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Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative per la commemorazione nelle scuole italiane dell'anniversario dell'abbattimento del muro di Berlino - n. 2-00228)
PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00228 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
PAOLA FRASSINETTI. Onorevole Presidente, onorevole sottosegretario, l'interpellanza in trattazione si richiamano al 9 novembre quale «Giorno della libertà», istituito con legge 15 aprile 2005, n. 61. L'atto di sindacato ispettivo verte, in particolare, sul disposto del secondo comma dell'articolo 1 della legge citata, ai sensi del quale «In occasione del "Giorno della libertà", di cui al comma 1, vengono annualmente organizzati cerimonie commemorative ufficiali e momenti di approfondimento nelle scuole che illustrino il valore della democrazia e della libertà (...)». È proprio sulla diffusione nelle scuole, ai fini della conoscenza dell'evento, che si incentra l'interpellanza, rivolta, per tale motivo, al ministro della pubblica istruzione.
È evidente che, senza l'applicazione di questa parte della disposizione, senza la considerazione del riferito secondo comma, cade il senso concreto della ricorrenza di recente istituita. Infatti, attraverso l'educazione dei giovani, attraverso l'insegnamento nelle scuole (con riferimento ad uno degli eventi storici più importanti del secolo scorso), possiamo educare gli studenti e, soprattutto, possiamo far conoscere loro, con atteggiamento propositivo, un avvenimento che ha rappresentato, probabilmente, una delle più grandi conquiste di libertà del secolo scorso.
Le chiavi di lettura che possono essere collegate con questo evento sono proprio relativamente agli studenti e ai giovani. Basti pensare e ricordare le immagini di quei giorni, quando a Berlino le piazze e le strade intorno al muro erano piene di giovani e i giovani che adesso frequentano le scuole erano bambini e ragazzini: quindi esiste un ricordo ed una memoria diretta che vanno però spiegate. Le istituzioni devono svolgere in concreto questo ruolo.
Inoltre, un'altra importante chiave di lettura è proprio verificare come quel muro rappresenti una barriera e che mentre le fortezze, i castelli e i muri della storia venivano eretti per difendere il territorio ed i popoli, questo muro era innalzato per far sì che la gente ed il popolo non potessero avere la libertà di circolare e andare oltre questo muro. L'insegnamento, anche di attualità, chePag. 81oltre ad avere storicamente segnato la fine del comunismo e, conseguentemente, il crollo di un'ideologia, ha un'attualità specifica, perché può essere rivisitato in senso positivo, può far sì che sia rivisitata una parte di storia del nostro paese, che vede anche coinvolte molteplici forze politiche e di pensiero. Noi sappiamo che nel 1961 questo muro venne eretto nel silenzio e nell'indifferenza più assoluti. Si tratta quindi di spunti di approfondimento, spunti educativi che non risulta siano stati effettuati in base a circolari dirette ai dirigenti. Sappiamo che l'autonomia scolastica è tale proprio perché deve declinare sul territorio dei messaggi educativi, ma il Governo e le istituzioni in questo caso dovevano essere più incisivi, dare comunque delle indicazioni precise su tutto il territorio nazionale, perché questo è un evento e una ricorrenza da celebrare su tutto il territorio, ma che ha soprattutto nella diffusione nelle scuole di ogni ordine e grado - in particolare nelle medie superiori - il suo momento di valore simbolico e di insegnamento più alto. Senza questa attuazione la legge rimane soltanto un vuoto monito commemorativo che non va ad incidere nelle coscienze di una generazione che, entrando in un secolo nuovo - si spera libero e scevro da ogni ideologia di violenza - ha bisogno di una memoria che ci riporti a quei giorni non soltanto per stimolare la conoscenza ma anche e soprattutto per stimolare la coscienza.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Mario Lettieri, ha facoltà di rispondere.
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Come è noto, la legge n. 61 del 15 aprile 2005 ha dichiarato il 9 novembre «Giorno della libertà» in ricordo dell'abbattimento del muro di Berlino.
La legge istitutiva della giornata prevede al riguardo «momenti di approfondimento nelle scuole», che vanno definiti da ciascuna istituzione scolastica autonoma nell'ambito del piano dell'offerta formativa. Le relative azioni, infatti, rientrano nell'autonomia didattica che questo Governo ha scelto di potenziare e valorizzare.
Proprio per rispettare e valorizzare l'autonomia delle istituzioni scolastiche - che, ricordo, ha assunto rilevanza costituzionale con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 - non sono state emanate circolari ministeriali in occasione di altre ricorrenze analoghe.
Va da sé che i dirigenti scolastici e le singole comunità scolastiche, avendo conoscenza della legge, che ovviamente è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, sono pienamente legittimati a svolgere le iniziative ritenute più opportune per illustrare il significato della giornata istituita dalla legge stessa.
E, in effetti, da notizie acquisite attraverso contatti ed interlocuzioni con gli uffici scolastici periferici, il Ministero era ed è a conoscenza che le scuole avevano ed hanno organizzato e predisposto, ciascuna nella propria competenza, momenti di riflessione, di studio, di confronto e di approfondimento sulla caduta del muro di Berlino e sui valori della democrazia, della libertà, nel rispetto della persona e della convivenza.
Pertanto, il Ministero della pubblica istruzione, nel rispetto della piena autonomia delle scuole ed in coerenza con l'orientamento assunto in analoghe circostanze, si è astenuto dall'emanare la rituale circolare, ma non ha trascurato di seguire le iniziative delle scuole stesse per la ricorrenza.
D'altra parte, voglio ricordare all'onorevole Frassinetti - che ringrazio per aver posto in quest'aula il problema - che anche lo scorso anno l'allora ministro Moratti emanò una specifica circolare per richiamare l'attenzione sulla celebrazione.
Ogni iniziativa che sarà adottata a livello di singola scuola è la benvenuta e credo che si inserisca bene nel quadro della legge e anche nel rispetto della volontà del Parlamento che ha approvato la legge n. 61 del 2005.
PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di replicare.
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, nel ringraziare l'onorevole sottosegretario, mi dichiaro non soddisfatta, in quanto mi sembra che, in questa occasione, come è accaduto in altre circostanze che hanno coinvolto gli enti territoriali, ci si rifugga - perché fa comodo - dietro il paravento dell'autonomia didattica.
Se il precedente Governo non ha provveduto ad emanare queste circolari, è sicuramente da biasimare come l'attuale. Non si tratta di una questione di differenza di coalizione. Infatti, quando operavo come assessore all'istruzione sul territorio ho costatato come spesso e volentieri l'autonomia scolastica venga «usata», tra virgolette, a seconda dei casi, per sanare situazioni e riempire lacune informative che, a mio avviso, dovrebbero essere di competenza del Ministero in questione.
Non vorrei che ci fossero ricorrenze di serie A e ricorrenze di serie B. Sappiamo che la giornata istituita il 10 febbraio per il ricordo delle foibe, ha riportato all'attualità eventi drammatici mai considerati e conosciuti in passato. Penso che per costruire una memoria condivisa ci voglia uno sforzo comune.
In questi ultimi anni sono stati innalzati diversi muri, che, a mio avviso, dividono, non uniscono. Credo che simbolicamente il modo per abbattere questo muro e creare ponti tra popoli e tra la gente sia quello di dare meno peso burocratico alle suddivisioni territoriali e al ruolo delle autonomie didattiche e scolastiche, dando spazio ed impulso come Governo ai dirigenti scolastici, incentivandoli ed inducendoli ad effettuare una operazione educativa profonda tale da incidere nella crescita non solamente didattica, ma anche culturale, esistenziale e di civiltà che dovrebbe avere la futura generazione del nostro paese.
(Commissariamento della società cooperativa Unicoop - n. 2-00184)
PRESIDENTE. L'onorevole De Brasi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00184 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
RAFFAELLO DE BRASI. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture, Luigi Meduri, ha facoltà di rispondere.
LUIGI GIUSEPPE MEDURI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture. Signor Presidente, in via preliminare si osserva che recentemente la questione relativa al commissariamento della cooperativa Unicoop è stata oggetto di un approfondimento al fine di stabilire se sussistevano le condizioni affinché la stessa fosse assoggettabile ai poteri di controllo esercitati ai sensi del testo unico n. 1165 del 19 settembre 1938.
Ciò premesso, per quanto concerne la problematicità della collocazione della cooperativa Unicoop tra quelle fruenti di contributi erariali, è fuor di dubbio che, nel corso degli anni, il sodalizio ha perseguito le proprie finalità anche attraverso il riconoscimento di contributi riconducibili alla sfera pubblica, sebbene dalla corrispondenza intercorsa tra le amministrazioni interessate emerga che «sorgono perplessità in merito all'effettivo godimento dei contributi erariali da parte del sodalizio in questione», come riferito dalla commissione regionale di vigilanza in data 10 dicembre 2001, ovvero che «la predetta cooperativa edilizia non risulta finanziata da leggi di competenza di questa Direzione generale», come risulta da una nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Direzione generale per l'edilizia statale e servizi speciali dell'8 marzo 2002.
Lo stesso ministero, con nota del 24 aprile 2002 del dipartimento per le opere pubbliche e per l'edilizia, evidenzia che «la cooperativa Unicoop è beneficiaria di mutui ai sensi delle leggi n. 865 del 1971, n. 166 del 1975 e n. 513 del 1977, per i quali lo Stato corrisponde alla banca mutuantePag. 83un contributo per l'abbattimento degli interessi da porsi a carico della cooperativa stessa. Trattasi, pertanto, di un sistema di agevolazioni che si esplica in misure modalità diverse da quelle previste dal testo unico del 1938.
Analoghe conclusioni vengono segnalate dalla regione Emilia-Romagna che, con nota del marzo 2002, riferisce che non risulta che «la cooperativa Unicoop abbia realizzato programmi edilizi che abbiano beneficiato di contributi erariali ai sensi del regio decreto n. 265 del 1938 e della legge n. 408 del 1949».
Infine, la Direzione generale per l'edilizia residenziale e le politiche urbane ed abitative, in data 25 ottobre 2006, appositamente interpellata, ha ribadito che «non risultano decreti di concessione di finanziamenti alla cooperativa in oggetto, ma da altra documentazione risulta che il sodalizio ha realizzato interventi edilizi usufruendo dei fondi delle leggi n. 166 del 1975, n. 457 del 1978, e n. 179 del 1992».
Nel quadro appena descritto va tuttavia segnalato che, nell'ambito di una valutazione volta a stabilire se alla nozione di contributo erariale debba essere ricondotta una portata restrittiva, limitata cioè alla lettura dell'articolo 71 del testo unico n. 1165 del 1938, oppure se si debba accedere ad una concezione più ampia, corrispondente ad ogni forma di sostegno economico pubblico erogato in favore della cooperativa che procede alla realizzazione del programma costruttivo, la giurisprudenza, amministrativa ed ordinaria, non ha fornito un quadro interpretativo di agevole applicazione, propendendo, in taluni casi, per una concezione più restrittiva e, in taluni altri, per una visione che tende a ricomprendere nell'ambito del contributo erariale qualsiasi forma di contributo.
Per quanto concerne, invece, il richiamo operato dall'interpellante all'articolo 16 della legge 30 aprile 1999, n. 136, il quale stabilisce che «agli interventi realizzati dalle cooperative edilizie di abitazione ammesse a beneficiare delle agevolazioni previste dal titolo II dello stesso decreto-legge e dalle successive leggi di rifinanziamento, nonché delle agevolazioni previste per i programmi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive leggi di rifinanziamento, alla legge 17 febbraio 1992, n. 179, e successive modificazioni, e alla presente legge, non si applicano le disposizioni del testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica, approvato con regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, e successive modificazioni, relative alle cooperative a contributo erariale», si rileva quanto segue. Sembrerebbe, dalla lettura del testo, che destinatari di tale disposizione non siano le cooperative, bensì gli interventi ed i lavori dalle stesse realizzate, ai quali non si applicherebbero le disposizioni del testo unico sopracitato, relativamente alle modalità di affidamento degli appalti, all'approvazione dei progetti, degli incarichi professionali, del riparto spese, all'affidamento dei collaudi, rimanendo esclusa dall'ambito di applicazione della citata previsione normativa la vigilanza sulle cooperative, in ordine alla quale dovrebbe continuare ad applicarsi il testo unico.
A tale proposito, va comunque precisato che, a seguito del decentramento amministrativo attuato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, per effetto dell'articolo 94, sono state trasferite alle regioni le funzioni amministrative esercitate dall'amministrazione centrale e periferica dei lavori pubblici in base al regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165. Competenza confermata anche con la legge n. 457 del 1978 ove, nell'ambito di un piano decennale di edilizia residenziale, viene stabilito che le regioni devono esercitare la vigilanza sulla gestione amministrativo-finanziaria delle cooperative edilizie, comunque fruenti di contributi pubblici.
Nel caso di specie si deve, tuttavia, osservare che la regione Emilia-Romagna non ha mai emanato un testo normativo per disciplinare l'edilizia popolare ed economica sovvenzionata, né tanto meno situazioni patologiche che possono riguardare le cooperative edilizie. Pertanto, ferma restando in ogni caso la permanenzaPag. 84di una competenza a livello centrale in materia di vigilanza, in assenza di una disciplina regionale non sembra dubitabile che debba continuare ad applicarsi la normativa statale, anche perché il vuoto normativo creerebbe pesanti ripercussioni su aspetti di estrema rilevanza.
Fornito riscontro ai quesiti posti con l'interpellanza in trattazione, si ritiene, inoltre, opportuno segnalare che, nell'ambito dell'approfondimento sulla problematica portata all'attenzione con l'interpellanza in discussione, sono emerse non poche perplessità relativamente all'interpretazione della normativa nazionale attualmente in vigore in materia di vigilanza sulle cooperative.
Infatti, ai sensi dell'articolo 125 del regio decreto richiamato, spetta al Ministero delle infrastrutture la vigilanza sulla costruzione di tutti i fabbricati di cooperative fruenti di contributo erariale. Spetta, inoltre, al ministero medesimo vigilare sul funzionamento delle cooperative predette e predisporre provvedimenti intesi a risolvere i problemi inerenti all'edilizia popolare ed economica.
Qualora una cooperativa a contributo erariale non ottemperi alle decisioni ed alle ordinanze degli organi di vigilanza, ovvero dia luogo a inconvenienti di eccezionale gravità che ne compromettano il regolare funzionamento ovvero risulti responsabile di negligenze o irregolarità di particolare rilievo, il ministro può addivenire, per effetto di quanto previsto dall'articolo 127 dello stesso regio decreto, allo scioglimento dell'amministrazione della cooperativa ed alla conseguente nomina di un commissario governativo.
Successivamente, l'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002 stabilisce che spetta al Ministero delle attività produttive la vigilanza su tutte le forme di società cooperative e i loro consorzi. Tale vigilanza è finalizzata, fatte salve le diverse forme di vigilanza previste dalle disposizioni vigenti, all'accertamento dei requisiti mutualistici. Sicché, l'articolo 12 del decreto legislativo n. 220 del 2002 prevede che il Ministero delle attività produttive, sulla base delle risultanze emerse in sede di vigilanza, può assoggettare la cooperativa a gestione commissariale.
Premesso quanto sopra, ritenuto opportuno chiarire una volta per tutte l'effettivo riparto delle competenze in materia di cooperative edilizie, anche alla luce delle oscillazioni giurisprudenziali relativamente alla configurazione del contributo erariale, l'ufficio legislativo del Ministero delle infrastrutture, in data 7 novembre scorso, ha chiesto al Ministero dello sviluppo economico se fosse stato predisposto il quesito al Consiglio di Stato, volto a stabilire la corretta interpretazione dei due testi normativi sopra specificati, così come preannunciato dallo stesso dicastero in data 29 maggio scorso. Quest'ultimo, con nota del 21 novembre, ha confermato che recentemente è stato interessato il Consiglio di Stato, al fine di acquisire l'autorevole parere, che ad oggi non risulta ancora pervenuto, in ordine alla competenza ad esercitare il potere di vigilanza nei confronti delle cooperative edilizie fruenti di contributi erariali.
PRESIDENTE. L'onorevole De Brasi ha facoltà di replicare.
RAFFAELLO DE BRASI. Onorevole sottosegretario, come lei può ben capire, io posso essere solo parzialmente soddisfatto della risposta del Governo. Naturalmente apprezzo l'impegno, che il Governo ha messo, per cercare di risolvere la questione. Vorrei che questo impegno si mantenesse anche nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, anzi si intensificasse. Sono ovviamente soddisfatto di questo impegno, ma per il resto mi aspettavo un po' più di coraggio politico nell'assumere la responsabilità, che poi compete al ministro. Ovviamente, conosco le difficoltà di interpretazione giuridica che lei ha sottolineato nella risposta alla mia interpellanza e conosco anche, purtroppo, la particolare ostinazione del dirigente responsabile del procedimento nel difendere un atto che lui stesso ha deciso sotto il precedente Governo.
Il contenuto stesso della risposta che il Governo mi ha dato propone argomentazioniPag. 85che avrebbero potuto essere poste alla base della fine del commissariamento, scegliendo ovviamente in questa contraddizione giuridica la parte che evidentemente poteva consentire questa scelta e questa assunzione di responsabilità politica, perché quando c'è una situazione confusa dal punto di vista normativo, quando la giurisprudenza è contraddittoria, è evidente che c'è una volontà politica che può, anzi che deve affermarsi. Il Governo ha preferito una risposta interlocutoria, affidando al Consiglio di Stato la risoluzione del problema, in particolar modo per quanto riguarda la questione della vigilanza sulle cooperative edilizie.
Questa cautela, che si intravede nella risposta che mi è stata data, forse è stata un po' eccessiva. Fra l'altro il Governo precedente non ha avuto alcuna cautela nel commissariare Unicoop, sulla base di quella che sicuramente è stata una pressione politica che è venuta localmente dalla destra imolese. Se la giurisprudenza è contraddittoria, in particolar modo sulla questione del contributo erariale, se cioè lo si debba intendere in senso ristretto, riferito al testo unico, o piuttosto in senso ampio, riferito a qualsiasi forma di contribuzione pubblica, sicuramente di fronte a questa contraddittorietà e di fronte anche alla confusione che esiste, come lei ha giustamente sottolineato, sui temi della vigilanza, la politica, ripeto, avrebbe dovuto assumersi la propria responsabilità.
Avremo invece il rinnovo del commissariamento per altri tre mesi, con l'aumento dei costi per la cooperativa; fino ad oggi c'è stato il 10 per cento del fatturato della cooperativa come costo di questo commissariamento. Continuerà il danno alle attività sociali, perché la cooperativa ha perso molto prestito sociale e c'è perfino il rischio di non poter partecipare a bandi regionali, in quanto la cooperativa è commissariata. Si danno altri tre mesi di tempo ad un commissario che in un anno non ha fatto niente, se non spendere i soldi della cooperativa, per risolvere la questione. Auspico comunque che questo periodo si riduca al minimo e che presto vi sia il giudizio del Consiglio di Stato e che si ponga fine ad un commissariamento ingiusto e di dubbia legittimità, deciso sostanzialmente per ragioni di carattere politico.
Se l'obiettivo della mia interpellanza era di porre fine al commissariamento, è ovvio, onorevole sottosegretario, che il suo rinnovo, seppure per un periodo di tre mesi, non può certo soddisfarmi, né soddisfare i 2.689 soci della cooperativa, né l'intera comunità imolese. Continuo ad essere fiducioso che l'impegno del Governo persista e che si possa a breve raggiungere la soluzione di questa controversia e porre fine a questo ingiusto ed illegittimo commissariamento della cooperativa Unicoop di Imola.
(Realizzazione della strada statale n. 514 «Licodia-Eubea-Libertinia» - n. 2-00227)
PRESIDENTE. L'onorevole Samperi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00227 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, la strada statale n. 514 «Licodia-Eubea-Libertinia» è un'opera considerata strategica per la viabilità dell'intera fascia sudorientale della Sicilia. Si tratta del completamento di un tratto di 20 chilometri che dovrebbe collegare la statale Catania-Ragusa con l'autostrada A19 Palermo-Catania.
L'opera era stata inserita nel piano decennale dell'ANAS, era stata per intero finanziata con 430 miliardi delle vecchie lire ed era stata appaltata nel lontano 1997. L'aggiudicazione fu poi revocata insieme al finanziamento nel 2005 dal Governo Berlusconi. Eppure, il progetto era esecutivo, l'opera era finanziata, il progetto era stato anche approvato nel 2004 dal consiglio di amministrazione dell'ANAS. È, questa, un'infrastruttura lungamente richiesta e fortemente attesa dalle popolazioni locali ed è un'opera resa oggi indispensabile dall'intenso processo di sviluppo di cui le popolazioni di questa fascia della Sicilia interna sud-orientale si sono rese protagoniste.Pag. 86
Gli interpellanti chiedono al Governo quali iniziative intenda assumere per addivenire in tempi rapidi e certi alla realizzazione di questa importante strada.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture, Luigi Meduri, ha facoltà di rispondere.
LUIGI GIUSEPPE MEDURI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture. Signor Presidente, con riferimento a quanto richiesto nell'interpellanza urgente cui si risponde, l'ANAS ha fatto conoscere che l'intervento in questione si riferisce al completamento della nuova strada che collega la statale n. 514 di Chiaromonte nei pressi di Licodia-Eubea con la statale n. 117-bis «centrale sicula» in prossimità del bivio Gigliotto. Tale intervento era originariamente stato suddiviso in tre lotti, a loro volta ripartiti in sette stralci.
I relativi progetti, elaborati nel corso degli anni, hanno dovuto subire un processo di revisione resosi necessario anche ai fini dell'adeguamento alle normative sopravvenute che ha portato all'elaborazione di un nuovo progetto esecutivo.
A seguito di una serie di valutazioni maturate durante lo svolgimento delle nuove attività progettuali svoltesi negli anni 2002-2003, l'ANAS ha assunto la determinazione di procedere all'accorpamento dei sette progetti esecutivi adeguandoli in un unico lotto.
I progetti aggiornati sono così stati fusi in un unico progetto esecutivo sottoposto all'esame del consiglio di amministrazione della società che, con delibera del 16 novembre 2004, lo ha approvato in sola linea tecnica in quanto le stime di costo dell'intervento, pari a 279 milioni di euro, risultavano superiori alla disponibilità finanziaria esistente, ammontante a 137 milioni di euro.
L'ANAS sta pertanto valutando l'opportunità di individuare uno stralcio funzionale dell'intervento che abbia un costo uguale o inferiore allo stanziamento disponibile. L'intero intervento, previsto nei precedenti piani programmatici, verrà proposto nel piano economico-finanziario quinquennale e relativo elenco di opere attualmente in corso di elaborazione.
Per completezza di informazione, si ricorda che, tra le opere inserite nel documento «infrastrutture prioritarie» predisposto dal Ministero delle infrastrutture a conclusione degli incontri con le amministrazioni regionali e sottoposto all'esame della Conferenza unificata Stato-città-autonomie locali in data 16 novembre scorso, figura l'itinerario Ragusa-Catania.
Tale intervento prevede l'adeguamento a quattro corsie della strada statale n. 514 di Chiaromonte e della strada statale n. 194 Ragusana tra lo svincolo con la statale n. 514, in prossimità di Comiso, ed il nuovo svincolo di Lentini dell'asse autostradale Catania-Siracusa, e conferisce all'arteria la caratteristica della categoria B extraurbana, secondo la classifica del decreto ministeriale 5 novembre 2001, per complessivi 68 chilometri.
Con delibera n. 79 del 2006, il CIPE ha approvato il progetto preliminare, rinviando l'assegnazione dei fondi necessari all'approvazione del progetto definitivo. L'opera, il cui costo complessivo è stato quantificato in 1.268,58 milioni di euro, gode, peraltro, di parziale copertura finanziaria ripartita tra fondi ANAS (ex articolo 11 della legge n. 144 del 1999, per 49,21 milioni di euro) e fondi della regione Sicilia (pari a 100 milioni di euro) a valere sulle risorse di cui alla delibera CIPE n. 35 del 2005.
PRESIDENTE. L'onorevole Samperi ha facoltà di replicare.
MARILENA SAMPERI. Signor sottosegretario, la sua risposta conferma che la vicenda relativa a questa arteria strategica è emblematica per farraginosità, per complicazioni burocratiche e per colpevoli ritardi.
Noi assistiamo, infatti, ad un iter che vede la progettazione in sette stralci funzionali, un appalto già indetto nel 1997, un successivo ripensamento sulla progettazione a stralci, la decisione di predisporre un unico progetto e poi, adesso, la riproposizione dello stralcio funzionale. CredoPag. 87che ci troviamo veramente all'interno di una vicenda assurda!
A ciò si aggiunge il fatto che la regione Sicilia ha presentato il proprio programma del sistema trasporti, ma non ha inserito l'opera in questione all'interno della scheda relativa alle criticità ed al fabbisogno finanziario degli interventi con orizzonte temporale di breve periodo (dal 2007 al 2010).
Dunque, la regione siciliana non ha incluso tale opera nel suo programma, mentre l'ANAS ci ripensa e decide, dopo aver stabilito di predisporre un unico progetto, di rivedere il progetto stesso e di elaborare uno stralcio. Credo che quest'opera sia come una di tela di Penelope, poiché giunge alla sua conclusione, ma successivamente viene disfatta!
Ritengo la concertazione giusta e necessaria: ricordo, infatti, che ci siamo battuti a favore di una vera autonomia delle regioni, delle province, dei comuni e delle altre comunità locali. Credo, infatti, che un'efficace concertazione con le regioni debba prevedere una altrettanto efficace concertazione con le comunità locali, poiché, in caso contrario, ad un centralismo statale e romano si contrapporranno tanti centralismi regionali.
Dunque, ritengo che il Governo, prima di prendere per buona la decisione assunta dalla regione siciliana, dovrebbe verificare se tale decisione sia stata concertata assieme alle comunità locali.
Penso che dovremo fare ancora molto per questa strada statale, alla quale le comunità interessate non possono rinunciare. Vorrei sottolineare, infatti, che in Sicilia i fondi compaiono, spariscono e poi riemergono e spesso si realizzano numerose opere inutili.
Questa regione sta finalmente prendendo coscienza delle proprie risorse e vocazioni. Pertanto, nell'ambito di un processo di sviluppo economico, le infrastrutture sono necessarie, al fine di avere maggiori ricadute sul territorio e rendere ancora più incisivo il progetto di crescita che si ha in mente.
Ebbene, credo che in questo momento vi sia bisogno di prestare un'attenzione particolare a questa Sicilia dove, finalmente, si sa quali sono le opere che effettivamente occorrono e quali quelle che non servono o che si possono rinviare. Ciò al fine di non deludere, ancora una volta, quegli uomini e quelle donne di buona volontà che stanno faticosamente cercando di intraprendere la via dello sviluppo economico della regione, nonché di garantire finalmente alla regione l'autonomia e l'indipendenza da altri soggetti.
(Assassinio della giornalista russa Anna Politkovskaja - n. 2-00192)
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00192 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, viceministro degli affari esteri, Ugo Intini, colleghi, la mia interpellanza urgente è stata presentata il 19 ottobre scorso, quindi sono trascorsi quarantuno giorni a causa delle vicissitudini parlamentari di cui tutti siamo a conoscenza. In ogni caso, l'urgenza non è venuta meno, anzi paradossalmente, si è accentuata per una serie di vicende posteriori ai fatti oggetto del mio atto di sindacato ispettivo.
La giornalista Anna Politkovskaja è stata uccisa a Mosca il 7 ottobre 2006. Ella era redattrice del settimanale Novaja Gazeta, autrice di libri - alcuni tradotti anche in italiano - e di reportage, strenuo difensore dei diritti umani e, in particolare, testimone della tragedia cecena. Nel 2001 ha vinto il Global award di Amnesty international per il giornalismo in difesa dei diritti umani e, nell'ottobre del 2002, il premio OSCE per il giornalismo e la democrazia.
Anna Politkovskaja era una giornalista molto conosciuta, anche se da tempo era scomparsa dagli schermi televisivi russi e si era avviata contro di lei una campagna ostile fatta di minacce e calunnie, sfociate, inevitabilmente, nell'isolamento e nella vulnerabilità. In un'intervista rilasciata alPag. 88Corriere della Sera del 9 ottobre 2006, Adriano Sofri ha paragonato la sua vicenda a quella del giudice Falcone, anch'egli assassinato.
Fra le tantissime testimonianze che ricordano la figura di Anna Politkovskaja ho già citato nel testo della mia interpellanza personaggi quali Mikhail Gorbaciov, Josep Borrell ed altri. Voglio semplicemente ricordare anche il commissario del Consiglio d'europa per i diritti umani, Thomas Hammarberg, che l'ha così ricordata: «Anna Politkovskaja era uno dei maggiori difensori dei diritti umani presenti oggi in Russia».
Purtroppo, al suo funerale, celebratosi il 7 ottobre (pochi giorni dopo), per parte italiana partecipò soltanto Marco Pannella: lo voglio ricordare perché gli fa onore. In questo modo almeno un politico italiano fu testimone nel momento di estremo congedo di questa donna straordinaria.
La stessa Politkovskaja, nei suoi scritti e in una recentissima intervista a Radio liberty tenutasi poche ore prima della sua morte, aveva denunciato preventivamente coloro che, secondo lei, desideravano la sua morte. In particolare, mi riferisco al premier ceceno Ramzan Kadyrov, l'uomo più strenuamente sostenuto dal presidente Putin al vertice di questo pseudo Stato, in una situazione di tragedia permanente.
Da parte mia, poiché sono un convinto garantista - lo sono sempre stato - non intendo fare nessun processo sommario, tanto più in un'aula parlamentare, contro nessuno. In ogni caso, temo sia assai difficile individuare e perseguire penalmente - è stata, comunque, aperta un'inchiesta da parte della procura di Mosca - gli assassini di Anna Politkovskaja. Il caso può essere accomunato a quello del giornalista di Radio radicale Antonio Russo, assassinato anch'egli alcuni anni fa, proprio in relazione alla vicenda cecena. Adriano Sofri ha ricordato entrambi questi personaggi definendoli testimoni coraggiosi e, proprio per questo, temuti e scomodi.
Signor rappresentante del Governo, vi è stata una reazione a mio parere troppo fragile e debole nei confronti di questo spietato omicidio da parte degli Stati europei, dell'Unione europea e - mi si consenta, col massimo rispetto - anche da parte del Governo italiano. Inoltre, debole è stata in passato ed anche oggi la reazione italiana, europea ed internazionale alla terribile situazione in Cecenia che ho già più volte evocato. In Russia è in corso - lo dicono tutti gli osservatori - una terribile lotta per il potere, legata anche all'annunciata successione al Presidente Putin, che sta per arrivare al termine del secondo mandato. Si tratta di una terribile lotta per il potere di cui restano vittime soprattutto e non solo i giornalisti indipendenti critici del potere. Come minimo, si parla di 12 giornalisti uccisi durante questo mandato presidenziale, oltre alla Politkovskaja, ma, secondo altre fonti che ho citato nell'interpellanza, si parla di 20 giornalisti uccisi. Ripeto, da parte mia non vi è alcun processo sommario agli ipotetici responsabili, ma propongo in sede politica e parlamentare la denuncia di questa terribile situazione.
Il Presidente Putin ha assicurato che «la legge impone di prendere tutte le misure necessarie per un'indagine oggettiva sulla tragica morte della giornalista Politkovskaja». Non vi è in questa dichiarazione una sola parola di cordoglio per l'assassinio, ma l'annuncio gelido e burocratico di un atto dovuto, ovviamente un'indagine giudiziaria.
Il 22 ottobre al vertice di Lahti in Finlandia, quando il Presidente del Parlamento europeo, Josep Borrell, ha ricordato al Presidente Putin la terribile situazione in materia dei diritti umani esistente in Russia, lo stesso Presidente Putin ha risposto con frasi sferzanti e sprezzanti, una delle quali ci riguarda direttamente. A Borrell, che evocava la mafia russa, Putin ha detto che la mafia è una parola nata in Italia, non in Russia. Il ministro degli esteri D'Alema il giorno dopo ha dichiarato che non è un linguaggio da statista. Il Presidente della Camera Bertinotti ha a sua volta affermato che si tratta di parole politicamente sgrammaticate.Pag. 89
In un'intervista su l'Unità del 13 ottobre scorso, l'importante e nota reporter Elena Trebugova, vittima anch'essa di un attentato che non è riuscito ad ucciderla, ha dichiarato: «non esiste più in Russia un giornalista libero. L'assassinio di Anna Politkovskaja è stato il definitivo assassinio del nostro giornalismo».
Dmitri Muratov, direttore del bisettimanale cui collaborava la Politkovskaja, la Novaja Gazeta già citata, il 28 novembre scorso, due giorni fa, ha dichiarato a la Repubblica: io penso che i nemici siano all'interno. Vogliono imporre a Putin di esercitare il terzo mandato, violando la Costituzione e gli dicono: «ora l'Occidente ti volta le spalle, non avere scrupoli nel mostrare i muscoli»! Vogliono, dice Muratov, farlo diventare un despota alla bielorussa come Lukashenko, pur di conservare le loro ricchezze e moltiplicare il loro business.
È interessante questa valutazione del direttore del giornale a cui lavorava la Politkovskaja, perché non vi è un'imputazione diretta al Presidente della Russia, ma si mette in evidenza la tragica situazione che si sta verificando in quel paese, giorno dopo giorno.
In questo drammatico contesto (per questo ho detto che questa interpellanza ha conservato la sua attualità, che purtroppo è aumentata in questi giorni), si inserisce anche pochi giorni fa l'assassinio a Londra dell'ex colonnello del KGB Alexander Litvinenko (avvelenato da una dose radioattiva di polonio 210), il quale ha accusato Putin, prima di morire (perché vi è stata un'agonia di alcuni giorni), di essere il mandante del suo avvelenamento.
Cito per documentazione politica queste affermazioni rese da un moribondo, ma non posso sostenere ovviamente di avere qualunque elemento per poterle direttamente condividere.
Su Il Sole 24 Ore di ieri, 29 novembre 2006, è stato scritto, con riferimento all'omicidio di Aleksandr Litvinenko: I moventi più plausibili sono le attività di investigazione di Litvinenko sull'assassinio della giornalista russa Anna Politkovskaja - come vedete, le connessioni ci sono - e sul gruppo petrolifero Yukos, oltre alla vicinanza con Boris Berezovskij, ex oligarca esule a Londra, nemico giurato di Putin, di cui l'ex spia era il braccio destro.
Il quotidiano la Repubblica del 26 novembre 2006 - anche in questo caso, pochi giorni fa - ha pubblicato la trascrizione di un lungo colloquio con Aleksandr Litvinenko, avvenuto il 3 marzo 2005 negli uffici del già citato - da me - Boris Berezovskij a Londra, dal quale risulta l'incredibile interessamento della Commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Mitrokhin, meglio, del suo presidente, senatore Paolo Guzzanti, tramite il consulente Mario Scaramella, per i rapporti con il KGB da parte di - udite, udite! - Romano Prodi, il gruppo dei Verdi, l'azienda Olivetti. Sembravano rivelazioni talmente assurde da apparire incredibili, ma sono state poi confermate pubblicamente. Infatti, il giorno dopo - 27 novembre, tre giorni fa - la Repubblica riferisce le dichiarazioni di un altro ex agente dell'intelligence sovietica, utilizzato sempre dal consulente Mario Scaramella, in rapporto con il presidente della Commissione Mitrokhin, senatore Paolo Guzzanti. Si tratta di Euveenij Limarev. Anche l'ex agente Euveenij Limarev conferma l'interesse del consulente Mario Scaramella, per conto del senatore Guzzanti, nei confronti di Romano Prodi, Massimo D'Alema ed Alfonso Pecoraro Scanio, dal gennaio 2006 (pensate, una Commissione parlamentare d'inchiesta del Parlamento italiano alla vigilia della campagna elettorale e quando ormai, del resto, i lavori della Commissione Mitrokhin erano conclusi e si era - ripeto - alla vigilia della campagna elettorale). Anche in questo caso si fa riferimento ad Anna Politkovskaja che poi sarebbe stata assassinata, e così pure ad Alex Litvinenko, lui pure poi assassinato.
È davvero singolare l'interesse del senatore Guzzanti a montare un'incredibile accusa di rapporti con il KGB nei confronti di Romano Prodi, Massimo D'Alema e Pecoraro Scanio, oggi Presidente del Consiglio il primo, ministro degli affariPag. 90esteri e Vicepresidente del Consiglio il secondo e ministro dell'ambiente il terzo. Un panorama allucinante che, colgo quest'occasione per denunciare politicamente perché sarà necessario fare chiarezza sia sul piano giudiziario sia sul piano parlamentare, da parte del Copaco, quel Copaco a cui oggi il senatore Guzzanti ha dichiarato di sottrarsi, sia anche da parte dei Presidenti di Senato e Camera, Marini e Bertinotti, perché si tratta, appunto, di un'attività connessa ad una Commissione parlamentare d'inchiesta che non comporta interesse da parte del Governo ma, direttamente, un coinvolgimento parlamentare. Ma, aggiungo, anche da parte del Governo, come giustamente ha già preannunciato il ministro dell'interno Amato, il quale ha dichiarato di voler effettuare un'inchiesta attenta sui contatti eventuali di questi personaggi con uomini dei servizi di sicurezza e dei Corpi di polizia dello Stato.
Per concludere, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, ritorno all'assassinio di Anna Politkovskaja, da cui sono partito, avvenuto lo scorso 7 ottobre a Mosca. Attendo ora con fiducia da parte del Governo italiano una risposta a questa interpellanza, una risposta che sappia interpretare l'indignazione e lo sdegno per l'omicidio di una donna straordinaria, indignazione e sdegno suscitati non soltanto in Russia, ma anche in Italia, in Europa e sul piano internazionale, rispetto ai quali, però, le reazioni di carattere politico a me pare siano state fino ad oggi inadeguate.
PRESIDENTE. Il viceministro degli affari esteri, Ugo Intini, ha facoltà di rispondere.
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, dopo l'assassinio del vicegovernatore della Banca centrale russa, lo scorso 14 settembre, l'assassinio della giornalista Anna Politkovskaja, il 7 ottobre scorso, contribuisce a gettare ombre sulla situazione russa, alimentando la percezione di un paese che, nonostante gli impressionanti ritmi dello sviluppo economico, è ancora terreno di gravi atti criminali. La preoccupazione per la comunità internazionale è che questi eventi possano costituire un ostacolo per la stabilizzazione democratica del paese e per il radicamento di standard internazionali in materia di diritti umani e di libertà fondamentali. La Presidenza di turno dell'Unione europea ha emesso l'8 ottobre una dichiarazione in cui ha condannato l'assassinio della Politkovskaja, esprimendo solidarietà e cordoglio ai familiari ed amici della giornalista, che è un simbolo della difesa dei diritti umani nell'ex Unione Sovietica, paladina della libertà di espressione. Nella stessa dichiarazione, la Presidenza finlandese ha chiesto, a nome dell'Unione europea tutta, che venga condotta un'approfondita indagine sulle circostanze del crimine e che i responsabili siano consegnati alla giustizia.
Su richiesta di vari paesi membri, la Presidenza finlandese ha, inoltre, sollevato con la controparte russa il caso dell'assassinio della giornalista, nel quadro della sessione delle consultazioni sui diritti umani Unione europea-Russia, che si è tenuta a Bruxelles l'8 novembre scorso. Tali consultazioni rappresentano un importante momento di incontro, di riflessione e di analisi sulla situazione di diritti e delle libertà fondamentali in Russia; esse consentono all'Unione europea di esporre in maniera franca e costruttiva le sue preoccupazioni circa l'effettiva tutela dei diritti umani da parte delle autorità russe, per incoraggiare quanto più possibile futuri miglioramenti. Per questo motivo, l'Unione europea ha colto l'occasione, nel corso dell'incontro dell'8 novembre, di affrontare direttamente con le autorità russe non solo il caso che stiamo discutendo in quest'aula, ma anche il tema più generale delle condizioni del giornalismo e delle libertà dei media in Russia, un punto questo su cui l'onorevole Boato si è diffuso con efficacia.
Mosca ha ribadito che le autorità russe hanno già condannato con la massima fermezza l'omicidio e che le indagini sui suoi autori rimangono una priorità per il Governo russo. A conferma della volontà di dare davvero questa priorità alle indagini,Pag. 91le controparti russe hanno portato a testimonianza il fatto che è stata creata, in effetti, una squadra investigativa ad hoc, posta sotto la supervisione dello stesso procuratore generale Iuri Ciaika. I risultati delle consultazioni con la Russia verranno ancora esaminati a livello comunitario.
Il Presidente Putin è intervenuto sulla vicenda nel corso della sua recente visita in Germania, condannando il delitto, certo, ed assicurando che nulla sarà lasciato di intentato affinché esso non resti impunito. Nel corso della conferenza stampa congiunta con il Cancelliere Merkel, il Presidente russo ha dichiarato, inoltre, che la brutale uccisione di Anna Politkovskaja rappresenta per le autorità russe e cecene un colpo molto più duro di tutte le critiche mosse dalla giornalista nelle sue pubblicazioni. Il Presidente Putin è, poi, tornato più volte a biasimare pubblicamente l'accaduto, assicurando il massimo impegno affinché i criminali siano catturati e condannati. Lo ha fatto di recente al vertice europeo di Lathi, in diretta televisiva nazionale ed in altre occasioni pubbliche.
L'Italia condivide naturalmente in pieno la posizione espressa dalla Presidenza dell'Unione europea in precedenza ricordata e l'aspettativa che venga condotta un'indagine seria ed approfondita, che conduca all'individuazione dei responsabili ed alla loro consegna alla giustizia; continuerà, quindi, ad operare negli opportuni fori internazionali, in primis nell'ambito del dialogo Unione europea-Russia sui diritti umani, affinché sia mantenuta sul caso Politkovskaja la dovuta attenzione da parte delle autorità russe e siano fatti progressi concreti sul terreno delle indagini. Vorrei aggiungere che giustamente l'onorevole Boato solleva il problema dell'assassino successivo, quello di Litvinenko, a Londra e dell'incredibile coinvolgimento italiano nelle indagini e nelle rivelazioni successive, vere o presunte, che ci riguardano e che portano l'attenzione sull'attività della Commissione Mitrokhin. Seguo tali sviluppi con grande attenzione naturalmente e condivido i sentimenti di allarme ed inquietudine espressi dall'onorevole Boato. Non si hanno parole di fronte a ciò che si legge sui giornali! Tuttavia, più inchieste sono in corso e non posso, da questo banco, aggiungere valutazioni. Sono, d'altronde, garantista al pari dell'onorevole Boato. Posso soltanto esprimere la speranza che si faccia chiarezza e che la si faccia davvero. Posso aggiungere che le parole dell'onorevole Boato spesso, ed anche in questa circostanza, richiamano con efficacia la necessità di porre i diritti umani al primo posto e di renderli una bussola nella nostra politica internazionale e tale è l'impegno che si assume il Governo.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ho usato quasi tutto il tempo a disposizione in sede di illustrazione e, vista l'ora tarda, cercherò di essere più sintetico in sede di replica.
Vorrei ringraziare il sottosegretario Intini per aver dato una risposta, non solo sulle questioni da me sollevate nell'interpellanza e su cui tra un attimo farò un'osservazione, ma anche di avere interloquito positivamente - sia pure con la prudenza che è doverosa per un rappresentante del Governo - con le altre considerazioni che nell'interpellanza non potevano essere contenute perché si trattava di eventi verificatisi successivamente alla sua presentazione, ma che si sono dimostrati in qualche modo connessi o interferenti con la vicenda dell'assassinio di Anna Politkovskaja. Lo ringrazio di questa attenzione perché supera quel tono inevitabilmente a volte rituale e burocratico che è presente nelle risposte alle interpellanze in aula, tramite documenti che vengono preparati a livello ministeriale. Mi auguro con lui che queste vicende possano rimettere in primo piano con forza tutta la questione della difesa dei diritti umani, ovviamente non solo in Russia, ma in tutti i paesi del mondo.
Per noi è stato imbarazzante sentire qualche esponente del Governo russo replicare alle giuste critiche per la terribilePag. 92ed allucinante situazione che da anni esiste in Cecenia, evocando gravi episodi di violazione dei diritti umani verificatisi anche in paesi come gli Stati Uniti d'America o in nazioni europee. La battaglia per i diritti umani si combatte al di là delle frontiere nazionali, ma è evidente che in riferimento alla situazione russa, per quanto riguarda il bubbone ceceno e il terribile stato in cui versa il giornalismo libero - se ancor esiste un giornalismo libero in Russia - essa è un tema centrale.
Signor sottosegretario, lei ha giustamente ricordato il confronto diretto che vi è stato lo scorso 8 novembre a Bruxelles tra l'Unione europea e la Russia, in cui si è affrontato anche il problema della condizione complessiva del giornalismo in quel paese. Se posso muovere soltanto un rilievo critico alla prima parte della sua risposta, contenuta nel testo che - come sempre accade - è stato predisposto a livello ministeriale, ho avuto l'impressione che vi sia stato un eccesso di preoccupazione nel riferire le posizioni del Presidente Putin che in qualche modo hanno messo in ombra l'eventuale determinazione nella reazione dell'Italia ed anche dell'Unione europea. Nel testo scritto è stato citato il vertice di Lahti in Finlandia, in cui al pranzo tenuto dopo la sessione ufficiale (in termini diplomatici quello serale è il pranzo), al momento del brindisi non ipocrita rivolto dal Presidente del Parlamento europeo, Josep Borrell, il Presidente Putin ha risposto in quel modo sprezzante e sferzante non solo con l'Italia, ma anche ad esempio con la Spagna. Infatti, Putin ha affermato che moltissimi sindaci spagnoli sono in carcere per corruzione e cose di questo genere.
Ho letto il giorno dopo attentamente la stampa internazionale e tale episodio ha lasciato tutti imbarazzati. Del resto, ho citato in proposito la dichiarazione del ministro degli affari esteri, D'Alema, e quella del Presidente della Camera, Bertinotti.
Credo di essere un uomo politico che ha senso di responsabilità, anche in campo internazionale. In conclusione, il mio auspicio è quello che le comprensibili preoccupazioni di mantenere rapporti di correttezza e di dialogo con la Russia - come è giusto che sia sul piano internazionale - non facciano ombra al nostro Governo e agli altri Stati dell'Unione europea e in particolare all'Unione europea, di cui facciamo parte.
Il nostro ruolo sarà tanto più importante, quanto più, da gennaio prossimo, il nostro paese sarà anche membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Ripeto, le ragioni comprensibili di correttezza diplomatica e di dialogo politico non debbono fare ombra nel denunciare e mantenere sempre, in primo piano, accanto a comprensibili interessi di carattere economico ed energetico (dato che esistono anche questi), la difesa, ad ogni costo, dei diritti umani, una battaglia alla quale Anna Politkovskaja ha sacrificato la propria vita ed è giusto che, anche in quest'aula, essa sia ricordata.
(Utilizzo della pillola abortiva RU486 in alcune regioni italiane - n. 2-00234)
PRESIDENTE. L'onorevole Paoletti Tangheroni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00234 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, rispetto all'aborto chirurgico, il ricorso all'associazione RU486 misoprostolo ha modificato la cronologia dell'aborto. Questo fatto solleva alcuni dubbi sulla compatibilità dell'uso della RU486 misoprostolo con le previsioni della legge n. 194 del 1978. In base alle prescrizioni di tale legge, l'evento abortivo deve, infatti, espletarsi in ambiente ospedaliero. In questo modo è possibile assistere la donna prima, durante e dopo l'intervento chirurgico per garantire quella tutela della salute che, come ricordiamo tutti, è l'asse portante della legge n. 194 del 1998.
Pag. 93PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 22)
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Mentre sappiamo da dati clinici che dopo l'assunzione dell'associazione RU486 misoprostolo, dal 2 al 5 per cento delle donne abortisce nell'intervallo tra l'assunzione della RU486, al primo giorno, e del misoprostolo, al terzo giorno, l'80 per cento delle donne abortisce entro 24 ore dall'assunzione del misoprostolo e nel 15 per cento delle donne l'evento abortivo si verifica, invece, in tempi successivi. Secondo diversi dati clinici l'intervallo si può prolungare fino, addirittura, a quindici giorni.
Ne consegue che, pur prevedendo la somministrazione della RU486 misoprostolo esclusivamente in regime ospedaliero e con ricovero di almeno tre giorni, non si verrebbe, comunque, anche in questo caso, incontro alle donne, che potrebbero abortire o manifestare gravi effetti collaterali in tempi successivi.
Si aggiunga, poi, che, seppur l'evento abortivo si fosse concluso durante il periodo di ospedalizzazione, è possibile che la donna non si presenti, la quindicesima giornata, per il follow up, venendo così meno il controllo sulle sue condizioni di salute. Nell'esperienza francese, ben il 20 per cento delle donne che avevano assunto RU486 non si sono poi presentate al follow up successivo. È, d'altra parte, noto che la Food and drug administration ha indicato, tra i criteri di esclusione al ricorso della RU486 misoprostolo, la difficoltà di accesso, per esempio, al telefono o la possibilità di arrivare a raggiungere l'unità di emergenza oppure l'impossibilità di ritornare proprio per la visita di follow up.
La necessità di un attento controllo sanitario è resa evidente anche dal corredo di sintomi, alcuni dei quali molto gravi, che accompagna l'assunzione di RU486 misoprostolo, che può durare per breve tempo o persistere per molti giorni, fino a divenire una vera e propria emergenza, tanto da richiedere, se non verificatisi nell'arco di alcuni giorni, la successiva ospedalizzazione della donna per una revisione della cavità uterina, per fare trasfusioni, somministrazioni parenterali di analgesici, antibiotici o altro.
Inoltre, dal momento che in oltre il 5 per cento delle donne che usano la pillola RU486 entro il quarantanovesimo giorno di gestazione si ricorre all'aborto chirurgico per completare l'aborto medico, la possibilità di complicanze aumenta ulteriormente. Tra le complicanze, comunque, si segnalano: perdita ematica e danni cardiovascolari, dolore addominale, disturbi gastrointestinali, cefalea, vertigini, cambiamenti della termoregolazione, endometrite, shock settico. Quindi, come si vede, è necessaria un'attenta ospedalizzazione, non semplicemente il day hospital, come fanno, a volte, alcune regioni come la Toscana.
In conclusione, possiamo affermare che il ricorso all'associazione di RU486 e misoprostolo è tutt'altro che privo di rischi, tanto che ne viene sconsigliato l'uso, ad esempio, in presenza di conferma o sospetto di gravidanza ectopica o massa annessiale non diagnosticata, presenza di spirale, insufficienza surrenalica cronica, uso da lungo tempo di corticosteroidi sistemici, storie di allergia al mifeprisone (questo è normale) o alle prostaglandine, disordini emorragici o terapia attuale con anticoagulanti, porfiria ereditaria. A questo si aggiunge che, dal momento che le donne con ipertensione, malattie respiratorie, epatiche, renali, surrenali, cardiovascolari con più di 35 anni e fumatrici sono state escluse dai vari trial clinici, se ne deve dedurre che anche queste sono situazioni a rischio.
Inoltre, sempre a livello di conclusioni, il rischio di morte dopo l'assunzione della pillola RU486 è di 1 per centomila, contro 0,1 per centomila per l'aborto chirurgico nella stessa epoca gestazionale. In altre parole, il rischio di morire è dieci volte superiore rispetto all'aborto chirurgico.
Le cause di morte non sono ancora chiare, il che rende impossibile ipotizzare una loro prevenzione. Si sottolinea, inoltre, che nella maggior parte dei casi l'esordio spesso subdolo del quadro clinico chePag. 94avrebbe portato alla morte del paziente si è verificato al di là dei termini di ospedalizzazione previsti in Italia.
Per quanto riguarda la Toscana, i dati ci ricordano che in nessuno degli ospedali in cui è praticato l'aborto chimico le donne restano ricoverate. Nel migliore dei casi (ad esempio, a Pontedera), viene firmata una dichiarazione di dimissione volontaria.
Appare, pertanto, quanto meno imprudente, a fronte degli eventi avversi registrati e della mancanza di chiarezza sugli stessi, l'utilizzo della RU486 a fini abortivi. Inoltre, dati i tempi dell'aborto, sembra che non sia possibile rispettare i dettati della legge n. 194 del 1978 ed avere la garanzia che vi sia un'effettiva tutela della salute della donna.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, preliminarmente si segnala che la regione Toscana ha avviato la procedura disciplinata dai decreti ministeriali 11 febbraio 1997 e 31 gennaio 2006, che consente l'importazione dall'estero di medicinali non autorizzati sul territorio nazionale, ma regolarmente autorizzati nei paesi esteri. Tale importazione deve essere giustificata da oggettivi caratteri di eccezionalità e l'impiego del farmaco importato deve avvenire nel rispetto della normativa nazionale e delle condizioni d'uso autorizzate nel paese di provenienza.
Ai fini dell'importazione dall'estero deve essere inoltrata istanza all'ufficio di sanità aerea, di confine e di dogana del Ministero della salute territorialmente competente, nonché al corrispondente ufficio doganale che contenga i seguenti elementi: norma del medicinale e sua forma farmaceutica; ditta estera produttrice titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio; dichiarazione che il medicinale in questione è regolarmente autorizzato nel paese di provenienza; esigenze particolari che giustifichino il ricorso al medicinale non autorizzato in mancanza di valida alternativa terapeutica, come già precisato; dichiarazione di utilizzazione del medicinale sotto la diretta responsabilità del medico richiedente.
La regione Toscana ha comunicato che l'ufficio di presidenza del consiglio sanitario regionale ha approvato un documento contenente criteri e modalità da seguire per l'esecuzione dell'aborto medico ove sono previsti gli schemi di trattamento, i criteri di ammissibilità e di esclusione del trattamento, il protocollo operativo, le informazioni da fornire alla paziente ed i criteri per il consenso informato. Il documento, trasmesso da parte del competente assessore al diritto alla salute alle direzioni generali delle aziende sanitarie in data 9 febbraio 2006, prevede la somministrazione della pillola RU486 in regime di ricovero ordinario di tre giorni, in quanto il consiglio sanitario regionale ha recepito totalmente il parere del Consiglio superiore di sanità del Ministero della salute. Tutte le aziende che hanno somministrato e somministrano il farmaco suddetto, secondo quanto riferito dalla regione, assicurano di seguire i criteri di cui alla lettera circolare appena citata.
La regione ha sottolineato che sulla base dei pareri di bioetica e del consiglio sanitario regionale non ha proceduto ad alcuna sperimentazione. La lettura del documento mostra un atteggiamento assolutamente garantista verso la salute della donna. In questa prospettiva si intende altresì segnalare che negli ultimi due mesi le ASL hanno iniziato ad inviare alla regione i progetti legati ai finanziamenti di cui alla delibera n. 259 del 2006, legge n. 405 del 1975 e legge n. 194 del 1978, programma di interventi di riqualificazione dei servizi consultoriali e di educazione e formazione finalizzati alla diffusione ed al consolidamento di una cultura della maternità e paternità responsabile e di una sessualità consapevole.
L'assessorato, anche attraverso i settori competenti, dovrà monitorare la rispondenza dei progetti alle finalità della delibera nonché la loro realizzazione.Pag. 95
Si precisa infine che la ASL 11 di Empoli ha strutturato, al termine del percorso dell'interruzione farmacologia di gravidanza, un servizio di prenotazione automatica per la visita di controllo e per la consulenza sulla contraccezione, da effettuarsi presso il consultorio.
Relativamente a quanto lamentato dagli onorevoli interroganti in merito alla mancata autorizzazione in Italia del farmaco in esame, si precisa che, pur non esistendo alcun impedimento giuridico-procedurale che ostacoli la presentazione della domanda di autorizzazione all'immissione in commercio, ad oggi la ditta titolare non ha ancora presentato la necessaria richiesta. Si ribadisce, come già affermato in risposta a precedenti atti parlamentari, che, in base alla legge n. 194 del 22 maggio del 1978 sull'interruzione di gravidanza, all'ordinanza del 21 settembre 2005 e tenuto conto del parere del Consiglio superiore di sanità del 18 marzo 2004, il medicinale RU486 può essere utilizzato esclusivamente in ambito ospedaliero; ne è quindi vietata la distribuzione nelle farmacie e comunque l'utilizzo con modalità derogatorie alla legge e alla stessa ordinanza.
PRESIDENTE. L'onorevole Paoletti Tangheroni ha facoltà di replicare.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, non sono per niente soddisfatta e vorrei dire al rappresentante del Governo - non mi aspettavo assolutamente la presenza del ministro, che ritiene questo un problema semplicemente tecnico - che non mi sorprende che non sia ancora arrivata la richiesta da parte della ditta di avere la certificazione.
Infatti - credo che lo sappiate ma vale la pena di ricordarlo - in America la ditta, la stessa che produce la RU486, anziché passare attraverso le complicate questioni di controllo, ha preferito regalare il proprio brevetto, perché questo, evidentemente, la metteva al riparo da alcune responsabilità legali. Quindi, ha regalato il proprio brevetto. Non mi sorprende, quindi, che non chieda autorizzazioni e controlli.
Assistiamo ad una cosa abbastanza inquietante. Già sette regioni utilizzano la RU486, sfruttando le pieghe della normativa sull'importazione diretta dei farmaci da parte delle regioni. Lo scopo è creare una situazione di fatto che consenta di allargare le maglie della legge e chiedere un'ordinanza ministeriale che faciliti l'acquisizione della pillola da parte dei singoli ospedali. Ma se, come afferma il ministro, la scelta di un metodo abortivo riguarda solo i medici e le donne, perché mai i consigli regionali e i comitati etici locali si fanno attivi promotori della RU486?
Ciò avviene perché essi cercano disperatamente metodi per diffondere un farmaco che non è stato sottoposto al controllo dell'ente di farmacovigilanza, che non ha un protocollo e che l'azienda non vuole ancora registrare.
Questo non è un fatto politico? A me pare di sì.
(Misure a tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini di Gela e delle aree limitrofe - n. 2-00233)
PRESIDENTE. L'onorevole Dioguardi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00233 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 10).
DANIELA DIOGUARDI. Signor Presidente, vista l'ora tarda, cercherò di essere breve.
Ringrazio il sottosegretario per essere qui. Con questa interpellanza abbiamo voluto sottolineare la gravità e la drammaticità della situazione di Gela e sottoporla ad una attenzione particolare, nonché invitare il Governo ad un'iniziativa. Si tratta di un'iniziativa che, chiaramente, prevede momenti e fasi diverse. Ci sono cose che è possibile fare subito ed altre che vanno verificate.
La situazione di Gela è emblematica. Si è parlato del «caso Gela». Essa è emblematica sotto molti aspetti: è emblematica di uno sviluppo distorto, che non tiene assolutamente conto del territorio, delle sue vocazioni e della sua cultura. Si èPag. 96aperto il petrolchimico nel 1959 ed è diventata una cattedrale nel deserto. Il sogno si è trasformato in un incubo per quella popolazione.
Essa è emblematica - lo voglio sottolineare - di una differenza di tempi, che dobbiamo cercare di accorciare, tra i tempi della politica, quelli delle istituzioni e quelli dei cittadini, uomini e donne in carne ed ossa, soprattutto quando di mezzo c'è la sofferenza.
Quindi, credo che si debba tenere conto dei dati che emergono già da tempo e che si aggravano ulteriormente, secondo quanto hanno riportato i giornali e la televisione, per cui sappiamo che c'è un'altissima incidenza di malattie oncologiche. I dati ci parlano del 57 per cento in più di mortalità per tumore allo stomaco negli uomini e del 74 per cento di tumori al colon retto nelle donne.
Quindi, sono dati davvero allarmanti. A questi dati si uniscono recenti studi svolti anche per iniziativa della magistratura di Gela, che sta indagando su alcune morti sospette anche dei lavoratori del Petrolchimico, ed indagini svolte sui nati con malformazioni congenite. Anche questi sono dati gravi e spaventosi. Vi è un'altissima percentuale di ipospadie che non sono state mai riscontrate in nessun'altra zona industriale. Quaranta bambini su mille nascono con malformazioni congenite alle vie respiratorie, al sistema cardiovascolare e agli arti. Vi è, davvero, una situazione di grande allarme.
Dagli studi emerge che vi è una connessione tra la salute (in questo caso, bisognerebbe dire la precarietà della salute) e le sostanze nocive ed inquinanti. In proposito, anche il Governo dovrebbe fare in modo che venissero effettuate quelle opere di manutenzione e di aggiornamento all'impianto che non vengono realizzate, come dimostrano anche gli ultimi episodi avvenuti. A settembre, sono fuoriusciti fumi maleodoranti e si è dovuto fermare l'impianto. Tutto ciò a danno della cittadinanza.
Bisogna agire immediatamente. Sono problemi difficili, che non si possono risolvere come si è fatto nel 2002, trasformando con un provvedimento una sostanza nociva in una sostanza positiva. Infatti, a causa di alcuni problemi che si erano verificati, il pet-coke (questa sostanza incriminata, a causa della quale la magistratura aveva chiuso l'impianto) è stata derubricata tra le sostanze combustibili ed eliminata dalla lista dei prodotti di scarto della lavorazione del petrolio.
Capisco che vi è il problema del lavoro; ma il lavoro non può essere in contraddizione con la salute. Allora, credo che dobbiamo dare delle risposte, che già da tempo i cittadini e le cittadine di Gela aspettano, in ordine ad una bonifica del territorio e ad una riconversione che non può avere chiaramente tempi brevi. È veramente un problema di pianificazione, ma è importante iniziare ed avere un progetto su cui continuare a lavorare. Quindi, occorre una conferenza di servizi che veda insieme i ministeri responsabili, la regione, gli enti locali, la provincia, il comune e anche i rappresentanti dell'ENI, affinché intanto si abbia un progetto. Questa sarebbe una grande opera utile per la Sicilia e potrebbe essere anche un reale volano di sviluppo.
Vi sono, poi, problemi anche più immediati. Abbiamo la possibilità di risolverli con i 3 miliardi di euro che nel disegno di legge finanziaria vengono previsti proprio per investimenti destinati all'ammodernamento degli ospedali e all'apertura di nuovi servizi sanitari, con particolare attenzione ad apparecchiature di radiodiagnostica e radioterapia con priorità per le regioni meridionali. Ancora, sono previsti strutture residenziali per malati terminali e l'incremento degli screening oncologici.
Occorre che a Gela ci sia - come già, peraltro, previsto dal piano sanitario regionale - un dipartimento oncologico di secondo livello. Tra l'altro, si tratterebbe di potenziare strutture già esistenti e di creare unità operative di radioterapia e l'hospice per le cure palliative per i malati terminali.
Rendiamoci conto di qual è la situazione di questi cittadini e di questa comunità. Non solo hanno un'alta percentualePag. 97di mortalità e sono più a rischio rispetto a certe malattie, ma nel momento in cui si ammalano non hanno neppure le strutture sociosanitarie essenziali. Sono sottoposti a difficoltà e disagi di vario tipo. Debbono spostarsi dalla loro città, debbono allontanarsi, con problemi di pendolarità, e debbono allontanarsi anche nei momenti più gravi, nei momenti della separazione dalle loro famiglie. Quindi questa è una risposta che noi possiamo e dobbiamo dare. È necessaria inoltre l'attivazione (si è visto che è fondamentale per le malattie oncologiche) di un servizio di biologia molecolare, che potrebbe essere attivato a Caltanissetta all'interno del dipartimento oncologico di terzo livello oppure anche localizzato direttamente a Gela. Sempre a Gela, sarebbe necessaria un'unità di igiene ambientale, che accorpi il monitoraggio, l'interpretazione dei dati, l'indagine epidemiologica, l'indicazione degli interventi nel territorio. E ancora, altra cosa essenziale sarebbe un registro dei tumori, per la raccolta e l'interpretazione dei dati di prevalenza e di incidenza delle diverse tipologie di patologie neoplastiche e un servizio di medicina e di igiene del lavoro.
I morti non sono soltanto quei lavoratori che muoiono negli incidenti. Ci sono anche lavoratori che muoiono per effetto dell'esposizione a situazioni di inquinamento per sostanze nocive. Credo dunque che occorra davvero un'intensa opera di prevenzione e soprattutto occorre che la comunità locale venga nuovamente messa in condizioni di sicurezza rispetto alla salute, che è il bene primario. Occorre ridare quindi tranquillità. Credo che tutto ciò si debba a questa comunità.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Si risponde all'interpellanza in esame su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri. In merito alla situazione di grave crisi ambientale e sanitaria provocata dal Petrolchimico di Gela e dopo aver precisato che le attività di messa in sicurezza e bonifica sono propedeutiche alla riconversione industriale, va segnalato che l'area in questione è stata ricompresa nei siti inquinati di interesse nazionale per le bonifiche con decreto ministeriale 10 gennaio 2000. Tale area, dichiarata anche ad elevato rischio di crisi ambientale, è costituita dai territori dei comuni di Gela, Butera e Niscemi, per un'estensione complessiva di circa 671 chilometri quadrati.
L'economia dell'area appare fortemente condizionata dall'esistenza di un polo industriale di rilevanti dimensioni. In particolare vi sono sei insediamenti produttivi soggetti agli obblighi previsti dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, recante attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, tra cui gli Stabilimenti Polimeri Europa Spa e la Raffineria di Gela Spa. Per entrambi, il competente Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato le istruttorie tecniche di riesame quinquennale dei previsti rapporti di sicurezza ed ha effettuato nel 2002 la verifica ispettiva di cui all'articolo 25 del decreto legislativo n. 334 del 1999. Attualmente, sono in corso ulteriori verifiche ispettive sui sistemi di gestione della sicurezza.
Poiché l'area di Gela è sito di interesse nazionale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha svolto le attività istruttorie sui progetti di messa in sicurezza di emergenza sui piani d'indagine dello stato di contaminazione dei suoli e delle falde e sui successivi progetti di bonifica. Dal gennaio 2000 inoltre sono state condotte ai sensi della legge 29 luglio 1999, n. 241, numerose conferenze di servizi di natura istruttoria e 11 conferenze di servizi decisorie, oltre a molteplici riunioni della segreteria tecnica per l'istruttoria degli elaborati progettuali, con la partecipazione di enti ed istituti scientifici di livello nazionale.
Sulla base delle informazioni acquisite, è emersa la necessità di attivare interventi incisivi, approvati con prescrizioni nellePag. 98suddette conferenze decisorie, mirati alla messa in sicurezza, alla bonifica ed al ripristino del sito.
Nella regione Sicilia è in vigore, ed è stato prorogato fino al 31 gennaio 2007, lo stato di emergenza per la bonifica ed il risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati. Il presidente della regione, in qualità di commissario delegato, sta provvedendo, nell'ambito dei compiti conferitigli ed in coordinamento con il citato dicastero, ad effettuare determinati interventi di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica relativamente all'area marina, all'area umida del Biviere di Gela ed alla discarica di Cipolla.
Va ricordato che il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ha individuato le autorità competenti alla valutazione e gestione della qualità dell'aria nel territorio nazionale nelle regioni e province autonome, le quali sono tenute ad effettuare il monitoraggio degli inquinanti atmosferici, la predisposizione e l'attuazione dei piani o programmi per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria e l'informazione del pubblico. Inoltre, per le zone in cui i livelli di una o più sostanze inquinanti comportano il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie di allarme, lo stesso decreto stabilisce che gli enti regionali individuino le autorità competenti alla gestione di tale situazione di rischio.
Relativamente alle iniziative intraprese dalla regione Sicilia, il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato che dall'analisi dei dati ricevuti risulta che, con il decreto assessoriale del 19 dicembre 2005, la regione ha adottato la «zonizzazione» del proprio territorio regionale, in base alla quale il comune di Gela è stato inserito nella zona «parte di territorio nella quale è stato accertato, mediante misurazioni in siti fissi, il superamento dei valori limite e/o dei valori limite più il margine di tolleranza di cui al decreto ministeriale n. 60 del 2002 e in cui si deve intervenire in tempi brevi con i piani di azione e/o i piani di risanamento», ricompresa, quindi, come «area ad elevato rischio ambientale».
In base ai dati ufficiali più recenti (2005) in tale agglomerato viene effettuato il monitoraggio di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, particolato atmosferico ed ozono, tramite diciassette stazioni di monitoraggio dislocate nell'area e gestite da diversi soggetti (provincia di Caltanissetta, Agip e rete civica); quattordici di queste stazioni si trovano nel territorio del comune di Gela e le rimanenti tre nel territorio di Niscemi.
Dall'analisi dei dati relativi agli anni precedenti, risulta un assetto pressoché costante della rete di monitoraggio presente nell'area in questione. Nel periodo 2002-2005 sono stati registrati i superamenti dei valori limite, o dei valori limite aumentati dei margini di tolleranza, stabiliti per biossido di zolfo, biossido di azoto, materiale articolato e benzene, come risulta da apposita tabella.
A seguito dei superamenti registrati, la regione avrebbe dovuto, ai sensi dell'articolo 8 dello stesso decreto legislativo n. 351 del 1999, predisporre ed adottare già dal 2003 appositi piani e programmi di risanamento della qualità dell'aria: tuttavia, secondo quanto riferito dal Ministero competente, ad oggi non risulta elaborato alcun piano di qualità dell'aria né è pervenuta alcuna informazione circa eventuali azioni o misure adottate al fine di ridurre i livelli degli inquinanti nelle zone interessate dai superamenti. La normativa vigente, inoltre, stabilisce l'obbligo di monitoraggio ed obiettivi di qualità per gli idrocarburi policiclici ed aromatici (IPA), limitatamente alle aree urbane a maggiore rischio di inquinamento rispetto a tali inquinanti.
La regione avrebbe dovuto effettuare sul territorio una valutazione preliminare della qualità dell'aria-ambiente relativamente agli IPA e ad alcuni metalli, ma ad oggi non risultano i dati sulle concentrazioni di tali inquinanti, né informazioni sulla valutazione degli stessi nel territorio regionale.Pag. 99
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in considerazione della presenza di numerose aree dichiarate ad alta criticità ambientale, ha più volte interpellato l'amministrazione regionale per verificare lo stato di attuazione della normativa sulla qualità dell'aria, avviando, inoltre, una collaborazione ed un confronto con le amministrazioni interessate (regione ed ARPA Sicilia) in materia di pianificazione, valutazione e gestione della qualità dell'aria. Ciò al fine di supportare la regione nell'obiettivo di colmare le lacune ed i ritardi verificatisi nell'applicazione della normativa di settore.
Nel corso dell'ultimo incontro, tenutosi presso il citato Ministero il 28 luglio 2006, l'assessore regionale al territorio e all'ambiente si è impegnato a trasmettere una relazione di sintesi sulle attività in corso, relative alla riorganizzazione della rete di monitoraggio ed alla pianificazione degli interventi per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria.
Per quanto riguarda i dati relativi alle emissioni di sostanze inquinanti, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici ha precisato che essi sono contenuti nel registro delle emissioni «INES», il quale riporta i dati dichiarati dalle aziende ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, recante «Attuazione integrale della direttiva 96/91/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento».
Questi stessi dati costituiscono parte integrante del registro europeo «EPER», liberamente consultabile in Internet.
Relativamente alla necessità di fornire una corretta informazione alla popolazione coinvolta, si precisa che l'articolo 22, comma 4, del decreto legislativo n. 334 del 1999, come modificato dal decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 238, impone al comune in cui è localizzato lo stabilimento di portare tempestivamente a conoscenza della popolazione le stesse informazioni fornite dal gestore, rese eventualmente maggiormente comprensibili.
Tali notizie vengono fornite d'ufficio ad ogni persona e ad ogni struttura frequentata dal pubblico, che possano essere colpite da un incidente rilevante e debbono essere pubblicate almeno ogni cinque anni.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'attuale valutazione dei danni ambientali, sta anche verificando tutti gli aspetti di natura sanitaria, sociale ed economica prodotti, allo scopo di promuovere una possibile azione di risarcimento nei confronti delle aziende responsabili.
È necessario adesso riportare le informazioni ricevute dalla regione Sicilia, interpellata al riguardo da questa amministrazione.
L'assessorato competente ha precisato di avere intensificato la sorveglianza sullo stato di salute della popolazione residente. I primi risultati sulle indagini effettuate sono stati pubblicati dall'Organizzazione mondiale della sanità, con l'approccio degli studi di mortalità, effettuati in collaborazione con le autorità sanitarie locali, nell'ambito dei piani triennali di ricerca per la tutela ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Essi sono contenuti all'interno del volume Ambiente e stato di salute della popolazione delle aree ad elevato rischio di crisi ambientale in Italia.
Nell'ambito delle iniziative del Ministero della salute finalizzate a rafforzare le strutture sanitarie dell'area di Gela, deve essere ricordato che, relativamente alla programmazione dei fondi strutturali europei 2000-2006, detto dicastero, attraverso il progetto PON ATAS (Programma operativo nazionale di assistenza tecnica), sta fornendo supporto agli osservatori epidemiologici delle regioni dell'obiettivo 1, tra le quali è compresa la Sicilia.
Nelle suddette attività è stata inclusa espressamente la valutazione dello stato di salute della popolazione residente nell'area di Gela, attraverso un aggiornamento del profilo di mortalità e morbosità, tramite la piattaforma informativa regionale appositamente potenziata presso il dipartimento Osservatorio epidemiologico regionale.
Riguardo all'area in questione ed alle altre zone a rischio ambientale della Sicilia, è stato definito un dettagliato rapporto,Pag. 100disponibile sul sito Internet www.docsicilia.it, a cura del dipartimento Osservatorio epidemiologico regionale, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità e con il Dipartimento di epidemiologia della ASL Roma E.
Esso concerne: la revisione delle evidenze disponibili sullo stato di salute della popolazione dell'area; l'aggiornamento dei dati di mortalità e di morbosità mediante l'analisi dei ricoveri ospedalieri nell'area in questione. La fonte dei dati sanitari è il sistema informativo regionale delle schede di dimissione ospedaliera dell'osservatorio epidemiologico; i risultati delle analisi saranno disponibili e diffusi quanto prima. Tali attività sono state poste in essere dal Ministero della salute in sinergia con le locali risorse umane e strutturali e con investimenti nazionali ed europei, tramite l'assistenza tecnica a favore delle regioni dell'Obiettivo 1, destinandovi risorse finanziarie per un importo pari a 1 milione e 600 mila euro.
Il disegno dello studio epidemiologico ha previsto il confronto del quadro di mortalità e di morbosità dell'area di Gela con quello di un'area limitrofa di confronto, simile per caratteristiche geografiche, demografiche e sociali e per l'offerta di servizi sanitari; l'area definita comprende 22 comuni nel raggio di 40 chilometri, con centro nel comune di Gela.
Nell'area di Gela, mentre non sono stati evidenziati eccessi nella mortalità per la gran parte delle cause esaminate, i dati rilevati da entrambe le fonti mostrano valori significativamente superiori all'atteso, rispetto ai comuni limitrofi, nel totale delle patologie tumorali in entrambi i sessi, e per specifiche sedi, quali colon retto nelle donne (mortalità + 50 per cento, ricoveri + 35 per cento) e laringe negli uomini (mortalità + 64 per cento e ricoveri 84 per cento). Si è osservato, inoltre, un aumento di ricoveri per le malattie cardiovascolari, per le malattie respiratorie e, in particolare, per le malattie respiratorie acute, anche se per queste ultime la mortalità risulta significativamente inferiore rispetto all'atteso.
Alcune di queste cause (in particolare tumori del colon e malattie cardiovascolari), oltre che di aspetti assistenziali veramente riconducibili al momento del trattamento in regime ospedaliero, sono suscettibili di efficaci interventi di prevenzione; al riguardo, l'assessorato competente ha evidenziato di aver avviato, nell'anno 2005, il piano regionale per la prevenzione attiva che include, tra l'altro, lo screening per i tumori femminili e del colon retto, nonché la prevenzione primaria del cardiorischio.
Queste misure sono state accompagnate dall'ormai indifferibile contestuale definizione di tutti gli interventi di bonifica ambientale a cura degli organismi competenti.
Riguardo ad altri sistemi di sorveglianza delle patologie riconducibili direttamente o indirettamente a fattori di rischio ambientali, è attivo, inoltre, sull'intero territorio regionale, a cura del suddetto osservatorio e, quindi, anche nell'area in esame, ai sensi del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, il registro regionale dei mesoteliomi (in collaborazione con l'ISPESL) e il registro tumori di Ragusa.
Per il triennio 1998-2000, sono stati segnalati 5 casi in residenti nel comune di Gela (su 175 a livello regionale) e sono in corso di imminente pubblicazione i dati aggiornati.
È già in fase di avvio, anche per l'area in questione, a cura del registro tumori di Ragusa, un sistema di registrazione delle patologie tumorali, come richiesto nell'atto parlamentare.
L'assessorato ha già più volte rappresentato nelle sedi competenti (autorità di gestione, commissario rifiuti, autorità ambientale) l'esigenza di essere supportato nella prosecuzione del monitoraggio epidemiologico nell'area di Gela; tuttavia, essendo ormai stata avviata in questi giorni l'attività promossa dall'ufficio speciale aree a rischio dell'assessorato territorio e ambiente con il centro europeo dell'OMS, a supporto dei piani di risanamento delle tre aree ad elevato rischio ambientale (Gela, Priolo e Milazzo), per quanto concernePag. 101gli aspetti di sanità pubblica la prosecuzione dell'attività di monitoraggio in collaborazione con il suddetto centro è già in fase di programmazione.
Infine, per quanto attiene agli aspetti di monitoraggio e prevenzione sul territorio, è stato evidenziato che, ai sensi della normativa di cui all'articolo 7 del decreto legislativo n. 229 del 1999 ed in conformità alle indicazioni del vigente piano sanitario regionale, con circolare n. 1045 del 21 marzo 2001, sono state già impartite direttive per il funzionamento dei dipartimenti di prevenzione delle aziende USL, cui compete la «tutela della salute collettiva in ambienti di vita, anche con riferimento agli effetti sanitari degli inquinanti ambientali».
Inoltre, nella seduta del 9 novembre uscente la VI Commissione legislativa «Servizi sociali e sanitari» dell'Assemblea regionale siciliana ha espresso parere favorevole all'istituzione del Dipartimento oncologico interaziendale di II livello.
Tale progetto, secondo quanto riferito dall'ente regionale, si inserisce con coerenza nella programmazione regionale in tema di potenziamento delle attività oncologiche e risponde all'esigenza di garantire una corretta risposta sanitaria nell'ottica dell'ottimizzazione dell'intervento, dell'implementazione delle attività, dell'appropriatezza delle cure e del risparmio sulla spesa sanitaria.
L'attivazione del dipartimento in questione consentirà quindi ai cittadini del comprensorio calatino-gelese di ricevere un trattamento diagnostico, terapeutico e assistenziale adeguato alle necessità cliniche, basato su protocolli appropriati, organizzati nella maniera più efficace, evitando nel contempo lo spostamento dei pazienti verso altri centri, con l'aggravio di spese e disagi.
In particolare, le attività da implementare presso l'azienda ospedaliera Vittorio Emanuele di Gela saranno l'Unità operativa complessa di oncologia medica, l'Unità operativa complessa di radioterapia, l'Unità operativa complessa per le cure palliative e l'Unità operativa semplice di anatomia patologica.
La struttura dipartimentale si avvarrà delle competenze specialistiche presenti nei due presidi ospedalieri di Gela e Caltagirone, utilizzando professionalità e risorse già esistenti che necessitano, peraltro, di una integrazione organizzativa e funzionale.
La regione Sicilia ha precisato che per il successivo e conseguente provvedimento assessoriale, le procedure risultano ormai in avanzata fase di definizione. Si allegano i dati epidemiologici 1997-2006, forniti dall'azienda ospedaliera di Gela, relative alle malformazioni neonatali (allegato n. 2).
Per quanto riguarda gli aspetti specificatamente sanitari, deve sottolinearsi come la patogenesi della grande maggioranza dei difetti congeniti sia dovuta ad interazioni fra predisposizioni genetiche e fattori esogeni. Pertanto, per le malformazioni riscontrate sarebbe auspicabile la conoscenza dettagliata dei fattori genetici e non.
Peraltro, le malformazioni hanno assunto una posizione di primario interesse in campo socio-sanitario in quanto sono causa di mortalità, morbosità infantile e di grave patologia cronica ed il loro valore viene sempre più utilizzato quale indicatore di sorveglianza ambientale, stante l'effetto teratogeno dei metalli pesanti, di alcuni agenti infettivi e di alcuni prodotti chimici.
Appare determinante lo studio epidemiologico in quanto i suoi risultati possono orientare gli interventi di sanità pubblica anche mediante la sorveglianza di fattori di rischio.
Dal punto di vista epidemiologico, la regione Sicilia segue la problematica riguardante i nati con le malformazioni congenite attraverso l'assessorato regionale alla sanità e l'Osservatorio epidemiologico regionale, con l'Indagine siciliana malformazioni congenite (ISMAC).
Fin dal 1991 l'Ismac costituisce il registro siciliano malformazioni congenite, ossia un sistema di raccolta di registrazione sistematica e continua dei casi di malformazioni congenite osservabili nel neonato o nel bambino in tutto il territorioPag. 102siciliano, gestito attualmente, tramite convenzione con l'Osservatorio epidemiologico regionale, dall'Associazione denominata ASMAC.
Il registro Ismac è membro del coordinamento nazionale dei registri delle malformazioni congenite funzionante presso l'Istituto superiore della sanità dove convergono tutti i registri operanti nelle regioni italiane.
Il Ministero della salute ed il MATT hanno avviato un tavolo interministeriale per risolvere le problematiche di interesse ambientale e sanitarie, prevedendo la creazione di una cabina di regia allo scopo di sviluppare un sistema efficiente ed integrato per il monitoraggio dell'ambiente e della salute, mirato a dare indicazioni operative per la protezione e la prevenzione.
Ciò permetterà di realizzare azioni di indirizzo e coordinamento a favore delle iniziative già in essere, nonché di quelle pianificate, ma ancora da attivare, come quelle di specifico interesse sanitario suggerite dalla Commissione oncologica nazionale e recepite da questo Ministero.
Relativamente ai dati sul rischio cancerogeno professionale e sulle malformazioni congenite, si riportano i dati forniti dall'Istituto superiore di sanità, con la precisazione che sono il risultato di studi epidemiologici condotti con protocolli di ricerca validati a livello nazionale ed internazionale. Le indagini sul rischio professionale e sulle malformazioni sono state condotte dall'Istituto superiore di sanità nell'ambito di consulenze tecniche disposte dalla magistratura.
È in pubblicazione sulla rivista Epidemiologia & Prevenzione lo studio di coorte di mortalità dei lavoratori del petrolchimico di Gela, che comprende i dipendenti del periodo 1960-2002, identificati dai libri di matricola e osservati in termini di mortalità per lo stesso periodo. L'analisi dello studio è stata ristretta a 6.458 uomini assunti nel periodo 1960-1993, calcolando il rapporto standardizzato di mortalità, SMR, ed utilizzando come riferimento i tassi di mortalità della regione Sicilia. Si ricorda che per l'SMR il valore superiore o inferiore ad 1 identifica, rispettivamente, un aumento od una diminuzione della mortalità della coorte di esposti rispetto al riferimento.
Nella coorte del petrolchimico di Gela, per tutte le cause l'SMR è risultato pari a 0,70 (662 decessi), per tutti i tumori maligni pari a 0,71 (210 decessi). Per le cause di interesse «a priori», sulla base delle precedenti evidenze epidemiologiche relative al settore petrolchimico, ossia le neoplasie di cute, il sistema linfoematopoietico, polmone, vescica, rene, fegato, encefalo e pleura, i valori puntuali degli SMR hanno intervalli di confidenza al 90 per cento, con il limite inferiore che non risulta mai superiore all'unità.
Pertanto, l'analisi preliminare della mortalità dei soggetti che hanno iniziato il lavoro nel petrolchimico di Gela nel periodo 1960-1993 non evidenzia eccessi per le patologie associate alle potenziali esposizioni professionali in quel contesto lavorativo. Una sottostima del rischio per patologie rare, come sono quelle neoplastiche di particolare interesse «a priori», potrebbe risultare dall'effetto lavoratore sano, dalla difficoltà di attribuzione di specifiche esposizioni in un contesto di molteplici esposizioni variabili per intensità e durata e dalla proporzione non esigua di decessi con causa non specificata.
Per quanto riguarda le problematiche delle malformazioni congenite, sulla base dello studio condotto nel periodo 1991-2002, è stata misurata una prevalenza per tutte le malformazioni alla nascita circa due volte significativamente superiore a quella del registro siciliano e dei registri italiani. Tra le malformazioni specifiche sono significativamente in aumento i difetti del tubo neurale, la microcefalia, l'ipospadia, l'idronefrosi e l'ernia diaframmatica. La prevalenza alla nascita di ipospadia è di 5,6 su 10 mila, significativamente superiore ai riferimenti di oltre 2,5 volte. Gli autori concludono che i risultati dell'indagine rafforzano l'ipotesi di un ruolo causale di fattori di rischio presenti nell'area. I risultati del successivo studio caso-controllo sulle ipospadie sono statiPag. 103presentati nel mese di ottobre 2006 al congresso annuale dell'Associazione italiana di epidemiologia. Per le ipospadie ed il totale delle malformazioni congenite sono risultati forti eccessi di rischio per i consumatori di pesce, di frutta e verdura se acquistati da venditori ambulanti o pescati o prodotti in proprio.
Gli eccessi sono presenti per consumi sia di almeno due volte a settimana o due volte al giorno, sia di almeno una volta a settimana o una volta al giorno; le stime di rischio variano tra 6 e 50. Gli autori concludono che i risultati sono evocativi di un possibile effetto sul rischio riproduttivo della frequenza dei consumi sopraelencati e rappresentano un segnale di preoccupazione a carico della catena alimentare e dei possibili effetti sulla salute.
Per quanto riguarda la mortalità e la morbosità, l'analisi effettuata dal dipartimento dell'osservatorio epidemiologico della regione siciliana e dal dipartimento di epidemiologia dell'ASL Roma E ha rilevato in entrambi i generi aumenti di mortalità e morbosità per tumori maligni (stomaco, colon retto, laringe, polmoni, vescica, linfomi non Hodgkin) e di morbosità per malattie cardiovascolari e respiratorie. Gli autori dello studio concludono che, sulla base dei suddetti risultati, la sorveglianza epidemiologica deve rientrare tra le priorità di sanità pubblica.
Relativamente a quanto richiesto dagli onorevoli interpellanti sull'istituzione di una conferenza di lavoro, affinché si cominci ad esaminare un piano di riconversione produttiva, si precisa che il Ministero dello sviluppo economico ha annunciato la prossima apertura di un tavolo nazionale sulla chimica, finalizzato a definire gli obiettivi e le strategie di politica industriale del comparto e le prospettive dei diversi poli chimici dislocati sul territorio nazionale, con particolare attenzione al sito di Gela.
Inoltre, si ritiene opportuno riportare in sintesi alcune informazioni pervenute dal gruppo ENI, tramite la competente prefettura di Caltanissetta. Nel sito di Gela il gruppo ENI è presente con la raffineria di Gela Spa e con gli impianti della Polimeri Europa Spa. Per quanto riguarda la prima, essa è dotata di un sistema di abbattimento delle emissioni in atmosfera prodotte dalla centrale termoelettrica dello stabilimento, che ha consentito una sostanziale riduzione, come riferito nella documentazione pervenuta dall'ENI, delle emissioni in atmosfera, che oggi sono fino a 4 volte inferiori a quelle precedenti. Oltre il 70 per cento delle emissioni atmosferiche è monitorato da sistemi di misurazione in continuo e da periodici ulteriori monitoraggi eseguiti da qualificati laboratori esterni.
La raffineria sta ultimando la realizzazione di un progetto volto al contenimento e al trattamento delle acque di falda inquinate, il quale assicura sia la preventiva messa in sicurezza dell'area che la sua completa bonifica.
Per quanto riguarda le attività di tutela della salute dei lavoratori presso la raffineria di Gela, dagli anni Ottanta è in vigore il processo di valutazione dei rischi per la salute dei lavoratori esposti (chimici cancerogeni, fisici biologici o derivanti da specifiche attività operative). L'ENI precisa che la misurazione dei vari agenti di rischio, in particolare degli agenti chimici cancerogeni, ha sempre mostrato valori espositivi abbondantemente al di sotto dei limiti consentiti dalla legge. Gli accertamenti sanitari per tutti i lavoratori esposti ai rischi hanno una periodicità annuale e sono mirati ai rischi derivanti dalle esposizioni a sostanze chimiche cancerogene, al rumore, all'attività con attrezzature munite di videoterminale, eccetera.
La struttura sanitaria della raffineria di Gela è composta da un medico (responsabile sanitario), coadiuvato da sette infermieri (operanti in turno continuo). Per ciascun lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, è istituita una cartella sanitaria e di rischio in cui sono riportati i risultati degli accertamenti sopra indicati. I risultati globali, ordinati per mansione, sono riportati, in forma anonima e collettiva, nel registro dei dati biostatistici. Secondo quanto comunicato dall'ENI, tali dati non hanno presentato, ad oggi, aspetti critici.Pag. 104
Dal 1992, il personale della raffineria di Gela si sottopone, su base volontaria, ad un programma di prevenzione dei tumori del colon, vescica, prostata, reni, dei tumori della sfera genitale femminile (Progetto salute ENI-Sicilia). Presso la raffineria, inoltre, è stato attivato un sistema di telemedicina, che offre la possibilità di usufruire di consulti sanitari con strutture di eccellenza, italiane ed estere. È poi attualmente in corso un progetto di ricerca, in collaborazione con l'ISPESL, avente i seguenti obiettivi: studio di biomarcatori da utilizzare nel monitoraggio ambientale del benzene; studio dei marcatori di diversità genetica nell'ambito del monitoraggio biologico del benzene.
Per quanto riguarda, infine, la Polimeri Europa Spa, si precisa che nei processi di combustione vengono utilizzati esclusivamente combustibili gassosi, che hanno le migliori performance di tutela ambientale.
L'ENI, al riguardo, sottolinea che, dal marzo 2005, il sistema di gestione ambientale dello stabilimento ha conseguito la certificazione internazionale UNIEM ISO 14001. Gli accertamenti svolti nell'ambito del monitoraggio degli ambienti di lavoro hanno consentito di escludere elementi di criticità per la salute dei lavoratori legati alle contaminazioni riscontrate nei terreni nella falda.
PRESIDENTE. L'onorevole Dioguardi ha facoltà di replicare.
DANIELA DIOGUARDI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la completezza della risposta. Sicuramente vi sono elementi di positività e ciò è evidente già da alcuni anni, come un'attenzione maggiore verso il monitoraggio e un'attività di indagine e di studio.
Devo, però, sottolineare alcuni aspetti, come il fatto che, già dal 2002, il piano sanitario regionale preveda, proprio perché la zona di Gela è stata dichiarata, sia dalla legislazione nazionale sia da quella regionale, zona ad alto rischio ambientale, un dipartimento oncologico di secondo livello. Siamo nel 2006 e, purtroppo, non si è visto nulla.
Mi auguro che questa risposta porti realmente ad un'accelerazione. Come dicevo prima, i tempi di chi soffre non possono stare dietro alle lungaggini delle istituzioni e della burocrazia o, peggio ancora, a promesse vuote.
Mi sembra, inoltre, che dalla relazione manchino alcuni aspetti che riteniamo essenziali. In primo luogo, si potrebbe vedere alla luce di quei finanziamenti, i tre miliardi di euro, di fare in modo che possa essere costituito il servizio di biologia molecolare, un servizio che sembra necessario rispetto alla possibilità di conoscenza sui tumori, alla loro diagnosi precoce, alla prognosi ed alla tipizzazione.
Insisto, anche, sull'unità di igiene ambientale a Gela, sul registro tumori e sul rilevamento dell'inquinamento, che deve essere potenziato.
Infine, l'ENI farà parecchio, però, vista la situazione di gravità, dovrebbe esservi un servizio di medicina e di igiene del lavoro.
Quindi, mi auguro che tutto ciò porti a risultati concreti che possano, come dicevo prima, ridare serenità ad una comunità che, in questo momento, è veramente particolarmente inquieta. Vi sono movimenti: i cittadini e le cittadine stanno cercando, in tutti i modi, di organizzarsi per portare alla ribalta e trovare soluzione ai loro gravi problemi.
(Rinvio interpellanza urgente Rossi Gasparrini n. 2-00247)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Rossi Gasparrini n. 2-00247 è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio interpellanze urgenti Cosenza n. 2-00162, Franceschini n. 2-00249, Smeriglio n. 2-00167, Adolfo n. 2-00179 e Burgio n. 2-00220 e n. 2-00231)
PRESIDENTE. Avverto che, per accordi intercorsi tra i presentatori ed il Governo,Pag. 105lo svolgimento delle interpellanze urgenti Cosenza n. 2-00162, Franceschini n. 2-00249, Smeriglio n. 2-00167, Adolfo n. 2-00179 e Burgio n. 2-00220 e n. 2-00231 è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.