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Discussione della proposta di legge Boato; Lumia; Forgione ed altri; Angela Napoli; Lucchese ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera, modificata dal Senato, nuovamente modificata dalla Camera e nuovamente modificata dalla I Commissione permanente del Senato) (A.C. 40-326-571-688-890-D) (ore 16,53).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 40 ed abbinate-D)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle modifiche introdotte dal Senato.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari di Forza Italia e dell'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole D'Alia, ha facoltà di svolgere la relazione, anche a nome della relatrice, onorevole Sesa Amici.
GIANPIERO D'ALIA, Relatore. Signor Presidente, questo provvedimento arriva alla Camera in quinta lettura a seguito di una decisione dei colleghi della Commissione affari costituzionali del Senato di modificare ulteriormente il secondo comma dell'articolo 1, precisando i poteriPag. 39di inchiesta della Commissione e chiarendo, in maniera più specifica di quanto non fosse stato già fatto in precedenza, che la Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. Questo inciso, che è stato introdotto al Senato, tende a specificare che i poteri di inchiesta, ovviamente, sono limitati dalla tutela della libertà e della segretezza della corrispondenza, circostanza che, peraltro, era già stata apprezzata e definita nel testo licenziato dalla Camera.
Questa mattina in Commissione, all'unanimità, abbiamo deciso di approvare il testo nella formulazione trasmessa dal Senato, ritenendo peraltro prevalente l'interesse all'insediamento della Commissione d'inchiesta e, quindi, anche al fine di accelerarne i tempi. Siamo assolutamente favorevoli, quindi, all'approvazione del testo in questa versione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, vorrei esprimere alcune brevissime considerazioni, perché il relatore ha sostanzialmente già illustrato i motivi che portano la proposta di legge di nuovo all'attenzione della Camera.
La proposta di legge arriva alla nostra attenzione per la terza volta, dopo essere già stata esaminata il 5 e il 27 luglio, perché è stata modificata in due occasioni dal Senato, mentre l'istituzione della Commissione d'inchiesta stessa, dal nostro punto di vista - ma mi pare che ciò sia stato espresso in modo unanime questa mattina anche dalla Commissione -, è assolutamente indispensabile ed urgente, soprattutto alla luce di alcuni aspetti relativi alle modalità di funzionamento della Commissione che sono stati oggetto di modifica durante la discussione di questi mesi. Tali aspetti, per quanto importanti - ne ricorderò rapidamente uno -, non devono comunque ritardare ulteriormente l'istituzione della Commissione.
Credo, infatti, che sia fondamentale proseguire l'esperienza delle Commissioni di inchiesta sulla mafia che, dal 1962, costituiscono un organismo importantissimo nella lotta contro la criminalità organizzata. La Commissione di inchiesta ha permesso di conoscere meglio il fenomeno mafioso e l'organizzazione ad esso collegato, di assumere provvedimenti legislativi efficaci per contrastare la criminalità e di diffondere maggiore consapevolezza e senso di responsabilità nelle istituzioni e nella società sulla pericolosità del fenomeno mafioso.
Rispetto alla passata legislatura, la proposta di legge è tesa ad assegnare alcuni compiti nuovi alla Commissione di inchiesta sulla mafia. Ciò dimostra la necessità di studiare, con precisione e costanza, la mafia per cogliere le novità e le mutazioni che la contraddistinguono. Infatti, solo partendo da questa conoscenza è possibile attivare strumenti di prevenzione, contrasto e repressione dei fenomeni criminali.
I nuovi compiti sono molto importanti e vorrei ricordarli molto brevemente. Il primo è quello di verificare le conseguenze negative delle attività mafiose sul sistema produttivo, in particolare quando tali attività danneggiano e impediscono la libera concorrenza nel mercato e la trasparenza nell'accesso al credito e nella spesa pubblica. In secondo luogo, si tratta di verificare se le strutture di prevenzione e contrasto della criminalità e il controllo del territorio siano efficaci ed adeguati, nonché di indagare su tentativi di infiltrazione e condizionamento mafiosi negli enti locali (è un aspetto di grande importanza e pericolosità).
Inoltre, la Commissione ha il compito di proporre efficaci misure idonee a contrastare questi fenomeni, in particolare con riguardo alla normativa vigente sullo scioglimento dei consigli comunali e la rimozione degli amministratori locali (altroPag. 40aspetto sottoposto all'attenzione della Commissione anche nelle precedenti versioni e che si è inteso rafforzare in questa stesura).
La Commissione ha, altresì, il compito di verificare l'attuazione delle disposizioni relative all'applicazione del regime carcerario di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. Inoltre, è stato allargato il campo di indagine ai rapporti delle organizzazioni mafiose con le organizzazioni criminali straniere.
Purtroppo - questo aspetto è stato oggetto delle varie letture tra Camera e Senato -, non è stata espressamente prevista, come auspicato in alcune proposte di legge, la possibilità da parte della Commissione di procedere istituzionalmente alla consultazione delle associazioni del volontariato impegnate contro il racket e la mafia. Si trattava di una possibilità, nel senso che la Commissione può comunque consultare tali associazioni; però in alcune proposte di legge tale ipotesi era espressa in maniera più forte. Se si pensa al lavoro straordinario di alcune associazioni - mi riferisco a Libera come a tante altre - è evidente che si rischia di perdere un apporto importante nella lotta contro la criminalità organizzata. Per questo motivo, si era tentato di introdurre tale riferimento in maniera formale.
Lo dicevo all'inizio, e mi avvio alla conclusione, signor Presidente: dopo mesi di discussione, a noi pare urgente e necessario istituire tale Commissione, a prescindere da alcuni miglioramenti e perfezionamenti che si sono persi nel corso dei vari passaggi parlamentari. La Commissione antimafia è un indispensabile strumento di indagine e conoscenza per combattere in modo adeguato la criminalità organizzata mafiosa e il sistema di relazioni economiche, politiche e istituzionali ad essa collegato.
L'azione della mafia e della criminalità organizzata non comporta soltanto problemi per la sicurezza dei cittadini: insidia settori importanti del nostro sistema economico, pubblico e privato, al punto da costituire un pericolo per la nostra democrazia e le nostre istituzioni.
In questa ottica, il Governo Prodi ha presentato un programma che, tra i suoi punti fondamentali, annovera l'impegno per la legalità e il contrasto della criminalità organizzata. Proprio per attuare questi obiettivi riteniamo necessaria e urgente l'istituzione, al più presto, della Commissione di inchiesta sulla mafia.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, il mio intervento sarà breve, anche perché si tratta dell'ennesimo passaggio parlamentare della proposta di legge in discussione alla Camera dei deputati.
Fin dall'inizio, ho ritenuto che già il primo testo approvato da questa Camera fosse sufficientemente garantito e preciso, tale da non dover subire questa sequela ininterrotta di passaggi che non credo faccia fare una bella figura al legislatore, soprattutto nel momento in cui si istituisce una Commissione che, ormai, sembra quasi diventare ordinaria, perdendo quel carattere di straordinarietà che avrebbe dovuto avere.
In ogni caso, il nostro voto sarà favorevole, e siamo anche lieti del passaggio in Assemblea della proposta di legge. Non abbiamo difficoltà ad accoglierlo nel merito, ma - come il presidente Violante sa - abbiamo voluto fortemente il passaggio di questa proposta di legge anche dinanzi all'Assemblea soprattutto per un problema di metodo e per dare una seria rilevanza al provvedimento che ci accingiamo ad approvare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, prendo la parola in sede di discussione sulle linee generali di questo provvedimento che - come è stato già ricordato - è stato soggetto a «traghettamenti» tra Camera e Senato; si è andata, infatti, configurando la famosa navetta. Ritengo, tuttavia, che a questo punto vi siano due strade, signor Presidente e signor viceministro:Pag. 41commentare la normativa proposta (e, dunque, formulare senza alcun dubbio gli auspici del caso), oppure compiere una valutazione del lavoro pregresso delle diverse Commissioni antimafia che, profondendo un grande impegno, si sono via via susseguite in tante legislature.
Vorrei osservare che vi è un momento in cui bisogna far tesoro dei risultati raggiunti, oppure degli obiettivi scarsamente centrati. Infatti, celebreremmo solamente una liturgia se andassimo a commentare gli articoli del provvedimento (i quali, peraltro, hanno ricevuto il suggello anche da parte dell'altro ramo del Parlamento) e ci soffermassimo semplicemente sulla modifica apportata dal Senato della Repubblica.
Signor Presidente, se qualcuno dovesse chiedermi - anche se, ovviamente, non voglio coinvolgere un altro calabrese, che siede ai banchi del Governo - se siamo soddisfatti dei risultati ottenuti dalla Commissione parlamentare antimafia, risponderei che tale Commissione ha lavorato nel corso del tempo ed ha ottenuto risultati apprezzabili (vorrei ricordare che siede fra di noi anche uno stimato presidente di una precedente Commissione antimafia), tuttavia è certo che alcuni obiettivi importanti non sono stati conseguiti.
Pertanto, o noi torniamo a far vivere questo organismo in termini di discontinuità (si usa molto questa parola), oppure la Commissione parlamentare antimafia proseguirà nel suo iter, costituito da visite e da incontri con i magistrati e con le forze dell'ordine, acquisendo, giorno per giorno, elementi che, ormai, sono già «patrimonio» della Repubblica italiana.
Non credo che siamo giunti a tal punto, anche perché, nel frattempo, la criminalità organizzata è sempre fortemente attiva nelle aree del Mezzogiorno del nostro paese, e non solo. Infatti, possiamo anche svolgere un dibattito molto serio sul Mezzogiorno, ma occorre parlare anche di altre aree, nelle quali è attiva una realtà criminosa che infligge sicuramente dei vulnus alla convivenza civile del nostro paese.
Se costituiamo quindi tale Commissione di inchiesta, composta da cinquanta colleghi tra deputati e senatori, procediamo all'elezione del suo presidente e via dicendo, dobbiamo domandarci, anche in limine all'approvazione definitiva del provvedimento in esame, se il Parlamento abbia veramente l'intenzione di conferire a tale Commissione bicamerale una caratterizzazione diversa rispetto al passato.
A me non basta, ad esempio, che sia presentata la tradizionale relazione scritta al Parlamento, che puntualmente nessuno legge! Non piace neanche che numerose volte, anche all'interno della stessa Commissione parlamentare antimafia, si manifesti un esercizio verbale nel quale spesso prevale l'interesse politico di parte, anziché l'interesse oggettivo a scardinare la criminalità organizzata. Tale obiettivo, a mio avviso, deve infatti essere un patrimonio che appartiene a tutti, al di fuori ed al di là delle dislocazioni politiche in quest'aula o nell'altro ramo del Parlamento!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,05)
MARIO TASSONE. Vorrei rappresentare che non sono, signor Presidente - constato con piacere che ha assunto lei la Presidenza di turno, onorevole Meloni -, un amante dei luoghi comuni; tuttavia, se dobbiamo costituire una Commissione che opera con stanchezza, allora sarebbe preferibile non istituirla: altrimenti, susciteremo delle aspettative in ordine al conseguimento di alcuni risultati, anche perché la situazione, ovviamente, è quella che conosciamo tutti.
Vi è, allora, l'esigenza di predisporre delle relazioni e di svolgere dei dibattiti. Certamente il problema della criminalità organizzata non può essere di esclusiva competenza della Commissione bicamerale. Si dovrebbe anche pensare ad un collegamento, ad un raccordo con il COPACO, come ho già detto al mio collega Gianpiero D'Alia. Sarebbe, infatti, utile uno scambio di informazioni con lo stessoPag. 42per predisporre una normativa adeguata all'esigenza di infliggere un colpo alla realtà criminale del nostro paese! Perché germoglia questa realtà? Perché vi sono troppi silenzi e troppe connivenze. Vi sono diffuse solidarietà, tanti abbandoni e tante rese! Nella mia regione vi è una resa rispetto ad una occupazione sistematica del territorio. Non parlano più coloro che sono soggetti a ritorsioni, estorsioni, ricatti e minacce e via seguitando. Non parla più nessuno! Esiste una sorta di assuefazione: si vive con la criminalità organizzata e ciò determina un vulnus nella democrazia e nella civiltà. Al riguardo, anche i dibattiti che abbiamo svolto in quest'aula in diverse occasioni rimangono semplicemente degli editti e dei pronunciamenti privi di significato e di sostanza.
O la Commissione antimafia crea un clima di fiducia, con il recupero della dignità e dell'autorità dello Stato, instaurando un rapporto nuovo con la società e rompendo le incrostazioni, il diaframma tra la Commissione stessa ed il resto della società, calabrese, siciliana, napoletana, pugliese e quant'altro, oppure non si raggiunge alcun obiettivo!
Noi stiamo vivendo in questi giorni l'anniversario della vicenda Fortugno. Ci troviamo in presenza - non credo che il ministro Minniti aderisca alle mie parole, ma non dico nulla di diverso rispetto a quanto affermato in altre occasioni - di forzature e strumentalizzazioni.
Una prima strumentalizzazione si è riscontrata quando molti hanno legato l'assassinio di Fortugno alla sede dove è stato ucciso, al seggio elettorale per le primarie dell'Ulivo. Circolava un teorema, come se i mandanti e gli esecutori del compianto Fortugno appartenessero a circoli politici ben individuati. Non so se i due killer fossero veramente solo gli esecutori, ma, certamente, se vogliamo metterla su un piano molto rozzo, non hanno votato per il centrodestra; ma non ci importa, non è questo il problema!
Vogliamo sapere la verità, e sulla verità del delitto Fortugno vi sono molti distinguo e molte ombre. Ne ho avuto contezza in quest'aula e nel consiglio regionale, quando un sottosegretario per la giustizia, di fronte ad una mia interpellanza sui motivi per cui il procuratore che indagava sul delitto fosse stato trasferito, mi ha fornito una serie di notizie tecniche (mi riferisco, ad esempio, al parere del Consiglio superiore della magistratura), quando io ho posto il problema dell'opportunità di interrompere le indagini.
Non esiste, tuttavia, solo il delitto Fortugno in Calabria e nel Mezzogiorno. Vi è un povero padre che sta facendo lo sciopero della fame e vi sono tante vittime della mafia! Bisogna che lo Stato si riappropri del territorio. Vi è anche un riferimento chiaro nell'articolo 1 del provvedimento; bisogna rompere - sono d'accordo - il circuito dei collegamenti e dei rapporti tra la criminalità organizzata e le istituzioni.
Se manca lo sviluppo, questo accade perché sono presenti un condizionamento ed una sottocultura, che prevalgono sugli spiriti liberi e su coloro che intendono rinnovare la società calabrese e più in generale la società meridionale.
È di questi giorni l'attentato al sindaco di Vibo Valentia, al quale è stata bruciata la macchina; l'altro giorno si è verificato un episodio che ha visto coinvolto il presidente dell'amministrazione provinciale di Crotone; molti sindaci sono stati minacciati, l'ultimo dei quali, quello di San Gregorio d'Ippona, Pasquale Farfaglia, a seguito di tali minacce si è dimesso dalla carica di sindaco, perché giustamente dice che lo Stato non lo tutela.
Di fronte a tutto questo, la magistratura che cosa fa? Noi non possiamo parlare dell'attività e dell'impegno della magistratura, per vedere quali sono i risultati? Chi è magistrato ha quasi sempre ragione e non gli possiamo chiedere conto dei risultati raggiunti! In questo nostro paese non si può parlare male né della mamma né della magistratura! Le forze dell'ordine fanno il loro dovere, ma sono a volte isolate, senza una copertura. Ci sono certamente anche magistrati - ne conosco personalmente - che vanno aiutati e che stimo per la loro attività, per il loro impegno e per la loro correttezza.Pag. 43
Una Commissione antimafia deve dunque avere l'obiettivo di riportare al centro non semplicemente gli aspetti di repressione, bensì quelli riguardanti la prevenzione. Questo nostro paese ha bisogno di diligence! Questo nostro paese ha bisogno di inquirenti che abbiano gli strumenti e i mezzi! Quante volte abbiamo invece sentito che alla giustizia mancano perfino gli strumenti materiali! Se potessimo risparmiare sulle intercettazioni telefoniche, risparmieremmo miliardi, così come se potessimo limitare alcuni itinerari turistici di magistrati che vanno e vengono, in giro per l'Italia, senza che ve ne sia il bisogno, risparmieremmo anche in quel caso!
Dunque è necessario, da questo punto di vista, un chiaro intendimento. Dobbiamo intenderci, nel momento in cui istituiamo la Commissione antimafia. Personalmente ho fatto parte una volta, per cinque anni, della Commissione stragi. In quella legislatura, non siamo riusciti a presentare un documento comune sul delitto Moro e sulla tragedia dell'Itavia. Le Commissioni non si costituiscono stancamente, tanto per ripeterle e per rinnovarle. Ritengo che questa sia una grande occasione, anche perché siamo al limite della sopportabilità. Non c'è bisogno di sentire il grido di dolore della nostra collega Laganà Fortugno, in quest'aula oppure in Calabria. Non c'è bisogno di sentire il grido di dolore di tanti padri e di tanti congiunti, che a volte non ascoltiamo perché non hanno voce, non hanno tribuna, non sono ovviamente meritevoli di considerazione.
Le battaglie hanno senso se non sono strumentalizzate. Ricordo a lei, signor viceministro, che l'anno scorso sono stato alla manifestazione di Locri. In quell'occasione parlarono tutti, mentre il sottoscritto non poté parlare, perché faceva parte di un Governo di centrodestra. È intervenuto ovviamente il vescovo di Locri, Don Ciotti, e tutto quel mondo tranquillo, che dà lezioni, che noi, per carità, accettiamo, soprattutto quando vengono da così alto lignaggio. Ritengo che quello fu un vulnus anche sul piano di una solidarietà che noi dobbiamo recuperare.
Non c'è bisogno, lo ripeto in conclusione di questo mio intervento, di dividerci sulle interpretazioni, per costruire anche delle verità di comodo. C'è anche in Calabria una professione dell'antimafia. Una volta, signor ministro, ho partecipato ad una manifestazione con la Commissione antimafia a Gioiosa Jonica; allora ero un deputato giovane alla prima legislatura. Dovevamo esprimere la solidarietà nei confronti del sindaco che era stato oggetto di «attenzioni» da parte della criminalità organizzata.
In prima fila erano presenti persone plaudenti, entusiaste. Come ho fatto osservare, i plaudenti, gli entusiasti, quelli che avevano i cartelli, erano i capi delle organizzazioni mafiose. Ritengo che ci voglia una grande e buona volontà, perché in una regione come la Calabria si conoscono nomi, cognomi, collegamenti e quant'altro. Ritengo, altresì, che con buona volontà si possano conoscere i mandanti e le motivazioni che hanno determinato l'uccisione del vicepresidente del consiglio regionale.
In conclusione, vorrei rilevare che rispettiamo i magistrati, li abbiamo rispettati e ho avuto anche grande riserbo, però pretendiamo di più. Non sono uno che fa i sit-in per condizionare i magistrati. Lo dico senza alcun intento polemico, per carità, ma se avessimo fatto i sit-in nei confronti dei magistrati per l'arresto di un nostro consigliere regionale, saremmo stati accusati di voler creare un vulnus nei confronti dell'autonomia giudiziaria. E a Pacenza ho espresso una personale solidarietà, sui giornali e in televisione. Non mi sono accodato alla canea delle accuse o delle insinuazioni. Tuttavia, questo modo di organizzarsi mentalmente e politicamente, di contestare quando fa comodo e di applaudire, invece, quando vi sono soluzioni o decisioni di ritorno sul piano politico, tutto ciò crea un clima di confusione, sospetto ed omertà e credo che l'omertà non sia semplicemente un dato caratterizzante una certa parte della popolazione meridionale. Ritengo che l'omertà, la riservatezza, tra virgolette, laPag. 44prudenza, il quieto vivere siano un cancro che sta corrodendo tutta la realtà meridionale.
Ecco perché ritengo che questa Commissione possa aiutare. Non mi aspetto soluzioni messianiche, taumaturgiche, per carità, ma occorre trasmettere il messaggio che non si tratta di una Commissione di routine, che non esiste tanto per esistere e che riprende i lavori di altri, alcuni fatti bene, come ho ricordato richiamandomi ad una certa presidenza della Commissione stessa. Ritengo che oggi ci sia bisogno di una svolta con l'apporto ed il contributo di tutti.
Questo è il significato del mio intervento che va al di là, ovviamente, della piccola o grande modifica apportata in sede di esame al Senato e alla quale, certamente, possiamo dichiararci favorevoli per evitare un ennesimo «traghettamento», un braccio di ferro, con nocumento per la regione meridionale che ha aspettative nei confronti della Commissione antimafia.
In una situazione di scoramento, dove non esistono certezze e riferimenti sicuri, facciamo sì che questo Parlamento, attraverso la Commissione, rappresenti l'anima popolare e la stragrande maggioranza dei cittadini italiani (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche in questa circostanza il gruppo di Alleanza Nazionale esprime senz'altro il suo voto favorevole sul testo nuovamente sottoposto al nostro esame.
Noi, attraverso l'onorevole Angela Napoli, siamo tra i copresentatori delle proposte che sono state riunite in questo testo. Dunque, siamo convinti aderenti ad un progetto di rafforzamento e di concretizzazione dei poteri e degli obiettivi che caratterizzano questo tipo di organismo.
Siamo stati largamente in sintonia con i colleghi del Senato ed abbiamo sostanzialmente approvato quanto è stato deciso anche su suggerimento dei nostri colleghi del gruppo di Alleanza Nazionale al Senato.
Anche per la particolare circostanza che determina il nuovo esame da parte nostra, non abbiamo da differenziarci particolarmente in riferimento al testo, laddove si è voluto precisare che la Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché alla libertà personale. Siamo d'accordo perché abbiamo sempre sostenuto che questo organismo non debba sovrapporre i propri poteri, la propria specifica missione e le proprie responsabilità a quelle della magistratura, che, per quanto ci riguarda, resta totalmente intestataria di questi poteri, di queste funzioni e di queste responsabilità nell'accertare e nel reprimere i diritti e i reati che vengono consumati in questo particolare ambito oggetto anche della Commissione.
Certo, non possiamo mancare di sottolineare che, in effetti, lo strabordamento di poteri e il rischio di abusi - che oggi determina ormai un permanente stato di tensione, che sottende anche l'atteggiamento del cittadino nei confronti dei pubblici poteri - inducono ad alcune precisazioni. Vi è una limitazione nel non poter interferire in certi canali di comunicazione, nelle corrispondenze, perché viviamo in una società in cui si determina l'incontro di due eccessi che generano un paradosso: da una parte, l'eccesso di ingerenza dei pubblici poteri o, addirittura, di privati poteri in gestioni gravissime, ingerenze molto gravi nella privatezza della persona e nei diritti del singolo che ogni giorno vediamo provati e denunciati; dall'altra, forme di permissività estreme e, addirittura, di condizioni che favoriscono il proliferare della delinquenza, del crimine, anche di quello organizzato, con connivenze che spesso suscitano repulsione e indignazione in ciascuno di noi e nei cittadini, certamente nei cittadini onesti,Pag. 45che vorremmo presupporre siano la stragrande maggioranza del nostro popolo.
Certo, mi vien fatto osservare amaramente che, con il pretesto di parametri o di recuperi economici e di moralizzazione dei rapporti Stato-cittadino sul piano fiscale, si introduce ormai sostanzialmente uno stato di polizia e di polizia fiscale che minaccia di violare costantemente i diritti di riservatezza della persona e di libertà, che poco o nulla hanno a che fare con la repressione dell'evasione fiscale. Mi viene un po' amaramente da sorridere quando ci dilunghiamo e discettiamo del delicato rapporto tra i poteri di indagine e i diritti di privatezza e di libertà del cittadino: da questo punto di vista, penso che in questo momento moltissimi cittadini si stiano chiedendo se siano ancora in uno Stato di diritto e che cosa stia succedendo.
Da parte nostra, vi è anche il rammarico che non sia stata introdotta quella norma di incompatibilità, che avevamo accettato di tradurre in una formulazione che, senza violare in alcun modo la Costituzione, rimetteva al prudente ma rigoroso apprezzamento dei Presidenti delle Camere la designazione dei membri della Commissione, evitando che potessero farne parte soggetti che abbiano a che fare seriamente con la giustizia, anche in riferimento ad ipotesi delittuose afferenti alle medesime materie oggetto dell'indagine. Per parte nostra, rimane una scia di rammarico per non aver visto introdurre una norma severa di questo genere.
Concludo osservando - in verità, lo abbiamo detto in Commissione ed oggi diversi colleghi hanno sottolineato questo aspetto - che, naturalmente, all'ennesima partenza o ripartenza di questa Commissione ciascuno di noi crede, ma soprattutto i cittadini si attendono risultati.
Ormai è tempo di fornire risultati e riscontri concreti. Pertanto, non dobbiamo limitarci al rituale di redigere una relazione, composta da uno o da tanti fogli, da cui però non emergano iniziative e provvedimenti concreti. L'opinione pubblica non è più disposta ad assistere e ad ascoltare siffatti rituali e vuole risultati concreti.
Mi auguro che la Commissione proceda con autorità, autorevolezza, coraggio, decisione ed intransigenza. In passato abbiamo ottenuto risultati da questo punto di vista, ma essi non si sono dimostrati sufficienti, anche se le esperienze e i risultati, quando si ottengono, non vanno mai dispersi. Dobbiamo quindi farne tesoro ed arrivare a risultati concreti in questa durissima lotta che non riguarda più soltanto alcune aree specifiche del nostro paese.
So di dire qualcosa di antipatico e di una certa gravità. Come tutti voi, frequento ed ascolto comunità locali nei territori di tutta Italia. Ebbene, ritengo che il fenomeno - che in questa sede andiamo a qualificare e denominare - richieda espressioni «ampliatorie» in merito alla criminalità organizzata mafiosa o similare, ricomprendendo più fattispecie all'interno dell'oggetto dell'indagine. La maggiore estensione territoriale non è dovuta soltanto al fatto che le organizzazioni di tipo mafioso - e quelle immediatamente contigue, similari od ad esso assimilabili - abbiano i loro interessi ed estendano la loro influenza ed i loro bracci operativi in altri territori e in altre porzioni del nostro paese che non sono quelle tradizionali ed olograficamente ad esso dedicate. Invece, vi sono fenomeni che si stanno sviluppando anche in altre parti d'Italia, diverse dal nostro profondo sud, e che iniziano a strutturarsi con caratteristiche riconducibili al fenomeno di cui ci occupiamo.
Molto spesso vi sono evidenti connivenze di carattere politico, amministrativo, finanziario che rappresentano quanto di più preoccupante vi sia in questo momento. Quindi, io e il mio gruppo ritieniamo che la Commissione debba purtroppo allargare considerevolmente l'orizzonte territoriale e geografico della sua indagine, approfondendo l'acquisizione dei dati, perché i fenomeni si sono ormai moltiplicati sul nostro territorio.
Il nostro sarà un voto convintamente favorevole, ma va congiunto a queste forti accentuazioni che allo stesso tempo vogliono essere anche parole di speranza su quanto possiamo fare insieme, nonché diPag. 46forte responsabilizzazione politica, perché proprio su temi come questi si misurano il livello della tensione morale di un ceto politico, la tenuta delle istituzioni e l'efficacia del rapporto tra istituzioni medesime e cittadini.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Belisario, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, signor viceministro Minniti, colleghi, l'intervento del collega Tassone ed in parte quello del collega Benedetti Valentini hanno descritto quale sarà l'attività sostanziale della Commissione antimafia, attività certamente importantissima che ha già avuto significativi momenti nel corso delle precedenti legislature e che è affidata principalmente alla figura dell'eligendo presidente.
Noi sappiamo quanto importante sia il presidente della Commissione antimafia, perché è lui ad ispirare la linea conduttrice, a scegliere i consulenti ed i collaboratori e a decidere quali situazioni andare ad indagare. Il mio forte auspicio in questo momento è che la scelta parlamentare sia una scelta illuminata e porti al meglio possibile nel momento dell'elezione del presidente e dell'ufficio di presidenza. Da lì inizierà la vita di questa nuova Commissione antimafia, nello spirito e nell'attività di quelle passate.
Certo, vi sono anche temi e situazioni nuovi, ma vi sono anche alcune modifiche negli oggetti, che tengono conto di queste nuove situazioni. Quando noi pensiamo alla realtà dell'immigrazione, della criminalità organizzata legata all'immigrazione, alla realtà per esempio, di molti cinesi anche al nord e di questa loro misteriosa vita, che spesso non vede neanche la morte, dobbiamo pensare quale sia la loro impedenza in termini di criminalità organizzata. Speriamo che essa sia minima o inesistente, perché abbiamo grande rispetto per coloro che vivono da noi, soprattutto se vivono nella regolarità e nella norma. Tuttavia, sta accadendo qualcosa che ci deve far preoccupare: gli acquisti indiscriminati di immobili, l'accumularsi di ricchezza, transazioni che non trovano una particolare logica economica per ciò che appare, fanno sì che lo Stato non debba preoccuparsi soltanto in termini di repressione attraverso azioni di polizia locale, ma debba occuparsi del fenomeno attraverso una grande indagine che possa essere affidata in termini culturali e conoscitivi di maggiore pregnanza alla Commissione antimafia.
Cito la comunità cinese e il nord soltanto come esempio; potrei citare altre comunità e altre situazioni al nord e, ovviamente, le classiche situazioni esistenti al sud o al centro del nostro paese. Credo, quindi, che il momento sia particolarmente delicato, ma anche particolarmente pregno di possibilità utili e attive per la nuova Commissione antimafia.
Poiché oggi stiamo parlando dello strumento e non della sostanza, devo anche sottolineare che lo strumento che abbiamo realizzato attraverso quattro passaggi parlamentari avvenuti e un quinto in corso è risultato buono. Non mi sento di essere d'accordo con chi afferma che questi ripetuti passaggi tra Camera e Senato siano stati in sostanza non particolarmente utili perché si capiva già ciò che si voleva dal primo testo licenziato alla Camera. La novità di questa XV legislatura è che abbiamo cambiato in parte il testo classico delle Commissioni antimafia delle precedenti legislature. Siamo intervenuti su alcuni problemi sui quali la dottrina si era affaticata a lungo senza che venissero direttamente affrontati in sede di redazione e approvazione della legge istitutiva della Commissione antimafia.
Uno importante, testé citato, ha riguardato il possesso, da parte dei componenti (dei venticinque deputati e dei venticinque senatori), di determinate qualificazioni. C'è stata discussione forte: da una parte, vi era chi affermava che non si potesse in alcun modo limitare la capacità dei parlamentari; dall'altra, coloro i quali sostenevano, con facile argomento (anche un po' impressionistico), che non si potessePag. 47mandare in Commissione antimafia chi avesse pregiudizi penali o, peggio ancora, pendenze penali. La disputa poteva concludersi com'era già avvenuto in occasione dell'approvazione dei precedenti provvedimenti, vale a dire con un non liquet. Invece, abbiamo trovato una formula, rivolta ai Presidenti delle Camere, che abbiamo ritenuto compatibile con la Costituzione: quella secondo la quale bisogna tenere conto delle specificità dei compiti assegnati alla Commissione. Insomma, si tratta di una soluzione che non va ad intaccare la posizione dei parlamentari ma, nello stesso tempo, fa presente, per così dire, quale sia l'importanza della Commissione antimafia.
Un altro aspetto che non era stato toccato dai provvedimenti precedenti era quello riguardante i poteri. Si diceva: la Commissione antimafia agisce, nel corso delle indagini, con i poteri dell'autorità giudiziaria. Qui c'erano due filoni dogmatici: se i poteri esercitabili dalla Commissione nel corso delle indagini e delle audizioni fossero soltanto quelli strettamente correlati alle indagini, intese principalmente come audizioni, ovvero se alla Commissione spettassero tutti i poteri della magistratura, del pubblico ministero e del giudice, compresa la possibilità di fare uso dei mezzi di limitazione della libertà personale.
Alla Camera, abbiamo sempre dato risalto alle garanzie costituzionali, non abbiamo mai pensato che si potesse limitare la libertà personale in senso proprio e, di conseguenza, abbiamo costruito un meccanismo secondo il quale certi provvedimenti incidenti su garanzie costituzionali dovessero essere adottati dalla Commissione a maggioranza dei due terzi e, in caso di urgenza, potesse provvedere l'ufficio di presidenza (con una maggioranza particolare), salvo convalida dell'intera Commissione. La Commissione giustizia della Camera ha rilevato, in sede consultiva - ma il dubbio era già stato sollevato nel corso della discussione -, che l'ufficio di presidenza non avrebbe potuto avere poteri al riguardo, in quanto l'articolo 82 della Costituzione attribuisce i poteri dell'autorità giudiziaria alla Commissione nella sua composizione plenaria e non all'ufficio di presidenza. Pertanto, nel testo approvato, è stata eliminata la previsione del predetto potere in capo all'ufficio di presidenza e la possibilità di intervento sulle garanzie costituzionali è stata attribuita alla Commissione, a maggioranza dei due terzi.
Il Senato si pose il problema se tale formula, richiamando garanzie costituzionali e provvedendo a regolamentare il tipo di intervento sulle medesime, non finisse per far prevalere una posizione dogmatica che rendesse possibile ogni limitazione, fino alle più pesanti, delle garanzie costituzionali ed anche, teoricamente, della libertà personale, possibilità che noi non avevamo mai ritenuto possibile. Da ciò l'intervento per cui il Senato volle limitare espressamente il possibile ricorso a provvedimenti di qualsiasi tipo che riducessero la libertà personale. Noi ci ponemmo il problema in termini di accompagnamento coattivo, verificammo la previsione costituzionale, osservammo come l'accompagnamento coattivo, che in un primo tempo era stato considerato misura amministrativa, con l'evolversi della giurisprudenza fosse considerato limitativo della libertà personale, e ci ponemmo il problema di come prevedere le audizioni e tutta l'attività istruttoria consustanziale alla Commissione antimafia, senza prevedere altresì la possibilità di accompagnamento coattivo e, quindi, inserimmo tale dizione nella norma. Nella stessa norma inserimmo anche l'impossibilità di intervenire sull'intercettazione di comunicazioni, ritenendo che la frase comprendesse anche l'intercettazione di corrispondenza. Il Senato ha voluto, e questa è la ragione per la quale siamo in quest'aula a discutere, ripristinare la formula che aveva inserito in seconda lettura e richiamarsi alla formula costituzionale, ossia all'impossibilità di andare a toccare la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. Ho descritto ciò per dire che i quattro passaggi parlamentari non sono stati inutili, ma soprattutto non sono stati fatti, in qualche modo, perPag. 48volontà di perdere tempo, per ostruzionismo o per uso «calligrafico» della norma. Sono stati compiuti perché dietro certe frasi e dietro certe parole sembravano esservi logiche che non erano ben comprese dall'altro ramo del Parlamento. Questo ramo del Parlamento non ha ritenuto del tutto congrue alcune parole inserite dall'altro ramo, ma oggi finalmente ci troviamo ad esaminare un testo del tutto condiviso, al punto che i senatori hanno chiesto ed ottenuto la sede deliberante ed hanno deciso in tale sede, sede che noi non abbiamo concesso, per la ragione che ha menzionato l'onorevole Santelli, ossia per un'esclusiva ragione di principio, poiché riteniamo che le Commissioni di inchiesta debbano comunque essere istituite attraverso provvedimenti esaminati dall'Assemblea. Abbiamo fatto tutto il possibile, comunque, perché la discussione fosse rapida e, soprattutto, la fissazione fosse immediata, e di ciò ringraziamo la Presidenza della Camera, proprio per aver fatto sì che il provvedimento giungesse rapidamente all'esame dell'Assemblea. Esprimiamo quindi soddisfazione per il lavoro compiuto.
Vi sarebbero altri passaggi sui quali soffermarsi. Ho toccato i due che mi sembrano più importanti; ve ne è un terzo, sulla durata del segreto istruttorio, anch'esso estremamente importante e sul quale vi è stata discussione. Il Senato avrebbe voluto il rispetto di termini più brevi da parte del giudice. Noi abbiamo ritenuto che fosse importante rispettare il termine delle indagini preliminari, soprattutto nei processi di mafia, un termine lungo (come è noto, è di 24 mesi). Abbiamo, tuttavia, ritenuto che, nel bilanciamento delle diverse esigenze, un giudice che fondatamente ritiene di non dare comunicazione alla Commissione antimafia, perché altrettanto fondatamente ritiene di dover tutelare un segreto istruttorio in fatti di mafia, debba avere ragione.
Di ciò il Senato ci ha dato atto, riconoscendo che era fondata la nostra preoccupazione; dunque, avendo la Commissione antimafia, nella sua esperienza, sempre ottenuto la collaborazione della magistratura, non era il caso di ritenere che quest'ultima non vi sarebbe più stata. Quindi, condivisa la nostra preoccupazione, il Senato ha ritirato una proposta emendativa sulla cui approvazione sembrava fossero d'accordo le parti politiche; proposta che conseguentemente avrebbe potuto essere oggetto della nostra odierna discussione. Invece, l'unica modifica apportata è quella della quale ora stiamo discutendo e sulla cui approvazione definitiva siamo favorevoli.
Per concludere, vorrei riferirmi con un'ultima considerazione all'intenso lavoro svolto tra venerdì e sabato nelle Commissioni affari costituzionali riunite di Camera e Senato; si è cominciato a «lavorare» sulla Costituzione, sul Titolo V, ma quando si riflette su una parte della nostra Carta si finisce per impegnarsi sulla Costituzione. Ebbene, abbiamo la prova, da questi vari passaggi parlamentari, che il bicameralismo non è il peggiore di tutti i mali e che probabilmente, se questa legge fosse stata elaborata dalla sola Camera dei deputati senza l'apporto del Senato, essa sarebbe stata peggiore di quanto non lo sia nel testo che approveremo domani con il voto favorevole di Forza Italia.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle modifiche introdotte dal Senato.