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Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
(Intendimenti del Governo circa l'impegno delle truppe italiane nelle missioni internazionali di pace, con particolare riferimento alla presenza italiana in Afghanistan - n. 3-00426)
PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00426 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor ministro, i principali scenari internazionali sui quali sono impegnate le nostre forze militari sono in evoluzione. Il Presidente del Consiglio, Prodi, ha dichiarato l'altro giorno che la prossima settimana non saremo più presenti con forze militari in Iraq. Tuttavia, in Libano la situazione si è aggravata e si è rotta la tregua con gli hezbollah. In Afghanistan la situazione appare addirittura più seria, perché dall'inizio dell'anno sono quattromila i morti, soprattutto tra i civili. Proprio questa è la situazione in cui il presidente Bush, intervenendo ieri a Riga, avrebbe sferzato i paesi della NATO richiedendo una maggiore presenza militare, riferendosi apparentemente all'Italia.
Chiediamo al ministro qual è l'orientamento in questo momento del Governo, in particolare per quanto riguarda l'Afghanistan, anche alla luce del fatto che a gennaio quest'aula sarà chiamata a deliberare in merito al rifinanziamento di quella missione.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri Signor Presidente, credo che sia piuttosto semplice spiegare qual è l'orientamento del Governo. In Afghanistan abbiamo quasi 2 mila militari, Pag. 34per essere precisi 1.938 allo stato attuale. Tra i paesi della NATO siamo uno di quelli che contribuisce con il numero più alto di militari alla missione NATO in Afghanistan, su mandato delle Nazioni Unite. Tenderei ad escludere che il Presidente Bush o il Segretario generale della NATO volessero sferzare l'Italia. Mi sembra una polemica giornalistica dovuta ad un certo masochismo nazionale, secondo cui ci piace essere sferzati. Sinceramente non credo che vi sia alcun motivo di sferzare l'Italia che, a differenza di moltissimi altri paesi membri della NATO che in Afghanistan hanno una presenza puramente simbolica, si è impegnata e si impegna tuttora con un numero assai elevato di militari che garantiscono la sicurezza nella zona ovest di quel paese, nella provincia di Herat e in parte nella zona di Kabul.
Ritengo - e questa è l'opinione del Governo - che la presenza militare italiana in Afghanistan debba essere mantenuta. La mia opinione è che la comunità internazionale non può lasciare l'Afghanistan al controllo dei talebani, anche se questo richiederà una presenza significativa e per un tempo non breve in quel Paese.
A conclusione del vertice della NATO, proprio in queste ore, giunge la notizia che diversi paesi - che invece non avevano soldati in Afghanistan - sembrerebbero orientati ad inviare dei contingenti. È evidente che gli appelli hanno raggiunto i destinatari veri, che evidentemente non eravamo noi, ma quei paesi che i soldati non li hanno mandati.
Tuttavia, è anche evidente - lo dicono i dati, il deterioramento della situazione, l'aumento della violenza, del numero dei morti - che occorre un ripensamento della strategia complessiva; in particolare, appare evidente che in Afghanistan il risultato di stabilizzare il paese e le istituzioni democratiche di quel paese non può essere raggiunto soltanto attraverso l'azione militare e che occorre moltiplicare l'impegno civile, economico ed umanitario di tutta la comunità internazionale.
È un errore considerare l'Afghanistan una missione della NATO. La NATO svolge un'azione militare sotto mandato delle Nazioni unite, ma la stabilizzazione dell'Afghanistan è una missione dell'intera comunità internazionale. In questo senso, abbiamo avanzato la proposta di una conferenza internazionale per l'Afghanistan che coinvolga i paesi vicini e le istituzioni internazionali. Analogamente, il Presidente Chirac ha parlato di un gruppo di contatto che riprenda le fila di un'azione politica.
Dunque, permanenza del nostro contingente, ma rinnovata azione politica, perché solo con la forza delle armi non si ottiene né pacificazione né stabilità!
PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di replicare.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto della risposta del Vicepresidente del Consiglio. Vorrei soltanto ribadire la nostra richiesta di un costante monitoraggio sulla situazione che sembra volgere decisamente al peggio rispetto al passato.
È corretto immaginare che la forza delle armi non possa risolvere i problemi di quel paese. Quindi, ci auguriamo che il nostro paese svolga questo ruolo importante, come del resto abbiamo potuto dimostrare di saper fare in Libano, perché questi sforzi verso uno coinvolgimento, un intervento che sia più di natura politica che non di natura militare, possa giungere all'obiettivo che ci vogliamo prefiggere.