Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (A.C. 1746-bis); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2007 e bilancio pluriennale per il triennio 2007-2009 (A.C. 1747).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2007 e bilancio pluriennale per il triennio 2007-2009.
Ricordo che nella seduta di ieri è iniziata la discussione congiunta sulle linee generali.
(Ripresa discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 1746-bis e A.C. 1747)
PRESIDENTE. Riprendiamo, quindi, la discussione congiunta sulle linee generali.
È iscritto a parlare il deputato Tenaglia. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, gli effetti di una legge finanziaria si giudicano nel lungo periodo, guardando al futuro. Tuttavia, le ragioni di alcune delle scelte operate in questo disegno di legge finanziaria, la necessità ed i tempi di queste scelte e di questi interventi vanno cercati nelle azioni passate. Di questo non occorre perdere memoria in quest'aula e occorre ricordarlo anche ai cittadini che possono aver dimenticato queste azioni passate.
La necessità dell'imponente, stringente - e concentrata in un solo anno - opera di risanamento della finanza pubblica e di contenimento della spesa pubblica che questo disegno di legge finanziaria persegue e che non ha pari nei precedenti della storia repubblicana, se non nel 1992 e negli anni precedenti all'entrata dell'Italia nel sistema della moneta unica, deriva non solo dalla situazione di sforamento del rapporto deficit-PIL imposto dai parametri di Maastricht, non solo dall'essere laPag. 2spesa pubblica, negli ultimi cinque anni, aumentata e divenuta fuori controllo - tutte questioni ereditate dalle gestioni finanziarie degli ultimi cinque anni -, ma anche dalla circostanza che tale opera era necessaria già nei due anni passati ed era stata rinviata, scaricandone la responsabilità e l'onere su coloro che avrebbero vinto le elezioni politiche.
Non ci tiriamo indietro in questo compito e lo porteremo ancora a compimento, come è stato fatto nel passato, affinché il paese sappia distinguere i meriti di oggi dalle responsabilità di ieri di coloro che, con la loro opera di Governo, hanno creato questa situazione di sfascio. Così come opereremo per una lotta all'evasione fiscale, che ha raggiunto intollerabili livelli per un paese evoluto e civile, e per una vera equità fiscale, dove tutti siano chiamati a contribuire alla spesa pubblica con criteri di equità e giustizia, aumentando, sì, i livelli di controllo, ma anche favorendo la crescita del senso civico e la consapevolezza di ricevere servizi efficienti, chiarendo che non vi sono premi per coloro che non adempiono all'obbligo e al dovere di pagare le imposte e le tasse.
Ieri, in alcuni interventi ho sentito parlare di condoni come di misure necessitate da un sistema fiscale ereditato, fatto di troppi controlli. I condoni non sono l'effetto di un sistema fiscale vessatorio, bensì una delle concause dell'evasione, perché ingenerano la convinzione della convenienza ad evadere rispetto all'adempimento legittimo e tempestivo del proprio dovere fiscale. Questo deve essere chiaro. Non ci devono essere dubbi su questo fronte!
I cittadini onesti vanno premiati con servizi efficienti e con la creazione di un sistema fiscale equo. Sul piano dello sviluppo del paese, non ripeterò le cose che, su altri settori, sono state già dette in quest'aula, ma voglio incentrare l'attenzione sulle misure riguardanti il settore della giustizia.
È ormai acquisito che il corretto e celere funzionamento della macchina giudiziaria, la durata ragionevole dei processi, sono uno degli elementi che concorrono alla realizzazione di un sistema paese competitivo. È una consapevolezza che, nel passato, è mancata e che è aumentata non solo tra gli operatori della giustizia, magistrati ed avvocati, ma anche in chi, come noi, è chiamato a compiere alcune scelte per far sì che la competitività e l'efficienza del sistema giustizia aumentino.
Negli ultimi cinque anni, solo apparentemente sono aumentate le dotazioni a favore del settore della giustizia. È mera apparenza, perché il precedente Governo ha aumentato solo le spese fisse, ossia quelle per gli stipendi, mentre sono diminuite le spese variabili, in primis i fondi destinati ai servizi della giustizia, che in cinque anni sono diminuiti del 52 per cento, arrivando ad una situazione per la quale negli uffici giudiziari, a giugno di ogni anno, queste risorse erano esaurite, il che ha comportato spesso il ricorso a risorse esterne (per esempio, quelle delle forze di polizia) o addirittura a risorse personali degli operatori di giustizia, magistrati e personale giudiziario, che in molti casi hanno anticipato i soldi di tasca propria.
Una tale politica non ha minimamente inciso sulla durata dei processi e sul numero delle sentenze e non ha migliorato la produttività del sistema, ma l'ha addirittura peggiorata, se è possibile in una situazione di questo genere. Quindi, occorre voltare pagina in materia di giustizia. Anche in questo settore, la finanziaria opera una scelta e pone degli obiettivi strategici: la riduzione dei tempi e dei costi dei processi (sembra un ossimoro, ma non lo è). L'efficienza del sistema giustizia è possibile attraverso questi obiettivi: la riorganizzazione delle articolazioni territoriali, gli investimenti in materia di edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile (che vengono aumentati), lo sviluppo della professionalità e del rendimento di tutto il personale (è una delle sfide che ci vedrà impegnati in questa legislatura: creare un sistema di valutazione della professionalità del personale amministrativo e della magistratura), l'innovazione ed il potenziamento tecnologicoPag. 3dei servizi, il rafforzamento dell'opera di cooperazione giudiziaria, che è uno dei punti nevralgici e delle spine dorsali del sistema europeo di giustizia e sicurezza interna.
Per raggiungere tali obiettivi e in considerazione della loro funzione strategica, la dotazione del Ministero della giustizia risulta tra le meno colpite da questa finanziaria, pur nella considerazione di un'opera generale ed imponente di risanamento che, come ho già detto, ha pochi precedenti nella storia repubblicana.
La sottolineatura che è stata fatta, sia in Commissione sia in quest'aula, sulla diminuzione dello stato di previsione per il 2007 del Ministero della giustizia, in realtà, non risponde al vero, perché il decremento, pari ad una quota quasi assorbente del 3,8 per cento, deriva dalla normativa contenuta nel decreto Bersani relativa al blocco delle anticipazioni delle spese di giustizia da parte di Poste Italiane, allo scopo legittimo, prioritario ed indispensabile di individuare meglio gli andamenti delle singole poste di bilancio. I fondi non vengono diminuiti; viene solo mutata la loro fonte di pagamento.
Nello specifico delle misure, oltre all'aumento del fondo di dotazione per l'edilizia giudiziaria e penitenziaria, della quale ho già detto, occorre evidenziare una novità assoluta, ossia il fondo di dotazione di 200 milioni di euro l'anno, finalizzato alle esigenze correnti dell'acquisizione di beni e servizi, che consentirà di evitare la paralisi che si è verificata nel passato per l'esaurimento nel corso dell'anno delle dotazioni dei servizi giudiziari. Quindi, sotto questo profilo la gestione degli uffici avrà un beneficio notevole; soprattutto ne avranno un beneficio quei servizi strettamente connessi all'esercizio della giurisdizione, ossia alla fruizione, da parte del cittadino, di un processo celere, equo e nel quale siano in equilibrio garanzie ed efficienza.
Un'altra scelta strategica che viene supportata è quella riguardante l'informatizzazione dei servizi; nell'ottica della politica di ragionevole durata dei processi, viene perseguita con significativo aumento dell'importo del bilancio, che raggiunge 84 milioni di euro.
Certo, è un primo passo, poiché tali fondi non sono ancora sufficienti, soprattutto per realizzare la piena informatizzazione del processo civile; tuttavia, essi costituiscono, rispetto al passato, un progresso notevole.
Debbo altresì evidenziare con favore, rispetto alla stesura originaria dell'articolo 64 del disegno di legge finanziaria, l'emendamento, annunciato dal Governo, concernente gli adeguamenti automatici dei trattamenti stipendiali del personale...
PRESIDENTE. La prego di concludere...
LANFRANCO TENAGLIA. ...non contrattualizzato della pubblica amministrazione.
Concludo, Presidente. Con tale proposta emendativa, verranno salvaguardati soprattutto i giovani professionisti che operano all'interno della pubblica amministrazione (vale a dire, coloro che guadagnano meno di 53 mila euro) e si conseguiranno maggiori risparmi nella spesa dello Stato.
Si tratta dei primi passi di un cammino che, in cinque anni, deve portarci a costruire una giustizia efficiente, giusta e dalla durata ragionevole...
PRESIDENTE. Deve proprio concludere, onorevole!
LANFRANCO TENAGLIA. Sono i primi passi per giungere ad offrire ai cittadini un paese migliore rispetto a quello che abbiamo ereditato (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giudice. Ne ha facoltà.
GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, le problematiche della coalizione di Governo e la confusione della sua politica si riflettono decisamente non solo nel testo del disegno di legge finanziaria in esame,Pag. 4ma, ancora di più, nel desolante spettacolo a cui abbiamo assistito durante la trattazione di detto provvedimento in sede di Commissione bilancio.
Che da alcuni anni, signor Presidente, vi sia una vera e propria crisi nel rapporto tra Esecutivo e Parlamento ritengo sia sotto gli occhi di tutti, ma che si potesse giungere ad un livello così basso non lo avrei mai creduto!
Mi preme, in via preliminare, esprimere la mia piena solidarietà all'onorevole Ventura, relatore sul disegno di legge finanziaria, che ho avuto modo, in questi anni, di apprezzare per la sua straordinaria correttezza intellettuale, nonché per il suo corretto approccio alle regole, nel profondo rispetto delle istituzioni. In questi giorni, ho visto l'onorevole Ventura aggredito da una maggioranza che mira a portare a casa, egoisticamente, qualcosa per sé più che dare al paese una legge finanziaria seria, breve e correttamente presentabile agli organi europei, i quali attentamente osservano quale manovra di finanza pubblica il Parlamento sarà in grado di licenziare.
Fa quasi impressione chi fa finta di non capire che oggetto del giudizio delle agenzie internazionali di rating è proprio questa manovra di bilancio. Le agenzie guardano più agli aspetti qualitativi che a quelli meramente quantitativi di tale manovra. Si tratta infatti, per una parte, di alcuni interventi variegati nelle più diverse direzioni, i quali non corrispondono ad alcuna strategia o linea, ma soddisfano le diverse anime e finalità di questo Governo e di questa maggioranza, che appaiono al paese assolutamente discutibili. Per il resto, siamo in presenza di un ammasso di norme secondarie e frammentarie che, in un paese serio, non dovrebbero trovare ospitalità all'interno del disegno di legge finanziaria.
Le agenzie internazionali che hanno declassato il nostro paese sanzionano non solo la qualità troppo bassa dei provvedimenti di bilancio, ma anche la manifesta insufficienza della complessiva politica legislativa del Governo in carica. Ricordo che, da poco, abbiamo superato il primo semestre della legislatura, tuttavia il Parlamento ha approvato, in tutto, tredici leggi, otto delle quali di conversione di decreti. Credo si tratti di un triste primato, aggravato dal fatto che i provvedimenti d'urgenza concernono, in massima parte, interventi eterogenei e frammentari, associati a questioni di primaria rilevanza politica. Vorrei portare un semplice esempio: il decreto-legge che abbiamo licenziato, il quale al momento si trova al Senato, che concorre alla realizzazione della manovra di finanza pubblica oggi al nostro esame. Tale provvedimento investe, al contempo, sia temi di notevole rilevanza economica e sociale, sia normative del tutto secondarie ed occasionali.
Ai colleghi che ieri mi chiedevano (sapendo che, in questi giorni, ho operato presso la Commissione bilancio) alcune informazioni sui contenuti del disegno di legge finanziaria, non ho avuto possibilità o modo di rispondere. Infatti, la velocità con la quale si avvicendavano proposte emendative presentate dal relatore e dal Governo è stata tale che difficilmente la stessa Commissione è riuscita ad avere un quadro compiuto e chiaro riguardo alla strategia di bilancio di questo Esecutivo.
Ciò che impressiona, tuttavia, è il divario esistente tra gli annunci del Governo e del ministro dell'economia e delle finanze ed il contenuto del provvedimento al nostro esame. Ricordo che l'onorevole Ventura ha svolto una relazione, all'inizio di questo dibattito, affermando, riferendosi al Mezzogiorno, che finalmente, dopo anni di latitanza, riappare una politica per la crescita del Meridione. Ebbene, vorrei segnalare che non ho riscontrato ciò.
ANTONIO LEONE. Era un'altra finanziaria!
GASPARE GIUDICE. Al fine di ricostruire un quadro complessivo delle risorse finanziarie disponibili per gli interventi a favore delle aree sottoutilizzate, come risulta dal disegno di legge finanziaria in esame, bisogna tenere conto di tre voci fondamentali. La prima di esse è costituita dalle autorizzazioni pluriennaliPag. 5di spesa indicate nel settore 4 della Tabella F; la seconda sono le ulteriori disposizioni contenute negli articoli del disegno di legge finanziaria, in particolare negli articoli 105 e 121, i quali prevedono risorse aggiuntive per il fondo delle aree sottoutilizzate; la terza voce, infine, è rappresentata dalle risorse nazionali destinate al cofinanziamento degli interventi dell'Unione europea nelle aree sottoutilizzate, allocate nel fondo di rotazione per le politiche comunitarie.
Ebbene, sommando le risorse finanziarie di queste tre voci, le disponibilità complessive per gli interventi nelle aree sottoutilizzate risultano per il 2007 pari a 9.461 milioni di euro, per il 2008 pari a 10.960 milioni di euro, per il 2009 pari a 15.009 milioni di euro, mentre per l'anno 2010 e per i seguenti si appostano 70.899,5 milioni di euro. Il totale risulta essere pari a 106 milioni di euro, di cui 70 o 71 per gli anni che verranno.
Ponendo seriamente a raffronto gli importi relativi al primo anno della manovra di finanza pubblica con quelli autorizzati dalla scorsa legge finanziaria, si può evidenziare come il disegno di legge finanziaria per il 2007 determina, rispetto al primo anno della manovra per l'esercizio finanziario 2006, una riduzione di 867 milioni di euro delle risorse complessivamente destinate alle aree sottoutilizzate.
Non comprendo, allora, dove sia la svolta operata da questo Governo in materia di politiche a favore del Mezzogiorno! A quale finanziaria faceva riferimento il relatore?
Vorrei ora passare brevemente, signor Presidente - anche perché vorrei evidenziare che non ve ne è stata l'occasione durante l'esame del provvedimento in sede di Commissione -, ad alcune misure riguardanti, in particolare, la Sicilia, nei confronti della quale questo Governo ha avuto un occhio di riguardo «in negativo». Ciò sembra denotare un atteggiamento quasi punitivo, magari perché quella regione è governata dal centrodestra.
Mi riferisco, in modo particolare, ad alcune disposizioni recate dal disegno di legge finanziaria. L'articolo 190, infatti, sopprime in due righe le risorse finanziarie assegnate, in passato, alla fondazione per la ricerca nel campo delle biotecnologie. Si tratta di una decisione del Governo che non solo mortifica la Sicilia, ma farà fare all'intero paese una cattiva figura nei confronti degli organi internazionali, magari per il risentimento di qualche professore di Pittsburgh stranamente approdato alla politica!
Vede, signor Presidente, credo che alcuni principi debbano essere rispettati; tra questi, vi sono le norme statutarie della regione siciliana, che questo Esecutivo ha ritenuto di mettere sotto i piedi: mi riferisco, in particolare, all'articolo 101 del disegno di legge finanziaria. Tale articolo, infatti, dispone il completo trasferimento della spesa sanitaria alla regione siciliana, con l'elevazione, nel triennio 2007-2009, dell'attuale aliquota regionale di compartecipazione dal 42,5 al 45 per cento, innalzandola successivamente al 47,5 per giungere, infine, al 50 per cento.
Ciò ignorando, per un verso, che in realtà la partecipazione alla spesa da parte della regione è considerevolmente superiore a tali aliquote. Vorrei precisare, infatti, che la Sicilia destina al servizio sanitario il 90 per cento del gettito IRAP, l'intero gettito dell'addizionale IRPEF ed i ricavi propri delle aziende sanitarie. Si può affermare che, nel 2005, la spesa sanitaria di questa regione rimasta a carico dello Stato è stata pari al 28 per cento.
Va ricordato, peraltro, che, quando lo Stato stabilì che, a partire dal 1994, le regioni a statuto speciale, tra cui la Sicilia, concorressero al finanziamento del servizio sanitario, fu previsto che tale concorso avvenisse in attesa delle norme di attuazione, mediante le quali si sarebbe dovuto procedere, ai sensi del comma 7 del citato articolo 12, al completamento del trasferimento delle competenze previste dagli statuti di autonomia delle medesime regioni.
Per concludere, signor Presidente, quelli che ho indicato e tanti altri sono gli aspetti che ci deludono. Speriamo che il Governo voglia recuperare aprendo in aulaPag. 6quel dibattito che in Commissione è mancato. Speriamo che si voglia discutere in maniera seria, in quest'aula parlamentare, di un provvedimento che ha colpito veramente l'intero territorio nazionale. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Grazie a lei.
È iscritto a parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, venendo in rilievo il disegno di legge finanziaria, sorge d'obbligo la domanda: ma di quale finanziaria stiamo parlando? Di quella presentata il 29 settembre o di quella con gli oltre 250 emendamenti che vari ministri hanno mano a mano annunciato o presentato? Di quella con 3 mila emendamenti provenienti dalla maggioranza o di quella con 20 mila emendamenti, che ci chiede il paese tutto unito? La finanziaria, di fatto, non esiste: quella che è stata scritta a settembre è carta straccia da buttare via che nessuno ha capito, che nessuno condivide.
Eppure, il disegno di legge finanziaria continua ad essere presentato come un gigantesco tentativo di redistribuire la ricchezza, mentre, in realtà, il saldo finale della manovra sull'IRPEF risulta positivo per il fisco anche al netto degli annunciati aumenti degli assegni familiari e dei vantaggi per le fasce di reddito più basse, ritenuti minimi, se non addirittura inesistenti. In un dibattito televisivo, il Vicepresidente del Consiglio D'Alema ha affermato che, il 27 gennaio 2007, aprendo le buste paga, i lavoratori si renderanno conto dell'importanza di questa manovra economica, della legge finanziaria. Io dico al ministro D'Alema che, se quelle buste paga avessero le mani, gli farebbero la faccia gonfia!
Non si possono continuare a dire bugie ai lavoratori, alle fasce più deboli, a coloro i quali, tutte le mattine, si rimboccano le maniche per mandare avanti questo paese! La verità è che questo Governo ha la mentalità «fischiana» del viceministro Visco, di fatto ministro dell'economia, il quale ha l'idea preconcetta secondo la quale tutti gli italiani sono evasori e mascalzoni (idea che dovrebbe essere rispedita al mittente). Questa pressione fiscale è tipica dei paesi dittatoriali!
Contemporaneamente, la reintroduzione delle detrazioni opera un inasprimento dell'incidenza della tassazione decentrata sui contributi, valutabile, secondo le stime del Governo stesso (contenute nella relazione tecnica), nell'ordine di oltre 400 milioni di euro, a causa di maggiori addizionali regionali e comunali.
Uno dei capisaldi economici della manovra, il trasferimento forzoso all'INPS del TFR dei lavoratori, oltre a rappresentare un'operazione di dubbia legittimità sul piano contabile, costituisce un vero e proprio attentato all'improcrastinabile decollo della previdenza complementare.
La dimensione economica della finanziaria è, peraltro, del tutto ingiustificata se si considera l'andamento dei conti pubblici, che, in base agli indicatori disponibili, risulta in netto miglioramento, e comunque in linea con le richieste di Bruxelles. L'ISTAT ha appena comunicato che, nei primi sei mesi del 2006, il rapporto deficit-PIL è sceso sotto il 3 per cento (quindi, in linea con i parametri europei). Inoltre, risultano tutti di segno positivo gli altri dati di bilancio: saldo primario, entrate correnti, imposte dirette ed imposte indirette. L'Italia stava andando bene ma, tutto ad un tratto, con il provvedimento in esame, la si è voluta affossare!
Il disegno di legge contiene anche elementi di autentica vessazione fiscale nei confronti di categorie deboli e, comunque, non rilevanti ai fini della lotta all'evasione fiscale. Vengono penalizzati persino i portatori di handicap, a favore dei quali, nella prima stesura, erano stati vergognosamente previsti appena 50 milioni di euro di stanziamento. Al contrario, per fare un solo esempio (tra i meno evidenziati), in un crescendo rossiniano di nuovi balzelli e ticket, l'aggio sulla riscossione delle cartelle esattoriali è stato quintuplicato e trasferito a carico dei contribuenti!
La manovra risulta estremamente deludente per le stesse attese di lavoratoriPag. 7dipendenti e pensionati, che stanno facendo sciopero giustamente (a differenza di quanto è avvenuto sabato, quando uomini di Governo sono andati a protestare contro se stessi: unico esempio al mondo, che ci fa capire a che punto siamo arrivati!): non solo non recuperano il fiscal drag, ma non traggono alcun beneficio, nonostante le promesse, dalla riduzione del cuneo fiscale. Restano senza risposta anche le istanze di molti lavoratori precari che operano in alcuni comparti della pubblica amministrazione quali enti locali e ricerca, che è e che continua ad essere il fanalino di coda (ha ragione Mussi: si dovrebbe dimettere!), l'università e la sanità.
A proposito, che vergogna, nella sanità, i ticket di pronto soccorso! Quando uno si sentirà male, dovrà portarsi anche portafoglio e libretto degli assegni perché, se per caso non ha nulla (come tutti noi spereremmo), deve pagare 41 euro di ticket e, per ogni ricetta, 10 euro di ticket in più! Andava sicuramente meglio quando andava peggio (come si suole dire): nella prima Repubblica, queste cose non sarebbero mai successe, perché c'erano parlamentari e, soprattutto, uomini di Governo validi, capaci e con un grande senso dello Stato (d'altronde, quello Stato l'avevano fondato e mai osteggiato, come fanno, invece, quelli che sono al Governo adesso).
Appaiono insufficienti le risorse destinate al rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici e, per certi versi, comici i tentativi di affrontare le problematiche del mondo della scuola aumentando del 10 per cento le aspettative di promozione degli alunni. Non sappiamo come risolvere il problema della scuola? Diciamo che li promuoveremo di più!
E la sforbiciata ai trasferimenti agli enti locali? Io faccio il sindaco da sedici anni, ma la vergogna che ho provato quando ho letto il testo del provvedimento in esame non l'ho mai provata! Lo Stato sociale è rappresentato dai comuni! Stamattina, alle 11, saremo tutti dal Presidente Bertinotti per protestare contro il disegno di legge finanziaria, ma vediamo che ancora non si dà soluzione al problema: vengono tartassati i comuni e lo Stato sociale! Si vuole cancellare il comune, in Italia, il che significa che si vuole cancellare il 50 per cento delle opere pubbliche, che, come tutti sanno, viene realizzato dai comuni. Eppure, questo Stato continua a reggersi proprio grazie alle amministrazioni comunali. Speriamo che stamani, alle 11, si riesca a trovare qualche soluzione tutti insieme, anche se c'è da dubitarne. D'altro canto, i nuovi limiti all'indebitamento si riflettono inevitabilmente sugli investimenti.
Il finanziamento del fondo per la non autosufficienza, ammontante, come ho già detto, a 50 milioni di euro, sarà aumentato, forse, a 170, per effetto dell'approvazione di qualche emendamento. In maniera analoga, alcune risorse saranno mobilitate per abbassare l'aliquota IVA sulle bevande distribuite nei convegni e nei congressi. È veramente una vergogna!
Anche la cosiddetta responsabilizzazione degli enti locali, attuata mediante la facoltà di aumentare le tariffe e la tassazione locale, rappresenta una sciagurata attuazione del federalismo fiscale, senza neppure la previsione di adeguate forme di compensazione per l'inevitabile perdita di risorse che si registrerà nelle regioni del Mezzogiorno.
Da notare, altresì, che la revisione degli estimi catastali ed il passaggio dalla tassazione del reddito a quella patrimoniale disegnano un consistente inasprimento della pressione fiscale sulla casa, che rappresenta, statisticamente, un bene diffuso posseduto, se Dio vuole, dall'80 per cento degli italiani.
Tra i pochi elementi positivi rilevabili nel provvedimento, vi sono il recupero di una decente tassazione sulle rendite finanziare ed il tentativo di recuperare, attraverso una diversa gradualità delle fasce di reddito, il principio costituzionale della progressività dell'imposizione fiscale e la selettività, in favore della stabilizzazione dell'occupazione (specialmente per le donne rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato), nella distribuzione alle aziende degli incentivi derivanti dalla riduzione del cuneo fiscale. Si vede chePag. 8qualche riformista all'interno del Governo c'è: ogni tanto, qualche sussulto lo ha e si vede! Speriamo che questi riformisti prevalgano sui massimalisti cattivi. Tuttavia i giudizi negativi sono di gran lunga prevalenti rispetto ai pochi aspetti condivisibili perché la legge, oltre a contenere forti elementi di ingiustizia sociale sui quali ovviamente ho cercato di soffermarmi, dopo lunghi anni di magra sembrava essere alla portata del nostro paese.
Va del resto sottolineato che altre fasce sono prese di mira e l'impostazione culturale e politica contro le piccole imprese, contro tutte le professioni consiste nell'aumento delle imposte con il preannunciato utilizzo preconcetto della revisione degli studi di settore; un pesante aumento della pressione contributiva sul lavoratore autonomo viene a minare quello che nel paese è la grande risorsa dei liberi professionisti e delle piccole imprese che sono il cuore, il motore, le cellule del nostro paese.
Io non vorrei aggiungere nient'altro se non che questa è una tangente che il Governo ha dovuto pagare a chi lo ha aiutato a vincere le elezioni: la CGIL e le cooperative rosse. Ormai questo sindacato, che non è più il sindacato dei lavoratori, che è diventato qualcosa di diverso, cioè una cellula di partito - chi vi parla fa parte di quel socialismo riformista che lo ha creato cinquant'anni fa, il 1o di ottobre a Milano -, ha ovviamente sciupato, buttato via tutte quelle che erano le aspettative che il paese aveva nei confronti di un'organizzazione sindacale che era seria, autonoma e faceva veramente l'interesse dei lavoratori. Adesso, in cambio della regolarizzazione degli extracomunitari che gli porta grosse risorse, anche la CGIL è diventata una associazione capitalistica che cerca di fare economia, di fare gli interessi economici dei propri dirigenti, che sono tantissimi. Così le cooperative rosse, che ormai hanno preso in mano la grande distribuzione, la grande impresa, le grandi banche, hanno chiesto a questo Governo, che è il finanziatore sicuramente dell'Unione e dell'Ulivo, di recuperare quello che hanno investito in questi anni; quindi, con questa finanziaria si è pensato solamente a piccole fasce e non certamente all'interesse dell'Italia e degli italiani.
Noi siamo una piccola voce con un garofano rosso riformista, ma vi saremo sempre addosso, con il fiato sul collo, perché non possiamo permettervi di sciupare un paese che abbiamo creato con sacrifici e che abbiamo portato all'onore del mondo. Un paese che era invidiato da molte nazioni che adesso ci stanno superando tutte, perché ci manca una classe dirigente, soprattutto governativa, all'altezza, che non si può improvvisare.
L'Italia stava andando economicamente bene, anche grazie alla finanza creativa di Giulio Tremonti, ma qualcuno ha voluto buttare via il bambino dopo averlo lavato, e si è sbagliato perché doveva buttare via l'acqua sporca e non il bambino (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Alba Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, gli interventi che la legge finanziaria prevede per il sistema scolastico, l'università, la ricerca, la cultura, lo sport intendono rappresentare un piano di misure destinato a rimettere in moto una politica di risanamento e di sviluppo di tali settori, cioè quelli della filiera della conoscenza.
Come già sottolineato nel dibattito in Commissione però, termini come società della conoscenza, internazionalizzazione del sapere e della cultura, per non rimanere slogan e gusci vuoti hanno bisogno di scelte politiche, di strategie lungimiranti e, soprattutto, hanno bisogno di politiche di equità se non vogliamo che l'accresciuto bisogno di sapere, di conoscenza, di fruizione del bene cultura non diventino un ulteriore elemento di discriminazione tra chi sa e chi non sa, tra chi accede alla conoscenza e chi ne rimane escluso perché tutto ciò rischia di sommarsi alle già profonde differenze sociali che ancora esistono nel nostro paese.
L'Italia ha le risorse per volare alto, ha la creatività, ha le professionalità, ha tantiPag. 9giovani appassionati allo studio e alla ricerca che sono il nostro futuro; perciò, ha bisogno di profonda discontinuità rispetto al Governo precedente, di una nuova leadership dell'impresa della conoscenza, dell'impresa culturale, dell'impresa del bello, cioè di un sistema paese basato sulla partecipazione, sull'innovazione, sulla ricerca, sulla valorizzazione dei talenti. Se questa sfida non sapremo giocarla resterà indietro la parte più innovativa e più ricca dell'Italia.
Sicuramente la finanziaria del 2007 rappresenta una manovra assai significativa, ma dobbiamo anche dire che non sempre è presente un giusto equilibrio tra rigore e investimenti di lungo respiro. È vero, abbiamo ricevuto l'eredità pesante del deficit pubblico e il pareggio del conti costa 15 miliardi di euro, ma nella finanziaria ci sono ben 19 miliardi di euro per lo sviluppo.
Nella nostra discussione in Commissione abbiamo sottolineato con preoccupazione come di questa somma poco vada all'istruzione e, assai poco, alla ricerca pubblica e all'università, nel cui settore le risorse aggiuntive sono compensate dai tagli. Siamo anche convinti che non ci possa essere vero sviluppo se manca l'investimento nel sapere, nella ricerca, nell'istruzione.
Riprendo brevemente i punti del nostro dibattito sui singoli temi, rappresentando anche i nostri emendamenti e gli emendamenti dei relatori in Commissione bilancio riguardo alla ricerca e all'università. È indubbio che i tagli ai ministeri rappresentano un'ulteriore riduzione di risorse per l'università, esclusa per quanto riguarda le spese per il fondo ordinario e, soprattutto, per gli enti di ricerca, come dall'emendamento approvato in Commissione bilancio. Così come il reintegro delle spese per il fondo di funzionamento ordinario - emendamento del relatore - recupera solo in parte il taglio dei consumi intermedi. Sicuramente mi auguro che sarà migliorata e modificata la norma sul blocco degli scatti di anzianità, mentre rimane esiguo lo stanziamento per l'edilizia universitaria.
È evidente che tutto questo, pur nella consapevolezza della necessità di raggiungere gli obiettivi fissati dal Governo di contenimento della spesa e del risanamento del bilancio pubblico, crea allarme e preoccupazione nella CRUI, negli atenei, tra docenti e studenti e rischia di oscurare anche le novità contenute nella finanziaria e nel decreto fiscale che ci sono e non sono di poco conto: un piano triennale per riaprire le porte ai giovani ricercatori finanziato con 140 milioni di euro nel triennio, un forte impulso ai bandi di ricerca, l'istituzione e il finanziamento del fondo per la ricerca scientifica e tecnologica, l'istituzione dell'agenzia della valutazione, un programma ambizioso Industria 2015 per il decollo della ricerca applicata.
Per quanto riguarda la pubblica istruzione, nel dibattito in Commissione abbiamo lavorato per valorizzare i punti di novità e qualità della finanziaria, discutendo a fondo anche sui punti più delicati e controversi della manovra, cioè quelli che stanno creando più preoccupazione nel mondo della scuola e che rischiano appunto di oscurare i punti di forza della manovra: quegli interventi di modifica, di indirizzo e finanziari del quadro legislativo definito nel corso della precedente legislatura, che sarà oggetto di una profonda revisione nei prossimi anni, in attuazione del programma di Governo. Faccio alcuni esempi: l'espansione della scolarità, le norme sull'istruzione degli adulti, sulla formazione tecnica superiore integrata, sull'elevamento dell'obbligo di istruzione su cui c'è una discussione e una battaglia politica da riprendere e continuare; il conseguente elevamento dell'età di accesso al lavoro, il riordino degli enti di servizio del ministero, le norme sui libri di testo, i fondi per l'edilizia scolastica e per la messa a norma degli edifici e per l'innovazione tecnologica.
Vediamo con favore che viene proposto dal Governo un emendamento che elimina la clausola di salvaguardia di cui all'articolo 67 lettera b); quindi, è opportuno che sia il Ministero della pubblica istruzione a monitorare i risparmi realizzati in stretto collegamento con il Parlamento anche perPag. 10poter reinvestire gli stessi per migliorare e qualificare il sistema. Per quanto concerne l'assunzione dei docenti precari (150 mila in tre anni), che è una grande novità, un'importante scelta del Governo e del ministro, già nel parere inviato alla Commissione bilancio sollecitavamo il Governo ad attivare un percorso di costante monitoraggio sull'attuazione del piano e di avviare con successive disposizioni un riordino dell'intera disciplina della formazione e del reclutamento al fine di dare una adeguata risoluzione al problema del precariato e di evitarne la ricostituzione. In questa direzione è stato presentato un emendamento in Commissione bilancio, firmato da tutta l'Unione, che prevede che non vengano eliminate le graduatorie permanenti e sul quale continueremo ad impegnarci nel confronto in aula.
Certo, bisogna ripensare all'intera disciplina della formazione e del reclutamento, a un efficace sistema di valutazione della scuola, capace di orientare le scelte di politica scolastica, ma tutto questo non può essere fatto creando paure ed incertezze, rimettendo in discussione diritti acquisiti o non considerando le legittime aspirazioni di tanti.
Per quanto riguarda l'editoria, il confronto che c'è stato in Commissione, in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria, è direttamente collegato a quanto si è detto in occasione dell'esame parlamentare del decreto fiscale. In questa circostanza, il Parlamento, in accordo con il Governo, con largo consenso di forze politiche anche dell'opposizione, ha corretto l'impostazione originaria del decreto, che prevedeva l'abolizione del diritto soggettivo ai contributi diretti, che avrebbe determinato una condizione di instabilità dell'intero settore, causando la crisi di importanti giornali cooperativi di partito. Un esito, perciò, inammissibile. Si è convenuto di stabilire la certezza dei contributi ed avviare un percorso di riforma, teso ad individuare quelle posizioni di abuso che, pure in questo settore, sono presenti. Si è scelto di delegare al Governo il compito di sviluppare questa iniziativa, riservando al Parlamento l'occasione di verifica e di confronto sugli orientamenti in materia. Ora, però, è necessario integrare il fondo, come già sollecitava un ordine del giorno approvato nel luglio scorso, anche per evitare che la Presidenza del Consiglio debba essere costretta a fare i salti mortali per onorare gli impegni assunti nella legge, in presenza di una copertura inadeguata.
Per quanto riguarda il settore dei beni e delle attività culturali, assistiamo ad un significativo cambio di passo rispetto alla precedente gestione di Governo, che aveva penalizzato sia l'attività dello spettacolo sia l'attività del personale di musei e sovrintendenze. Perciò è importante che già si siano aumentati, nel decreto Bersani, i fondi per il fondo unico dello spettacolo. Pur nella ristrettezza delle risorse, ci sono, dunque, segnali positivi e significativi: il significativo rifinanziamento del FUS, i 31 milioni per interventi di tutela e valorizzazione dei beni culturali del paesaggio, il contributo al fondo dell'articolo 12 del decreto legislativo del 2004 (la legge sul cinema), così come il fondo di cofinanziamento di progetti tra Stato, regioni ed enti locali, nelle materie di pertinenza del ministero, che è una scelta di decentramento, di costruzione di sinergie sui territori e di potenziamento delle autonomie locali; ancora, nuovi criteri di ripartizione del FUS, che intendono superare un intervento totalmente automatico, organizzato in percentuali rigide sempre uguali nel tempo, prevedendo uno zoccolo fisso in ragione di criteri quantitativi e oggettivi ed una quota variabile legata alla qualità. C'è la necessità, per troppi anni, dimenticata ed elusa, di garantire ai giovani esperienze di qualità, che fanno fatica ad emergere. In questa chiave è da leggere l'agevolazione in favore delle piccole e medie imprese di produzione musicale, alle quali viene riconosciuto un credito di imposta per le spese di produzione, sviluppo, digitalizzazione di opere di artisti emergenti. Così come si sta lavorando per coniugare il cinema di qualità con l'industria culturale. È da segnalare, infine, la possibilità per i comuni di canalizzarePag. 11quota parte della tassa di scopo al recupero e alla valorizzazione del patrimonio storico e culturale.
Mi auguro, quindi, a conclusione dell'intervento, che il confronto in aula serva a superare i punti di criticità di questa manovra complessa, ma che intende, davvero, rappresentare l'avvio di una nuova fase di crescita e di sviluppo del paese. Signor Presidente, chiedo infine che sia autorizzata la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Per il gruppo della Lega Lord, discutere di questa finanziaria è anche abbastanza semplice, alla luce di quelli che sono i pilastri dichiarati dal Governo di centrosinistra, pilastri che, in realtà, non stanno in piedi. Si è detto che è una manovra che deve servire allo sviluppo ed una manovra improntata all'equità e al rigore. Ebbene, in questa manovra non c'è rigore, non c'è equità e non ci sarà, purtroppo, sviluppo. Che non ci sia rigore, l'abbiamo già capito tutti subito, così come è stato attestato dagli enti di certificazione internazionale, che hanno prontamente declassato il nostro debito pubblico. La motivazione, molto semplice, è che non c'è rigore, non ci sono tagli strutturali, si procede, semplicemente, aumentando le tasse. È evidente che è facile far quadrare i conti aumentando le tasse, ma non è così che si risolvono i problemi di questo strano paese. Infatti, dei 34 e rotti miliardi di manovra, ben 30 sono di entrate (poi si può discutere se non saranno 30 ma 28: la sostanza chiaramente non cambia, in quanto sono quasi tutte entrate). Qual è il problema di una manovra fatta di tutte entrate? Voi, cari colleghi della maggioranza, l'avete vissuto sulla vostra pelle: se la manovra è fatta tutta di entrate, necessariamente, ogni tentativo di modifica si scontra con la necessità di coprire un taglio di entrata con una differente entrata. L'abbiamo visto, ad esempio, in maniera molto chiara, con il decreto fiscale n. 262, collegato alla manovra, sull'operazione della tassa di successione. Nella versione iniziale, la tassa di successione prevedeva di tassare i patrimoni del defunto a partire da un valore molto basso, di 250 mila euro. Giustamente, ci si è resi conto che questa era una follia (addirittura, era di 100 mila euro per le imprese) e la soglia tassabile è stata, quindi, alzata ad un miliardo di euro. Bene, questo ha comportato un buco nell'entrata di 140 milioni di euro. Come è stato coperto questo buco di entrata di 140 milioni di euro? Semplicissimo, aumentando il bollo degli autocarri e dei motorini vecchi. Questo è il problema di fondo di una manovra fatta di sole entrate, ovvero che, quando si modifica, si modifica andando a reperire altre entrate. In questo caso specifico, poi, lascio a voi giudicare se l'entrata è congrua e coerente e, soprattutto, se, in questo modo, si va ad aiutare le fasce deboli. Secondo noi, chiaramente no.
Sul fatto che non ci fosse rigore e che non si andasse verso i tagli, bensì ancora verso una politica di entrate, con il Governo Prodi, l'abbiamo capito fin dall'inizio. Il primo provvedimento portato in questa aula è stato il cosiddetto «spacchettamento», un bel termine per nascondere la sostanza delle cose, ovvero la creazione di ben cinque nuovi ministeri, arrivando poi ad infoltire il Governo con un numero - che ha sorpassato il Governo di Giulio Andreotti - di ben 103 tra sottosegretari, viceministri e compagnia. È ovvio che il messaggio chiaro non è di rigore o di taglio della spesa, ma di impossibilità di andare a tagliare la spesa, anzi di necessità di aumentarla.
Veniamo, poi, a quelli che sono i tagli che sono stati inseriti in questa manovra, perché c'è una piccola componente di tagli. Il primo e più importante è il taglio agli enti locali: oltre 4 miliardi di tagli agli enti locali. Anzitutto bisogna disquisire sulPag. 12fatto se siano o meno tagli; secondo noi, sono tagli a livello di Stato centrale, che si traducono in maggiore tassazione a livello locale. Quindi, in realtà, sono tasse mascherate. Oltre a questo, non si è neanche riusciti a fare bene questa operazione. Prendiamo, ad esempio, il caso dei piccoli comuni, che oggi protestano contro il Governo, quasi tutti, peraltro, amministrati da giunte di sinistra. Qualche settimana fa, è stato fatto, addirittura, un accordo fra Governo e associazione dei comuni, in cui si è detto: guardate, ci si è resi conto che questi tagli sono eccessivi e li riduciamo da 2,8 miliardi a 2,2 miliardi, dando un sostegno ai piccoli comuni. Bene, neanche questo accordo è stato rispettato. Non siete neanche riusciti a mantenere la vostra parola, tant'è che l'ANCI, che è non la Co.Nord, associazione dei comuni del Nord, ma quella dei comuni d'Italia, ha dichiarato testualmente che il taglio di 600 milioni (da 2,8 a 2,2 miliardi) è puramente nominale, dal momento che sono stati ridotti esattamente di 600 milioni i trasferimenti. Quindi, li avete presi per i fondelli.
Ma la cosa peggiore è l'operazione che è stata fatta per i piccoli comuni, ai quali era stato dichiarato che sarebbero stati destinati 250 milioni di euro. Bene, con un emendamento (uno dei pochi, ad onor del vero, discussi in Commissione bilancio) sono stati attribuiti ai piccoli comuni 200 milioni di euro, quindi 50 in meno. Ma non sono questi 50 milioni di euro in meno che fanno venire il nervoso a tutti. È, anche stavolta, il modo in cui sono stati reperiti i fondi: 200 milioni «pescati» dal fondo delle aree sottoutilizzate, cioè - tradotto - le aree, soprattutto del meridione, in cui si trova la stragrande maggioranza dei piccoli comuni. Quindi, avete tolto da una parte e preso dall'altra, ossia non avete cambiato nulla.
Altra fonte di tagli, pari a 3 miliardi e 100 milioni, è la sanità. Anche in questo caso, però, saranno tagli a livello centrale, che si traducono automaticamente in maggiori oneri per i contribuenti a livello locale. «Automaticamente» lo avete scritto voi, nel momento in cui dite che se una regione non rispetta il patto «automaticamente», così è scritto in finanziaria, viene aumentata l'IRAP per quella regione; il taglio è posto quindi a carico delle imprese delle regioni che «sforano». Noi avevamo presentato in proposito un bell'emendamento che ripresenteremo in Assemblea, perché questo ragionamento è sbagliato concettualmente. In quel caso la colpa di chi è? Se una regione «sfora» la colpa di chi è? Non è certamente del cittadino, che poi dovrà pagare il ticket. Non è certamente dell'impresa, che poi dovrà pagare l'IRAP. È degli amministratori. Noi abbiamo previsto un emendamento molto semplice, diretto a tagliare le indennità dei consiglieri regionali della regione che «sfora» il budget sanitario. Questo è il modo di agire, questo è il federalismo fiscale! Altro che aumentare le tasse a livello locale! Tra l'altro, per inciso, ma è importante che rimanga agli atti, la Corte dei conti ha certificato che la stragrande maggioranza del «buco» della spesa pubblica è riconducibile a giunte ed amministrazioni di sinistra. Altro che «modello emiliano», «modello umbro», eccetera, eccetera! Andate a leggere quella relazione e constaterete che le sorprese saranno belle ed interessanti per tutti!
Passiamo, poi, al cosiddetto decreto «tagliaspese». Un'altra fonte di taglio delle spese è rappresentata dall'articolo 53. L'articolo 53 dispone una cosa molto semplice: si va a tagliare «a tappeto», del 13 per cento, tutta una serie di capitoli di spesa. Su ciò la Lega Nord non può che essere favorevole: tagliare la spesa pubblica è chiaramente un'operazione giusta, intelligente e sacrosanta. Purtroppo, anche questa siete riusciti a farla male, per due ordini di motivi.
Anzitutto, si va scegliere discrezionalmente su quali leggi vigenti andare a tagliare. Faccio un esempio per tutti, perché è un fatto che al sottoscritto è rimasto sullo stomaco. Andate a tagliare del 13 per cento i fondi stanziati dall'articolo 78 della finanziaria dell'anno scorso; tale articolo finanziava tante piccole opere del nord, tra cui la strada della Valcamonica, la pedemontana, eccetera, eccetera,Pag. 13eccetera. Quindi, taglio discrezionale e punitivo contro il nord. Queste cose, chiaramente, poi non vi verranno perdonate.
Vi è, poi, un altro aspetto, di sostanza: chiunque abbia un minimo di esperienza di amministrazione pubblica sa che tagliare «a tappeto» vuol dire non tagliare un bel niente. Tagliare il 13 per cento su tutti i capitoli, compresi disabili, assistenza ai detenuti, interno, cooperazione internazionale, è evidentemente un'operazione infattibile. Cito, in merito, alcuni semplici esempi: lo sa il ministro Ferrero che gli tagliate 185 - dico 185! - milioni di euro nei suoi capitoli? Nel momento in cui, in finanziaria, voi gli date due fondi, quello per la non autosufficienza, pari a 50 milioni di euro, e quello per la inclusione degli extracomunitari, pari a 150 mila euro, vuol dire che da una parte gli concedete 200 milioni e dall'altra gliene sottraete 190, anzi 185, per la precisione. Quindi, gli date 15 milioni di euro. Il ministro Ferrero, mi chiedo, lo sa? Sì o no? Dove vive? Idem per quanto riguarda il ministro Amato. È proprio uno strano paese: ci accorgiamo che a Napoli ci sono problemi ora. Vi deve essere una fila di morti ammazzati per accorgersi che ci sono problemi? Lo sa Amato che gli vengono tolti 220 milioni di euro, quindi non bruscoletti...
PRESIDENTE. Onorevole Garavaglia...
MASSIMO GARAVAGLIA. Mi scusi, signor Presidente, utilizzo anche il tempo assegnato al collega Grimoldi.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Garavaglia, prosegua pure.
MASSIMO GARAVAGLIA. Stavo dicendo: lo sa Amato che gli tolgono 220 milioni di euro? E, quindi, che senso ha andare a chiedere fondi aggiuntivi per Napoli da una parte, e magari gli si danno 1 o 2 milioni di euro per fare una operazione di pura facciata, quando, dall'altra, si sottraggono 220 milioni di euro, che sono tanti e sono necessari in uno Stato che ha gravissimi problemi di ordine pubblico, soprattutto in virtù dell'indulto che sciaguratamente il Parlamento ha varato? Siamo di fronte proprio alla schizofrenia più pura.
Tornando ancora sul tema del rigore, vi è un'altra questione aperta in questa finanziaria: 3 miliardi di euro in tre anni per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Ora, la Lega Nord non è che ce l'abbia con il pubblico impiego, però non bisogna nemmeno esagerare. Qui non solo si va a dare un miliardo e 100 milioni, subito, nel 2007, ma viene addirittura tutto anticipato di un anno e non si dice come venga coperta questa operazione. È chiaro che se una cosa che va realizzata in tre anni viene fatta in due, lo capisce anche un bambino dell'asilo, vi saranno costi aggiuntivi, tant'è che la Commissione bilancio attende ancora dal Governo un chiarimento definitivo sulla questione, ossia su quali siano i costi aggiuntivi sul 2007. Non lo sappiamo, quindi come verrà ottemperato questo accordo fatto dal Governo è tutto da capire. La questione è più ampia, ma la ristrettezza dei tempi non ci consente di approfondirla ulteriormente.
Faccio solo alcuni incisi, alcuni esempi su come poi, in generale, il rigore non vi sia. Vi è addirittura un emendamento a firma del relatore che fa venire i brividi: vengono attribuiti ancora 760 milioni di euro per il terremoto del Belice. Non me ne vogliano gli onorevoli colleghi, ma il 15 gennaio 1968 il sottoscritto, come molti tra i nuovi deputati, non era nemmeno nato. Che servano ancora oggi, nel 2006, 760 milioni di euro per il Belice ci sembra oggettivamente un'esagerazione. Per non parlare di un miliardo e 50 milioni (si tratta sempre di un emendamento a firma del relatore) per la viabilità secondaria della regione Sicilia. Anche qui, non me ne vogliano gli amici siciliani, ma un miliardo di euro per la viabilità secondaria...! In Lombardia con quei soldi facciamo strade e PIL per 3 miliardi di euro! È questo che non capisce il nostro strano paese!
Parliamo di sviluppo. L'altro pilastro di questa manovra finanziaria è lo sviluppo. La riduzione del cuneo fiscale, lo sappiamo tutti, è la bandiera, la cartina tornasole, lo slogan che caratterizza questaPag. 14finanziaria. Peccato che la riduzione del cuneo fiscale la vogliano, in realtà, solo le grandi aziende! Peccato che un quarto del beneficio della riduzione del cuneo fiscale vada solo a 700 grandi aziende! Peccato che alla marea di piccole e medie imprese della riduzione del cuneo fiscale non gliene frega niente! Ma perché non importa alle piccole e medie imprese della riduzione del cuneo fiscale? Semplicemente perché dare 30 euro a dipendente è talmente poco che non incide in maniera sostanziale sui bilanci. Facciamo un «conto della serva»: un'azienda di 100 dipendenti, 3 mila euro di beneficio al mese; ma cosa gliene importa? Non gli cambia mica nulla questo! Non la fa diventare competitiva nella globalizzazione internazionale. Figuriamoci un'azienda con 10 dipendenti, 300 euro di beneficio al mese!
È evidente che è una misura che non ha alcun impatto, ma a maggior ragione non lo ha perché le aziende, soprattutto le medio-piccole del nostro paese, ormai non ragionano più in termini di settori tradizionali a intensità di lavoro. Le aziende che lavorano in settori ad intensità di lavoro (penso al tessile) hanno ormai già delocalizzato o, se non lo hanno fatto, stanno chiudendo. Le aziende in Italia oggi lavorano sulla qualità del lavoro, non sulla quantità, per cui una operazione come quella del cuneo fiscale, che poteva essere intelligente dieci anni fa, oggi non serve a nulla.
Sentite cosa dicono i presidenti delle associazioni di categoria: gli stessi soldi messi a pura detassazione degli utili investiti in tecnologia e in investimenti avrebbero una resa venti volte maggiore. Purtroppo, però, avete ormai imboccato questa via e su questa state continuando.
Per non parlare del costo del lavoro. In realtà, tenendo conto del cuneo fiscale e dell'incremento dei contributi dei parasubordinati, dei commercianti, degli artigiani, e altri ancora, emerge un dato pazzesco, e cioè che il costo del lavoro per le aziende fino a 10 dipendenti aumenta di un punto: comunicatelo questo ai vostri cittadini nei giornali e nei telegiornali! Fino a 50 dipendenti comunque il costo del lavoro aumenta e poi, sopra i 50 dipendenti, non aumenta più per le nuove tasse che avete imposto, ma vi è lo scippo del TFR, e qui siamo veramente al paradosso. Andate a togliere l'unica fonte di finanziamento e di sviluppo delle attività del nostro sistema imprenditoriale, fatto di piccole imprese, per darla all'INPS! È evidente che un principio cardine dell'economia, quello dell'allocazione ottima del capitale, in questo caso non solo viene sconfessato, ma addirittura stravolto.
Vi pongo una domanda semplice: secondo voi, investe meglio i soldi un imprenditore o l'INPS? Rendono maggiormente i soldi utilizzati da un imprenditore per sviluppare la propria azienda o quelli dell'INPS che magari realizza le strade e la viabilità secondaria della Sicilia? Lascio a voi la risposta.
Infine, sempre sul TFR una osservazione molto importante è che l'operazione è folle anche dal punto di vista del bilancio dello Stato. Anche questo, infatti, l'ha detto Draghi, non io né la Lega: emettere BOT costa meno che pagare la rivalutazione del TFR. Quindi, fate una bella cosa: lasciate il TFR dove è!
Passiamo all'ultimo pilastro della manovra finanziaria, quello dell'equità. Voi dite che è una manovra di equità. Anche a tale riguardo farò una semplice citazione. L'ex moglie di Padoa Schioppa, grande economista, forse anche più grande dell'ex marito, ha detto una cosa molto semplice riguardo a questa manovra: vi sono 40 miliardi di euro di redistribuzione ma non si comprende a chi vadano. È tutto qui il problema!
Guardate la manovra dell'IRPEF: a parte che bisognerebbe capire quale sia la manovra definitiva, perché abbiamo visto tante tabelle ma stiamo continuando a ragionare sempre e solo su quelle originarie, dove i single risultano beneficiati rispetto alle famiglie, l'unico dato certo è che entreranno 400 milioni di euro in più, ma non si sa ancora chi ne beneficerà. Dipenderà dalla nuova versione, che non avete ancora deciso, perché se l'aveste decisa sarebbe arrivata in Commissione bilancio! Il problema è che voi non avetePag. 15alcuna maggioranza: come ha detto il mio collega Filippi ieri, dovete mettere la fiducia anche per andare alla buvette, perché non sapete mettervi d'accordo sul menù!
In conclusione, perché il tempo del mio intervento è finito, non vi è equità in una manovra che va ad aumentare l'ICI, l'addizionale comunale, i ticket sanitari, i bolli auto: tutti esempi di tassazione regressiva, che punisce cioè maggiormente i redditi più bassi.
È per questo motivo che non avete più la fiducia nel paese: ormai Prodi non ce l'ha più di certo! Magari questa settimana l'avrà ancora sulla manovra finanziaria, ma nel paese non ce l'ha più di certo.
Parlate spesso di errori di comunicazione. La comunicazione delle vostre manovre il settore produttivo l'ha già avuta ad agosto quando gli artigiani, i commercianti e le piccole imprese hanno pagato l'F24 e si sono resi conto dell'errore che ha commesso chi ha votato il centrosinistra, mentre chi non l'ha votato si è reso conto della gravità delle azioni di questo Governo. Con l'F24 di agosto le imprese e gli autonomi hanno compreso l'impatto forte e pesante del decreto Visco-Bersani. In primavera i cittadini avranno modo di saggiare la pesantezza di questa manovra finanziaria di centrosinistra e allora davvero per voi saranno guai seri (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Narducci. Ne ha facoltà.
FRANCO ADDOLORATO GIACINTO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la legge finanziaria è importante per tutti i cittadini italiani, quelli in patria e quelli che vivono fuori dai confini nazionali, e dunque gli strumenti di programmazione ne devono tenere conto allorché si dispone il quadro finanziario annuale, che contempla stanziamenti vitali per le comunità italiane residenti all'estero. Investire di più nelle comunità italiane all'estero - un concetto emerso con forza anche nella recentissima convention mondiale delle camere di commercio italiane all'estero, tenutasi a Lecco - significa aumentare la competitività del sistema Italia. Significa anche dare qualità e intensità alle relazioni tra il nostro paese e la vasta comunità di cittadini italiani che vive all'estero, relazioni da cui dipendono aspetti fondamentali per la bilancia commerciale e dei pagamenti, come il turismo di ritorno, le rimesse dirette e gli investimenti, il mercato diretto e indiretto di beni e servizi italiani all'estero, l'emigrazione tecnologica.
La manovra di bilancio per il 2007 ha posto come obiettivi centrali il risanamento dei conti pubblici, il sostegno all'economia e allo sviluppo e gli interventi nell'area dell'equità sociale.
Per riconquistare credibilità sui mercati finanziari, per rassicurare le agenzie di rating, occorre evidentemente affrontare i nodi strutturali del nostro paese, ma in pari tempo si deve ridare forza al nostro sistema economico, perché il buon andamento dell'economia si coniuga di pari passo con l'aumento delle entrate sul versante delle imposte e dunque con la possibilità di agire con decisione sul risanamento del debito pubblico italiano, un debito pubblico che non ha eguali nei paesi industrializzati. Con la legge finanziaria 2007 la maggioranza di Governo ha scelto la via del rigore per avviare il risanamento dei conti pubblici del nostro paese e per il rilancio dell'economia, nel rispetto dell'impegno assunto con gli elettori e al cospetto degli obblighi contratti dal precedente Governo con i nostri partner europei, per riportare i conti italiani entro i limiti fissati dal Patto di stabilità.
Ma i buoni progetti da soli non bastano, soprattutto in presenza di un'evasione fiscale e di una erosione della base imponibile che in questi ultimi anni hanno raggiunto livelli intollerabili, pregiudicando di fatto politiche di alleggerimento del prelievo e una sua più equa ripartizione.
L'equilibrio di una nazione e la sua maturità politica si giudicano anche dalla capacità del ceto politico di convergere sulle scelte fondamentali, naturalmentePag. 16dopo uno scontro dialettico acceso, ma che in ogni caso deve essere finalizzato agli interessi dei cittadini e alla crescita del paese. Sulla legge finanziaria si è invece aperta una campagna propagandistica senza precedenti contro il Governo, con un uso strumentale di qualsiasi argomento.
Se i deficit si susseguono e il debito si accumula, può nascere un circolo vizioso, che nel lungo periodo potrebbe rendere impossibili gli sforzi di stabilizzazione, e le quotazioni dell'Italia potrebbero crollare improvvisamente come i tulipani nell'Olanda del Seicento. La stabilità è dunque fondamentale perché indica se il paese è in grado di reagire efficacemente ad eventuali errori o ad una crisi finanziaria internazionale.
È comprensibile allora come l'aggiornamento dei voti dati dalle agenzie di rating scateni puntualmente polemiche tra le forze politiche dei paesi «bocciati» e sia invece fonte di prestigio per i governi dei paesi «promossi». L'Italia è stata recentemente declassata: un evento annunciato, visto il pesante fardello del debito pubblico lasciato in eredità dal precedente Governo.
Signor presidente, l'opposizione ha accusato il Governo finanche di comprare il voto di qualche parlamentare eletto all'estero, strumentalizzando una intervista rilasciata dal senatore Pallaro. Le accuse di «ignobile voto di scambio» dimostrano una incredibile disconoscenza dell'effettivo stato dell'arte e delle comunicazioni date dal Governo il 4 e il 6 ottobre scorso nel plenum del Consiglio generale degli italiani all'estero, per illustrare la manovra finanziaria riguardante i capitoli di bilancio per le politiche dirette alle collettività italiane all'estero. Si tratta di un dato che risulta dai documenti riportati anche sul sito del Ministero degli affari esteri. L'emendamento del Governo, che ha fatto parlare di comportamento immorale e disdicevole, è volto unicamente a finalizzare a specifici capitoli di spesa riguardanti le comunità italiane emigrate i 14 milioni di euro allocati nella tabella A del Ministero dell'economia e delle finanze.
In conclusione, desidero ricollegarmi a quanto affermato ieri mattina dall'onorevole Ventura, il quale ha rimarcato con preoccupazione le enormi difficoltà che hanno frenato il lavoro della Commissione bilancio.
PRESIDENTE. Deputato Narducci, concluda.
FRANCO ADDOLORATO GIACINTO NARDUCCI. Concludo, Presidente. Un aspetto, questo, che dovrebbe richiamarci responsabilmente ad una valutazione delle procedure per l'approvazione della legge di bilancio; procedure che non trovano riscontro nei paesi ad economia avanzata dell'Unione europea.
Occorre assolutamente rimettere mano al sistema di imposizione fiscale per semplificarlo e renderlo trasparente agli occhi dei cittadini; una riforma che non può prescindere dal federalismo fiscale, possibilmente molto aderente ai modelli europei più qualificati, che partono dall'istituzione più bassa, il comune.
Infine, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Deputato Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare il deputato Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come ogni anno ci ritroviamo all'appuntamento con la finanziaria, rispetto alla quale diversi sono i ruoli che competono alla maggioranza e all'opposizione. Maggioranza e Governo hanno predisposto il disegno di legge finanziaria, l'opposizione e il paese, invece, lo hanno studiato cercando di comprenderne la ratio, cioè le direttrici, i percorsi e le finalità. Il ruolo del Parlamento nel suo complesso è essenzialmente quello di registrare le esigenze del paese e cercare di tradurle inPag. 17proposte emendative che, alla fine, possano contribuire sensibilmente a migliorarne il testo.
Cercherò di descrivere il vostro disegno di legge finanziaria anche nella logica dei numeri. Il provvedimento si compone di 217 articoli aventi un contenuto assolutamente generico e talvolta contraddittorio. In taluni casi, inoltre, si rinviene una maniacale ricerca del particolare, generata essenzialmente dal prevalere di quel dirigismo tanto caro alla vostra sovrastruttura ideologica.
Nelle passate settimane tutti abbiamo visto quello che è successo: in Commissione bilancio sono state presentate oltre settemila proposte emendative; di queste, ben il 45 per cento da parte della maggioranza. Durante i lavori della Commissione si è registrata un'ulteriore proliferazione di proposte emendative presentate sia dal Governo sia dal relatore (oltre 200 emendamenti) le quali, a loro volta, hanno generato ulteriori e prevedibili subemendamenti. Con il passaggio del provvedimento all'esame dell'Assemblea rimangono ancora in piedi circa quattromila proposte emendative. Tutti questi numeri, lo faccio notare, non derivano da un impazzimento dei membri del Parlamento, ma dall'oggettiva necessità di rimediare alla vostra politica economica.
Le vostre contraddizioni, inoltre, hanno determinato un'assoluta stagnazione dei lavori della Commissione: poche decine di proposte emendative esaminate ed approvate. Di esse, soltanto diciotto erano di iniziativa parlamentare (nel dettaglio, undici provenivano dalle Commissioni, soltanto le rimanenti sette si possono conseguentemente considerare veramente di iniziativa parlamentare). Si è trattato di una sorta di pantomima durata un'intera settimana, caratterizzata da una incerta e lenta conduzione dei lavori a causa di numerose interruzioni. Il relatore e, soprattutto, il presidente della Commissione annaspavano in una sorta di stato confusionale che mi ha preoccupato sia come uomo sia come medico.
Tutto ciò perché è avvenuto? Sostanzialmente per nascondere le vostre divisioni interne e le contraddizioni esistenti e, di conseguenza, la vostra assoluta incapacità di governare il paese. A dire la verità ciò noi l'avevamo compreso da tempo, così come lo hanno compreso gli italiani. Questo era evidente fin da questa estate con l'approvazione del cosiddetto decreto Visco-Bersani e, successivamente, con quella del decreto fiscale ed oggi, a maggior ragione, con la finanziaria.
La verità è che la vostra politica economica denota un'abnorme impostazione classista, punitiva nei confronti del ceto medio e dannosa per tutto il paese. Qual era il vostro obiettivo dichiarato? Era la riduzione del rapporto deficit-PIL al 2,8-2,9 per cento, cioè sotto il 3 per cento, al fine di conformarsi a quanto previsto dai parametri europei? Allora, a mio avviso, sarebbero bastati 14-15 mila miliardi di euro. Il sovrappiù della vostra manovra è dettato soltanto dal vostro istinto dirigista e rapace, talvolta francamente sanguinario, nei confronti dei nostri cittadini. La vostra manovra economica è caratterizzata da 14 miliardi di euro di inasprimento fiscale, da 15 miliardi di euro di tagli indiscriminati della spesa (mascherata come contenimento e razionalizzazione della stessa) e da ben 6 miliardi di euro determinati dall'avocazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze del 50 per cento del TFR (un vero e proprio prestito forzoso che ha il sapore di un esproprio proletario).
Va inoltre posto in rilievo che i cosiddetti tagli servono a falcidiare pesantemente i bilanci delle regioni, degli enti locali e di settori assolutamente essenziali quali, ad esempio, la sanità. Tutto ciò si tradurrà in un maggiore esborso per i cittadini. Esborso che né noi né soprattutto voi siamo in grado di calcolare, in quanto è assolutamente imprevedibile quello che potrà accadere a causa dei tagli operati agli enti locali e alla spesa sociale.
Colleghi, vi invito, inoltre, a non invocare le conseguenze derivanti dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in materia di detraibilità dell'IVA sulla manovra perché, come sappiamo tutti, i 5 miliardi e 280 milioni diPag. 18euro di riduzione del gettito IVA saranno abbondantemente assorbiti dai 5 miliardi e 364 milioni di euro delle previste maggiori entrate per effetto delle modifiche restrittive apportate alla detraibilità in materia di IRPEF, IRES e IRAP.
Dati questi numeri, risulta chiaro che tale abnorme manovra che, a vostro dire, è giustificata dalla necessità di ridurre il rapporto deficit-PIL in realtà nasconde altre finalità. Faccio riferimento, in particolare, all'aumento delle spese dello Stato che andrà a danno delle tasche dei cittadini, con conseguenze disastrose anche per l'economia italiana. In un momento come questo, caratterizzato da una ripresa economica in Europa e da una lieve ripresa del sistema Italia (si registra un aumento delle esportazioni e degli investimenti), riducendo la disponibilità economica delle singole famiglie italiane, voi create le premesse per una riduzione dei consumi interni e, conseguentemente, per una successiva stagnazione economica.
Ci dispiace per il professor Padoa Schioppa. Probabilmente, se il ministro avesse chiesto lumi ad uno studente al secondo anno del corso di laurea in scienze economiche su come affrontare la situazione economica italiana, questi glieli avrebbe forniti con estrema semplicità. Non è, quindi, assolutamente un caso che il ministro Padoa Schioppa sia etichettato come uno dei peggiori ministri economici dell'Unione europea.
Desidero evidenziare le vostre contraddizioni anche su altri aspetti. Ad esempio, per finanziare i 5 miliardi e mezzo di euro di tagli del cosiddetto cuneo fiscale voi ricorrete al prelievo forzoso sul TFR. Ciò, al di là delle valutazioni sull'opportunità di effettuare questo genere di manovra, creerà in prospettiva un aggravio delle condizioni del bilancio dell'INPS. Inoltre, voi non avete ben valutato la portata di una tale disposizione. Infatti, nel caso in cui i lavoratori dovessero aderire in massa ai fondi pensione, si creerebbe un'ulteriore voragine nei conti pubblici. Non ci convincono, altresì, le dubbie coperture, da voi rassegnate durante i lavori della Commissione bilancio, come, ad esempio, quelle necessarie per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici. Probabilmente, anche in questo caso, allignano e si nascondono ulteriori disavanzi della spesa pubblica.
Non ci convince nemmeno quella parte della manovra dedicata allo sviluppo. Scarsa, infatti, è l'attenzione nei confronti di quelle infrastrutture considerate fondamentali per il nostro paese, già avviate dal Governo Berlusconi e che oggi restano vittime dei vostri pregiudizi, dei veti della sinistra estrema che si rivela, alla lunga, l'azionista di riferimento della maggioranza che vi sostiene.
Poco o nulla è previsto per le piccole e medie imprese, da sempre ritenute volano dell'economia sana del nostro sistema produttivo. Non avete avuto nemmeno il pudore di rifiutare 10 milioni di euro - un nulla per una manovra economica di questa portata - per i processi di internazionalizzazione delle imprese artigiane e dei consorzi delle stesse. E questo lo avete fatto quasi contestualmente all'approvazione di quell'emendamento, così fondamentale e necessario, che vi era stato richiesto il giorno prima a mezzo stampa da un importante membro del Senato. Una richiesta, evidentemente, che doveva essere soddisfatta e che ha quasi il sapore e il valore di un voto di scambio. Torniamo alle piccole e medie imprese che, unitamente agli autonomi, ai commercianti, ai liberi professionisti, agli artigiani, sono da voi considerate una sorta di zona grigia, meritevoli soltanto di vessatoria considerazione.
Per quanto riguarda altre specifiche materie - ne voglio parlare prima di avviarmi alla conclusione - ad esempio quelle di cui mi occupo in Commissione, relative al sistema agricolo e della pesca nel nostro paese, non vi è assolutamente nulla di nuovo.
Intanto, gravate il sistema di maggiori esborsi. Infatti, aumentando gli estimi catastali, modificando la classificazione dei fabbricati rurali, chiedete al comparto agricolo un contributo enorme, che diPag. 19scende prevalentemente dal decreto-legge in materia fiscale n. 262 del 2006, superiore al miliardo di euro.
Ma anche per quanto riguarda le agevolazioni fiscali relative ai tributi in scadenza al 31 dicembre 2006, avete disposto una semplice proroga, interrompendo quel percorso virtuoso già identificato dal Governo Berlusconi, allorquando andò a stabilizzare, ad esempio, il regime IVA. Né avete confermato quel regime IVA che avevamo individuato con aliquote compensative anche per il sistema della pesca: e, guarda caso, preceduto da grandi dichiarazioni, il ministro De Castro ha comunicato che si recherà in visita presso la guardia costiera, proprio per sottolineare l'importanza del settore.
Signor Presidente, avrei tante altre cose da dire, ma mi avvio alla conclusione. La verità è che questa manovra riassume le vostre contraddizioni e la vostra assoluta incapacità di governare il nostro paese. Ma questo gli italiani già lo hanno capito e ve lo hanno dimostrato in Molise. Noi lo dichiareremo in quest'aula, durante l'esame del disegno di legge finanziaria, e il paese lo dichiarerà il 2 dicembre: a voi spetta trarre le debite conclusioni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, il Presidente del Consiglio è un uomo notoriamente versatile e, a seconda delle circostanze, interpreta svariati ruoli. Quello del profeta: il 4 giugno, al conclave di San Martino in Campo, dichiarò: «Dobbiamo avere il coraggio di osare, di stupire, di realizzare qualcosa di difficile entro Natale». Detto, fatto: complimenti! Quello di Pinocchio: tutti ricordano quante volte, durante la campagna elettorale, aveva dichiarato: «Non vi metteremo le mani in tasca, non aumenteremo le tasse, vi assicuro che è la verità». Sa perfino fare i miracoli! Ecco perché D'Alema, il 2 ottobre 2006, dichiarò, estasiato: «Finanziaria miracolosa, ma è un primo passo». E, appunto, dopo il miracolo di avere scontentato tutti, D'Alema non ha più parlato fino al corteo del 4 novembre, giorno in cui la testa più lucida della sinistra (si può dedurre da ciò cosa siano le altre!), nel grottesco tentativo di difendere il Governo, ha parlato di un corteo contro il precariato e non contro il Governo, non rendendosi conto del paradosso. Infatti, chi è più precario del Governo Prodi? È una vicenda kafkiana: un corteo di protesta contro ignoti, con alla testa nove sottosegretari! Una cosa ridicola, che dimostra l'assoluta incapacità concettuale della sinistra di governare, perché non ha alcun rispetto delle istituzioni: mi riferisco a tutta la sinistra, e non solo agli esaltati della parte più radicale. Ma, quando l'onorevole D'Alema parla di paese normale, ha come concetto quello di un paese in cui gli esponenti del Governo guidano le manifestazioni di piazza? Il paese normale dell'onorevole D'Alema è, forse, la Repubblica delle banane?
È, quindi, una manovra che non piace a nessuno. Ecco il motivo della presentazione dei 7 mila emendamenti, di cui 3 mila della maggioranza e 300 dei ministri. È un fatto mai successo! È la finanziaria, quindi, delle contraddizioni e della marcia indietro. Salutata all'inizio con enfasi, doveva essere la marcia trionfale del risanamento, dello sviluppo e dell'equità. Poi sono sorti i dubbi. Il ministro Padoa Schioppa ha parlato di falle nella concertazione. Poi, le prime marce indietro: riduzione dei tagli agli enti locali, revisione delle norme sul TFR, modificazione dell'imposta di successione, il balletto osceno del bollo auto. Insomma, una Caporetto, con ritirata annunciata su tutti i fronti!
Ma qual è il male oscuro di questo provvedimento? Il fatto di essere stato pensato e imposto dal sindacato e dall'ala più radicale dello schieramento. Perfino Cofferati si è dissociato dichiarando: questa finanziaria colpisce i deboli e i ceti medi, non farò lo sceriffo di Nottingham per Prodi. È una finanziaria, quindi, devastante: altro che ricchi! Oggi piangono soprattutto i ceti medio-piccoli, cioè la quasi totalità degli italiani, mentre i poveri non hanno alcun vantaggio.Pag. 20
È una manovra finanziaria gestita con iattanza e velleitarismo dal ministro Padoa Schioppa e dal viceministro Visco, impegnati a minacciare gli evasori: il che è come abbaiare alla luna! È Rutelli, disperato, a tentare di rabberciare con palesi assurdità, come quella di dichiarare: ci impegniamo a restituire tra due anni le maggiori entrate dell'evasione. Ma se siete così sicuri di colpire gli evasori, perché non facciamo in modo di non aumentare oggi le tasse e, fra due anni, se non sarete riusciti a rintracciare gli evasori, riparleremo di tali incrementi?
È un disegno di legge che toglie molto, restituisce poco e colpisce chi crea ricchezza. È stato calcolato che, per ogni 100 euro che vengono tolti a chi ne guadagna più di 3 mila al mese, ne vengono distribuiti 10 (pari al 10 per cento) alle categorie con redditi più bassi, le quali però devono pagare anche gli aumenti delle imposte indirette: è, quindi, vanificato ogni effetto redistributivo, che rimane solo pura demagogia.
In tutto, abbiamo calcolato 69 disposizioni, tra aumenti e istituzioni di nuove tasse. Ecco perché è la finanziaria delle contraddizioni: perché con una mano dà e con l'altra toglie. È emblematico il caso del cuneo fiscale e, contemporaneamente, del furto del TFR, ovvero l'autorizzazione a scaricare l'IVA sui congressi per rilanciare il turismo, con la contemporanea introduzione della tassa di soggiorno, che è l'imposta più demenziale che poteva concepirsi per affossare un settore strategico del paese. Tutti noi ricordiamo il ministro Rutelli teorizzare la necessità della riduzione dell'IVA sul turismo. Ma la tassa di soggiorno è un'imposta indiretta: è come se avessimo aumentato l'IVA sul turismo di due o tre punti percentuali! Come si può scadere in così palesi ed evidenti contraddizioni?
Estremamente penalizzanti sono le previsioni sui tre grandi settori della scuola, dell'università e della ricerca scientifica, e sui beni e le attività culturali, i cui stanziamenti non solo sono molto al di sotto delle previsioni che baldanzosamente i ministri avevano annunciato al Parlamento ma, soprattutto, sono largamente inferiori alle reali esigenze di mantenimento dell'attività di istituto in questi settori fondamentali dell'amministrazione statale e della società italiana.
Non parliamo, poi, dell'editoria, su cui il Governo ha adottato una strategia funambolica e un po' truffaldina, tipica più del gioco delle tre carte che dei doveri di intervento per il sostegno di un settore vitale per la società democratica, oltre che per l'economia e la cultura nazionali.
Tornando all'università, tutti ricordano che il ministro Mussi aveva perfino preannunciato le sue dimissioni qualora non vi fosse stata una radicale inversione di tendenza. Ora, non voglio infierire, ma è indubbio che il problema è rimasto tale e quale. A fronte della strategicità di università e ricerca, questo primo disegno di legge finanziaria della sinistra non solo non evidenzia alcuna concreta linea di indirizzo per il potenziamento di questi settori, ma smentisce clamorosamente perfino le promesse elettorali, al punto che la Conferenza dei rettori, il 4 ottobre, ha diffuso un comunicato di protesta e di denuncia proprio in ordine al mancato rispetto di tali impegni.
Il finanziamento complessivo dell'università è, infatti, notoriamente diminuito in termini reali. Già la cosiddetta legge Bersani aveva ridotto del 20 per cento le spese ordinarie delle università per il triennio 2007-2009, con una decurtazione stimata di circa 250 milioni di euro. Con questa manovra i tagli diventano insopportabili. Per i nuovi ricercatori si registra uno stanziamento di appena 20 milioni di euro, pari all'assunzione di circa 500 nuovi ricercatori: una bella differenza rispetto ai circa 2 mila assunti dal centrodestra in appena due anni!
Incredibilmente è stata soppressa la norma sul 5 per mille, sottraendo ulteriori risorse alle università. Gravissimo, poi, l'attacco all'autonomia degli atenei, con l'obbligo, sancito dall'articolo 70, di ridurre le nuove assunzioni nei limiti rigidi del turn over introducendo l'inedita regolaPag. 21di «una cessazione, una assunzione», con grave nocumento delle aspettative dei giovani ricercatori.
È una vera ecatombe quella che si registra nel settore della ricerca, iniziata con il decreto Bersani, che, come è noto, ha tagliato il 20 per cento dei fondi per le spese di funzionamento, e continuata con la manovra finanziaria, con danni inauditi ad un settore strategico per la competitività del sistema Italia e, quindi, per il futuro del nostro paese.
In ordine alla scuola lo scenario appare grosso modo simile a quello descritto per l'università: la manovra ha tradito gli impegni elettorali, con scarsi investimenti e, malgrado l'enfasi circa il successo del ministro Fioroni per essere riuscito ad evitare tagli più pesanti, fa registrare un saldo negativo tra riduzione di spesa e recupero di risorse aggiuntive. In pratica, Fioroni non è riuscito neanche a recuperare ciò che la manovra gli aveva tolto. La cosa più grave è che non si ha alcuna idea circa gli obiettivi che il Governo si è prefissato per la scuola.
Non posso, poi, non sottolineare la gravità dei ricorsi continui a deleghe surrettizie e, in quanto tali, in bianco, attraverso il ricorso ai regolamenti di cui alla legge 23 agosto 1988, n. 400, per dare luogo ad una peraltro non chiara controriforma in solitudine, priva di criteri direttivi precisi ed in palese violazione delle prerogative del Parlamento.
Per i beni culturali non vi è dubbio che l'apparente successo ottenuto dal ministro Rutelli - una certa discontinuità rispetto alle altre amministrazioni in ordine alle risorse ottenute - non corrisponde, nella sostanza, alle aspettative di un significativo miglioramento delle politiche culturali. Tutt'altro: si nota, piuttosto, un'involuzione grave in ordine alla filosofia di gestione che si articola su una sorta di «spezzatino» dei nuovi stanziamenti ottenuti, distribuiti in una miriade di mini fondi che rendono inquietante lo scenario complessivo della gestione della cultura nell'era Rutelli. L'articolo 163 prevede, infatti, l'istituzione di un fondo per l'attuazione di accordi di cofinanziamento tra lo Stato e le autonomie finalizzato al sostegno di interventi in materia di attività culturali svolte nel territorio. A parte l'irrisorietà dello stanziamento di 20 milioni di euro, cosa vuol dire? Non si tratta, forse, di normali attività di istituto? Che bisogno c'è di creare questo fondo? Sorge il dubbio che il vero obiettivo sia quello di gestire con criteri discrezionali e non trasparenti una somma al di fuori della normale programmazione del bilancio del Ministero.
Questa norma fa il paio con l'altra, sempre introdotta con il medesimo articolo, che assegna un contributo di 31,5 milioni di euro per interventi di tutela e valorizzazione da individuarsi con decreto ministeriale. Questa norma potrebbe intitolarsi «Arcus 2, la clonazione» poiché non ha alcuna motivazione oltre quella di costituire un ulteriore strumento discrezionale per il ministro. Già esistono gli APQ, l'Arcus: sarebbe il caso di evitare ulteriori parcellizzazioni degli interventi per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali.
Stessa osservazione vale per i 20 milioni di euro da gestirsi con criteri altrettanto discrezionali nell'ambito del settore di sostegno alle attività cinematografiche.
Fortemente deludenti, poi, sono le previsioni di spesa per il FUS: altro che l'impegno assunto dal centrosinistra in campagna elettorale di elevare la quota per la cultura e lo spettacolo fino all'1 per cento del PIL!
Il Mezzogiorno subisce una pesante penalizzazione. Altro che finanziaria meridionalista! Quanta enfasi sui 63 miliardi di euro concessi al sud, mentre è tutto falso, un semplice effetto virtuale. Lo stanziamento di 63 miliardi di euro è stato teorizzato nel settennio 2007-2013, ma è sfuggito a molti il fatto che la finanziaria programma solo in prospettiva triennale. Quindi, tutte le risorse assegnate a partire dal 2010 hanno solo un effetto-manifesto, un effetto-annuncio: si tratta di un dato esclusivamente virtuale che serve a tentare di coprire la vergogna di un'ennesima finanziaria, da parte della sinistra, che penalizza il Mezzogiorno.Pag. 22
Questa manovra, infatti, dà molto meno di quanto aveva concesso il Governo Berlusconi: basta guardare i documenti che avete predisposto. A legislazione vigente, l'ultima finanziaria del Governo di centrodestra prevedeva 6.434 milioni di euro per il 2007, 5.659 milioni di euro per il 2008, 10.450 milioni di euro per il 2009, per un totale di 22.543 milioni di euro. Con la finanziaria Prodi, nel 2007 sono stati rimodulati 5.100 milioni di euro, cioè 1.334 milioni in meno; 5.100 milioni di euro nel 2008, cioè 559 milioni di euro in meno; 9.950 milioni di euro nel 2009, cioè 500 milioni di euro in meno, per un totale di 2.393 milioni di euro in meno. Quello che risalta in maniera inaccettabile è il taglio di ben 1.334 milioni di euro per il 2007, anno in cui sarebbero stati subito spendibili e che invece vengono rinviati ad un futuro incerto e, quindi, sottratti alle aspettative delle aree meridionali.
C'è da scommettere che la finanziaria del prossimo anno rimodulerà le somme per gli anni successivi. Non capisco come i rappresentanti politici della sinistra eletti nel Mezzogiorno possano votare una manovra di questo genere, né capisco come i rappresentanti della Sicilia del centrosinistra possano identificarsi in essa.
Sono sostanzialmente false anche le altre agevolazioni per il sud. È infatti del tutto ininfluente il cuneo fiscale che, peraltro, non è cumulabile con il de minimis fino a 100 mila euro e con il credito d'imposta. Quindi, anche in questo caso la manovra evidenzia un'iniziativa di valore puramente virtuale e di manifesto.
La finanziaria uccide la sicurezza e così, mentre il Governo annuncia proclami per salvare Napoli dal degrado, accresciuto dalla perniciosa scelta dell'indulto, vengono stanziate risorse per aumenti alle forze di polizia pari a 19,83 euro al mese, cioè 60 centesimi al giorno: meno di un caffè!
Nessuno stanziamento è previsto per il riordino delle carriere. Viene teorizzata l'eliminazione di prefetture, questure, direzioni regionali della polizia, sedi dei vigili del fuoco. I tagli previsti dalla finanziaria, abbinati agli impegni per intervenire su Napoli, mi ricordano un passo di quella famosa canzone di Fabrizio De Andrè intitolata Don Raffaè: «Prima pagina venti notizie, ventuno ingiustizie, lo Stato che fa? Si costerna, s'indigna, s'impegna, poi getta la spugna con gran dignità».
Questa finanziaria aumenterà di 2 punti la pressione fiscale riportandola ai livelli record pre-Berlusconi del 43 per cento. Nel 2005 avevamo raggiunto quota 40,06 per cento di pressione fiscale. La verità è che esiste un unico disegno - prima la Visco-Bersani, altra legge odiosa e classista, ora la finanziaria - per colpire il ceto produttivo. Tutte le categorie che producono risultano penalizzate, ma con esse anche i lavoratori da esse dipendenti ed i consumatori, che dovranno pagare di più i servizi per i maggiori oneri.
L'aumento delle imposte danneggia non i ricchi, ma chi lo potrebbe diventare. L'aumento delle tasse è iniquo perché congela la struttura dei redditi e rende permanenti le differenze. I ricchi non hanno problemi, sono gli investitori ed i produttori i veri penalizzati dall'aumento delle imposte.
Si tratta di una finanziaria imposta dalla CGIL, sub premier Epifani, e dalla sinistra radicale, con lo scopo di realizzare la rivoluzione bolscevica in Italia 90 anni dopo quella della Russia e 17 dopo il crollo del muro di Berlino. Non a caso, è stata presentata il 1o ottobre al centenario della CGIL a Milano. È evidente che Prodi, leader senza partito, dalla Telecom al sindacato tenta di costruirsi una base di sostegno con i poteri forti che lo tuteli nel rapporto con i partiti della sua coalizione.
In conclusione, si tratta di una finanziaria deludente e penalizzante, contraddittoria e mendace, specie in ordine agli impegni assunti solennemente in campagna elettorale, che il gruppo di Alleanza Nazionale considera devastante per l'economia nazionale.
Sarà difficile migliorarla, meglio sarebbe se in un momento di ritrovata lucidità il Governo la ritirasse per riproporla in maniera più corretta.Pag. 23
Il gruppo di Alleanza Nazionale, in attesa di questo miracolo di ravvedimento operoso, dichiara la sua più completa contrarietà al provvedimento e annuncia di aver presentato un pacchetto di emendamenti per migliorare, ove possibile, la manovra, che altrimenti sarà contrastata con determinazione, nell'interesse superiore dei cittadini italiani e del paese intero (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Turco. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, ritengo vi sia un problema di fondo relativo alle nostre procedure. A questo proposito, condivido le critiche espresse in precedenza dall'onorevole Giudice che, per la verità, sono identiche a quelle che venivano espresse nella scorsa legislatura dall'opposizione di allora. Tuttavia, nessuno dice quanto sia urgente rivedere le regole sulle procedure di bilancio. Credo che questa sia una delle prime riforme che il Parlamento dovrà attuare. Proprio sulla base di tali considerazioni, vorrei ringraziare il presidente Duilio, il relatore Ventura e il sottosegretario Sartor per lo sforzo intrapreso al fine di salvaguardare le prerogative del Parlamento.
La finanziaria in esame, in base al DPEF che avevamo votato con entusiasmo, doveva essere incentrata sulla spesa e su riforme strutturali: pensioni, sanità, pubblico impiego e finanza locale. Invece, come al solito, ci ritroviamo di fronte ad una manovra basata su tasse. Riteniamo che ciò rappresenti un errore da correggere al più presto e per questo continuiamo a chiedere al Governo l'atto di saggezza di non arroccarsi e di non chiudersi a riccio.
È infatti vero che, a causa del mix tasse e burocrazia - per non parlare dell'incertezza del sistema giudiziario -, non solo non attraiamo capitali, ma assisteremo anche alla delocalizzazione delle piccole e medie imprese e non solo di quelle grandi. D'altra parte, avendo soldi da investire, ciascuno di noi preferirebbe la Polonia, con tasse al 19 per cento e la possibilità di aprire un'impresa in dieci giorni, oppure l'Italia, con tasse fino al 60 per cento e un anno e mezzo per aprire davvero un'impresa? Si tratta di un interrogativo che poniamo al paese, al Parlamento e al Governo. D'altronde, è risaputo che le riforme strutturali vanno attuate quando vi è una congiuntura positiva e, possibilmente, nella prima finanziaria della legislatura.
Voglio qui ricordare che, nel 1994, quando Berlusconi fu purtroppo indotto dalle pressioni della piazza e da quelle di Scàlfaro ad escludere dalla finanziaria la riforma delle pensioni, il Presidente Prodi sottoscrisse - e fece benissimo - l'appello di Franco De Benedetti, Franco Modigliani, Paolo Sylos Labini e Mario Baldassarri affinché non si perdesse quell'occasione. Oggi ci troviamo nella stessa situazione a parti invertite e ci si dice invece che delle riforme si parlerà dopo; un dopo che rischia di significare mai!
Questa finanziaria contiene diversi interventi, tutti ragionevoli e meritori in sé, ma che considerati nel loro insieme conseguono lo spiacevole effetto di disperdere troppe risorse in una miriade di rivoli, arrivando complessivamente ad importi molto consistenti.
In un contesto di necessario rigore, innanzitutto per la giusta necessità di risanare i conti pubblici, questa frammentazione della spesa si traduce in uno spreco, perché con livelli così bassi non si risolve alcun problema. È invece necessario investire, con un vero salto qualitativo e quantitativo, nella ricerca, nell'innovazione e nell'istruzione. Verso questo fine fondamentale occorre concentrare tutte le risorse disponibili e finalmente orientare la politica economica secondo i criteri della tanto osannata, quanto poco praticata, Agenda di Lisbona, sui cui temi è necessario che il Governo presenti un collegato alla finanziaria prima del 15 novembre.
Il messaggio principale della strategia di Lisbona è quello di sviluppare la competitività dell'Europa sulle basi della conoscenza e dell'innovazione, salvaguardandoPag. 24al contempo i bisogni dei più poveri e dei più vulnerabili. Investire in innovazione, ricerca, istruzione e sviluppo costituisce il contrario di una competizione sul prezzo, che esaspera la spinta al ribasso dei costi, a danno della qualità del prodotto, del lavoro e dell'ambiente.
Per questo motivo, sarebbe utile non disperdere importanti risorse non concedendo una riduzione generalizzata del cuneo fiscale estesa anche alle imprese i cui mercati non sono esposti alla concorrenza internazionale, come ad esempio la grande distribuzione commerciale, quella con più di 50 dipendenti.
Ed è in tale direzione che abbiamo presentato una serie di emendamenti. Senza aggiungere alcuna nuova tassa, è possibile ottenere un miliardo di euro all'anno per la ricerca scientifica di base e applicata. Questi importi andrebbero allocati alle università, sopprimendo i tagli previsti e rimuovendo il blocco degli scatti biennali, per non incrementare ulteriormente il divario retributivo tra i ricercatori italiani e quelli che si trovano all'estero. Perché tale straordinario flusso di risorse non vada sprecato tra rivoli diversi, proponiamo che nessun ente di ricerca possa impiegare più del 15 per cento del proprio personale per funzioni amministrative. Il finanziamento di queste misure è interamente costituito da tagli ad erogazioni e contributi a questo o a quell'interesse specifico. A volte si tratta di rinnovi ma, altre volte, di nuove ulteriori concessioni.
Proponiamo la richiesta di un piccolo sacrificio alla pubblica amministrazione, nell'anno in cui tanta parte dei nostri sforzi è dedicata al rinnovo del contratto del pubblico impiego, consistente nella riduzione del 10 per cento degli stanziamenti degli straordinari dei pubblici dipendenti, con esclusione delle forze di polizia. La liquidazione di Sviluppo Italia, di cui già Romano Prodi si fece portatore durante la campagna elettorale, data l'altissima liquidità della società, può fornire risorse equivalenti ad almeno 600 milioni di euro.
Proponiamo la soppressione dei vecchi e dei nuovi contributi concessi a favore delle scuole private paritarie e non agli asili nido ed alle scuole materne. È intollerabile, infatti, che i forti tagli alla scuola pubblica siano accompagnati da un incremento dei contributi alle scuole paritarie private - che, per il 90 per cento, sono anche confessionali - di ben 100 milioni di euro.
Il capitolo dei prepensionamenti sembrava definitivamente chiuso, anche perché riaprire questa valvola sarebbe un controsenso nel momento in cui si deve aumentare l'età pensionabile in conseguenza della rivoluzione demografica in atto. Al contrario, nell'articolo 175, per abbreviare i tempi della mobilità lunga, si reintroducono i prepensionamenti, con un aggravio evidente per la finanza pubblica. Analoga situazione si registra per quanto riguarda i condoni contributivi che, con l'articolo 178, determinano nuovi oneri per lo Stato. Se si vuole perseguire tale via, lo si può e lo si deve fare senza l'uso di risorse pubbliche, eliminando sanzioni e multe.
Resta il capitolo sociale. Proponiamo la soppressione del fondo per l'integrazione degli immigrati, la cui dotazione, palesemente insufficiente, ne fa una misura largamente inefficace. Tali risorse potrebbero essere più utilmente destinate al miglioramento della prima accoglienza degli immigrati e di coloro che richiedono asilo, in modo che tale accoglienza sia dignitosa e rispettosa dei diritti umani.
Occorre generare una redistribuzione delle risorse tra i cittadini anziani che destini a quelli non autosufficienti quanto è possibile ricavare dalla chiusura di una finestra delle pensioni di anzianità: si può chiedere ai lavoratori di lavorare poco più a lungo se in cambio ottengono un'assistenza efficace quando ne possono avere più bisogno. Questa politica di redistribuzione della spesa sociale deve essere rivolta anche a favore dei giovani che fanno lavori precari: si può avere, infatti, un lavoro intermittente, ma non un reddito intermittente! Da tale considerazione nasce la necessità di creare nuovi ammortizzatoriPag. 25sociali che siano legati alla riqualificazione professionale o ad una maggiore qualificazione sociale. In vista di tale obiettivo, proponiamo, intanto, la costituzione di un fondo rotativo di garanzia per facilitare l'accesso al credito per l'acquisto della prima abitazione.
Infine, proponiamo l'imposizione di una aliquota unica sulle locazioni del 20 per cento equivalenti a tutte le altre rendite da capitale; contrariamente, siamo convinti che si debba dare la possibilità di compensare l'affitto o gli affitti riscossi con quello eventualmente corrisposto per la propria abitazione: in tal modo, si favorisce la mobilità e si evitano situazioni di iniquità.
Comunque, obiettivo principale di tale misura, che va accompagnata da un inasprimento delle sanzioni sull'evasione, è l'emersione di base imponibile, secondo il motto: pagare tutti per pagare meno.
Queste sono le nostre proposte; bisogna uscire da una logica tutta rinchiusa nella ricerca di un'intesa neocorporativa che, alla fine, lascia un po' tutti scontenti, sia chi se ne sia avvantaggiato sia chi non ne abbia avuto vantaggi. Occorre, invece, un patto tra generazioni che si basi sulla riforma delle pensioni e degli ammortizzatori sociali, sulla riduzione del debito pubblico, sulla valorizzazione e la tutela dell'ambiente e del patrimonio artistico, nonché, infine, e soprattutto, sull'investimento di straordinarie risorse in infrastrutture, sicurezza, innovazione, ricerca ed istruzione.
In conclusione, noi siamo, saremo e vogliamo essere leali; ma essere leali non significa essere sordi, ciechi e muti (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno)!
PRESIDENTE. Do ora la parola al deputato Pedrizzi, che ieri non è potuto intervenire nel dibattito in Assemblea.
RICCARDO PEDRIZZI. La ringrazio, Presidente; intervengo solamente per chiedere che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare il deputato Cannavò. Ne ha facoltà.
SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, sulla finanziaria si è affermata l'idea che sia stata scritta dalla sinistra e che contenga un segno di classe; addirittura - come si è sostenuto in questa Assemblea poc'anzi, con toni che ho trovato piuttosto esilaranti -, essa avrebbe l'intento di realizzare la rivoluzione bolscevica! Forse, allora, dovremmo sostenere questa lettura e andare fieri ed orgogliosi dell'influenza che, in quanto comunisti ancora legati all'idea del conflitto di classe, riusciamo ad avere sul Governo. Purtroppo, la realtà è ben diversa e in questo intervento vorrei dimostrare come la finanziaria contenga, sì, un segno di classe, ma non certamente dal lato degli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici. Va osservato però come questa descrizione artefatta della realtà rifletta, da un lato, un'anomalia di sistema, dall'altro, la sapiente capacità delle destre e di Confindustria di utilizzare la nobile arte della propaganda. L'anomalia è riferita al fatto che in questo paese è sufficiente abbozzare una semplice ipotesi di riequilibrio fiscale (come in parte è stato fatto con la rimodulazione delle aliquote IRPEF) per far gridare allo scandalo ed alla bancarotta settori sociali sempre «coccolati» dal sistema fiscale italiano e responsabili importanti della difficoltà economica in cui questo paese si trova. Grandi sperequazioni ed imponenti redistribuzioni di reddito intese, per così dire, al contrario non sopportano non solo di venire intaccate ma nemmeno di venire additate quali responsabili della crisi e quali possibili fonti di risorse per farvi fronte.
Mai come in questo periodo abbiamo assistito ad un soccorso generalizzato nei confronti dei cosiddetti ricchi, dei possessori di SUV e di barche, dei detentori di rendite finanziarie per sostenere l'impossibilità di un loro contributo alle disparità sociali che attraversano l'Italia. La destraPag. 26si è distinta fortemente in tale campagna che, purtroppo, ha trovato sostenitori anche nel centrosinistra. Ed è su tale anomalia che si è a sua volta impiantata la campagna propagandistica delle destre e di Confindustria volta a dimostrare la supposta influenza della sinistra radicale sulle linee guida della finanziaria. Una campagna che serve a Confindustria, la principale beneficiaria della manovra di bilancio - come ha opportunamente ricordato l'onorevole Ventura nella sua relazione -, per premere ancora sul Governo in vista di nuovi fondi e di una riforma delle pensioni ormai presentata come una vera e propria finanziaria 2. Le destre vogliono attirare il malcontento dei cosiddetti ceti medi incuneandosi nelle contraddizioni della maggioranza ma puntano, di fatto, a far riemergere una politica di attacco allo Stato sociale e di compressione della spesa pubblica.
Ma come dicevamo i fatti sono diversi e il segno della finanziaria è inverso rispetto a quello finora descritto. Questa manovra, se è vero che si differenzia dalle politiche scandalose seguite dal Governo Berlusconi - politiche che negli ultimi cinque anni abbiamo puntualmente ostacolato, anche con grandi manifestazioni di piazza -, non si differenzia, invece, dal corso della politica economica degli ultimi quindici anni. Una politica economica ossequiosa dei parametri di Maastricht e del patto di stabilità e, in ultima istanza, «affogata» dentro una filosofia liberista, che ha fatto scempio dell'economia europea provocando una stagnazione generalizzata, come dimostrano le statistiche, i confronti internazionali, ma anche l'analisi di autorevoli economisti (tra tutti, vale la pena di citare Jean Paul Fitoussi).
Nonostante tale bilancio negativo, il Governo ci presenta ancora questa impostazione come mission, come obiettivo guida, che condiziona pesantemente l'entità della manovra, la seconda mai realizzata in Italia dopo quella varata da Amato nel 1992. Ben 40 miliardi di euro, se sommiamo anche i miliardi della manovrina di questa estate, che avranno un impatto rilevantissimo sulla nostra economia; altro che crescita!
Va aggiunto inoltre che questa dimensione mette seriamente in discussione l'importante impegno di uscire dalla logica dei due tempi per realizzare contemporaneamente risanamento e redistribuzione del reddito; con uno shock economico di 40 miliardi di euro, si realizzano oggi le condizioni del risanamento ma si rimandano ad un futuro indefinito le istanze di giustizia sociale. Non è un caso che la triade di rigore, sviluppo ed equità stia diventando, in questo dibattito, la triade rigore, sviluppo, un minimo di equità; cito ancora, al riguardo, la relazione svolta dal relatore.
Quanto detto si spiega abbondantemente scorrendo la rigida sequenza dei numeri. Se infatti il ridisegno delle aliquote IRPEF redistribuisce alle fasce più basse una porzione di reddito - piuttosto limitata e del tutto insufficiente per fare fronte all'emergenza sociale ed all'emergenza salariale emersa in Italia in questi ultimi 15 anni -, anche tale incremento viene azzerato o addirittura muta di segno divenendo negativo quando si passa ad esaminare la parte relativa ai tagli, che sono numerosi e pesanti.
Il problema principale della finanziaria, signor sottosegretario, risiede proprio in ciò: da una parte, sul versante delle entrate, opera la rimodulazione delle aliquote; dall'altra, sul versante dei tagli, si toglie quanto si è dato con la prima operazione.
Osserviamo dunque i numeri. Circa 3 miliardi 500 milioni di euro di riduzione dei trasferimenti agli enti locali si tradurranno in addizionali IRPEF ed in nuove tasse locali e di scopo, fino addirittura allo 0,8 per cento. Tre miliardi di tagli alla sanità - per di più con l'istituzione dell'odioso ticket (e, nello specifico, del ticket sul pronto soccorso) - andranno a colpire le persone più bisognose, in particolare immigrati e anziani. L'incredibile aumento dei contributi previdenziali per i lavoratori dipendenti, proprio quando, invece, si parla di riduzione del costo del lavoro e diPag. 27riduzione del cuneo, produrrà una decurtazione dalla busta paga dello 0,3 per cento che, sommato alle addizionali IRPEF per gli enti locali, raggiungerà l'1,2 per cento. Il 23 per cento di aumento dei contributi previdenziali per i lavoratori parasubordinati, come denunciato dalla CGIL, in assenza di interventi protettivi, si tradurrà in una riduzione dei loro attuali compensi. La riorganizzazione della scuola e del rapporto tra docenti e alunni provocherà la scomparsa di 50 mila posti di lavoro mentre la riorganizzazione del pubblico impiego e della pubblica amministrazione, per 3,9 miliardi di euro, produrrà un sostanziale blocco del turnover ed una razionalizzazione, e quindi un peggioramento delle condizioni di vita, all'interno della pubblica amministrazione. Vi sono inoltre le misure sui bolli, sulle autostrade, sui prezzi, e via discorrendo.
Contemporaneamente, si registra, invece, uno spostamento consistente di reddito a favore delle grandi e medie imprese, con la riduzione del cuneo fiscale; quasi 5 miliardi di euro a regime. A differenza di quanto sostenuto in campagna elettorale, tale spostamento è certo e pieno per quanto riguarda gli imprenditori mentre, per i lavoratori, viene condiviso con tutti i redditi da lavoro, compresi quelli degli evasori.
In ciò è il cuore della manovra, in ossequio ad una perfetta e classica centralità di impresa; qui risiede un'idea di politica economica che ancora una volta fa leva sul lato dell'offerta e sul lato della riduzione della produttività del lavoro anziché sul lato della domanda, come dovrebbe essere per una politica di espansione e di crescita.
Quanto alla rendita finanziaria, questa viene attaccata per la prima volta (ed è buono), ma in modo tale da colpire indiscriminatamente anche i piccoli patrimoni e le piccole rendite accumulate dal lavoro dipendente. Il 20 per cento con cedolare secca e non inserito, invece, all'interno della dichiarazione dei redditi, colpirà, allo stesso modo, tutti i tipi di reddito. Inoltre, l'avvio dei fondi pensione regala una ghiotta occasione alle grandi società finanziarie.
Insomma, una vera e propria finanziaria di classe, ma dal lato del capitale, che però non smette di lamentarsi, come dimostra il caso del TFR del quale, pur appartenendo ai lavoratori, viene denunciato lo scippo. Piuttosto, sono i lavoratori a dover lamentare l'uso improprio che verrà fatto della loro liquidazione, utilizzata per le grandi opere o per sanare i debiti pregressi e addirittura 350 milioni di euro per le spese della difesa.
È ora che in Italia si affermi una logica piuttosto elementare, che vale, in primo luogo, per le pensioni: tutto ciò che rientra nella disponibilità dei lavoratori e delle lavoratrici deve restare nelle loro mani, senza che nessuno, né lo Stato né le aziende, possa disporne. Vale oggi per il TFR, deve valere soprattutto domani per quanto riguarda la prevista e non auspicabile riforma delle pensioni.
Ma a destare allarme è l'incomunicabilità tra questa manovra finanziaria e le istanze o le vere e proprie speranze che sono state espresse sabato scorso nella grande manifestazione di Roma contro la precarietà.
Su questa manifestazione sono stati sprecati inchiostro e parole spesso per contraddire un'assoluta ovvietà, ossia la naturale partecipazione di Rifondazione ad una iniziativa che rientra totalmente nel suo patrimonio genetico, nella sua storia e nella sua cultura. Lo scandalo però non è la presenza in piazza di questo o quel sottosegretario, ma il fatto che, per la prima volta, un pezzo importante dell'elettorato dell'Unione manda, inascoltato ad oggi, un messaggio di protesta al Governo (altro che guardie del corpo, caro Presidente Prodi!), segnalando in forme più o meno radicali che l'andazzo seguito finora non va bene, non è quello giusto, non convince.
Ma quel campanello d'allarme suonato fragorosamente nelle strade di Roma non sembra essere ascoltato né dal Governo né dal testo che stiamo qui discutendo. Nella finanziaria non c'è nulla che parli di lottaPag. 28alla precarietà, anzi, assistiamo alla vergogna dell'articolo 177, che condona i contributi previdenziali non versati a quei lavoratori dipendenti spacciati per autonomi.
Su questo punto il Governo spreca un'occasione e si mette contro un pezzo importante del suo mondo e del suo popolo, decisivo per la sua vittoria elettorale ed oggi mal ripagato. Siete ancora in tempo, siamo ancora in tempo, per lanciare un messaggio, un segnale in questa direzione, per recepire una domanda sacrosanta che sale da un pezzo vivo del popolo della sinistra.
Vorrei terminare questo intervento con quella che ai miei occhi costituisce la prestazione peggiore del disegno di legge finanziaria, offensiva per quello spirito pacifista che pure ha rappresentato la principale risorsa per la vittoria dell'Unione contro le destre e per la crescita della coscienza civile: l'aumento delle spese militari.
La mia collega, onorevole Deiana, ha già spiegato nel dettaglio cosa questo significhi e non mi dilungherò su ciò. Vale però la pena di affermare che il disegno di legge finanziaria aumenta complessivamente dell'11 per cento l'ammontare delle spese militari.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SALVATORE CANNAVÒ. Certamente, manca il senso delle proporzioni, delle priorità e dell'ascolto, se è vero che le nostre rimostranze in Commissione difesa non sono state degnate della minima attenzione.
Signor Presidente, la finanziaria non può essere quella che abbiamo fin qui letto e che però ancora non conosciamo. Il provvedimento va cambiato, vanno eliminati i tagli a scuola, università, sanità, va eliminato l'aumento dei contributi previdenziali, così come il condono concernente l'articolo 177, e vanno ridotte le spese militari.
Questi capitoli non possono essere accettati e non possono essere votati e se la finanziaria dovesse contenere l'aumento delle spese militari appena segnalato, in quel caso, sarà doveroso dare voce alla pratica dell'obiezione fiscale ancora in uso in Italia, rifiutando un voto favorevole all'intera manovra.
È suonato un campanello d'allarme nella sinistra sociale di questo paese ed è giusto e doveroso che si faccia sentire anche in quest'aula (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fedi. Ne ha facoltà.
MARCO FEDI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, le forze politiche di maggioranza chiamate al Governo del paese hanno il dovere di indicare una manovra economica che consenta di raggiungere obiettivi di risanamento e sviluppo, di ripresa del sistema Italia nel suo complesso, di equità, di sostegno alle fasce sociali più deboli, i redditi bassi, le famiglie.
È possibile lavorare per migliorare la manovra nel suo complesso, esprimendo posizioni e valutazioni di merito con critiche anche severe e contemporaneamente condividere gli orientamenti, le linee generali, le scelte di fondo della manovra economica.
Nell'esaminare questi provvedimenti dobbiamo avere la consapevolezza che questa manovra di bilancio si colloca in una situazione complessiva che deve fare i conti con la perdita di competitività del sistema Italia. Deve fare i conti con quei parametri che ci consentono non solo di rimanere nell'Unione monetaria, ma anche di continuare ad esercitare, nell'Unione europea, un ruolo importante, da protagonisti, nella ripresa economica, nella politica estera, nella cooperazione.
Abbiamo avuto modo di ricordare in Commissione affari esteri che le risorse destinate complessivamente al Ministero degli affari esteri sono ancora insufficienti a svolgere una coerente azione di politica estera, di cooperazione allo sviluppo, di rafforzamento della rete diplomatico-consolare, di servizio nei confronti delle comunità italiane nel mondo e di promozione del sistema Italia all'estero.Pag. 29
Il sistema Italia all'estero trova terreno fertile grazie alla presenza di nostre comunità integrate che chiedono allo Stato italiano investimenti coerenti con le grandi opportunità che questa rete di presenze ci offre in campo linguistico e culturale, nei settori della tutela sociale, nella rappresentanza, che si realizza attraverso i Comites del Consiglio generale degli italiani all'estero, del settore delle convenzioni bilaterali e della tutela previdenziale.
I segnali positivi sia nel settore dell'aiuto pubblico a favore dei paesi in via di sviluppo, con il 50 per cento di aumento degli stanziamenti, sia con l'aumento delle disponibilità sui fondi per la cooperazione allo sviluppo, sacrificati negli anni del Governo Berlusconi, sono importanti, ma ancora insufficienti.
Il segnale positivo dato con lo stanziamento di 14 milioni di euro per le comunità italiane nel mondo, di fatto, dovrebbe tradursi in un aumento di due milioni di euro rispetto al 2006 delle dotazioni dei capitoli del Ministero degli affari esteri. Annunciato dal viceministro degli esteri Franco Danieli già ai primi di ottobre, lo stanziamento è di buon auspicio, ma non è ancora sufficiente.
Non si è trattato, come qualcuno ha sostenuto, di un'operazione tesa ad acquisire il voto dei senatori eletti all'estero, ma di un atto doveroso, che arriva dopo anni di sostanziale mantenimento dei capitoli di bilancio nel frattempo erosi degli aumenti dei costi di gestione e dall'inflazione.
Credo che abbiamo davvero bisogno di riforme. L'impegno della maggioranza parlamentare, il lavoro concreto dei prossimi mesi dopo questa finanziaria particolarmente severa deve essere quello delle riforme. Su questo impegno politico non dovremmo deludere le attese degli italiani, neanche di quelle degli italiani residenti all'estero.
Dobbiamo avviare una riflessione sul funzionamento del Ministero degli affari esteri, soprattutto le competenze fra le direzioni generali tematiche e quelle geografiche. Dobbiamo riorganizzare la rete consolare, senza avere decisioni già assunte, consentendo ai consolati di avere maggiore flessibilità con la gestione della spesa corrente, trovando il giusto equilibrio tra personale di ruolo e personale a contratto.
Il disegno di legge finanziaria per il 2007 supera la questione della no tax area sia per i redditi da lavoro dei residenti all'estero sia per pensionati, garantendo l'accesso alle detrazioni di carattere generale anche a chi vive fuori dei confini d'Italia. Crediamo si debba consentire l'accesso anche alle detrazioni per carichi di famiglia che, al momento, risultano escluse. È necessario affrontare il tema dell'imposizione fiscale e delle detrazioni per residenti all'estero in termini di equità e parità di trattamento. Lo faremo con un ordine del giorno. Siamo certi della sensibilità di quest'Assemblea su temi che pongono al centro la parità di trattamento.
In Commissione affari esteri abbiamo presentato un ordine del giorno che impegna il Governo a ripristinare le risorse destinate alle indennità di servizio all'estero che costituisce elemento centrale della dotazione necessaria alla gestione delle sedi consolari.
La rete diplomatico-consolare è stata sistematicamente sottoposta a drastiche riduzioni di capitoli di bilancio. In attesa di una necessaria riforma anche in questo settore, dobbiamo creare le condizioni per garantire l'operatività della nostra rete consolare.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARCO FEDI. In materia previdenziale, le riforme devono guardare in direzione dell'assegno di solidarietà per gli italiani residenti all'estero. È necessario che l'INPS adotti un regime di verifica degli stipendi e dei redditi anche per i residenti all'estero.
Il nostro impegno nella direzione delle riforme urgenti ed importanti per l'Italia e per le comunità italiane all'estero non verrà meno.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.
Pag. 30
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, vorrei osservare che ci troviamo ad affrontare da due giorni l'esame della manovra finanziaria. Credo che, per i prossimi anni, dovremmo procedere ad una modifica delle modalità di svolgimento della sessione di bilancio, poiché ritengo particolarmente inutile discutere in un'aula quasi totalmente deserta (ma penso si tratti di un discorso che affronteremo nel prossimo futuro).
Ricordo che in questi giorni, durante l'esame in sede di Commissione, abbiamo registrato una continua lamentela, poiché vi è stata una forte contrapposizione tra la maggioranza e l'opposizione. Per questo motivo, vorrei ringraziare vivamente sia il relatore sul disegno di legge finanziaria, l'onorevole Ventura, sia il presidente della V Commissione, l'onorevole Duilio, nonché il sottosegretario di Stato Grandi e gli altri rappresentanti del Governo che hanno partecipato attivamente ai lavori della stessa Commissione.
Credevamo, in buona sostanza, di poter discutere il disegno di legge finanziaria, in sede di Commissione, anche con l'apporto dell'opposizione, ma ciò non è avvenuto. Segnalo che, nella giornata di venerdì, si è verificato un ostruzionismo certamente non comprensibile in ordine agli interventi a favore degli italiani all'estero. Pensavamo, come dicevo, di poter dialogare con i deputati dell'opposizione, poiché ritenevamo, e riteniamo ancora, che in questo particolare momento della vita economica e politica della nostra nazione vi fossero la necessità e perfino l'opportunità di intervenire adeguatamente. Ciò perché, comunque, le difficoltà del paese sono sotto gli occhi di tutti.
Si tratta di problemi comuni, che dobbiamo superare insieme. Vedete, colleghi, tali difficoltà non possono essere addebitate al Governo di centrosinistra. Infatti, stiamo lavorando da soli cinque mesi ad un progetto che deve correggere gli squilibri e gli interventi negativi prodotti dal precedente Esecutivo. Mi riferisco al piano che il ministro Padoa Schioppa ha proposto sia nel Documento di programmazione economico-finanziaria, sia all'interno dello stesso disegno di legge finanziaria.
Quali erano i punti qualificanti di tali provvedimenti? In primo luogo, era previsto un percorso di rientro dal debito pubblico e ci si prefiggeva di accrescere, doverosamente, la competitività dell'impresa del nostro paese. Vorrei tuttavia evidenziare che, soprattutto, era affrontato il problema dell'equità sociale.
Si tratta di una questione che, negli anni passati, è stata trascurata, adottando invece interventi che hanno determinato, come è stato sostenuto dall'Unione europea, una maggiore povertà all'interno del nostro paese, superando le medie a livello europeo. Vorrei ricordare, infatti, che nel nostro paese la popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà è pari al 19 per cento del totale, contro il 15 per cento registrato in Europa. Bisogna intervenire, pertanto, attraverso forti interventi di riequilibrio, al fine di far uscire i soggetti più deboli del nostro paese dall'area della povertà relativa. Ebbene, noi stiamo intervenendo su questi tre aspetti importanti per la ripresa del nostro paese.
Ricordo che stiamo operando per intraprendere un percorso di rientro dal debito pubblico. Scusate, colleghi, ma possiamo forse dimenticare quanto è accaduto? Possiamo dimenticare, in altri termini, gli effetti negativi prodotti dal precedente Governo in questo paese?
Basti pensare che il debito pubblico è aumentato; basti ricordare che, in questi ultimi anni, il famoso rapporto tra deficit e PIL è salito; basti pensare, infine, che la spesa corrente è cresciuta dal 39,3 per cento ad oltre il 42 per cento del prodotto interno lordo: una spesa pubblica incontrollata!
Tale andamento incontrollato della finanza pubblica ha fatto sì che, per quanto concerne i saldi complessivi del bilancio, anche il cosiddetto avanzo primario ha raggiunto un livello estremamente basso. Esso, infatti, è stato pari allo 0,4 per cento del PIL lo scorso anno, provocando notevoli difficoltà. Ricordo che, all'inizio della scorsa legislatura, avevamo lasciato unPag. 31avanzo primario del bilancio dello Stato pari al 5 per cento del prodotto interno lordo, ma tale avanzo è stato in buona sostanza dilapidato dal precedente Governo. Tale situazione, dunque, mette in difficoltà il nostro sistema economico.
Questo Governo, che si è trovato di fronte a tali problemi, oggi viene contestato e viene anche giudicato ironicamente, quando sostiene che è stato lasciato un «buco». Ma non pensate, onorevoli colleghi, che tale «buco» è stato determinato, come dicevo, dall'incremento della spesa corrente, dall'aumento del rapporto tra deficit e PIL e dalla crescita del debito pubblico? Credo che tali elementi debbano far riflettere quelli che contestano un Governo che guida questo paese da cinque mesi!
Certo, ci rendiamo perfettamente conto che la manovra finanziaria è estremamente pesante, ammontando a 34 miliardi di euro. Anche in tal caso, tuttavia, voglio rispondere con forza e con fermezza a coloro che affermano, genericamente, che si sarebbe potuta realizzare una manovra di soli 15 miliardi di euro. Se avessimo proposto una manovra di finanza pubblica di tale portata, chiedo allora a questi benpensanti come avremmo potuto finanziare la realizzazione delle grandi opere, soprattutto quelle di competenza dell'ANAS e delle Ferrovie dello Stato.
Basti ricordare, a tale riguardo, quanto hanno affermato, nel corso di una audizione informale presso la Commissione trasporti, il presidente e l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa per comprendere in quale stato versino le grandi imprese italiane che devono promuovere lo sviluppo delle infrastrutture. Esse si trovano oggi sull'orlo della bancarotta, a causa dell'impossibilità di effettuare investimenti per garantire, come dicevo, lo sviluppo infrastrutturale del paese. Sottolineo che non siamo noi ad averlo affermato, ma lo hanno sostenuto i vertici delle FS, nonché, nel corso di un'audizione svolta presso la Commissione ambiente e lavori pubblici della Camera, il presidente dell'ANAS!
Sono queste, dunque, le scelte necessarie per rilanciare la politica infrastrutturale del nostro paese. Come si poteva realizzare, allora, una manovra finanziaria di soli 15 miliardi di euro?
Vorrei ricordare all'opposizione che, anche negli anni passati, vi sono state manovre di finanza pubblica estremamente significative, poiché bisognava far uscire il paese da una crisi profonda. Vorrei altresì rammentare ai colleghi appartenenti all'opposizione che, lo scorso anno, è stata varata una manovra di bilancio di 27 miliardi di euro. Ripeto: 27 miliardi di euro! Ma perché?
Perché il Governo Berlusconi ha voluto una manovra da 27 miliardi di euro? Perché era chiaro che gli indicatori erano negativi: il debito pubblico, il deficit e la spesa corrente che aumentava! Il Governo Berlusconi si era impegnato, in sede europea, a fare in modo che i predetti elementi rientrassero nei parametri di Maastricht.
Nel corso della discussione svoltasi quando abbiamo esaminato il decreto fiscale collegato alla manovra finanziaria, i colleghi dell'opposizione hanno fatto rilevare che, per le società di rating, il «sistema Italia» non è più una garanzia per i mercati. Al riguardo, mi piace ricordare una battuta (simpatica, oserei dire) dell'onorevole Fini. Quando, qualche tempo fa, nel corso della trasmissione televisiva Ballarò, gli fu detto che le società di rating avevano declassato il nostro paese, con grande semplicità, ed anche con grande ironia, Fini rispose: «Io non conosco nessuno, se non il conduttore di questa trasmissione». Dunque, già prima, colleghi, vi erano segnali negativi, dovuti all'azione del Governo precedente.
Oggi, perché non diciamo con chiarezza che i competenti organi dell'Unione europea hanno definito il disegno di legge finanziaria in esame un intervento positivo di questo Governo? Certo, il Governo dovrà continuare le riforme strutturali, ma ci stiamo impegnando con grande determinazione: noi sappiamo, infatti, che il paese ha bisogno di riforme strutturali vere,Pag. 32non come quelle annunciate dal Governo Berlusconi, negli anni passati, e mai realizzate!
Pensiamo di intervenire sulla pubblica amministrazione, e già lo stiamo facendo. Pensiamo di intervenire anche sul sistema pensionistico. A tale riguardo, abbiamo già avviato un ragionamento di concertazione con le parti sociali, che bisogna coinvolgere perché deve esserci consenso nel paese: noi riteniamo che questi problemi debbano essere sentiti come problemi comuni se si vuole rilanciare la competitività del «sistema Italia».
Colleghi, il disegno di legge finanziaria si può discutere: è giusto che lo si faccia; è giusto che tutti possano esprimere dubbi ed incertezze (come hanno fatto, d'altronde, poco fa, anche i colleghi di Rifondazione Comunista). È giusto che si critichi, ma credo che dobbiamo osservare con grande lealtà e con grande realismo quello che abbiamo di fronte e quello che ci è stato lasciato. Con altrettanta lealtà, dobbiamo riconoscere che siamo intervenuti nei settori che erano stati individuati nel programma elaborato dall'Unione in occasione dell'ultima competizione elettorale. Siamo intervenuti sugli elementi di fragilità del nostro sistema sociale, e ciò non era mai accaduto negli anni passati.
Come dicevo, a fronte di un indice di povertà che è aumentato al 19 per cento, abbiamo previsto intervenuti per le famiglie e per i giovani, abbiamo affrontato il problema degli anziani non autosufficienti e quello dei giovani universitari alle prese con fitti che aumentano giorno dopo giorno. Siamo intervenuti sui problemi importanti della nostra società.
Siamo intervenuti anche sul sistema scolastico. Pensate: 150 mila precari entreranno nei ruoli della pubblica amministrazione e della scuola (oltre ad un numero considerevole di personale ATA). Siamo intervenuti per alleviare le difficoltà di molti istituti sotto il profilo della stabilità degli edifici scolastici. Abbiamo previsto interventi per gli asili nido, per i quali non vi era stata, negli anni passati, una politica mirata.
Abbiamo ragionato anche su un tema che, negli anni passati, è stato sistematicamente collegato al DPEF: le grandi opere infrastrutturali. Ricordiamo tutti i «disegnetti» realizzati da Berlusconi a Porta a Porta di Bruno Vespa (era quella la sede propria?). Quanti di quei «disegnetti» di Berlusconi sono diventati opere realizzate, se non quelli relativi alle opere che erano già state programmate e cantierizzate dai Governi Prodi e D'Alema? Del resto, basta guardare gli indici, perché noi non diciamo falsità. Dal 2001 al 2005 vi sono stati interventi, nel campo delle grandi opere infrastrutturali, del 4 per cento, mentre, già oggi, i nostri interventi si aggirano intorno al 4,7 o al 4,8 per cento. Si tratta di elementi importanti: essi fanno capire che questo Governo sa che, per rilanciare la competitività del paese, c'è necessità di grandi opere infrastrutturali, soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 11,37)
LELLO DI GIOIA. Sulla base di quello che abbiamo compreso, di quello che il paese chiede, abbiamo trasformato l'intervento previsto per lo «pseudoponte» di Messina in interventi infrastrutturali importanti a monte ed a valle del ponte.
Quelli di noi che si sono recati in quelle realtà ed hanno visto la parte estrema e profonda del nostro stivale e quella iniziale dell'isola, hanno potuto constatare che il sistema infrastrutturale della Sicilia e della Calabria è caratterizzato da intasamenti, da difficoltà nei trasporti. Mi chiedo, perciò, se non fosse necessario, prima di tutto, intervenire sugli elementi di rigidità e di strozzamento del sistema infrastrutturale e dei trasporti. Perché non realizzare, nel settore dei trasporti, quelle infrastrutture a monte ed a valle che, favorendo il deflusso e risolvendo il problema dell'intasamento, offrono alle predette realtà effettive possibilità di crescita?
Abbiamo affrontato anche un problema annoso: l'occupazione. Nessuno vi disconoscePag. 33che, negli anni passati, vi è stato un incremento dell'occupazione. Però, credo dobbiate anche voi riconoscere, con grande umiltà e con senso di responsabilità, che l'incremento in parola si è tramutato, in questi anni, in aumento della precarietà: di una precarietà che noi vogliamo limitare.
Noi deputati de La Rosa nel Pugno non siamo contrari alla flessibilità e, anzi, la guardiamo con interesse.
Siamo convinti che nel terzo millennio sia necessario rendere più elastico il mercato del lavoro, ma la flessibilità non può significare precarietà; vi è la necessità di trovare strumenti diretti a ridefinire l'assetto complessivo del mercato del lavoro. Questi strumenti li abbiamo realizzati: abbiamo diminuito i contributi per le aziende che comunque assumono a tempo indeterminato, abbiamo aumentato, riportandoli a livelli compatibili, i contributi per coloro i quali continuano ad assumere a tempo determinato.
Questa è la strada dell'opportunità, che mette in equilibrio un sistema del mercato del lavoro; infatti, basta pensare al recupero del credito di imposta, agli incentivi per l'occupazione, agli ulteriori incentivi che riguardano il Mezzogiorno d'Italia e l'assunzione delle donne, che negli anni passati sono stati totalmente ignorati. Il Mezzogiorno d'Italia di cui parlate da cinque anni, che era una priorità per la Casa delle libertà, guardiamolo oggi, osserviamo come è questo Mezzogiorno d'Italia che per noi è una risorsa per il paese e rivolgiamo lo sguardo anche a quali sono stati gli interventi all'interno e per le aree sottoutilizzate. Avevate promesso all'inizio della legislatura che avreste investito oltre il 40 per cento delle risorse per il Mezzogiorno d'Italia, ma probabilmente i colleghi della Lega vi hanno bloccato, come hanno fatto sistematicamente durante il periodo del vostro Governo. Altro che le eterogeneità di questa coalizione! Altro! All'interno della nostra coalizione le diverse sensibilità culturali non sono un deficit, ma sono una ricchezza per migliorare, per mettere a confronto le idee, per costruire un sistema che dia garanzia al paese.
PRESIDENTE. La prego, concluda.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, termino subito.
Concludo dicendo che noi del centrosinistra, pur verificando probabilmente alcuni limiti di questa finanziaria, siamo profondamente convinti che al termine dei cinque anni il paese avrà più competitività, meno debito pubblico, ma soprattutto più equità sociale, che voi certamente non avete dato negli scorsi anni.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Girolamo. Ne ha facoltà.
LEOPOLDO DI GIROLAMO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, con questa legge finanziaria, come abbiamo più volte affermato, abbiamo l'ambizione di tenere insieme tre esigenze difficili da coordinare: risanamento, sviluppo ed equità. Obiettivo molto problematico da raggiungere, ma se non provassimo a perseguirlo verremmo meno non solo al patto stipulato con gli elettori, ma anche alla responsabilità che abbiamo nei confronti del paese. Vogliamo tendere alla costruzione paziente, faticosa di un sistema paese che ritrovi una sua coerenza attraverso azioni che promuovano una crescita rispettosa delle persone e dell'ambiente in cui viviamo. Per questo miriamo a far sì che le politiche di welfare abbiano un ruolo fondamentale nelle politiche economiche e di coesione sociale.
In questo quadro, il settore della salute rappresenta un paradigma perfetto per coniugare risanamento, sviluppo ed equità. Per far questo occorre, in primo luogo, che la spesa sanitaria cessi di essere una variabile indipendente, diventando una funzione delle politiche economiche del paese, crescendo in maniera coerente con la crescita complessiva. Il che significa, ad esempio per il 2007, mettere in atto risparmi per oltre 2 miliardi e mezzo di euro; si tratta di un'operazione epocale,Pag. 34difficile da realizzare, ma indispensabile a garantire al nostro paese il mantenimento di un Servizio sanitario nazionale che, nonostante sacche di inefficienza e sprechi, si colloca comunque ai primi posti nel mondo. In caso contrario, l'insostenibilità della crescita della spesa sanitaria determinerà una progressiva défaillance dei vari servizi sanitari regionali e la fine dello stesso Servizio sanitario nazionale.
A tal proposito sono necessari una forte capacità di Governo, uno sforzo congiunto e un'assunzione di responsabilità collettiva. Queste sono le condizioni indispensabili, perché nel nostro paese abbiamo un doppio livello di governo della sanità: lo Stato, che ne determina il livello di finanziamento e le regole generali, e le regioni, che determinano e gestiscono l'offerta del servizio. Da qui la necessità di concertazione fra Stato e regioni, ma anche la piena condivisione di obiettivi, strumenti e responsabilità; quindi, la stipula di un vero e proprio patto per la salute fra Governo e regioni che trova la sua realizzazione proprio nelle misure previste nella finanziaria.
Per attuare tale patto, da una parte si mettono in campo azioni di riassetto e riforma di alcuni fondamentali comparti: basti pensare alle misure sull'accreditamento, sui dispositivi medici, sulle prestazioni di laboratorio, sui centri di acquisto e sulle linee guida; dall'altra, si mette a disposizione delle regioni un incremento di risorse come mai era avvenuto prima. Il fondo sanitario nazionale aumenta di 6 miliardi di euro; l'insufficiente fondo per il 2006 viene incrementato di 2 miliardi di euro; viene creato un fondo transitorio di 1 miliardo di euro per favorire il rientro delle regioni con squilibri finanziari più rilevanti ed, infine, viene incrementato di 3 miliardi di euro il fondo per l'edilizia sanitaria e l'ammodernamento tecnologico. Uno sforzo finanziario enorme e tanto più significativo in una situazione difficile per il bilancio dello Stato quale quella che attraversiamo; inoltre, se ne garantisce l'erogazione rapida e con un orizzonte triennale, permettendo così alle regioni quella programmazione che è necessaria per attuare le indispensabili azioni di razionalizzazione, risparmio ed efficientamento.
La sfida che vogliamo vincere è quella di ricondurre la dinamica della spesa per la salute nell'ambito dei vincoli di finanza pubblica, migliorando nello stesso tempo i risultati in termini di qualità, appropriatezza, omogeneità territoriale. Ci rendiamo conto che è una sfida difficile, ma siamo convinti che questa legge finanziaria ci fornisca strategie e strumenti idonei a raggiungere questo straordinario obiettivo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Aveva chiesto di parlare il deputato Reina che ha appena fatto sapere di rinunciare al suo intervento.
È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, nei pochi minuti che mi sono concessi non sarà possibile sviluppare un approfondimento di tanti interessanti aspetti della manovra finanziaria. In termini generali, questa finanziaria è naturalmente dolorosa, come quando in una famiglia si devono fare sacrifici perché qualcuno ha scialacquato il patrimonio familiare. Da qui nasce la ricerca spasmodica di risorse finanziarie per rimettere a posto i conti pubblici dissestati e per poter pensare di nuovo al futuro con ottimismo attraverso il rilancio dello sviluppo, ma nella solidarietà, e questa finanziaria si sforza di perseguire tale difficile compito.
Vorrei, in discussione generale, approfondire un aspetto specifico che mi pare di grande importanza, nel caso in cui il Governo decidesse di porre la questione di fiducia su propri, più o meno estesi emendamenti. Confido, perciò, nell'attenzione del rappresentante del Governo, del presidente della Commissione, il collega Duilio, e dei relatori, affinché segnalino al Governo che, in tale eventualità, dovrà essere inserita una specifica previsione sul punto che ora esporrò, relativo all'articolo 64.
Nella sua formulazione originaria, esso prevede la riduzione del 50 per cento dellePag. 35classi di stipendio e degli aumenti periodici biennali per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Si tratta di magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e prefettizia, categorie le quali, oltre ad essere disciplinate dai rispettivi ordinamenti, e, quindi, sottratte alla disciplina generale di altri impiegati dello Stato, sono altresì sottratte alla normale contrattazione economica e retribuite secondo parametri di aggancio e di adeguamento economico affidati a criteri di automatismo; a quelle categorie è aggiunta quella dei professori e dei ricercatori universitari.
La decontrattualizzazione è perfettamente spiegabile per l'estrema delicatezza delle funzioni pubbliche esercitate da quelle categorie. Non è pensabile esporre alla necessità di contrasti, comprese manifestazioni rivendicative o scioperi, funzionari, quali magistrati, forze armate, corpi di polizia, Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di finanza, eccetera, o prefetti ed ambasciatori, né, parimenti, consentire che il malumore per le rivendicazioni retributive possa serpeggiare tra quei funzionari. Da quando questa disposizione è stata inserita nella finanziaria, il malumore è iniziato, fino a rischiare di assumere connotazioni estremamente preoccupanti, quale il pericolo di scontro istituzionale per quanto riguarda le magistrature, che vero o no che sia, a cagione dei loro difficili rapporti con il potere politico, risalenti, soprattutto, alla precedente legislatura, possono aver percepito come giustamente punitiva una falcidia così ampia dei loro emolumenti, ipotizzando addirittura una lesione dell'indipendenza. Ma quel pericolo investe anche le altre categorie protette, che sono in prima linea nella difesa della legalità dello Stato, alle quali quella disposizione può essere apparsa come una svilente sottovalutazione delle loro funzioni.
Sappiamo che la ragione di tale disposizione risiede nella necessità di reperire risorse, chiamando ciascuna categoria a fare la sua parte. Tuttavia, non posso non rilevarne l'incongruità, se non la pericolosità, sia per l'eccessività del sacrificio, che non riguarda in queste dimensioni nessun'altra categoria, compresi i parlamentari stessi ed i ministri, sia per l'unilateralità della decisione con la quale il Governo chiederebbe al Parlamento di rompere il sistema delle guarentigie connesse con gli automatismi stipendiali adeguati. Tutto ciò è idoneo, purtroppo, a fondare il timore paventato da quelle categorie.
Ecco perché ho presentato in Commissione giustizia, insieme ad altri esponenti dell'Unione, un emendamento soppressivo dell'articolo 64 nella sua interezza, in quanto l'esclusione dall'operatività dei soli magistrati avrebbe potuto rappresentare un aspetto odioso nei confronti delle altre categorie, oltre che difficilmente compatibile con il principio costituzionale di uguaglianza.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FEDERICO PALOMBA. L'emendamento ha riscosso consensi e voti unanimi da parte di entrambi gli schieramenti e voglio ringraziare i colleghi della Cdl per questa espressione di positiva trasversalità. Esso è stato inviato alla Commissione bilancio che, pure considerandolo ammissibile, non lo ha esaminato. Questa è la ragione per cui il testo presentato è quello originario, ma si porta dietro la proposta emendativa dell'intera Commissione giustizia, come ben sa il relatore, collega Gambescia. Auspico che il Governo voglia rispettare la decisione unanime della Commissione giustizia. Se la disposizione sarà approvata, confido che tutta l'aula vorrà confermare il voto dei propri esponenti di quella Commissione, sopprimendola. Ma, se il Governo porrà la questione di fiducia, auspico che rispetti la decisione della Commissione, sopprimendo l'articolo, ovvero presentando una propria proposta emendativa sostitutiva, che però sia, nella sostanza, rispettosa del contenuto del mio emendamento. Qualora il Governo decidesse di ripresentare, nell'emendamentoPag. 36sul quale porrà la questione di fiducia, il testo sostitutivo, già depositato nella Commissione bilancio, chiedo che esso specifichi con la massima chiarezza...
PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la prego.
FEDERICO PALOMBA. Devo concludere, signor Presidente? Per questo motivo mi richiama?
PRESIDENTE. Temo di sì.
FEDERICO PALOMBA. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Chiedo che esso specifichi, con la massima chiarezza, che la sospensione di due anni del 30 per cento dell'indennità non travolge la continuità del meccanismo. Credo che, in questo modo, il Governo darebbe ampia dimostrazione che non c'era alcuna volontà punitiva, ma soltanto il desiderio di chiamare ciascuna categoria ad affrontare la sua parte in questa difficile opera.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marras. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, illustri colleghi, credo di dover iniziare il mio intervento con un chiarimento. Non so bene di quale finanziaria si debba parlare: se di quella presentata in Commissione circa un mese fa o di quella, completamente stravolta, dopo l'esame in Commissione, con oltre 200 emendamenti. È, quindi, già difficile affrontare questo argomento. Credo di dover chiarire qualcosa in merito a ciò che si è sentito in questi giorni in aula, quando si è parlato con grande forza di un buco di bilancio, salito da 35 a 40 miliardi, lasciato dal Governo Berlusconi. Credo sia dovere smentirlo per chi, come me da undici anni, partecipa ai lavori della finanziaria.
Vorrei anche ricordare che la scorsa estate il ministro Padoa Schioppa ha gridato allo scandalo, parlando di buco di bilancio, ed ha costituito una commissione presieduta da un illustre economista, Faini, dove si è detto che il rapporto deficit-PIL era arrivato al 4,6 per cento. Si parlava di una manovra pesante, da 40 o, addirittura, 45 miliardi. Siamo già arrivati a 40 miliardi, se sommiamo naturalmente la manovra effettuata nel mese di luglio, di circa 9 miliardi. È arrivata poi una comunicazione ben diversa: nella prima metà dell'anno, ci dicono che il rapporto deficit-PIL è molto diverso, in quanto parlano del 2,9 (lontanissimo quindi dal 4,6); ci dicono che ci sono entrate in più del 10 per cento, rispetto a quelle previste dall'inizio dell'anno, per merito della finanziaria dell'anno precedente, quella del Governo Berlusconi e, chiaramente, del ministro Tremonti, che in questi anni ha operato sicuramente con grande attenzione e rigore. Le uscite sono diminuite di 13 miliardi di euro.
Questi sono i dati dell'ISTAT, consegnati nel corso dell'audizione presso la Commissione bilancio e non sono quindi chiacchiere di quartiere, come quelle che si sentono al bar da troppi esponenti o nelle piazze, quando si va a protestare, non facendo capire al paese da quale parte si sta, volendo occupare il ruolo della maggioranza e dell'opposizione. Anche in quest'aula si assiste a qualche intervento, come quello svolto dal collega poc'anzi, dove si critica fortemente il centrosinistra. Non si capisce, così, se ci volete lasciare almeno la possibilità di discutere ed analizzare la legge finanziaria. Certamente non l'avete fatto in Commissione, dove siamo riusciti ad esaminare 25 emendamenti su 7 mila. È la prima volta, nella storia di undici anni, che si tocca un dato così basso. Il dato più basso è stato quello di due anni fa, quando abbiamo toccato i 900 emendamenti, con una discussione su ogni emendamento. Qui si è veramente discusso del nulla in ogni Commissione! Credo sia importante ritornare ad una democrazia compiuta. Capite tutti quali siano le difficoltà.
Credo, inoltre, in qualità di esponente dell'ufficio di presidenza dell'Anci, di dover spezzare una lancia a favore dei piccoli comuni, per i quali fate un intervento tampone e sottraete i soldi a tutte le aree sottoutilizzate. Quindi, i piccoli comuni inPag. 37difficoltà saranno ancora più in difficoltà, dato che la maggior parte di essi si trova nelle aree sottoutilizzate. Si pensi alla mia regione, la Sardegna, la terra che ho il dovere di difendere, risiedendo lì il mio cuore.
Addirittura, inserite un articolo, il 102, sulle entrate, con il quale cancellate la spesa sanitaria che non trasferite più alla Sardegna, così come avviene per i fondi del trasporto pubblico locale. Fate, in tal modo, due cose gravissime: innanzitutto, già dal 1o gennaio 2007 bisognerà pagare gli stipendi dovuti al mondo della sanità e si riscontreranno sicuramente difficoltà molto grandi a reperire quei fondi in una regione che già registra problemi economici. Per contro, ci promettete di tornare a regime rispetto a quanto disposto dal Governo Berlusconi lo scorso anno, quando si è affermato che bisognava tornare a regime subito e disporre da subito dei ricordati 4 miliardi di euro che la Sardegna reclamava e di cui ha bisogno. Ora si accettano addirittura le dilazioni al 2010, anno in cui forse non ci sarà davvero più questo Governo - e ce lo auguriamo -, mentre siamo sicuri che non ci sarà più il governo regionale, perché non c'è dubbio che verrà allontanato a causa di questi balzelli e di queste scelte che non denotano alcuna attenzione verso i sardi e nessun interesse per la centralità del cittadino rispetto alla politica.
Cancellate completamente un altro aspetto importante, ossia la continuità territoriale che si era conquistata con il Governo Berlusconi e che aveva dato ai passeggeri la possibilità di volare ad un prezzo scontato, ad un prezzo che ci consentiva finalmente di andare da una parte all'altra dell'Italia. Per la Sardegna, tra l'altro, ciò significa avere solo due modalità di trasporto: marittimo o aereo, ma naturalmente è il trasporto aereo la precondizione indispensabile per la creazione di quelle condizioni che possono rivelarsi decisive anche per l'economia.
Per quanto riguarda la continuità territoriale delle merci, devo spendere alcune parole, perché abbiamo lavorato moltissimo cercando di ottenere lo stanziamento, rimasto in bilancio per cinque anni, di 45 milioni di euro. Tale cifra è stata completamente cancellata dal bilancio dello Stato, non esiste più. La continuità territoriale delle merci dava la possibilità agli imprenditori sardi di colmare quel gap che nel corso del tempo diventa notevole per quanto riguarda gli aspetti economici. Le nostre disposizioni prevedevano, appunto, la continuità territoriale delle merci, dando agli imprenditori la possibilità di usufruire di uno sconto del 50 per cento sul costo di attraversamento del mare e di essere con ciò competitivi, il che ritengo sia l'aspetto più importante dell'imprenditoria, anche di quella meridionale.
Sono dimenticate completamente nel provvedimento in discussione anche le zone franche. La Sardegna ha solo la zona franca di Cagliari; abbiamo bisogno di nuove zone franche e di finanziamenti per riuscire ad abbattere la fiscalità, con provvedimenti che servono sempre per sviluppare l'imprenditoria e la competitività.
Per quanto riguarda la portualità, date i soldi a Gioia Tauro, con la destinazione del 50 per cento delle somme stanziate, dimenticando le altre «porte» del Mediterraneo, quali ad esempio Cagliari e, in secondo luogo, Oristano, che è stato promosso dal Parlamento, con la precedente legge finanziaria, a porto di prima categoria. Non si capisce perché venga attribuito il 50 per cento delle somme stanziate a Gioia Tauro e gli altri porti siano lasciati nel limbo, senza determinare nulla in proposito. Abbiamo presentato emendamenti per fare chiarezza su tale problema, e speriamo vengano accolti nei prossimi giorni.
Cancellate le prefetture per le città con meno di duecentomila abitanti, senza tener conto dell'eventuale presenza della malavita. Quindi, non combattete nulla, non vi ricordate che in Sardegna, anche in questi giorni, vi è qualcuno che mi pare sia ancora nelle mani dei rapitori e che speriamo sia liberato, senza drammi; e un'intera isola si muove in proposito. Mentre avviene tutto ciò, tranquillamente si cancellano le prefetture e le questure, indebolendoPag. 38il presidio sul territorio e dando la possibilità ai delinquenti di muoversi serenamente, in tutta tranquillità.
Per quanto riguarda le servitù militari, che dire? Abbiamo presentato una serie di emendamenti in proposito, sperando nelle bonifiche, sperando di poter modificare ovviamente le limitazioni che penalizzano i pescatori e l'economia. Abbiamo cercato di cambiare la legge, ma abbiamo parlato, purtroppo, ad una Commissione ed ad un Governo sordi, che non si sono interessati ad alcun tipo di problema, considerandoci con grande distanza.
Credo, tra l'altro, che bisognerà anche rivedere il tema dell'energia, di cui si è parlato negli ultimi cinque anni, e arrivare a pensare che realmente l'energia è importante e fondamentale per la nostra isola, tentando di intravedere interventi che oggi non compaiono minimamente in questo disegno di legge finanziaria.
Credo...
PRESIDENTE. Onorevole Marras, dovrebbe concludere...
GIOVANNI MARRAS. ..., e concludo davvero, signor Presidente, che voi, onorevoli colleghi della maggioranza, dobbiate operare una riflessione e pensare alla sala Aldo Moro, di cui vi siete appropriati ingiustamente. Aldo Moro, in un suo discorso, faceva un'affermazione molto importante: egli disse che questo paese non si salverà e la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se non nascerà un nuovo senso del dovere. Credo che voi non abbiate proprio il senso del dovere nei confronti dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rocchi. Ne ha facoltà.
AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, deputate e deputati, la legge finanziaria è sicuramente un atto politico e di Governo importante, di cui il Parlamento discute e che segna, in qualche modo, l'attuazione del programma con cui l'Unione si è presentata alle cittadine ed ai cittadini, alle elettrici ed agli elettori, dai quali ha avuto il consenso e la fiducia. Si tratta di una finanziaria che, a volte, si carica persino di aspettative eccessive. Solo con l'azione di Governo nel corso dell'intera legislatura si può dispiegare ed attuare un programma corposo, complesso e significativo quale quello che abbiamo presentato alle elezioni. Questo disegno di legge finanziaria contiene, in ogni caso, alcuni aspetti significativi ed importanti e pensiamo - e penso - che altri potrà contenerne, migliorandone i contenuti e le proposte.
È anzitutto comprensibile il ripetuto dissenso, la critica legittima che il centrodestra esprime rispetto a questa finanziaria. Infatti, se vi è un primo dato che va, in qualche modo, reso esplicito - non solo in quest'aula, ma al paese - è che l'impianto di questa finanziaria rappresenta una politica diversa da quella che, in questi anni, il centrodestra ha realizzato. Essa si inserisce in una situazione difficile, in cui possiamo dire, un po' «simpaticamente», che vi sono esponenti del centrodestra che rivendicano a sé alcuni risultati, quali quelli ottenuti sul terreno delle entrate, ma contemporaneamente negano altri fattori, quali quelli del deficit o dei «buchi» di bilancio o delle difficoltà di sviluppo e di crescita che il paese ha registrato in questi anni. Si tratta, quindi, di una finanziaria che ha dovuto - e deve - misurarsi anche con queste difficoltà.
Penso che vi siano alcuni elementi molto positivi. Si avvia una politica redistributiva socialmente più equa e mi sembrano fuori luogo le polemiche di esponenti del centrodestra (purtroppo, sui giornali ne ho lette anche provenienti da alcuni esponenti del centrosinistra) che, pensando di parlare di realtà del centro-nord - mi riferisco a quella che conosco meglio, la mia regione, ossia la Lombardia -, sembrano non cogliere che questa azione redistributiva attraverso il sistema fiscale e la lotta all'evasione, nonché la revisione delle aliquote, reca vantaggio, anche in una grande regione ricca e produttiva del nord quale la Lombardia, alla stragrande maggioranza dei cittadini.Pag. 39Forse basterebbe analizzare i bilanci dell'Agenzia delle entrate per dimostrare quanti cittadini, anche del «profondo nord» da questa operazione redistributiva traggano, appunto, un vantaggio.
Così come significativi e positivi sono stati gli sforzi, compiuti recentemente, di reperimento delle risorse che porteranno al rinnovo del contratto dei lavoratori del pubblico impiego, lavoratori che per molti anni devono aspettare, come hanno fatto nel passato, il rinnovo del proprio contratto e, quindi, un adeguamento salariale al costo della vita.
Voglio centrare però il mio ragionamento su un punto che ritengo essenziale e sul quale chiedo al Governo - il Parlamento può farlo in piena autonomia - di lavorare per un miglioramento ed un arricchimento di questo disegno di legge finanziaria. Mi riferisco a ciò che ritengo sia il male della nostra epoca, soprattutto se penso alle giovani generazioni: l'incertezza e la precarietà del loro futuro attraverso l'incertezza e la precarietà del lavoro.
Il tema della lotta alla precarietà è un punto importante del programma dell'Unione e io ritengo che vi siano alcuni elementi iniziali positivi anche all'interno del disegno di legge finanziaria, volti alla ripresa dello sviluppo ed a favorire una stabilizzazione del lavoro precario. Mi riferisco agli strumenti del cuneo fiscale e agli incentivi alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, quelli attualmente precari, nonché a politiche che favoriscano lo sviluppo.
In primo luogo, ritengo però vi sia un limite: il fatto che questa politica di incentivazione alla stabilizzazione si faccia con uno strumento come il cuneo fiscale, a vantaggio del sistema delle imprese private, e non vi sia (ma si può recuperare in queste ore e in questi giorni) un meccanismo analogo di incentivazione riguardante, ad esempio, tutto il settore della pubblica amministrazione. Basta vedere i dati ufficiali dell'ISTAT e come nel settore della pubblica amministrazione, dagli enti locali a tutto il sistema degli enti pubblici, vi sia una quantità consistente di lavoro precario, che è essenziale per la prestazione di servizi ai cittadini e per la realizzazione piena del lavoro di questi soggetti. Si possono trovare soluzioni che intervengano positivamente, anche attraverso risorse che favoriscano, incentivandola, la stabilizzazione di questi rapporti di lavoro.
Certo, ripeto, vi sono alcuni primi elementi significativi positivi, ma ritengo che occorra andare oltre. Non è sufficiente, ad esempio, la quantità di stabilizzazione del precariato che si realizza nella scuola, ma occorrerebbe trovare strumenti e porre in atto interventi che possano allargare quell'orizzonte.
In secondo luogo, la Commissione lavoro della Camera ha prodotto, a mio avviso, un'importante opera di arricchimento attraverso l'approvazione di una serie di emendamenti che mi auguro troveranno il pieno accoglimento da parte del Governo e dell'Assemblea. Essi sono volti a far sì che, anche attraverso una politica di incentivi e disincentivi con gli strumenti attualmente previsti, si possa avere l'estensione di diritti e di tutele a chi nel lavoro precario vive. Mi riferisco al trattamento della maternità, e in particolare di quella a rischio, della malattia e anche del sostegno al reddito per lavoratori e lavoratrici che, a causa della precarietà del lavoro, hanno totale incertezza del proprio reddito nelle fasi di passaggio da un lavoro all'altro. Tale politica di incentivi e disincentivi - come ho già detto - è un elemento positivo, ma molto parziale e iniziale.
Il problema della precarietà lo si affronta certamente anche attraverso gli strumenti previsti nel disegno di legge finanziaria in esame, ma allargando già al suo interno diritti e tutele, con una impostazione che porti finalmente a dare a questo paese una legge e un sistema di riordino e di governo del mercato del lavoro che superi tutta la legislazione attualmente esistente.
Trovo che il dibattito sia un po' specioso laddove si pensa di risolvere in modo alquanto manicheo tutto il tema della precarietà del lavoro intervenendo su unPag. 40unico strumento legislativo, che pure critico pesantemente e che penso abbia prodotto un forte aumento di precarizzazione del lavoro, ovverosia la legge n. 30; occorrerebbe piuttosto rivedere l'impianto più generale che pone il contratto a tempo determinato al centro del rapporto di lavoro e del governo pubblico del mercato del lavoro.
Occorre inviare un messaggio chiaro al paese e ai tanti giovani che, anche manifestando, chiedono una risposta a chi ha il compito di governare e operare scelte attraverso atti, dando risposte concrete alla loro condizione. Bisogna avere coscienza che abbiamo di fronte a noi una generazione di ragazzi e ragazze che lavorano e che, pur lavorando, per la prima volta dopo tanti anni corrono il rischio di stare peggio dei loro genitori. Per molti di noi non è stato così! Il nostro destino nel lavoro è stato quello di un miglioramento, anche attraverso lotte e scontri difficili, delle condizioni di lavoro.
PRESIDENTE. La prego di concludere!
AUGUSTO ROCCHI. Attraverso un intervento che migliori le parti già positive contenute nella legge finanziaria su questo tema, occorre dare il segnale che, con questa legge finanziaria e le disposizioni che successivamente il Governo varerà, la lotta per costruire misure e scelte che offrano un futuro di serenità e di qualità del lavoro e di crescita ai giovani, ai ragazzi e alle ragazze del nostro paese, è e sarà una priorità di questo Governo.
Concludo, Presidente. È su questo che si misura la qualità dell'azione di Governo e la capacità di essere coerenti con il programma sulla base del quale i cittadini e le cittadine ci hanno votato: una coerenza capace di dare fiducia alle tante persone che aspettano risposte importanti per il loro futuro.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, anche in coloro, come noi, che a più riprese hanno manifestato disponibilità al dialogo e volontà di condurre una opposizione non precostituita, anche in noi, signor Presidente, è subentrato forte scoramento e motivato sconcerto a fronte del comportamento del Governo in merito alla legge finanziaria.
Avrebbero oggi buon gioco i partiti dell'opposizione a svolgere la loro funzione. Basterebbe che si limitassero alla raccolta di tutte le dichiarazioni, le interviste, le lamentele, le dissociazioni, le minacce di dimissioni, i litigi, le manifestazioni di protesta, e addirittura di autoprotesta, di esponenti del Governo e della maggioranza per motivare e sostanziare una critica fondata e severa. Basterebbe riprendere le dichiarazioni di oggi del ministro Mussi, quelle dei sindaci delle più grandi città, quelle degli economisti riformisti più avveduti, quelle delle associazioni economiche e produttive e, perfino, le opinioni espresse da quella stessa stampa che in campagna elettorale aveva sostenuto l'Unione.
Tra tutte, però, vorrei qui riprendere quella di Massimo Cacciari, che ha partecipato recentemente ad una manifestazione di protesta in Veneto contro la legge finanziaria ed ha accusato il Governo e la sua maggioranza addirittura di non avere una cultura moderna del lavoro e di non comprendere la situazione economica del nord-est. Poiché a questa valutazione si è subito associato il presidente della provincia di Milano, Pennati, la critica si è immediatamente allargata anche al nord-ovest, cioè alla parte più produttiva del paese.
Le critiche sono state forse assorbite dall'accordo intervenuto tra Governo ed enti locali e dagli emendamenti presentati in Commissione dal Governo su questa materia? Neanche per idea! Anzi, Sergio Cofferati ha testualmente insistito: gli emendamenti proposti dal Governo sono incoerenti rispetto all'intesa raggiunta a Palazzo Chigi il 10 ottobre. Ancora delusione e proteste, dunque!
Il segretario della UIL, Luigi Angeletti, da parte sua ha rilevato con profondaPag. 41amarezza che il taglio del cuneo fiscale non è stato praticato in coerenza con gli accordi sindacali.
Il Governo, coerente con la promessa elettorale (anche se non sempre ha voluto mantenere la parola data, come ad esempio sull'aumento delle tasse, che si era ufficialmente e solennemente impegnato a non praticare), ha inserito nella finanziaria il taglio di cinque punti del cuneo fiscale, dei quali tre sarebbero andati alle imprese e due ai lavoratori. Tre punti alle imprese? Certo, ma a quali? In Italia, oltre il 95 per cento delle imprese sono considerate medio-piccole e queste già godono di una parziale defiscalizzazione del costo del lavoro.
Secondo i calcoli di un noto economista che si firma su un giornale con uno pseudonimo da capo tribù indiana, i tre punti non incideranno sul costo del lavoro delle imprese se non in misura ridotta e, comunque, per non più di un punto percentuale. Se vi aggiungiamo che il taglio si pratica solo ai contratti a tempo indeterminato e che soprattutto nelle piccole aziende si usano anche contratti a tempo determinato, il vantaggio per le piccole e medie aziende del taglio dei cinque punti del cuneo fiscale rischia di essere molto vicino allo zero. Poiché poi la riduzione avviene sulla massa imponibile del prelievo IRAP, il costo del lavoro per unità di prodotto resta pressoché uguale.
E i lavoratori? Poiché la scelta è stata quella di spalmare i due punti di cuneo fiscale sull'IRPEF, di tutti i lavoratori la manovra di recupero avvantaggerà minimamente i lavoratori dipendenti e finirà per recare qualche piccolo vantaggio anche a quei lavoratori autonomi che contemporaneamente vengono additati come evasori fiscali. Un bel pasticcio!
Signor Presidente, siamo talmente abituati al cambiamento che non ci stupiamo più di nulla, nemmeno del fatto che un ministro aderisca ad una manifestazione di protesta contro il suo stesso Governo, peraltro promossa da un partito che ne fa parte, e alla quale hanno subito inviato la loro adesione altri due partiti di Governo per protestare contro loro stessi. Questa scena ricorda per metodo la decisione di due autorevoli esponenti comunisti del Governo D'Alema di recarsi a Belgrado a solidarizzare con coloro che erano bombardati dal Governo del quale essi stessi facevano parte: la commedia della politica, a volte, è davvero irresistibile!
Signor Presidente, a fronte di questo disegno di legge finanziaria cosa può dire un parlamentare che ragioni? Non ne conosciamo ancora il testo definitivo. Signori del Governo, voi avete proposto una legge-cantiere; una legge à la carte dove ognuno di voi ha potuto scrivere, emendare e mutare tutto quello che ha voluto o potuto. Una finanziaria scritta a mille matite e per questo senza colore. Una finanziaria alla quale, come è stato ricordato da uno di voi, manca l'anima.
Per questo motivo, personalmente non condivido l'idea che la manovra sia di stampo vagamente massimalista o addirittura classista, come è stato suggerito da qualche parte della minoranza parlamentare. Magari avesse almeno un'identità! No, la manovra è senza identità e si manifesta come lo specchio della maggioranza: un mosaico di gruppi politici con spinte diverse e contraddittorie. Una maggioranza affettata che non può che fornire un affettato di finanziaria. Solo in una finanziaria così si può ritrovare, esaltando la sua eterogeneità, la maggioranza che sostiene il Governo. Non ci sono vincitori, non ci sono vinti e la pax di Villa Pamphili lo garantisce. Il problema è che mancano perni a cui agganciarsi. Non ci sono neppure dati sufficientemente chiari e il percorso appare infinito, con i tremila emendamenti presentati dalla maggioranza che pesano ancora sulla nostra testa.
Rispetto alla manovra noi ci poniamo ancora interrogativi attinenti al quanto, al cosa e al come, cioè alla sua entità, al suo reale contenuto, alle metodologie scelte per elaborarla e farla approvare dal Parlamento. Il quanto è tuttora indecifrabile. Secondo gli uffici della Camera dei deputati, la manovra è valutata per 40 miliardi di euro. Secondo i dati forniti dal Governo, essa rimane a 34,7 miliardi di euro. Il mistero delle cifre preoccupa ancora diPag. 42più quando, alla luce degli emendamenti, anche di quelli di esenzione, il totale non cambia mai. Possibile che i ragionieri non facciano i conti con esattezza? Eppure la matematica non è un'opinione.
Lo sconcerto aumenta se si rapportano i dati al dibattito politico. A tarda estate la manovra, che doveva essere di 32 miliardi di euro, era contestata dall'estrema sinistra che parlava di una correzione al ribasso sotto i 30 miliardi. Perché essa stessa ha invece accettato una forte correzione al rialzo? Probabilmente perché nella manovra sono state accolte alcune sue tesi che sono talmente rilevanti da farle dimenticare l'entità dell'operazione. Il fatto, ad esempio, che non si parli di previdenza nonostante nel DPEF la si sia considerata una delle quattro materie su cui intervenire, e si rimandi la riforma delle pensioni ad un domani imprecisato e comunque tale da rinviare l'inevitabile conflitto tra riformisti e conservatori, la dice lunga.
Questo «ne parleremo domani» fa venire in mente la vecchia massima di De Filippo «ha da passà a nuttata». E, per quanto riguarda la mattina del domani, vedremo, anche se i primi fumi di guerra sono stati lanciati subito dopo la maxi riunione di Villa Pamphili, anzi all'uscita della stessa, quando qualche autorevole esponente della sinistra estrema ha minacciato, scandendo bene le sillabe per mostrare la volontà come un imperativo, che «le pensioni non si toccano».
Si motiva poi continuamente il contenuto, cioè il «cosa» della manovra, con il ricorso al clamoroso buco di bilancio del Governo precedente e agli sfondamenti di tutti i tetti provocati da Berlusconi. Noto che la questione dei disastri del Governo precedente viene sempre richiamata dai Governi successivi. È una legge dell'ex all'incontrario. Nel 2001 si ironizzava sul buco di bilancio del Governo di centrosinistra a tal punto che il senatore Giuliano Amato, ultimo Presidente del Governo della legislatura precedente, dichiarò ironicamente e allusivamente: «Il centrodestra ha l'ossessione del buco». Adesso, naturalmente, i poli si sono scambiate le parti in commedia ma le accuse e le contraccuse sono le medesime.
È certamente vero che i cinque anni precedenti, che sono stati tra i più difficili per la nostra economia, alle prese, come quelle degli altri paesi europei, con gli effetti dell'11 settembre e della guerra in Iraq che appesantivano le già difficili condizioni create dalla nostra entrata nell'euro e dall'affacciarsi del mondo occidentale nel mercato asiatico e delle sue merci, non hanno certo consentito all'Italia di godere di quello sviluppo che era stato ipotizzato.
Credo, peraltro, che sarebbe successa la stessa cosa a fronte di un Governo di opposto colore, giacché le dinamiche economiche e finanziarie - se siamo onesti lo dobbiamo riconoscere una volta per tutte - sono solo in scarsa misura determinate dalla politica. È altresì vero che il relativo sviluppo del quinquennio 1996-2001 era stato possibile più per l'abbassamento dei tassi d'interesse che non per dinamiche interne e che l'Italia è stata al di sotto della media dello sviluppo europeo sia durante il quinquennio di Governo del centrosinistra sia durante quello del centrodestra, essendo la crisi italiana più complicata anche per via della sua particolare economia, per il suo peculiare tessuto di piccole imprese, ancora alla ricerca di tecnologie innovative per essere realmente competitive sul mercato.
Oggi dovremmo evitare - e lo dico a tutti - di raccontare bugie. Il nuovo imprevisto gettito fiscale, che avrebbe certo consentito di varare una finanziaria più leggera, è il risultato di una nuova congiuntura economica più positiva rispetto al passato, ma anche, secondo gli osservatori più avveduti, di quei famigerati condoni che hanno consentito di evitare ai condonati di dichiarare meno di quel che essi stessi hanno richiesto di condonare.
A fronte di questa finanziaria, che si propone di rientrare pienamente nei parametri di Maastricht, è certo giusta l'osservazione che recita: ma voi cosa proponete di diverso? Sono sempre stato sensibile a tale richiesta, anche quando coloroPag. 43che oggi la propongono ieri la negavano. Intanto, consiglierei vivamente di non dimenticare i consigli di Almunia sul reale gettito della lotta all'evasione che a me sembra come il sol dell'avvenire di ottocentesca memoria: tutti ne parlano, ma nessuno lo conosce. In effetti, conteggiare i risultati di una lotta tutta da fare pare piuttosto difficile e, dunque, discutibile.
Per quanto ci riguarda, noi stavamo lavorando seriamente ad alcune proposte di modifica che avrebbero probabilmente consentito di affrontare l'esame del disegno di legge finanziaria in modo ben diverso. Come è forse noto, anche chi vi parla ha accolto di buon grado l'invito dell'onorevole Capezzone, presidente della Commissione attività produttive della Camera dei deputati, di costruire un tavolo definito dei volenterosi, composto da personalità sia del centrosinistra sia del centrodestra, teso ad arrivare ad una lettura della finanziaria che mettesse in evidenza alcune possibilità di reale cambiamento. Non ci è stato possibile procedere nonostante la disponibilità di alcuni rappresentanti della maggioranza, come i colleghi Nicola Rossi, Pisicchio e Lusetti, e il tavolo è stato sciolto d'imperio dal Governo.
Chi aveva la volontà di procedere costruttivamente è, anzi, stato accusato di complotto. Il segretario di Rifondazione Comunista, Giordano, ha esplicitamente minacciato: se esiste il tavolo dei volenterosi, non esiste più l'Unione. E, dopo il maxivertice di villa Pamphili, il Presidente del Consiglio ha annunciato l'assoluta autosufficienza del suo Governo. Governeremo per cinque anni, egli ha proclamato: auguri! Ma, allora, perché proporre il dialogo alle minoranze e, in particolare, a quelle forze politiche che si sono dimostrate disponibili a praticarlo? Non ci resta, davvero, che formulare tanti auguri: cinque anni sono lunghi e le distanze al Senato sono così corte!
La parola è subito passata dal Parlamento alle segreterie dei partiti di maggioranza, i quali più che un tavolo dei volenterosi hanno costituito le loro tavole della legge, facendo quadrato attorno al Governo, ma indicando a Prodi di ritrovare lo spirito, evidentemente smarrito, del 1996 e di aprire la cosiddetta fase due. Può essere che Prodi abbia inteso che, se nel 1996 c'era uno spirito, era quello di programmare la sua sostituzione e che questo significava, in realtà, la fase due. Così il Presidente del Consiglio ha reagito male: al vertice dei vertici si è preferito far finta di niente e trincerarsi dietro la massima «Après Prodi, le déluge», cioè le elezioni.
Eppure, noi volevamo indicare vie che non comportavano il sacrificio di Romano Prodi e neppure quello del suo Governo, ma solo l'elaborazione di alcuni punti programmatici comuni e la composizione di un clima migliore tra maggioranza e minoranza. Al Parlamento è stata clamorosamente tolta la parola e anche la Commissione bilancio ha solo dovuto prendere atto, senza i tempi tecnici per un adeguato approfondimento, dei continui emendamenti del Governo.
Così questo disegno di legge finanziaria è divenuto un cantiere aperto solo alla maggioranza, e il confronto parlamentare si è immiserito in un dibattito tutto interno al Governo. Questa mi sembra la sola evidente novità politica emersa.
D'altronde, la particolare eterogeneità della maggioranza non poteva, forse, portare ad altro risultato: una finanziaria come punto di equilibrio tra le diverse e contraddittorie componenti dell'Unione. E se qualcuno avanza l'ipotesi di dialogare con le opposizioni, la maggioranza si rompe. Il massimo del dialogo è quello che si sviluppa nei confini dell'Unione; oltre, hic sunt leones. E questa, in ordine al modo di procedere prima richiamato, è già una risposta; anzi, è una politica.
Noi vi avremmo voluto dire, ad esempio, se ce ne fosse stata la possibilità, se il dialogo avesse proceduto con i volenterosi e volenterosamente con i gruppi parlamentari in Commissione, che se il DPEF dichiarava la necessità d'intervenire in quattro settori - la previdenza, la pubblica amministrazione, la sanità e gli enti locali - occorreva procedere con riforme coraggiose e ispirate alla duplice direttrice del rigore e dell'equità.Pag. 44
Invece, non è stato così e il DPEF, come del resto denunciato da autorevoli esponenti della maggioranza, è stato clamorosamente disatteso. Può essere che il DPEF sia un documento inutile; ma se esso prevede uno sviluppo italiano tra l'1,3 e l'1,7 per cento nei prossimi cinque anni, come fa poi il Presidente del Consiglio a prevedere - come è accaduto recentemente - uno sviluppo italiano al 3 per cento? Con quali manovre arriva a questa previsione? E come è cambiato il contesto internazionale e nazionale per giustificare tale nuova attesa? Altro mistero.
Noi parlamentari di buona volontà avremmo voluto dirvi, signori del Governo, che, se il problema è lo sviluppo, allora andavano dati forti incentivi alle imprese italiane e che il TFR loro tolto non era un buon viatico. Sottraendolo, poi, solo alle grandi imprese e non a quelle inferiori ai 50 dipendenti, si incentivano le piccole imprese a rimanere tali e le grandi a diventare un po' più piccole, ponendo anche evidenti problemi di occupazione.
Noi avremmo preferito la cessione di larga parte del patrimonio dello Stato (che abbiamo quantificato in 3 milioni di metri quadri) per investire le risorse in una legge - come abbiamo proposto con un emendamento del nostro gruppo - capace di sovvenzionare la ricerca, le nuove tecnologie, lo sviluppo delle imprese italiane e, nel contempo, per risanare le periferie urbane delle grandi città, Napoli compresa, alle prese oggi con una gravissima emergenza.
Avremmo anche voluto dirvi che, se 2 punti di cuneo fiscale dovevano essere riconsegnati ai lavoratori, allora avrebbero dovuto essere i lavoratori delle imprese pubbliche e private a conseguirne un sia pur piccolo beneficio. Così come impostato - lo abbiamo già detto - il beneficio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti non esiste praticamente più.
Avremmo voluto anche osservare che, quando si parla di benefici fiscali, bisogna tenere presente non solo l'IRPEF, ma il costo complessivo della vita. Al di là delle affermazioni del Governatore della Banca d'Italia, Draghi, sugli svantaggi che la legge finanziaria produce anche per un operaio senza figli che dichiari 28 mila euro l'anno, restano il rincaro del bollo, della luce, del telefono, della benzina, dell'ICI, se i comuni vorranno diminuire i tagli governativi, le tasse di scopo e quelle di soggiorno; e restano tutti i balzelli che sono stati introdotti o le imposte che sono state aumentate, compresa quella sulle insegne luminose nei negozi. Occorre fare un bilancio complessivo del costo della vita anche per un lavoratore con basso reddito, che può recuperare qualcosa dalla rimodulazione dell'IRPEF e chiedersi anche se così incentiviamo i consumi e gli investimenti.
Avremmo voluto rivolgervi un'ultima osservazione, signori del Governo autosufficiente: se ritenete, cioè, che sia davvero possibile, contestualmente, affrontare una lotta sacrosanta all'evasione fiscale e aumentare le tasse.
Ricordo, a proposito, un vecchio colloquio che ebbi proprio qui alla Camera, alla fine degli anni Ottanta, con Bettino Craxi. Il vecchio leader socialista mi confidò, alla fine degli anni ottanta, quando il problema era di stretta attualità e si introdussero ampi ticket sanitari da parte del Governo, di cui Giuliano Amato era un autorevole ministro del tesoro, che il problema italiano non è aumentare le tasse a chi già le paga; il problema italiano è di far pagare le tasse a chi non le ha mai pagate.
Voi volevate, invece, raggiungere il secondo giusto obiettivo, utilizzando contestualmente il primo strumento, che è quello sbagliato. E non vi accorgerete che, più delle manette (anche in passato si è sperimentata la tecnica della paura e una legge venne proprio intitolata «manette agli evasori», ma non produsse nulla di buono), conta l'interesse. Vorrei capire - ma sarà difficile spiegarlo - come sia possibile conciliare nel lavoro autonomo il rientro dall'evasione, quando i piccoli benefici vengono introdotti proprio per coloro che dichiarano di meno. Il paradosso, così, è evidente. Un commerciante che dichiara tutto quello che guadagna (ad esempio, 100 mila euro) viene penalizzato;Pag. 45e un commerciante che dichiara un terzo di quello che guadagna (diciamo 30 mila euro) viene favorito. Ma scusate: una politica siffatta non è contraddittoria con la lotta all'evasione?
Bisognerà pure, come in America, introdurre un minimo di conflitto degli interessi, in modo tale che il consumatore sia indotto a pretendere ricevute fiscali da parte di colui che vende il prodotto, perché può scaricarle almeno in piccola percentuale. Perché non si comincia da qui anche in Italia?
Signor Presidente, sono rimasto piuttosto sconcertato, da parlamentare non disattento alla storia e alla filosofia, anche per motivi professionali, dal dibattito culturale intorno a questa legge finanziaria, e non tanto dallo sventurato manifesto titolato «che i ricchi piangano». Che la ricchezza possa produrre depressione è anche possibile. Ma basterebbe rileggersi la chiosa all'intestazione del vecchissimo giornale socialista La Giustizia di Camillo Prampolini del 1886 - che testualmente dichiarava: noi non pratichiamo l'odio alla classe dei ricchi, ma l'esigenza di una riforma sociale - per rendersi conto di quanti anni una parte di questa sinistra italiana stia rischiando di scivolare indietro.
Sono rimasto sconcertato, signor Presidente, dall'impostazione che, da parte di qualche settore della maggioranza, si è voluta dare del concetto di equità. Vorrei precisare a costoro che la sinistra italiana rischia di andare indietro di più di un secolo, introducendo una divisione come quella tra buoni e cattivi, tra lavoro dipendente e lavoro autonomo. Questo molto più a parole che a fatti, naturalmente; perché, nei fatti, la finanziaria non offre particolari vantaggi al lavoro dipendente.
Già i riformisti socialisti consideravano i ceti intermedi e i piccoli proprietari delle campagne come una risorsa. E perfino Palmiro Togliatti, nel lontanissimo 1946, giudicava, nel suo famoso discorso sui ceti medi e l'Emilia rossa, i ceti produttivi autonomi come referenti insostituibili per una grande alleanza del lavoro.
Oggi che tutto è così prepotentemente cambiato sono autorevoli esponenti della sinistra riformista italiana, quelli più acuti e sensibili a cogliere il senso della novità, quelli che protestano perché il Governo italiano (e, con esso i partiti della sua maggioranza) non riesce a capire le profonde trasformazioni del lavoro in vaste aree del nord Italia. È il disagio di Cacciari e di Penati e anche quello di Cofferati, che non può che valutare la base dell'ex PCI, oggi DS, della sua Emilia-Romagna, come quella più interclassista dell'Italia. È il disagio dei tanti riformisti di sinistra, cooperatori, artigiani, commercianti e piccoli imprenditori, che oggi si voltano dall'altra parte. Ma voi, oggi, non lo sentite questo scollamento?
Il lavoro autonomo è una risorsa molto forte dell'economia italiana e la piccola impresa è l'architrave della nostra economia. La stragrande maggioranza delle imprese italiane sono di piccole e medie dimensioni e hanno bisogno di investimenti per nuove tecnologie e per la ricerca, hanno bisogno di consorziarsi e di svilupparsi. Come spiegarsi che ancora vi siano partiti della maggioranza che non abbiano compreso che le profezie di Marx sul superamento del capitalismo per ragioni intrinseche e la progressiva proletarizzazione della società sono due previsioni clamorosamente fallite? Ad essere superato è stato il comunismo e, anziché essere eliminati, i ceti intermedi sono divenuti la maggioranza della popolazione.
Che dire della concezione del merito che risulta presente nella maggioranza? Il merito va premiato, signori, non punito e compresso, non criminalizzato. Il merito, noi Socialisti italiani, da 25 anni lo riteniamo al pari del bisogno, e non meno di esso, un corno del problema del progresso equo della società. Siamo per le liberalizzazioni, quelle vere, e per una grande alleanza delle generazioni che assicuri un futuro ai nostri giovani senza l'egoismo, il corporativismo, il conservatorismo che ancora imperano sovrani. Siamo sì contro la precarietà, ma anche per la giusta flessibilità introdotta dalla legge Biagi, un riformista, un socialista, un martire dellaPag. 46violenza brigatista che dobbiamo onorare e che non possiamo sostituire con il numero 30, quello della sua legge.
Signor Presidente, non abbiamo detto noi «l'unico emendamento alla finanziaria è quello relativo alla sua soppressione». La frase è di un autorevole esponente della maggioranza - e non un esponente qualsiasi: l'onorevole Ciriaco De Mita - ed è stata riportata da Il Corriere della Sera del 26 ottobre. L'opposizione di De Mita è assai superiore a quella dei volenterosi che la finanziaria volevano solo emendarla, dunque. Bisognerebbe avere il coraggio della verità e bisognerebbe evitare anche noi di vivere un paradosso e di raccontare una grande bugia. Il paradosso è quello di dover governare insieme pensandola diversamente sulla politica internazionale, sulla TAV, sulla riforma delle pensioni, come sul TFR. La grande bugia è che con questa finanziaria i lavoratori staranno meglio.
Può darsi che ogni finanziaria che si rispetti debba essere osteggiata, ma questa, secondo tutti gli istituti di ricerca, è andata oltre misura. Si dice che è colpa della comunicazione: non vorrei che, alla fine, il vero colpevole venisse individuato in Sircana.
PRESIDENTE. Onorevole Del Bue...
MAURO DEL BUE. Concludo. Credo che i lavoratori non abbiano avuto per nulla la sensazione di poter stare meglio. Osservando i sondaggi e le elezioni in Molise anche qui le parti si sono capovolte. Ma non era Berlusconi a sostenere che si trattava, ogni volta che perdeva, solo di elezioni parziali? Osservando i sondaggi ed i test elettorali...
PRESIDENTE. Onorevole Del Bue, ha avuto 25 minuti...
MAURO DEL BUE. La filosofia è quella del leopardiano venditore di almanacchi: può darsi che l'anno che verrà ci riservi novità positive, ma affidare il futuro dell'Italia ad una speranza non induce certo ad avere fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.
Mi permetto di invitare il rappresentante del Governo, l'unico presente, a prestare una formale attenzione, pur apprezzando il fatto che legge un giornale economico (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Democrazia Cristiana-Partito Socialista)...
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, nell'Europa dell'euro siamo l'unico paese in cui la «sinistra sinistra», addirittura di estrazione comunista, ha un ruolo determinante negli equilibri di Governo. Si potrebbe pensare, come in passato, ad una costituzionalizzazione del dissenso. Si vede, invece, che essa esercita un condizionamento programmatico talmente forte da isolare le forze riformiste: questo è un primo tema.
In secondo luogo, gli altri paesi si arrovellano nel tentativo di ritrovare la via dello sviluppo e ridurre il divario di benessere con gli Stati Uniti, nel frattempo cresciuto oltre misura. Romano Prodi, come Presidente della Commissione europea, aveva varato l'agenda di Lisbona e il suo ambizioso tentativo di fare del vecchio continente l'area più innovativa dell'occidente. Come Presidente del Consiglio, invece, pone al centro della sua politica il tema dell'equità e della redistribuzione del reddito. Si tratta di temi importanti ed eticamente sensibili che non tengono conto della necessità di precostituire, innanzitutto, una base materiale a tale prospettiva.
Il terzo tema riguarda il fisco. In Europa si tenta di ridurre il prelievo fiscale e si semplificano le relative norme. In Italia si segue la strada opposta, fatta di mille e forse inutili controlli che esasperano il contribuente costringendolo a defatiganti corvée. Perché meravigliarsi, allora, se altrove non ci capiscono? Mi fermo qui nella lettura di un brano di un illuminante articolo de Il Riformista:Pag. 47quanto basta, credo, per dare il senso delle contraddizioni in cui naviga l'attuale Governo con la sua eterogenea maggioranza.
Questa finanziaria, signor Presidente, colleghi deputati, non va letta soltanto sul versante della sua configurazione economica. Va letta anche, se non soprattutto, sotto il profilo politico perché rappresenta l'emblema e la sostanza di una vasta manovra ispirata ad una visione ideologica e veteroclassista, incapace di leggere la realtà del paese, i suoi cambiamenti e le sue aspettative.
Ha scritto Nicola Rossi su Il Corriere della Sera che è stato difficile non ascoltare l'intervento con cui il ministro dell'economia ha aperto il dibattito parlamentare sulla legge finanziaria e non pensare che con quell'intervento così strettamente politico si chiudeva, senza possibilità di appello, un'intera stagione: quella che nell'ultimo decennio aveva portato molti a pensare che fosse possibile, in Italia, ciò che era stato possibile altrove, cioè che fosse possibile innestare nella cultura della sinistra italiana i temi tipici di un'analisi liberale della società. Quella stagione si è chiusa, con ogni probabilità definitivamente, con la legge finanziaria per il 2007.
Una visione aperta, costruttiva, decisamente liberale avrebbe richiesto il varo di una finanziaria meno pesante nei numeri, capace di correggere i saldi ed in grado di lasciare muovere l'economia sfruttando il trend positivo registrato negli ultimi mesi sul fronte delle entrate e del recupero del PIL. Una finanziaria coerente con i primi sintomi di ripresa economica registrati nel semestre avrebbe richiesto una decisa spinta verso gli investimenti incentivando ricerca, innovazione tecnologica, infrastrutture.
Anche sul piano dell'equità ci si sarebbe aspettati un approccio autenticamente sociale e non illusorio nel far credere che si stiano colpendo i ricchi per far ridere i poveri. Invece, la manovra si appalesa del tutto inefficace soprattutto agli estremi della scala sociale, ossia laddove si dice che si sta facendo giustizia. Ma di quale equità parla il Governo se, conti alla mano, mediamente la riforma IRPEF toglie meno di 100 euro al mese ai contribuenti sopra i 2.500 euro netti per darne meno di 10 al mese a quelli che sono sotto i 2.500 euro? Non solo, le risorse che si trasferiscono da un gruppo all'altro di contribuenti finiscono per essere annullate e sommerse da ben più consistenti aumenti della pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese, a livello sia centrale, sia locale, tramite una moltitudine di addizionali e balzelli rintracciabili nelle pieghe di questo articolato costruito con spirito assolutamente vessatorio. Una pioggia di tasse colpisce tutti, anche i ceti più bassi. Con il precedente Governo, le tasse le avevamo ridotte.
PRESIDENTE. Onorevole Moffa...
SILVANO MOFFA. Concludo, Presidente. Non è vero, come qualcuno sostiene a sinistra, che le avevamo ridotte per le fasce di reddito più elevate. Con la nostra riforma nel primo modulo avevamo ridotto le tasse per i redditi bassi e nel secondo per i redditi medi. Comunque, avevamo sempre introdotto riduzioni delle tasse, non aumenti che appartengono alla vostra cultura illiberale e palesemente antiquata (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
ANDREA LULLI. Leggiti quello che dice la Corte dei conti!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, la finanziaria in discussione presenta una caratteristica fondamentale per noi estremamente positiva: concilia la priorità del riordino dei conti pubblici con una politica di sviluppo economico e di equità. Per limiti di tempo fermerò il mio intervento su alcuni aspetti che riguardano la riqualificata spesa sociale. Purtuttavia, mi preme sottolineare ed apprezzare la scelta operata dal GovernoPag. 48di riproporre la questione meridionale come strategica per lo sviluppo complessivo del paese.
Per tornare al tema delle politiche sociali varate in finanziaria, citerò per titoli i punti fondamentali che guardano alla difesa delle fasce più deboli della nostra società. In primo luogo, questa finanziaria porta ad un miliardo di euro il fondo per le politiche sociali. Voglio ricordare, perché spesso si ha poca memoria, che il centrodestra lo aveva decurtato del 50 per cento.
Un secondo tema riguarda le politiche di sostegno della famiglia. In questo quadro appare importante l'istituzione di un fondo, che contiene in particolare maggiori risorse per la legge n. 53 del 2000 relativa alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Altrettanto significativi sono il patto con le regioni per finanziare la formazione di assistenti familiari e il piano triennale di 300 milioni di euro per l'istituzione di asili nido.
Infine, la creazione del fondo per il sostegno delle persone non autosufficienti. Si costituisce un terzo distinto pilastro di protezione universalistica, accanto al fondo sanitario nazionale e al fondo nazionale per le politiche sociali, in grado di integrare e completare gli strumenti di finanziamento dell'attuale sistema di solidarietà pubblica. Le prestazioni erogate dal fondo, infatti, non devono essere considerate quali prestazioni sostitutive di quelle sanitarie, ma si affiancano ad esse per garantire quei servizi di natura socio-assistenziale indispensabili per il miglioramento della qualità della vita delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie. Certo, 250 milioni di euro non sono sufficienti; tuttavia si tratta di un primo vero segnale di inizio ben diverso dalla totale inerzia registrata su questo tema da parte dei Governi di centrodestra.
Intendo concludere il mio intervento con un riferimento al reddito minimo di inserimento; uno strumento che non vogliamo enfatizzare. Certo, con i Governi di centrosinistra vi erano stati buoni risultati, mentre i Governi di centrodestra, con il ministro Maroni, hanno voluto bloccare questo strumento sociale molto importante soprattutto nelle aree del Mezzogiorno. Con questa finanziaria riprendiamo la sperimentazione per quelle amministrazioni locali che hanno addirittura risorse disponibili e, soprattutto, riaffermiamo la volontà del nostro Governo di prevedere potenziamenti per il futuro, al fine di intervenire socialmente sulle fasce più deboli.
Signor Presidente, oggi vi è il tentativo di forzare un giudizio negativo nei confronti della finanziaria; si tratta di un giudizio orientato da lobby corporative che tentano di difendere privilegi. Quando sarà diradata la polvere della sterile polemica e soprattutto quando i cittadini avranno modo di apprezzare concretamente le azioni della finanziaria, la valutazione soprattutto sulla spesa sociale sarà nettamente positiva (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Sono presenti in tribuna una delegazione dei sindaci della Montefeltro e una scolaresca. La Presidenza rivolge loro un saluto, al quale ritengo si associ anche l'Assemblea (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.
MAURO PILI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, molti interventi hanno posto in rilievo le mille ombre e le tante tasse di questa finanziaria, dunque non mi ripeterò.
È fin troppo evidente - il paese lo ha recepito in modo forte e chiaro - che questa è la manovra delle tasse, la finanziaria dell'asfissiante e oppressiva imposizione fiscale. Basterebbe questa percezione, che si tocca con mano nel paese e che si respira in ogni potenziale spiraglio di sviluppo, per capire quali saranno gli effetti della manovra sull'economia e sulla crescita del nostro paese.
Si tratta di una regola sacrosanta: più tasse significano meno economia, più limiti significano meno sviluppo, uno Stato asfissiante ed oppressivo significa impresa bloccata. Se potessi sintetizzare questaPag. 49manovra direi che è pari ad un freno a mano tirato all'improvviso in un treno che si era appena rimesso in moto. E non vale - colleghi della maggioranza - nemmeno quella regola secondo la quale nel primo anno di governo bisogna affrontare lacrime e sangue, con il solo obiettivo di fare cassa per il futuro. Questa regola si infrange quando quella cassa dovrà fare i conti con un'economia che si blocca, che non riceve stimoli positivi dall'azione di governo.
In sostanza, se da una parte pensate di guadagnare attraverso l'inasprimento fiscale, dall'altra, perderete con il blocco dell'economia e non vi sarà mai equilibrio e compensazione tra nuove presunte entrate fiscali e il suddetto blocco, mentre la perdita sarà molto più consistente dello stesso guadagno.
Ad onor del vero, questa è la vostra filosofia, questo è il vero modo di operare, questi sono i tanti condizionamenti ideologici di una coalizione che oggi ha quale unico obiettivo quello di tentare di salvare se stessa. Ma lo fa sulle spalle e a scapito del paese e degli italiani!
È inutile, colleghi, andare oltre. Un colpo di fiducia e ogni nostra parola di dissenso sarà cancellata come neve al sole! Cancellerete tuttavia non solo una voce, quella di chi in quest'aula rappresenta oggi più che mai la maggioranza degli italiani, ma avrete negato a voi stessi il diritto di esprimere una seppur velata critica a questa manovra finanziaria.
In questo Parlamento ognuno di noi rappresenta una parte più particolare di questo paese. Ognuno di noi, in quest'aula, che ci appare autorevole e nel contempo indifferente e distaccata, sente il peso della propria identità regionale; ognuno di noi sa di essere italiano ed europeo, ma anche sardo, laziale, siciliano, friulano, valdostano, lombardo e piemontese. Ogni nostra regione è una piccola grande specificità, costituendo nell'insieme una grande ricchezza culturale, sociale ed economica. Ognuno di noi è tuttavia consapevole che l'Italia è unica ed indivisibile, ma saremmo tutti degli stolti se pensassimo che le autonomie regionali - e, a maggior ragione, quelle che hanno una specificità costituzionalmente riconosciuta - possano soccombere sull'incedere di questa manovra finanziaria. Una manovra che cancella, senza colpo ferire, diritti e doveri riconosciuti di una comunità regionale, che pesantemente ha contribuito con vite umane e sacrifici immensi alla nascita dello Stato italiano.
Oggi, con un colpo di spugna e uno di prestigio, questa finanziaria scaraventa sulla Sardegna due dei pilastri fondanti della solidarietà nazionale: la sanità e i trasporti. E, diversamente da quanto potrebbe apparire, non si tratta di una questione che riguarda la sola Sardegna.
Per questo motivo mi rivolgo ai colleghi delle regioni settentrionali per dire loro che la norma sulla Sardegna è anche una vostra sconfitta; è il più becero arretramento del federalismo solidale, è la sconfitta di quel principio sacrosanto secondo il quale nessuno deve essere vagone, ma tutti devono essere locomotive. E, per fare in modo che nessuno debba trainare gli altri, occorre porre gli altri in condizione di non essere trainati!
Oggi, con questa norma che scarica la Sardegna in cambio di qualche fittizio ed inesistente denaro, il Governo Prodi cancella, con la bieca complicità di chi governa oggi la regione sarda, la solidarietà dello Stato verso quella che, tra le regioni italiane, è più isola e più isolata di tutte.
Ai colleghi del sud - della Sicilia in particolar modo - di destra e di sinistra vorrei dire di non essere indifferenti rispetto a quanto contenuto nella finanziaria per la Sardegna. Se osservate le ultime tre righe del collegato tecnico che riguarda l'articolo della Sicilia, leggerete una velata missiva per ognuno di voi. Per essere più chiaro, traduco il messaggio che il Governo vi invia: accettate un incremento, seppur minimo, per la compartecipazione della sanità, altrimenti facciamo come abbiamo fatto per la Sardegna! Ovvero, di punto in bianco, il 100 per cento della sanità sarà scaricato sulla regione in cambio di un aumento, tra quattro finanziarie, nel 2010, di un presunto gettito IVA che,Pag. 50senza alcuna copertura finanziaria, anche nelle più rosee aspettative, non coprirà mai nemmeno la spesa sanitaria.
Anni di rivendicazioni autonomistiche cancellate con una intesa verbale nelle segrete stanze di palazzo Chigi e soprattutto, colleghi, una pietra tombale sul principio del fondo perequativo, fondamento di tutto il processo federale del paese e richiesto a gran voce dal sud. Il Governo dice e impone: voi siete 1 milione e mezzo e prendete per 1 milione e mezzo. Niente importa se le condizioni economiche e sociali, infrastrutturali, storiche imporrebbero un principio di sussidiarietà e di solidarietà nazionale. Se questo è il vostro federalismo solidale, non ci resta che prenderne atto; ma sappiate sin d'ora che non lasceremo niente di intentato pur di scardinare questo disegno malsano del Governo del paese.
Mi domando, e l'avrei domandato al ministro Padoa Schioppa, che fine abbiano fatto quei 5 miliardi di euro di mancato gettito che Prodi si è impegnato in campagna elettorale, con un documento scritto, a risarcire alla Sardegna. Che fine ha fatto la continuità territoriale se oggi è impossibile prendere una aereo per la Sardegna? Che fine hanno fatto le dismissioni delle basi militari? Tutto finito, tutti in silenzio; e la Sardegna svenduta sull'altare di Prodi e compagni. Ognuno di noi qui potrebbe trasformare quest'aula in un palcoscenico per esaltare e manifestare le proprie opinioni; ma la gravità dell'inganno che avete inflitto alla Sardegna è tale da meritare molto di più di un semplice sventolio dei Quattro mori listati a lutto nell'aula di Montecitorio.
Non so, onorevole Presidente, colleghi del Parlamento, quale margine vi sia ancora per sventare questo attentato all'autonomia della Sardegna ma vorrei dirvi, sapendo ciò che dico, che molto spesso il bisogno può costringere a qualsiasi cosa. Il cavaliere dei rossomori, il capitano della gloriosa Brigata Sassari, l'onorevole Emilio Lussu, commentando in quest'aula l'approvazione dello statuto nel 1948, disse: anche lo statuto sardo fa parte della famiglia dei felini, ma è come paragonare un gatto ad un leone. Oggi, colleghi, quel misero gatto, lo state trasformando in un umile topo, e lo fate con una finanziaria che è una trappola non solo per i sardi, ma anche e soprattutto per gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zucchi. Ne ha facoltà.
ANGELO ALBERTO ZUCCHI. Signor Presidente, la legge finanziaria per il 2007, che il Governo ha presentato al Parlamento e di cui oggi si avvia l'esame, è senza dubbio una manovra di grande rilievo. Lo è per l'entità del suo importo complessivo; lo sarà per gli obiettivi che si propone e che intende perseguire. Una manovra economica obbligata dallo stato dei conti della finanza pubblica del nostro paese; una manovra economica necessaria per stimolare una nuova fase economica e sociale. Risanamento della finanza pubblica, equità sociale e sviluppo rappresentano i capisaldi di questa legge finanziaria; il primo di questi obiettivi, vale a dire il riequilibrio strutturale dei conti pubblici, si propone di portare l'indebitamento netto al di sotto della soglia del 3 per cento del prodotto interno lordo. Si tratta di un obiettivo che deve ritenersi non un dazio da pagare all'Europa e neppure l'assolvimento di un vincolo a suo tempo contratto, ma la condizione stessa affinché il paese possa riavviare un cammino virtuoso.
Analogamente, l'impegno a diminuire il debito pubblico e ad invertire la sua tendenza alla crescita - che, in questi anni, a seguito delle politiche del Governo Berlusconi, è ripresa in modo incontrollato -, non è un'imposizione dell'Europa; è un'esigenza essenziale per la ripresa economica del nostro paese. Certamente ne beneficeranno nel complesso i nostri cittadini, se le risorse riscosse con le tasse, anziché essere destinate al pagamento degli interessi sul debito pubblico, fossero finalizzate all'istituzione di nuovi servizi e a finanziare il miglioramento di quelli esistenti. Affrontare il risanamento deiPag. 51conti pubblici non è un'operazione tra le più popolari; del resto, la situazione ereditata è particolarmente grave e preoccupante: la stessa spesa pubblica, negli ultimi anni, ha ripreso a crescere del 2 per cento, costringendoci ad intervenire, con buona pace di quelli che, dopo essere stati in questi anni gli artefici di tale aumento della spesa, oggi pretenderebbero da noi una pesante politica di tagli.
Per risanare abbiamo previsto di intervenire innanzitutto attraverso misure di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, politiche trascurate dal precedente Governo, che anzi, attraverso l'uso smisurato dei condoni, ha finito per inaugurare in Italia la stagione nella quale si sono premiati i furbi a discapito degli onesti.
Noi vogliamo agire con particolare attenzione ad una maggiore equità e giustizia sociale; questo è il paese che detiene il record dell'evasione fiscale, ma è anche il paese nel quale, negli ultimi anni, sono cresciute le fasce di povertà e di insicurezza e dove il divario tra le famiglie più abbienti e quelle povere si è notevolmente allargato. Ecco perché ritengo particolarmente giusta l'attenzione posta ad una maggiore equità. Analogamente, estremamente necessaria è la politica di attenzione alle imprese che in questa finanziaria è presente; politica rivolta a favorire lo sviluppo e la crescita, condizioni imprescindibili per il rilancio dell'economia italiana.
La finanziaria ha destinato circa 18 miliardi di euro a promuovere la ripresa e la crescita e, a tal fine, punta su due interventi di grande rilievo, la riduzione del cuneo fiscale ed il finanziamento degli investimenti pubblici; la diminuzione del costo del lavoro e la modernizzazione delle infrastrutture del paese rappresentano infatti due capisaldi per il rilancio della nostra economia.
In questo contesto generale, vorrei toccare alcuni punti specifici che riguardano l'agricoltura, la pesca ed il sistema agroalimentare che, in questa legge finanziaria, assumono un ruolo di primaria importanza. Il DPEF considerava il settore agricolo e agroalimentare al centro dell'azione di Governo per il risanamento e lo sviluppo; lo stesso ministro aveva parlato in questi termini durante la sua prima audizione in Commissione agricoltura. All'agricoltura vengono, infatti, dedicate diverse disposizioni che intervengono su alcuni aspetti di rilievo del sistema agricolo del paese, quali la promozione sui mercati internazionali, il rafforzamento dell'impresa agricola attraverso l'adozione della forma societaria, il sostegno dell'imprenditoria giovanile, in un settore nel quale il ricambio generazionale si pone come uno dei problemi sui quali focalizzare subito e per i prossimi anni la nostra attenzione. Ancora, i temi legati alla crisi di mercato, alla vendita diretta in agricoltura, alla multifunzionalità, allo sviluppo dell'utilizzo dei biocombustibili derivanti da prodotti vegetali ed agricoli: siamo in presenza non soltanto di proroghe di misure già adottate, come nel caso delle agevolazioni fiscali di cui all'articolo 30 - a dirla tutta, il settore si sarebbe aspettato un intervento di maggiore stabilizzazione, visto che il regime della proroga è in atto praticamente dal lontano 1997 -, ma anche di interventi innovativi che incidono su aspetti essenziali per la crescita dell'agricoltura italiana. Interventi che si occupano dello sviluppo e della competitività del mondo agricolo; è il caso del provvedimento che favorisce e facilita la vendita diretta dei prodotti agricoli, aumentando il valore dei prodotti che i singoli agricoltori e le società possono vendere direttamente ma anche promuovendo un confronto con gli enti locali perché la vendita diretta possa diventare davvero un modo alternativo di commercializzazione dei prodotti, obiettivo per il quale il ruolo dei comuni è fondamentale. Ma è anche il caso di attivare i seguenti altri interventi: quelli a sostegno della multifunzionalità dell'impresa agricola, con la possibilità per la pubblica amministrazione di affidare direttamente lavori di manutenzione ad imprenditori; l'istituzione di un fondo per l'imprenditoria giovanile per il prossimo periodo, dal 2007 al 2011, le cui modalità saranno definite da un apposito decreto (ma intanto vengono stanziate risorsePag. 52certe e viene individuata una strada alternativa rispetto a quella individuata nel 2004, che voleva intervenire sul credito di imposta ma che è rimasta inattuata ed inapplicata, causa la normativa comunitaria ed i rilievi della Commissione europea); gli articoli 154 e 155 che intervengono su due ulteriori aspetti di rilevanza fondamentale per le prospettive e la competitività del settore agroalimentare.
Si tratta, da un lato, delle iniziative per la promozione sui mercati internazionali e, dall'altro, degli interventi di sostegno all'adozione della forma societaria in agricoltura.
La promozione all'estero rappresenta un'attività essenziale per ampliare la presenza sul mercato dei prodotti agroalimentari del nostro paese. I nostri prodotti, per la loro qualità, esprimono una grande potenzialità. Tuttavia, la difficoltà di penetrazione nei mercati esteri, a seguito del nanismo e della frammentazione del nostro sistema imprenditoriale, della scarsa dimensione delle nostre imprese, costituisce un limite, che va superato con politiche organiche a sostegno delle esportazioni agroalimentari.
L'articolo 154 interviene con un beneficio fiscale per gli investimenti in attività di promozione che le imprese avranno attivato nei confronti dei mercati stessi.
Questo disegno di legge finanziaria si occupa anche di un tema che riguarderà sempre più il nostro futuro ed il futuro dell'agricoltura: le bioenergie. È un tema strategico per l'approvvigionamento energetico del paese, e anche come forma di diversificazione della produzione agricola. Dovrà essere certamente approfondito in quanto merita un percorso legislativo particolare che affronti tutte le tematiche necessarie a promuovere un disegno organico di sviluppo delle agroenergie nel nostro paese, indicando anche modi e tempi necessari per favorire il consumo di biocarburanti e di forme energetiche alternative.
È in ogni caso importante che questi argomenti trovino da subito una risposta nel disegno di legge finanziaria, per definire forme di intervento immediatamente praticabili, che stimolino fin da subito i produttori di carburanti a immettere al consumo biocarburanti di origine agricola.
PRESIDENTE. Onorevole Zucchi...
ANGELO ALBERTO ZUCCHI. Giova ricordare la questione aperta legata alla riconversione dei diversi stabilimenti a seguito della riforma degli zuccherifici, una questione che riguardi molti lavoratori e molti produttori agricoli che si aspettano risposte, a partire da questo disegno di legge finanziaria.
In conclusione, vorrei sottolineare che l'agricoltura non è solo capitolo di spesa, ma concorre all'obiettivo del risanamento dei conti pubblici, senza aggravi per gli imprenditori del settore, ma attraverso interventi che puntino a fare emergere situazioni di non corretta applicazione delle normative fiscali. È il caso dell'aggiornamento dei fabbricati rurali e della verifica dei loro requisiti di ruralità. È un provvedimento che ritengo giusto, prima ancora che opportuno.
Per queste ragioni ritengo si possa esprimere complessivamente un giudizio favorevole al disegno di legge finanziaria e ai provvedimenti specifici del settore agricolo della pesca e agroalimentari in esso contenuti.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevole Zucchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È presente in tribuna una classe dell'Istituto comprensivo «G. Cittadino», di Castello Del Matese di Caserta. La Presidenza rivolge un saluto anche da parte dell'Assemblea (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.
ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi deputati, la discussione sul disegno diPag. 53legge finanziaria in questa data porta anche un po' di sindrome, di noia. Infatti, ne discutiamo già da un mese e mezzo senza trovare un metodo di presentazione e di discussione parlamentare che possa far cogliere gli elementi fondamentali della manovra di bilancio 2007, 2008 e 2009.
Cercherò di sforzarmi in questi cinque minuti e di riflettere su alcuni articoli della proposta del Governo, in particolare sigli articoli 3 e 4, riguardanti l'imposta sui redditi delle persone fisiche e gli assegni per il nucleo familiare, che reintroducono, nell'elemento fondamentale della gradualità dell'imposizione per le persone fisiche, ciò che abbiamo affermato in campagna elettorale: non abbiamo condiviso la non progressività delle imposte (tale progressività è richiesta dalla Costituzione della Repubblica italiana) e non abbiamo condiviso - e l'abbiamo detto con franchezza all'elettorato italiano - quei 5 miliardi di redistribuzione di reddito delle quote di altre imposte. Infatti, su questo strumento non abbiamo visto l'aumento la domanda interna. Non abbiamo dato alcun sostegno reale all'economia.
Quindi, una redistribuzione del reddito sui redditi sotto i 45 milioni (che rappresenta il 90, 92 per cento dei cittadini italiani), in quella visione non solo di giustizia e di equità, ma anche di sostegno al reddito delle famiglie che necessitano di un supporto per i loro consumi, credo sia un cambiamento rispetto alla condizione del Governo del centrodestra.
Signor Presidente, sono obbligato a ricordarla, perché lei, nel dibattito parlamentare del 26 ottobre, sul piano intellettuale, è stato veramente - me lo faccia dire - abbastanza onesto...
PRESIDENTE. Onorevole Nannicini, è del tutto informale, ma non credo sia corretto che lei si riferisca ad un parlamentare che esercita la funzione di Presidente. Quindi, la prego di saltare il passaggio.
ROLANDO NANNICINI. Mi scuso. L'ex ministro del tesoro...
PRESIDENTE. La prego davvero di non insistere nel tentativo. Le sarei grato, dato che esercito una funzione che mi impedisce ogni tipo di risposta.
ROLANDO NANNICINI. D'accordo, Presidente.
PRESIDENTE. La ringrazio molto.
ROLANDO NANNICINI. Il Governo passato ha fatto comprendere che la sua azione sui condoni era dovuta, perché dovevamo pagare, in un periodo di crescita zero, pensioni e sanità. Dunque, questa riflessione della crescita zero fa ammettere nella discussione parlamentare che le condizioni dell'economia del paese hanno necessità di risanamento. Ecco perché anche il centrosinistra su questo è molto attento a non ricadere negli stessi errori di ripresentare condoni o misure straordinarie non legate al problema del risanamento e che garantiscano la certezza dello Stato sociale in materia di pensioni e sanità.
Inoltre, quando parliamo del condono del passato Governo, dovremmo essere molto attenti a non pensare solo al fatto che, poiché vi era evasione, è emerso il condono e vi sono stati altri gettiti. Infatti, in quello strumento vi era una richiesta forzosa anche ai lavoratori autonomi e a tutti i cittadini che svolgono attività professionali coerenti con gli studi di settore: gli era stato richiesto 300 euro, annualità...
PRESIDENTE. Onorevole Nannicini...
ROLANDO NANNICINI. Perché, Presidente?
PRESIDENTE. Vorrei preavvisarla che le restano 0,039 secondi. Solitamente si suona il campanello come preavviso.
ROLANDO NANNICINI. La ringrazio, Presidente.
Su quest'aspetto fondamentale del nuovo rapporto con gli studi di settore in cui è richiesta una verifica triennale e nelle aliquote IRPEF sono state previste condizioni di riequilibrio per i lavoratoriPag. 54autonomi rispetto ai redditi più alti, credo non sia corretto parlare che si tratta di una finanziaria classista. Infatti, vi è più attenzione rispetto al passato Governo.
PRESIDENTE. Onorevole Nannicini.
ROLANDO NANNICINI. Mi scuso di nuovo, Presidente, se impropriamente ho fatto riferimento a lei nel dettaglio - non sapevo che lei presiedesse la seduta odierna e non volevo essere scortese nei suoi confronti.
C'è un altro aspetto fondamentale: si anticipa la decorrenza delle nuove disposizioni in materia di previdenza complementare, introdotte dal decreto n. 252 fissando al 1o gennaio una riforma che riguarda le nuove generazioni. Auspico quindi che vi siano elementi di risanamento e di giustizia su cui nel paese dovremmo aprire un serio confronto per realizzare un buon futuro. Mi scuso ancora; non volevo fare polemiche.
PRESIDENTE. La ringrazio, anche personalmente.
È iscritto a parlare l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.
PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, signori deputati, il Parlamento è chiamato a discutere un disegno di legge finanziaria indefinita, una specie di giallo al quale hanno concorso diversi rappresentanti del Governo tutti provvisti di soluzioni mirabolanti per assicurare felicità e bene al paese.
Un evento nuovo, infatti, si è già concretizzato: per la prima volta nella storia trentennale del Parlamento la Commissione bilancio non è riuscita a svolgere un esame della finanziaria.
L'opposizione non c'entra: avete fatto tutto da voi, maggioranza e Governo. Bell'esempio di serietà!
Le posizioni della sinistra estrema, vendicative nei confronti dei «ricchi da punire» - per usare l'espressione cara al ministro dell'economia e delle finanze -, non riescono a collimare con le tesi propugnate dai partiti del fronte cattolico-riformista. Ciò ingenera l'assalto alla diligenza e ricatti, e dopo il cosiddetto emendamento Pallaro, altri sono già pronti ad emularlo sulla via dello scambio.
Il risultato è degno di voi: la farsa rischia, tuttavia, di divenire un dramma. La manovra finanziaria è in continuo divenire: ripensamenti, soppressione e aggiunta di commi. Auspichiamo che, prima o poi, vi sia un testo sul quale esprimersi!
Vorrei portare alcuni esempi: la revisione delle aliquote IRPEF; i trasferimenti agli enti locali; l'articolo 33 del disegno di legge finanziaria, il quale dispone la chiusura di prefetture, questure e sedi dei Vigili del fuoco; l'articolo 34 dello stesso provvedimento, il quale accorpa, riducendone la funzionalità, le tesorerie. Poche idee, ma ben confuse! Ancora ieri sera, a Porta a porta, non sapevate illustrare le nuove tabelle!
«Non aumenteremo la pressione fiscale», «In cento giorni troveremo le risorse per il cuneo fiscale», «Il nostro sarà un Governo serio e si muoverà di concerto con le categorie, rilanciando il sistema concertativo», avevate dichiarato. Un vostro giornale ha già definito la manovra «una presa per il cuneo»! La gente si sta ribellando, infatti. Avete rilanciato la concertazione con «i soliti noti», nella supponenza che, poi, si sarebbe aggiustato tutto. Alle categorie che rappresentano l'economia reale del paese - forse è sfuggito al Presidente Prodi, ma appartengono al mondo dei servizi, e non più al settore manifatturiero -, alle piccole imprese e all'artigianato, invece, avete sostanzialmente detto: prendere o lasciare!
Per la verità, non c'è da stupirsi: voi siete maestri nel promettere e non mantenere. Gli italiani cominciano solo ora a rendersi conto di cosa significhi il cosiddetto decreto Visco-Bersani: i cittadini sono costretti ad aprire conti correnti con le banche per poter pagare le prestazioni dei professionisti o per semplici lavoretti fatti in casa!
Con le finte liberalizzazioni, tuttavia, avete favorito le cooperative sostenitrici della vostra parte politica, e per raggiungere tale obiettivo non avete esitato aPag. 55colpevolizzare i tassisti. «Non torneremo indietro!», tuonava anche in questo caso Prodi. Quando avete constatato che questi non avrebbe ceduto, avete cambiato le carte in tavola e riproposto norme già in vigore dal 1992, riassegnando agli enti locali i compiti dei quali erano già titolari! I cittadini hanno subito le conseguenze degli scioperi innescati per causa vostra e per i tassisti (basti leggere i giornali di questi giorni) è rimasto tutto come prima!
Per giustificare la manovra finanziaria, avete fatto ricorso ad un altro stravolgimento della realtà. Avete tentato, infatti, di dimostrare lo sfascio dei conti pubblici, parlando di un rapporto tra deficit e PIL oscillante tra il 4,1 ed il 4,8 per cento. Quando invitavamo ad attendere le risultanze delle misure contenute nella legge finanziaria per il 2006, non risparmiavate critiche e, con aria compunta, annunciavate ai cittadini che avrebbero dovuto prepararsi ad una manovra pesante, condizione indispensabile per aggiustare i guasti realizzati dal Governo di centrodestra.
Però, come recita un vecchio adagio, chi nasconde la spazzatura sotto la neve, al cambio di stagione viene scoperto! Così è stato per voi. Gli effetti di una legge finanziaria seria hanno fatto emergere nuove, e per voi sconvolgenti, verità: ben 24 miliardi di euro di nuove entrate nei primi sette mesi del 2006. Non solo, ma grazie a tali risultati, il rapporto tra deficit e prodotto interno lordo si è attestato, sempre nei primi mesi del corrente anno, al di sotto del 3 per cento, proprio come richiesto dall'Unione europea. Il Governo Berlusconi vi ha lasciato, dunque, i conti in ordine!
Le persone serie, di fronte a tale constatazione, ammettono l'errore di previsioni un po' troppo frettolose e, nell'interesse del paese, cambiano direzione! Nella fattispecie, si doveva accompagnare la ripresa proseguendo nella lotta agli sprechi, varando al contempo misure che favorissero la crescita e la competitività. Voi, invece, avete scelto la strada opposta: avete dimenticato le promesse elettorali ed avete caricato il paese di una manovra composta da tasse e pochi tagli, pregiudicando (speriamo non definitivamente) la ripresa economica. Avete colpito la maggior parte delle imprese italiane, vale a dire le aziende piccole, medie, artigiane e del commercio, le quali oggi protestano e presto scenderanno in piazza.
Oggi che l'economia mondiale si sta rilanciando, anziché proseguire con l'adozione di misure che accompagnino la crescita, introducete nuovi lacci allo sviluppo economico. Si poteva evitare una manovra finanziaria di 40 miliardi di euro e dalle coperture incerte! Se i lavoratori indirizzeranno il trattamento di fine rapporto verso i fondi pensione, come garantirete la copertura delle spese? I presunti introiti derivanti dalla lotta all'evasione quando si realizzeranno?
Queste perplessità sono così evidenti che la Commissione europea vi ha invitato a realizzare riforme strutturali delle quali, invece, non si trova traccia! Voi state penalizzando la ripresa economica ed i consumi; attraverso l'intervento sul cuneo fiscale, inoltre, aprite un fronte debitorio che, prima o poi, finirà per pesare sui nostri conti! Lo Stato dovrà corrispondere sul TFR - che rappresenta un prestito forzoso - interessi necessariamente superiori rispetto ai rendimenti dei titoli di Stato!
La Corte dei conti, il Governatore della Banca d'Italia e perfino il presidente della Commissione finanze del Senato hanno evidenziato gli squilibri della manovra di finanza pubblica. La Corte dei conti, infatti, ha attestato che, se si tiene conto delle addizionali che saranno applicate, i trasferimenti saranno minori rispetto al 2006; essa ha certificato, inoltre, che il 79 per cento della manovra è basato sulle entrate e solo il 21 per cento sui risparmi di spesa!
Il Governatore della Banca d'Italia ha confermato che si punta troppo sulle entrate e che la pressione fiscale crescerà di più di mezzo punto del prodotto interno lordo! Il senatore Benvenuto ha dimostrato che i lavoratori dipendenti, quelli autonomi ed i pensionati con carichi familiari saranno penalizzati, rispetto all'attualePag. 56«sistema Tremonti», se posseggono un reddito intorno ai 30 mila euro! I single, invece, sono favoriti: è questo l'aiuto per le famiglie?
Un intervento a favore dei meno abbienti, per la verità, l'avete previsto: per bilanciare l'introduzione dei ticket sanitari, i cittadini potranno (forse, pare) godere di bonus per l'acquisto di elettrodomestici o per le spese per le palestre.
Come sono lontane le ambizioni del DPEF! Non si trova traccia, infatti, di quelle misure strutturali, dirette a piegare la dinamica della spesa pubblica, che agiscono sul pubblico impiego, sul sistema pensionistico e sulla spesa sanitaria. Oggi, all'interno del disegno di legge finanziaria al nostro esame, di quelle ambizioni c'è davvero troppo poco, ed anche Almunia lo ha evidenziato!
Volevate far piangere i ricchi? Non v'è dubbio che coloro ai quali veniva applicato il secondo modulo della cosiddetta riforma Tremonti oggi pagheranno di più. Ma quello è il ceto medio! Quelli che per voi sono i ricchi, vale a dire coloro che dispongono di un reddito superiore ai 100 mila euro, non avranno alcun incremento d'imposta!
Ora, però, che i vostri alleati della sinistra antagonista se ne sono accorti, stanno tentando di introdurre correttivi proponendo aliquote aggiuntive. Vedremo chi perderà la faccia, tra gli «antagonisti» ed i cosiddetti centristi: altro che redistribuzione equa!
Il Governo Berlusconi era riuscito a far diminuire le famiglie indigenti: nel 2001, infatti, la percentuale era superiore al 12 per cento, mentre oggi si attesta all'11 per cento. Si tratta di dati inconfutabili, che attestano come quello «sfascio» da voi sempre denunciato era solo parte di una rappresentazione falsa e tendente a favorire l'insorgere di malcontento, di ingiustificate paure e di percezioni difformi rispetto alla realtà!
Uno Stato serio deve porsi l'obiettivo di migliorare la situazione contingente, ed il Governo di centrodestra ci era riuscito, pur in una stagione congiunturale sfavorevole. Ora toccherebbe a voi. Il disegno di legge finanziaria era l'occasione per dimostrarlo, ma gran parte di quelli che vi hanno concesso la fiducia si sono pentiti, ed i risultati del Molise e i sondaggi elettorali lo stanno a dimostrare!
I cittadini toccano con mano, e sulla loro pelle, i risultati delle vostre scelte! La pressione fiscale aumenterà: non doveva essere il contrario? Prodi, durante la campagna elettorale, arrivò addirittura ad insultare il ministro Tremonti perché aveva previsto il futuro modo di governare!
La pressione fiscale, dunque, crescerà, anche perché quelle poche riduzioni che opererete saranno sostituite dalle addizionali di imposta. Ricordo, inoltre, che avete aumentato la tassazione sui titoli obbligazionari ed i contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti ed autonomi; rivedrete gli studi di settore, i valori catastali e l'ICI; reintrodurrete l'imposta di successione; per i cittadini più deboli, infine, sono previsti ticket sul pronto intervento!
Siete passati dalle deduzioni alle detrazioni, ma quel che è più grave è che avete bloccato la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali. Non avete puntato sulla logistica, vero elemento di competitività; non avete rifinanziato lo sviluppo del trasporto combinato treno-TIR e delle cosiddette autostrade del mare! Erano tutti interventi avviati dal Governo di centrodestra: è questa la colpa più grave della quale dovrete scusarvi, per molti anni, con i nostri cittadini! Avete, in sostanza, introdotto ostacoli alla libertà di intraprendere della gran parte dei nostri imprenditori!
Segnalo altresì che, in questi giorni, una parte dei vostri uomini di Governo ha protestato contro se stessa: solo il Presidente Prodi pare non aver compreso; non solo, ma, ridacchiando, nega l'evidenza! L'onorevole Rizzo ha dichiarato: non abbiamo cambiato il Governo Berlusconi per avere una finanziaria come questa! Il sottosegretario Cento ha aggiunto: se gli alleati perdono la pazienza, devono abituarsi; in caso contrario, perderanno la maggioranza! Altro che manifestazione per il Governo!Pag. 57
State avviando, nel contempo, operazioni di trasformismo; state già infrangendo gli impegni sottoscritti, ad esempio, con il settore dell'autotrasporto. Il ministro Di Pietro ha comunicato che, anche per la Valtellina, non vi sono più i fondi per la realizzazione delle opere già approvate con delibera programmatica del CIPE! Per il ponte sullo Stretto, avete destinato le risorse esistenti ad altre iniziative, dimostrando, così, che erano reali! Non avete limiti all'impudenza!
Perché non avete il coraggio di dire che avete compiuto scelte diverse, che avete scambiato i ticket con i bonus per i frigoriferi, che avete riassegnato le risorse previste per le opere infrastrutturali ai tanti Pallaro di turno, al solo scopo di tenere in piedi la vostra squinternata maggioranza? State mettendo in gioco il futuro del paese per qualche mese (ma io mi auguro per qualche giorno) in più di Governo!
Non si può aiutare il povero distruggendo il ricco; non si può ottenere la prosperità scoraggiando l'intraprendenza; non si può rafforzare il debole rendendo più debole il forte! Voi avete fatto tutto questo, il contrario di quanto Abramo Lincoln indicava tra le condizioni per un buon governo: vergognatevi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.
TINO IANNUZZI. Signor Presidente, il disegno di legge finanziaria per l'anno 2007 interviene in un contesto di grande difficoltà, per la necessità, inderogabile e fondamentale, del risanamento dei conti pubblici e del riequilibrio del bilancio dello Stato, ma anche per la necessità di dare segnali precisi nella direzione della ripresa di processi di sviluppo e di espansione delle attività economiche e produttive e di maggiore equità sociale. Da questo punto di vista, il disegno di legge finanziaria si sforza, pur tra rilevanti difficoltà oggettive, di dare una serie di risposte e di aprire, soprattutto, alcune prospettive.
Desidero soffermarmi, anche in qualità di relatore in VIII Commissione sul disegno di legge finanziaria, sul tassello che riguarda specificamente il comparto, delicato e fondamentale ed assolutamente rilevante per lo sviluppo dell'intero paese, dell'ammodernamento, dell'adeguamento, del potenziamento del nostro sistema di infrastrutture materiali ed immateriali.
Siamo di fronte ad un altro tassello della politica che il Governo Prodi sta costruendo in questo settore. Abbiamo effettuato una lodevole ed importante operazione verità, avviata con il DPEF e con l'allegato in materia di infrastrutture del luglio scorso e proseguita con le risultanze del tavolo tecnico sull'attuazione della legge obiettivo (le prime analisi ufficiali sono state fornite in questi giorni dal CIPE). La menzionata operazione fa il punto, con chiarezza, sullo stato di attuazione della legge obiettivo, sulle risorse finanziarie realmente erogate e disponibili, sulla condizione dei lavori in corso e dei cantieri aperti, sulla situazione delle grandi opere.
È così giunto il momento di porre fine alla stagione dei grandi proclami, dei grandi annunci ad effetto che hanno caratterizzato, per cinque anni, il tandem Berlusconi-Lunardi: grandi annunci, grandi proclami, pochissime risorse erogate, pochissimi cantieri aperti, nessuna nuova grande opera realmente ultimata! Anzi, nel luglio scorso, con il cosiddetto decreto Bersani, è stato necessario intervenire con grande oculatezza e tempestività, da parte del Governo Prodi, per evitare la paralisi e la chiusura dei cantieri dell'ANAS e delle Ferrovie che erano stati lasciati letteralmente a secco. I quasi 3 miliardi di euro di rifinanziamento dei lavori in corso nei cantieri aperti dell'ANAS e delle Ferrovie hanno dato impulso e respiro ed hanno evitato una drammatica paralisi delle opere, la chiusura dei cantieri, il collasso di tante imprese, ricadute pesanti e negative sui livelli occupazionali.
Oggi, abbiamo un disegno di legge finanziaria per il 2007 che si sforza di dare una serie di risposte precise sui diversiPag. 58tasselli della politica infrastrutturale, nella persuasione, che accomuna profondamente Governo e maggioranza, che le infrastrutture servono all'intero paese: servono al nord, servono al centro, servono al sud. Le infrastrutture sono il volano indispensabile ed insostituibile per garantire prospettive di crescita e di sviluppo all'intera comunità nazionale. Con il disegno di legge finanziaria abbiamo il rifinanziamento della legge obiettivo per circa 3,3 miliardi di euro ed importanti assegnazioni di risorse nel comparto delle ferrovie, anche per quanto riguarda il sistema strategico, da portare avanti con determinazione e decisione, e per il progetto dell'alta velocità-alta capacità ferroviaria, con l'assegnazione, nel biennio, di 2 miliardi e 100 milioni di euro. Inoltre, per investimenti sulla rete ferroviaria ordinaria, che tanta importanza ha nella vita dell'esercito dei pendolari, dei tanti lavoratori dipendenti, studenti, uomini e donne che ogni giorno si avvalgono del trasporto ferroviario regionale ed interregionale, abbiamo l'assegnazione, nel biennio, di 4 miliardi di euro.
Altre misure specifiche, molto significative e lungimiranti, che desidero sottolineare, sono le seguenti: la soppressione del fondo centrale di garanzia per le autostrade e le ferrovie metropolitane; l'attribuzione della gestione di tale fondo, con i relativi rapporti economici, in capo all'ANAS; la destinazione delle relative risorse, che sappiamo essere ben più ampie delle stime prudenziali e cautelari pur effettuate dal Governo, per il progetto di completamento dell'ammodernamento della principale infrastruttura autostradale del Mezzogiorno d'Italia, l'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria.
Inoltre, con l'articolo 14 del decreto-legge fiscale collegato alla manovra finanziaria, abbiamo attuato un'importante operazione di definanziamento delle risorse di provenienza Fintecna, sino ad oggi assegnate alla ricapitalizzazione di Stretto di Messina Spa. Partendo, com'era giusto, dal riconoscimento della natura non prioritaria dell'opera per il Mezzogiorno e per l'intero paese, abbiamo dato l'indicazione che le relative risorse (circa 1 miliardo e mezzo di euro) rimarranno nel Mezzogiorno, in Calabria ed in Sicilia, per realizzare infrastrutture ferroviarie e stradali (dalle autostrade siciliane, alla rete del trasporto su ferro, alla statale ionica e, anche in questo caso, alla Salerno-Reggio Calabria). Con i 100 milioni di euro destinati alle aree portuali di preminente interesse nazionale, si tratta di un complesso di misure che si sforza di dotare l'azione del Governo delle risorse finanziarie necessarie per tradurre programmi concreti e mirati in realizzazioni.
Voglio dire, con grande franchezza, che dobbiamo andare avanti con il metodo che questo Governo ha posto a base della sua azione in questo settore così delicato: quello della identificazione di una griglia ristretta, ma effettiva, di vere, poche e grandi priorità, che, innanzitutto, debbono camminare con le gambe delle risorse finanziarie davvero disponibili, non dei sogni annunciati e non realizzati, non degli annunci non seguiti da finanziamenti. Sulla base della dotazione finanziaria esistente, si definiscono il numero ed il novero delle priorità, identificando, in un positivo dialogo con le regioni (che, naturalmente, conserva la competenza sulla decisione finale allo Stato), le opere che vanno portate avanti con effettiva priorità: le cosiddette grandi priorità o superpriorità, vale a dire quelle grandi opere capaci di far compiere un salto di qualità a territori di area vasta e di dare un grande contributo ai processi economici e produttivi...
GIORGIO LA MALFA. La TAV!
TINO IANNUZZI. ...ai sistemi di mobilità e di trasporto nelle diverse parti del paese.
Sicuramente, presidente La Malfa, su questo terreno, noi riconosciamo l'importanza, strategica e fondamentale, della prosecuzione della rete dell'alta velocità-alta capacità ferroviaria, i cui sviluppi, com'è giusto, vanno considerati in correlazione non soltanto con il Corridoio n. 5 (Lisbona-Kiev), ma anche con alcune parti della zona meridionale del paese.Pag. 59
Riteniamo, altresì, che opere in corso vadano portate rapidamente a compimento. È il caso del passante di Mestre, della variante di valico, sostenuta dai finanziamenti di Autostrade per l'Italia Spa. Da questo punto di vista, la revisione dei meccanismi delle concessioni della rete stradale ed autostradale, promossa con il decreto fiscale, tende, sostanzialmente, ad incrementare le condizioni per una fruizione più funzionale, moderna ed adeguata e ad accrescere il livello delle prestazioni e degli investimenti infrastrutturali effettivi da parte dei concessionari. Si tratta di un'operazione importante.
Ci rendiamo conto che c'è una questione infrastrutturale drammatica: nel Mezzogiorno, essa è, forse, dal punto di vista quantitativo, più forte ed accentuata, ma non è meno importante nel nord del paese, per l'intasamento dei grandi nodi urbani e per la necessità di dare respiro ad aree che, sotto il profilo dello sviluppo economico e produttivo, hanno un ruolo centrale.
Allo stesso modo, ci rendiamo conto che alcuni discorsi (come quello riguardante la pedemontana) vanno portati avanti e condotti in una prospettiva di realizzazione e che vanno liberate le risorse costituite dai capitali privati, che possono consentire, soprattutto nelle aree economicamente più forti del paese, la realizzazione di nuove e grandi infrastrutture (penso, innanzitutto, alla Bre-Be-Mi).
Un'ultima considerazione. Nel disegno di legge finanziaria abbiamo preservato e conservato gli istituti dello sgravio fiscale del 36 per cento per le ristrutturazioni edilizie e dell'IVA ridotta dal 20 al 10 per cento. Da questo punto di vista, vorremmo segnalare al signor ministro dell'economia e delle finanze la necessità di tener conto di un emendamento che la Commissione ha proposto unitariamente per l'esame in Assemblea: eleviamo il tetto massimo di spese detraibili per lavori di ristrutturazione edilizia, riavviciniamoci al tetto attuale dei 48 mila euro e riportiamolo a quello originario del 1998, che sappiamo essere stato di 78 mila euro. L'istituto ha funzionato benissimo ed ha avuto molteplici effetti positivi: ripristiniamolo ed incrementiamone la potenzialità espansiva! Incrementiamo il tetto massimo di spese detraibili per ristrutturazioni edilizie di cui all'articolo 29 del disegno di legge finanziaria.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
TINO IANNUZZI. Concludo sottolineando, signor ministro dell'economia e delle finanze, che la Commissione chiede, all'unanimità, l'eliminazione di una norma infelice: l'articolo 52 ripropone, in termini sbagliati ed assurdi - ci consenta di dirlo -, la assicurazione obbligatoria dei fabbricati privati per le calamità naturali. Sarebbe un altro balzello, insostenibile ed inaccettabile, sui proprietari privati e sulla proprietà immobiliare (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi. Ne ha facoltà.
MARIO BARBI. Signor Presidente, onorevoli colleghi il disegno di legge finanziaria di cui abbiamo iniziato ieri l'esame in quest'aula assicura per il 2007 e per gli anni successivi - lo ricordava ora l'onorevole Iannuzzi - la ripresa degli investimenti pubblici nel settore dei trasporti e delle infrastrutture. Ciò avviene nel quadro di una manovra impegnativa volta a realizzare insieme obiettivi di risanamento, equità sociale e rilancio della crescita, recuperando l'handicap delle casse vuote lasciate dalla destra. Un handicap che ha obbligato il Governo Prodi a rifinanziare - anche questo è stato ricordato poco fa - con 2, 8 miliardi di euro ANAS e Ferrovie dello Stato per evitare la chiusura dei cantieri già nel corso del 2006.
Questa finanziaria, dopo anni di attese deluse, parla al mondo dei trasporti e vi interviene con risorse e misure importanti; d'altra parte, un sistema di trasporti moderno ed efficiente si fonda, per ragioni di ordine economico, ecologico e strategico, su una equilibrata ripartizione tra le varie modalità di trasporto; ma, anche a causa delle forti disattenzioni con cui è statoPag. 60affrontato nella passata legislatura, il settore dei trasporti risulta tuttora caratterizzato da un forte squilibrio modale a favore del trasporto su gomma, da una distribuzione delle infrastrutture non omogenea sul territorio nazionale, da servizi ausiliari ai trasporti non ancora efficienti e capillari. Questo scenario sta peraltro producendo effetti particolarmente negativi sul fronte dei costi del trasporto, che incidono direttamente sulla competitività e, quindi, sui livelli e sulle potenzialità di sviluppo economico e di crescita. Abbiamo bisogno come paese di porti, aeroporti, ferrovie, strade e trasporti locali ben integrati tra loro ed è necessaria una migliore distribuzione modale del trasporto delle persone e delle cose; però, intervenire per modificare i fattori di squilibrio richiede tempo, ma soprattutto richiede una visione strategica le cui tracce credo si possano trovare nelle azioni previste dalla finanziaria e su più piani. Faccio pochi esempi: la finanziaria interviene in modo diretto e direi in modo perfino rivoluzionario sul sistema dei porti, delle autorità portuali, prevedendone l'autonomia - questo è un tema sul quale non mi soffermerò perché è già intervenuta ieri in modo specifico l'onorevole Velo - ; interviene, inoltre, sul sistema ferroviario per la TAV con 900 milioni di euro per il 2008 e 1 milione e 200 mila euro per il 2009; con 2 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2007-2008 per la rete ferroviaria tradizionale e con 400 milioni per il 2007 per l'attuazione del piano di investimenti di Trenitalia; prevede, inoltre, interventi significativi di ammodernamento del sistema di sicurezza ferroviaria.
La finanziaria interviene sul sistema delle strade e delle autostrade: con un piano nazionale di sicurezza di 60 milioni di euro l'anno per il triennio 2007-2009; sul sistema del trasporto pubblico locale con misure mirate al miglioramento del servizio per i pendolari; con 60 milioni di euro annui dal 2007 per il rifinanziamento del trasporto pubblico; interviene anche sull'autotrasporto con agevolazioni fiscali per le imprese di autotrasporto merci.
È vero, tutto è perfettibile e su questi temi si è svolto in Commissione trasporti un dibattito approfondito e costruttivo a cui ha partecipato attivamente e utilmente l'opposizione. Un dibattito che ha consentito di individuare proposte migliorative, e in questa sede mi limito a citarne due: una relativa al trasporto aeroportuale con l'opportunità che le entrate previste per l'erario dal recupero dai concessionari aeroportuali della gestione di beni demaniali non strumentali al volo, quali i parcheggi, vengano recuperate per altra strada senza incidere in modo indiretto sul regime concessorio; la seconda, la destinazione di almeno il 30 per cento delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate a infrastrutture e trasporti per le regioni meridionali. Questa proposta sul fondo delle aree sottoutilizzate - approvata all'unanimità in Commissione trasporti - è stata approvata poi dalla Commissione bilancio; quindi, mi pare una buona prova di apertura e di disponibilità al dialogo da parte della maggioranza. Una disponibilità che, purtroppo, tanta parte dell'opposizione preferisce ignorare, agitando strumentalmente lo slogan della finanziaria chiusa e blindata.
L'efficienza del sistema dei trasporti è una delle condizioni essenziali per la crescita e il sostegno del sistema economico e produttivo; infatti, i trasporti rappresentano un elemento fondamentale per le moderne economie, tanto più se queste, come nel caso del nostro paese, sono fortemente aperte all'estero. La finanziaria si muove nella direzione di migliorare l'efficienza dei trasporti e con essi la competitività e la modernizzazione del paese.
PRESIDENTE. Sono presenti in tribuna i sindaci di alcuni comuni della provincia di Foggia colpiti dal terremoto del 2002. La Presidenza rivolge loro un saluto anche a nome dell'Assemblea (Applausi).
È iscritta a parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO. Signor Presidente, nella predisposizione di una legge finanziariaPag. 61ci si aspetterebbe coesione negli obiettivi e negli strumenti per raggiungerli; infatti, è difficile pensare che se non si raggiunge coesione sugli elementi oggettivi, quali quelli legati all'economia, si possa avere poi coesione - semmai questo Governo durerà - con riferimento alla moltitudine dei problemi, in primis quelli sociali, che ci aspettano. Se il Governo non è d'accordo nemmeno sulla politica economica, figuriamoci quando ci saranno le questioni di coscienza, in materia di politica estera e via dicendo! Che non ci sia coesione negli obiettivi lo dimostra il modo di procedere di questo Governo, costretto addirittura a subire la piazza, quasi sempre della sua stessa parte, scesa in campo per manifestare contro questo Esecutivo. Non si tratta solo dei precari, ma - come ha osservato oggi l'onorevole Garavaglia - anche dei piccoli comuni, dove per lo più le giunte sono di sinistra, si tratta dei sindaci, delle regioni, dei centri di ricerca e dei poliziotti. Lo si vede poi anche dal modo con il quale - anche qui a dispetto dei proclami, e faccio presente all'onorevole Cannavò che i proclami non li ha fatti Confindustria, ma li ha fatti proprio questo Governo - si è opportunamente evitato di toccare certi punti sensibili per la maggioranza, come la riforma delle pensioni.
Che non ci sia coesione per quanto riguarda gli strumenti per raggiungere gli obiettivi è altrettanto chiaro dai metodi: decretazione d'urgenza, fiducia, 900 emendamenti presentati dalla stessa maggioranza. Questo è lo scenario, ed è uno scenario ben diverso da quello idilliaco che il professore durante la campagna elettorale aveva richiamato e ci aveva riferito, cioè quello di un paese spaccato che lui avrebbe ricostruito e ricucito. A dire il vero, a me sembra che la spaccatura ci sia e sia evidente, ma sia in questo stesso Governo; infatti, sia Prodi sia Visco devono, un giorno sì e un giorno no, ricordare a questa maggioranza che se cade il Governo si va tutti a casa. Ha ragione il Presidente Tremonti quando afferma che voi siete una coalizione che è solo negativa e non è positiva: siete una alleanza costruita per abbattere il Governo Berlusconi, ma privata di questo obiettivo voi vi distruggete al vostro interno.
Un esempio per tutti è l'ormai celebre articolo 53: con un solo articolo siete riusciti a mettere il Governo contro i suoi ministri, i ministri contro la maggioranza e la maggioranza contro il Governo e i ministri. Mi rivolgo all'onorevole Turco: probabilmente la riforma della legge di bilancio va fatta, ma non va fatta con una silente modifica della Costituzione, inserita in una legge finanziaria, sperando che il Parlamento non se ne accorga. Ciò detto, sappiamo come andrà a finire in quest'aula: verrà posta la fiducia nonostante i proclami e il Governo, grazie alla tanto vituperata legge elettorale, farà tesoro del premio di maggioranza; poi si giocherà tutto al Senato e nell'ennesima prova di equilibrismo di una compagine che in realtà si trova appesa al voto favorevole di chi senatore per elezione non è.
Arriviamo al merito della finanziaria: 2.582 euro netti non sono il compenso all'ora di qualche star del calcio, ma sono lo spartiacque secondo il quale per questo Governo si delinea chi è ricco e chi non lo è e chi merita di essere tassato pesantemente, tartassato e chi no, chi - per riprendere lo slogan della componente massimalista di questa maggioranza - è chiamato a partecipare al pianto infatti, nella filosofia, per certi versi da rivoluzione d'ottobre, di questo Governo, l'obiettivo non è far stare bene tutti, bensì far star male chi sta bene e, secondo voi, chi sta bene è chi, appunto, guadagna 2.582 euro netti al mese. Allora prendiamo in esame questo specialissimo ricco, vivisezioniamolo, andiamo a controllare le sue spese, i suoi conti e cosa vuole fare questo Governo. È il caso di un dipendente con coniuge e due figli a carico, ossia un contribuente statisticamente rilevante. A questo dipendente, pur tenuto conto degli assegni familiari di questa finanziaria, resteranno in tasca con le nuove aliquote circa 30.986 euro annui e con questi soldi dovrà mantenere due figli - quando si spera non anche il coniuge -, pagare le imposte locali come l'ICI e la Tarsu, ilPag. 62bollo auto che rincara (a meno che questo dipendente non abbia i soldi per comprarsi una nuova vettura euro 4), l'elettricità, il gas e così via. Se poi abita a Milano o a Roma avrà delle spese di locazione di immobile pari a 1.000/1.500 euro al mese o, se ha un mutuo, qualcosa di più. Se questo signore lo immaginiamo lavoratore autonomo con partita IVA, il reddito disponibile scenderà a 2.497 euro.
Il lavoratore autonomo dovrà anche sostenere in proprio delle spese fondamentali, quali quelle previdenziali. Ricordiamoci che si tratta di persone che, se mancano anche un giorno soltanto per malattia dal posto di lavoro, compromettono il proprio business.
La verità è che, come giustamente hanno osservato alcuni economisti, l'uguaglianza, quella strutturale, non la si fa massacrando i ceti produttivi, nell'ottica di una distribuzione delle ricchezze, ma consentendo a quelli meno abbienti di avere, a parità di sforzi, le stesse opportunità di successo e, quindi, facilitando il loro ingresso nell'università, mandandoli a studiare all'estero, usando i fondi dello Stato per finanziare i loro progetti e chiedendo alle banche di fare la loro parte. Uno Stato che tassa e distribuisce non crea condizioni per la crescita di tutti, ma crea solo un meccanismo perverso, clientelare, per cui lo Stato è datore di lavoro e di risorse in un modo nel quale non può permettersi di esserlo.
Due parole chiave per la competitività dell'Italia: università e ricerca. Cosa si fa in questa finanziaria per l'università? Il rettore del Politecnico di Milano, Giulio Ballio, durante la cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico dell'ateneo, a 144 anni dalla sua fondazione, ha detto: la finanziaria avrà un impatto devastante. Il denaro dello Stato non sarà sufficiente per trasmettere le conoscenze di cui un sistema produttivo ha bisogno.
Per quanto concerne la ricerca, l'innovatività, un esempio per tutti: l'articolo 88, lettera f), si occupa del settore dell'industria farmaceutica. Ci sarebbe piaciuto discutere di questo settore con il ministro Bersani, il ministro dello sviluppo, invece, se ne discute nell'ambito della finanziaria. E perché? Perché, grazie a questo articolo, il prossimo anno, all'industria farmaceutica verranno tagliati 2 miliardi di euro e verranno confermati i tagli dei prezzi dei prodotti per circa 800 milioni di euro. Questo avviene quando i prezzi medi europei sono decisamente più alti del prezzo del farmaco in Italia, quando la crescita di spesa convenzionata, dal 2001, è dell'1,7 per cento e quella, invece, della spesa ospedaliera generalizzata è del 26,5 per cento; quando è chiaro, quindi, che per risanare il deficit della sanità pubblica non si deve insistere sul prezzo del farmaco, ma su tutti gli altri settori di spesa. Bene, questi tagli massacreranno il settore, perché porteranno ad avere poi delle ripercussioni sul piano industriale: si parla delle possibilità di licenziamenti per circa 13 mila unità qualificate. Le imprese del settore, inoltre, avevano fatto un tavolo di concertazione con questo Governo, in particolare con il ministro Bersani ed il ministro della salute, e loro stesse si erano impegnate nel prossimo triennio a versare in attività di ricerca e di istruzione ben 2 miliardi. Ora, di fatto, non so quanto questo impegno potrà essere onorato. Mi sarebbe piaciuto chiedere al ministro Bersani: come mai rinuncia a 2 miliardi di investimento in ricerca nel prossimo triennio, in Italia, a fronte di una tassazione di un settore che non porterà al ripiano del deficit sanitario? Sarebbe interessante saperlo. E su tutto questo, cosa dice il Presidente Prodi? È contento. L'altro ieri, in un'intervista al Financial Times ha fatto sapere che le cose vanno bene, perché l'Italia aveva meno scarpe in numero assoluto, ma quelle che vende rendono di più, perché siamo entrati - per usare le sue parole - nel segmento di lusso. Ora, credo che dovremmo essere contenti se l'Italia non fosse tagliata fuori da quelli che sono i settori innovativi.
Colleghi, so che questo mio intervento, come quelli dei colleghi che mi hanno preceduto, non potrà modificare il disegno di legge finanziaria, così come sarebbe giusto fare. Sento però il dovere, in questa occasione, di fare una osservazione. In unPag. 63mondo in cui l'operaio cinese guadagna 40 dollari al mese (e in alcuni distretti cinesi addirittura si sta pensando di delocalizzare in Vietnam, dove la manodopera costa ancora meno), in un orizzonte che vedrà tra poco l'ingresso in Europa di Macedonia e Croazia, con rischi di dumping sociale all'interno della stessa Unione europea, rispetto ai quali non potremo nemmeno usare l'arma dei dazi, occorre pensare ed agire in un'ottica completamente diversa, un'ottica che abbia una natura e un'incisività diversa e più moderna, soprattutto diversa rispetto al ricorso ad una imposizione tributaria basata sui cavalli motore di un veicolo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È presente in tribuna una classe dell'Istituto tecnico per il turismo Marco Polo di Roma. La Presidenza rivolge un saluto anche a nome dell'Assemblea (Applausi).
È iscritta a parlare l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a questo punto del dibattito, molte cose sono state dette e così vorrei, con il mio intervento, ragionare su un punto, quello più discusso e criticato del primo disegno di legge finanziaria di questa legislatura del Governo Prodi: ovvero, se questa finanziaria sia capace di promuovere la crescita economica del paese e un nuovo sviluppo. Questo perché, sul terreno del risanamento, sono stati mantenuti gli impegni. Su questo nulla si può dire, nonostante quegli impegni siano stati presi con l'Europa dal Governo di centrodestra. Così come, sul terreno dell'equità, nessuno può contestare che questo sia stato il leit motiv di tutta la manovra. Si poteva fare di più? È poco ciò che riusciamo a distribuire? Certo, abbiamo dovuto fare i conti con le risorse disponibili. Ma questo è un obiettivo verso cui ci siamo incamminati e vogliamo continuare a lavorare. Come ho già detto, non mi attardo su questi punti, in quanto già altri colleghi lo hanno fatto, ma vorrei continuare a ragionare sul primo. Con questa manovra finanziaria e con molte delle indicazioni che abbiamo dato, vogliamo ridare fiducia al paese, ricostruire la speranza che il paese può farcela a trovare una sua nuova efficace e solida collocazione, dentro un mondo che cambia, una economia che chiede nuove strategie, nuove capacità inventive, innovazione.
Ci sono strumenti e risorse a ciò destinate, che dovremo far funzionare bene, ma soprattutto il lavoro di questo Governo e di questa maggioranza non cesserà con questa finanziaria. Dovremo continuare a fare riforme, a costruire fasi vere di liberalizzazione, attente ai consumatori, puntando a promuovere e a liberare energie e risorse, in primo luogo quelle delle giovani generazioni e delle donne italiane. Questi sono alcuni dei soggetti su cui possiamo impostare e abbiamo impostato le politiche di innovazione di cui ha bisogno il paese: sblocco delle professioni, diritti, ammortizzatori sociali, valutazione del merito, pari opportunità, stabilizzazione del lavoro, politiche che cammineranno tutte insieme, non una prima e non una dopo. Passi in questa direzione si sono cominciati a fare: il cuneo fiscale, che premia quelle imprese che utilizzeranno i contratti a tempo indeterminato, il credito d'imposta per il Sud, ma, soprattutto, più risorse per chi impiega occupazione femminile, aumento dei contributi previdenziali, per evitare quei comportamenti che inducono ad individuare nei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, non lo strumento utile per un lavoro flessibile, ma il modo con cui pagare meno contributi. Primi passi: vengono riconosciuti i primi diritti, di malattia e di maternità, ai lavoratori co.co.co. Potrei proseguire con altre indicazioni, ma ciò che mi preme sottolineare, e spero sia il Governo sia il relatore sappiano e vogliano raccogliere, in questa fase dell'esame del disegno di legge finanziaria, è che dovremmo fare alcuni passi in avanti ulteriori: riconoscere la maternità a rischio per i collaboratori coordinati e continuativi, essere certi che l'aumento dei contributiPag. 64venga diviso tra datori di lavoro e lavoratori nelle proporzioni previste dalla legge, e non incida sul salario di questi lavoratori, così com'è avvenuto nel passato. L'elevazione della rivalsa dei titolari della partita IVA è ferma a dieci, dodici anni fa. Questi temi che io richiamo, guardate, sono temi su cui la Commissione lavoro ha discusso e che sono stati approvati in modo unitario da parte del centrosinistra; credo che sarebbe utile raccoglierli in questa fase conclusiva del nostro lavoro sul disegno di legge finanziaria.
Vi è poi un altro capitolo che, secondo me, può aiutare il processo economico del paese. Mi riferisco alla stabilizzazione nel pubblico impiego. Ci sono norme in questa direzione, c'è una linea di tendenza; certo, occorre collegare tale aspetto anche ai problemi di settori che sono pieni e che vanno sicuramente ridimensionati. In Commissione lavoro, tra poco approveremo una risoluzione su questa materia, ma abbiamo anche presentato proposte che vanno in tale direzione, senza aumentare la spesa. Prevediamo un piano di stabilizzazione, che sarà progressivo e durerà tutti gli anni che saranno necessari; per esempio, per gli enti locali e le regioni non chiediamo aumenti di spesa, ma chiediamo, nell'ambito dell'autonomia di questi enti locali e dentro il patto di stabilità, di scegliere: saranno loro a decidere, in autonomia, se stabilizzare il personale precario o se fare altre scelte. A loro, quindi, la responsabilità delle scelte.
PRESIDENTE. Onorevole Cordoni, la invito a concludere.
ELENA EMMA CORDONI. Concludo, signor Presidente. Voglio aggiungere ancora una cosa. Non è ancora completa quella normativa.
Abbiamo bisogno che le soluzioni trovate per gli enti locali diventino esecutive ed allora per i precari - parlo dei co.co.co., degli LSU e degli LPU - bisogna indicare anche le procedure per la stabilizzazione. Noi vogliamo la selezione pubblica, con punteggi che riconoscano il lavoro da essi svolto, non vogliamo un meccanismo ope legis e dobbiamo, quindi, lavorare, senza aumentare la spesa, in tale direzione.
Quindi, penso che, se riusciamo - e concludo signor Presidente - a compiere ancora questi passi in avanti, daremo una risposta in modo unitario alla manifestazione di sabato come un obiettivo di tutta la coalizione, e non solo di parti di essa o della piazza. Sono i nostri valori, sono i contenuti del nostro programma elettorale, sono l'obiettivo su cui abbiamo impegnato questa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.
MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, è difficile, a seguito di tutti gli interventi che si sono succeduti, apportare elementi di grande novità rispetto a quanto puntualmente è stato sottolineato. Abbiamo il dovere, tuttavia, di rilevare ancora le nostre ragioni di totale contrarietà a questa finanziaria, che agisce - ormai siamo anche stanchi di dirlo, comunque lo dicono esattamente tutti gli osservatori nazionali ed internazionali - sul lato dell'aumento della pressione fiscale e non, invece, sotto il profilo del contenimento della spesa pubblica, che era il dato obiettivo sul quale si doveva lavorare. È accaduto, inoltre, nel corso dell'esame di questo disegno di legge finanziaria, qualcosa di alquanto inconsueto e alquanto preoccupante. Nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria in Commissione bilancio, si sono votati 40 emendamenti. Ora, non può non balzare all'occhio come questa sia una situazione che esautora totalmente il Parlamento, non dalla condivisione di una legge finanziaria, ma finanche dalla sua conoscenza ed esautora il Parlamento non solo nella sua componente di opposizione, ma anche nella componente di maggioranza, se - com'è e come abbiamo constatato - è una finanziaria mutata totalmente dal suo ingresso in Parlamento, giorno per giorno ed ora per ora.Pag. 65
All'interno di tale quadro, non può non destare, da un lato, il senso del ridicolo - del quale dobbiamo in ogni caso tener conto - e dall'altro, il grande allarme, il fatto che tra i 40 emendamenti votati ve ne siano due esattamente «di saccoccia», per ottenere i voti della vostra stessa maggioranza.
Onorevoli colleghi, il problema non è quanto viene stanziato, ma è pazzesco che mentre non riuscite a trattare articoli quali l'8 ed il 9 e non riuscite a fare un dibattito sulle infrastrutture perché siete spaccati, riuscite a dire che bisogna riaprire il termine per gli «unionisti» che hanno - ahimè! - dimenticato di fare istanza per il rimborso dei loro contributi elettorali!
Non può essere sottaciuto che siete riusciti a far approvare l'emendamento Pallaro, dal che ci aspettiamo di vedere se ora per questo signore, molto arrogante, si configurerà anche la situazione per poterlo definire nomen omen, ossia se conterà una «palla» in relazione a ciò che ha detto e «virgolettato» nelle interviste che ha rilasciato il giorno prima, pretendendo che il relatore si precipitasse a fare un emendamento. Ebbene, il senatore Pallaro diceva, nella sua intervista, che non avrebbe votato la fiducia al Senato, essendo lui «l'ago della bilancia», se non avesse ottenuto 14 milioni di euro per i residenti all'estero, con un emendamento formulato in modo risibile, che è tutto e il contrario di tutto, che va dalla tutela degli imprenditori argentini all'attività consolare, fino alla possibilità - come egli afferma - di portare a 123 euro al mese la pensione dei residenti all'estero. Ed egli ci dice altresì, nomen omen, di aver preannunciato tale richiesta, in precedenza, allo stesso Presidente del Consiglio, affermando che il Presidente del Consiglio gli aveva dato assicurazioni.
Ebbene, voi che non siete riusciti, per le spaccature presenti all'interno della vostra maggioranza, a fare quel che ho detto in precedenza - e la rilettura degli atti dei lavori in Commissione deve passare alla storia come riprova della serie di menzogne che dite all'esterno per negare la vostra situazione reale ed interna -, avete avuto una tale paura che vi siete premurati di far approvare un emendamento affinché, arrivando la finanziaria al Senato, non scoppiasse anche la vicenda del citato Pallaro, per l'appunto. Ma come lo spiegherete ai cittadini italiani? Come lo spiegherete ai cittadini italiani, ai quali avete omesso di dare le risposte che avevate promesso? Noi, avevate detto, saremo il Governo che abbasserà le tasse: ormai ci credete solo voi. Il vostro «azionariato di riferimento», quello che vi ha votato, non è costituito da quelle famiglie che, secondo voi, in presenza del nostro Governo non arrivavano alla quarta settimana del mese ed oggi ridono! È gente che, se potesse, vi lapiderebbe, oltre a non votarvi. Di tutto, infatti, ci si può forse fare una ragione, ma non dell'insieme di menzogne delle quali siete stati capaci. L'unica cosa che vi interessa non è governare il paese, ma occupare posti di governo, e di ciò questa è la riprova, assolutamente pratica.
Forse, ci vorrebbe un anelito di dignità e sono certa che esso alberga in molti componenti della maggioranza; la dignità è rendersi conto che ora si è passata proprio la misura, e non lo diciamo noi: guardatevi intorno, quando vedete in piazza tutto ed il contrario di tutto, quando a Torino si è svolta - e l'ho vissuta - una manifestazione di sette sigle associative, le più diverse tra loro per estrazione e posizione politica, quali Confartigianato, Confesercenti, CNA, sigle che appunto hanno dato luogo ad una manifestazione che, onorevoli colleghi, non era di lobby, non era di tutela di interessi corporativi, non era di ordine, ma era la manifestazione di quelle persone che capiscono che con voi imperanti non c'è più il diritto di esistenza!
Ho visto, nella mia vita, solo un'altra manifestazione di quel tipo, quando, in passato, Torino venne pacificamente invasa dalla marcia dei 40 mila; e l'ho vista riprodotta neanche un mese fa. La richiesta con cui vi invitiamo a ragionare e a cambiare è, dunque, fatta per dovere di ufficio. Dobbiamo farlo per gli interessi di questo paese, che uscirà gravemente compromesso da questa vostra politica, da voiPag. 66che sottraete ai consumi 1,8 punti di prodotto interno lordo per trasformarlo in tasse, togliendolo a quella spinta dell'economia che asserivate di voler dare e che, invece, negate sistematicamente nei fatti. Dovete riflettere su questo argomento e noi abbiamo il dovere di sottolinearvelo! Ma sappiamo anche che non riuscireste neanche ad affrontare una discussione chiusi in una stanza le cui pareti fossero totalmente coibentate, perché non siete più in grado di definire non dico qual è il vostro credo, ma quali sono gli interessi sulla base dei quali siete stati eletti: li avete rinnegati tutti.
Montezemolo è stato molto bravo quando si è schierato in campagna elettorale contro di noi: ha ottenuto l'unica cosa che dicevamo avrebbe ottenuto da voi, vale a dire l'incremento di tassazione delle rendite finanziarie. Per il resto, avete danneggiato le imprese, scippato il TFR, avete simulato una riduzione dell'IRAP. Ricordate i cinque punti in cento giorni? È sotto gli occhi di tutti quello che state facendo. Avete detto, sulla base di ciò che chiamate principio di responsabilità: cari enti locali, care regioni, se non ce la fate, aumentate pure le tasse. Forse, l'avete fatto nella convinzione che, facendo ricadere su altri l'ulteriore pressione fiscale, qualcuno ancora, guardandovi in faccia, non potesse negare che avete quella davanti come quella dietro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, io non riproporrò l'esercizio molto abile dei colleghi che sono intervenuti sinora in questa maratona sulla discussione generale, analizzando le contestazioni che si possono muovere a questo provvedimento che stiamo per votare. Vorrei piuttosto tirare le somme di quello che è accaduto da quando è cominciata, in questo palazzo, la sessione di bilancio.
Vorrei che pubblicamente ci si rendesse conto di qual è stato l'atteggiamento della maggioranza e quello dell'opposizione. Infatti, è stato uno sparare dichiarazioni ogni piè sospinto, finalizzate a crearsi l'alibi della fiducia (e dell'ostruzionismo da parte dell'opposizione), oltre a tutta una serie di alibi adottati forse per «pararsi i fondelli» e per avere quasi la coscienza a posto nei confronti dei cittadini. Mi sembra sia doveroso da parte nostra puntualizzare quale sia stato il nostro atteggiamento e come siano andati i fatti.
Come diceva giustamente la collega Armosino, di una cosa bisogna tenere debito conto: in questa sessione, in Commissione bilancio, è successo ciò che non è mai accaduto in cinquant'anni di Repubblica. Di fatto, tale Commissione non ha potuto avere correttamente contezza, in maniera democratica, aperta e con un dibattito - non dico ampio, ma semplicemente con un dibattito - degli emendamenti presentati e delle posizioni dei due schieramenti.
Infatti, la Commissione bilancio ha cominciato i suoi lavori su questo provvedimento esattamente alle ore 10,30 di lunedì scorso, terminandoli poi alle ore 18 del sabato successivo. Ciò è avvenuto per portare a casa, sostanzialmente, quaranta emendamenti che sono stati esaminati e votati, con un numerosissima serie di interruzioni e di sospensioni fiume fino a quattro o cinque ore. Nelle stanze a fianco alla sala del Mappamondo si riunivano costantemente i rappresentanti della maggioranza per cercare di litigare di meno in riferimento, innanzitutto, all'esame di ammissibilità degli emendamenti. Inoltre, si è fatto sì che il Governo potesse portare a termine una nefandezza in questo provvedimento: presentare un'ora prima - lo ripeto: un'ora prima - della chiusura dei lavori in Commissione bilancio, tra relatore e Governo, ben 134 emendamenti che la Commissione non ha potuto esaminare. Infatti, essa si è dovuta limitare a prendere in blocco queste proposte emendative, oltre i 3.100 emendamenti presentati dalla maggioranza. Bisogna dirle queste cose: la maggioranza ha presentato in Commissione ben 3.100 emendamenti, mentre l'opposizione ne ha presentati 3.900. PerPag. 67quale motivo le dichiarazioni - di preparazione, dico io - che vengono fuori in questi giorni debbono essere spacciate per ostruzionismo delle opposizioni? La Commissione bilancio si è dovuta limitare a fare da notaio, a prendere questa caterva di emendamenti e a mandarli in aula, dati per respinti, ivi compresi quelli del Governo e del relatore. Ciò vuol dire che, in Commissione bilancio, per la prima volta, non è stato licenziato un vero e proprio testo di questo provvedimento che noi ci accingiamo a votare. Questa è una vergogna che i cittadini italiani devono sapere, perché poi non si venga, invece, ad addebitarci colpe che non abbiamo.
Oltre a tutto questo, abbiamo assistito ad una serie di prese di posizione: ministri contro ministri, ministri che dichiarano di non voler mollare (vedi Melandri o Parisi) sui tagli fatti ai rispettivi Ministeri; sottosegretari che sfilano contro il Governo, e non contro il Governo Prodi (sono rimasti indietro, contro il Governo Berlusconi!), e tutta una serie di azioni convogliate in questo marasma di dissenso nei confronti di questa legge finanziaria, rilevate negli interventi che mi hanno preceduto, svolti in questa aula sul merito, e non certamente ostruzionistici. Si è arrivati dunque a questa mattina con trentuno interventi in discussione generale, di cui ventidue fatti dalla maggioranza: questo è autostruzionismo!
Non dimentichiamo, ancora, un passaggio che ho vissuto direttamente in Conferenza dei capigruppo, vale a dire il tentativo di cominciare a votare la legge finanziaria non più, com'era previsto in calendario, a partire da mercoledì pomeriggio, ma venerdì mattina, sol perchè la maggioranza aveva bisogno di tempo. Noi, in maniera responsabile, abbiamo chiesto che ciò non avvenisse e pertanto oggi, proprio ora, sono pronto a dire che tutta l'opposizione nel pomeriggio voterà in maniera veramente rapida il decreto-legge sull'IVA e gli emendamenti sulla legge di bilancio - in quanto sappiamo che il voto finale è rimandato alla chiusura dell'esame della legge finanziaria -, per passare quanto prima al voto sugli emendamenti della legge finanziaria. E questo anche a costo, colleghi della maggioranza, di non intervenire in discussione generale sul complesso degli emendamenti. Vogliamo che quello che ci avete negato in Commissione bilancio ci venga dato almeno in quest'aula. Vogliamo che la gente sappia che siamo pronti a discutere nel merito di questo provvedimento, che non intendiamo fare ostruzionismo, ma desideriamo che emergano invece le divisioni che al vostro interno hanno portato a questo atteggiamento.
Se volete continuare a farvi autostruzionismo, fatelo pure: questa è la posizione delle opposizioni e ritengo che essa sia responsabile, come lo è stata finora. Tuttavia, voglio che, con chiarezza, ci sia anche da parte della maggioranza una presa d'atto di questo atteggiamento e che essa eviti dichiarazioni che addebiterebbero alle opposizioni la «necessità» - tra virgolette - di passare ad un voto di fiducia.
Noi questo non lo vogliamo e vedremo se anche voi avrete analogo tono (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia e del deputato Giorgio La Malfa).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Presidente, pochi istanti fa, la collega Armosino ci faceva sapere che con le tasse previste in questa manovra finanziaria togliamo la spinta all'economia.
Vorrei, seppur molto brevemente, fornire alcuni dati per far capire a questa Assemblea - ma soprattutto al paese -, quanto cinque anni di Governo Berlusconi hanno significato per l'economia dell'Italia. Tra il 1997 ed oggi sono stati accumulati due punti in più nel rapporto deficit-PIL. La spesa corrente è aumentata di 2 punti e mezzo in rapporto al PIL. Quest'anno, nel 2006, l'avanzo primario è scomparso e, per la prima volta, esso ha un valore negativo.
Mi piacerebbe che tutte queste cose fossero definite, in qualche modo, come propaganda; ma sono, invece, la realtà diPag. 68questo paese. E noi abbiamo commesso l'ingenuità - la definirei quasi una misura di signorilità da parte nostra - di non aver voluto drammatizzare questa realtà.
Colleghi dell'opposizione, la nostra idea, che perseguiamo con convinzione, è quella di un paese normale dove c'è un confronto politico normale. Ma questa, che è la nostra idea, non è la vostra: da qui nasce la difficoltà, perché non ci sono regole di gioco comuni. L'abbiamo visto e misurato troppe volte in questi mesi di legislatura. Noi qui giochiamo una partita con regole diverse. E non si può giocare una partita con una squadra che usa le regole del calcio e l'altra che usa le regole del rugby.
Ho ascoltato con attenzione le parole del collega Leone. Voi siete ansiosi di esaminare da subito il disegno di legge finanziaria. Benissimo: noi siamo qui per fare questo, ed è facile dimostrarlo. È facile dimostrare come, a differenza vostra, dopo cinque anni, il Parlamento torna ad avere un ruolo. Come erano fatte le vostre leggi finanziarie? Mi riferisco alle vostre cinque leggi finanziarie, di cui quattro a firma del Presidente Tremonti, che in questo momento presiede l'Assemblea. Il vostro primo testo era di comodo, un testo finto. A settembre, proponevate un testo che sapevate non contenere una parola di verità. Costringevate l'Assemblea a discutere di questo testo finto, presentavate un maxiemendamento e su questo maxiemendamento ponevate la questione di fiducia.
Lei, signor Presidente, oggi ha definito la posizione della questione di fiducia su una manovra finanziaria come un esproprio...
PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la prego di attenersi ad una elementare regola di correttezza parlamentare, data la funzione che in questo momento...
GIANCLAUDIO BRESSA. Ha perfettamente ragione: chiedo scusa, signor Presidente.
PRESIDENTE. La ringrazio. Se lei vuole proseguire l'intervento con un'altra Presidenza, le sono grato...
GIANCLAUDIO BRESSA. Nella maniera più assoluta: mi fido assolutamente della sua capacità di presiedere e mi scuso per aver mancato in questa mia espressione.
Dicevo che molti di voi, esponenti della maggioranza, hanno definito la posizione della questione di fiducia su una manovra finanziaria come un esproprio della democrazia. Ma voi avete espropriato per 13 volte la democrazia in cinque anni, perché per 13 volte avete approvato la legge finanziaria ricorrendo al voto di fiducia. Questa è stata la regola delle vostre leggi finanziarie.
Noi, invece, oggi abbiamo presentato una manovra vera, fatta di numeri veri. Al riguardo, vorrei aprire una brevissima parentesi, sempre rivolgendomi alla collega Armosino. Con riferimento alla cosa che ha prodotto tanto scandalo, ossia alla questione del senatore Pallaro, vorrei che tutti voi rifletteste sul fatto che, nel disegno di legge finanziaria, i 14 milioni di euro c'erano. Nel disegno di legge finanziaria approvato dal Consiglio dei ministri quei 14 milioni erano già presenti! L'emendamento fornisce lo strumento tecnico per poterli spendere. Allora, anche nella logica e nella forza polemica che utilizzate, cercate almeno di avere informazioni sicure! Perché una polemica fatta su dati falsati è una polemica che vi si ritorce contro.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 14,25)
GIANCLAUDIO BRESSA. Credo che le parole che avete usato in questa sede contro i rappresentanti degli italiani all'estero lasceranno il segno e, probabilmente, vi accorgerete di avere commesso un grande errore.
Come dicevo, abbiamo predisposto un disegno di legge finanziaria con numeri veri, con scelte vere, che possono essere anche dolorose. Infatti, non si vara una manovra di oltre 34 miliardi potendo e volendo accontentare tutti.
Quest'oggi ci avete ripetuto più volte: «Avete scontentato tutti!». Questa è laPag. 69vostra teoria. Non ripeto ciò che altri hanno detto: tutti scontenti, allora la manovra è giusta. Non sono contento e non provo alcuna soddisfazione a misurare il livello di contestazione verso questa manovra. Mi piacerebbe poter dire, come ha fatto un grande poeta, che le finanziarie sono fatte della materia di cui sono fatti i sogni: ma così non è. Dico, più semplicemente, che questa manovra oggi dispiace a molti, perché è fatta di scelte dure, ma necessarie. È una finanziaria vera, perché segna un nuovo inizio per il paese, in cui parole e scelte, intenzioni e fatti, come responsabilità, equità e sviluppo, tornano ad avere un significato.
Responsabilità: uno degli aspetti più importanti della manovra consiste proprio nel suo carattere strutturale di correzione del deficit. Il totale delle misure correttive del disavanzo adottate dal Governo per il 2007 è dell'1,8 per cento del PIL, più del doppio rispetto allo 0,8 per cento ipotizzato dal Governo Berlusconi per l'anno 2007.
L'avanzo netto degli interessi sul debito, che era stato praticamente azzerato dal precedente Governo, salirà al 2 per cento. Di conseguenza, il rapporto debito-PIL interromperà la crescita di questi due ultimi anni.
Per quanto riguarda la questione dell'equità, la riforma dell'IRPEF, il patto per la salute, l'ammodernamento degli ospedali, il fondo per la non autosufficienza e per l'infanzia, solo per citare le iniziative più significative, sono misure che, pur nel rigore di una manovra dura, danno il senso dell'equità e della giustizia.
Le risorse per lo sviluppo (7 miliardi per il 2007 e 19 miliardi di euro nel triennio) stanno a significare la volontà di far riprendere il cammino a questo paese. La riduzione del cuneo fiscale per 2 miliardi e mezzo di euro sta a significare, in maniera plastica, il collegamento reale, il nodo di congiunzione tra equità e sviluppo. Questa è la manovra di cui stiamo discutendo. Tutto questo è troppo arido per far sognare il paese? Forse è vero: tutto ciò non si è tradotto in un messaggio che fa sognare gli italiani. Ma tutto ciò è quanto era ed è necessario fare per mettere il paese e gli italiani in condizione di avere la speranza di sognare ancora. Era quello che era necessario fare, e noi lo abbiamo fatto: adesso, è in discussione in Parlamento, e ci piacerebbe davvero poterlo confrontare con voi.
Per troppo tempo abbiamo assistito ad atteggiamenti ambigui da parte vostra. Dite che volete discutere il disegno di legge finanziaria: benissimo, siamo qui! Tra qualche minuto vedremo la vostra disponibilità a fare questo.
Le democrazie parlamentari servono per garantire in Parlamento un confronto alto sulle scelte di fondo per un paese. Non dipende dalle leggi rianimare le fedi che si estinguono; ma dipende dalle leggi interessare gli uomini al destino del loro paese. Questa è la storia di una vera democrazia parlamentare.
Mi chiedo, oggi, in quest'aula: ma voi siete davvero interessati al destino di questo nostro paese? Oppure, piuttosto, siete preoccupati di rianimare la fede un po' scossa in voi stessi? Siete disposti a discutere: benissimo! Lo ripeto ancora una volta: tra qualche istante, vedremo l'affidabilità di queste vostre parole. Perché questo disegno di legge finanziaria si può modificare come noi - la maggioranza in Parlamento - stiamo dimostrando di potere e di voler fare.
Ma voi - e questa è la realtà - non siete interessati a modificare il disegno di legge finanziaria. Voi volete fare cadere il Governo Prodi. Non vi interessano la regolarità dei conti, la responsabilità, l'equità e lo sviluppo; vi interessa solo la spallata al Governo Prodi. Ma vi sbagliate, perché ciò non avverrà. Noi siamo sicuramente una maggioranza articolata, potremo dire una maggioranza complessa e, se volete, anche una maggioranza complicata. Ma siamo maggioranza, convinti e determinati di continuare ad esserlo per i prossimi quattro anni e mezzo.
Da qui nasce la vostra ossessione sul voto di fiducia: voi - lo ripeto ancora una volta - che in cinque leggi finanziarie lo avete usato ben 13 volte! Noi non vogliamo porre la questione di fiducia suPag. 70questa manovra finanziaria, in primo luogo, perché non è una necessità politica di questa maggioranza; in secondo luogo, perché crediamo nel Parlamento e nella sua capacità di emendare anche le manovre più complesse.
Siete voi che avete bisogno che venga posta la questione di fiducia, perché non avete un'idea alternativa condivisa su cosa fare di questa finanziaria. Infatti, come ha detto l'onorevole Casini, ci sono due opposizioni: una che guarda alla piazza e l'altra che sta in Parlamento. Il problema è vostro; non è un problema politico di questa nostra maggioranza di Governo.
Il problema è vostro perché è più facile e, in qualche modo, più comodo e più popolare galleggiare sull'onda della protesta, piuttosto che confrontarvi con noi, qui, in Parlamento sulle scelte di responsabilità, di equità e di sviluppo che abbiamo operato. Perché - lo ripeto - l'unica idea che avete in testa è che, dopo sei mesi, bisogna rovesciare Prodi e il suo Governo.
Per questo vi siete «annegati» in migliaia di emendamenti e sono curioso di vedere quale fine faranno e quale sarà il vostro comportamento. Per questo ripetete ossessivamente: «guai alla fiducia».
Diversamente da voi, siamo convinti che il nostro paese sia profondamente cambiato, ma che non abbia ancora trovato la via giusta perché il «nuovo» si affermi veramente. Il nostro paese ha bisogno di ritrovare, al di là del cinismo opportunistico, al di là dello stesso realismo, una nuova misura della politica. L'idea è che - come ebbe a dire Moro nel 1968 - una legge morale tutta intera, senza compromessi, abbia infine a valere e dominare la politica, perché essa non sia ingiusta, neppure tiepida e tardiva, ma intensamente umana.
Noi ci stiamo provando, restituendo una dimensione politica alta e vera (e quindi, oggi, per questo scomoda) anche alla legge finanziaria. Noi ci stiamo provando, voi no (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.
(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 1746-bis e A.C 1747)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore sul disegno di legge n. 1746-bis, onorevole Ventura.
MICHELE VENTURA, Relatore sul disegno di legge n. 1746-bis. Signor Presidente, la prima questione che intendo affrontare riguarda la buona notizia portata dall'onorevole Leone, cioè la presentazione di numero limitato di emendamenti e l'interesse a confrontarsi in Parlamento. Ciò consentirà alla Camera di approvare la manovra finanziaria senza presentare la questione di fiducia, dopo anni.
Ne parlo seriamente, in quanto durante la passata legislatura abbiamo avuto una maggioranza con un margine di più di cento deputati rispetto all'opposizione e, negli ultimi anni, abbiamo assistito non solo a voti di fiducia su testi sconosciuti, ma ad una procedura di presentazione di maxiemendamenti, testi sconosciuti al Parlamento, su cui veniva posta la questione di fiducia.
La serietà avrebbe voluto che un'eventuale discussione - se l'opposizione avesse voluto essere incalzante su tale aspetto - vertesse sul fatto se, oggi, le regole che stanno alla base del «rito» della sessione di bilancio siano adeguate. Avremmo potuto discuterne seriamente. Quando, però, si parla dell'ipotesi di presentare la questione di fiducia sulla finanziaria e si grida che ciò è un esproprio della democrazia parlamentare, non solo dobbiamo ricordare che negli ultimi tre anni della legislatura del centrodestra vi è stato il voto sulle questioni di fiducia, ma intendiamo prendere molto sul serio questa sfida e faremo di tutto per non porre la fiducia sulla finanziaria.Pag. 71
La seconda osservazione è rivolta in particolare al signor ministro, approfittando della sua presenza e del fatto che, a breve, replicherà. Comprendiamo la situazione in cui ci siamo trovati, in cui il Governo ha dovuto riscrivere parti importanti della manovra finanziaria. Mi riferisco a quanto abbiamo potuto ascoltare in Commissione, relativamente al patto di stabilità, all'IRPEF (altre misure arriveranno) utilizzando il sistema (al di là di ciò che ha comportato per il lavoro della Commissione bilancio), di mettere a conoscenza il Parlamento di testi veri. Il mio invito è che, di qui a poche ore, le parti che dovranno essere modificate siano messe a conoscenza della Camera dei deputati e che si abbia, dall'inizio della lettura del disegno di legge finanziaria, un quadro complessivo e generale di conoscenza.
In terzo luogo, non condivido l'osservazione di molti colleghi dell'opposizione, cioè il ragionamento sulla base del quale ci saremmo potuti limitare soltanto a correggere i conti pubblici, quindi alla correzione del deficit. Sappiamo benissimo che, oltre ai 14 miliardi di correzione, ve ne erano altri cinque o sei obbligatori (cioè le grandi opere non finanziate), e che si è deciso, oltre a coprire queste esigenze per non bloccare la realizzazione delle grandi opere, di compiere un'operazione che riguardasse l'equità e lo sviluppo, nella misura possibile, data la condizione dei conti. Su ciò rimane il nostro apprezzamento convinto.
In quarto luogo, infine, dal dibattito generale sul piano delle riforme è emersa una particolare sottolineatura, che faccio mia (in quanto la considero un aspetto fondamentale), in merito alla riforma della pubblica amministrazione, in termini di efficienza, qualità, risposte ai cittadini, centralità del cittadino rispetto a tutti i processi che riguardano la pubblica amministrazione, cittadini e imprese. Si deve avere chiaro che questo è il proseguimento che darà, ulteriormente, credibilità al Governo, alla sua maggioranza ed alla manovra finanziaria che approveremo, perché sullo snodo della riforma della pubblica amministrazione passa gran parte dell'ammodernamento del paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore sul disegno di legge n. 1747, onorevole Piro.
FRANCESCO PIRO, Relatore sul disegno di legge n. 1747. Signor Presidente, la mia replica sarà molto breve e si concentrerà su quattro punti. Vi è un primo tema su cui si sono soffermati molti degli intervenuti nel dibattito, ma che è emerso con forza durante tutto l'iter dei documenti finanziari e di bilancio, cioè quello della sostenibilità, dal punto di vista parlamentare, degli attuali meccanismi che presiedono alla formazione, all'esame ed all'approvazione del disegno di legge finanziaria.
Vi sono questioni di fondo che, qui, non è possibile esaminare, tra cui l'attuazione del federalismo fiscale, come previsto dal Titolo V della Costituzione, e la governance complessiva della finanza pubblica.
Vi sono, però, questioni che ineriscono strettamente al lavoro del Parlamento, alla formazione della legge, che devono trovare spazio e modalità per un'ampia riflessione. Credo che una riforma s'imponga ed il Governo ed il Parlamento debbano impegnarsi in tale direzione. Su ciò dovrebbero misurarsi le forze politiche, piuttosto che su una sterile riproposizione di polemiche, spesso ingiuste e ingenerose, soprattutto se riferite al lavoro della Commissione bilancio, polemiche parametrate sui giri d'orologio.
Vi è poi la questione che attraversa tutto il dibattito e che si potrebbe definire dell'eredità (quella lasciata dal precedente Governo). Le considerazioni, gli attacchi e le difese sono chiaramente tutte legittime ed appartengono alla normalità di un dibattito politico. Vi è, tuttavia, una forza, direi una razionalità dei numeri, che non può essere né nascosta né rimossa, perché influenza grandemente lo stato delle cose presenti e determina la necessità di interventi robusti per il riequilibrio dei conti, ma più ancora per il recupero degli squiPag. 72libri sociali esistenti nel paese, per il sostegno alla crescita economica ed allo sviluppo.
Tutti gli indicatori finanziari degli ultimi cinque anni sono drasticamente peggiorati. Le spese correnti assorbono ormai più del 90 per cento delle spese del bilancio dello Stato. Il debito pubblico è salito a 2 mila miliardi di euro. Il servizio del debito pubblico richiede, oggi, circa 70 miliardi all'anno, il valore di quattro manovre finanziarie di media consistenza.
Il giudizio delle agenzie di rating, come è noto, si fonda su una valutazione condotta, principalmente, sui conti consuntivi e sui consolidati. L'abbassamento del rating dell'Italia, operato da due agenzie, non può che essere conseguenza, dunque, essenzialmente dello stato dei conti pubblici e delle dinamiche economiche fin qui registratesi.
Il giudizio sul futuro, peraltro, è sempre abbastanza aleatorio al punto che una terza agenzia, Moody's, ha ritenuto di mantenere il rating e di aspettare nel formulare un giudizio per il futuro.
Il perseguimento degli obiettivi individuati dal Governo e dalla maggioranza ha richiesto uno sforzo imponente. Vi è, è vero, l'aumento delle entrate, ma vi è anche una sensibile riduzione delle spese e, soprattutto, l'avvio di processi virtuosi di contenimento dei costi.
Vi è stata una curiosa contraddizione da parte dell'opposizione intervenuta in questo dibattito: da una parte, si è evidenziato l'assenza di sforzi per contenere e ridurre la spesa pubblica, particolarmente quella dello Stato; dall'altra, si sono avanzate critiche feroci ai tagli che, a dire dell'opposizione, si sono operati sulle spese e sulla pubblica amministrazione. Tra questi è stato criticato molto il fatto di avere inciso sugli stanziamenti dei Ministeri con un meccanismo che, nella versione attuale, ritengo del tutto equilibrato e rispettoso delle prerogative del Parlamento. Avere scelto la soluzione dell'accantonamento e dell'indisponibilità di una parte degli stanziamenti non è una mera innovazione lessicale rispetto ai tradizionali tagli. Risponde, invece, all'esigenza di una maggiore flessibilità sulle riduzioni da operare che verranno commisurate alle effettive esigenze dei vari rami dell'amministrazione.
Ci sono state polemiche vibranti, riproposte anche in Assemblea, sulle risorse stanziate in bilancio a favore degli uffici scolastici regionali. Si accusa il Governo di voler penalizzare soprattutto il nord, ma la lettura fatta dell'elenco consegnato dal Governo è molto parziale. Quell'elenco contiene solo le categorie, per ogni unità previsionale di base, toccate dal disposto dell'articolo 53 e non certo l'insieme degli stanziamenti. La lettura degli stanziamenti globali previsti per ogni unità previsionale di base - alla quale, ricordo, corrisponde nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione un ufficio scolastico regionale - offre, invece, un quadro molto diverso. Infatti, innanzitutto, c'è una crescita degli stanziamenti rispetto al 2006, poi, c'è un'equanime distribuzione delle risorse sul territorio in funzione della popolazione scolastica e non solo degli abitanti per regione.
In conclusione, credo di poter affermare che la manovra finanziaria assume la piena consapevolezza della gravità della situazione, ma esprime un'ancora maggiore determinazione nel perseguire gli obiettivi individuati. È stata posta una sfida alta, una sfida che occorre vincere nell'interesse del paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, la manovra ritorna in aula, dove l'avevo presentata il 3 ottobre scorso. In questo mese, si è svolto un dibattito ampio nel paese con interlocutori multipli (gli stessi interlocutori della concertazione avvenuta prima dell'approvazione della legge finanziaria da parte del Governo), un dibattito in Parlamento ed anche un dibattito in seno allo stesso Governo. La manovra finanziaria è sempre un oggetto complesso che giunge in Consiglio deiPag. 73ministri pochi momenti dopo essere stata completata ed è un oggetto con il quale si deve acquistare familiarità. È sempre stato così ed è stato particolarmente così questa volta, perché è la finanziaria di un primo anno di legislatura e perché eredita una situazione difficile: l'Italia è posta sotto la procedura di deficit eccessivi della Commissione europea da più di un anno ed il Governo è entrato in funzione in vigenza di tale procedura. È un oggetto complesso, anche perché si propone obiettivi multipli che, fin dal momento della presentazione del documento di programmazione economico-finanziaria, sono stati riassunti nella terna di obiettivi e valori rappresentata dallo sviluppo, dal risanamento e dall'equità.
Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno partecipato a questo dibattito, fin da quando ho presentato il disegno di legge finanziaria all'inizio di ottobre. In quell'occasione ho detto io stesso che la legge finanziaria è un oggetto imperfetto e che il fatto che la procedura parlamentare in Italia, diversamente da quella di altre democrazie, dia uno spazio importante al Parlamento, prevedendo la possibilità di modifiche, deve essere visto come un fatto positivo, proprio perché vi sono imperfezioni che possono essere corrette.
Prima ancora del Parlamento, vorrei ringraziare in questa sede il Governo e i colleghi di Governo, perché questa è una finanziaria difficile anche per loro; infatti, la familiarità con tale legge probabilmente non era ancora compiuta quando sono intervenuto in quest'aula il 3 ottobre scorso. Se questa è una finanziaria che chiede sforzi e sacrifici, li chiede innanzitutto ai rappresentanti dei diversi dicasteri, che vorrei ringraziare per la comprensione, che hanno avuto, vista la loro necessità di partecipare a questo sforzo.
Inoltre, vorrei ringraziare il Parlamento perché, sia nel dibattito svoltosi in aula in questi giorni, sia nella fase di discussione in Commissione, ha aiutato a comprendere meglio il contenuto del disegno di legge finanziaria, ponendo le basi per apportare alcuni miglioramenti.
Ora, dopo un mese, si può stilare un primo consuntivo non solo del dibattito parlamentare, ma anche del più ampio dibattito svoltosi nelle varie sedi ricordate in precedenza; è un consuntivo migliore, anche perché la manovra è meglio conosciuta, quindi i giudizi di oggi sono più informati, più documentati di quelli del 3 ottobre, allorché sono venuto qui a presentare il disegno di legge finanziaria.
Ho paragonato la manovra finanziaria ad un edificio, che consta di fondamenta, di muri maestri, di tramezzi e di stucchi. Tale immagine mi sembra ancora adesso utile quale rappresentazione della gerarchia di importanza delle questioni che si possono giudicare o mettere in discussione.
Credo che il dibattito svolto fin qui confermi che, se si guarda alle fondamenta e ai muri maestri, questa manovra consegue alcuni obiettivi fondamentali. Il primo è quello di correggere i nostri conti pubblici. Ciò avviene attraverso una sola legge finanziaria e in modo strutturale, sgombrando il campo dalla preoccupazione di un'emergenza finanziaria per tutta la legislatura e producendo una situazione di tranquillità sia nei confronti degli organismi internazionali sia nei confronti dei mercati.
Prova ne è il fatto che, quando due agenzie di rating hanno abbassato la loro valutazione sul debito italiano - abbassamento che era stato annunciato prima ancora che il disegno di legge finanziaria fosse conosciuto -, i mercati non si sono mossi. Ciò significa che l'attuale situazione dei mercati è di tranquillità.
Il secondo obiettivo che si raggiunge attraverso la presente manovra è quello di rimettere in moto lo sviluppo economico, creando le condizioni affinché la ripresa diventi una crescita prolungata. A tale proposito, si cita in primo luogo il cuneo fiscale, che assicurerà al sistema delle imprese un miglioramento di competitività che non si registrava da molti anni. Tuttavia, occorre ricordare anche che, in maniera meno vistosa, ma forse più vitale, la manovra permette di finanziare alcuni settori fondamentali per il funzionamentoPag. 74dello Stato. Ricordo ancora una volta i cantieri per la creazione di nuove infrastrutture e le Ferrovie dello Stato. È facile immaginare in quale condizione ci troveremmo oggi se questa rimessa in moto del meccanismo stesso dell'economia, prima ancora che del suo sviluppo, non ci fosse stata.
Inoltre, la manovra assicura risorse a settori cruciali dello Stato, essenziali per il funzionamento non solo dell'economia ma della società - penso alla giustizia ed agli ambiti di responsabilità di quasi tutti i ministeri -; destina nuove risorse all'innovazione ed alla ricerca in un'entità che non sarebbe stata possibile senza le misure previste; realizza importanti interventi nel Mezzogiorno, che mancavano da anni.
Altro risultato raggiunto è la promozione della coesione sociale e la destinazione di risorse al sollievo dei più deboli. Ciò è necessario perché l'Italia, come è stato ricordato più volte, è uno dei paesi dove le diseguaglianze sociali si sono allargate nel corso degli anni; ma è altresì necessario perché, nel momento in cui si compie un'opera di risanamento che deve destinare una parte delle risorse al riequilibrio dei conti pubblici, occorre che questo sforzo sia accompagnato da misure di sollievo per coloro per i quali esso sarebbe altrimenti troppo gravoso.
Un ulteriore risultato raggiunto è il rispetto degli impegni internazionali; non si tratta solo di un risultato economico: un paese che non rispetta i propri impegni internazionali è un paese che non conta, che non si può esprimere, verso il quale non si ha rispetto e che, alla fine, rischia di non avere rispetto di se stesso. Tale tipo di rischio è stato eliminato con una sola manovra.
Infine - aspetto fondamentale, che ritengo sia destinato ad essere riconosciuto in modo sempre più chiaro -, la manovra avvia un importante processo di riforme in alcuni campi fondamentali dello Stato, della vita pubblica italiana e dell'economia. Li cito senza entrare nei dettagli perché, altrimenti, il mio intervento diverrebbe troppo lungo: si opera una trasformazione importante nel settore della sanità, compiuta in condizioni nelle quali si aprono prospettive nuove per lo sviluppo del servizio sanitario.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 14,52)
TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Nel contempo, si blocca quasi del tutto la crescita della spesa in termini nominali; anzi, addirittura la si diminuisce leggermente nel 2007 rispetto al 2006, dopo che per anni era cresciuta a tassi annui vicini al 6 per cento. Inoltre - sembra quasi incredibile riferirlo -, la manovra realizza ciò in pieno accordo con il sistema delle regioni. Ricordo che tale sistema è evidentemente governato da diverse parti politiche ed esso, nella sua interezza, ha concorso al nuovo patto sulla salute: non è una questione di parte politica; è una questione di rapporti tra il Governo centrale ed i governi locali.
Quindi, si avvia in maniera significativa l'attuazione di un vero federalismo fiscale. Essa non era avvenuta nella legislatura passata, nella quale si era deciso, invece, di concentrarsi su una ripresa della fase costituzionale della definizione del federalismo italiano; scelta del tutto legittima ma che, di fatto, ha arrestato lo sviluppo delle potenzialità che erano insite nella riforma del Titolo V...
PIETRO ARMANI. Sciagurata!
TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. ...che era stata realizzata nella legislatura precedente. Rispetto a quella riforma si erano, anzi, addirittura compiuti alcuni passi indietro, restringendo gli spazi di autonomia e di responsabilità dei governi locali. In tal caso, sono state attuate quasi per intero le richieste e le istanze che il sistema dei governi locali - un sistema evidentemente composito dal punto di vista delle maggioranze politiche - aveva avanzato fin dal mese di giugno.Pag. 75
Il federalismo fiscale è un aspetto fondamentale della Costituzione di un paese; avere attuato attraverso la legge finanziaria gli elementi essenziali del federalismo fiscale rappresenta una riforma profonda che, a mio avviso, va valutata in tutto il suo valore.
Infine, si attua un principio di riforma in molti apparati pubblici, del Governo al centro e attraverso le sue strutture territoriali; voi stessi in questo momento potete valutare quanto la riforma sia profonda dal fatto che essa causi anche comprensibili reazioni e resistenze. Effettivamente, dopo avere per alcune settimane lamentato l'assenza di elementi di riforma, adesso se ne lamenta invece la presenza.
Credo che questi cinque risultati che la manovra realizzerà, se sarà approvata così come essa si presenta nelle sue linee fondamentali, siano notevoli; della loro importanza e del loro valore ci renderemo conto sempre di più nel corso dei prossimi mesi.
Questo è l'impianto fondamentale della manovra e quanto il Documento di programmazione economico-finanziaria annunciava. Esso non indicava cifre e misure precise, ma dava grandi cifre e la composizione degli interventi che si sarebbero dovuti attuare nei grandi comparti da cui origina la spesa pubblica. La manovra ha tenuto fede a quell'impegno.
Naturalmente, si può sempre immaginare una costruzione astratta ancora più bella di quella concreta, ma spesso le costruzioni astratte non passano al vaglio dell'approvazione del Governo o dell'approvazione parlamentare e può anche darsi che, se si prova a costruirle, crollino miseramente.
Certo, è vero che una legge finanziaria non può fare tutto; questa legge finanziaria è solo la prima della legislatura. Probabilmente, non dico che abbiamo forzato, ma abbiamo sfruttato al massimo le potenzialità di riforma che la legge finanziaria consente, attraverso norme che generano cifre, tant'è che anche nella discussione che si è svolta nella Commissione parlamentare, se qualche rilievo è stato mosso, era rivolto al fatto di avere usato lo strumento della legge finanziaria fino ai limiti della sua utilizzabilità.
Vorrei aggiungere ancora una considerazione: tutto ciò è stato fatto non sotto l'impulso di una crisi, in atto o temuta. Sono stato ieri a Bruxelles alle riunioni Ecofin e nell'eurogruppo si è svolta una lunga discussione sulle esperienze delle riforme strutturali nei diversi paesi. Mi ha colpito il fatto che quasi tutti i ministri, non solo quelli dei paesi che hanno incontrato serie difficoltà finanziarie, abbiano affermato che le riforme strutturali si riescono a fare quasi solo in condizioni di crisi. Solo in quel momento, infatti, sorgono il consenso e la volontà politica necessari per approvarle, e senza il consenso - anche questo è un elemento interessante, perché ci sarebbe chi desidera che le riforme strutturali siano fatte contro tutti e contro la volontà di tutti - le riforme strutturali non si possono realizzare.
Bene, questa manovra finanziaria, con le caratteristiche che ho descritto, è stata adottata fuori da un contesto di crisi; fuori dal contesto drammatico in cui si trovava l'Italia del 1992, fuori dall'incubo di essere esclusi dall'Europa nel quale ci trovavamo nel 1996-1998. Essa è stata adottata sotto un impulso di razionalità e di ambizione sul futuro del paese, che è qualcosa di molto più nobile, secondo me, di una crisi.
Certo, essa richiede un impegno gravoso. Un compromesso - si dice - è una soluzione che scontenta un po' tutti. Ciò è senz'altro vero e credo che in ogni negoziato e in ogni ricerca di consenso si possa riscontrare questo elemento. Dobbiamo però ricordare che il compromesso rappresenta comunque una soluzione.
Se in questo momento vi sono manifestazioni di critica e di sofferenza, perfino nel Governo, che rilevano anche aspetti che potevano essere formulati in maniera migliore, credo che ciò sia il segno del fatto che si tratta di un compromesso valido e di una soluzione del problema per la quale ciascun ministro ha riconosciuto che vi era un'esigenza comune più forte diPag. 76quella di cui era singolarmente portatore, per il suo specifico campo di responsabilità.
Del resto, dal 3 ottobre ad oggi, i «fuochi», che si erano accesi immediatamente dopo la presentazione del disegno di legge finanziaria, si sono spenti uno dopo l'altro. Si è «spenta» la questione riguardante le risorse destinate ai comuni. Si è chiusa con un accordo firmato da Confindustria, confederazioni sindacali e Governo la questione del TFR. Si è chiuso con un accordo il problema della disponibilità e dell'entrata in vigore in tempi certi del contratto per il pubblico impiego. Si è aperto il discorso sull'avvio della previdenza integrativa e quello sulla parte normativa del contratto del pubblico impiego, che accompagnerà quella economica. Questi elementi positivi si aggiungono agli accordi, già precedentemente presi, di riaprire la discussione sulle pensioni.
Ho enumerato e discusso le principali critiche mosse alla manovra finanziaria quando ho incontrato i giovani industriali a Capri, il 7 ottobre scorso. Non ho il tempo di riprenderle una per una, tuttavia credo che chiunque abbia la pazienza di ascoltare le argomentazioni in un dibattito che non sia quello dei 10-15 secondi a disposizione in televisione prima di essere interrotti possa constatare che le osservazioni principali hanno argomentazioni solide e meritevoli di essere considerate.
Sono emerse critiche anche nel corso di questo dibattito e vorrei riprendere alcuni dei punti emersi nella discussione alla quale sto replicando. Non posso ricordarli uno per uno e mi limito a citarne alcuni.
Da parte dell'opposizione è stata obiettata la validità della dimensione complessiva dalla manovra. È stato osservato che essa non avrebbe effetti strutturali e che Bruxelles non l'avrebbe «promossa». È stata lamentata l'insufficienza degli interventi riguardanti il Mezzogiorno. È stata ripresa la critica riguardante le misure del trattamento di fine rapporto. Questi sono solo alcuni dei punti principali sollevati negli interventi dell'opposizione. Da parte della maggioranza è stato fatto rilevare che forse non si fa a sufficienza a favore del precariato; è stato osservato che sarebbe stato necessario fare di più per la scuola e per l'università. Su ognuno di questi punti potrei dilungarmi, ma non lo farò per non abusare del vostro tempo. Quindi, mi limito a poche osservazioni.
In merito alla dimensione complessiva della manovra, se avessimo ipotizzato ad un importo minore non avremmo potuto fare altro che destinare risorse inferiori a quei settori della spesa che, grazie proprio all'entità dell'intervento finanziario, vengono rialimentati. Li ho già citati in precedenza: si tratta del cuneo fiscale, delle infrastrutture, della ricerca, dello sviluppo, degli interventi sociali, dell'intervento in Libano e del rinnovo del contratto del pubblico impiego.
Sarebbe stato impossibile presentare una manovra superiore ai 15 miliardi, che costituivano il minimo indispensabile per rispettare gli impegni con l'Unione europea, e destinarne una cifra inferiore a questo scopo. Se avessimo fatto una manovra da 20 miliardi, anziché da 34,8, decidendo di destinarne soltanto 10 al risanamento, la credibilità dell'Italia sarebbe precipitata. Si sarebbe detto: «Ma come, avete raccolto queste risorse e quindi il vostro primo dovere è quello di destinarle al risanamento e agli impegni sottoscritti non da questo Governo, ma da quello precedente». Quindi, tutto quello che è stato fatto al di sopra dei 15 miliardi necessari per rispettare gli impegni europei si giustifica o meno in relazione a come viene impiegato.
Penso che il dibattito parlamentare in teoria potrebbe indicare linee diverse; tuttavia dovrebbe segnalare quali spese, le cui risorse sono state raccolte in eccedenza alle esigenze del risanamento, possano essere omesse o cancellate.
In questo momento il dibattito non è contrassegnato dal desiderio di ridurre gli stanziamenti; piuttosto è contrassegnato dalla comprensibile critica per il fatto che le risorse sono insufficienti. Implicitamente questo dibattito rivela la richiesta per una manovra ancora più ampia di quella che abbiamo realizzato. Il dibattito è aperto; chi ha proposte da fare le faccia;Pag. 77per avere una manovra più ampia bisognerebbe ridurre certe spese per aumentarne altre o aumentare ulteriormente le entrate. Personalmente, sono convinto che la manovra che abbiamo presentato costituisca un punto di equilibrio, anche sotto questo punto di vista, e mi sembra che il dibattito di queste settimane lo confermi.
È stato detto che la manovra non ha carattere strutturale; non è questo il pensiero della Commissione europea, che rappresenta il primo giudice. Nelle previsioni economiche della Commissione, pubblicate il 6 novembre scorso, il deficit italiano rimane al di sotto del 3 per cento negli anni successivi al 2007 e fino al 2010 semplicemente per effetto di questa manovra. Se questo non è un carattere strutturale, mi domando cosa abbia carattere strutturale. Se si esamina quali delle misure contenute nelle ultime leggi finanziarie avessero ancora effetto dopo il secondo anno, si può verificare che nel caso di questa legge finanziaria mantengono il loro effetto il 90 per cento delle misure adottate; che nella legge finanziaria dello scorso anno la cifra era all'incirca dello stesso ordine di grandezza - fu una manovra strutturale anche l'ultima legge finanziaria della passata legislatura -, ma le precedenti leggi finanziarie, quelle che hanno annullato l'avanzo primario e ricreato il problema che abbiamo affrontato con questa manovra, avevano un tasso di sopravvivenza al secondo anno dell'ordine del 30 per cento: erano quindi eminentemente non strutturali.
Sul Mezzogiorno conoscete le misure e gli interventi previsti; mi limito a ricordarli. Innanzitutto, la misura del cuneo fiscale contiene un'articolazione che favorisce le imprese nel Mezzogiorno. Le risorse derivanti dalla non attuazione del ponte sullo stretto di Messina restano non solo nel Mezzogiorno, ma precisamente nelle zone contigue ai due estremi del ponte che si sarebbe voluto realizzare e sono destinate al miglioramento delle infrastrutture in quelle aree. Vengono destinate risorse al fondo delle aree sottosviluppate. Complessivamente, la nostra interlocuzione con i rappresentanti dei governi locali nel Mezzogiorno, indipendentemente dal colore politico, non dà indicazione che questa manovra finanziaria penalizzi il Mezzogiorno.
Sul TFR mi permetto di citare un articolo pubblicato oggi su Il Sole 24 Ore, a firma di Fabrizio Galimberti. Ve ne suggerisco la lettura: esso rappresenta il senso della manovra del TFR con una chiarezza e con un'efficacia di cui forse io stesso non sarei stato capace; sfido chiunque, dopo averlo letto, a rinnovare le critiche che sono state mosse a questa misura.
Esponenti della maggioranza hanno auspicato che si facesse di più per il precariato, per la scuola e per l'università. Siamo ancora una volta alla richiesta di una manovra di dimensioni maggiori; non vi è dubbio che in questi campi e anche in altri si sia fatto meno di quello che sarebbe stato auspicabile. Partivamo da una condizione in cui un limite più ampio di reperimento di risorse sarebbe stato impossibile.
Un'ultima critica riguarda una carenza di risposta alle domande: perché facciamo tutto questo? Qual è la missione che si persegue nel fare una manovra di queste dimensioni? L'obiettivo che oggi si persegue non è quello di evitare una crisi, di uscire da una crisi, di scongiurare una esclusione drammatica, quale sarebbe stata l'esclusione dal gruppo di paesi che hanno adottato l'euro, ma è l'obiettivo ambizioso della dignità, del ruolo e della condizione del paese, dignità e ruolo intesi non solo in senso economico, ma come elementi che attengono alla vita civile, alla vita collettiva e, per questa via, anche alla vita individuale. Ci troviamo di fronte a qualcosa che fa appello, per così dire, alla coscienza delle persone forse più di una crisi drammatica scatenata dal mercato dei cambi o dal mercato dei titoli. Si rimette in moto il paese, si rifiuta la mediocrità del declino economico e civile, si punta all'eccellenza, si ricompone la spesa pubblica, dalla spesa corrente alla spesa per investimenti e per il futuro, si guarda ai giovani e si vuole avere un paese che conti nelle sedi internazionali: questoPag. 78è il senso di una manovra economica che, ripeto, è spinta da una forma di ambizione sul futuro del paese, piuttosto che dall'ansia di recuperare o di evitare una crisi.
Per questo motivo, nella conclusione della lettera che il Presidente del Consiglio, Prodi, ed io firmammo in occasione della presentazione del documento di programmazione economico-finanziaria affermammo di essere convinti che il paese e gli italiani avrebbero capito. Capire è qualcosa di difficile e, nell'immediato, può costare uno sforzo. Ciò significa, tuttavia, anche saper separare la impopolarità immediata dalla serietà e dal rispetto che un Governo merita nel momento in cui compie scelte difficili e le propone al paese. Sono convinto che questo elemento fondamentale sia compreso e che la stessa impopolarità rappresenti il segno del fatto che si avverte la difficoltà, ma non si rifiuta lo sforzo. Perciò, sono persuaso del fatto che nelle sue linee fondamentali, quelle che ho definito come le fondamenta e i muri maestri, il disegno di legge finanziaria sarà approvato dal Parlamento - e da questa Assemblea nei prossimi giorni - e se, in alcuni suoi aspetti, subirà modifiche e miglioramenti, questi costituiranno il contributo positivo che proverrà dallo stesso Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur, Misto-Minoranze linguistiche).
PRESIDENTE. Il seguito dell'esame del disegno di legge di bilancio avrà luogo nel prosieguo della seduta.