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Si riprende la discussione.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1780)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, come già esposto in sede di discussione sulle linee generali, il gruppo parlamentare rappresentato in questo momento da chi vi parla avrebbe ritenuto opportuno che, anziché ad una sospensione della riforma varata in tema di ordinamento giudiziario dal precedente Governo Berlusconi, si procedesse all'integrale abrogazione della stessa.
Infatti, stante il carattere punitivo nei confronti della categoria dei magistrati della normativa in esame, un'integrale abrogazione della stessa avrebbe consentito, da una parte, di porre immediato rimedio agli effetti sfavorevoli di una riforma, come già detto, vessatoria ed espressione di evidenti interessi di parte e, dall'altra, di dare vita ad un ampio dibattito in seno al Parlamento...
PRESIDENTE. Inviterei l'Assemblea ad un comportamento che consenta di ascoltare gli interventi: dopo questa discussione, mi parrebbe il minimo.
SILVIO CRAPOLICCHIO. ... in ordine ad una materia così strategica e complessa come quella della riforma dell'ordinamento giudiziario.
Pur tenendo conto di tali riserve, tuttavia, riteniamo che il quadro derivante dall'approvazione del disegno di legge ad opera del Senato della Repubblica sia comunque da considerarsi positivo.
In primo luogo, concordiamo con l'indirizzo espresso dal Senato in relazione alla disciplina di cui al decreto legislativo n. 160 del 2006 e, dunque, con la sospensione dell'efficacia di tutte le disposizioni dello stesso sino alla data del 31 luglio 2007. In tale contesto, infatti, l'entrata in vigore della riforma, visto l'intento punitivo che l'animava, avrebbe recato immediatamente irreversibili e immodificabili effetti pregiudizievoli per la categoria dei magistrati sotto tutti i profili analiticamente esaminati in sede di discussione sulle linee generali. Riteniamo, pertanto, che la scelta dell'integrale sospensione del decreto legislativo n. 160 del 2006 debba essere condivisa.
Nel medesimo contesto, concordiamo altresì con le ulteriori modifiche apportate dal Senato della Repubblica al testo dei due ulteriori decreti legislativi emanati dal precedente Governo in tema di ordinamento giudiziario, ovvero i decreti legislativi n. 106 e n. 109, entrambi del 2006. In relazione al primo dei due provvedimenti legislativi, apprezziamo le modifiche apportate dal Senato della Repubblica al fine di porre rimedio al pericolo derivante da una forte e rigorosa gerarchizzazione dei rapporti all'interno dell'ufficio del pubblico ministero, voluta proprio dal decreto legislativo n. 106.
Condividiamo altresì le rilevanti modifiche apportate al decreto legislativo n. 109, visto che proprio nella materia disciplinata da tale provvedimento si erano manifestati in modo più eclatante gli intenti punitivi del precedente Governo nei confronti dei magistrati. In tale contesto, concordiamo dunque appieno con le opportune modifiche approvate, onde circoscrivere quanto più dettagliatamente possibile le fattispecie di illecito disciplinare previste dalla precedente normativa, al fine di ovviare ad insidiose disposizioni normative dal carattere volutamente generico ed aperto, e come tali suscettibili diPag. 118applicazione anche arbitraria a danno dei magistrati. A tale proposito - ma gli esempi potrebbero essere innumerevoli -, si riconsiderano ancora una volta disposizioni come quella che stabiliva il generico divieto per il magistrato di tenere, anche fuori dall'esercizio delle proprie funzioni, comportamenti ancorché legittimi che potessero compromettere la credibilità personale, il prestigio, il decoro del magistrato o il prestigio dell'istituzione giudiziaria oppure quella che qualificava come illecito disciplinare il rilasciare dichiarazioni ed interviste in violazione dei criteri di equilibrio e misura.
È indubbio che, a fronte del tenore restrittivo ed insidioso delle suddette disposizioni, l'abrogazione o la ponderata sostituzione delle stesse non può che essere pienamente condivisa, così come devono essere senz'altro condivise le ulteriori positive modifiche analiticamente affrontate in sede di discussione sulle linee generali. Ciò premesso, tralasciando di menzionare gli ulteriori interventi che per l'eccessivo tecnicismo e la limitata portata innovativa appaiono correttamente finalizzati ad armonizzare le modifiche di principio apportate dal Senato della Repubblica alle previgenti disposizioni, sembra potersi concludere che il disegno di legge approvato dal Senato della Repubblica rappresenta comunque un fatto per molti versi positivo per il paese. Se infatti è vero che il carattere strategico, la complessità e la delicatezza della materia dell'ordinamento giudiziario avrebbero richiesto e meritato una più attenta valutazione di tutti i presupposti, ivi comprese le esigenze del mondo forense, onde dare vita, a seguito dell'integrale abrogazione di tutti i decreti legislativi in tale contesto posti in essere dal precedente Governo Berlusconi, ad un'ampia e ponderata riforma, è tuttavia altrettanto vero che, per il momento, l'integrale sospensione del decreto legislativo n. 160 e le rilevanti modifiche apportate agli ulteriori decreti legislativi n. 106 e n. 109 del 2006, con la previsione peraltro di specifiche disposizioni transitorie, rappresentano comunque un apprezzabile miglioramento rispetto alla situazione lasciata in eredità dal precedente Governo.
Per le suesposte ragioni, dunque, e in attesa di un'auspicabile e più ampia e armoniosa riforma della materia dell'ordinamento giudiziario, il gruppo dei Comunisti Italiani della Camera dei deputati preannuncia un voto favorevole sul disegno di legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mazzoni. Ne ha facoltà.
ERMINIA MAZZONI. Vorrei brevemente rappresentare la posizione del gruppo al quale appartengo, anche se credo che essa sia emersa dagli interventi che ho sviluppato in quest'aula nel corso dell'esame del provvedimento. Partirei citando l'esordio della relazione dell'onorevole Palomba, che giustamente fa riferimento alla magistratura, che costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, e che cita l'articolo 104 della Costituzione. Allo stesso modo, vorrei anch'io citare un articolo della Costituzione, l'articolo 67, che dice che ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. L'articolo 67, allo stesso modo dell'articolo citato per la magistratura all'inizio della sua relazione dal collega Palomba, individua delle caratteristiche particolari nel parlamentare, cioè nel componente delle due Camere del Parlamento: esso attribuisce allo stesso delle caratteristiche molto significative.
Così come l'onorevole Palomba nella sua relazione su questo disegno di legge cercava di invitare l'Assemblea a ragionare, per costruire attraverso il disegno di legge un ulteriore tassello che ci portasse ad essere buoni attuatori delle indicazioni del nostro costituente, allo stesso modo noi ci siamo permessi in quest'aula, rispetto al mandato che ciascuno di noi ha, con la nostra iniziativa, le nostre proposte emendative, i nostri rilievi - a volte anche con qualche tono indubbiamente un po' più forte, tentando solo di farci ascolta- re -,Pag. 119di cercare di raggiungere anche noi l'obiettivo del rispetto della Costituzione: cioè che ciascuno di noi potesse esercitare la sua funzione altissima all'interno di quest'aula senza vincolo, senza condizionamento, libero, come rappresentante di interessi collettivi e degli interessi della comunità.
La legge è fatta per regolare i rapporti civili tra i cittadini, la legge deve essere uguale per tutti. Conosciamo tutti i principi che ispirano le leggi che siamo chiamati ad approvare, eppure spesso restringiamo questi principi fino ad ignorarli. Ciò è accaduto all'interno di quest'aula, come dimostrato dal silenzio della maggioranza e del Governo che ha accompagnato i rilievi svolti da un'opposizione molto corretta, che momento per momento ha spiegato elementi anche tecnici e che con i suoi emendamenti ha cercato di sollecitare una riflessione, che purtroppo non si è realizzata.
Tale silenzio si è registrato anche a fronte della richiesta del collega Vito, sulla quale - come immaginavo - il Presidente non è stato magnanimo. Tra l'altro, la previsione di altre due ore di discussione considerava anche interventi da parte di esponenti della maggioranza, che tuttavia - probabilmente perché non hanno alcun interesse alle questioni della giustizia e quindi alle sorti dei cittadini che tanto vengono penalizzati dall'incapacità della giustizia di essere efficace - in gran parte hanno taciuto, avendo difficoltà ad esprimere una posizione, in quanto concordi nel ritenere questo testo un insieme arrangiato di previsioni normative che alla fine realizzano un obbrobrio giuridico. Altri hanno taciuto perché non condividono l'incapacità di questo Governo di assumere una posizione, nascondendosi dietro una sospensione.
Vorrei essere al 31 luglio 2007 per vedere cosa presenterà il Governo. Probabilmente, proporrà un altro rinvio, così cominceremo con i provvedimenti di proroga delle proroghe, come avviene in settori un po' delicati quando il Governo non ha la forza e la volontà di assumere le decisioni necessarie per consentire al nostro sistema di operare una svolta!
Quindi, il nostro voto sul provvedimento in esame sarà contrario, per motivazioni di carattere politico, di carattere testuale e normativo, che attengono all'impropria e approssimativa tecnica legislativa utilizzata, ma soprattutto per motivazioni di merito.
Infatti, abbiamo condiviso la riforma dell'ordinamento giudiziario, pur formulando obiezioni ed osservazioni. Abbiamo condiviso l'importanza di un lavoro finalmente organico, di riordino della magistratura, un organismo che avrebbe il dovere, nella sua autonomia ed indipendenza, di svolgere una delle funzioni essenziali del nostro sistema, da cui dipendono tanti destini.
È una funzione che dovrebbe essere autonoma, indipendente, imparziale e giusta, perché serve proprio a fare giustizia. Invece, non è autonoma la funzione in quanto vi è il condizionamento delle correnti all'interno della magistratura, non è indipendente perché dipende da queste relazioni, molto spesso non è imparziale per motivazioni particolari e perché vi è un sistema che non consente al magistrato di essere e di apparire imparziale.
A tutto ciò abbiamo cercato di porre rimedio approntando una riforma «coraggiosa» e il coraggio che abbiamo dimostrato non è attenuato dal laborioso cammino che l'ha accompagnata, anzi, è ancora più rafforzato, a differenza di quanto sta avvenendo in Assemblea e di quanto propone il Governo attuale. I tanti punti di revisione e di aggiustamento rappresentano il momento in cui rafforzavamo e confermavamo la nostra determinazione a voler portare a termine ciò che il paese chiede da più di cinquant'anni, qualcosa di fondamentale.
Abbiamo praticato, in tutti i modi, la cosiddetta concertazione. Presidente Bertinotti, lei sa bene di cosa si parla: concertare vuol dire dialogare, ascoltare e, in relazione all'ascolto, produrre un risultato. Nella riforma, come dimostra ciò che stiamo facendo oggi, vi è moltissimo diPag. 120quanto abbiamo ascoltato da magistrati, avvocati ed altre categorie. Vi è anche la sensibilità politica di quella che, all'epoca, era l'opposizione, una sensibilità politica che abbiamo intercettato, e coloro che erano presenti nella passata legislatura dovrebbero avere il coraggio di confermarlo, ma non possono, per dovere di appartenenza.
Abbiamo scritto una riforma che, oggi, non viene, non può essere cassata in maniera così brutale dalla maggioranza attuale.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ERMINIA MAZZONI. Di quella riforma è stralciata solo la parte che attiene allo status fondamentale del magistrato, la possibilità di non essere intaccato nello svolgimento delle funzioni e, quindi, di conservare l'organizzazione processuale, in cui le parti non hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Ciò è quanto il Governo attuale ritiene di dover conservare, cioè il fatto che il cittadino presente in un'aula giudiziaria non ha gli stessi diritti, ma solo i doveri dell'altra parte processuale, il pubblico ministero.
PRESIDENTE. La prego...
ERMINIA MAZZONI. Voteremo contro per queste motivazioni e per le altre che non riesco ad illustrare a causa dei suoi continui richiami (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Mi scusi, ma è mio dovere.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Bongiorno. Ne ha facoltà.
GIULIA BONGIORNO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio intervento è rivolto soprattutto a dimostrare che il disegno di legge, rispetto al quale Alleanza Nazionale voterà contro, è un provvedimento che si inquadra armonicamente in una strategia che non condividiamo, cioè la strategia del rinvio, della sospensione, del differimento.
Questo disegno di legge, il cui titolo mi sembra assolutamente eloquente, si inquadra armonicamente in questa strategia. Non è il primo provvedimento di questo Governo che si inquadra nella strategia del rinvio perché gli unici due interventi di rilevanza fatti da questo Esecutivo in materia di giustizia si inseriscono entrambi in questa strategia. In particolare, se ci dovessimo chiedere cosa hanno in comune gli unici due interventi del Governo in materia di giustizia, potremmo dire che entrambi sono diretti a rinviare sine die problemi enormi. I due provvedimenti adottati finora dal Governo, di cui il primo riguarda l'indulto hanno un comune denominatore: voler risolvere nell'immediatezza un problema che non si riesce ad affrontare, semplicemente rinviandolo.
Come sappiamo, infatti, l'esito dell'indulto è stato disastroso ed ormai quasi tutti ne sono convinti. Stante il limitato tempo che ho a disposizione, ovviamente non posso illustrare appieno perché siamo contrari alla strategia del rinvio. Credo che si sia verificato un fatto abbastanza grave: non ci si è resi conto che con la strategia del differimento, di fatto, si sta abdicando a quello che dovrebbe essere il ruolo del Governo. Un'abdicazione che risulta assolutamente evidente, visto che di fronte a questi interventi omissivi, la magistratura sta addirittura prendendo il posto che dovrebbe avere il Governo. Cosa intendo dire? Non sto contestando la magistratura, sto dicendo che alcuni magistratiPag. 121sono costretti a fare ciò che non fa il Governo. Intendo, in particolare, richiamare quello che già questa mattina ho definito la cosiddetta amnistia «a chiazze». Credo che sia un fatto gravissimo - un fatto di cui, forse, non ci si è resi conto - che in questo paese sia stata già approvata da alcuni uffici giudiziari un'amnistia a «chiazze»: alcuni uffici giudiziari, infatti, hanno stabilito nell'impossibilità di trattare tutti i processi, di posticipare quelli riferiti a reati coperti dall'indulto. La conseguenza di tutto ciò è che, ovviamente, alcuni processi non saranno mai fatti, il che non sarebbe tanto grave se non fosse che - visto che si tratta di provvedimenti «a chiazze» e, quindi, presi per unità territoriali - l'amnistia ci sarà in certe città e non in altre.
Per quanto riguarda il merito del provvedimento, in questo quadro di ritardi e di omissioni ciò che viene proposto è una sospensione; ecco perché ci opponiamo anche per il metodo. In questo contesto il metodo della sospensione non può assolutamente essere accolto. Personalmente, non sono mai stata particolarmente «tenera» con questa riforma perché alcuni suoi aspetti potevano sicuramente essere migliorati, ma, se non ero entusiasta, onestamente resto allibita da un disegno di legge che ne propone la sospensione. Nel paese si stanno facendo amnistie a «chiazze di leopardo» in assenza di provvedimenti del Governo, e si opta per la scelta del differimento dei problemi, con questo provvedimento che si intitola «sospensione», sul quale certamente esprimeremo un voto contrario. Vorrei, infine, richiamare alla vostra attenzione un dato: a nostro avviso, il punto essenziale di questo provvedimento era la parte in cui si ravvisava un'apertura sulla separazione tra magistratura giudicante e inquirente; ebbene, proprio su questo punto si è stabilito di rinviare. Noi non crediamo che si tratti di un rinvio perché non capiamo come, in pochi mesi, si possa realizzare quello che non è stato fatto per anni.
Voglio precisare ancora che si tratta di un rinvio che non registra il favore di alcun ambito; infatti, in Commissione, abbiamo ascoltato gli interventi dei rappresentanti dell'Unione delle camere penali italiane e dell'Associazione nazionale magistrati: la prima chiedeva la separazione delle carriere mentre l'ANM, addirittura, si è dichiarata aperta all'ipotesi dell'incompatibilità territoriale.
La riforma Castelli proponeva una soluzione che avrebbe ottenuto un risultato minimo, la separazione delle funzioni; oggi, cosa propone questo provvedimento legislativo? Propone di sospendere persino la separazione delle funzioni; pertanto, va contro quanto richiesto dalla riforma Castelli, dall'Unione delle camere penali e dalla stessa Associazione nazionale magistrati. Dunque, mi domando se quanti voteranno a favore della sospensione della detta separazione delle funzioni siano consapevoli del fatto che si sta sospendendo una normativa senza incontrare il favore di alcun settore. Ecco perché sostengo che con questa sospensione si sta cristallizzando una situazione che davvero non giova ad alcuno e che sicuramente non verrà risolta da ora a luglio. Pertanto, ritengo che l'unica vera soluzione consisterà nella circostanza che, per i disastri in cui attualmente versa la giustizia, probabilmente non si arriverà a luglio.
Per tali ragioni, annuncio il voto contrario di Alleanza Nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, intervengo per annunciare che la Lega Nord Padania voterà contro questo provvedimento legislativo di sospensione della riforma dell'ordinamento giudiziario. Lo farà con rammarico, con sconcerto e con la consapevolezza che con tale rinvio sarà difficile riprendere, in termini di serenità e di confronto, lo spirito riformatore che dovrebbe animare questo Parlamento quando si discute di questioni importanti e di un argomento così delicato quale quello della giustizia. Sicuramente, il congelamento di questo decreto legislativoPag. 122attuativo, in modo particolare della separazione delle funzioni, dell'accesso e della progressione in carriera dei magistrati, è un inaccettabile passo indietro; è un forte condizionamento. È il frutto, anzi, di un forte condizionamento - vorrei utilizzare anche la parola: «ricatto» - di soggetti che non sono presenti all'interno delle aule parlamentari ma che, purtroppo, ne condizionano fortemente, in modo così chiaro e palese, l'operato. Un passo indietro che non può essere giustificato da motivi logici ed oggettivi ma solo da motivazioni ideologiche, che sicuramente appariranno in modo più chiaro nei prossimi mesi. Mi domando ancora - anche se siamo in fase di dichiarazioni di voto finale, ma non ci sono state date risposte chiare né dal relatore né dal Governo - come mai, anche sulle questioni della separazione delle funzioni e della progressione in carriera dei magistrati, non ci si sia voluti confrontare. Qual era il motivo della fretta di dover giungere necessariamente al congelamento di questa riforma? Abbiamo visto come la data del 28 ottobre sia stata considerata a mo' di argomentazione, ma in modo meramente pretestuoso, considerato che già il Consiglio superiore della magistratura aveva invitato i magistrati a scegliere quale funzione intendessero svolgere. Dunque, ci chiediamo a chi giovi tale sospensione; sicuramente, non a questo Parlamento, che, ancora una volta, con questo atteggiamento, rinuncia ad una parte fondamentale della sua autonomia.
Ebbene, noi, nella passata legislatura, abbiamo affrontato il tema della riforma dell'ordinamento giudiziario con la consapevolezza che non si poteva sperare di migliorare il nostro sistema giustizia - la giustizia che offriamo agli utenti, che poi sono i cittadini e sono stati il faro del nostro intento riformatore - se non si fosse partiti dalla base di tutte le riforme e, quindi, dalla legge sull'ordinamento giudiziario con la definizione dello status di giudici e pubblici ministeri.
Noi abbiamo agito cercando di ascoltare tutti; sono stati ricordati innumerevoli passaggi parlamentari. Eppure, abbiamo subito un atteggiamento di «muro contro muro», non si è voluto il confronto, non l'ha voluto l'Associazione nazionale magistrati, non l'hanno voluto le forze politiche che oggi sono maggioranza e che allora erano opposizione in questo Parlamento.
Forse anche allora non erano liberi da condizionamenti e i «no» erano magari dettati dalla partecipazione alle assemblee nazionali dei magistrati in sciopero e dei movimenti «girotondini». Oggi tale condizionamento si manifesta in modo chiaro, con la volontà di non confrontarsi ad ampio raggio e di non apportare modifiche formali assolutamente necessarie per correggere alcuni errori. Si è invece animati dalla fretta perché non si può aspettare e bisogna rispondere a qualcuno non presente in quest'aula, diverso dai cittadini che ci hanno investito del mandato parlamentare. È qualcuno che siede altrove, ma è molto interessato a questa riforma perché è investito in modo diretto dai cambiamenti da essa introdotti.
Il ministro Mastella e questa maggioranza di Governo erano partiti con la volontà di azzerare la riforma. In Senato, anche grazie all'atteggiamento responsabile dell'opposizione, si è riusciti ad evitare il congelamento di due decreti e sono state apportate delle modifiche. Abbiamo partecipato a configurare tali modifiche con atteggiamento costruttivo, trovando condivisione in molti aspetti della nostra riforma. Abbiamo ascoltato affermazioni riguardo la giustezza di alcuni princìpi e di alcuni aspetti fondamentali, eventualità che almeno a me, che avevo partecipato alle discussioni svolte nel corso della passata legislatura, sembrava insperata. Allora gridavate allo scandalo quando si parlava di riorganizzazione dell'ufficio delle procure; adesso il decreto attuativo, anche se con qualche modifica, è stato invece approvato. Stesso discorso vale per l'azione disciplinare e la tipizzazione degli illeciti disciplinari; vi era stato uno scontro molto aspro, ma anche in questo caso si andrà avanti sulla via tracciata dalla riforma Castelli.
Certo, forse al Senato siamo stati buoni. Forse è vero, infatti, che l'impiantoPag. 123non è stato stravolto e che i due decreti legislativi restano in piedi; tuttavia, le modifiche apportate li hanno in qualche modo depotenziati. Si è parlato di possibili scorciatoie o di escamotage per scampare all'azione disciplinare; mi riferisco all'eventualità che il fatto deve avere una certa rilevanza e ai dubbi emersi durante la nostra discussione.
Quello su cui ci siamo scontrati ancora una volta è stata la chiusura totale ad affrontare il tema della separazione delle funzioni e della progressione in carriera dei magistrati.
Nel pomeriggio di oggi ha prevalso la fretta di approvare il disegno di legge; i colleghi della maggioranza non sono neppure intervenuti. Stiamo parlando dell'ordinamento giudiziario, eppure non abbiamo assistito ad alcun intervento autorevole da parte dei colleghi della maggioranza. Forse eravate condizionati, forse vi hanno messo il silenziatore o forse imbarazzati, ricordando ancora una volta il palese errore riguardo ai ricorsi avverso i provvedimenti disciplinari. Avete preferito tacere in un silenzio imbarazzante, rinviando all'interprete, secondo alcuni di voi, o addirittura alla lettera della legge, come affermato dal Governo.
Il Presidente della Camera non aveva la possibilità di concedermi il tempo necessario, ma voglio comunque ribadire al rappresentante del Governo che il Senato voleva che l'errore fosse corretto. I presidenti di gruppo sono stati contattati ed avevano dato il loro assenso a farlo attraverso il drafting legislativo. La Camera, invece, è andata in direzione diversa, non si sa perché. Pertanto, consegniamo ai cittadini un provvedimento sbagliato contenente un errore palese. È davvero indecoroso rispetto al ruolo svolto da tutti noi. Ma che legislatori siamo? Siamo davvero degli «azzeccagarbugli» e dei legislatori pasticcioni! Allora fanno bene i cittadini a criticarci ed a metterci in ridicolo, non solo riguardo alla vicenda de Le Iene, ma anche per fatti gravi come questi, dove si riconosce l'errore, ma si fa finta che non ci sia, tra il silenzio imbarazzante di tutti.
Noi temiamo che questo differimento sarà una pietra tombale della riforma dell'ordinamento giudiziario su un aspetto che, viceversa, è fondamentale. Non si minaccia l'indipendenza dei magistrati parlando di separazione delle funzioni: che sia invece una separazione seria! Il gruppo della Lega Nord non ha paura di parlare addirittura di separazione delle carriere.
Questo non è un vulnus al nostro sistema democratico, ma vuol dire realizzare veramente il principio del giusto processo, la parità tra accusa e difesa, la terzietà del giudice. Questa è una garanzia per i cittadini, che sono il faro della nostra azione legislativa, o almeno dovrebbero esserlo. È inaccettabile la convinzione che qualcuno vorrebbe condizionare i magistrati; noi non abbiamo mai avuto tale intento: almeno questo deve essere riconosciuto.
Ormai è chiaro che qualcosa non va per quanto riguarda la progressione in carriera dei magistrati. I cittadini si trovano di fronte ad errori giudiziari enormi e si chiedono perché non si intervenga con l'azione disciplinare, perché non si radii il magistrato colpevole e invece gli si consenta di proseguire nella carriera. Ricordo ancora come durante lo svolgimento di un'interrogazione urgente abbiamo discusso con il ministro Mastella di un magistrato che si è dimenticato di depositare una sentenza e per tale dimenticanza probabilmente un mafioso ergastolano verrà rimesso in libertà il 3 novembre. Quel magistrato che fine dovrà fare? Certo per i cittadini, e non per la Casa delle libertà, che magari pensa alla magistratura come ad una casta intoccabile, quel magistrato dovrebbe cessare dalle proprie funzioni.
Riteniamo che si sia persa un'occasione e confermiamo la nostra contrarietà a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buemi. Ne ha facoltà.
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ENRICO BUEMI. I deputati de La Rosa nel Pugno voteranno a favore di questo provvedimento di legge per ragioni di disciplina di coalizione, non certo per condivisione del contenuto. La sospensione del decreto delegato n. 160 del 5 aprile 2006, che prevede l'attuazione della separazione delle funzioni, rappresentava un punto minimo di partenza in un processo di cambiamento dell'attuale ordinamento giudiziario che poteva, in qualche misura, avvicinarci al principio costituzionale dell'articolo 111.
Radicali e socialisti da sempre ritengono che non vi sarà attuazione dell'articolo 111 della Costituzione sul giusto processo, se non si realizzerà in maniera compiuta la separazione effettiva delle carriere tra pubblico ministero e giudici. La terzietà del giudice non può avere compromessi che fanno perdere la sua autonomia e vengono meno a un'impostazione assolutamente equidistante tra accusa e difesa. Le ragioni di questa nostra insoddisfazione sono evidenti: invece di modificare una legge certamente inadeguata e piena di contraddizioni, si è preferito sospenderne l'attuazione riportando l'orologio all'indietro.
Ricordo anche ai colleghi dell'opposizione che le responsabilità di questa situazione sono in primo luogo in capo a coloro che, avendo numeri importanti e una grande maggioranza e avendo governato per cinque anni, non sono stati in grado di introdurre un principio fondamentale in un ordinamento giudiziario moderno e di cultura europea.
Ai colleghi della maggioranza dico con molta chiarezza che non saremo disponibili a proroghe future e oggi dichiariamo la nostra piena disponibilità ad un confronto che deve vedere maggioranza ed opposizione riesaminare le questioni che oggi abbiamo lasciato aperte, ma che devono trovare una loro giusta composizione all'interno del tempo stabilito con questo provvedimento. Contiamo sull'apporto di tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione, ma anche del Governo, delle associazioni e della cultura diffusa in materia giuridica che esiste nel nostro paese. Riteniamo, però, che questo debba avvenire senza pregiudizi, ma anche senza condizionamenti esterni di qualsiasi tipo, dovendo avere come unico riferimento gli interessi generali del paese ed, in particolare, l'obiettivo di realizzare un sistema giudiziario che preveda l'applicazione di una giustizia giusta (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nardi. Ne ha facoltà.
MASSIMO NARDI. Signor Presidente, ci stiamo preparando a votare la sospensione di quella che è stata definita da molti la «riforma Castelli», la riforma dell'ordinamento giudiziario. Nell'accingerci ad esprimere il voto finale su tale provvedimento, dovremmo chiederci, in maniera significativa, cosa rappresenti la giustizia per il nostro popolo, cosa si aspetti il cittadino dalla giustizia italiana. Ebbene, io credo che la prima cosa che ognuno si aspetta, compreso il cittadino italiano, è di poter avere fiducia nella giustizia. Invece, più di un collega ha ricordato, oggi, che soltanto il 30 per cento dei nostri cittadini pensa sia possibile avere una giustizia giusta.
Cos'abbiamo fatto noi rispetto ad una preoccupazione che diventa elemento fondamentale per la convivenza civile? Proviamo soltanto ad immaginare cosa determina l'insicurezza nei confronti della giustizia. Determina scarsa attenzione verso i problemi che quotidianamente sono affrontati dalla gente per strada. Si viene indotti a pensare che qualunque iniziativa assumano, ad esempio, la Polizia i carabinieri, il risultato sarà sempre poco significativo. Se si ha la convinzione che la giustizia non porta da nessuna parte, che riserva soltanto una perdita di tempo, ecco che la fiducia nello Stato cade, ecco che la fiducia nelle forze dell'ordine nella capacità e nella possibilità dello Stato di dare risposte giuste viene meno completamente.
Noi cos'abbiamo fatto (mi riferisco a noi parlamentari di oggi, ma anche a quelli di ieri ed alle forze politiche chePag. 125hanno espresso i loro giudizi in tutti questi anni)? Noi ci siamo divisi tra chi voleva sostenere i magistrati e chi, in qualche modo, voleva - così si pensava - accusarli. Abbiamo spiegato all'opinione pubblica che, da una parte, c'erano quelli che difendevano la magistratura e, dall'altra, quelli che la condannavano. Non era questo! Non poteva essere questo!
A volte, onestamente, alcuni giudizi ci lasciano un po' perplessi. Tuttavia, per quanto mi riguarda, sono sempre pronto ad accettare il giudizio di un magistrato. Quello che non sono pronto ad accettare è che il giudizio non abbia una sua validità, una sua certezza. Ma ditemi, colleghi: c'è certezza in un processo che dura dieci anni? C'è certezza per un imputato che va da un'aula giudiziaria all'altra senza sapere mai cosa succederà, se non dopo che sarà passato un tempo incredibile dal momento in cui è stato rinviato a giudizio? C'è certezza del diritto quando, come ricordava la deputata Lussana, un magistrato dimentica di depositare una sentenza e, in conseguenza di tale dimenticanza, un ergastolano esce di galera? C'è certezza quando, di fatto, la magistratura arranca, perché non è in grado di dare risposte attive alle emergenze che si devono affrontare, quali la mancanza di carta, di fotocopiatrici e di strutture minimali?
Rispetto a tutto questo, cos'ha fatto il centrodestra nella passata legislatura? Cos'ha fatto la riforma Castelli? Ha ipotizzato e proposto alcune soluzioni. Dovete ammettere, colleghi della maggioranza, che non si deve trattare di soluzioni del tutto peregrine: mi pare di capire, infatti, almeno da quanto è emerso anche in questo dibattito, che il 70 o l'80 per cento di ciò che è stato proposto da quella riforma voi lo considerate valido. Anzi, nei pochissimi interventi che avete svolto, avete ammesso che nell'insieme degli interventi che hanno dato vita alla riforma Castelli è stata accolta la stragrande maggioranza delle osservazioni e delle proposte che erano state formulate.
Allora, c'è da capire che cosa ci abbia divisi e cosa continui a dividerci ancora. Cosa vi ha impedito - con una chiusura che oggettivamente grida vendetta - di accettare una correzione tecnica? La paura, la preoccupazione che non si potesse bloccare in maniera indefinita la riforma e che, tornando al Senato, si sarebbe riaperto un iter che avrebbe potuto portare ad esiti diversi da quelli che immaginate di dover salvaguardare, anche alla luce di qualche impegno - mi sento di sottolineare questo aspetto - che taluni di voi ha preso nei confronti di alcuni settori della magistratura.
Allora, sulla base di queste considerazioni, è possibile che la pensiamo tanto diversamente rispetto alla necessità che un magistrato sia una persona qualificata, che abbia la possibilità di fare carriera non perché ultrasettantenne, ma perché ha una capacità, un merito, una voglia e una disponibilità nei confronti della professione che svolge? In sostanza, siamo così lontani quando diciamo che vogliamo una meritocrazia nell'avanzamento della carriera di un magistrato? Non credo che siamo tanto lontani. Il problema probabilmente è politico, anzi - permettetemi questa espressione - di opportunità politica, che in qualche modo costringe, impone o indirizza comportamenti di alcune forze politiche ad assecondare un percorso solo perché questo magari rende più facile spendere la propria immagine politica, la propria capacità di essere al di sopra delle parti, che diversamente potrebbe essere inficiata.
Dico ancora che non è così; non è possibile che la pensiamo tanto diversamente. È evidente che qualche percorso dovrà essere sviluppato per raggiungere magari un miglioramento di quelle che sono le prospettive di una ipotetica prossima riforma.
Voglio soffermarmi anche su un altro aspetto che ci ha diviso: la separazione delle funzioni. Ma è possibile che non appaia lampante agli occhi di molti di voi che avere una carriera univoca, una commistione, se non altro interpersonale, tra la magistratura giudicante e la magistratura inquirente, porta forzatamente ad un dubbio per chi eventualmente è chiamato ad accettarePag. 126il giudizio che viene fuori da un processo? Se questo soggetto ha la convinzione che l'inquirente, che il procuratore possa avere una sorta di ascendente nei confronti del giudice, è evidente che troverà difficoltà ad accettare un giudizio. È ovvio che, se due persone intraprendono lo stesso percorso in termini di prospettive di avanzamento in carriera, quanto meno sono soggette ad essere in qualche misura condizionate l'una dall'altra.
Non voglio supporre che tutto quello che state facendo sia finalizzato, come qualcuno ha sostenuto anche in quest'aula - anche se devo ammettere che il dubbio esiste ed è abbastanza forte -, solo ed unicamente a rimandare sine die la riforma per lasciare determinate cose così come stanno. Non voglio dire - ripeto - che questo sia il vostro obiettivo, ed è in questa ottica che ho apprezzato in modo particolare l'intervento del presidente della Commissione giustizia, l'onorevole Pisicchio. Infatti, mi è sembrato di capire dalle sue parole che ci fosse una disponibilità ad un momento di sintesi, di confronto, di costruzione congiunta tra forze di maggioranza e di minoranza per individuare quali potrebbero essere le soluzioni a due problemi che esistono e che ho cercato di sottolineare. C'è da capire se questo percorso, di cui si è parlato, abbia una possibilità di vedere la luce. Parlare di «costituente» sulla riforma della giustizia appassiona e rende tutti noi entusiasti dell'iniziativa; voglio dire all'onorevole Pisicchio che se mai la Democrazia cristiana e il Partito socialista saranno chiamati, attraverso i loro tecnici, ad essere presenti ad un tavolo di lavoro - qualunque esso sia - finalizzato a trovare la migliore soluzione ai problemi rimasti inevasi, noi siamo disponibili; la Democrazia cristiana e il Partito socialista ci stanno. Ma questo non ci impedisce oggi di votare con forza e determinazione contro questo provvedimento. Infatti, è evidente che esso, così com'è, senza che ci sia stata da parte vostra una spiegazione chiara su quale sarà il percorso che verrà prodotto nell'immediato futuro per trovare soluzioni ai problemi di cui stiamo trattando, appare, a torto o ragione, solo ed unicamente una scusa per lasciare le cose invariate.
Noi della Democrazia. Cristiana e del Partito socialista pensiamo, viceversa, che la riforma della giustizia rappresenti uno dei gangli fondamentali della nostra società e del nostro vivere civile. Se ci chiamate ad un confronto su questo, saremo presenti, altrimenti non potremo che condurre una forte e continua opposizione.
PRESIDENTE. La Presidenza consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti, la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo della dichiarazione di voto del deputato Evangelisti, che ne ha in precedenza fatto richiesta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Balducci. Ne ha facoltà.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, chiedo alla Presidenza di autorizzare l'eventuale pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, annunciando il voto favorevole del mio gruppo parlamentare al provvedimento in esame, chiedo alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pecorella. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, per una volta, mi permetto di rivolgermi direttamente a lei, perché, per quanto il Presidente non voti, certamente, non può essere insensibile a ciò che sta accadendo in quest'aula.
Signor Presidente, si dice che il regime fascista abbia governato di più dopo il 1945 di quanto abbia fatto precedentemente, perché abbiamo uno Stato che ha ancora il codice penale del 1930; ciò vuol dire che i valori fondamentali di questo codice, ossia i valori fondamentali che ci tutelano con le sanzioni più gravi, sono rimasti gli stessi.
In questo momento sta accadendo che con...
PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Pecorella. Pregherei di sciogliere i raggruppamenti, di sedersi e di ascoltare l'intervento, rumoreggiando il meno possibile, per favore. Prego, deputato Pecorella, prosegua pure.
GAETANO PECORELLA. Nel momento in cui sarà approvata questa controriforma, tornerete a ridare vita ad una legge che risale al 1941, come lei sa, anno XIX dell'era fascista.
Mi domando se una maggioranza di sinistra, una maggioranza riformatrice, possa approvare una legge che, come effetto, ha quello di rimettere in vita un decreto legislativo risalente al XIX anno dell'era fascista. No se se questo non ripugni a coloro che hanno veramente fede nel cambiamento e che desiderano che questa Repubblica abbia leggi che siano espressione di questa Repubblica...
Signor Presidente, continuo a rivolgermi a lei, perché è l'unico che mi sta ascoltando...
PAOLA BALDUCCI. Ti stiamo ascoltando anche noi!
GAETANO PECORELLA. Quando si organizza la magistratura, si organizza uno dei poteri dello Stato, come lei sa. Ebbene, non credo si possa tornare ad organizzare uno dei poteri fondamentali dello Stato facendo ricorso ad una legge del 1941. Basterebbe questo, perché chi ha consapevolezza, chi ha coscienza del compito di un Parlamento democratico non possa e non debba votare questa controriforma.
Dunque, è un giorno amaro per la nostra democrazia, per chi voleva il cambiamento, è un giorno amaro per i cittadini e per il diritto.
Credo che nel momento in cui abbiamo seppellito la separazione delle funzioni a tempo indeterminato - quando, infatti, si prevede come termine della sospensione il 31 luglio, si prospetta già nel tempo l'eventualità di ulteriori rinvii - si è, in qualche modo, seppellito l'abbandono dell'appartenenza politica a certi gruppi di potere della magistratura come ragione della carriera al fine di ottenere gli incarichi direttivi. Ciò lo abbiamo fatto sospendendo comunque qualcosa che poteva essere cambiato, ossia i concorsi, che avrebbero dovuto essere mantenuti come perno per garantire l'anonimato a coloro che aspirano a fare carriera.
È un giorno molto amaro, lo vivo in questo modo, lo dico sinceramente e non è una questione politica: la maggioranza ha i numeri e può vincere, ma non è con i numeri che si vince, è facendo leggi che facciamo l'interesse dei cittadini. Uno degli emendamenti respinti prevedeva che tornasse in vita questo elementare principio disciplinare, ossia che il perseguimento, nello svolgimento delle proprie funzioni, di fini estranei ai doveri ed alla funzione giudiziaria del magistrato sia un illecito disciplinare. Tale norma non c'è più, è stata soppressa per effetto delle modifiche apportate e noi che abbiamo cercato di riportarla in vita siamo stati messi in minoranza. Domando ad un uomo sensibile, ad un giornalista che conosce le miserie, la storia e le difficoltà di molti cittadini, se davvero non dobbiamo considerare un illecito disciplinare il fatto che un magistrato utilizzi la sua funzione al di fuori dei fini della funzione giudiziaria. Come è possibile che si cada in un oscurantismo di questo genere? Davvero diciamo che ciò è possibile, che è lecito, che deve essere consentito ad un magistrato?Pag. 128
Ancora, ma non voglio tornare sui temi che abbiamo trattato a lungo, credo che non si sia fatta una riflessione sufficiente sul problema dei magistrati che resteranno nel proprio incarico allorché, contemporaneamente, saranno soggetti a procedimenti penali per fatti gravi. L'azione disciplinare sarà estinta e l'azione penale invece potrà iniziare o continuare proprio in quel momento. Cosa diciamo, in tal caso, ai nostri cittadini? Nel momento in cui vi sarà un magistrato accusato di un reato infamante, un cittadino se lo troverà di fronte e dovrà accettare che costui possa decidere della sua vita, pur essendo processato per un fatto molto più grave di quello da lui commesso. Ma perché accettate anche questo? Forse, in merito, nasce un problema politico molto serio: la vera ragione per cui questo provvedimento è stato scritto in questi termini è per la preoccupazione che la maggioranza del Senato non fosse in condizione di confermarlo. Allora, se così è, bisogna porsi domande politiche, che vanno al di là di questo provvedimento. Se sulla correzione di un errore grossolano come quello delle procedure davanti alla Cassazione civile, o di un altro errore, questo non grossolano ma profondo e grave, quale quello della prescrizione dell'azione disciplinare, si teme di non potersi garantire la maggioranza in Senato, ma allora questo Governo che forza ha? Credo che avreste fatto meglio a dimostrare non solo al paese di voler fare leggi buone e giuste, ma a voi stessi, che siete in grado di affrontare una seconda lettura in Senato. Non lo avete fatto. Non lo volete fare ora, votando a favore di questo provvedimento, con la consapevolezza di commettere un errore. Ho una grande stima della lealtà e dell'onestà dell'onorevole Buemi, uomo davvero ammirevole, il quale dice di votare per disciplina di coalizione, ma qui noi facciamo scelte che riguardano la coscienza individuale e non si vota, per disciplina, se fare o meno autostrade in Italia.
Qui si vota sul destino dei cittadini, sulla vita di ciascuno di noi e sul sistema giudiziario che decide. Ebbene, qui la disciplina non c'entra, è un problema di coscienza individuale, l'unico testimone e giudice quando siamo in materia di giustizia.
Confido ancora che chi ha vissuto male l'approvazione di questa controriforma o l'aver dovuto esprimere un voto contrario su alcuni emendamenti con giustificazioni talora quasi infantili, faccia ancora una riflessione di coscienza: non tutto è perduto, possiamo ancora uscire da quest'aula a testa alta dicendo di non aver approvato una legge di cui dobbiamo vergognarci perché non rispetta i principi del diritto o le garanzie più elementari dei cittadini.
Abbiamo il coraggio di farlo! Il Senato potrà correggere e approvare tutto prima del 28, ma per lo meno ci sentiremo questa notte di dormire con la coscienza tranquilla, perché abbiamo fatto ciò che è nostro dovere: approvare le leggi nell'interesse dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Maran. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, colleghi, io annuncio il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo al provvedimento - di cui raccomando l'approvazione -, perché esso non dispone la sospensione o l'azzeramento di alcunché, ma consente di porre il Parlamento nella condizione di valutare, nei tempi richiesti dal Governo, le soluzioni normative più idonee e più in grado di raccogliere il consenso largo fra le forze politiche.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Deputato Maran, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.Pag. 129
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.