina ai lontani Stati Uniti, per passare poi a diverse decine e decine di paesi. Quindi, ci dispiace di questo ritardo. Speriamo di fare in fretta e di riuscire ad ottenere la modifica dell'articolo 27.
Non posso però, da socialista riformista, non fare una riflessione a voce alta, di fronte a questo Parlamento, per quanto riguarda i reati di tortura, che ancora provocano in Italia, nelle nostre carceri, a causa dell'abuso della custodia cautelare, il perpetrarsi della condanna a morte di innocenti.
Vi sono stati moltissimi casi, in questi ultimi decenni: troppi! Per qualcuno, l'esecuzione è stata compiuta anche, ovviamente, all'estero. Non possiamo permettere che ciò accada! Dobbiamo guardare anche a questo, dobbiamo guardare anche in casa nostra! Non basta fare questa riforma, ma bisogna impedire che giustizialismi sommari e giustizialisti sommari, a cui magari diamo poi anche incarichi di Governo, continuino a perpetrare reati contro la persona, che portanoPag. 49poi ai cosiddetti «suicidi di Stato», nei confronti di persone innocenti, siano esse politici, amministratori, povera gente o industriali.
È questo il contributo che noi, socialisti riformisti del Nuovo PSI vogliamo dare a questo dibattito. Non basta quello che facciamo oggi: dobbiamo guardare più lontano; dobbiamo andare avanti; dobbiamo cercare di impedire che i giustizialisti continuino a perpetrare reati quale quello di tortura (perpetrato abitualmente nei nostri tribunali e nelle nostre carceri). La tradizione giuridica italiana è ai livelli più elevati di civiltà soltanto sulla carta: in concreto, le norme vengono applicate in maniera ignobile in molti casi.
In conclusione esprimendo la mia soddisfazione e rivolgendo un ringraziamento ai colleghi, dichiaro che io ed il collega Mauro Del Bue desideriamo aggiungere la nostra firma alle proposte di legge costituzionale.
Desidero ringraziare anche il Servizio studi della Camera dei deputati (non l'abbiamo ancora fatto) per avere prodotto un'articolata relazione al testo al nostro esame (che, lo ricordo, propone di modificare l'articolo 27 della Costituzione abolendo ogni riferimento alla pena di morte). La relazione si basa su una meticolosa ricerca e cita, a partire da Cesare Beccaria, quelli che possiamo considerare i padri della nostra Repubblica. Io voglio ricordare, da toscano, Leopoldo di Toscana: il 30 novembre si celebra la «Festa della Toscana», in commemorazione della riforma penale con la quale Pietro Leopoldo di Lorena, Granduca di Toscana, abolì la pena di morte e la tortura nel Granducato di Toscana, nell'anno 1786. Più di due secoli fa, Leopoldo di Toscana aveva abolito anche la tortura, come dobbiamo fare noi adesso!
Grazie, colleghi Boato e D'Elia, per quello che avete fatto a nome di tutti quanti noi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Balducci. Ne ha facoltà.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi Verdi voteremo compatti a favore del testo unificato delle proposte di legge costituzionale concernenti l'abolizione della pena di morte. Naturalmente, a tutti noi Verdi preme ringraziare il collega Boato per la sua opera: da molti anni egli si batte per riformare l'articolo 27 della Costituzione, il cui quarto comma lasciava persistere un vulnus nel dettato costituzionale repubblicano.
Con l'approvazione del testo unificato in esame, cancelliamo un retaggio della pena di morte ancora presente, nonché la possibilità, sia pure teorica, della sua reintroduzione. È dal 1994 che questa discrasia tra codice penale e codice penale militare di guerra attende di essere superata! Si tratta di un passaggio simbolico, ma molto, molto importante. Si tratta di un passaggio di grande rilievo dal punto di vista giuridico e culturale. Esso rappresenta, come ha sottolineato ieri il sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, una di quelle attività non ordinarie del Parlamento, non solo perché viene modificata la Costituzione, ma perché oggetto di modifica è un punto che, ancorché superato dalla legge ordinaria, lasciava un residuo, ipotetico, possibile ricorso alla pena di morte.
La soppressione del quarto comma dell'articolo 27 della costituzione ci consentirà di ratificare il Protocollo n. 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, concernente l'abolizione della pena di morte in tutte le circostanze. Ben otto sono i paesi che hanno sottoscritto ma non ratificato il Protocollo, oltre all'Italia, che lo sta ratificando. Paesi che appartengono alla medesima tradizione culturale, come Francia e Spagna, pur preannunciando la ratifica imminente, non l'hanno ancora attuata. La modifica renderà anche possibile, come sollecitato più volte dal Comitato interministeriale per i diritti umani, una candidatura italiana al Consiglio per i diritti umani per il triennio 2007-2010.Pag. 50
L'Italia - non dobbiamo dimenticarlo - è il paese con il codice più antico sotto il profilo della tutela dei diritti e dell'abolizione della pena di morte (è stato ricordato più volte, ma lo voglio ribadire): non solo il codice unitario Zanardelli, che è stato il primo codice italiano ad introdurre l'abolizione della pena di morte, ma, prima ancora - lo hanno già detto i nostri colleghi - il codice toscano, con Beccaria.
L'accordo che si è manifestato tra maggioranza ed opposizione è irripetibile. È un segnale anche per le giovani generazioni che ieri erano qui e che ancora ci stanno ascoltando. In uno Stato democratico è inammissibile la pena di morte. La giustizia non può essere mai confusa con la vendetta. La pena deve tendere alla rieducazione del condannato. Un ultimo retaggio finalmente viene cancellato.
Concludo il mio intervento affermando che, come esordisce il libro Nessuno tocchi Caino, la pena di morte costituisce la violazione dei diritti umani più importanti, del più importante forse, ossia il diritto alla vita.
La modifica costituzionale proposta, dunque, aumenterà certamente la credibilità e l'autorevolezza del nostro paese nelle numerose iniziative per la tutela dei diritti umani e della vita ovunque nel mondo.
Un ultimo punto (e mi ricollego a quanto detto prima dal collega che mi ha preceduto). La Commissione giustizia sta lavorando alacremente affinché, oltre all'abrogazione della pena di morte in tutti i suoi contenuti, anche simbolici, si porti in Parlamento al più presto anche l'introduzione del delitto di tortura (Applausi dei deputati del gruppo Verdi - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a questo punto c'è soltanto un rischio, quello di essere ripetitivi. Tuttavia, per il tipo di argomento che stiamo trattando, vale la pena di ripetere alcuni concetti.
Dopo l'approfondito confronto che si è svolto ieri, in quest'aula, e che credo abbia rispecchiato bene la sensibilità più profonda del paese, ci stiamo avviando, attraverso un largo consenso, verso una revisione costituzionale che consentirà di eliminare completamente dalla Costituzione ogni riferimento alla pena capitale anche in situazioni di guerra. Ed è per questo che ritengo molto importante che si sia manifestato un così ampio consenso e che la proposta di riforma costituzionale abbia potuto ottenere, prima in Commissione e poi in Assemblea, il giudizio convergente di colleghi di maggioranza e di opposizione.
Sarebbe davvero difficile negare che il diritto alla vita sia, senza dubbio, il primo dei diritti dell'uomo. Tuttavia, sappiamo che questa nostra consapevolezza, che viene da lontano, non dappertutto esiste o si è affermata. In molti Stati civili vige ancora l'istituto della pena di morte, e non soltanto in tempo di guerra, e ogni anno si registrano migliaia di esecuzioni capitali. Colpisce, in particolare, che quest'istituto giuridico sia ancora presente in paesi economicamente sviluppati, in civiltà avanzate, come quelle degli Stati Uniti e del Giappone. Quindi, ritengo davvero importante il compito che il nostro Parlamento si assume in questo momento, che è anche quello, attraverso il voto che oggi esprimeremo, di promuovere un'azione verso i Parlamenti di quei paesi dove ancora vige la pena di morte affinché venga eliminata dai loro ordinamenti giuridici. In questo senso, mi appello al presidente Casini, che è il presidente dell'Unione interparlamentare, perché possa fare di questo tema uno degli elementi del confronto con altri Parlamenti.
I paesi che, nel mondo, ammettono ancora la pena di morte sono 101; sono soltanto 89 quelli in cui è stata definitivamente abrogata.
In base ad un calcolo approssimato per difetto, a partire dai dati forniti da associazioniPag. 51quali Amnesty International e la stessa Nessuno tocchi Caino, nel solo 2005 i giustiziati per mano dello Stato sono stati 2.255, uccisi tra l'altro con metodi crudeli - ammesso che ne esistano di non crudeli - quali la sedia elettrica o l'iniezione letale, e persino la fucilazione e la lapidazione.
Come ha opportunamente affermato l'onorevole Boato nella sua esaustiva e documentata relazione, l'Unione europea nel corso degli anni si è battuta a fondo e continua a farlo per ridurre il fenomeno della pena di morte nel mondo, utilizzando a tal fine anche accordi che in molti casi si traducono in moratorie temporanee.
L'Italia è tra i paesi che, a fronte di condanne definitive, prevede soltanto pene detentive, il rispetto dei diritti umani, come impone la Costituzione, la rieducazione del colpevole; peraltro, devo aggiungere, essendo reduce da un 'giro' in alcune carceri, che il tema della rieducazione dovrà essere seriamente riaffrontato nelle aule parlamentari. Deve, inoltre, essere presente alla nostra attenzione il fatto che in alcune regioni del nostro paese operano organizzazioni che si fanno Stato ed emanano decreti di morte; soltanto nella Locride, negli ultimi due anni sono stati condannati a morte e sono state eseguite sentenze di morte per 28 persone. Tralascio di soffermarmi, poi, su quelle vere e proprie forme di morte civile che vengono decretate nei confronti di coloro che si ribellano a queste organizzazioni; sono già intervenuto ieri sul tema e non voglio abusare ulteriormente dell'attenzione.
A tale proposito voglio però chiarire che, nonostante i limiti testé ricordati, certamente il nostro paese può vantare un primato di civiltà. È stato uno dei primi ad abolire la pena di morte in anni in cui veniva invece considerata pratica normale e comune; l'onorevole Barani poc'anzi mi ha preceduto nel ricordare il ruolo del Granducato di Toscana e a tale riguardo non può mancare una punta di orgoglio nel ricordare che il Granducato di Toscana è stato il primo Stato al mondo che nel 1786 bandì dai propri codici non solo la pena di morte, ma anche la tortura. Fu una scelta sulla quale influirono moltissimo le tesi straordinariamente moderne di Cesare Beccaria, che introdusse un concetto rivoluzionario per i suoi tempi e ancora valido oggi; sostenne, infatti, che «la vera giustizia consiste nell'impedire i delitti e non nell'infliggere la pena» di morte da parte dello Stato; quindi, la punizione veniva così intesa non come vendetta della società, ma come strumento volto ad impedire il ripetersi dei reati e con il fine di recuperare il reo.
E l'insegnamento dell'autore dell'opera Dei delitti e delle pene venne raccolto anche dall'Italia unita che abrogò di fatto la pena di morte nel 1887 e l'abolì definitivamente con voto unanime del Parlamento del 1889. Stendo un velo pietoso sulla parentesi fascista per concludere il mio intervento riaffermando il principio che l'Italia è contraria per storia, cultura giuridica e tradizione politica al ricorso alla pena di morte in qualunque evenienza, sia in condizioni di pace sia in tempo di guerra; essa è parte attiva nell'impegno diplomatico dell'Unione europea per ridurre il numero degli Stati dove questo strumento trova ancora applicazione.
L'Italia è contraria alla pena di morte perché viola il diritto fondamentale della persona. Fatemi fare una citazione, che recupererò poi alla fine del mio intervento; Dostoevskij, che colse l'essenza più profonda e crudele della pena di morte, scrisse: «(...) può darsi che il supplizio più grande e più forte non stia nelle ferite, ma nel sapere con certezza che, ecco, tra un'ora, poi tra dieci minuti, poi tra mezzo minuto, poi adesso, ecco, in quell'istante, l'anima volerà via dal corpo e tu non esisterai più (...) l'essenziale è questa certezza».
Il secondo motivo riguarda la necessità che lo Stato italiano ratifichi il protocollo n. 13 allegato alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo; il protocollo, del quale il nostro paese è stato firmatario nel 2002, prevede per l'appuntoPag. 52l'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, anche per gli atti commessi in periodo di guerra.
Vi è poi un terzo motivo - forse il più importante - che induce a sostenere la modifica dell'articolo 27 della Costituzione. La nostra Carta costituzionale, infatti, non si limita a riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo, ma obbliga lo Stato a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Inoltre, essa ribadisce il ripudio della guerra come strumento di offesa e di risoluzione delle controversie internazionali. Tra l'altro, si preoccupa - o meglio, dovrebbe preoccuparsi - di garantire asilo e tutela ai perseguitati per motivi politici.
Per quanto detto, eliminare quella remota ipotesi di ricorso all'utilizzo della pena capitale che era previsto dalla formulazione del comma quarto dell'articolo 27 non è solo un atto dovuto, ma è il modo migliore per onorare la nostra Costituzione a quasi sessant'anni dalla sua approvazione.
L'Italia dei Valori, dunque, voterà convintamente a favore di questa legge di revisione costituzionale e lo farà perché ritiene doveroso rispettare gli impegni stipulati dal nostro paese in sede internazionale, perché la pena capitale offende il nostro ordinamento costituzionale e soprattutto perché - citando ancora Dostoevskij - l'omicidio in base ad una sentenza è incomparabilmente più atroce che l'omicidio del malfattore, convinti come siamo che la giustizia degli uomini non sia tale se prevede la soppressione anche del peggiore dei suoi membri (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, colleghi, come ho già detto intervenendo nella discussione sulle linee generali, siamo al momento finale di un provvedimento molto conciso che, paragonato alla legge finanziaria che consta di circa 200 articoli, indurrebbe ad immaginare che la qualità dei provvedimenti è inversamente proporzionale alle loro dimensioni!
Il testo in esame giunge alla fine di un percorso importante e prevede l'abolizione definitiva dall'ordinamento costituzionale della pena di morte anche nel codice militare in caso di guerra.
Tale provvedimento fa seguito a una serie di risoluzioni importanti e ad un indirizzo politico emerso in tutte le istituzioni dell'Unione europea, volto ad escludere la pena di morte dalla legislazione dei paesi membri e dei paesi vicini, in qualità di osservatori, all'Assemblea del Consiglio d'Europa, ma anche dalla legislazione di paesi esterni all'Unione. È anche finalizzato ad evitare la concessione dell'estradizione per quei condannati che dovessero andare incontro alla pena di morte nel loro paese d'origine.
È evidente che questa battaglia, portata avanti dopo l'approvazione del protocollo n. 6 del 1983 e del protocollo n. 13 del 2002, e che fa seguito anche all'approvazione della legge n. 589 del 1994, costituisce l'ultimo punto di questo percorso che - a seguito dell'unanime parere favorevole delle Commissioni difesa, giustizia e affari costituzionali della Camera - giunge all'attenzione dell'Assemblea.
Si tratta di un passaggio storico, che non solo segna la scomparsa definitiva della pena di morte nel nostro ordinamento, ma che deve costituire anche uno stimolo per un passaggio ulteriore verso un impegno in questo senso da parte delle istituzioni sovranazionali.
A questo titolo, come ha ricordato il collega D'Elia sia nel corso della discussione generale che nella dichiarazione di voto odierna, la mozione approvata all'unanimità da questa Camera il 27 luglio scorso impegna il Governo italiano a farsi promotore presso le Nazioni Unite di una risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali. Come ha rilevato sempre il collega D'Elia, non possiamo non notare che da questo punto di vista il GovernoPag. 53non si è propriamente attivato in tempi brevi e certi per portare in seno all'ONU tale risoluzione. In proposito, sarebbe invece importante effettuare uno sforzo nel solco tracciato all'unanimità ed in maniera così importante da questa Camera. Infatti, il Governo italiano deve farsi promotore senza temporeggiare in rapporti diplomatici con altri paesi dell'Unione europea e dirigersi in maniera forte e convinta verso questo traguardo perché questo è il mandato parlamentare che ha ricevuto. Riteniamo che il presente passaggio parlamentare debba dare ancora slancio al nostro paese affinché diventi promotore della diffusione della battaglia comune contro la pena di morte nel mondo, anche se in proposito occorre fare alcuni distinguo. Non si può certamente accettare che si metta sullo stesso piano la pena di morte negli Stati Uniti e quella in Cina, ovvero la pena di morte comminata in un paese democratico, la cui giustizia funziona in maniera regolare con pesi, contrappesi e controlli, e quella in un paese dotato di una giustizia politicizzata e sommaria.
Con questo distinguo e da liberali che credono nel ruolo regolatore dello Stato e non nella sua invadenza nella vita dei cittadini (ricordo che alla tradizione liberale si attribuisce l'origine della battaglia contro la pena di morte), riteniamo non si possa accettare che lo Stato si arroghi il diritto di togliere la vita, ovvero il bene supremo più grande che possediamo.
Per le ragioni che ho espresso, unitamente a quelle svolte ieri dall'onorevole Santelli nel corso della discussione generale, e per il percorso illustrato con dovizia e competenza nella relazione dall'onorevole Boato, annuncio il voto favorevole sul provvedimento in oggetto del gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, in un articolo molto breve, ma assai intenso, pubblicato oggi sul quotidiano Il Manifesto, redatto a Parigi da Anna Maria Merlo, si ricorda come la battaglia per l'abolizione della pena di morte non sia lontana o antica. Essa infatti non ha fatto il suo tempo ed anzi è molto presente nel mondo di oggi. Anche a Parigi si è svolta una giornata di mobilitazione affinché la pena capitale venga eliminata dagli ordinamenti degli Stati su scala planetaria. Tuttavia, l'articolo pubblicato informa che soltanto 129 dei circa 190 paesi membri dell'ONU l'hanno abolita. Essa è utilizzata come strumento di repressione definitiva ed ultima sui corpi di donne ed uomini in paesi come la Cina - dove nel 2005 vi sono state 1.770 esecuzioni - l'Arabia Saudita, gli Stati Uniti, l'Iran, l'Iraq, la Nigeria. Quindi, si sta parlando di paesi del cosiddetto nord del mondo, ma anche di quelli del sud, di paesi fondamentalisti, ma anche di paesi cristiani come gli Stati Uniti d'America. Quindi, la lotta per abolire la pena di morte non è un residuo del passato, che ricorda i classici - da Dostoevskij a Victor Hugo - ma qualcosa di molto presente anche oggi.
Infatti, la pena di morte è utilizzata dallo Stato come strumento punitivo estremo. A mio avviso, ha fatto molto bene Iacopo Venier a ricordarci, in quest'aula, che è qualcosa di veramente strabiliante, nel senso che ci lascia attoniti, concepire che lo Stato si erga ad assassino di persone, nel momento in cui esso dovrebbe invece garantire la sicurezza della gente. Questo è ciò che noi vogliamo cancellare, abolendo il quarto comma dell'articolo 27 della nostra Carta costituzionale. Ciò avviene al fine di rendere coerente la nostra Costituzione con la legge n. 589 del 13 ottobre 1994, che appunto abolì la pena di morte dal codice militare di guerra. Dunque, esisteva un'incongruenza nel nostro tessuto normativo, che oggi noi eliminiamo.
Vi è poi una seconda considerazione, che aggiungo a quella svolta da IacopoPag. 54Venier. Il ministro che in Francia abolì nel 1981 la pena di morte, Robert Badinter, disse: perché nessun uomo è totalmente responsabile, perché nessuna giustizia può essere assolutamente infallibile, la pena di morte è moralmente inaccettabile. Io correggerei solo in un punto Badinter: nessun uomo e nessuna donna è completamente responsabile, e soprattutto la giustizia non è infallibile. Questo è il punto vero, che dobbiamo sempre ricordare: la giustizia umana - chi crede in quella divina si appella appunto a Dio - non è infallibile. Conosciamo quanti errori sono stati prodotti nella comminazione della pena di morte! Dunque, non vogliamo uno Stato assassino, bensì vogliamo uno Stato che sia garante, come prescrivono gli articoli 2 e 3 della nostra Costituzione, dei diritti inviolabili della persona e soprattutto della promozione dello sviluppo della persona umana. Una collettività che si ispira agli articoli 2 e 3 della Costituzione non può accettare uno Stato assassino.
L'onorevole Benedetti Valentini ha detto che nel centrosinistra ci sono anche dei dissapori. No, onorevole Benedetti Valentini, noi dobbiamo dire che in questa giornata la Camera onora se stessa, perché mi pare ci sia un orientamento unanime nel votare questo provvedimento. E voglio anch'io ringraziare, a nome di Rifondazione Comunista, l'onorevole Boato, il quale si è battuto per questo risultato, insieme a molti altri parlamentari (per il nostro gruppo Graziella Mascia, che in tutti questi anni si è battuta per l'abolizione del comma 4 dell'articolo 27 della Costituzione). Voglio ringraziare l'onorevole Boato, oltre che per la preziosa relazione che ha introdotto questa nostra discussione, anche per il lavoro e la passione che ha speso in questi anni perché si giungesse a questo risultato.
Tornando all'onorevole Benedetti Valentini, voglio dire che non c'è una differenziazione all'interno del centrosinistra rispetto a questo provvedimento. Abbiamo a cuore non solo di raggiungere un risultato importante, come quello di purificare la nostra Carta costituzionale di questo provvedimento estremo, che è la pena di morte, sia pure in casi di guerra e militari, come si concepì nell'articolo 27, ma vogliamo anche fare di questo nostro voto oggi in Parlamento un punto di partenza per un'ulteriore lotta e testimonianza contro la pena di morte. Al riguardo, mi associo a quanto sostenuto da vari colleghi in questo dibattito, soprattutto da Sergio D'Elia, nel richiamare il Governo all'applicazione della mozione approvata lo scorso 27 luglio. Infatti, se da una parte si sono sollevati gli animi, votando una mozione come quella che impegnava il Governo a presentare una risoluzione in sede ONU (peraltro, abbiamo tempo fino al 2 novembre) per la moratoria delle esecuzioni capitali, dall'altra parte oggi pomeriggio, con questo voto, abbiamo la possibilità di premere sul Governo, in particolare sul ministro degli affari esteri, affinché all'ONU si presenti, al di là dell'unanimità o meno dei paesi dell'Unione europea, una risoluzione per la moratoria, in modo tale che a partire dal 2 novembre nessuna persona, uomo o donna o bambino - perché anche di questo si tratta, come succede nelle guerre africane dimenticate -, sia sottoposta alla pena di morte.
Questo è un invito che anche noi di Rifondazione Comunista rivolgiamo al Governo: l'invito a rispettare il contenuto della mozione votata il 27 luglio scorso.
Infine, onorevoli deputati e deputate, vorrei sottolineare che la strada per giungere a questo risultato è veramente lastricata di lotte. Vorrei riprendere un passaggio dell'intervento svolto ieri da Sergio D'Elia, il quale ha ricordato, giustamente, come di questa battaglia per giungere all'abolizione della pena di morte dalla nostra Carta costituzionale faccia parte anche la vicenda di un carcerato, probabilmente colpevole: Pietro Venezia. Egli rappresenta una tappa importante di questa battaglia. Era stato condannato ed avrebbe dovuto essere estradato negli Stati Uniti, un paese assolutamente civile, nel quale avrebbe potuto subire la pena di morte. PietroPag. 55Venezia, insieme a Rifondazione Comunista - mi si consenta l'autocitazione -, a Pietro Alò ed alla associazione Antigone, condusse una battaglia che allora sembrava impossibile vincere, quella cioè di opporsi al potente alleato americano affinché non avvenisse l'estradizione. L'associazione Antigone deve essere ricordata, in questa nostra giornata, insieme alle altre associazioni della società civile che molto hanno fatto in questi anni per giungere a tale risultato. Ebbene, Rifondazione Comunista, con Pietro Alò e l'associazione Antigone, riuscì in un'opera impossibile, cioè impedire che Pietro Venezia fosse estradato negli Stati Uniti. Dinanzi alla Corte costituzionale - perché fino a lì si giunse - si affermò che Pietro Venezia avrebbe potuto subire il martirio estremo, la pena di morte.
Dunque, è grazie a tutti questi atti della società civile, alle lotte, alle associazioni come quelle che, ieri, hanno manifestato in Francia e anche, ma non solo, alla nostra coscienza di legislatori, che in questo momento noi possiamo raggiungere questo risultato importante: togliere, dalla nostra Carta costituzionale, il riferimento alla pena di morte (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Intervengo per dichiarare che il nostro voto ovviamente sarà favorevole, per due motivi. Innanzitutto, perché finalmente si risolve un obbrobrio giuridico. Di solito, infatti, esistono principi costituzionali e una legge ordinaria che viene modificata in relazione alle modifiche costituzionali. Per la prima volta, in questo caso, una parte della Costituzione, da 12 anni, è stata abrogata da una legge ordinaria. È qualcosa di assolutamente incomprensibile per un ordinamento come il nostro e, comunque, è una carta di presentazione del paese Italia non corretta: intanto le nostre battaglie reali sul principio della pena di morte possono avere una serietà effettiva in quanto realmente anche la nostra carta di identità nei confronti degli altri paesi, cioè la nostra Carta costituzionale, rispecchi queste posizioni. Quindi, sarà soltanto con questa fase, con questo voto del Parlamento e con la definitiva approvazione della legge costituzionale in esame che l'Italia sceglierà una strada definitivamente abolizionista.
Vorrei anche sottolineare quanto già è stato affermato da altri colleghi e, soprattutto, dal collega D' Elia e, cioè, che questo momento e questo voto debbono servire come ulteriore monito e ulteriore spinta nei confronti del nostro Governo affinché si attivi nelle sedi internazionali, così come richiesto dal Parlamento all'unanimità. Quando finalmente terminerà questo percorso di riforma costituzionale - ci auguriamo che il Senato possa approvare rapidamente il provvedimento, in maniera tale da arrivare finalmente alla modifica di un articolo così importante della nostra Carta costituzionale - realmente la contrarietà alla pena di morte si tradurrà, come già nel sentire comune, in un principio generale di diritto alla vita. Come tale, esso non subirà limitazioni né in Italia, né nel resto d'Europa. Di conseguenza, le nostre azioni dovranno essere all'altezza della storia di questo paese e della vita di questo Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.
MARISA NICCHI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo sulla modifica costituzionale con la quale ci si accinge a cancellare dal nostro ordinamento la pena capitale, attualmente prevista nelle leggi militari di guerra.
È una scelta che si indirizza verso il ripudio assoluto e non ammette alcuna eventualità, neanche eccezionale, alla pena capitale poiché, in questo modo, l'articolo 27 della Costituzione viene emendato; infatti, si elimina la parte in cui si autorizzaPag. 56l'uso della pena capitale nei casi previsti dalle leggi militari di guerra. È questo un elemento che ha limitato l'affermazione precedente in cui si esclude la pena di morte dal nostro ordinamento. Si tratta di un passaggio incoerente con quelli - sempre relativi all'articolo 27 - in cui si afferma che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e debbono tendere alla rieducazione del condannato, cioè essere umane ed avere finalità riabilitative.
L'atto che noi compiamo rimedia a questa contraddizione e sancisce il carattere totalmente abolizionista del nostro paese. La contraddizione è stridente anche con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nel punto in cui si afferma che nessuno può essere condannato alla pena di morte o giustiziato.
Si trattava di una riforma attesa sin dal 1994, quando furono abolite le norme che prevedevano la pena di morte nel codice penale militare di guerra. Oggi, la Camera fa proprio un orientamento internazionale, europeo, e la cancellazione definitiva della pena capitale dal nostro ordinamento porterà via con sé - senza dubbio - la possibilità di una sua reintroduzione. Vi sono anche degli effetti politici: infatti, in questo modo l'Italia si mette in condizione di aderire al nuovo protocollo n. 13, allegato alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che si propone l'abolizione, senza «se» e senza «ma», della pena capitale. È un'abolizione che non ammette riserve, né autorizza deroghe. In questo modo, il nostro paese acquista autorevolezza rispetto ad un'iniziativa internazionale e non è rituale, ma molto importante, richiamare in questo senso - come è stato fatto per il tramite del dibattito - l'iniziativa avanzata in luglio da questo Parlamento quando fu approvata una risoluzione che impegnava il Governo a presentare alla prossima Assemblea generale dell'ONU una richiesta per una moratoria delle esecuzioni capitali, come passaggio per una messa al bando universale.
Com'è stato scritto allora in quella risoluzione, si doveva trattare di un'iniziativa convergente con l'Europa, con gli altri paesi europei, ma non vincolata ad essi. Rispetto a questa iniziativa, richiamiamo il Governo ad essere coerente.
Così l'Italia si caratterizza sempre più - come ha fatto nel passato - in una battaglia per i diritti umani. Ricordiamo che l'iniziativa del nostro paese ha permesso la risoluzione dell'ONU in cui, per la prima volta, la pena di morte viene considerata una pratica contro i diritti umani universalmente riconosciuti. Siamo consapevoli e riaffermiamo con forza che niente giustifica l'uso, da parte dello Stato, del potere di stroncare una vita. Nessun reato, anche quello più abominevole, e neanche la guerra, possono giustificare questo potere dello Stato. La condizione secondo cui la vita vale meno in guerra non è ad essa necessaria e non ne rappresenta un'implicazione; si tratta, infatti, di uno dei suoi effetti più efferati e brutali.
Un civile ordinamento giuridico non può parlare il linguaggio e usare gli stessi mezzi dei criminali che combatte.
È un tragico controsenso uccidere chi toglie la vita per dimostrare che non è giusto ammazzare! Ciò non è vero né nella Nigeria che lapida le donne addirittura per adulterio, né nella democrazia degli Stati Uniti.
Per questo motivo, non pensiamo mai allo scontro di civiltà, ma invochiamo piuttosto la necessità di un cambiamento di civiltà. Mi riferisco ad un cambiamento che metta ovunque in discussione il nesso tra uso della violenza e giustizia, tra ricorso alla tortura o ad altri mezzi degradanti e democrazia.
Uno Stato che mantiene la pena di morte per i suoi cittadini priva la vita umana di valore assoluto e si arroga, inoltre, un potere ingiustificabile ed inconciliabile con il necessario dubbio: infatti, perfino il sistema giuridico più avanzato presenta sempre un margine di incertezza. Come ha precedentemente ricordato l'onorevole Franco Russo, nessun sistema è infallibile, tanto più in tempo di guerra, quando l'errore giudiziario è più facile.Pag. 57
È chiaro che, per noi, la pena di morte non ha senso, poiché viola il diritto alla vita, non serve a dissuadere, induce a commettere un errore irreparabile ed è spesso usata in modo discriminatorio. Sulla base di tali principi, il gruppo dell'Ulivo voterà convintamente a favore di questa modifica costituzionale e vigilerà affinché l'iter del provvedimento possa, dopo numerosi insuccessi, essere finalmente completato (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
MARCO BOATO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO, Relatore. Signor Presidente, desidero intervenire molto brevemente per ringraziare tutti i colleghi della Commissione affari costituzionali ed il presidente Violante, i quali hanno consentito, all'unanimità, di portare all'esame dell'Assemblea il presente testo unificato delle proposte di legge costituzionali; desidero ringraziare, altresì, tutti presidenti di gruppo dell'Assemblea ed il Presidente Bertinotti per averlo tempestivamente iscritto all'ordine del giorno.
Voglio ringraziare anche il Servizio studi della Camera dei deputati, il quale sia nella scorsa legislatura, sia nell'attuale ha collaborato in modo prezioso, come sempre, alla predisposizione del dossier, nonché ad aiutarmi a redigere la relazione.
Desidero ringraziare nominativamente, inoltre, i colleghi che sono intervenuti nel corso del dibattito: D'Elia del gruppo della Rosa nel Pugno, D'Alia dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Adenti del gruppo dei Popolari-Udeur, Benedetti Valentini e Ronchi di Alleanza Nazionale, Stucchi del gruppo della Lega Nord Padania, Venier dei Comunisti Italiani, Barani del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista, Paola Balducci dei Verdi, Evangelisti del gruppo dell'Italia dei Valori, Baldelli e Jole Santelli di Forza Italia, Franco Russo del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Marisa Nicchi dell'Ulivo. Da tale elenco emerge che tutti i gruppi parlamentari si sono pronunciati favorevolmente, e credo che ciò rappresenti un segnale molto positivo.
Ringrazio anche il sottosegretario D'Andrea, il quale è intervenuto autorevolmente ieri, nel corso della discussione sulle linee generali del provvedimento. Auspico, dopo aver ascoltato le dichiarazioni di voto finale, una deliberazione unanime da parte della Camera dei deputati e ricordo che sarà la terza volta che la Camera si pronuncerà in tal senso, poiché già nella XIII e nella XIV legislatura ha approvato pressoché all'unanimità la proposta di revisione costituzionale in esame.
Infine, rivolgo un appello al Senato affinché questa importante riforma costituzionale possa definitivamente giungere in porto.
La ringrazio, signor Presidente.