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Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano.
PRESIDENTE. Comunico che, in data 23 novembre 2006, è stata notificata alla Camera dei deputati una ordinanza di ammissibilità adottata dalla Corte costituzionale in relazione ad un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dall'autorità giudiziaria.
Si tratta del conflitto elevato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano relativo alla delibera di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati in data 25 luglio 2005 delle opinioni espresse da Carlo Taormina, deputato all'epoca dei fatti, nei confronti del Pag. 48tenente colonnello Luciano Garofano, nella sua qualità di comandante del reparto investigazioni scientifiche dell'Arma dei carabinieri.
La Giunta per le autorizzazioni, nella riunione del 5 dicembre, ha espresso un orientamento favorevole alla costituzione in giudizio.
Nella riunione del 6 dicembre 2006, l'Ufficio di Presidenza - dopo aver preso atto dell'orientamento emerso presso la Giunta per le autorizzazioni - ha deliberato di proporre all'Assemblea che la Camera dei deputati non si costituisca in giudizio.
Avverto che sulla proposta dell'Ufficio di Presidenza darò la parola ad un deputato a favore e ad uno contro che ne facciano richiesta.
Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, intervengo per preannunciare il voto favorevole dell'Italia dei Valori sulla proposta dell'Ufficio di Presidenza relativa alla non costituzione in giudizio della Camera innanzi alla Corte costituzionale, conseguente alla dichiarazione di ammissibilità del conflitto di attribuzione sollevato dalla magistratura ordinaria. Quest'ultima - giova ricordarlo brevemente - procede nei confronti di Carlo Taormina per diffamazione in danno del colonnello Luciano Garofano, comandante del RIS (Reparto investigativo speciale) dei carabinieri.
Io sono stato l'unico ad esprimere un voto contrario alla costituzione in giudizio nella Giunta per le autorizzazioni e, quindi, si può capire con quale soddisfazione abbia appreso che l'Ufficio di Presidenza ha deciso di proporre all'Assemblea la non costituzione in giudizio della Camera. Ritengo che questa decisione sia giusta e saggia e che la Camera non possa, molto sbrigativamente, esprimere un voto contrario sulla proposta dell' Ufficio di Presidenza.
Vorrei spiegare, sia pure brevemente, le ragioni per le quali ho votato contro in Giunta per le autorizzazioni ed oggi voterò a favore della proposta dell'Ufficio di Presidenza. Allora, era ancora viva l'eco della manifestazione dei sindacati di polizia contro il Governo e la finanziaria, a causa delle ristrettezze in cui versano le forze dell'ordine, come segno di una più generale e ridotta considerazione del mondo politico per il loro lavoro.
Ho legato a queste considerazioni l'attuale vicenda perché la Camera, dopo essere stata considerata poco attenta alle esigenze delle forze di polizia nel disegno di legge finanziaria, non dovrebbe trasmettere, oggi, un ulteriore messaggio di svilimento e di scarsa considerazione verso onesti e leali servitori dello Stato, cosa che avverrebbe, invece, se la stessa Camera dovesse decidere di difendere l'aggressore Taormina piuttosto che esprimere solidarietà al comandante Garofano, diffamato, al RIS ed all'intera Arma dei carabinieri, quotidianamente impegnata con tutto il suo organico, con grande professionalità, nel presidio della legalità. La Camera non può permettere che suoi preziosi ed invidiati operatori siano ingiustamente insultati e dileggiati a causa del compimento del loro dovere, com'è avvenuto nel caso del comandante Garofano da parte di Taormina. Ci sarebbe da vergognarsi se non essi, ma chi li ha oltraggiati venisse difeso!
Oggi, infatti, ci occupiamo di una controversia del tutto privata, legata alla professione di avvocato svolta nel processo per i fatti di Cogne dall'avvocato Taormina, casualmente anche deputato nella passata legislatura, all'epoca della diffamazione. Egli, approfittando della sua posizione, ha gravemente diffamato il colonnello Garofano, in seguito alla cui querela la magistratura ha proceduto.
Senza alcun costrutto giuridico, la Camera, nella scorsa legislatura, deliberò l'insindacabilità della diffamazione. La magistratura procedente ha sollevato conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale, la quale lo ha dichiarato ammissibile. In effetti, tra mandato parlamentare e diffamazione compiuta non c'è alcun nesso.Pag. 49
Oggi, dobbiamo decidere se la Camera si debba costituire in giudizio per difendere la propria precedente delibera e, con essa, l'ex deputato Taormina (che, peraltro, come avvocato, risulta anche avere abbandonato la difesa).
In questa situazione, signor Presidente, non varrebbe a contrastare la proposta dell'Ufficio di Presidenza tirar fuori un'interrogazione parlamentare presentata da Taormina, e rivolta al ministro della giustizia, sulla base di lamentele contro i magistrati. Si tratta di un atto che mai menziona il colonnello Garofano, nei confronti del quale, come peraltro è noto, il ministro della giustizia non ha alcuna competenza, tanto meno in materia disciplinare. Quindi, l'argomento è soltanto strumentale ed incongruente. Comunque, una cosa è l'atto parlamentare tipico; altra cosa è la diffamazione, espressa con modalità del tutto diverse, che mai avrebbero potuto trovare albergo in un'interrogazione parlamentare.
Né si venga a dire, per giustificare la difesa in giudizio dell'aggressore, che c'è la prassi di rispettare le precedenti delibere della Camera...
Presidente ha suonato il campanello per invitare me a concludere o per invitare i colleghi a fare silenzio?
PRESIDENTE. Per invitare lei a concludere, onorevole Palomba.
FEDERICO PALOMBA. Bene, mi avvio alla conclusione e chiedo fin d'ora che la Presidenza autorizzi la pubblicazione di considerazioni integrative del mio intervento in calce al resoconto della odierna seduta.
Non c'è una prassi nel senso poc'anzi richiamato; pochi giorni fa, abbiano votato proprio nel senso di superare una precedente delibera nei confronti dell'ex deputato Delmastro delle Vedove.
Signor Presidente, queste sono alcune delle ragioni per le quali io invito caldamente la Camera a votare responsabilmente a favore della proposta dell'Ufficio di Presidenza, che è una proposta saggia. Sarebbe molto strano - concludo davvero, signor Presidente - se la Camera decidesse di non votare a favore di una proposta che viene dall'Ufficio di Presidenza e, quindi, da un organismo così altamente qualificato e responsabile. Grazie, signor Presidente.
PRESIDENTE. La Presidenza consente senz'altro, sulla base dei criteri costantemente seguiti, la pubblicazione richiesta dall'onorevole Palomba.
Chiedo se qualcuno intenda parlare contro la proposta dell'Ufficio di presidenza.
MARCO BOATO. Posso rivolgerle una domanda, signor Presidente?
PRESIDENTE. A quale riguardo, onorevole Boato? Ribadisco che sulla proposta dell'Ufficio di Presidenza possono intervenire un deputato a favore ed uno contro; è già intervenuto un deputato a favore: lei desidera quindi parlare contro?
MARCO BOATO. Signor Presidente, lei pensa che sia stato abolito il voto di astensione?
PRESIDENTE. No, non è stato abolito ma, come lei sa...
MARCO BOATO. In un dibattito come questo credo possano intervenire tutti i gruppi...
PRESIDENTE. Come lei sa, onorevole Boato, su argomenti come quello in esame è previsto che intervengano un deputato a favore ed uno contro. Tuttavia, è facoltà del Presidente consentire l'intervento di un deputato per ciascun gruppo che ne faccia richiesta.
MARCO BOATO. Non auspico, come teme il collega Giachetti, ma penso che sia una materia rilevante, su cui è giusto che chi vuole possa esprimere il proprio parere.
PRESIDENTE. Sta bene. Darò la parola ad un deputato per ciascun gruppo che ne Pag. 50faccia richiesta, precisando, ovviamente, che non c'è un obbligo di intervenire...
Prego, onorevole Boato, ha facoltà di parlare.
MARCO BOATO. La ringrazio, Presidente. Cercherò di essere rapido, pur trattandosi di una materia di grande delicatezza, come è risultato da un recente dibattito che abbiamo svolto in quest'aula con riferimento ad un altro caso, non identico ma analogo.
Signor Presidente, nel caso, evocato in precedenza, del collega Delmastro delle Vedove - con riferimento al quale l'Assemblea, a maggioranza, ha deciso di non costituirsi di fronte alla Corte costituzionale nel conflitto di attribuzione sollevato dall'autorità giudiziaria - eravamo in presenza di una proposta, che in quel momento appariva unanime, della Giunta in questa direzione, illustrata in quest'aula dal presidente Giovanardi, che adesso vedo al banco delle Commissioni. Con riferimento a questa vicenda, che riguarda un altro ex collega, ho letto con attenzione il resoconto dei lavori della Giunta e ho verificato l'astensione del presidente della stessa Giunta, annunciata all'inizio e ribadita al termine del dibattito (devo dire che si è trattato di un dibattito un po' confuso sulle varie posizioni, ma si tratta di questioni delicate). Alla fine, salvo il collega dell'Italia dei Valori che mi ha preceduto, mi pare che tutti i gruppi dell'Unione abbiano poi deciso di astenersi, mentre quelli dell'opposizione di votare a favore di un parere all'Ufficio di Presidenza, finalizzato a proporre che la Camera si costituisca nel giudizio per il conflitto di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale.
Nell'Ufficio di Presidenza - di cui faccio parte e al cui dibattito ho partecipato - ho sostenuto che, come ho già ribadito più volte in quest'aula, la giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di insindacabilità, a partire dalle sentenze n. 10 e 11 del 2000 in poi, non prima, a mio e a nostro parere, sono state improntate a criteri troppo rigidi e restrittivi nella verifica della correttezza del fondamento del giudizio di insindacabilità espresso dalla Camera o dal Senato nei singoli casi. Al tempo stesso, ho riconosciuto l'esigenza, prospettata nell'altro dibattito dal presidente Giovanardi, che da parte delle Camere (in questo caso da parte della Camera dei deputati) ci sia un atteggiamento di responsabilità e, per così dire, di self-restraint nel dare noi stessi il giudizio sull'applicazione o meno dell'insindacabilità prevista dal comma 1 dell'articolo 68.
Personalmente, avendo letto tutto il materiale che ci è stato messo a disposizione, trovo una discrasia fra il momento in cui l'ex collega ha presentato un documento del sindacato ispettivo nella nota «vicenda di Cogne» in termini generali e la fase in cui successivamente, avendo assunto (ora non l'ha più) una funzione di difensore nella vicenda giudiziaria specifica, si è trovato a fare alcune denunce, che poi hanno provocato come reazione (non so il fondamento né delle denunce né della reazione: si tratta di un dato storico) la querela dell'ufficiale del RIS di Parma. Da quella querela nascono il giudizio di insindacabilità nella scorsa legislatura, il conflitto di attribuzione sollevato dal giudice per le indagini preliminari di Milano e la necessità di decidere al riguardo.
Credo sia difficile teorizzare che un avvocato difensore che rivesta anche lo status di parlamentare abbia una situazione diversa da un altro avvocato difensore che parlamentare non è. Sotto questo profilo, mi suscita grande perplessità la proposta della Giunta, espressa sia pure a risicata maggioranza e con un ingente numero di astensioni. Tuttavia, per rispetto a questo parere, così controverso e contrastato - a differenza della volta precedente, quando era unanime - ho dichiarato di astenermi nell'Ufficio di Presidenza, che poi, a maggioranza, ha deliberato di non accogliere il parere della Giunta e di proporre all'Assemblea di non costituirsi nel conflitto.
Per tutte queste ragioni, confermando le riserve sia sulla recente giurisprudenza della Corte costituzionale sia su questa vicenda specifica, nella quale lo status di parlamentare è una cosa ed il ruolo del Pag. 51difensore dovrebbe essere cosa ben diversa, confermo in quest'aula il voto di astensione già espresso nell'Ufficio di Presidenza della Camera.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, intervengo per sottolineare una perplessità che attiene al merito della questione oggetto di discussione e al rischio di creare un precedente. La perplessità di merito riguarda la valutazione dell'insindacabilità nell'espletamento della professione di avvocato, come è il caso dell'onorevole avvocato Taormina, che chiede l'insindacabilità in riferimento allo svolgimento di una funzione che non è quella di parlamentare, ma quella del suo mestiere di avvocato.
Nel contempo, sottolineo il pericolo di un precedente. Mi riferisco al fatto che l'Ufficio di Presidenza della Camera, del quale anche io sono parte, possa cambiare posizione a seconda della maggioranza politica che vi è nel suo ambito e di quella che c'è all'interno della Camera dei deputati. È un precedente molto delicato, nel senso che c'è già una soluzione a questo dilemma, che, in qualche misura, è stato adottata nella precedente legislatura, quando non ero deputato e benché meno facevo parte della Presidenza della Camera. Mi riferisco al fatto che, a seconda della maggioranza politica, si possa riconoscere o meno questa prerogativa. Mi chiedo, al di là del merito, su cui mantengo una mia personale perplessità, quale possa essere l'adozione di un criterio, a cui, obbiettivamente e non politicamente, tutti dovremmo essere tenuti ad attenerci. Ecco perché prevale in me questo pericolo di un precedente e ribadisco, come ho già fatto all'interno dell'Ufficio di Presidenza della Camera, la mia posizione contraria alla decisione, assunta a maggioranza, all'interno di questo organo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, non entro nel merito del voto che esprimerà Alleanza Nazionale e prendo la parola a titolo personale, non per dichiarare un voto diverso da quello dei miei colleghi, ma per sottolineare una procedura che ha dell'incredibile.
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, le debbo dire per chiarezza che lei prende parola a nome del suo gruppo, in quanto, in questa fase, non sono previsti interventi a titolo personale.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, le ho precisato che svolgerò, anche a nome di Alleanza Nazionale, una critica sulle procedure e sui comportamenti, a prescindere dal voto che il mio gruppo esprimerà. Alleanza Nazionale ha già deciso come votare, altrimenti avremmo chiesto la parola per intervenire a favore o contro.
Devo ammettere che l'onorevole Boato, con il quale, di solito, mi trovo in forte contrasto, ha ricostruito con molta onestà intellettuale i due casi, quello di Taormina e quello dell'avvocato Delmastro Delle Vedove.
Onorevole Presidente, non è concepibile che il presidente della Giunta, onorevole Giovanardi, con riferimento a quel caso (sul quale era stata presentata un'interrogazione parlamentare) che riguardava la visita ad un detenuto in carcere e in ordine al quale vi era stato il voto della Giunta per le autorizzazioni, secondo la quale quell'atto rientrava nelle prerogative parlamentari, nonché un voto dell'Assemblea che a stragrande maggioranza lo faceva rientrare nell'ambito dell'articolo 68 della Costituzione, si sia battuto, come se si trattasse di una campagna personale, affinché la Camera non si costituisse in giudizio.
In quell'occasione, intervenni evidenziando il rischio che si entrasse in un tunnel nel quale la Camera potesse rimetterci in prestigio e in dignità. Queste questioni non si possono affrontare caso per caso, a seconda delle maggioranze che si determinano. Mi fa piacere per l'onorevole Pag. 52Taormina, ma va detto chiaramente che l'astensione di una parte e il voto di un'altra determinano una soluzione.
Voglio rendere partecipe l'Assemblea di quanto affermato dall'onorevole Giovanardi in sede di Giunta, in quanto chi riveste cariche istituzionali così delicate deve avere una omogeneità di comportamenti e non si può permettere di giudicare caso per caso, secondo convenienze politiche (e mi assumo la responsabilità di ciò che sto dicendo).
Il presidente Giovanardi dichiara di trovarsi nella situazione dell'asino di Buridano: da un lato, non dubita del discredito che la vicenda ha gettato sulla funzione parlamentare che è stata ritenuta collegata alle parole dell'onorevole Taormina; dall'altro, però - aggiunge Giovanardi - non può trascurare l'esistenza di un atto parlamentare tipico, l'interrogazione n. 3-00906 della XIV legislatura.
Onorevole Giovanardi, anche nel caso dell'onorevole Delmastro delle Vedove era stata presentata un'interrogazione parlamentare! Pertanto, non può giustificare la sua astensione sul caso Taormina utilizzando gli stessi strumenti e le stesse parole con le quali ha chiesto la non costituzione in giudizio per il caso del collega Delmastro delle Vedove.
Attenzione, perché stiamo giocando con un articolo che tutela la libertà del Parlamento! Attenzione, perché i parlamentari non possono essere giudicati caso per caso! La Camera - lo abbiamo ripetuto tante volte - deve rivedere, anche dal punto di vista regolamentare, il modo per affrontare questo problema. Infatti, da una parte, la Camera ricorre ad avvocati esterni, con un costo altissimo per la collettività, per costituirsi in giudizi che poi regolarmente perde e, dall'altra, dovendosi esprimere sulla sindacabilità o sull'insindacabilità, non è possibile che la stessa Assemblea smentisca un precedente voto parlamentare, in quanto ciò significherebbe delegittimare di fronte alle altre istituzioni la Camera dei deputati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, ritengo che questo caso sia molto particolare e importante.
La Corte costituzionale, tempo fa, ha affermato che la determinazione dell'ambito dell'attività parlamentare costituisce una materia devoluta alla Camera. Pertanto, quando la Camera, attraverso un regolare iter, addiveniva alla determinazione dell'insindacabilità, la Corte costituzionale ne prendeva atto e uniformava le proprie opinioni.
Sono però intervenuti due fattori - diciamo così - terribili. Da una parte, il Parlamento è divenuto una sorta di corporazione, riconoscendo l'insindacabilità per qualsiasi comportamento, anche lontano dal concetto di attività parlamentare.
Dall'altra parte, la Corte costituzionale ha cambiato tendenza sostenendo che, poiché la Camera afferma trattarsi di attività parlamentare, ma la magistratura afferma il contrario, è il giudice del conflitto di attribuzione - cioè la stessa Corte - che deve decidere. Ciò poteva avere una certa logica, ma il tutto si è andato modificando nel tempo e, alla fine, siamo di fronte ad una situazione in cui la Corte costituzionale, a parere della stragrande maggioranza degli appartenenti della Giunta, si pronuncia in maniera del tutto difforme dal fatto logico e da quella che la Camera intende affermare come attività propria dei parlamentari.
Mi pare che la Giunta stia agendo in maniera assolutamente equilibrata, con uno scrupolo ed un'attenzione portati addirittura da Rifondazione Comunista, con una serietà anche di quel partito, che si è allontanato da giudizi politici per cercare di ottenere una soluzione giuridica al problema. La Giunta sta seguendo questa strada per risolvere le questioni che vanno via via proponendosi. In quest'ottica, ci troviamo di fronte ad una decisione: dobbiamo costituirci o meno in un processo davanti alla Consulta?
Dai deputati che hanno avvalorato l'ipotesi di non costituirsi in giudizio ho ascoltato una valutazione di merito: tutti hanno detto che questo caso non è degno di tutela perché i comportamenti appaiono Pag. 53chiaramente sindacabili. Credo che tale ragionamento sia totalmente sbagliato non nel merito, ma perché il merito non deve intervenire nel giudizio di oggi. La Camera dei deputati ha stabilito, a torto o a ragione, che quel comportamento era non sindacabile. Posso anche essere d'accordo sulla diversità dell'attività di avvocato da quella di parlamentare. Dirò di più: l'attività di avvocato è essa stessa tutelata da determinate norme di procedura. Però, tutto questo oggi non c'entra. Oggi dobbiamo decidere se la Camera debba tutelare o meno se stessa davanti alla Consulta. Mi pare di poco pregio l'idea di pensare ai costi di una difesa, anche perché la Camera potrebbe difendersi con gli avvocati interna corporis.
Per due motivi, quindi, voteremo contro la proposta dell'Ufficio di Presidenza della Camera e, quindi, in coerenza con la posizione della Giunta. Il primo motivo è immediato: non si può che comportarsi coerentemente dicendo che quanto la Camera ha giudicato insindacabile è evidentemente difendibile su questo piano e la Camera deve tutelarlo. Non far costituire la Camera in giudizio significa smentire il comportamento del deputato - il che sarebbe poco - ma soprattutto smentire il comportamento della Camera stessa.
La seconda e più importante ragione è data dal fatto che la Giunta sta seguendo un comportamento virtuoso e, dunque, credo che smentirla sarebbe inopportuno. Voteremo quindi in coerenza con le motivazioni fin qui esposte.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo brevemente per chiarire ai colleghi di cosa stiamo parlando. Ascoltando l'intervento del collega Palomba sembrerebbe che oggi siamo chiamati a decidere sull'insindacabilità relativa ad un collega, ma così non è. La Camera si è già espressa sull'episodio riguardante il collega Taormina nel senso di dichiararne l'insindacabilità. Nel momento in cui viene elevato un conflitto di attribuzione, è lapalissiano che la Camera debba costituirsi, non solo e soltanto perché crede nel fatto che al momento in cui è stata dichiarata l'insindacabilità si fosse nel giusto, ma anche per non smentirsi. Altrimenti, di cosa discuteremmo oggi in quest'aula se, avendo l'Assemblea adottato una delibera di insindacabilità delle opinioni espresse da un collega, ed essendosi quindi sollevato un conflitto di attribuzione, poi questa stessa Assemblea, invece, sancisse che la Camera non debba costituirsi a sostegno delle ragioni per cui essa ha concesso l'insindacabilità?
Mi sembra che gli interventi di qualche collega - mi riferisco principalmente all'onorevole Palomba - attengano al merito; ma noi oggi, invece, non stiamo valutando tale profilo, non dovendo votare sulla sindacabilità delle opinioni espresse nell'ambito di quella vicenda. La Camera, infatti, ha già deciso in merito; la Giunta stessa ha deciso, tra l'altro, anche se a maggioranza, di esprimere un orientamento favorevole alla costituzione della Camera stessa nel processo per conflitto di attribuzione. Ciò, anche perché si definiscono, nell'ambito di tale giudizio, le questioni attinenti alle prerogative ed ai principi che la Camera vuole mantenere attraverso l'applicazione dell'articolo 68 della Costituzione e che, all'esterno di questo «potere», si ritiene invece che non debbano essere riconosciuti. Deve essere mantenuto un equilibrio tra la decisione della Camera e la posizione con la quale la stessa, dinanzi al giudice terzo - la Corte costituzionale -, sostiene le motivazioni per cui ha deciso in tal senso; altrimenti, mi sembra che daremmo l'impressione, oggi, in questa Assemblea - non solo a questo Parlamento ma anche a quelli futuri dei prossimi dieci o venti anni -, di una sorta di resipiscenza, melius re perpensa, circa le prerogative che noi riteniamo debbano riconoscersi. Ciò, se appunto, avendo già deciso in un senso, la Camera poi, al contrario, dovesse deliberare di non costituirsi.
È per tale motivo che voglio anche chiarire al collega Buontempo che il gruppo di Forza Italia, non solo in questa Pag. 54occasione ma sempre, ha dato contezza di tali motivazioni ed è altresì per tale motivo che voteremo contro la decisione dell'Ufficio di Presidenza e conformemente all'orientamento emerso in sede di Giunta per le autorizzazioni a procedere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. I colleghi sanno che la Giunta è composta da ventuno membri, di maggioranza e di opposizione; ritengo che, nell'interesse comune, siamo riusciti ad adottare un metodo di lavoro che ci ha portato finora a condividere le decisioni senza spaccature tra maggioranza ed opposizione. Gli argomenti di cui trattiamo in Giunta - la libertà personale dei colleghi in caso di richiesta di arresto, ovvero l'insindacabilità per le opinioni espresse - debbono infatti corrispondere non a logiche di schieramento ma a logiche di tutela dell'intero Parlamento, a prescindere dai ruoli pro tempore di opposizione e di maggioranza.
Do atto che in questo caso abbiamo registrato il dissenso, espresso con grande onestà intellettuale, dell'onorevole Palomba; non siamo quindi riusciti, come in precedenti casi, tra voti favorevoli ed astensioni, ad esprimere sostanzialmente una decisione unitaria. Vi è stato un dissenso che non si era registrato, per esempio, nella precedente decisione, poi avallata dall'Assemblea, di non sollevare un conflitto di attribuzione per un caso per il quale la Giunta aveva svolto un'approfondita disamina. Anche ora ci siamo trovati dinanzi ad un caso molto difficile e mi associo alle parole di solidarietà pronunciate dall'onorevole Palomba nei confronti delle Forze dell'ordine, dei carabinieri e in particolare di un colonnello dei carabinieri, insultato da un collega parlamentare che ha assunto la difesa di una parte del processo e, come difensore di una parte, attacca i carabinieri del RIS che hanno svolto una perizia. Dov'è l'imbarazzo, onorevole Palomba? È nel fatto che in questo caso specifico, a monte dell'assunzione della difesa da parte dell'onorevole e avvocato Taormina, è intervenuto un atto di sindacato ispettivo che sostanzialmente e specificamente riguardava proprio quel caso. Già si adombravano, infatti, nell'interpellanza parlamentare questioni riguardanti la genuinità delle prove e quanto gli inquirenti potevano avere o meno fatto nel momento delle indagini.
Dunque, ho evocato l'«asino di Buridano», onorevole Buontempo, perché mi trovo veramente imbarazzato nel dover difendere un collega che, facendo il parlamentare, difende una parte in un processo e poi accusa l'altra parte giustificandosi sostenendo di essere un parlamentare: non si possono sostenere troppe parti in commedia se si vuole essere credibili presso l'opinione pubblica.
Però c'è anche un principio di tutela di tutti i colleghi. Se contestiamo noi stessi davanti alla Corte costituzionale che un collega non è neppure coperto da un atto di sindacato ispettivo e, quindi, può essere incriminato e subire un procedimento civile o penale anche per cose che ha sostenuto in aula o in atti di sindacato ispettivo, scavalcheremmo la stessa Corte costituzionale, «cancellando» l'articolo 68 della Costituzione.
Ciò ci ha portato, in Giunta, ad assumere una posizione pressoché unitaria, tra voti favorevoli ed astensioni, con l'eccezione del collega Palomba. Quindi, anch'io mi associo alle valutazioni dei colleghi, dicendo che, in questo caso, ci sembra opportuno che il conflitto di attribuzione presso la Corte costituzionale venga sollevato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, torna all'esame dell'Assemblea, poche settimane dopo quello dell'onorevole Delmastro delle Vedove, un caso che coinvolge principi molto delicati e molto importanti e dispiace che la Camera esamini una questione di questa portata con tanta distrazione. La mia opinione su questo punto, che mi porta a votare contro l'opinione Pag. 55espressa a maggioranza dall'Ufficio di Presidenza, è che la Camera, come corpo, non possa dissociarsi dalle decisioni adottate dalla Camera stessa in un periodo precedente. Se i nostri colleghi della precedente legislatura, a torto o a ragione, hanno deciso a maggioranza per l'insindacabilità del comportamento dell'onorevole Delmastro delle Vedove o dell'onorevole Taormina, credo che a questa Camera non spetti altro che condurre il giudizio alle sue conseguenze, senza necessariamente valutare ex novo tale procedimento. Capisco che la Giunta o che l'Ufficio di Presidenza vogliano informare, da oggi in poi, le decisioni della Camera a qualcosa che vada incontro alla sensibilità pubblica o alle opinioni della Corte costituzionale, ossia che si dica che d'ora in poi solo le opinioni che fanno parte dell'attività parlamentare, espresse in Parlamento o fuori dallo stesso, ma testimoniate dall'attività parlamentare e non dall'attività professionale, possano avere la copertura che la Costituzione prevede, ma ciò può valere soltanto per ciò che decidiamo, per i casi che vengono portati alla nostra attenzione, a partire da oggi. Se ci mettiamo a riconsiderare ciò che i nostri predecessori hanno stabilito, sostanzialmente ci sottraiamo ad un principio di continuità che è il fondamento della vita delle istituzioni.
Per questo motivo, signor Presidente, senza entrare nel merito della questione, voterò contro la proposta dell'Ufficio di Presidenza, essendo a favore di ciò che, in questo caso giustamente, a differenza dell'altra volta, la Giunta propone.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Prego i colleghi di prestare attenzione, per evitare equivoci.
Porrò ora in votazione la proposta formulata dall'Ufficio di Presidenza, nel senso che la Camera dei deputati non si costituisca in giudizio nel conflitto di attribuzione in oggetto.
Faccio presente che qualora venga approvata la proposta dell'Ufficio di Presidenza, la Camera non si costituirà in giudizio nel conflitto di attribuzione in esame. Qualora, invece, l'Assemblea respingesse la proposta dell'Ufficio di Presidenza, la Camera procederà a costituirsi in giudizio nel medesimo conflitto di attribuzione.
Pongo in votazione per alzata di mano la proposta dell'Ufficio di Presidenza.
(È respinta).
La Camera ha pertanto deliberato nel senso della costituzione in giudizio (Applausi).