Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
(Questioni interpretative riguardanti la legge sull'ordinamento della professione di giornalista - n. 3-00345)
PRESIDENTE. L'onorevole Catone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00345 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6).
GIAMPIERO CATONE. Signor ministro, nello scorso mese di settembre, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha emesso una sentenza che verte sul principio della nullità del contratto di lavoro giornalistico stipulato con giornalisti all'epoca non professionisti, ma pubblicisti. Questa giurisprudenza produrrà effetti nei confronti di una parte dei giornalisti che, dopo anni di precariato, avevano chiesto una sanatoria delle loro posizioni, soprattutto in riferimento allo svolgimento di fatto, per dieci anni, del tirocinio giornalistico, fin qui ritenuto valido anche in assenza dell'iscrizione formale nel registro dei praticanti. Si apre, quindi, un problema riguardante i poteri attribuiti dalla legge agli ordini professionali e, soprattutto, viene meno l'unicità di un albo distinto in due elenchi, come hanno avuto modo di sottolineare i vertici degli ordini regionali riuniti nei giorni scorsi a Jesi. La legge n. 69 del 1963 sull'ordinamento della professione di giornalista prevede un unico albo professionale dei giornalisti, ripartito in due elenchi, uno dei professionisti, l'altro dei pubblicisti. Vorrei sapere, signor ministro, se non ritenga opportuno adottare iniziative normative volte a fornire un'interpretazione autentica della legge professionale.
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. In conseguenza della recente pronuncia della suprema Corte di Cassazione, in materia di nullità del contratto di lavoro giornalistico stipulato con giornalisti non professionisti ma pubblicisti, devo sottolineare che l'ambito applicativo della sentenza non riguarda tutti i rapporti di lavoro giornalistico, ma soltanto il rapporto di lavoro giornalistico di redattore ordinario. A parere della Corte, infatti, per l'esercizio di lavoro giornalistico di redattore ordinario, di chi quindi si applica alla macchina quotidianamente, stabilmente inserito nell'ambito dell'organizzazione editoriale o radiotelevisiva, con un'attività caratterizzata dall'autonomia delle prestazioni, non limitata - dice sempre la sentenza della Corte - alla mera trasmissione di notizie, ma estesa all'elaborazione, analisi e valutazione delle stesse, è necessaria l'iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti e non è idonea ad integrare detto requisito l'iscrizione nel diverso albo deiPag. 53giornalisti pubblicisti. Questo è quanto prevede la sentenza. Appare evidente che questa sentenza, adoperando le espressioni «albo dei giornalisti professionisti» e «albo dei giornalisti pubblicisti» intende riferirsi in sostanza al diverso status di giornalista professionista e di giornalista pubblicista. Non sussiste, pertanto, il rischio che tale pronuncia possa far venir meno il principio dell'unitarietà dell'albo dei giornalisti, sancito dalla legge professionale del 1963.
Quanto ai richiesti interventi normativi - devo dire che i richiami valgono per il Governo, ma anche lei, onorevole, o altri in quest'aula, hanno la possibilità di presentare testi modificativi della disciplina vigente - mi riservo di intraprendere iniziative al riguardo, dopo un confronto che avrò, come già ho fatto precedentemente, con i rappresentanti dell'Ordine nazionale dei giornalisti.
PRESIDENTE. L'onorevole Catone ha facoltà di replicare.
Le ricordo che lei ha a sua disposizione due minuti di tempo.
GIAMPIERO CATONE. Signor ministro, prendo atto della sua risposta e mi ritengo parzialmente soddisfatto.
Lei conosce bene i diritti insopprimibili dei giornalisti, quali la libertà d'informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui, e dal loro obbligo inderogabile del rispetto della verità sostanziale dei fatti.
Se comunque si dovesse dare seguito alla decisione della Corte di Cassazione, senza che il Parlamento intervenga, almeno con un provvedimento legislativo - ma mi pare che lei abbia già pensato a questo -, si produrrebbero effetti abbastanza disastrosi, quali il rischio di licenziamento di circa 500 giornalisti, così come risulta da una prima stima fatta dai consigli regionali degli Ordini dei giornalisti.
Un secondo problema è quello di far venir meno il ruolo degli stessi ordini professionali e dei loro albi, intervenendo nella normativa con sentenza della Cassazione.
Signor ministro, colgo inoltre l'occasione per rilanciarle un forte appello per il rinnovo del contratto dei giornalisti, oramai scaduto da due anni, e che non è più possibile procrastinare, soprattutto alla luce del forte richiamo rivoltoci anche dal Capo dello Stato.