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Discussione del disegno di legge: Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali (A.C. 1955) (ore 17,04).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1955)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiestoPag. 54l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Fasciani, ha facoltà di svolgere la relazione.
GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame reca interventi necessari ed urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, il quale rischia di produrre effetti sociali di particolare gravità a seguito della scadenza, avvenuta lo scorso 3 agosto, del termine di proroga fissato dall'ultimo provvedimento in materia.
Rispetto ai precedenti interventi, che si limitavano alla mera sospensione delle esecuzioni forzate, il disegno di legge rappresenta un segnale di discontinuità, in quanto, per dare attuazione ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 155 del 2004, si prevedono misure per alleviare il sacrificio del locatore ed operare una piena comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, oltre ad interventi concreti finalizzati a ridurre il disagio abitativo, nell'ambito di un quadro complessivo di riforma delle politiche di edilizia residenziale e pubblica.
Richiamo, in proposito, l'esigenza che il provvedimento in esame rappresenti il primo passo per un rilancio delle politiche abitative e di riqualificazione urbana, le quali devono rivestire una priorità strategica. Per tali ragioni, ritengo che, alla fine dell'esame del presente provvedimento, l'Assemblea potrà fornire importanti indirizzi al Governo in tal senso, considerato, peraltro, che occorre operare in modo strutturale per risolvere i problemi del disagio abitativo, al fine di evitare il ripetersi delle emergenze in futuro.
Per le ragioni precedentemente esposte, pertanto, raccomando l'approvazione del provvedimento all'Assemblea in termini rapidi. Faccio presente che l'VIII Commissione, seppure in tempi ristretti, ha svolto un lavoro approfondito, approvando talune modificazioni al testo presentato dal Governo, le quali, senza stravolgerne l'impianto, sono volte a migliorarne il contenuto, anche ai fini di una corretta applicazione.
Passando, quindi, all'illustrazione dei contenuti del provvedimento in esame, ricordo che esso riprende, nelle linee generali, il contenuto del decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito dall'altro ramo del Parlamento a seguito dell'approvazione di una questione pregiudiziale di costituzionalità nella seduta del 25 ottobre scorso.
Rispetto a quel testo, oltre a talune disposizioni riguardo alle quali erano stati rilevati problemi di copertura finanziaria, è stata espunta anche la previsione del rinnovo, per nove anni, del contratto scaduto in caso di unità immobiliari oggetto di operazioni di cartolarizzazione, sulla quale si concentravano le censure di legittimità costituzionale.
Vorrei segnalare che l'articolo 1, al primo comma, dispone la sospensione, per un periodo di otto mesi, delle esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazioni per particolari categorie socialmente deboli, residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni confinanti con oltre 10 mila abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa.
In base al comma 3, il termine di sospensione è di 18 mesi nel caso di immobili concessi in locazione ad uso abitativo da parte di alcuni enti previdenziali pubblici e di altri soggetti specificatamente indicati.
Come rilevato inizialmente, il provvedimento non si limita a disporre la proroga a beneficio del conduttore, ma reca anche misure finalizzate ad alleviare il sacrificio del proprietario locatore.
In particolare, l'articolo 1, comma 4, prevede per l'intero periodo di sospensione dell'esecuzione l'applicabilità della maggiorazione del canone del 20 per cento, di cui all'articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.Pag. 55
L'articolo 1, comma 5, ricollega al mancato pagamento del canone la decadenza del conduttore dal beneficio della sospensione.
L'articolo 1, comma 6, esclude l'operatività della sospensione nei confronti del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima, oppure nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione.
L'articolo 2 contempla agevolazioni fiscali per i proprietari di immobili locati ai soggetti in situazione di disagio abitativo, prevedendo, per un verso, che per la durata del periodo di sospensione delle procedure, il reddito dei fabbricati relativo agli immobili locati ai soggetti suddetti non concorre alla formazione del reddito imponibile, e per altro verso, la facoltà per i comuni di disporre, nei confronti dei medesimi proprietari, riduzioni o esenzioni dell'ICI.
Il testo in esame reca, inoltre, norme sostanziali, volte a dare soluzione al problema abitativo per le categorie interessate. Ciò vale per l'articolo 3, che demanda ai comuni, d'intesa con la regione, la predisposizione di un piano straordinario pluriennale per l'edilizia sovvenzionata e agevolata, e prevede la possibilità di istituire nei medesimi comuni apposite commissioni, con durata di 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per l'eventuale graduazione delle azioni di rilascio.
L'articolo 4, invece, disciplina il programma nazionale di edilizia residenziale pubblica predisposto da parte del Ministero delle infrastrutture di concerto con gli altri Ministeri elencati e di intesa con la Conferenza unificata sulla base delle indicazioni emerse dal tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative, che sarà trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Il programma è destinato a contenere gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, nonché proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
Per quanto riguarda, infine, i pareri espressi dalle Commissioni competenti in sede consultiva, avverto che la I Commissione ha espresso parere favorevole con condizione. La II Commissione ha espresso parere favorevole con condizione ed osservazioni, mentre le Commissioni V, VI e XII hanno espresso parere favorevole.
Faccio presente, inoltre, che la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha espresso parere favorevole con osservazione.
Segnalo che la Commissione ha recepito la condizione contenuta nel parere della I Commissione all'articolo 1, comma 5, sopprimendo il secondo periodo della predetta disposizione, che prevedeva l'automatica decadenza dal beneficio della sospensione dell'esecuzione in caso di mancata redazione del piano straordinario pluriennale da parte del comune di residenza.
Considerata la problematicità della condizione, la Commissione ha svolto, comunque, un articolato dibattito, al fine di prospettare una soluzione, anche in accordo con il Governo, nel prosieguo dell'esame in Assemblea.
Per quanto riguarda il parere espresso dalla II Commissione, la Commissione ha invece deciso di non recepirlo, riservandosi di svolgere gli opportuni approfondimenti in Assemblea.
In conclusione, nel raccomandare all'Assemblea l'approvazione del provvedimento in tempi brevi, avverto che mi riservo, in sede di Comitato dei nove, di procedere ad un approfondimento di alcune questioni emerse nel corso dell'esame in sede referente, al fine di proporre eventuali modificazioni al presente atto.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede replica.
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PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritto a parlare l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.
TOMMASO FOTI. Signor Presidente, mi corre l'obbligo innanzi tutto di ringraziare il collega Dussin che mi ha lasciato il posto nell'ordine degli interventi, e ringrazio anche la relatrice, per la collaborazione che ci ha prestato in Commissione, laddove questo provvedimento è stato modificato, su impulso dei gruppi di opposizione, in alcune parti significative: mi riferisco alle modifiche che, insieme al collega Dussin e al collega Stradella, ho rappresentato in quella sede, cercando di portare elementi di chiarezza in un testo licenziato dal Governo che presentava, e che, in alcune parti, presenta ancora, alcuni aspetti veramente grotteschi.
Penso però che in questa sede si debba fare un discorso di natura politica: dopo 11 anni che mi trovo in quest'aula, devo constatare che la politica ha fallito in materia di riordino del sistema degli sfratti. Insomma, noi dovevamo uscire da una situazione di emergenza, dovevamo pensare ad eliminare il disagio abitativo 11 anni fa; si è fatta una legge di sistema, la n. 431, che io ritengo buona, ma, alla fine, siamo ancora alla vecchia ricetta.
Come tutti i provvedimenti, questo non è d'urgenza non soltanto perché il Senato ne ha bocciato i requisiti di costituzionalità ed urgenza, rispetto al decreto-legge a suo tempo emanato, ma anche perché questo disegno di legge non è altro che un pannicello caldo!
Vorrei ricordare che, a fronte di un insieme di piani che vengono qui delineati soltanto per superare una censura da parte della Corte costituzionale, non vi è una lira per costruire un solo immobile!
Ho ascoltato, ieri sera, il dibattito, a cui hanno preso parte il presidente pro tempore della Camera ed il ministro Bersani. Il ministro Bersani ha osservato che noi avevamo azzerato il fondo sociale sull'affitto nell'ultima finanziaria. A parte il fatto che ciò non è vero, vorrei anche ricordare che il decreto ministeriale 16 marzo 2006 ha liberato risorse pubbliche pari a 100 milioni di euro, e che dovevano essere recuperate inoltre risorse private pari ad altri 100 milioni di euro per la costruzione di immobili nelle aree in cui effettivamente vi è un problema per quanto riguarda la locazione di immobili ad un prezzo, diciamo, conveniente per l'affittuario. Ciò che più sorprende, sinceramente, è che non si riesce ad uscire da questa logica dell'emergenza. Tra l'altro, il provvedimento, lo diceva prima la relatrice, non ha copertura dal 3 agosto. In uno Stato di diritto non si è mai visto che un Ministero dell'interno, per il tramite del suo responsabile, emani una circolare dove si invitano i prefetti a disattendere la legge, cioè a trovare un alibi per non concedere la forza pubblica per l'esecuzione del rilascio degli immobili!
Si tratta di una vergogna tutta italiana, che io penso crei una condizione di sostanziale ingiustizia nei confronti di coloro i quali, locando un immobile, credevano in uno Stato che quanto meno non fosse patrigno.
Aggiungerò di più. Mi pare che nel caso di specie ci si dimentichi anche di altre questioni, di una soprattutto. Nella recente campagna elettorale, l'Ulivo si era impegnato ad introdurre da subito una norma fiscale di vantaggio per i proprietari che locassero gli immobili ad uso abitativo. Era la famosa cedolare secca del 20 per cento, che, comparsa alla Camera, era finita al Senato, dove è stato presentato l'emendamento Morando, poi ritirato, dando luogo ad una situazione pazzesca, che lascia in uno stato di generale incertezza coloro i quali dovrebbero invece avere delle certezze. Chi loca un immobile deve avere due tipi di certezze: che il soggetto a cui l'immobile viene affittato sia solvibile e che l'immobile sia rilasciato nei tempi pattuiti. Di fatto lo Stato altera la seconda condizione e non fa nulla per andare incontro a coloro i quali, senza chiedere particolari garanzie, locano l'immobile medesimo. Vorrei aggiungere, sotto questo profilo, che l'articolo 4 è un capolavoro di ritorno al futuro. Dico questo perché, signor rappresentante del Governo, ci voleva un Governo di centrosinistra,Pag. 57dopo la riforma del titolo V della Costituzione, così come voi l'avete disegnato, a sollevare formalmente l'incompetenza delle regioni in materia di edilizia residenziale pubblica, dopo che la riforma del titolo V ha assegnato alle regioni la competenza esclusiva sulla materia. Penso che un articolo così mal concepito a nulla serva, se non a sollevare questioni di legittimità costituzionale da parte delle regioni stesse.
Nella relazione la collega Fasciani ha ricordato che in Commissione non si era riusciti a risolvere tutte le questioni sul tappeto; penso che questa sia una delle questioni che dovrebbero essere riconsiderate con quel buon senso che è mancato al Governo nel momento in cui ha licenziato questo disegno di legge.
Un altro aspetto che vorrei sottolineare è contenuto nell'articolo 1, comma 2, relativo all'autocertificazione. Non si vede perché un affittuario possa rilasciare un'autocertificazione, senza rispettare le procedure previste dalla legge. Se l'autocertificazione comporta, in caso di dichiarazione mendace, delle conseguenze, ciò serve a spingere colui che la effettua a dichiarare il vero; ma se l'autocertificazione è soltanto una finzione, senza alcuna possibilità da parte di chi la rilascia di essere sottoposto a qualsiasi tipo di giudizio, allora non serve a nulla.
Aggiungo una seconda considerazione. Questo disegno di legge, nonostante le modifiche apportate, reintroduce in modo surrettizio le commissioni per la graduazione delle esecuzioni immobiliari. Siamo cioè tornati indietro di dieci anni anche su questo tema. Sotto questo profilo, vorrei ricordare che l'autorità giudiziaria già di per sé valuta i singoli casi. Se non vogliamo che il mercato dell'affitto diventi ancora più rigido, dobbiamo eliminare tutti quei mezzucci che vengono introdotti per evitare che, scaduto il termine di locazione, il legittimo proprietario possa altrettanto legittimamente rientrare nella proprietà piena ed esclusiva dell'immobile.
A mio avviso, sono questi i temi sul tavolo e devo aggiungere - avviandomi alla conclusione - che credo vi sia un retropensiero in ciò che il Governo ha scritto.
Infatti, è talmente chiara la volontà di creare delle disparità di trattamento che, a fronte della possibilità del locatore di ricorrere avanti al giudice nel caso si realizzino certe condizioni per poter chiedere il rilascio immediato dell'immobile, si aggiunge un ultimo periodo nel quale si dispone che questo rilascio non debba avvenire prima della scadenza del termine delle esecuzioni. Non è che chiaro il motivo per cui un proprietario che abbia tutte le carte in regola per far ottenere immediatamente il rilascio dell'immobile dovrebbe ricorrere al giudice, se già in partenza quel termine per legge non può essere comunque inferiore a quello stabilito - in termini di proroga - da parte dello Stato.
In conclusione, penso che questo disegno di legge sia uno dei tanti che sulla materia non costituiranno altro che una cattiva legislazione. Mi auguro che quei piani che oggi vengono presentati in modo splendido, nel senso che sembra quasi che fra due mesi tutti i comuni avranno presentato i loro piani e il giorno dopo vi saranno nuove abitazioni, permetteranno di non trovarci alla scadenza dei termini prorogati nella stessa situazione di oggi, identica a quella degli ultimi dieci anni.
Muovo soltanto un invito al rappresentante del Governo: visto che il passato Governo ha lasciato ai comuni 100 milioni di euro e 100 milioni per l'attivazione della costruzione di case da parte dei privati, evitate di disperdere queste risorse nei rivoli di mancata produttività, così come state facendo in questi mesi con l'attuale legge finanziaria (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Perugia. Ne ha facoltà.
MARIA CRISTINA PERUGIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge in discussione prende in esame il disagio abitativo e intende dare a questo una risposta che non si limiti a fronteggiarePag. 58l'emergenza, ma avvii un percorso di rilancio programmatico sulle politiche abitative in grado di aumentare sensibilmente l'offerta di alloggi in locazione, a canoni accessibili e per tutte le categorie sociali.
In questo campo, infatti, è improprio parlare di emergenza: se ci soffermiamo ad analizzarne i dati quantitativi e la loro evoluzione nell'ultimo decennio, tali dati infatti ci parlano di un'emergenza sociale che va stabilizzandosi e rischia di assumere carattere strutturale. I canoni di affitto, ad esempio, sono aumentati tra il 1998 e il 2004 in media del 50 per cento, con punte nelle aree metropolitane del 90 per cento e oltre, mentre il valore degli immobili nelle città capoluogo di provincia cresce del 40 per cento. Diversi, a mio avviso sono i fattori che hanno contribuito a determinare la situazione attuale. Alla fine degli anni Novanta abbiamo assistito contemporaneamente ad una drastica riduzione nella costruzione di immobili di edilizia popolare e all'entrata in vigore della legge n. 431 che ha liberalizzato il mercato degli affitti ponendo fine all'equo canone. Quest'ultimo aveva contribuito a calmierare il mercato immobiliare, pur con tutti i limiti che ciò aveva rappresentato.
Da quel momento si registrava una progressiva vulnerabilità delle famiglie esposte ai canoni di affitto che ammontavano, secondo i dati Istat del 2001, a quasi 3 milioni e 300 mila. Si faceva così strada l'idea indotta per necessità dell'acquisto dell'alloggio, attraverso la stipula di mutui che prontamente le banche favorivano producendo un aumento della domanda e la rivitalizzazione del mercato immobiliare. Negli stessi anni si modificava il rapporto tra imprese e proprietà immobiliare con l'esternalizzazione del patrimonio affidato a società con sole finalità immobiliari, finanziate dalle banche e chiamate ad incrementare la redditività degli immobili. Quest'ultima dunque veniva garantita dai canoni di affitto e dai valori immobiliari che, quindi, devono entrambi crescere o comunque mantenersi sui valori alti.
Le case non rappresentano più, in questo modo, il diritto all'abitare; sono invece immesse sul mercato finanziario per produrre reddito e sostenere il sistema economico delle banche, la ristrutturazione delle imprese e soprattutto per alimentare la rendita finanziaria. Se a questo aggiungiamo i processi di cartolarizzazione e di vendita del patrimonio immobiliare pubblico, abbiamo un panorama sufficientemente chiaro di una situazione che, peraltro, vede l'indebitamento delle famiglie nei confronti delle banche per i mutui relativi all'acquisto della casa ammontare a 180 miliardi di euro.
Il quadro fin qui descritto - che rappresenta, tra l'altro, un'anomalia del nostro paese rispetto al resto d'Europa e degli altri paesi sviluppati - chiede un'inversione di rotta e deve rappresentare per questo Governo e per questo Parlamento una priorità assoluta.
Il disagio abitativo, di cui lo sfratto è come la punta di un iceberg, entra a pieno titolo - anzi, ne è forse la rappresentazione più drammatica - in quella insicurezza sociale divenuta cifra distintiva della nostra epoca, si accompagna alla precarizzazione nell'organizzazione del lavoro, alla selettività della formazione, alla guerra, e testimonia in modo concretissimo dell'innalzamento della soglia di povertà di questo paese.
I movimenti sociali, nati soprattutto nelle grandi aree urbane intorno al tema della casa, sono infatti costituiti da donne e uomini che lavorano e che mai prima d'ora avrebbero immaginato di trovarsi in mezzo ad una strada senza sapere dove andare a vivere. Ancora, il problema della casa si ripercuote sull'assetto della società e sull'impossibilità per le giovani generazioni di costruirsi una famiglia ed una vita autonoma, e per gli anziani di mantenere la residenza dove hanno costruito relazioni sociali, di protezione e di identità.
Prima di entrare nello specifico del testo in discussione, vorrei ribadire l'importanza che noi attribuiamo proprio agli elementi di congiunzione presenti nella proposta di proroga degli sfratti e di capacità di pianificazione degli enti locali.Pag. 59Non solo, infatti, questo legame è nelle cose, ma è l'unica possibilità di immettere un elemento di prospettiva per non rispondere all'emergenza con una legislazione emergenziale, che la condannerebbe a rimanere tale entrando in un circolo vizioso. So bene che alcune obiezioni a questa proposta - le abbiamo sentite dall'intervento che mi ha preceduto - riguardano un possibile conflitto di competenza fra Stato e regioni, particolarmente quando parliamo di programmazione. A questo riguardo, vorrei fare alcune osservazioni.
L'articolo 117 della Costituzione stabilisce al comma 2 le materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato, prevedendo alla lettera l) la «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», in cui certamente rientrano, così come confermato anche dal parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali, la disciplina delle locazioni e la normativa processuale in materia di rilascio di immobili.
Per chiarire ulteriormente il quadro in cui si inserisce il provvedimento, la questione va letta contestualmente alla materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato indicate anche alla successiva lettera m) dell'articolo 117, che prevede la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». Ancora, il comma 3 dello stesso articolo recita:« Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato».
D'altra parte, la Corte costituzionale si è più volte espressa in merito alla materia degli sfratti, sottolineando come il meccanismo della proroga degli sfratti e della sospensione non possa diventare strumento di ordinaria soluzione del problema degli alloggi. Non solo, nella sentenza n. 419 del 1991 la Corte ha sottolineato la rilevanza costituzionale del diritto all'abitazione, che ha portata generale - ho citato testualmente -, e ribadito con enunciazioni di dottrina che il legislatore regionale trova comunque un limite alla propria azione nel rispetto del principio costituzionale della riserva di legge statale e nel rispetto dei principi generali con essa stabiliti.
Passando ai punti qualificanti di questo disegno di legge, che norma la sospensione delle procedure esecutive di rilascio degli immobili per finita locazione, questi intanto risiedono nell'individuazione della platea e delle categorie beneficiarie del provvedimento. Vi è un'individuazione chiara e limitata ai luoghi della densità urbana, dove il problema realmente esiste, ed è rivolto alle categorie sociali maggiormente vulnerabili dal punto di vista del reddito annuo, innanzitutto - stimato, come tetto massimo, in 27 mila euro di imponibile -, della malattia, dell'età e della composizione familiare.
Ritengo anche interessante la differenza che emerge rispetto alla considerazione dei locatari; il piccolo locatario, infatti, è equiparato al conduttore, ove presentasse gli stessi requisiti, con l'annullamento del provvedimento; beneficia di agevolazioni fiscali durante il periodo della sospensione e questa stessa ha tempi più ridotti di quanto non sia nel caso di locatari enti o grandi proprietà.
Infine, l'opinione espressa dalla relatrice per la I Commissione rimette un po' in discussione il coinvolgimento dei comuni; in ogni caso, debbo dire che la responsabilità collettiva è portata in causa come elemento vincolante sia per i tempi della sospensione sia per evitarne la decadenza, con l'obbligo di produrre un piano particolare. In proposito, voglio sottolineare che quando si parla del piano dei comuni si parla di un piano che riguarda il fabbisogno, da una parte, e le disponibilità abitative del comune stesso, dall'altra, ove queste possano consentire il passaggio da casa a casa.
Infine, ma come detto non ultimo per importanza, mi richiamo al tavolo della concertazione generale al quale partecipino i Ministeri interessati, le regioni, l'ANCI, la Federcasa, i sindacati dei lavoratori e degli inquilini, le associazioni dellaPag. 60proprietà edilizia, dei costruttori e delle cooperative, per definire - voglio citare testualmente il disegno di legge - «gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale concordato e alla riqualificazione di quartieri degradati».
In conclusione, per le ragioni fin qui dette, mi pare importante l'approvazione in tempi rapidi di questo disegno di legge, perché questo può segnare una nuova partenza che dia slancio ed equità alle politiche dell'abitare nel nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, i cittadini italiani hanno una spiccata predisposizione ad avere la casa di proprietà. Le percentuali delle famiglie proprietarie di casa, infatti, sono tra le più alte dei paesi industrializzati.
Questi cittadini e i loro sacrifici vanno portati ad esempio, vanno apprezzati; essi sono come formiche e sono anche, a mio avviso, una parte importante del motore, dell'economia del paese. Tuttavia, non tutte le famiglie che non possiedono un'abitazione possono essere considerate delle cicale. Tra queste famiglie ve ne sono alcune che, oggettivamente, non riescono per ragioni oggettive familiari, ma anche di contesto, ad avere effettivamente la proprietà di una casa.
Quindi, questi cittadini sono costretti a stipulare affitti. I più fortunati sono conduttori di case di proprietà di enti statali o di altri enti che comunque sono proprietari di molti immobili, mentre molti altri sono conduttori di case i cui proprietari sono altre famiglie.
Il disegno di legge al nostro esame reca interventi per la riduzione del disagio abitativo e, quindi, non si pone come obiettivo l'eliminazione del disagio (che è oggettivamente difficile ottenere). Tuttavia, il provvedimento tenta, a mio avviso, di introdurre elementi innovativi rispetto alle norme che hanno da sempre regolato la sospensione degli sfratti. Anche a prescindere dalle sentenze che la Corte costituzionale ha pronunciato in materia, c'è sicuramente, nel paese, una maggiore sensibilità rispetto agli anni passati. Insomma, si è pensato ad un disegno di legge che non soltanto affrontasse il problema della sospensione temporanea di alcuni tipi di procedimenti di rilascio ma, contemporaneamente, avesse l'obiettivo di impostare, nel tempo, una soluzione del problema del disagio abitativo. Ecco la ragione per la quale si prevede che i comuni si dotino, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un piano straordinario pluriennale, da inviare al Ministero delle infrastrutture e della solidarietà sociale ed al Ministero delle politiche per la famiglia, a vantaggio dei cittadini disagiati. Questa è un'innovazione importante che, insieme ad altri elementi importanti del disegno di legge, può rappresentare una discontinuità rispetto al passato.
La discontinuità è dovuta a diversi elementi. Intanto, si dispone la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione. Il collega Foti lo indicava come un fatto negativo. Io ritengo, invece, che si tratti di un fatto positivo. Peraltro, la disposizione riguarda particolari categorie disagiate, non tutti i soggetti nei confronti dei quali sono in corso procedure di sfratto.
Oltre alla novità del piano straordinario pluriennale dei comuni, si prevede la convocazione di un tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative che, però, non avrà tra i suoi compiti quello di definire il contenuto di un eventuale progetto di legge. Da questo punto di vista, credo che il collega Foti non abbia ragione quando attacca il disegno di legge sostenendo che c'è la concentrazione in capo allo Stato di un'attività che, nel modificato Titolo V della Costituzione, è attribuita alle regioni o agli enti locali.Pag. 61
Non è così, in quanto, a parte la spiegazione fornita precedentemente dal collega, vi è il problema che il Ministero delle infrastrutture convoca un tavolo di concertazione per addivenire ad indirizzi che enunciano obiettivi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione ed il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale e alla riqualificazione di quartieri degradati.
Si tratta di indirizzi e di obiettivi che il Ministero delle infrastrutture ha sempre fornito, anche dopo l'approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione, in quanto rientrano pienamente nelle prerogative di tale Ministero. Oltre a ciò, il tavolo deve proporre normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare, che rientrano nelle prerogative dello Stato. Pertanto, ritengo che l'osservazione del collega Foti non sia pertinente, almeno per quanto concerne il testo in esame.
Inoltre, è prevista la piena comparazione della condizione del locatore e di quella del conduttore. I sacrifici del locatore sono tuttavia attenuati da benefici fiscali che lo Stato e i comuni dovrebbero garantire.
Rispetto al disegno di legge governativo appare rilevante che, nel testo sottoposto all'esame dell'Assemblea, sia stato recepito il parere dalla I Commissione, volto ad escludere che la mancata redazione del piano straordinario pluriennale da parte del comune di residenza comporti l'automatica decadenza dal beneficio della sospensione dell'esecuzione.
Un'altra norma importante è quella secondo la quale, durante la sospensione, il conduttore deve corrispondere al locatore anche la maggiorazione prevista dall'articolo 6, comma 6, della legge n. 431 del 1998. L'intervento si propone anche un altro obiettivo importante, cioè di avviare a soluzione i rapporti con l'Unione europea. Vi era stato un impegno da parte del Governo italiano per favorire l'accesso ad un'abitazione di livello sufficiente, per prevenire il fenomeno dei senzatetto, riducendolo fino ad annullarlo, e per rendere accessibile ai meno abbienti il costo delle abitazioni. Ciò è quanto ci rimprovera l'Unione europea e noi, con il provvedimento in esame, avviamo un processo che dovrebbe condurci ad ottenere i tre obiettivi indicati.
Nel provvedimento vi è una valutazione non negativa dell'impatto amministrativo, non significativamente pesante, per cui la situazione non si complica molto, anzi qualcosa si snellisce.
Pertanto, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, ritengo che il testo del disegno di legge in esame sia una buona base per approvare finalmente una seria legge sugli sfratti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stradella. Ne ha facoltà.
FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, ad essere presente in quest'aula da dieci anni si corre il rischio di cadere in contraddizione, come avviene a me in questo momento, in quanto ho già chiesto, durante la discussione dell'argomento in esame, che fosse l'ultima volta che si parli di proroga degli sfratti per finita locazione.
Non è giusto, come apparirebbe dalla discussione, presentare una divisione tra coloro che sostengono il diritto alla casa e la protezione di categorie deboli, rispetto a chi non li sostiene. Il quesito che ci poniamo è chi debba rispondere a questa domanda.
In tutti questi anni, anche durante il Governo di centrodestra, con cui mi trovavo in maggiore sintonia, a questa domanda non si è fornita risposta e non si sono create le condizioni perché lo Stato, la collettività, la fiscalità nel suo insieme fornisse risposta alle categorie disagiate, rispetto al privato che, disponendo di alloggi da mettere in locazione, si trova a non poterli utilizzare per fine locazione.
La questione non è tanto stabilire se esista un diritto. Certo, esiste un diritto ed esso è garantito anche dalla Costituzione, ma non possiamo ignorare che, finora, la Costituzione garantisce anche la proprietàPag. 62e non la ritiene affatto una condizione negativa. Non è vero che tutto il mondo delle locazioni è nelle mani delle grandi società, perché più del 50 per cento del patrimonio locato appartiene a famiglie che hanno, con risparmi e sacrifici, raggiunto una condizione di implementazione del proprio reddito, mettendo in locazione un alloggio. A queste famiglie deve essere garantita una condizione essenziale, cioè di poter entrare in possesso del proprio alloggio nel momento in cui il contratto di locazione finisca. Come ha già detto il collega Foti, vi sono due aspetti da tenere in considerazione, cioè che venga pagata la pigione e che sia tutelato il diritto di entrare in possesso dell'alloggio nel momento in cui la locazione sia finita.
Se il Governo attribuisse al Parlamento maggiori facoltà, dimostrando maggiore riguardo, molti provvedimenti sarebbero migliorati.
In questo caso, devo ringraziare sia la relatrice Fasciani sia il presidente Realacci per l'azione di miglioramento del testo, che è stata compiuta in Commissione, attraverso una riscrittura parziale, che ha sostanzialmente reso il provvedimento più attinente alla realtà, più confacente allo scopo e più adeguato alla situazione di impasse, che si era determinata con la dichiarazione di incostituzionalità votata al Senato.
Questo provvedimento è nato in modo più articolato e complesso, rispetto ad una mera proroga degli sfratti, per il semplice motivo che non deve incorrere nelle censure della sentenza della Consulta. Tuttavia si è fatto un po' di pasticcio. Si sono incollati argomenti che non sono del tutto omogenei. Si è cercato di aggiungere alla proroga degli sfratti qualcosa che va sotto il nome del rilancio dell'edilizia economica popolare, che nei fatti non è materia del Parlamento, bensì è materia esclusiva delle regioni. Con l'articolo 4 si crea confusione e addirittura anche conflitto tra lo Stato e le regioni. Abbiamo chiesto - mi pare che la relatrice stia lavorando su questo aspetto - che l'articolo 4 venga riveduto e corretto, nella direzione di creare condizioni per la realizzazione di un piano futuro di edilizia economica popolare, rivolto alle categorie più deboli, che peraltro con queste proroghe degli sfratti si trovano in una situazione in qualche modo umiliante, perché viene loro riconosciuto un diritto per la semplice ragione di avere una situazione familiare particolarmente pesante. Ciò dovrebbe invece essere riconosciuto all'origine e non dovrebbe far parte di una negoziazione che tutte le volte che parliamo di proroga degli sfratti deve emergere, anche perché questo comporta una turbativa del mercato. Immaginate il proprietario di un unico alloggio da affittare, nel momento in cui la richiesta di affitto gli viene fatta da una ultrasessantatreenne o da un capofamiglia che ha nel suo nucleo un handicappato grave: ebbene, egli si vede nella condizione psicologica di negare l'affitto e di non mettere a disposizione l'appartamento. È un fatto, da un certo punto di vista, di turbativa del mercato, dall'altro, di umiliazione ulteriore nei confronti di chi si trova in una condizione già disagiata e quindi meritevole di maggiore considerazione.
Un'altra esigenza, che noi continuiamo ad ignorare, ma che dovrebbe invece essere tenuta in considerazione, è quella di verificare nel patrimonio delle aziende territoriali per la casa (gli ex IACP) quanti degli occupanti conservino il diritto ad occupare questi alloggi. Ci sono artigiani, commercianti, che erano stati assegnatari, a suo tempo, di alloggi, solo perché avevano un lavoro dipendente ed erano all'epoca al di sotto del reddito stabilito; oggi non lo sono più e quindi dovrebbero essere messi fuori da queste strutture, dovrebbero lasciare questi alloggi disponibili per le necessità che affrontiamo con questo provvedimento.
Credo che non si possa incolpare l'opposizione - e nessuno l'ha fatto, per la verità - di non essere sensibile a questo tipo di problemi. Anche noi quando eravamo maggioranza abbiamo disposto delle proroghe. Allora avevo detto per ben due volte che sarebbe stata l'ultima, ma poi, rendendoci conto delle necessità delle categorie più bisognose, abbiamo aderito alla necessità di prorogare gli sfratti. L'articolo 4Pag. 63del provvedimento in esame, pur non essendo congruo rispetto al contenuto di questo provvedimento, è comunque un segnale, che il Governo dovrebbe cogliere, per fare un'offerta al Parlamento a livello di discussione e di verifica, magari anche di legislazione, che vada nella direzione che prima sottolineavo, cioè quella del mettere a carico della collettività e dello Stato un problema che è certamente importante e che non può essere addossato alla responsabilità e al portafoglio dei privati.
Io su questo provvedimento ho un giudizio parzialmente positivo e parzialmente negativo: positivo perché ha consentito una discussione ampia e una sistemazione degli articoli che è stata anche attenta ai suggerimenti dell'opposizione; negativo perché, ancora una volta, il Governo presenta un provvedimento pasticciato che non si capisce bene quali obiettivi abbia se non quello di aggirare la sentenza della Consulta.
A tal proposito, annuncio fin d'ora che il gruppo di Forza Italia si asterrà per evitare che il problema non venga affrontato e risolto, ma non possiamo vederci associati ad un provvedimento che ha parti che non condividiamo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, che come me a quest'ora resistete eroicamente in quest'aula, noi deputati Popolari-Udeur salutiamo con particolare favore la calendarizzazione di questo disegno di legge di cui abbiamo votato l'adozione della dichiarazione d'urgenza e la cui utilità è ora, sottolineo ora, riconosciuta anche da esponenti dell'opposizione. In realtà, noi Popolari-Udeur, per lo spirito che anima il nostro partito avremmo avuto il piacere di veder compiuta anche la conversione del decreto legge n. 261 del 22 settembre 2006, arenatosi tristemente su una questione pregiudiziale di costituzionalità posta dall'opposizione e da Forza Italia in particolare. L'entusiasmo con il quale il centrodestra ha accolto questa misera vittoria, che può essere considerata una semplice e banale ripicca politica, è apparso a tutti, tranne che a loro, inopportuno. Una vittoria che ha penalizzato i cittadini meno abbienti su un punto vitale come la casa, rappresenta purtroppo l'immagine peggiore che questa opposizione poteva dare di sé, dimostrando ampiamente il cinismo e l'egoismo sociale che la anima. Voglio sperare che il problema della casa per l'ex Casa delle libertà sia oggi una questione alla quale prestare la massima attenzione; di questo siamo convinti perché vediamo con quanto impegno e con quanta fatica anche l'ex padrone dell'ex Casa delle libertà è occupato a bloccare questo sfratto anomalo che, nel particolare caso di specie, gli viene preannunciato da un importante inquilino come l'UDC.
Oggi siamo qui a discutere ancora di un provvedimento mirato ad alleviare le difficoltà delle fasce di popolazione più deboli e svantaggiate come in realtà lo era anche l'altro. Per lo spirito costruttivo che caratterizza l'attuale maggioranza, sottolineo come il testo attuale recepisce le obiezioni che erano state poste al decreto-legge dagli emendamenti già approvati ai rilievi della Conferenza Unificata. Questo disegno di legge ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, una situazione che rischia di produrre effetti sociali incontrollabili a seguito della scadenza, avvenuta lo scorso 3 agosto, del termine di proroga fissato dall'ultimo provvedimento in materia.
In particolare questo disegno di legge si rivolge a quei conduttori che si trovano nei comuni capoluogo di provincia; nei comuni limitrofi con oltre 10 mila abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa; a coloro che abbiano un reddito annuo familiare complessivo inferiore a 27 mila euro; a coloro che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento. Tutti questi problemi non sono mai stati risolti con gli interventi legislativi fin qui adottati;Pag. 64infatti, la mancanza di interventi convincenti in materia abitativa ha comportato un peggioramento della situazione, soprattutto ma non solo, nelle aree metropolitane dove si registra un'elevata concentrazione di famiglie a basso reddito. Il problema delle famiglie che vivono il disagio abitativo, stimate in circa 2 milioni 180 mila, non può essere considerato un problema marginale.
Allo stesso modo, non marginale deve essere considerato il fatto che circa tre milioni di anziani vivono soli e la condizione di solitudine costituisce, di per sé, un fattore di disagio abitativo. Inoltre, volendo continuare ad enucleare cifre, seppure approssimative, ricordo che il 17,3 per cento delle famiglie con capofamiglia anziano vive in affitto e, di esse, il 66,2 per cento paga il canone ad un singolo proprietario privato. Quindi, nella maggior parte dei casi, si tratta di un canone di mercato. Non stupisce, dunque, che il 35,4 per cento degli anziani sia gravato da un canone che assorbe almeno il 40 per cento del reddito familiare. È facile comprendere, pertanto, come circa 2 milioni 400 mila anziani si dichiarino poco o per nulla soddisfatti della propria abitazione. Questo solo per voler parlare degli anziani. Tuttavia, a tale categoria si aggiungono anche quelle dei disabili e di tutti coloro che versano in condizioni difficili e che - ve lo garantisco - non sono pochi.
Proprio nei confronti di questi soggetti questo disegno di legge deve cercare di dare risposte concrete. In particolare, con questo provvedimento si dispone la sospensione, per un periodo dagli otto ai diciotto mesi, dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazione per particolari categorie socialmente deboli, esclusi, quindi, gli sfratti per morosità. Inoltre, non ci si limita a disporre la proroga ad esclusivo beneficio del conduttore ma si prevedono anche, da un lato, misure finalizzate ad alleviare il sacrificio del proprietario-locatore e, dall'altro, norme sostanziali volte a dare soluzione al problema abitativo per le categorie interessate. Il disegno di legge del Governo, infatti, oltre a prevedere una proroga dei termini per la sospensione delle procedure esecutive di rilascio degli immobili, delinea anche la ripresa di un percorso di pianificazione delle politiche della casa, prevedendo, altresì, misure di natura fiscale e interventi diretti ad introdurre la parità di trattamento tra conduttori e locatori. I comuni avranno 45 giorni di tempo pere presentare ai Ministeri delle infrastrutture, della solidarietà sociale e delle politiche per la famiglia un piano straordinario pluriennale di edilizia residenziale pubblica che tenga conto delle esigenze delle categorie disagiate già presenti nelle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi. Inoltre, è previsto un tavolo di concertazione sulle politiche abitative, con l'incarico di predisporre un programma nazionale per la programmazione regionale di interventi di edilizia residenziale pubblica. Gli scopi da perseguire sono la realizzazione di alloggi a canone sociale, la riqualificazione dei quartieri degradati, la proposta di norme di natura fiscale e la normalizzazione del mercato immobiliare.
Concludo, signor Presidente, ribadendo che noi, Popolari-Udeur abbiamo posto i problemi della casa e delle categorie disagiate - i portatori di handicap, in particolare - al centro del nostro programma e riteniamo, quindi, che il principale elemento di interesse del disegno di legge del quale ci stiamo occupando sia rappresentato dalla capacità di affrontare congiuntamente i due differenti aspetti di un unico problema. L'emergenza in atto, infatti, rischia di diventare strutturale, per cui è assolutamente necessario, oltre che intervenire con la sospensione delle procedure di rilascio, anche programmare gli interventi di carattere più generale, garantendo una uscita dall'emergenza mediante la chiara pianificazione degli interventi futuri. Tutte le considerazioni che ho svolto sin qui portano noi Popolari-Udeur a dare il massimo e convinto sostegno affinché il provvedimento in esame sia definitivamente approvato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dussin. Ne ha facoltà.
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GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, vorrei chiedere fin d'ora che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
Di conseguenza, mi impegno, a svolgere un intervento molto breve, finalizzato a completare e rafforzare le istanze già presentate in questa Assemblea da parte dei colleghi della maggioranza, che sostengono la opportunità di questo provvedimento il quale, tuttavia, sottende un elemento di politica sul quale, già da parecchi anni, non siamo affatto d'accordo.
Sappiamo che questo sistema ha fallito da parecchi anni nel suo intento e non ci si è mai adoperati invece per una vera politica della riforma della casa; lo dico alla relatrice in modo tale che ci possa essere una condivisione futura e la nostra Commissione possa dare una risposta, che passa attraverso una concezione diversa delle abitazioni, che servono a tutte quante le famiglie, disagiate e non. Bisogna pensare anche al recupero urbano, alla qualità della vita, e non che ci sono dei patrimoni che bisogna spremere fiscalmente. La casa è un bene importante, primario e necessario, che va sostenuto attraverso sgravi fiscali, che diano vantaggio ai proprietari attuali, che possano mettere nelle condizioni di eliminare anche le rendite. Prima ho sentito parlare di rendite; si dia la possibilità di costruire su terreni messi a disposizione o che provengono direttamente dal mercato, senza trasformazione urbanistica; in questo modo si può eliminare la rendita e chiedere una quota di edilizia sovvenzionata o di edilizia convenzionata. È un'operazione facile, l'importante è impegnarsi.
La cosa che mi preme sottolineare è il fatto che, comunque, l'edilizia residenziale pubblica è una materia di competenza delle regioni; questo è un fatto acquisito, non possiamo pensare oggi, nel proporre questa proroga degli sfratti, di presentare - articolo 4 - una programmazione che accentra di nuovo i poteri su questo argomento. Accentrare a livello statale un tema come quello della casa sarebbe il più grande dei fallimenti a cui noi potremmo andare incontro in quest'aula. Credo che quel punto vada risolto; noi abbiamo chiesto addirittura uno stralcio, ma spero che si possa pensare a ben altro.
L'obiettivo di tutti quanti noi è comune: dare una casa a tutti, una casa ben qualificata. Nella X Commissione si sta parlando di risparmio energetico e penso che vada inserita la normativa ad esempio introdotta nella provincia di Bolzano; ma non voglio andare fuori tema.
Si vuole ingessare il mercato per trasferire tutto in mano pubblica; sarebbe un assurdo, un altro assurdo; guai ad ingessare il mercato con la proposta di realizzare edifici pubblici attraverso la mano pubblica! Il mercato è mercato, sia quello della compravendita immobiliare sia quello dell'affitto. Invece si dia una mano alle giovani coppie, ad esempio con uno sgravio sul saggio di interesse, che oggi è aumentato per mano della Banca europea; gli si dia un incentivo! Ricordo che nel 2003 vi è stato un boom perché avevamo un saggio di interesse che era molto basso - era quasi prossimo al 3 per cento e addirittura, in certi casi, arrivava al 2,8, 2,9 per cento -, e le giovani coppie, con gli stessi soldi con cui pagavano l'affitto, si compravano la casa. Mi riferisco a quei comuni che sono vicini ai diecimila abitanti.
Noi siamo contrari a questo provvedimento, a che sia estesa questa norma a tutti i comuni, comuni capoluogo, comuni limitrofi, fino ai diecimila abitanti (mentre prima avevamo i tre grandi capoluoghi e quindi l'emergenza abitativa veniva considerata in queste realtà). Il resto lo avevamo previsto anche noi (il discorso sui disabili, sugli ultrasessantacinquenni e sulla situazione familiare). Credo che si possa dare una risposta più ampia e più completa al sistema residenziale.
Penso che non ci si debba porre contro le banche in questo sistema. Le banche fanno il loro lavoro, sia nel settore delle abitazioni, sia in altri. Il problema non è dei costruttori, che bisogna mettere nelle condizioni di operare.
Nei comuni con circa diecimila abitanti, cui fa riferimento questa norma, ilPag. 66prezzo dell'edilizia convenzionata che realizza l'ente pubblico (i vari ATER) è pari a quello di mercato. Non mi pare che se ne discosti molto e che avvenga chissà quale calmierizzazione.
Addirittura, si è voluta richiamare la lettera m), secondo comma, dell'articolo 117 della Costituzione per affermare che lo Stato deve riaffermarsi in questo settore. Penso che non dovremmo percorrere questa strada, anzi, dobbiamo fare tutt'altro tipo di percorso, che è quello che ho sottolineato negli esempi precedenti. In tal modo, sicuramente avremo la possibilità di perseguire una politica della casa che vada a favore sia dell'emergenza degli affittuari, sia a favore di un mercato che dà lustro al nostro paese e che rende possibile anche una rivitalizzazione dell'economia.
PRESIDENTE. Onorevole Dussin, la Presidenza consente la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del suo intervento, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
La Presidenza e l'Assemblea rivolgono un saluto agli studenti dell'Istituto tecnico Manetti di Grosseto, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Bocci. Ne ha facoltà.
GIANPIERO BOCCI. Signor Presidente, il collega Foti, sempre garbato e puntuale nell'analisi politica, nel suo intervento ricordava come il disegno di legge oggetto dell'esame odierno sia stato in qualche modo al centro di un confronto costruttivo all'interno della Commissione. Lo hanno ricordato anche il collega Stradella e chi mi ha preceduto.
Il collega Foti, però, dimentica un aspetto, affermando che ci troviamo ad affrontare una situazione che ancora definiamo di emergenza. Egli dimentica che, negli anni di Governo del centrodestra, sul versante delle politiche abitative e della casa, nulla è stato fatto, se non - è bene ricordarlo - 5 decreti-legge e 5 proroghe, che non hanno risolto nessuna delle principali questioni che oggi sono state al centro del dibattito.
Il ministro Ferrero, con molta onestà, in Commissione ha precisato che il provvedimento all'esame è da considerare solo il primo tassello di una politica della casa molto più ambiziosa, che il Governo intende realizzare in questa legislatura.
Del resto, nel programma del centrosinistra, presentato agli elettori, le politiche abitative vengono considerate una priorità nazionale, capace di favorire l'accesso alla proprietà della casa da parte delle famiglie, soprattutto di quelle a basso reddito, attraverso scelte mirate, capaci di dare risposte positive ai nuovi fabbisogni che riguardano le famiglie monoreddito, gli anziani, i lavoratori, gli studenti e gli immigrati.
Per questo, mi sento di condividere quanto riferito dal ministro Ferrero sulla necessità di rilanciare la politica della casa, non soltanto con una riforma seria - e ce ne è bisogno -, non soltanto con il potenziamento delle iniziative di edilizia residenziale pubblica, ma soprattutto attraverso un grande e condiviso patto nazionale.
Si dovrà trattare di un patto finalmente concertato, dopo le esperienze non positive del Governo precedente. Dovrà essere, inoltre, un patto in grado di riunire tutti i soggetti del settore e di mettere insieme progetti seri ed innovativi, individuando altresì le risorse necessarie.
Ha fatto bene il Governo, quindi, a presentare il disegno di legge in esame, poiché rappresenta, innanzitutto, una risposta onesta all'emergenza sociale in atto. Si tratta, infatti, di un provvedimento che ha lo scopo di contenere, come ha ricordato il relatore, il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane.
Siamo in presenza, inoltre, di un disegno di legge che, finalmente, riesce a dare una risposta chiara anche alle obiezioni sollevate dalla Corte costituzionale e dalla stessa Corte europea dei diritti dell'uomo, questione precedentemente sottovalutata.
Vorrei rilevare, quindi, che, con il provvedimento in esame, si riesce finalmente a coniugare la tutela delle fasce sociali particolarmente disagiate con scelte e procedurePag. 67molto rigorose rispetto a quelle adottate nella precedente legislatura, nel corso della quale abbiamo assistito a numerose proroghe, che hanno cambiato di volta in volta la platea dei beneficiari ed i tipi di contratto cui applicare le proroghe stesse.
In questo caso, invece, come ho precedentemente ricordato, vi è l'ambizione di mettere in campo una vera concertazione, per lo sviluppo delle politiche della casa, tra i diversi livelli istituzionali. Si dovrà trattare di una concertazione che consenta di superare veramente la politica delle proroghe. Tutto ciò, tuttavia, dovrà avvenire avendo un forte senso di responsabilità, fornendo oggi risposte immediate e concrete a tutti coloro che si trovano in una situazione di emergenza.
Partendo proprio da tale consapevolezza, rilevo che, finalmente, si avvia un percorso capace di creare i presupposti per intraprendere scelte coraggiose, per recuperare un ruolo pubblico di indirizzo, per realizzare importanti programmi di edilizia sociale a favore del recupero delle città esistenti, nonché per effettuare interventi di edilizia pubblica finalizzati ad una locazione agevolata e selettiva, realizzabili anche grazie al ricorso a strumenti ed istituti che favoriscano l'intervento dei privati.
L'obiettivo, come del resto è scritto nel programma dell'Unione (ciò è stato più volte ricordato dai rappresentanti del Governo), è di essere sostanzialmente in linea con la media europea. Per questo motivo, sussiste la necessità di compiere un notevole sforzo convergente del Governo centrale, delle regioni e degli enti locali, attivando risorse finanziarie sia pubbliche, sia private.
A fronte di tale scenario, è chiaro che il presente provvedimento riesce a lanciare un segnale di discontinuità rispetto al passato. Il disegno di legge in esame, come dicevo, avvia seriamente il problema verso soluzioni positive.
Prima di terminare il mio intervento, signor Presidente, vorrei svolgere due brevissime riflessioni. In primo luogo, vorrei dire che concordo con alcune considerazioni formulate dal collega Foti. Egli, infatti, ha ricordato che, in materia di politiche abitative, le competenze sono attribuite alle regioni. È da evitare, quindi, ogni tentazione di riproposizione di un modello «centralista», mentre deve essere assolutamente confermato il ruolo programmatorio delle regioni.
Ritengo opportuno, a tale proposito, apportare alcuni miglioramenti al contenuto dell'articolo 3 del provvedimento in esame, il quale stabilisce che i comuni ad alta tensione abitativa (che vorrei ricordare essere, in Italia, più di 700) predispongano entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, d'intesa con le regioni, piani straordinari da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e della solidarietà sociale ed al ministro delle politiche per la famiglia.
Credo che, riguardo a tale aspetto, si possa fare di più e meglio, per non correre il rischio di raccogliere qua e là documenti, forse anche disomogenei, che magari denunceranno un elevato fabbisogno di edilizia residenziale pubblica ma che, una volta reperite le risorse, potrebbero condurre al finanziamento dei comuni direttamente da parte del Ministero competente in assenza di una forte ed autorevole logica di programmazione.
Sarebbe meglio, a mio parere, consentire alle regioni di predisporre, di intesa con i comuni, venti programmi regionali straordinari, e non circa settecento programmi comunali, al fine di costruire un quadro del fabbisogno nazionale più omogeneo e comparabile.
Anche la seconda riflessione è brevissima. Mi dispiace che non sia presente un rappresentante del Ministero delle infrastrutture. Credo che, su un tema complesso come questo, che vede concorrere insieme le competenze dei Ministeri della solidarietà sociale e delle infrastrutture, sia indispensabile che quest'ultimo svolga un forte ruolo di riferimento rispetto ai provvedimenti che vengono adottati. Del resto, la storia dell'edilizia residenziale e dei tavoli di concertazione tra le regioni e il Governo è stata sempre caratterizzata da una forte e autorevole presenza del Ministero delle infrastrutture.Pag. 68
Da questo punto di vista, bisogna far sì che, intorno a queste tematiche complesse e delicate, vi possa essere fino in fondo e seriamente il concorso di competenze diverse e che ciascuna porti il meglio di sé per concorrere a costruire traguardi importanti su un versante come quello delle politiche abitative, rispetto alle quali si misura non solo la qualità della vita di un paese, ma anche il livello e il profilo di uno Stato sociale.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Lupi, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, credo che non si debba perdere di vista la filosofia di questo disegno di legge, che a me sembra quella di superare l'emergenza, ma con un programma strutturale.
È ovvio che l'emergenza è nata dal voto che è stato espresso in Senato - non dobbiamo mai dimenticarlo! - in cui le opposizioni, a scapito dei ceti meno abbienti, hanno preferito non votare a favore del decreto-legge che disciplinava la materia.
Forse, dal male sorge un bene: un disegno di legge che, nel soccorrere l'emergenza, disegna un percorso strutturale.
Signor sottosegretario, non posso non ricordare che se oggi, in Italia, circa il 78 per cento delle famiglie è proprietario della propria abitazione ciò è dovuto, per oltre il 50 per cento, al sistema cooperativo. Questo è un dato Istat, ossia un dato ufficiale: oltre il 50 per cento degli italiani che possiede una casa di proprietà lo deve al sistema cooperativo.
Pertanto, occorre svolgere una riflessione sia sulla filosofia del disegno di legge in discussione sia sulla capacità del sistema cooperativo di dare queste risposte. Infatti, nel provvedimento in esame vi è la previsione di un programma nazionale di edilizia abitativa pubblica.
Mi rivolgo anche al relatore: presenterò degli emendamenti funzionali alla filosofia del disegno di legge e alla funzione del movimento cooperativo.
Spesse volte, Presidente Tremonti, vedo che la cooperazione non viene presa nella dovuta considerazione; eppure potrei dimostrare che la cooperazione ha salvato il nostro paese dalla recessione.
Oggi vi è un'onda, non ben delineata (questa è una considerazione squisitamente politica e personale), che cerca di relegare la funzione cooperativa ai margini, dopo che essa ha dato molto a questo paese e, come dicevo, nella fattispecie ha dato la casa alla maggioranza degli italiani: lo sanno bene gli italiani che abitano in stabili di cooperative edilizie, talvolta a proprietà divisa ma - attenzione! - (e qui veniamo all'aspetto più specifico del disegno di legge), talvolta a proprietà indivisa. Chi non può farsi una casa di proprietà, cioè, può usufruire del metodo cooperativo, che offre un sistema per fruire dell'abitazione senza averne la proprietà.
E qui che cosa ci dice il disegno di legge? Esso si rivolge, se non ho capito male, ai cittadini in determinate condizioni, ovviamente di sfratto, che hanno un reddito lordo familiare di 27 mila euro. Chiunque capisce che con un reddito di questo tipo non si può realizzare il sogno di sempre degli italiani, cioè quello di avere una casa in proprietà. Un reddito del genere (parliamo di reddito complessivo familiare) è incompatibile con un mutuo.
Ecco allora che la cooperazione dà una soluzione a questo problema con la proprietà indivisa, ovvero, il fruitore dell'alloggio non ne è proprietario, ma ne usufruisce, e gode quindi di una garanzia di continuità. Quindi, il disegno di legge, per il quale presenterò una proposta emendativa, ha una sua filosofia, una sua progettualità. Sta a noi realizzare le condizioni perché i cittadini meno fortunati, gli sfrattati, quelli che nel disegno di legge vengono anche annoverati tra le persone che hanno disabilità, che hanno problemi, vengano veramente aiutati e trovino una soluzione. E allora, l'emendamento che presenterò dirà che le centrali cooperative devono avere in quel comitato previsto, sePag. 69non vado errato, all'articolo 4, un rappresentante. Ora, su questo punto, signor Presidente, signor sottosegretario, noi dobbiamo conoscere la legislazione italiana, noi siamo i legislatori e dobbiamo conoscerla. Secondo la legislazione italiana, signor sottosegretario, non esiste la cooperazione.
La legge dice che le associazioni cooperative vanno riconosciute dallo Stato, che lo Stato, quando le riconosce, quando cioè riconosce ad una associazione rappresentanza, assistenza, tutela del movimento cooperativo, le conferisce la personalità giuridica.
Quindi, non basta scrivere nel disegno di legge «associazioni delle cooperative»: bisogna prevedere un rappresentante per ciascuna delle associazioni cooperative riconosciute giuridicamente, così come previsto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947. Ciò perché lo Stato non può fare atti che non siano coerenti con la propria legislazione. Ecco perché io presenterò questo emendamento, affinchè in quel disegno organico, cioè il programma nazionale, il movimento cooperativo sia organicamente privilegiato, e questo non perché lo dice l'articolo 45 della Costituzione, ma per i risultati che esso ha dato, cioè perché ha dato la casa al 50 per cento degli italiani; perché ha dimostrato di dare una casa ad un prezzo competitivo, e cioè accessibile alle famiglie di fascia medio bassa; perché ha gli strumenti adatti a dare la casa a chi ha un reddito di 27 mila euro lordi, e non perché esso debba essere privilegiato.
Vorrei, signor sottosegretario, che questo discorso si capisse: non dobbiamo scegliere la cooperazione solo perché lo dice l'articolo 45 della Costituzione o perché il centrosinistra è più portato verso le forme di solidarietà e di mutualità: no! Dobbiamo scegliere la cooperazione perché è più funzionale al raggiungimento dell'obiettivo che ci siamo dati attraverso la filosofia che appartiene al disegno di legge in esame.
Non si tratta di svolgere una difesa ad oltranza di qualcosa in cui credo: si tratta di scegliere lo strumento più adatto per dare risposte alle persone interessate. Se noi quella scelta l'avessimo fatta prima, signor Presidente Tremonti, se l'avessimo fatta prima, oggi avremmo già le risposte e non ci troveremmo in una situazione di emergenza! Dunque, lo strumento cooperativo è risolutivo, perché in passato ha dimostrato di dare le risposte...
PRESIDENTE. Onorevole D'Ulizia, essendo il secondo riferimento, la prego di considerare...
LUCIANO D'ULIZIA. Concludo...
PRESIDENTE. No, lei ha ancora otto minuti a disposizione. La prego solo di considerare, per cortesia, la non correttezza del riferimento, dato che presiedo, ad attività politiche. Io presiedo e la prego di non fare riferimenti...
LUCIANO D'ULIZIA. No, io non facevo riferimento a lei per il passato...
PRESIDENTE. Le sarei grato, comunque...
LUCIANO D'ULIZIA. Chiedo scusa, non facevo riferimento a lei...
PRESIDENTE. Io sono «neutrale». Può proseguire, grazie.
LUCIANO D'ULIZIA. Comunque, voglio precisare, Presidente, che non facevo riferimento a lei per il passato, ma lo facevo per il presente, cioè attirando...
PRESIDENTE. Onorevole, né per il passato né per il presente né per il futuro: la mia funzione in questa sede è assolutamente neutrale...
LUCIANO D'ULIZIA. Ma io mi rivolgo al Presidente! Mi devo rivolgere al Presidente!
PRESIDENTE. La prego di credere che non è la «cifra» su cui sia opportuno proseguire!
Pag. 70LUCIANO D'ULIZIA. Se non è gradito, è un altro discorso! So che però di solito i deputati si rivolgono al Presidente, quindi io mi rivolgevo a lei non tanto per quello che lei ha rappresentato...
PRESIDENTE. Per questioni procedurali, non per il merito di questioni politiche! La ringrazio davvero per l'attenzione, ma credo sia il caso di proseguire!
LUCIANO D'ULIZIA. Voglio superare questa situazione, ma - lo ripeto - mi rivolgevo a lei come garante di un procedimento e le chiedo scusa qualora le abbia dato una sensazione diversa.
Il problema sta proprio nel fatto che dobbiamo andare verso soluzioni strutturali. Ormai è da tanti anni che vi sono le proroghe negli sfratti: al presente disegno di legge - lo ripeto - appartiene la filosofia per cui occorre arrivare ad una soluzione strutturale. Chi darebbe una casa ad un soggetto che, come è scritto nel testo in esame, non ha neppure i soldi per pagarla? Quale imprenditore del settore edilizio affitterebbe una casa dignitosa a chi avesse un reddito tale da rischiare di non pagare neanche l'affitto? La soluzione da me indicata, e da inserire nel disegno di legge in esame o nella legge che andremo a votare la prossima settimana, cioè l'inclusione organica del movimento cooperativo riconosciuto dallo Stato, è funzionale alla complessità del problema. A tale proposito, mi è stato detto che in Commissione, dove lo avevo presentato, l'emendamento che andava in tal senso è stato bocciato, probabilmente perché non è stato illustrato da nessuno.
Dunque, signor sottosegretario - spero di potermi rivolgere a lei, direttamente - la prego veramente di interloquire con il Governo per riferire che non si tratta di una questione in cui si mette in evidenza il sistema cooperativo perché - diciamolo pure - il centrosinistra è più sensibile al problema, al metodo e alle imprese cooperative; il motivo è in realtà che esso è più funzionale.
È chiaro poi - lo ribadisco e sottolineo questo aspetto - che abbiamo nel nostro paese una legislazione vigente sulla cooperazione, della quale, quando andiamo a tirare in ballo le rappresentanze cooperative, non possiamo non tenere conto. Per tale motivo dobbiamo rifarci al riconoscimento che lo Stato dà alle centrali o imprese cooperative che hanno - ma perché lo dice lo Stato e non perché lo dicono le centrali cooperative - la capacità di rappresentare il movimento cooperativo.
La mia richiesta, che formerà oggetto di uno o più emendamenti, è quella di accogliere fin dal nascere del programma questa proposta e di includere il sistema cooperativo come struttura organica rispetto a quel programma. Evidentemente occorrerà dare rappresentanza, nell'ambito del comitato, in base all'articolo 4 (che prevede un programma nazionale di edilizia pubblica abitativa) alle società cooperative giuridicamente riconosciute. Credo che il movimento cooperativo farà il suo dovere e darà risposte efficaci, economiche, sociali e quindi solidali.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1955)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Fasciani.
GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Grazie, Presidente. Vorrei ribadire alcune questioni contenute nella relazione. Ritengo positivo il lavoro fatto in Commissione, perché siamo riusciti, senza stravolgere l'impianto della proposta del provvedimento, a modificare delle parti che ne rafforzano alcuni aspetti. Rispetto invece alle questioni che rimangono in sospeso, peraltro citate nella stessa relazione e comunque sollevate in questa sede dai colleghi Foti e Dussin, credo che sarà mia cura, all'interno del Comitato dei nove, procedere ad una attenta valutazione di alcuni articoli, in particolare l'articolo 4,Pag. 71oltre alle questioni poste da Bocci circa le competenze delle regioni. Tengo inoltre a precisare il giudizio positivo della relatrice su questo provvedimento, che a mio parere non produce soltanto una «proroga per le proroghe», ma inserisce un meccanismo che consente anche all'Assemblea di cominciare ad intervenire sulla questione delle politiche abitative nel nostro paese.
L'intento del provvedimento non è quello di operare una stesura del piano per la casa, ma di mettere in piedi le condizioni per poterlo fare. Si tratta di una premessa che ritengo di dover fare e che per me è molto importante. Ciò muove nella direzione, nel rispetto di alcuni diritti sanciti dalla nostra Costituzione, che comunque credo siano sostenuti da tutti, del diritto alla casa per chi non ce l'ha, nella necessità del passaggio da casa a casa per chi è oggetto di procedure di rilascio o di sfratto e anche il principio della comparazione, stante le stesse condizioni, tra conduttore e locatore. Credo che in sede di Comitato dei nove potremo fare un lavoro costruttivo, come abbiamo fatto finora e verificheremo questi intendimenti nella seduta di martedì.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Grazie, signor Presidente. Il Governo esprime il proprio apprezzamento per il lavoro svolto dalla VIII Commissione, in particolare per il segnale di discontinuità che viene dato nel collegare il provvedimento in discussione, atto a ridurre in modo selettivo il disagio abitativo per particolari categorie sociali, ad una azione concertativa tra i vari soggetti istituzionali ed associativi, al fine di pervenire ad una soluzione di prospettiva durevole nel tempo. Il Governo condivide quindi quanto esposto dalla relatrice all'inizio della sua esposizione e anche nella replica successiva e si augura che l'approvazione del provvedimento avvenga nei tempi più rapidi possibili.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.