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Si riprende la discussione.
(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 1750)
PRESIDENTE. La deputata Ravetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/123.
LAURA RAVETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, si tratta ancora di un ordine del giorno volto ad impegnare il Governo a dare chiarimenti sull'articolo 12 del decreto-legge, in particolare sulla disciplina della materia autostradale. Ricordo, al riguardo, che l'Italia si trova attualmente in una condizione passibile di apertura di procedura di infrazione comunitaria proprio a causa di questo articolo, che reca gravi violazioni costituzionali e di diritto comunitario ed è strumentale a finalità diverse da quella per la quale è stato pensato.
La prima questione che si pone è la seguente. Le autostrade sono, nella più governativa delle ipotesi, materia di legislazione concorrente; il Titolo V, infatti, le affida alla legislazione concorrente di Stato e regioni. 'Concorrente' significa che entrambe le potestà devono essere interessate e condividere le scelte perché poste dal Titolo V in posizione di uguale dignità. Ebbene, di fronte a questa chiara esigenza costituzionale, come procede questo Governo? Con lo strumento del decreto-legge, che riduce ai minimi termini l'intervento del Parlamento e che esclude, di fatto, l'intervento istituzionale della regione.
Seconda questione, la Commissione europea ha chiarito che un divieto più o meno indiretto posto relativamente all'operazione societaria Autostrade-Abertis sarebbe una chiara violazione dell'articoloPag. 4421 del regolamento sulle concentrazioni; quindi, la conversione di questo decreto-legge porterà il nostro paese dinanzi alla Corte di giustizia. Peraltro, questo Governo, in campagna elettorale, si era fatto promotore degli interessi europei.
Vengo ora alla terza questione; come già accennato dall'onorevole Lupi, nel momento in cui si interviene con misure dirigistiche - del genere di quelle volte a controllare per legge i profitti di un'impresa (e, si noti, di un'impresa quotata) -, si apre non solo un evidente problema giuridico, ma si mina alla base la credibilità del nostro paese agli occhi degli investitori stranieri, i quali delle regole certe e giuste fanno la bussola delle loro scelte su dove investire.
Abbiamo sentito il ministro Rutelli dare la sua ricetta per Alitalia: la venderemo a fondi di private equity o a investitori stranieri. Chiedo al ministro: con queste premesse e dopo questo articolo, crede che qualche investitore straniero guarderà con tranquillità al dossier Alitalia? Noi non lo crediamo.
Se questo Governo ha intenzione di procedere alla nazionalizzazione di certi settori strategici, che abbia il coraggio di farlo assumendosene le responsabilità e che non procuri una nazionalizzazione strisciante e non trasparente, per effetto della quale lo Stato prima privatizza, portando a casa i soldi - pochi in realtà, perché sappiamo che le modalità con cui è stata venduta Autostrade gridano vendetta - e poi pretende di mantenere il controllo sull'impresa divenuta privata. Ci viene da pensare che nella maggioranza si confonda il concetto di public company, società ad azionariato diffuso e quotata sui mercati, con quello di impresa pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. L'onorevole Boscetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/107.
GABRIELE BOSCETTO. Presidente, colleghi, l'articolo 41 reca al comma 1 un allargamento del cosiddetto spoils system e parla degli «incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3», che sono, come è noto, gli incarichi di segretario generale e di capo dipartimento. Si tratta di incarichi fortemente caratterizzati dal loro rapporto fiduciario con il vertice politico che quindi fanno già parte del nostro ordinamento.
La modifica di cui stiamo parlando aggiunge agli «incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3» anche quelli previsti «al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all'articolo 23». Cioè non si applica lo spoils system, per indicazione espressa, a questo personale, ossia a quello dirigenziale con contratto di diritto privato. Ovviamente, si parla di dirigenza dello Stato, ma con contratto di diritto privato.
Vi è poi un ulteriore allargamento ad altre figure perché ci si richiama anche al comma 6. Ciò che, però, ha originato il mio ordine del giorno è proprio la frase «limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all'articolo 23», perché si potrebbe pensare che l'avere escluso dallo spoils system il personale dirigenziale dello Stato con contratto privato - quello appartenente ai ruoli di cui all'articolo 23 del decreto legislativo n. 165 del 2001 - faccia sì che invece incorrano nello spoils system i dirigenti che hanno un contratto pubblico, quelli che sono inseriti in regime di diritto pubblico quale personale dirigenziale dello Stato. Se si fa un ragionamento sistematico, si comprende come questi dirigenti dello Stato in regime di diritto pubblico, contemplati dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e, in particolare, i dirigenti della carriera prefettizia, della carriera diplomatica e del personale dirigenziale militare, della polizia di Stato, del corpo nazionale dei vigili del fuoco, siano esclusi per ragioni sistematiche dallo spoils system.
Tuttavia, l'avere espressamente escluso coloro che sono legati da un contratto di diritto privato potrebbe far pensare - ribadisco anche questo concetto - che invece lo spoils system è applicabile a tutta questa serie di dirigenti in regime diPag. 45diritto pubblico. Quindi, con l'ordine del giorno in esame si chiede al Governo di impegnarsi ad adottare in sede applicativa provvedimenti volti ad interpretare il comma 1 dell'articolo 41 del provvedimento in esame nel senso che la disposizione dallo stesso recata non trovi applicazione anche nei confronti del personale dirigenziale dello Stato in regime di diritto pubblico contemplato dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ed in particolare nei confronti dei dirigenti della carriera prefettizia, della carriera diplomatica e del personale dirigenziale militare, della Polizia di Stato, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Si chiede quindi un'operazione di pura chiarificazione della norma; per questo si ritiene che l'ordine del giorno sia de plano accoglibile, ed in questo senso mi permetto di insistere.
PRESIDENTE. L'onorevole D'Agrò ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/57.
LUIGI D'AGRÒ. L'ordine del giorno da me presentato attiene al comma 8 dell'articolo 1 del decreto-legge al nostro esame, che dispone l'applicazione di sanzioni accessorie fino alla sospensione della licenza o autorizzazione all'esercizio dell'attività quando siano accertate tre violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale.
Con riferimento a questa norma - che peraltro tende ad eliminare effettivamente un brutto uso invalso nel nostro paese, il fatto cioè che la ricevuta fiscale e lo scontrino fiscale siano qualche volta un optional -, chiedo al Governo di avere un'attenzione particolare verso alcuni aspetti, che riguardano per esempio i negozi di vicinato, dove non sempre c'è la malafede da parte del titolare dell'azienda, perché questi negozi di vicinato in aree montane o disagiate hanno clientela prevalentemente anziana e comunque non avvezza agli aspetti di carattere fiscale. Certo, c'è la responsabilità da parte del titolare, ma qualche volta c'è anche la difficoltà da parte del cliente di ricevere e portare fuori la ricevuta fiscale e lo scontrino fiscale.
In altri termini, con questo ordine del giorno chiediamo un impegno da parte del Governo a riflettere al riguardo ma soprattutto ad assumere ulteriori iniziative normative, utili a rendere più equa l'applicazione della sanzione accessoria della chiusura dei locali per la mancata emissione di scontrini e ricevute fiscali, possibilmente agganciandola alla pericolosità della violazione in termini di imponibile evaso. Ci possono essere delle situazioni assolutamente veniali che, riscontrate magari tre volte in una giornata, possono portare effettivamente alla chiusura del negozio. Si tratta invece di verificare nell'arco di un tempo ragionevolmente non lungo l'opportunità che la sanzione venga irrogata.
In questo senso sarebbe opportuno che venissero date precise disposizioni agli organi che sono titolati ai controlli, affinché non vi sia una repressione a tutti i costi, ma possa invece prevalere il buonsenso.
PRESIDENTE. La deputata Filipponio Tatarella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/41.
ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Signor Presidente, l'ordine del giorno n. 9/1750/41 a mia firma si riferisce all'articolo 36 del decreto-legge in esame, sul quale è appena stata votata la questione di fiducia. In particolare, si richiama alla valutazione del sistema universitario e della ricerca.
In questo articolo vi è un comma che prevede l'istituzione dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. Questa agenzia, va detto preliminarmente, sostituisce, in maniera un poco misteriosa, due agenzie già esistenti, già funzionanti, una per la ricerca e l'altra per l'università, che, non per nostra valutazione ma per le considerazioni espresse dallo stesso ministro dell'università e della ricerca, hanno ben funzionato. L'agenzia ha, paradossalmente, le stesse funzioni delle agenzie che viene a sostituire.Pag. 46
Questa è la storia della nascita dell'agenzia. Vorremmo, almeno, per rispettare il principio generale della certezza del diritto, che fossero indicati i criteri per i quali i componenti dell'agenzia sono nominati. Non stiamo chiedendo di indicare nome e cognome, ma soltanto le categorie. Il ministro Mussi, giustamente, afferma che questa agenzia deve essere la più terza possibile. Mi sembra che si tratti di un requisito indispensabile per chiunque debba giudicare e trovo pleonastica la dichiarazione del ministro, ma in questi casi abbondare non è mai abbastanza.
Il ministro Mussi afferma che, per soddisfare i criteri dell'oggettività della valutazione, in una materia in cui essa è sempre impegnativa ed estremamente difficile, l'agenzia deve essere terza rispetto al sistema accademico ed a quello politico del paese. Sono perfettamente d'accordo sulla terzietà rispetto al sistema politico. Non riesco a capire come possa essere terza rispetto all'università ed all'accademia, che deve valutare con conseguenze assolutamente importanti, visto che da tale valutazione saranno determinati i fondi che le singole università o i singoli atenei avranno.
Dunque, è parso indispensabile far sì che l'oggettività e la terzietà siano veramente garantite. Al riguardo abbiamo indicato i criteri che dovrebbero essere seguiti per le nomine. I componenti dell'agenzia dovrebbero essere scelti tra professori ordinari di chiara fama (e ciò dovrebbe andare da sé, anche se forse non è così), nonché qualificati esperti stranieri (quest'ultima è un'indicazione già presente nel decreto-legge). Noi prevediamo inoltre, eventualmente, in misura non superiore al 20 per cento, rappresentanti di organismi nazionali che partecipino al finanziamento della ricerca.
Ci sembra, infatti, importante che, specie nella ricerca, siano coinvolti tutti quei privati che possono incrementare la ricerca, non solo perché essa possa essere finanziata anche da loro, ma in quanto sono i più diretti consumatori.
È notizia recentissima che a Milano, alla Statale, si è arrivati al numero 100 dei brevetti.
Quindi, è bene che le imprese private vi partecipino, nel caso in cui abbiano partecipato anche al finanziamento (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
PRESIDENTE. I lavori di oggi proseguiranno fino alle ore 24, essendo prevista la seduta notturna. Proseguiremo nell'illustrazione degli ordini del giorno, essendovi ancora 12 deputati che intendono illustrarli. Al termine dell'illustrazione, il Governo sarà chiamato ad esprimere il parere sugli ordini del giorno. Passeremo, quindi, alle dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno per procedere, al termine di tali dichiarazioni, alle votazioni. È evidente che, tra queste fasi, quella in cui cadrà la sospensione dei lavori sarà determinata dal punto in cui saremo allo scadere delle ore 24.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, così come lo ha detto, lo scadere delle 24 ricorda la fiaba Cenerentola... La proposta che vorrei formulare riguardo all'ordine dei lavori è la seguente: dal momento che dobbiamo proseguire fino alle ore 24 e che l'Assemblea ha iniziato i suoi lavori questo pomeriggio alle ore 17, le chiedo se si possa effettuare una breve pausa tecnica.
PRESIDENTE. Credo che possiamo farla.
Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, naturalmente, mi rimetto alla sua decisione. Tuttavia, avendo già effettuato una pausa in occasione della votazione della questione di fiducia, se proprio dovesse consentire una pausa le chiedo che sia effettivamente una pausa tecnica, perché i lavori incalzano ed è bene che andiamo avanti.
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PRESIDENTE. Mi sembra giustissimo. Mi sembra una osservazione giusta, che condivido e che credo sia condivisa da tutti.
Sospendiamo, quindi, i nostri lavori davvero per una pausa tecnica di un quarto d'ora. Mi affido alla responsabilità di tutti per la ripresa dei lavori.
Sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 21,40, è ripresa alle 21,55.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI
PRESIDENTE. L'onorevole D'Ippolito ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/65.
IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, qualche brevissima riflessione sulle ragioni che mi hanno indotto a presentare il mio ordine del giorno.
In premessa e per la stretta connessione che ha con l'oggetto dell'ordine del giorno, mi sia consentito di esprimere una perplessità che riguarda la decisione del Governo di destinare risorse, già stanziate per il ponte sullo stretto di Messina, ad interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali di tutela dell'ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria. Opere sicuramente significative, importanti e condivisibili nella premessa, ma che tuttavia avrebbero dovuto richiedere risorse aggiuntive. La sottolineatura non è casuale, in quanto nasce dalla necessità di non favorire l'equivoco circa una mia condivisione di questo orientamento del Governo che, in questa sede, è stato proprio di recente approfondito e da più parti contestato. Ma se da necessità può nascere virtù, ecco che arriviamo al merito dell'ordine del giorno da me presentato.
Le risorse finanziarie che inerivano agli impegni assunti da Fintecna Spa nei confronti di Stretto di Messina Spa, attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze ed iscritte in apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture per i richiamati interventi, prevedono la seguente distribuzione. Intanto, il 90 per cento per le opere infrastrutturali e il 10 per cento per la difesa e la tutela dell'ambiente e del suolo delle regioni interessate. Approfondendo, tuttavia, i criteri di distribuzione delle risorse indicate, balza in evidenza che il 70 per cento delle stesse sono destinate alla regione Sicilia e solo la restante parte alla regione Calabria. Naturalmente, e ciò lo sottolineo in premessa, ritengo utili, necessari e importanti tutti gli interventi a favore di qualsiasi regione d'Italia, ancor più per le regioni del sud. È, tuttavia, evidente che la Calabria richiede risorse non solo uguali, ma addirittura maggiori rispetto a quelle della Sicilia, ove si consideri la necessità di rilanciare l'economia, l'occupazione e lo sviluppo, nonché i ritardi strutturali che quella regione presenta. Da ciò, la richiesta al Governo di porre attenzione alla distribuzione delle risorse, di verificare, quindi, fondando le scelte su individuati criteri di opportunità, l'assegnazione delle medesime, secondo principi di equità e, naturalmente, senza per questo entrare in una logica di conflitto territoriale tra regioni che certamente non appartiene né alla mia volontà né allo spirito dello stesso ordine del giorno, di prevedere, se è necessario, compensazioni con ulteriori e successivi provvedimenti.
Voglio augurarmi che lo spirito dell'ordine del giorno sottoscritto possa essere colto dall'Assemblea nella sua completezza e possa, dunque, trovare il parere favorevole del Governo e, naturalmente, di tutte le forze politiche rappresentate qui in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/100.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, il mio ordine del giorno riguarda un punto specifico del provvedimento in esame, all'articolo 8,Pag. 48comma 2. Faccio riferimento, in particolare, a quella parte che prevede disposizioni sospensive sui contratti di programma, già esaminati e deliberati dal CIPE nelle sedute del 22 e del 29 marzo e, addirittura, in quelle precedenti relative al dicembre 2005. Trattasi di contratti di programma riguardanti l'intero territorio nazionale, una grossa parte dei quali riguarda le regioni meridionali e, in particolare, quelle dell'obiettivo 1.
A noi sembra che questi strumenti di programmazione negoziata, che partono dal basso, cioè dalle esigenze manifestate dall'imprenditoria nazionale e, in particolare, di quella meridionale, e che avevano avuto positivo riscontro da parte degli enti locali e delle regioni (che, attraverso lo strumento della concertazione e della compartecipazione, li avevano proposti al Ministero dell'economia e delle finanze e a quello delle attività produttive), possano venire penalizzati da quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 8 che dispone, come detto, una sospensiva. Siamo inoltre fortemente preoccupati che ciò possa far perdere ingenti risorse (si parla di centinaia di milioni di euro), con evidenti conseguenze negative dal punto di vista sociale ed economico proprio in quelle aree meridionali in cui la percentuale dei disoccupati, specie di giovani in cerca di prima occupazione, è tra le più alte del paese.
Ci sembra pertanto di assoluto buonsenso impegnare il Governo a porre un'attenzione particolare nei confronti di queste situazioni. Riteniamo opportuno dare un aiuto alle imprese, alle regioni meridionali e agli enti e consorzi proponenti i contratti di programma. In questo senso, ritengo che il mio ordine del giorno possa trovare benevola accoglienza da parte del Governo. Chiedo, dunque, al sottosegretario D'Andrea, che è persona molto sensibile non soltanto per la sua appartenenza all'area geografica interessata, ma anche perché persona di assoluto buonsenso, che gli deriva dalla sua notevole esperienza politica, di accogliere il mio ordine del giorno.
Nell'ordine del giorno in questione proponiamo una corsia preferenziale per tutti i contratti di programma e, in particolare, per quelli afferenti alle regioni facenti parte dell'obiettivo 1 che hanno proprio la caratteristica di vedere riconosciuto, nella debolezza del tessuto socioeconomico, un ruolo particolare sia dal paese sia anche dall'Europa.
Siamo pertanto fiduciosi che il buonsenso, al di là delle divisioni e degli steccati ideologici, possa prevalere. Non voglio assolutamente immaginare cosa potrebbe accadere se da questa sospensiva si dovesse giungere ad una revoca di tali contratti. Si correrebbe il rischio di scivolare in una serie di contenziosi infiniti che non farebbero bene allo Stato sia dal punto di vista economico, perché sicuramente soccombente, sia dal punto di vista della fiducia che gli imprenditori meridionali hanno in uno Stato che prima riconosce una fattispecie e la delibera in un organismo autorevole qual è il CIPE e, in un secondo momento, la sospende o addirittura la revoca.
PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/69.
GABRIELLA CARLUCCI. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, vorrei davvero che in questo momento voi ascoltaste con attenzione le mie motivazioni. Il mio ordine del giorno n. 9/1750/69 fa riferimento all'articolo 18 del decreto-legge in esame, ossia all'espropriazione ai privati proprietari del teatro Petruzzelli di Bari. Voglio farvi capire come questo atto sia illegittimo ed incostituzionale. L'espropriazione di un bene privato, infatti, può essere adottata soltanto dall'amministrazione, con lo strumento tipico della funzione amministrativa, ossia con un atto amministrativo, salvo i casi, circoscritti ed eccezionali, previsti dall'articolo 43 della Costituzione. Infatti, secondo l'assetto determinato dalla divisione dei poteri dello Stato, solo l'amministrazione può svolgere la funzione amministrativa, per soddisfare l'interesse pubblico. Ora, l'intero sistemaPag. 49giuridico si fonda sulla circostanza che è sempre e solo l'amministrazione il soggetto titolare del potere di espropriare. Nella vicenda del teatro Petruzzelli l'espropriazione, invece, è stata disposta con legge e, quindi, nell'ambito dell'articolo 43 della Costituzione. Ma cosa dice l'articolo 43 della Costituzione? «A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale». Vi faccio presente che l'unico caso di tal genere avvenne nel 1962 con l'esproprio delle società private produttrici di energia elettrica e la successiva costituzione dell'ENEL, mentre il Petruzzelli è stato espropriato solo come immobile attrezzato e, quindi, nell'ambito dell'articolo 42 della Costituzione. Il Petruzzelli ha, inoltre, i caratteri dell'impresa esercente un pubblico servizio essenziale? A voi la risposta.
Noi siamo in quest'aula - certo, non noi della Casa delle libertà, ma il Parlamento - e ci accingiamo a convertire in legge un decreto-legge che, come voi sapete, sottostà ai casi di straordinaria necessità ed urgenza. Infatti, l'articolo 77 della Costituzione recita: «Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni (...)».
In pratica, la situazione di stallo in cui versa il teatro Petruzzelli e la sua ricostruzione si protraggono da moltissimi anni. La disposta espropriazione non ha alcuna attinenza con la ripresa delle attività culturali, quindi quale sarebbe la necessità di espropriare? La situazione attuale è la medesima che si protrae da anni. Da quale motivo nasce, quindi, l'urgenza e la necessità di intervenire con assoluta e improrogabile immediatezza non è dato di sapere.
Nel preambolo di questo decreto-legge, il n. 262 del 2006, si legge: «Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di interventi di carattere finanziario per il riequilibrio dei conti pubblici, nonché di misure per il riordino di settori della pubblica amministrazione (...)». Basta affermare, quindi, che sussistono queste necessità ed urgenza perché sussistano effettivamente? E se anche si ritenesse che la necessità derivi dall'esigenza del riequilibrio dei conti pubblici, può lo Stato, con la decretazione di urgenza comprimere i diritti costituzionalmente garantiti, tra cui il ripristino dei diritti e dei doveri contrattuali, disciplinati dal protocollo di intesa siglato, a proposito della ricostruzione del teatro Petruzzelli, il 21 novembre 2002? Solo l'urgenza di un intervento può giustificare tale compressione? Ma, in questa fattispecie dov'è l'urgenza?
Ma arriviamo alla beffa finale. La beffa finale riguarda, per l'appunto, come dicevo in precedenza, il protocollo di intesa siglato dagli enti locali il 21 novembre 2002, presso la sede del Ministero per i beni e le attività culturali, dove, alla presenza dell'allora ministro Urbani, veniva sottoscritto tra gli enti pubblici territoriali interessati e la proprietà privata - naturalmente - una convenzione giuridica avente ad oggetto la ricostruzione e la successiva concessione in uso del teatro Petruzzelli di Bari. Con tale accordo, le parti pubbliche - ovvero regione, provincia e comune - si obbligavano ad eseguire, tramite apposita fondazione, che fu poi costituita tra regione, provincia e comune, i lavori necessari...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GABRIELLA CARLUCCI. ...e in caso di ritardo, a partire dal quinto anno, la fondazione avrebbe potuto pagare i danni. Sapendo che scadeva il contratto per la ricostruzione, hanno pensato bene diPag. 50espropriare i beni e di non pagare quindi la loro inadempienza.
Quindi, spero vogliate valutare con attenzione questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. L'onorevole Mazzaracchio ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Fitto n. 9/1750/91, di cui è cofirmatario.
SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor Presidente, l'articolo 47-bis prevede l'applicabilità del decreto-legge in esame anche alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano, senza però prendere in considerazione le minoranze ivi residenti. Ora, anche chi fosse sprovvisto delle minime e necessarie basi storiche, dovrebbe necessariamente sapere che molto spesso le minoranze sono state soggette a discriminazioni pesantissime. L'obiettivo di questo ordine del giorno, che penso possa essere ampiamente condiviso dal Governo, è proprio quello di impegnare il Governo a prevedere la tutela dei diritti e degli interessi di queste minoranze, che hanno sofferto molte discriminazioni nel passato.
PRESIDENTE. L'onorevole Giuseppe Fini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/112.
GIUSEPPE FINI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, vorrei fare una premessa a questo ordine del giorno, che riguarda il mondo dell'agricoltura, interessato dall'innalzamento degli estimi catastali, proprio mentre si trova in un momento di particolare sofferenza. L'Italia, nonostante le sue eccellenze, deve subire molta concorrenza, che deriva anche dall'allargamento dell'Unione europea.
Il voto di fiducia non ha permesso una discussione in merito. L'onorevole Franceschini bene diceva in precedenza: applicheremo l'esenzione al di sotto dei 7 mila euro in agricoltura. Però, questa misura porterà ad un aumento di 2 miliardi di euro di costi che interesseranno tutto il territorio italiano. Il singolo agricoltore dovrà denunciare l'innalzamento degli estimi catastali e l'Agea, istituto che si occupava di ben altro, dovrà essere l'organo preposto alle verifiche.
Ora, vorrei pregare il Governo di prestare molta attenzione: con una mano si dà e con l'altra si toglie; però, almeno facciamo in modo che, oltre a considerare con molta attenzione l'innalzamento degli estimi catastali, siano il catasto o gli enti locali i soggetti preposti al controllo complessivo. La mia raccomandazione è motivata dal fatto che il settore, che ha perso recentemente molta parte della sua bieticoltura, cerca di riconvertirsi al biologico e alle leggi alternative (anche in proposito, stando a ciò che ho letto nel documento finanziario, non mi pare vi siano così grandi risorse a favore del settore primario). Si tratta di un inasprimento che - a nostro avviso, si può calcolare attorno ai 2 miliardi di euro - penalizzerebbe veramente il mondo agricolo. Dunque, la mia raccomandazione è che questo ordine del giorno sia accettato, o, quanto meno valutato con molta attenzione ed anche in forma benevola dal Governo.
PRESIDENTE. L'onorevole Della Vedova ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno La Loggia n. 9/1750/104, di cui è cofirmatario.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, oggi pomeriggio abbiamo ascoltato il collega Franceschini intervenire nel dibattito sulla fiducia e ricordo che, anziché entrare nel merito del provvedimento in discussione, egli ha compiuto un'operazione di propaganda (che forse può essere ritenuta comprensibile), nel tentativo di invertire l'ondata di rigetto che anima il paese rispetto a questa manovra finanziaria!
Ciò che è previsto dal provvedimento in esame - da qui, la presentazione dell'ordine del giorno che sto illustrando -, che poco o nulla ha a che vedere con gli argomenti di cui si è parlato oggi pomeriggio, è, ad esempio, la reintroduzione dell'imposta di successione. Sappiamo come è andata: si è cercato di chiamarla in un altro modo, poi, ad un certo punto,Pag. 51si è deciso di evitare qualsiasi forma di ambiguità e quindi si è deciso di reintrodurre la tassa di successione. Ricordo che ci era stato detto che sarebbe stata applicata ai patrimoni milionari o miliardari (vale a dire, i patrimoni «alla Berlusconi»), ma, in realtà, incide su quelli da un milione di euro: spesso, si tratta di poco più del prezzo di un buon appartamento!
So benissimo, come sanno del resto i colleghi, che l'imposta di successione, nell'impostazione liberale ottocentesca, aveva un senso, poiché tentava di ripristinare una certa parità dei punti di partenza. Oggi, tuttavia - e la scelta di questo Governo non ha nulla a che vedere con quel tipo di impostazione -, assistiamo alla reintroduzione di una imposta il cui costo, in termini di organizzazione della riscossione, sarà molto probabilmente maggiore del gettito che produrrà; essa, inoltre, penalizzerà pesantemente il trasferimento di piccole imprese e di imprese familiari, con tutto ciò che ad esse è connesso (come le abitazioni, dove spesso vengono svolte le stesse attività imprenditoriali).
La verità è che si sceglie nuovamente di impostare un fisco che abbia come presupposto non le scelte razionali, ma l'ideologia. Vedete, oggi - da qui, la richiesta al Governo di riconsiderare l'introduzione dell'imposta di successione - la parità dei punti di partenza non può essere perseguita, come viene fatto attraverso sia il decreto-legge in esame, sia nel disegno di legge finanziaria, rincorrendo il mito della progressività, che viene abbandonato perfino dalla Svezia, nonché da tutti gli altri paesi europei. La parità dei punti di partenza (operando, quindi, una «redistribuzione») si può ottenere, invece, mediante la spesa pubblica, intervenendo sui servizi essenziali, sulla formazione e sulla sanità.
È esattamente ciò che non viene compiuto da questa manovra finanziaria: si tassano i redditi per trasferire risorse finanziarie, ad esempio attraverso la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, alle imprese, e magari anche qualche briciola direttamente ai lavoratori. Vorrei osservare, peraltro, che anche la riduzione del cuneo fiscale è praticamente sparita, essendo stata surrogata da altri tipi di interventi!
È questo il grave errore che la manovra finanziaria commette: di questo i cittadini si sono accorti e si accorgeranno, ahimè, sempre di più!
Il centrodestra ed il centrosinistra potranno anche dividersi sul modo con cui giungere ad avere una scuola più efficiente ed efficace: (ad esempio, attraverso le scelte stataliste del «tutto pubblico» oppure attraverso scelte di mercato); tuttavia, vorrei osservare che, purtroppo, nel nostro Parlamento si discute ancora di questo, mentre non si affrontano i temi dibattuti nel resto d'Europa. Siamo qui a confrontarci, infatti, con il ritorno di un'imposta vecchia, come quella di successione, che possiede un carattere unicamente e squisitamente punitivo ed ideologico.
Ribadisco, infine, che tale scelta - da qui la richiesta che rivolgiamo al Governo - comporterà costi di riscossione superiori all'entità del gettito che produrrà. Quindi, con l'ordine del giorno La Loggia n. 9/1750/104 (che speriamo venga approvato dall'Assemblea), invitiamo l'Esecutivo a ritornare sui suoi passi ed a riconsiderare, magari in sede di esame del disegno di legge finanziaria, l'introduzione dell'imposta di successione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. L'onorevole Angelino Alfano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/74.
ANGELINO ALFANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio ordine del giorno chiede al Governo di valutare l'opportunità di rivedere l'impostazione della politica fiscale, la quale sta assumendo, a nostro avviso, un carattere oppressivo al punto tale da accrescere pericolosamente la distanza tra cittadini ed istituzioni.
È quanto prevede dispositivo di questo documento di indirizzo, il quale, evidentemente, possiede sia un pregio, sia un difetto. Il difetto è costituito da un certo velleitarismo, nel senso che non ci illudiamoPag. 52un granché sul fatto che questo Governo possa cambiare l'impianto della sua politica fiscale. Il pregio, invece, è la chiarezza. Noi affermiamo con grande franchezza, infatti, che la politica fiscale che traspare dal decreto in esame è ideologica, è antitaliana, disincentiva la produttività ed è contro lo sviluppo del paese. Sosteniamo ciò perché, dal momento che la politica si nutre anche di simboli, ve ne è uno che più di ogni altro rappresenta il carattere vessatorio ed ideologico della manovra finanziaria: mi riferisco al manifesto «Anche i ricchi piangano» che avete affisso su tutti i muri d'Italia.
Forse ci saremmo turbati meno se il simbolo di Rifondazione Comunista fosse stato l'unico a comparire, ma vorrei ricordare che accanto ad esso vi era anche quello dell'Unione. Bene: su quel manifesto, a parte la scritta «Anche i ricchi piangano», c'è uno yacht, onorevole Presidente. Abbiamo compiuto alcuni accertamenti, ed abbiamo scoperto che tale yacht costa 70 milioni di euro! A poppa di quello yacht, inoltre, c'è una bandiera di colore rosso: ebbene, quella è la bandiera di Georgetown, la capitale delle Cayman Island!
Credo proprio che abbiate sbagliato barca, cari membri del Governo e cari amici della maggioranza, perché quel ricco lì non piangerà mai! Per questa manovra finanziaria piangeranno i finti ricchi, vale a dire quelli che voi considerate ricchi ma che, in realtà, costituiscono il ceto medio di questo paese!
Voi avete impresso un connotato ideologico alla manovra finanziaria, con una serie di misure che sono fuori dal nostro tempo! La tassa sui cosiddetti SUV graverà di più su una Panda «4 per 4» che su una Aston Martin! Non vi rendete conto che la tassa sulla casa in più penalizzerà non i ricchi, ma coloro che non riescono ad eludere il fisco, che ricchi non sono? Ve ne siete accorti o no? I vostri amici delle banche vi hanno segnalato o no una preoccupantissima fuga di capitali all'estero? Ciò rappresenta il riflesso dell'inaffidabilità del nostro paese con voi al Governo, che si manifesta palesemente in una sfiducia dei nostri cittadini nei confronti dell'Esecutivo stesso!
Noi abbiamo chiaro il senso della vostra manovra economico-finanziaria. Essa è completamente sbagliata (cosa che avete difficoltà a comprendere) perché, dietro lo slogan di una malintesa redistribuzione del reddito, state creando le condizioni per cui chi paga, paga troppo, mentre chi dovrebbe beneficiare delle misure redistributive riceve troppo poco! Si tratta, in altri termini, di una manovra finanziaria che si propone di rendere meno ricchi i ricchi, ma che non riuscirà a rendere meno poveri i poveri; nel frattempo, impoverirà il ceto medio e lo renderà ceto medio-basso!
Penso che l'impianto di tale manovra tradisca la deriva di questo Governo. Se l'Esecutivo ha perso popolarità e consensi in soli tre mesi, probabilmente tutto dipende proprio dal fatto che tutte le minacce che venivano palesate all'opinione pubblica, durante la campagna elettorale, al popolo sono apparse vere dopo i primi cento giorni di governo!
È questo il motivo per cui chiediamo all'Esecutivo di ripensarci finché è in tempo e di rimettere in discussione lo stesso impianto della politica fiscale, proprio perché essa sta facendo precipitare, oltre all'Italia, lo stesso Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Misto-Movimento per l'Autonomia)!
PRESIDENTE. L'onorevole Di Virgilio ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Lenna n. 9/1750/67, di cui è cofirmatario.
DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, desidero sottolineare la valenza dal punto di vista sociale dell'ordine del giorno che mi accingo ad illustrare. Tutti voi conoscete bene, ed io intendo sottolinearlo, il valore dell'attività fisica nella prevenzione di patologie legate alla sedentarietà.
La sedentarietà porta all'obesità e questa, poi, attraverso alcuni meccanismi,Pag. 53porta a varie patologie di ordine vascolare, cardiaco, cerebrale e così via.
Vorrei ricordare che l'OCSE afferma che i nostri bambini, in Italia, sono i più obesi d'Europa. Ciò a sottolineare come noi - e la scuola - non ci occupiamo adeguatamente dell'attività fisica. Tutti ricordiamo come una volta si svolgesse la lezione di educazione fisica, che rappresentava un'ora di svago.
MARCO BOATO. È stata colpa di Valentina Aprea...!
DOMENICO DI VIRGILIO. No, ciò accade da decenni.
Questo scorretto stile di vita legato alla sedentarietà - non parlo delle iniziative sul fumo che, onorevole Boato, hanno avuto grande successo, grazie ad una nostra legge precedente, del ministro Sirchia - porta al rischio di gravi patologie.
Quindi, l'attività fisica incrementata e adeguatamente stimolata ha un grande valore nella prevenzione delle patologie. In Italia esistono oltre 9 mila palestre in cui si svolge attività fisica e dove si recano milioni di cittadini italiani, certamente non per divertimento, ma proprio per cercare di mantenere uno stile di vita consono, volto a evitare alcune patologie. Tale attività di prevenzione porta anche ad un grande risparmio economico. È chiaro che la prevenzione costa. Da medico mi sono sempre battuto per la prevenzione, e coloro che si occupavano della programmazione sanitaria mi hanno sempre risposto che la prevenzione costa molto. Ciò senza pensare che se oggi la prevenzione costa, il risparmio futuro è molto maggiore.
Nel periodo in cui ho ricoperto il ruolo di sottosegretario presso il Ministero della salute avevo avviato contatti con i responsabili nazionali delle palestre ed anche delle scuole affinché l'attività fisica potesse essere inserita nei LEA, con valenza di prevenzione. Ciò affinché le famiglie che affrontano per i figli, piccoli o grandi, le spese relative all'attività fisica potessero beneficiare delle detrazioni fiscali.
Lo scopo di questo ordine del giorno - che spero ardentemente il Governo prenda in considerazione e che ha una grande valenza sociale e medica ai fini della prevenzione - è che si possa attuare una detrazione fiscale, magari iniziando con poco, per poi continuare nei prossimi anni, a favore di quelle famiglie a carico delle quali stanno gli oneri connessi al mantenimento di questo stile di vita.
PRESIDENTE. Il deputato Marras ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/76.
GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, questo ordine del giorno riguarda un tema che abbiamo già trattato nel corso della discussione sul complesso degli emendamenti. Spero che il Governo si ravveda in ordine a tale tema, affrontato dall'articolo 1, comma 8, del provvedimento, concernente disposizioni che aggravano pesantemente la situazione dei commercianti e degli artigiani: mi riferisco alle multe e alle sanzioni previste per la mancata emissione di scontrini fiscali e ricevute fiscali, applicate in maniera molto pesante.
Con questo ordine del giorno si chiede di modificare tali norme fiscali immediatamente, prima che sia data attuazione a queste disposizioni, così come ci si era impegnati a fare nelle Commissioni, anche da parte del relatore del disegno di legge finanziaria che giungerà all'esame dell'Assemblea. Tutti erano concordi nel dire che si trattava di un inasprimento inutile e vessatorio nei confronti della piccola e media impresa, in generale, e non meno nei confronti degli artigiani e dei commercianti.
Nell'impostazione del provvedimento in esame vi è qualcosa di gravissimo: addirittura, si prevede la sospensione della licenza, fino a sei mesi, se viene riscontrata per tre volte un'infrazione del titolare dell'azienda in cinque anni; e la sospensione è disposta dall'Agenzia delle entrate direttamente all'imprenditore. Non riesco a capire bene se realmente l'impostazione del provvedimento sia legittima. Infatti, si prevede la sospensione di una licenza che viene rilasciata dal comune diPag. 54competenza. Quindi, credo vi sia un conflitto: non credo che l'Agenzia delle entrate, tramite la Guardia di finanza, possa arrivare a disporre la sospensione o la chiusura di un'attività, senza passare per l'autorità che ha rilasciato la licenza. Quindi, secondo me, la legge in questo modo non può essere applicata.
Naturalmente, a parte il ravvedimento, vorrei rivolgere un'altro invito: con l'ordine del giorno in esame chiediamo che si valuti l'opportunità di modificare le norme fiscali. Si impegna il Governo affinché si modifichino le norme sanzionatorie, nel senso di imporre sanzioni sostitutive senza incorrere nella chiusura dell'attività e nella sospensione della licenza per sei mesi.
Mi sembra che emerga un accanimento molto forte nei confronti di un settore che già versa in una grave crisi.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 22,30).
GIOVANNI MARRAS. Laddove si dice, purtroppo, da parte del Governo, che i gioiellieri guadagnano in Italia cifre addirittura inferiori a quelle degli impiegati statali, si sta affermando una cosa falsa. Non si dà un'indicazione precisa, che risulterebbe dalla media mediata, che non è quella del gioielliere che lavora al centro di Roma, Torino, Milano o in altri posti simili, con un diverso numero di abitanti, ma è quella del gioielliere che rende quasi un servizio tenendo aperta la propria attività nei piccoli centri di cui è costituito il nostro paese, quelli sotto i cinquemila abitanti; ciò considerando anche che la maggior parte dei comuni è sotto i tremila abitanti. Lì tenere aperte attività di quel genere significa davvero rendere un servizio.
Quindi, credo sia un settore da tutelare e non da vessare. L'unico errore che forse hanno commesso queste persone (cui ho fatto già riferimento durante la discussione sul complesso degli emendamenti) è manifestare una vicinanza al centrodestra: pertanto, pensate bene di tenerli sotto schiaffo con questo tipo di atteggiamento che va modificato assolutamente; a tal fine, vi deve essere sicuramente una obiettiva riflessione anche da parte del Governo.
Chiedo che il mio ordine del giorno venga accettato. Sicuramente, ciò servirà al Governo per far capire che non ha alcuna intenzione di andare contro questo settore, ma che realmente vuole incentivare la crescita dei piccoli imprenditori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Verro ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Casero n. 9/1750/102, di cui è cofirmatario.
ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Signor Presidente, l'abbiamo ripetuto molte volte che con Prodi avremmo avuto il più lucido e temibile avversario di chi, come noi, pensa che viene prima l'individuo e poi lo Stato, prima la crescita e poi la redistribuzione.
Infatti, la prima legge finanziaria di Prodi contraddice una serie di impegni assunti dall'Unione in campagna elettorale. «Non aumenteremo le tasse», aveva promesso in campagna elettorale. E, invece, il segno distintivo di questa finanziaria è l'aggravio fiscale. I 10 miliardi di contenimento della spesa sono sopravvalutati e tutte le aliquote IRPEF sono state ritoccate.
La presunta redistribuzione del reddito avviene, in sostanza, tra coloro che già pagano le tasse. Ma vorrei chiedere: la vera scommessa non era quella di non aumentare le tasse e allargare la platea dei contribuenti? Non parliamo poi della barzelletta, che ci ha ricordato anche il collega Franceschini oggi pomeriggio, che questa legge finanziaria serve a rimediare ai nostri guasti.
Il ministro Padoa Schioppa ha dovuto rivedere al ribasso le proiezioni del DPEF perché vi era stato un boom delle entrate fiscali. Non bisogna essere grandi economisti per capire che ciò era frutto della politica economica del Governo Berlusconi.Pag. 55
Non solo: sono state colpite tutte le migliaia di enti e associazioni del terzo settore, espropriati dal meccanismo del 5 per mille che prima consentiva a tutti noi di destinare parte del nostro reddito al mondo non profit.
Tra le nuove entrate, poi, il disegno di legge finanziaria iscrive anche i 6 miliardi che deriverebbero dal trasferimento all'INPS di una quota del TFR. E mi stupisce che il Consiglio dei ministri abbia firmato tranquillamente questo provvedimento che è un vero e proprio trucco contabile.
Infatti, si definisce «entrata» l'accensione di un debito verso i lavoratori dipendenti. In realtà, ci sono voluti cinque anni del Governo Berlusconi per far scendere la pressione fiscale di due punti. Adesso, la somma della riforma Visco più i balzelli locali e l'aumento dei contributi porta ad un incremento di gettito ancora di due punti. Quindi, due punti di pressione fiscale in più con il risultato che la manovra deprimerà inevitabilmente l'economia. Ciò è confermato dallo stesso Governo, che prevede, per il 2007, una crescita economica dell'1,3 per cento contro una previsione dell'1,6 contenuta nel DPEF, ma ciò è confermato anche dal Presidente della Corte dei conti, che dice senza equivoci che questa manovra determinerà due effetti di segno molto negativo.
Il primo è che si tratta con certezza di una manovra basata sul prelievo fiscale, destinata ad incidere in senso depressivo. Il secondo sarà un inevitabile aumento della spesa che, difficilmente, vedrebbe ridurre la propria incidenza sul PIL.
Altra questione poi è quella della realizzabilità della manovra. Quasi 8 miliardi di entrate derivano da misure cosiddette antievasione e antielusione, ivi compresi gli effetti di un maggiore risultato derivante dalla struttura della riscossione. Si continua così ad affidare una quota consistente della manovra a strumenti di incerta effettività, i cui risultati potranno essere verificati solo a consuntivo, con l'aggravante che la stessa tipologia di contribuente, lavoratore autonomo e/o piccolo imprenditore, è sottoposta ad un notevole incremento contributivo.
Forse, questo è troppo e, pertanto, i risultati attesi saranno inferiori alle attese.
È con queste promesse, in questo contesto che si inserisce l'ordine del giorno che impegna il Governo ad eliminare l'avocazione al Tesoro del 50 per cento del TFR maturando, dando soprattutto più spazio alle politiche di sostegno e di sviluppo economico.
In tutti i paesi occidentali, l'aumento della pressione fiscale si è sempre accompagnato a stagnazione e mancata crescita. Io credo che, per dare prova dell'intenzione di far crescere e sostenere la competitività e lo sviluppo di questo paese, il Governo dovrebbe esprimere un parere favorevole su questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Cicu ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/72.
SALVATORE CICU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il comma 2 dell'articolo 2 del provvedimento in esame prevede la rimunerazione maggiorata del 25 per cento in ambito di riscossione delle imposte comunali.
Il fatto gravissimo che si vuole rilevare e denunciare con quest'ordine del giorno è che a pagarne le conseguenze saranno i cittadini meno abbienti e più bisognosi; ad esempio, i piccolissimi comuni che non dispongono di figure di riferimento in termini di assistenza, come coloro che vanno a riscuotere le cosiddette imposte comunali, dovranno delegare questo tipo di servizio.
Questo provvedimento prevede un aumento del 25 per cento per la riscossione di servizi che riguardano il recupero di morosità in ordine alla TARSU, all'ICI, all'addizionale IRPEF, all'acqua e all'occupazione del suolo pubblico.
Occorre, pertanto, mettere in evidenza un aspetto aberrante e discriminatorio sotto due ordini di profili. In primo luogo, si attribuisce in modo particolare ai piccoli comuni la facoltà di tassare ulteriormente il cittadino. Signori del Governo, avetePag. 56introdotto con questo provvedimento ben 67 tasse in più che non avete nemmeno il coraggio di attribuire in modo consapevole alla vostra responsabilità. Voi attribuite ai comuni la facoltà di attivare questo meccanismo che colpisce non i ricchi o coloro che già godono di privilegi, ma coloro che non riescono - purtroppo, molto spesso perché disoccupati, bisognosi, perché fanno parte delle categorie deboli - a pagare nemmeno l'acqua o il ritiro dell'immondizia. Noi consentiamo un aumento del 25 cento con riferimento ad un aspetto così delicato.
Credo che ciò sia vergognoso e che sia doveroso che questo Governo prenda in considerazione la necessità di modificare immediatamente questo aspetto normativo che, peraltro, si combina con un altro aspetto altrettanto rilevante.
Mi riferisco all'articolo 8 di questo provvedimento, che concerne la programmazione negoziata. Provengo da una regione che soffre, che presenta drammaticamente una delle più alte percentuali di disoccupazione: parlo della Sardegna. In ordine a questo aspetto, già nel Governo Berlusconi era stata prevista la possibilità, con una decisione del CIPE, di individuare esattamente le aree di crisi maggiormente bisognose che, finalmente, avrebbero potuto, con i fondi di rotazione, attivare un certo meccanismo per dare la speranza a quel progetto di vita che si chiama occupazione e che tantissimi cittadini aspettavano, purtroppo, in maniera drammatica. Voi avete interrotto questo processo, perché avete sospeso sino al 31 dicembre 2006 questo tipo di erogazione e ciò porterà coloro che sono in crisi verso il fallimento. Vi sarà inoltre il fallimento di quelle aree che avrebbero avuto bisogno di un po' di ossigeno, di sensibilità e di sostegno che voi avete in questo modo interrotto, staccando la spina.
Credo sia necessario che tutto questo venga trasmesso al paese. Occorre, con maggior vigore e forza, far capire che, se vi sono dei deputati che restano in aula sino alle 22, alle 23 o a mezzanotte per cercare, con coraggio e capacità, soprattutto con il senso del rispetto del paese, di denunciare questo tipo di situazione, è perché voi avete oltrepassato ogni limite! Vergognatevi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, è una questione di decoro per l'Assemblea: stiamo discutendo di un provvedimento, ma non sono presenti in aula i presidenti delle Commissioni bilancio e finanze il relatore della Commissione bilancio. È presente solo la relatrice della Commissione finanze. Manca anche il segretario di Presidenza. Faccio un intervento caro - lo apprezzerà moltissimo - al collega Giachetti, perché ha svolto numerosissimi interventi su questo tema nella scorsa legislatura.
Ritengo che vada sospesa la seduta fino a quando i presidenti delle due Commissioni, il relatore della Commissione bilancio, nonché il segretario di Presidenza non si presenteranno in aula.
PRESIDENTE. Onorevole Leone, la Presidenza non accoglie questa richiesta.
FABIO GARAGNANI. Fa male!
PRESIDENTE. Per lo svolgimento dei nostri lavori, infatti, sono presenti il rappresentante del Governo ed il relatore della Commissione finanze. I segretari di Presidenza si trovano nei pressi dell'aula e li rintracciamo immediatamente.
ANTONIO LEONE. I presidenti delle Commissioni sono un optional?
PRESIDENTE. L'importante è che siano presenti il relatore e il Governo, come lei sa.
Il deputato La Loggia ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Paniz n. 9/1750/81, di cui è cofirmatario.
ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, cade a proposito l'intervento del collega Leone.
L'ordine del giorno Paniz n. 9/1750/81, di cui sono cofirmatario, sul quale mi intratterrò, presenta un rilievo che va oltre questo provvedimento, sul quale, peraltro, tanti colleghi sono intervenuti. In particolare, aderisco pienamente alle argomentazioni che sono state svolte nel merito del provvedimento e per i suoi risvolti pesantemente negativi sull'economia del nostro paese, sulle prospettive di sviluppo, di crescita economica, di equilibrato rapporto tra le diverse zone territoriali dell'Italia.
Ma voglio, in particolare, attirare l'attenzione del Governo (so che il sottosegretario D'Andrea è particolarmente attento a questi aspetti) sulla formulazione del testo normativo. Su tale problema, che ha appassionato più volte e in diverse circostanze, questa Assemblea, si sono cimentati tanti illustri colleghi con particolare preparazione tecnico-giuridica e con un'adeguata preparazione in ordine alla costituzionalità degli stessi provvedimenti.
Ancora una volta, in questa legislatura, si è tenuto poco conto del parere del Comitato per la legislazione. È accaduto con il decreto-legge Visco-Bersani, con il decreto-legge in discussione e, infine, con i testi normativi in materia economica che il Governo ha prodotto nel corso di questi mesi.
Questo è uno di quegli ordini del giorno che, a mio avviso, il Governo farebbe bene a tenere in considerazione, perché, lo ripeto, non riguarda solo ed esclusivamente questo caso, ma è il sintomo di un malessere, di una cattiva gestione sia del regolamento della Camera, sia della normativa vigente.
Infatti, sottosegretario D'Andrea, nella parte dispositiva - risparmio la lettura della premessa - si impegna il Governo ad attenersi scrupolosamente, nella redazione di provvedimenti legislativi, alla circolare del Presidente della Camera sulla redazione dei testi normativi (non si chiede niente di più) evitando, per il futuro, la predisposizione di provvedimenti confusionari (ho usato il termine «confusionari», ma sarei disposto a modificare tale dizione, se fosse la condizione per far accogliere l'ordine del giorno dal Governo; si potrebbe usare l'espressione «che possono indurre a confusione il cittadino lettore della norma») che incidono negativamente sulla nostra legislazione, rendendola oscura per i cittadini e per gli operatori che dovranno applicare le norme.
Non si tratta di un argomento secondario, Presidente; vorrei attirare anche la sua attenzione su questo tema e di proposito sto intervenendo su questo ordine del giorno, perché va oltre il merito - sul quale abbiamo opinioni chiaramente contrarie - del provvedimento stesso, in quanto attiene ad un argomento che riguarda la tecnica legislativa.
La Camera dei deputati ha una tradizione tra le migliori tra tutti i Parlamenti del mondo, grazie anche ad un'eccellente levatura tecnico-giuridica dei suoi funzionari, coloro i quali collaborano...
PRESIDENTE. La prego...
ENRICO LA LOGGIA. Concludo, Presidente.
Tali funzionari collaborano alla stesura dei testi normativi. Perché interrompere questa tradizione? Perché indurre i cittadini ad una difficile e cattiva interpretazione delle norme che produciamo?
Insisto molto perché il Governo ponga particolare attenzione a questo ordine del giorno e, se lo ritiene (a mio avviso, farebbe cosa buona e giusta), lo accetti o esprima, comunque, parere favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Berruti, che aveva chiesto di parlare per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/70; si intende che vi abbia rinunziato.
Il deputato Zorzato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/113.
MARINO ZORZATO. Signor Presidente, l'articolo 12 del decreto-legge in oggettoPag. 58contiene norme che, a nostro avviso, sono abbastanza discutibili (lo abbiamo rilevato anche nelle Commissioni) in materia di disciplina relativa alle nuove convenzioni autostradali. Credo sia noto a tutti. D'altra parte, non sappiamo quanto questa norma sia interessante per questo decreto-legge e cosa abbia a che fare con le disposizioni in materia tributaria e finanziaria.
Credo che la ratio venga dalla volontà, dalla necessità del Governo di risolvere la questione sorta nel caso Autostrade-Abertis. Credo che a tutti noi sia chiaro quanto in questa vicenda il ministro Di Pietro abbia dovuto necessariamente fare una «ritirata strategica», anzi, direi poco strategica, ma molto dirompente. Ha sbraitato per settimane, per mesi, la sua totale contrarietà a quest'accordo, per la trasparenza, per la garanzia dei consumatori, per il rapporto tra i costruttori e i concessionari. Ha detto, tra le righe, che un accordo del genere sarebbe passato sul suo cadavere. Poi il ministro ingoia un rospo pesante: infatti, il Presidente Prodi, dopo l'incontro con Zapatero (sembra che, oltre a Zapatero, abbia incontrato gli stessi vertici di Abertis), dice al ministro che deve accettare l'accordo.
Questo articolo, di fatto, modifica le norme italiane circa il rapporto costruttore-progettista-concessionario. Ma se tutto si limitasse a ciò, si tratterebbe di un problema di Di Pietro, il quale ingoia il rospo. E fin qua, tutto bene. In realtà, in questo decreto-legge si introduce un comma aggiuntivo che poco ha a che fare con il caso Autostrade-Abertis e che introduce l'obbligo per i concessionari di addivenire ad una convenzione unica da farsi entro la fine del 2007. E da oggi blocca tutte le iniziative imprenditoriali di tutti i concessionari autostradali italiani perché, di fatto, hanno una convenzione in rapporto con lo Stato che è scaduta.
Credo che questo sia di una gravità eccezionale. Abbiamo introdotto in un decreto-legge l'espressione «convenzione unica»; a me ciò sa molto di centralismo e su questo lascio a voi i commenti. Nell'audizione del ministro Di Pietro in Commissione bilancio, lo stesso ha assicurato di rispettare - ed è anche sulla stampa nazionale - gli impegni assunti (ha dichiarato che mantiene gli impegni assunti; aggiungo quasi sempre, visto il precedente) con i governatori delle regioni italiane, in particolare con quelli delle regioni Veneto e Lombardia, circa la concessione alle regioni che lo richiedano dei tratti di strade e potenzialmente autostrade del futuro, di interesse regionale, da porre in concessione direttamente dalle regioni.
Ecco allora che l'impegno che propongo al Governo - e spero che il Governo stesso non smentisca il ministro Di Pietro - è di adottare tutte le opportune iniziative volte a consentire alle regioni di diventare enti concedenti per le infrastrutture di interesse regionale, secondo accordi tra il Ministero delle infrastrutture e le regioni stesse.
Il tutto passa attraverso un'intesa tra le regioni e lo Stato sulla modifica della rete autostradale e stradale classificata di interesse nazionale e individuata nelle tabelle allegate al decreto-legge 29 ottobre 1999, n. 461, ovvero l'individuazione di tratte autostradali o stradali in tutto o in parte non realizzate da conferire alle regioni.
È ovvio che l'intesa può essere promossa anche dalla regione interessata per le opere anche in tutto o in parte non realizzate che siano prevalentemente al servizio del sistema produttivo regionale.
PRESIDENTE. La prego...
MARINO ZORZATO. Concludo, Presidente.
Siccome la proposta è semplice ed è quella che il ministro Di Pietro ha concesso ai governatori e nel corso dell'audizione, mi auguro che diventi impegnativa per il Governo. Non vorrei che l'economia, ancora una volta, smentisse le infrastrutture. Ci ritroveremmo in un circolo vizioso che definirei kafkiano (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/85.
Pag. 59
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, intervengo brevemente perché i colleghi si sono già soffermati sulla natura di questo provvedimento.
Vorrei illustrare le ragioni di un ordine del giorno che, a mio modo di vedere, evidenzia l'incapacità dell'attuale maggioranza di coordinare minimamente le disposizioni contenute nel provvedimento in esame con la legislazione esistente. Mancano indicazioni precise di priorità, collegamenti con le responsabilità dei vari enti locali e, soprattutto, con la possibilità per gli enti locali di farsi carico di determinati oneri.
Nell'ordine del giorno si fa riferimento proprio a questa necessità: occorre disciplinare questi diversi settori dell'ordinamento e, in questo senso, provvedere, in modo più organico, alla nuova disciplina, che risulta alquanto scollegata in materia sia tributaria, sia finanziaria tout court, non solo alla luce dei provvedimenti adottati in questa occasione, ma anche di quelli preesistenti, che fanno riferimento anche al ruolo delle regioni e ad una serie di conflitti che esse hanno sollevato nei confronti dello Stato in materia di riparto di competenze. Non mi riferisco a settori in cui c'è la competenza concorrente, ma a materie di competenza esclusiva delle regioni.
Da qui proviene la necessità di una precisazione di alcune tematiche sottese a questo provvedimento e, soprattutto, l'individuazione di precise responsabilità, che mancano totalmente.
Si ha l'impressione, in conclusione, di un provvedimento particolarmente sconnesso, collegato a motivazioni politiche prive di riscontri finanziari e, soprattutto, di riscontri effettivi con i destinatari di questi provvedimenti. Basta ascoltare e confrontarsi con tutti i settori della società civile per rendersi conto che il malcontento è stato ingenerato non tanto e non solo dalla gravità dei provvedimenti contenuti in questo documento, che sono disomogenei e privi di una loro logica interna perché colpiscono senza criterio di selezione determinate categorie: si prescinde volutamente dagli interessi di settori particolari dell'opinione pubblica, che in questo modo vengono colpiti senza essere garantiti.
Ad un'attenta lettura - per la brevità del tempo a mia disposizione sto concludendo il mio intervento e non posso andare oltre -, si evidenziano contraddizioni palesi, che contrastano non solo con la logica economica e finanziaria - io non sono un economista, ma la mia esperienza di parlamentare e, precedentemente, di amministratore, anche se di minoranza, mi porta a dire queste cose -, ma anche con il buon senso.
Coloro che devono applicare questi provvedimenti si troveranno in situazioni di oggettivo disagio, che penalizzerà non solo i diretti interessati, ma le stesse intenzioni qui manifestate dal Governo.
Questa è la ragione per cui con questo ordine del giorno invitiamo il Governo a farsi carico della necessità di razionalizzare il suo intervento.
PRESIDENTE. L'onorevole Adolfo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/47.
VITTORIO ADOLFO. Signor Presidente, l'articolo 36, comma 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha introdotto la definizione di «area edificabile» ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi, dell'IVA, dell'imposta di registro e dell'ICI.
La norma considera edificabile un'area che è inserita in uno strumento urbanistico generale adottato dal comune, che venga trasmesso alla regione e, quindi, non ancora approvato.
Tale disposizione, di fatto, costituisce un aggravio pesante per le imprese, che devono pagare, pur non avendo la possibilità di edificare.
Quindi, in considerazione del fatto che non si può conoscere il lasso temporale intercorrente tra l'adozione del piano da parte del comune e la sua successiva approvazione da parte della regione (che, tra l'altro, potrebbe respingerlo), si chiede al Governo un impegno a definire l'areaPag. 60come edificabile solo a seguito dell'approvazione da parte della regione dello strumento urbanistico generale adottato dal comune.
PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Oliva n. 9/1750/44, di cui è cofirmatario.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, la ragione di fondo che ha spinto i parlamentari della componente Movimento per l'Autonomia a proporre e a rappresentare all'Assemblea questo ordine del giorno, è fondata sulla conclamata certezza che la questione della realizzazione del ponte sullo stretto di Messina sia stata affrontata in questa sede e, ancor peggio, in quella del Governo, con assoluta e totale superficialità.
Infatti, siamo convinti che questo tema, così come, del resto, il complesso delle norme che formano e sintetizzano il decreto-legge al nostro esame, sia stato approfondito da chi avrebbe dovuto farlo nella più alta sede, soltanto pensando ai benefici o ai danni politici che ne sarebbero derivati a questa o a quella parte di rappresentanza.
Abbiamo denunciato, e desideriamo farlo ancora una volta, affinché resti nella memoria di questo Parlamento, che la non realizzazione del ponte sullo Stretto recherà non solo un danno manifesto e concreto alle popolazioni meridionali della Sicilia e della Calabria, ma all'intera economia del paese.
Lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, in occasione del suo primo tentativo di Governo, la volta precedente, era perfettamente consapevole delle affermazioni che ho testé compiuto, tant'è vero che le ripeté - sono dichiarazioni che vengono riportate da autorevoli e importanti quotidiani nazionali - e considerava il ponte un elemento essenziale per il rilancio dello sviluppo economico del paese.
Abbiamo detto l'altra volta e riteniamo utile farlo anche in questa circostanza che, nel momento in cui sarà esaurita la spinta della Cina e dell'India, che sarà determinata soprattutto dalla necessità di soddisfare i propri bisogni interni, l'area di produzione e consumo e di libero scambio commerciale sarà il continente africano. Sarà quello il momento in cui il nostro paese sarà costretto a piangere le conseguenze di una dissennata scelta operata da questo Governo.
Questo Governo, per la verità, è presieduto da un uomo che appare, sempre di più, privo della consapevolezza dei suoi doveri nei confronti dell'intera comunità nazionale. Egli appare come un ragioniere, una sorta di revisore dei conti, che ha addirittura l'arroganza, nel silenzio, nella incomprensione e - ci dispiace dirlo - nella insensibilità di molti di noi, in questa sede, di affermare che una legge finanziaria è buona quando scontenta tutti. Chi è capace di rendere affermazioni del genere non ha la statura per occupare il posto riservato a chi deve governare un paese come il nostro. La moralità di una legge consiste essenzialmente nella sua capacità di rispondere appropriatamente ad una particolare domanda che è diffusa nella società. Inoltre, una legge deve riscontrare nella società un apprezzamento di fondo. Se un Governo non è in grado di fare questo, non è moralmente abilitato a gestire e ad assumere la responsabilità della guida di un paese complesso come il nostro. Il «no» al ponte sullo stretto di Messina è esattamente il compendio di questa incapacità di guardare oltre. L'Italia ha bisogno non soltanto di un ragioniere.
PRESIDENTE. Deputato Reina...
GIUSEPPE MARIA REINA. Sto per concludere, signor Presidente.
L'Italia ha bisogno di una classe dirigente che sappia traguardare il nostro futuro, sappia guardare avanti negli anni e sappia comprendere che quanto accadrà tra quindici o vent'anni deve essere anticipato oggi, affinché il paese sia preparato ad affrontare le gravi e grandi scommesse alle quali, comunque, sarà chiamato (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia e Forza Italia).
PRESIDENTE. La deputata Pelino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/84.
PAOLA PELINO. Signor Presidente, è noto che la pubblica amministrazione è afflitta da una cronica carenza di personale, che si manifesta a tutti i livelli e raggiunge punte di criticità nella dirigenza. Questo avviene sia per l'eccessiva lungaggine dell'iter procedurale dei concorsi pubblici, sia per la necessità di attendere che si possa verificare un rimpiazzo generato dal pensionamento, al fine di contenere i costi essenziali per lo svolgimento del concorso pubblico. Intanto, nelle more dell'espletamento del concorso, accade frequentemente che le amministrazioni sopperiscano alle proprie necessità di personale dirigente ricorrendo in modo del tutto anomalo sia al conferimento di incarichi di dirigenza a personale non qualificato per tale funzione, appartenendo all'area denominata «C» ed essendo privo del titolo di laurea, sia al conferimento di incarichi in deroga al principio generale secondo il quale agli uffici pubblici si accede mediante concorso pubblico. Le norme vigenti in materia di accesso alla qualifica di dirigente nella pubblica amministrazione prevedono, com'è noto, l'espletamento di un concorso pubblico che consta di due prove scritte ed una orale, su materie giuridico-amministrative, finalizzate ad accertare non solo la preparazione ma anche l'attitudine del candidato ad espletare funzioni dirigenziali. Nel merito, si fa rilevare che le materie previste per le prove concorsuali sono analoghe per tutte le selezioni effettuate dalle diverse amministrazioni, sia centrali, sia periferiche.
La finalità del mio ordine del giorno n. 9/1750/84 è, tra l'altro, quella di mettere a disposizione delle amministrazioni dello Stato un certo numero di dirigenti già selezionati la cui professionalità possa essere utilizzata immediatamente, assicurando così la continuità dell'azione amministrativa e, nel contempo, ponendo un deciso freno agli anomali conferimenti di incarichi che avvengono a insindacabile giudizio e in deroga ai principi sanciti dal citato articolo 97 della Costituzione. Questo ordine del giorno, nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità, risulta finalizzato anche a razionalizzare e contenere i costi nel settore della formazione del personale della pubblica amministrazione, adattando le esigenze di riduzione della spesa con gli essenziali requisiti della difesa dei livelli qualitativi e occupazionali delle amministrazioni pubbliche. Infine, in deroga alle leggi vigenti in materia di pubblica amministrazione, che fissano a 18 mesi il termine per poter attingere alle graduatorie concorsuali degli idonei, si stabilisce che, per l'assegnazione, si possa attingere alle stesse graduatorie entro due anni dalla data della loro approvazione. Concludendo, questo ordine del giorno, se approvato come logica richiede, pone fine a una anomala quanto illegittima prassi che, oltre a contrastare i principi costituzionali che devono essere a garanzia dei cittadini, danneggia coloro che hanno superato le prove concorsuali previste per l'accesso alla dirigenza nelle pubbliche amministrazioni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Fallica ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/62.
GIUSEPPE FALLICA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio ordine del giorno attiene ai problemi perenni che questo Governo non prende in considerazione né con questo decreto-legge né con il prossimo disegno di legge finanziaria. Mi riferisco ai problemi che affliggono tutti i cittadini che vivono nelle isole minori, che sono costretti a fronteggiare, da soli, innumerevoli difficoltà. Tali isole, infatti, dipendono in larga parte dal continente per quanto riguarda l'approvvigionamento idrico ed energetico. L'acqua è trasportata per mezzo di navi cisterna. Anche oggi, si è svolta una riunione presso il Ministero della difesa, competente per questo problema, ma ancora non si riesce a risolvere tale gravissima situazione, che provoca grandi disagi a tutti i residenti.Pag. 62
Anche il problema energetico, tuttavia, è scottante perché viene risolto, quando è risolto, attraverso la costruzione di centrali termoelettriche o per mezzo di condotte di collegamento sottomarine, con costi, naturalmente, da capogiro e che oggi, nel 2006, sono anacronistici. Mancano le attrezzature e le infrastrutture per sfruttare le fonti rinnovabili locali: l'acqua, il sole e il vento. Tali risorse, se canalizzate, potrebbero dare vita a centrali eoliche e geotermiche e a dissalatori, che rappresentano le uniche possibilità ma che, guarda caso, costano molto in termini di manutenzione perché vanno in crisi almeno ogni due mesi. Noi tutti ci occupiamo e ci vogliamo occupare di questi problemi, guarda caso, durante la stagione turistica ma non quando arrivano l'autunno e l'inverno, stagioni nelle quali questi cittadini sono lasciati soli, sono abbandonati. Nel lungo periodo, questi interventi finalizzati all'utilizzazione di fonti rinnovabili risulterebbero meno costosi per lo Stato.
Le isole minori, inoltre, devono fronteggiare da sole i problemi derivanti dalla loro economia, basata soprattutto sull'agricoltura, sulla pesca, sulla cantieristica e sul turismo. Trovare soluzioni e programmare aiuti e finanziamenti per accrescere queste attività e, quindi, per rendere più tranquilla la vita dei loro abitanti credo che sia un dovere del Governo. In questo decreto-legge, signor sottosegretario, non se ne parla affatto, non se ne discute, non c'è una sola voce che si riferisca ad uno stanziamento per tutte le isole minori del territorio nazionale.
Sono considerevoli anche i problemi nell'ambito scolastico. Ci sono difficoltà di collegamento con la terraferma e i docenti non vogliono andare ad insegnare presso gli istituti che si trovano nelle isole. Inoltre, mancano le attrezzature didattiche, multimediali e quelle di prima necessità, il numero di allievi è scarsissimo e la crescita culturale della popolazione più adulta è impedita. Tutto ciò costituisce un disagio che interessa tutte le isole minori.
Sono da risolvere anche i problemi urbanistici, di viabilità interna, di adeguamento degli impianti per lo smaltimento dei rifiuti, per non parlare poi dei problemi inerenti alla dismissione e alla nuova destinazione delle strutture di edilizia carceraria e alla rideterminazione delle servitù militari che spesso sono soggette a speculazioni di ogni tipo.
Infine, ma non per ultimo, il problema dei collegamenti con la terraferma. A tale proposito, il sottoscritto ha più volte presentato interrogazioni parlamentari, da ultimo al ministro Bianchi, ma con scarso risultato e senza ottenere alcuna risposta concreta da parte del Governo. Si chiede, quindi, al Governo di rivedere la sua politica su tale argomento.
Per quanto sopra esposto relativamente alle problematiche inerenti le isole minori, è opportuno che tutte le istituzioni, sia locali sia nazionali, siano coinvolte per la soluzione di tutti gli annosi problemi che riguardano queste realtà. Si deve porre attenzione, in particolare, alle seguenti problematiche che non mi stancherò di ripetere nelle aule parlamentari: l'approvvigionamento idrico ed energetico, prevedendo l'impiego di energie rinnovabili; la realizzazione o l'adeguamento degli impianti e delle attrezzature dei porti, aeroporti ed eliporti; lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani utilizzando apposite navi con impianti di riciclaggio (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. La deputata Aprea ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Paniz n. 9/1750/81, di cui è cofirmataria.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, il provvedimento al nostro esame è davvero pazzesco in quanto non si comprende perché il Governo, al di là delle disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, che tutto sommato in sessione di bilancio avrebbero delle ragioni per essere valutate, ancorché con la nostra piena opposizione, abbia scelto di colpire alla cieca gli enti di ricerca.
All'articolo 36, in particolare ai commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, vi sono una serie di norme che iniziano in questo modo: «Allo scopo di razionalizzare le attività nelPag. 63settore della ricerca, contenente una spesa (...)». Tali norme, in realtà, contengono un attacco senza precedenti all'autonomia scientifica degli enti nazionali di ricerca in patente violazione dell'articolo 33 della Costituzione. Non si prevede, infatti, l'indicazione delle norme generali regolatrici della materia come richiesto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988. La norma non definisce i limiti dell'autonomia scientifica, come previsto dalla Costituzione. Ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione «Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato ». Tale autonomia è stata da sempre riconosciuta e tutelata. Il risultato è che non solo questo Governo ma, in futuro, qualsiasi Governo potrà decidere senza alcuna necessità di passare per il Parlamento, se e con quali modalità intervenire per il riordino degli enti, rendendo ancora più instabili gli assetti e sottraendo un'importante materia alla competenza parlamentare. Il Governo non ha definito ancora una politica della ricerca e qualsiasi intervento autorizzato senza criteri è illegittimo ed arbitrario. La politica del Governo in materia di ricerca deve essere espressa a norma di legge attraverso un complesso di procedure previste dal decreto legislativo n. 108 del 1988, emanato su delega Bassanini, che portano alla redazione del programma nazionale della ricerca. Tuttavia, ormai, abbiamo capito che tutte le norme di questo Governo non fanno altro che cancellare altre norme che sempre la sinistra e sempre un Governo Prodi aveva già approvato in passato. L'attuale Governo, però, non ha provveduto. Il nostro Governo espose, nelle linee guida sulla politica nazionale della ricerca del 2002 e nel piano nazionale della ricerca del 2005, gli interventi e gli obiettivi del riordino degli enti e delle istituzioni di ricerca. Il piano nazionale della ricerca è stato successivamente approvato all'unanimità non solo dal Governo, ma anche dalla Conferenza Stato-regioni, dalle organizzazioni sindacali ed imprenditoriali. Questi documenti hanno fornito il quadro complessivo entro il quale gli enti sono chiamati ad operare completando un disegno generale iniziato con l'approvazione dell'allora Governo di centrosinistra della legge n. 59 del 1997. In base a queste indicazioni, il nostro Governo ha proceduto al riordino degli enti attuato con diversi decreti legislativi sottoposti anche alla valutazione della Conferenza Stato-regioni e al parere della Commissione bicamerale costituita ad hoc per l'attuazione della riforma dell'amministrazione in base alle leggi Bassanini. Questa procedura ha ampiamente garantito sia gli enti sia i ricercatori e il personale tecnico e amministrativo del comparto ricerca ed ha permesso l'analisi e la valutazione di complessi problemi relativi al rilancio degli enti, nel quadro di una visione coerente con le normative internazionali ed europee che regolano l'attività e la gestione di enti di ricerca omologhi a quelli italiani ed operanti a livello internazionale. Attualmente il Governo, senza formulare alcuna analisi di merito o di indirizzo strategico, ha, in parecchie circostanze e in modo confuso e contraddittorio, formulato diverse ipotesi tendenti, per i motivi sopra accennati, ad attuare uno spoils system mascherato, tale da permettere l'azzeramento dei vertici e dei consigli di amministrazione degli enti. In particolare, il 22 settembre 2006 il Consiglio dei ministri ha approvato, in via preliminare, un disegno di legge in materia di efficienza delle amministrazioni pubbliche e di riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese, che prevedeva una delega legislativa per il riordino degli enti di ricerca. Tale disegno di legge non risulta depositato in Parlamento. Allo stesso modo, altre norme manifestano l'assenza di una strategia che non può costituire la base per un intervento in materia.
Concludo, ritornando all'accusa principale. Quello che ci preoccupa maggiormente sul piano procedurale è proprio lo strumento scelto: un regolamento che va ad intervenire su un organo avente natura costituzionale.
PRESIDENTE. Il deputato Giudice ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/105.
GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, l'ordine del giorno che illustro riguarda l'articolo che fa riferimento ad un comparto molto importante, quello dell'agricoltura, primario in qualsiasi manuale di economia, e che vive, già di per sé, un momento di particolare sofferenza.
Signor Presidente, la disgregazione della coalizione di Governo e la confusione della sua politica si riflettono perfettamente sul testo del provvedimento in esame. La cosa che «stranizza», in maniera grave, è il metodo con cui si affrontano le problematiche di un settore della nostra economia così delicato e così importante per il Mezzogiorno: con una mano si dà, e con l'altra si toglie. Difatti, l'articolo 4, comma 1, concede poche centinaia di migliaia di euro, mentre con i commi 2 e 3 si tolgono risorse finanziarie per un importo notevole. La relazione tecnica degli uffici prevede entrate per 570 milioni di euro per il 2007 e di oltre un miliardo di euro per il 2008.
Stranisce il fatto che nel comma 1, che regola il regime IVA dei minimi in franchigia in agricoltura, si trovi una serie di dati assolutamente incomprensibili. In Commissione bilancio abbiamo chiesto chiarimenti al Governo su questo argomento, senza riuscire ad ottenere alcuna risposta. In particolare, mi riferisco alla circostanza che la relazione tecnica presentata dal Governo in occasione della conversione del decreto-legge n. 223 del 2006 - riguardante i produttori agricoli optanti per il regime ordinario -, stimasse un effetto finanziario positivo per l'erario, mentre questa relazione tecnica, che riguarda lo stesso comparto e la stessa regolamentazione, al contrario, prevede - e non se ne comprende il motivo - una perdita di gettito per l'erario.
Ma ciò che più preoccupa è che il comma 1 getta «fumo negli occhi», nel momento in cui prevede la concessione al settore agricolo di alcune provvidenze, mentre con i commi 2 e 8, relativi all'aggiornamento dei redditi dominicali e del catasto dei fabbricati, si dà un colpo al settore dell'agricoltura veramente pesante, e ciò dispiace perché ritengo che il comparto agricolo per il Mezzogiorno d'Italia sia fondamentale e trainante per l'economia.
Signor Presidente, condivido quanto ha detto molto bene l'onorevole Lupi, nel parlare del giudizio delle agenzie di rating. Infatti, tale giudizio riguarda aspetti della manovra, non tanto quantitativi quanto piuttosto qualitativi. Il Governo ha presentato un decreto-legge, di fatto omnibus, che non è caratterizzato da alcuna ragione unificante e che concorre alla manovra in misura minimale, riempiendo tale serbatoio di materiali di scarto prelevati da una finanziaria di per sé molto deludente.
Con il mio ordine del giorno n. 9/1750/105, signor Presidente, chiedo in maniera davvero accorata al Governo di valutare l'opportunità di rivedere questa posizione, di rivedere la propria politica fiscale nei confronti del comparto agricolo, un comparto che sta risollevandosi da un momento di crisi, verso cui questo provvedimento lo spinge di nuovo. Si tratta di una crisi che mi auguro, per il Mezzogiorno d'Italia, non diventi irreversibile (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Gioacchino Alfano ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Nan n. 9/1750/111, di cui è cofirmatario.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, per illustrare questo ordine del giorno, molto semplice, sono sufficienti i cinque minuti previsti dal regolamento. La richiesta in esso formulata è volta a venire incontro a quei contribuenti onesti che dopo l'approvazione del testo normativo, saranno travolti da imposte e tasse improvvisamente (anzi, per la verità dobbiamo ammettere che sono già stati travolti). Infatti, questo provvedimento ha previsto adempimenti fiscali calati con effetto immediato ed, in alcuni casi, anche retroattivo. Sono richieste dello Stato sicuramente eccessive, complesse, in parte incomprensibili, gravose ed ingiuste.Pag. 65
Onorevoli colleghi, quando si parla di imposte e tasse, a mio avviso, troppo spesso si concentra la nostra attenzione sulla distinzione tra chi adempie gli obblighi fiscali e chi evade, dimenticando coloro che, pur contribuenti modello, hanno oggettive difficoltà di adempiere ai propri doveri nei confronti dello Stato per cause estranee alla loro volontà. Questi ultimi vorrebbero solo un po' di tempo per capire le regole, vorrebbero condizioni minime per recepirle ed applicarle, come detta puntualmente il famoso - purtroppo solo sulla carta, ormai - statuto del contribuente. In effetti, si chiede una semplificazione e non l'aumento degli adempimenti.
Tornando gli evasori, possiamo mai immaginare che i medesimi si preoccupino di quando va in vigore una norma? Questi ultimi non si occupano delle leggi e, quindi, il problema è dei contribuenti onesti, di coloro che sono un po' oppressi dal dover essere puntuali. L'ordine del giorno chiede quindi di modificare la norma per quanto riguarda il rinvio che il provvedimento ha previsto per gli effetti fiscali e, dunque, per fare in modo che le norme fiscali entrino in vigore, se possibile, un anno dopo la loro emanazione o, almeno, che sia stabilito un termine congruo tra la previsione delle norme fiscali e la loro applicazione.
In effetti, in Commissione abbiamo più volte formulato una richiesta in tal senso e ci è stato risposto che il problema si ripete ormai da troppi anni. In campagna elettorale, l'ho detto anche nel corso della discussione sulle linee generali del provvedimento, troppo spesso questo aspetto è stato da noi criticato e sembrava quasi che potesse trovarsi una soluzione. In effetti, sarebbe molto semplice: le leggi fiscali si approvano e, dopo poco tempo, devono essere applicate.
Signor Presidente, noi chiediamo agli italiani di essere onesti, attenti, ma non veggenti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Il deputato Ceroni ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Luciano Rossi n. 9/1750/120, di cui è cofirmatario.
REMIGIO CERONI. Signor Presidente, questo ordine del giorno vuole ricordare che il Consiglio europeo ha tenuto, nel marzo 2000, una seduta a Lisbona, divenuta storica. Poche altre sedute del Consiglio europeo hanno avuto tanta risonanza. Nel corso di tale seduta, sono stati definiti gli obiettivi strategici dell'Unione europea per sostenere occupazione, riforme, coesione sociale, nel contesto di un'economia basata sulla conoscenza. Non ci possiamo nascondere che tali obiettivi sono stati disattesi o non tenuti nella dovuta considerazione dall'Europa stessa e dagli Stati membri. Dunque, penso che richiamarli in quest'occasione sia, da un lato, una necessità, dall'altro un dovere. Tra gli aspetti che il documento ha definito, vi è il riconoscimento del ruolo significativo della ricerca e dell'innovazione nel favorire la crescita dell'economia per migliorare la qualità della vita dei cittadini e l'ambiente.
L'Unione europea e gli Stati membri singolarmente devono adoperarsi per favorire le attività di ricerca e offrire prospettive allettanti ai propri ricercatori, altrimenti questi ultimi se ne andranno in altri paesi. Ciò potrà avvenire solo stanziando risorse adeguate. Nell'ultimo anno l'Unione europea ha stanziato solo l'1,89 per cento di risorse in ricerca e si deve arrivare fino alla quota del 3 per cento del PIL.
L'ordine del giorno, quindi, è un invito al Governo affinché, dovendo definire priorità di azione e di finanziamento verso le attività di ricerca, individui e sostenga particolarmente le iniziative che hanno l'obiettivo di fornire assistenza ed aiuto alle piccole e medie imprese, che senza l'aiuto dello Stato non sono in grado di fare ricerca ed innovazione. Solo alimentando questo canale sarà possibile ridare competitività alle imprese piccole e medie, ai settori economici minori che rappresentano realmente il motore della crescita e dello sviluppo delle nostre comunità e, in definitiva, del nostro paese. Si tratta diPag. 66settori che, non lo possiamo nascondere, sono stati particolarmente colpiti da queste misure di carattere fiscale che avete approvato. Non le cito tutte, ma certamente tra esse vanno ricordati l'aumento degli estimi catastali, quello delle imposte di successione, l'incremento dell'aliquota pensionistica, la riforma del TFR, la penalizzazione dell'apprendistato. Sono tutte norme che hanno penalizzato le piccole e medie imprese.
Questa, quindi, è una buona occasione per dimostrare, almeno una volta, un po' di coerenza. Infatti, poiché viene tolto molto alle piccole imprese, si potrebbe restituire qualcosa.
Ricordo che, quando eravate all'opposizione, su questo tema, più volte, avete sollevato la questione. Il disegno di legge finanziaria, quindi, è un'ottima opportunità per restituire qualcosa, in tal senso, alle nostre piccole imprese. Temo, tuttavia, che le promesse per gli incentivi alla ricerca e all'innovazione faranno la fine della promessa elettorale di non aumentare le tasse, che tutti conosciamo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Baiamonte ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Bruno n. 9/1750/64, di cui è cofirmatario.
GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, il provvedimento in esame contiene, sotto il profilo dell'accertamento fiscale, disposizioni particolarmente inique nei confronti del contribuente e tali da ledere veramente la privacy.
Vedete, questo paese paga profumatamente un Garante per la protezione dei dati personali per salvaguardare la dignità propria di ogni cittadino. Con il disegno di legge finanziaria e con il provvedimento in esame, invece, non facciamo altro che dimenticarci della privacy dei cittadini, poiché chiediamo accertamenti bancari ed indaghiamo non solo le condizioni patrimoniali, ma anche l'attività degli stessi, senza che essi siano messi nelle condizioni di difendersi da tali provvedimenti.
Io, che sono professore universitario e direttore di un istituto universitario di medicina, so bene quanto sia pericoloso per noi - e lo affermo con piena convinzione - poter dirigere un istituto, poiché l'amministrazione ci impone l'anonimato dell'ammalato, nonché di mantenere abbastanza riservata la cartella clinica. L'amministrazione chiede, addirittura, che negli ambulatori i medici debbano chiamare l'ammalato per numero, anziché per nome e cognome, poiché bisogna salvaguardarne la privacy.
Con i provvedimenti posti in atto dal Governo, invece, ci troviamo nelle condizioni per cui ciascuno di noi deve mettere addirittura in piazza non solo il patrimonio personale, ma anche alcuni dati che riguardano veramente la nostra vita privata. Con l'introduzione di un ticket per il pronto soccorso, ad esempio, si stabilisce che se l'ammalato possiede un certo reddito, deve pagare non solo la visita e l'accertamento, se si tratta di un «codice bianco», ma anche gli esami!
Ciò non solo altera notevolmente, dal punto di vista della privacy, le condizioni del cittadino-paziente che si trova in tali situazioni, ma sovraccarica oltretutto il medico ed il personale del pronto soccorso di un'attività di accertamento tributario. Signori, ma con quale coraggio possiamo fare certe affermazioni?
Vogliamo forse dire che, siccome il cittadino si reca al pronto soccorso senza averne effettivamente bisogno, allora è giusto introdurre un ticket, così verrà dissuaso? Dobbiamo pensare, invece, che il cittadino non va al pronto soccorso per un capriccio: egli o sta male veramente, oppure non trova il medico di famiglia disponibile! Scusate, ma se non trova il medico di famiglia, dove deve andare il cittadino che ha bisogno di cure? Egli si reca al pronto soccorso anche se non è la soluzione più adatta!
Cosa doveva fare, allora, il Governo? L'Esecutivo doveva innanzitutto prevedere che la medicina del territorio fosse perfettamente funzionale e che il cittadino potesse trovare il proprio medico di famiglia nell'arco di tutte le ventiquattr'ore grazie a turni appropriati, non introdurre il ticket sul pronto soccorso! Infatti, ilPag. 67paziente che ha bisogno di cure vi si reca anche se deve pagare del denaro, poiché, non trovando il medico di famiglia, si trova costretto ad agire in questo modo.
Cosa deve fare, allora, il medico di un pronto soccorso che è costretto a visitare 150 o addirittura 200 pazienti nell'arco delle ventiquattr'ore? Egli dovrà richiedere alle persone il loro codice fiscale e delle informazioni sulla loro situazione patrimoniale! A quel punto, dovrà far pagare prima il ticket per la visita...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
GIACOMO BAIAMONTE. ...poi dovrà imporre il pagamento di un altro ticket per lo svolgimento di esami o di accertamenti, ed i pazienti dovranno fare ulteriori file!
Ma ci rendiamo conto delle decisioni prive di logica che assumiamo solamente per fare cassa, signor Presidente, e non per agevolare i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)?
PRESIDENTE. La deputata Biancofiore ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/63.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, il mio ordine del giorno intende impegnare il Governo affinché provveda alla tutela dei diritti fondamentali e degli interessi delle minoranze residenti nel territorio della provincia autonoma di Bolzano. Ciò perché l'articolo 47-bis del decreto-legge prevede la cosiddetta clausola di salvaguardia degli statuti speciali.
Bisogna specificare, tuttavia, che le autonomie speciali non sono tutte uguali, e ritengo sia il caso di introdurre un principio che dovrebbe essere sempre rispettato, un precedente, poiché la provincia di Bolzano non è uguale a tutte le altre autonomie.
La provincia autonoma di Bolzano, infatti, è un'autonomia etnica e non territoriale. In tale realtà vi sono 300 mila tedeschi, governati da un partito unico che è il partito-Stato, e 100 mila italiani, che sono discriminati; vi è anche un'altra minoranza in Alto Adige, quella ladina.
All'interno dello Stato italiano, paradossalmente, la minoranza italiana e quella ladina sono discriminate, soprattutto perché non si ravvedono nei confronti di quello che da noi è chiamato il partito-Stato, vale a dire il partito-provincia. Allora, quando si prevede una clausola di salvaguardia, che ritengo giusta per le altre autonomie speciali (e che anche noi, quando c'era il Governo Berlusconi, abbiamo sempre voluto prevedere), vorrei evidenziare che, al contempo, essa non lo è per un'autonomia che, paradossalmente, crea discriminazioni nei confronti dei cittadini italiani come noi!
Vorrei fare un esempio che, di solito, sorprende chi non conosce la nostra realtà. Se voi vi trasferiste e prendeste la residenza in Alto Adige, in quanto italiani non potreste votare! Paradossalmente, se il Presidente della Repubblica Napolitano dovesse prendere la residenza a Bolzano, non potrebbe assolutamente esercitare il proprio diritto di elettorato attivo!
Ritengo si tratti di circostanze sorprendenti, che i partiti dell'arco costituzionale italiano sono chiamati decisamente a sanare, poiché violano i principi fondamentali contenuti nella nostra Carta costituzionale. Oltre a quello dell'elettorato attivo, esistono numerosi altri problemi di questo genere in Alto Adige, e sono causati proprio da quello statuto di autonomia, nonché dalle relative norme di attuazione, che intendiamo tutelare attraverso la clausola di salvaguardia!
Allora, va bene prevedere una tutela, ma non quando in questi statuti di autonomia sono contenute lesioni deliberate dei diritti fondamentali e degli interessi di cittadini italiani come noi! Il Governo italiano, di qualsiasi colore politico esso sia, si deve pertanto impegnare per tutelare una minoranza territoriale residente in una porzione del nostro Stato.
La minoranza italiana, infatti, viene vilipesa costantemente e viene provocata, ogni giorno, da un partito che ha una serie di tentacoli: mi riferisco ad associazioni da esso derivanti, che sono preposte a provocare,Pag. 68costantemente, la popolazione di lingua italiana. Basti un esempio per tutti.
Recentemente, un corpo folkloristico (che, in realtà, porta delle armi storiche) come gli Schützen - che di folkloristico hanno ben poco! - hanno affisso manifesti inneggianti ai tralicci degli anni Sessanta. Si riferivano, in altri termini, alle bombe e alle stragi di quegli anni, nei quali, tra civili e militari, sono morti 20 cittadini italiani come noi e vi è stato spargimento di sangue italiano! Ebbene, essi hanno inneggiato alle bombe attraverso dei manifesti di stampo terroristico, ma nessuno, all'interno dello Stato italiano, ha sentito il dovere di intervenire!
Con quei manifesti si voleva inneggiare ad un'autonomia ottenuta grazie alle bombe, perché quello era l'intendimento: infatti, vi era scritto «Danke», che in tedesco significa «grazie»! Se essi volevano dire che si è ottenuta l'autonomia grazie al traliccio saltato, allora tale autonomia va rivista e sanzionata quando arreca, come già detto, lesioni a diritti civili fondamentali.
Voglio fortemente richiamare l'attenzione di questa Assemblea e del Governo in carica - come feci a suo tempo con il Governo Berlusconi - su una questione fondamentale, che ci riguarda tutti da vicino (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. La deputata Santelli ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Crosetto n. 9/1750/103, di cui è cofirmataria.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, questo ordine del giorno, purtroppo, riporta la Camera e il Governo ad uno dei temi più difficili di questi giorni, ossia il declassamento dell'Italia da parte di due importantissime agenzie di rating. Al riguardo, il Governo ha reso delle buffe dichiarazioni per cercare di scaricare sul Governo precedente la responsabilità di tale declassamento.
Se la memoria non è corta per nessuno, ricorderemo tutti che a giugno già vi era stato un avviso preciso all'Italia: se la legge finanziaria non avesse seguito le regole indicate nel DPEF e il Governo si fosse lasciato prendere la mano dalle esigenze più particolari e politiche della sua maggioranza venendo meno agli impegni assunti, con molta probabilità questo declassamento sarebbe avvenuto. Purtroppo, così è stato e la situazione davanti agli occhi di tutti è drammatica.
Ciò dovrebbe spingere voi del Governo ad assumere decisioni serie sulla manovra finanziaria e su questo decreto-legge che, purtroppo, ne è parte integrante. Con molta probabilità sarà messa complessivamente in discussione l'intera finanza italiana e vi sarà una fuga da parte degli investitori esteri: non tanto quelli privati, ma soprattutto quelli di blocco, che evidentemente non avranno più fiducia in questo paese.
Speriamo anche in un ripensamento da parte del Governo rispetto all'aumento dell'aliquota sui BOT, all'indebitamento dello Stato, dal 12,5 per cento al 20 per cento: in un paese che ha già subito il declassamento, abbassare le garanzie di rendita porterà chi in questo momento ci sta aiutando a coprire il debito pubblico a scappare da questo paese.
Già avete aumentato tutto ciò che era possibile aumentare, in termini di tasse. Probabilmente, il ministro Visco dovrà trasformare l'intero Ministero dell'economia e delle finanze in una sorta di «centralone» elettronico; si cercherà anche nelle case degli italiani se ci sono soldi residui. Ma difficilmente troverete tutti quei soldi che ci possano consentire di difenderci da quella che sarà, purtroppo, una triste fine per l'economia di questo paese. Ci chiediamo se vi sarà un rinsavimento da parte di questo Governo: ma purtroppo sembra non vi sia.
Non sappiamo a cosa porterà la riunione che si sta tenendo in queste ore tra i partiti e le componenti di Governo: lo vedremo nei prossimi giorni, ma certo non depone niente di buono.
Purtroppo, sono anche fatti nostri, perché probabilmente verrà trovato unPag. 69accordo per salvaguardare questo Governo, ma che porterà ulteriori problemi a questo paese e ai suoi cittadini.
Il nostro ordine del giorno impegna il Governo a monitorare i risultati di questa manovra finanziaria, con la possibilità e la capacità, in relazione a questo monitoraggio, di invertire la rotta. Credo sia un ordine del giorno importante per voi. Ritengo debba essere accettato, perché potrà servire a voi per controllare gli errori che avete commesso e per accertare i risultati della manovra finanziaria in tempo. E, se possibile, servirà a tutti noi per tentare di mutare il vostro atteggiamento in materia di politica economica e per evitare ulteriori danni a questo paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Fratta Pasini ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Alfredo Vito n. 9/1750/121, di cui è cofirmatario.
PIERALFONSO FRATTA PASINI. Signor Presidente, il potere d'acquisto delle pensioni di vecchiaia non è stato adeguatamente tutelato dalle diverse riforme del sistema pensionistico. Con questo ordine del giorno, io e gli altri firmatari chiediamo cosa intenda fare il Governo al riguardo, perché la tutela degli anziani deve essere considerata un punto di onore per tutto lo Stato civile, il più rilevante tra gli obiettivi della sicurezza sociale.
Signor Presidente, prendo spunto da questo ordine del giorno, che denuncia una delle tante carenze e delle tante insufficienze di questo provvedimento finanziario, per richiamare l'attenzione dell'Assemblea, dei colleghi che stanno qui a chiacchierare, e anche l'attenzione dei cittadini - che spero ancora stiano seguendo i nostri lavori - sulla gravità di quanto sta avvenendo.
Oggi pomeriggio l'onorevole Franceschini nella sua dichiarazione di voto aveva auspicato che maggioranza e opposizione, invece di farsi trascinare in una rissa, lavorassero insieme per il bene del paese. Colleghi, come è possibile lavorare insieme quando il Parlamento è espropriato della possibilità di fare il proprio lavoro? Come è possibile chiederci di dare il nostro contributo quando lo strumento principe con il quale il Parlamento può lavorare - il voto sugli emendamenti - è stato cancellato con un atto di imperio?
L'abuso del voto di fiducia che questo Governo sta ponendo in essere, anche in questa Camera - dove tra l'altro la maggioranza ha numeri ampi e comodi, grazie alla legge elettorale -, non ha il consenso dei cittadini, a dimostrazione clamorosa della debolezza di questo Governo e della vostra incapacità di trovare una sintesi politica anche tra di voi.
Stiamo assistendo ogni giorno ad un incredibile balletto di cifre, di ipotesi, di smentite. In questo disegno di legge finanziaria è cambiato quasi tutto e ciò sta avvenendo ogni giorno; e voi ci chiedete di approvare un provvedimento collegato fiscale - oggi, domani, dopodomani, non so quando sarà posto in votazione - destinato ad essere stravolto nei prossimi giorni e anche nelle prossime ore.
Questo spettacolo di una maggioranza che smentisce se stessa, di un ministro dell'economia e delle finanze che si sente (sono parole di Padoa Schioppa) «ostaggio di nove partiti e delle esigenze di ciascuno», non è degno di un grande paese come il nostro.
Il vostro tentativo di giocare con le cifre, di dare l'impressione che questa finanziaria colpisca solo i ricchi è fallito in partenza.
Quest'anno, per la prima volta, dopo cinque anni nei quali l'imposizione fiscale in Italia non è mai cresciuta ed, anzi, ha conosciuto alcuni alleggerimenti, la pressione fiscale complessiva aumenta.
Lo avevamo detto fin dalla campagna elettorale: il vostro sarebbe stato il Governo delle tasse! Ci accusavate di delinquenza politica, quando dicevamo queste cose. Ora i fatti ci hanno dato ragione e la gente se ne è finalmente accorta. Se ne sono accorti i grandi giornali di opinione che vi avevano sostenuto in campagna elettorale; se ne sono accorte le agenzie di rating, nonché i sondaggisti di opinione edPag. 70anche molti membri della vostra stessa maggioranza che vivono con disagio crescente questa situazione.
Oggi siete ricorsi ad un voto di fiducia anche per questa ragione: una fiducia che alcuni di voi dichiaratamente votano solo per disciplina di maggioranza, senza condividere quasi nulla nel merito di questo provvedimento.
Volevate fare piangere i ricchi, come era scritto in un manifesto del quale si è molto parlato. Forse, ci siete riusciti, ma non vi accorgete che non piangono solo loro. Piangono tutti gli italiani: i lavoratori, i datori di lavoro, i professionisti, i commercianti e gli artigiani, ma piangono, signor Presidente, soprattutto i giovani!
A loro state uccidendo un sogno, quello, magari, di diventare un giorno ricchi o benestanti, ma anche quello più immediato di trovare un lavoro dignitoso, un'opportunità per la loro vita. L'onorevole Franceschini ci chiede di essere un'opposizione responsabile di fronte a tutto questo. Noi abbiamo un profondo senso di responsabilità, signor Presidente, nei confronti del paese, di chi ci ha votato ed anche di chi ha votato per la sinistra e si è reso conto dell'errore che ha compiuto.
Proprio perché siamo responsabili, signor Presidente, sappiamo che la nostra prima responsabilità è mandarvi a casa al più presto, prima che facciate in tempo a fare altri danni per il nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Il deputato Ponzo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/71.
EGIDIO LUIGI PONZO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il decreto-legge in esame è stata reintrodotta la tassa sulle successioni, inizialmente travestita da incremento delle imposte ipotecarie, catastali e di registro.
La disposizione è sempre stata considerata vessatoria nei confronti dei cittadini, i quali, correttamente, ritengono intollerabile la tassazione del passaggio dei beni e dei rapporti di famiglia. Ora, già in campagna elettorale, vi è stata una grande disputa, un balletto di cifre: chi parlava di trecento milioni delle vecchie lire, chi parlava di cinquecento milioni.
Poi il Presidente Prodi tagliò corto, dicendo che si sarebbe trattato soltanto di grossi capitali, senza precisarne l'entità. Fatto sta che poi, con questo provvedimento, è stata reintrodotta di nuovo questa tassa. Onorevoli colleghi, si tratta della tassa più ingiusta che possa esistere nel campo delle tassazioni. Infatti, i cittadini già pagano le tasse, producono il reddito e pagano le tasse sul reddito che hanno prodotto. Dopo di che, possono disporre di ciò che resta loro come vogliono: possono sperperarlo, possono comprarsi un automobile, possono giocarselo, possono fare quello che vogliono, perché sono soldi loro. Invece, i cittadini di buonsenso cosa fanno? Mettono da parte questi risparmi, li accumulano e fanno investimenti: comprano magari una casa per poi poterla lasciare ai propri figli. E cosa fa lo Stato? Con questo provvedimento impone di nuovo le tasse sui risparmi che erano già al netto delle tasse. Quindi, questa è la tassa più ingiusta che possa esistere!
Poiché in questo Parlamento, nel paese e nelle forze politiche vi sono ancora alcuni che ritengono che la proprietà sia un furto, chiediamo al Governo di impegnarsi almeno ad effettuare un monitoraggio sulla normativa successoria, al fine di valutare l'opportunità di abolire qualsiasi tassazione per il passaggio dei beni tra coniugi ed ascendenti e discendenti diretti, cioè tra padre e figlio ed, eventualmente, innalzandola per i parenti a partire dal terzo grado (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Il deputato Baldelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1750/94.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, l'ordine del giorno riguarda l'articolo 41 del provvedimento. Si tratta di una disposizione che è già stata oggetto di una querelle parlamentare sviluppatasi nelPag. 71corso della discussione. Ricorderete che nella giornata di ieri il ministro Chiti si è affrettato a raggiungere l'aula per fornire un chiarimento su una richiesta formulata dal presidente del gruppo di Forza Italia in ordine alla applicabilità di questo articolo ai vertici della RAI.
Prima di procedere all'illustrazione dettagliata dell'ordine del giorno, mi premeva rilevare come, nel corso di tutta la discussione, nei giorni scorsi, ma in particolare nella seduta odierna in cui ha avuto luogo la votazione sulla questione di fiducia, abbia brillato per l'assenza dall'aula il ministro dell'economia e delle finanze Padoa Schioppa, che pure è il ministro interessato e competente in materia. È singolare, signor Presidente, che il ministro competente non sia presente neanche in sede di dibattito sulla fiducia posta dal suo Governo!
L'articolo 41, al quale si riferisce l'ordine del giorno che sto illustrando, riguarda il sistema dello spoils system; si allarga, nei fatti, la sfera di competenza dello spoils system, così com'era prevista dalla legge n. 165, articolo 9, comma 8. Evidentemente, si tratta di una di quelle norme che introducono, in maniera neanche troppo surrettizia - direi piuttosto palese -, il meccanismo del ricambio, quasi dell'epurazione, che questa maggioranza sta cercando di attuare tra i vertici delle agenzie fiscali.
Dunque, non solo si costruisce un impianto inquisitorio, come abbiamo già messo in evidenza nel corso di questa discussione, non solo si rafforzano i poteri inquisitori dal punto di vista fiscale nei confronti dei cittadini contribuenti e delle imprese artigiane e commerciali, ma addirittura si cambiano i vertici delle agenzie fiscali attraverso un'operazione volta a collocare in questi moli persone politicamente di fiducia dell'attuale maggioranza.
Si tratta, indubbiamente, di un'aggravante del meccanismo che contraddistingue questo decreto fiscale; è un'impostazione chiaramente punitiva nei confronti del contribuente, che fa venir meno quel rapporto di necessaria fiducia che deve esserci tra contribuente e Stato che applica le imposte.
È evidente che, anche nel corso delle dichiarazioni di voto di oggi, la maggioranza parlamentare ha dato prova di fronte al paese di avere i nervi a fior di pelle. È chiara la crisi interna che sta emergendo nella maggioranza. Forse, il ministro Padoa Schioppa è stato troppo impegnato a partecipare ai vertici a Palazzo Chigi per poter venire in quest'aula a fare il suo mestiere di ministro e spiegare, rivolgendosi al Parlamento, le motivazioni di tante norme che sono state inserite in questo decreto fiscale. Dicevo: molti sono gli elementi di crisi, di nervosismo. Tra questi, rientra, non ultimo, l'episodio citato dall'onorevole La Russa, cioè le dichiarazioni rilasciate al Corriere della sera dal Presidente del Consiglio Romano Prodi, il quale sfida, nei fatti, attacca e, in qualche misura, provoca settori ed esponenti della sua maggioranza. Questa crisi appare lampante e si esprime, evidentemente, anche all'interno dell'emiciclo parlamentare, nel corso di dibattiti come quello che si è svolto oggi.
La sintesi di tasse e bugie che questo provvedimento certifica di fronte non solo all'opposizione parlamentare ma anche al paese, ai cittadini, in occasione di queste dirette televisive, fa male e dà fastidio. È altrettanto chiaro che la nostra opposizione, così come si sta consumando in quest'Assemblea, così come si è consumata fino a quest'ora, continuerà anche nella giornata di domani ed il Governo sarà costretto ad essere presente in aula anche - ce lo auguriamo - con i suoi ministri più autorevoli. A questo proposito, inoltre, non si capisce come mai il ministro degli affari esteri, che dovrebbe essere in giro per il mondo a rappresentare il Governo italiano, oggi era presente mentre il ministro dell'economia e delle finanze, che dovrebbe essere qui a seguire il dibattito sul decreto fiscale, sia invece assente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Come di intesa, sospendiamo i nostri lavori, che proseguiranno domani mattina alle 9, con l'illustrazione degli ordini del giorno.