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Discussione del disegno di legge: S. 960 - Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università (Approvato dal Senato) (A.C. 1961); e delle abbinate proposte di legge Angela Napoli; Aprea ed altri (A.C. 1399-1614) (ore 19.50).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1961 ed abbinate)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari L'Ulivo e Forza Italia ne hanno chiesto l'ampliamento, senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto che VII Commissione (Cultura) s'intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, deputato Rusconi, ha facoltà di svolgere la relazione.
ANTONIO RUSCONI, Relatore. Signor Presidente, il provvedimento in esame, approvato in prima lettura dal Senato il 15 novembre scorso, è volto a modificarne la disciplina dell'esame di Stato conclusivoPag. 72dei corsi di istruzione secondaria superiore, novellando alcuni articoli della legge n. 425 del 10 dicembre 1997.
Il testo si compone di tre articoli. L'articolo 1 sostituisce le disposizioni contenute negli articoli 2 (ammissione agli esami di Stato), 3 (contenuto ed esito dell'esame) e 4 (composizione della commissione d'esame e sede di svolgimento degli esami) della predetta legge.
In particolare, con riguardo all'ammissione dei candidati, si introduce il vincolo della valutazione positiva in sede di scrutinio finale e dell'avvenuto recupero degli eventuali debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici; si prevedono nuovi requisiti per l'abbreviazione per merito dei cosiddetti «ottisti». A questi ultimi, oltre alla votazione di otto decimi in ciascuna disciplina nello scrutinio del penultimo anno di corso, si richiede infatti una votazione non inferiore a sette decimi in ciascuna disciplina nei due anni antecedenti ed una carriera scolastica priva di ripetenze.
Inoltre, si prevede la prescrizione della residenza nella località dell'istituto scolastico scelto quale sede di esame per i candidati esterni, con la previsione di sanzioni per il mancato rispetto della norma. In ordine alle prove d'esame, vi è invece un'accentuazione della dimensione tecnico-pratica della seconda prova per gli istituti tecnici, professionali ed artistici ed eventuale svolgimento della stessa anche in più di un giorno di lavoro; l'attribuzione della scelta delle prove nazionali al ministro della pubblica istruzione e la predisposizione dei modelli per la terza prova all'Invalsi (l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) con contestuale modifica delle competenze assegnate a quest'ultimo; la modifica della ripartizione dei punteggi fra i tre momenti di valutazione con incremento del «peso» attribuito al credito scolastico - che sale da 20 a 25 punti - e flessione del «peso» attribuito al colloquio orale - da 35 a 30 punti -, rimanendo invece invariato il punteggio attribuito alle prove scritte.
Il provvedimento in esame prevede quindi il ripristino della composizione mista delle commissioni di esame, con commissari interni ed esterni al 50 per cento, oltre al presidente esterno, al quale sono affidate non più di due commissioni-classe.
L'articolo 2 del disegno di legge prevede quindi una delega in materia di percorsi di orientamento, di accesso ai corsi di istruzione postsecondaria, della valorizzazione dei risultati di eccellenza, con la previsione di alcuni obiettivi (comma 1) e principi e criteri direttivi (comma 2). In particolare, si stabilisce di realizzare nell'ultimo anno del corso di studi percorsi di orientamento finalizzati alla scelta, da parte degli studenti, di corsi di laurea universitari e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, percorsi della formazione tecnica superiore, nonché percorsi finalizzati alle professioni e al lavoro (comma 1, lettera a)), prevedendo le modalità di raccordo tra le scuole delle predette istituzioni e i percorsi finalizzati alle professioni e al lavoro, da realizzarsi anche attraverso la partecipazione di docenti universitari e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonchè della formazione tecnica superiore (comma 2, lettera a)).
È previsto inoltre al comma 1, lettera b) il potenziamento del raccordo tra la scuola e le predette istituzioni di formazione post-secondaria, prevedendo apposite modalità per la partecipazione degli istituti di istruzione secondaria superiore alle prove di verifica per l'ammissione ai corsi di laurea e per il soddisfacimento degli eventuali obblighi formativi universitari, secondo il disposto del comma 2, lettera b), nonché, ai sensi del comma 1, lettera c), la valorizzazione della qualità dei risultati scolastici degli studenti ai fini dell'ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso, prevedendo che una quota del punteggio degli esami di ammissione ai corsi universitari ad accesso programmato sia assegnata agli studenti che abbiano conseguito risultati scolastici di particolare valore, nell'ultimo triennio e nell'esame di Stato, anche in riferimento alle discipline piùPag. 73significative del corso di laurea prescelto, e valorizzando le discipline tecnico-scientifiche (comma 2, lettera c)).
Il provvedimento fissa altresì l'obiettivo di incentivare l'eccellenza degli studenti, ottenuta a vario titolo sulla base dei percorsi di istruzione (comma 1, lettera d)), prevedendo incentivi, anche di natura economica, finalizzati alla prosecuzione degli studi, anche nell'ambito dell'istruzione e formazione tecnica superiore e individuando le modalità di certificazione del risultato di eccellenza (comma 2, lettera d)).
L'articolo 3 reca, infine, le disposizioni transitorie, finali, finanziarie e alcune abrogazioni. In questo senso, il comma 1 mantiene in vigore - per i candidati agli esami di Stato negli anni scolastici 2006-2007 e 2007-2008 - le disposizioni previgenti in materia di debiti formativi ed attribuzione del punteggio per il credito scolastico, cioè non saranno in vigore le norme previste da questo provvedimento; i commi 2, 4 e 5 recano invece le disposizioni di carattere finanziario. Con riferimento ai compensi per i membri delle commissioni d'esame, in fase di prima attuazione e nelle more delle norme contrattuali, viene stabilito un limite di spesa pari a 138 milioni di euro, cui si aggiungono 5 milioni di euro per le incentivazioni previste dall'articolo 2; a tali oneri si provvede, oltre che con la disponibilità di cui all'articolo 22, comma 7, della citata legge 28 dicembre 2001, n. 448, con le risorse destinate al piano programmatico per l'attuazione della legge Moratti. In particolare, quanto ad euro 63 milioni 810 mila, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 92, della legge n. 350 del 2003, e, quanto ad euro 38 milioni 950 mila, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 130, della legge, del 30 dicembre 2004 n. 311. Il comma 3 dispone invece l'abrogazione di alcune disposizioni incompatibili con le innovazioni introdotte dal provvedimento. Si tratta in particolare dell'articolo 22, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, in materia di composizione delle commissioni d'esame, ad eccezione dell'ultimo periodo contenente l'autorizzazione di spesa; dell'articolo 13, comma 4, e dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, riguardanti, rispettivamente, l'ammissione e alcune norme in materia di svolgimento dell'esame di Stato; dell'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, concernente le competenze dell'Invalsi in materia di predisposizione e gestione delle prove previste per l'esame di Stato conclusivo dei cicli di istruzione.
Il comma 6 riguarda, infine, l'entrata in vigore della legge. Al provvedimento in esame sono abbinate due proposte di legge di iniziativa parlamentare, l'atto parlamentare C. 1399, presentato dall'onorevole Angela Napoli, recante «Nuova disciplina degli esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore», e l'atto parlamentare C. 1614, presentato dall'onorevole Aprea e altri, recante «Modifiche alla legge 10 dicembre 1997, n. 425, in materia di esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore».
Se ne dà conto di seguito, evidenziando le differenze rispetto al provvedimento approvato al Senato.
Si segnala, in particolare, che la proposta di legge n. 1399 si compone di 14 articoli volti a ridisciplinare l'esame di Stato e le sue finalità nonché i requisiti di ammissione; quest'ultima è disposta dal consiglio di classe, con deliberazione motivata, a maggioranza dei due terzi dei componenti. Sono, quindi, dettate norme riguardo alla sede d'esame, alla valutazione del curriculum scolastico, allo svolgimento delle prove.
L'esame consiste in tre prove scritte e un colloquio vertente su tutte le materie dell'ultimo anno di corso; riguardo alla valutazione delle prove d'esame, è previsto che la commissione si divida in sottocommissioni e che assegni un punteggio fino a 45 punti per le prove scritte e fino a 30 punti per il colloquio.
La commissione d'esame è costituita da un presidente e, per due terzi delle disciplinePag. 74di esame, da commissari esterni (tratti da albi nazionali) per le restanti discipline da commissari interni, scelti a rotazione.
I compensi per la commissione d'esame sono stabiliti con decreto del ministro della Pubblica Istruzione. L'attuazione della disciplina introdotta dalla proposta di legge è demandata ad un regolamento ministeriale.
Si segnala inoltre che all'articolo 11 si prevede che i compensi per la commissione d'esame siano stabiliti con decreto del ministro della pubblica istruzione emanato di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze.
All'articolo 12 si prevede quindi la definizione, per gli alunni portatori di handicap, di prove equipollenti alle prove scritte o grafiche e tempi più lunghi per la loro effettuazione è demandata ad una ordinanza ministeriale.
L' articolo 13 demanda invece l'attuazione della disciplina introdotta dalla proposta di legge ad un regolamento ministeriale.
La proposta di legge n. 1614 si compone invece di quattro articoli che modificano i corrispondenti articoli della legge 10 dicembre 1997, n. 425.
All'articolo 1 - mi rivolgo all'onorevole Aprea, prima firmataria del provvedimento -, si richiamano le finalità dell'esame di Stato. All'articolo 2 si riprendono le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 226 del 2005, relative ai requisiti di ammissione all'esame, con il ripristino dello scrutinio di ammissione da parte del consiglio di classe e la previsione del superamento dei debiti formativi. Sono quindi dettate disposizioni relative ai candidati esterni nonché la disciplina per le abbreviazioni per merito. All'articolo 3 vengono definite le prove d'esame; le due prime prove scritte sono predisposte dalle istituzioni scolastiche coerentemente con il progetto educativo di istituto; la terza prova, a carattere pluridisciplinare e nazionale, viene predisposta dall'Invalsi.
Per il punteggio finale, la commissione dispone di 15 punti per la valutazione di ciascuna prova scritta e di 15 punti per la valutazione del colloquio. Ciascun candidato, secondo questo disegno di legge, può inoltre far valere un credito scolastico massimo di 40 punti.
All'articolo 4 si ripropone la commissione interna con un presidente esterno nominato dal Ministero della pubblica istruzione. Si segnala che all'articolo 11 si prevede che il presidente di ogni commissione d'esame sia nominato dal Ministero della pubblica istruzione.
Si rileva, innanzitutto, in questa sede, rinviando ad una successiva integrazione ulteriori considerazioni, che l'intervento di modifica alle norme di rango primario rende necessario l'adeguamento della normativa secondaria, già prevista dall'articolo 1 della legge n. 425 del 1997 (cui si è data attuazione con regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323).
Occorrerebbe valutare l'opportunità di prevedere una norma esplicita di autorizzazione all'adeguamento del predetto regolamento, anche intervenendo sul comma 2 dell'articolo 1 che reca la predetta autorizzazione. Con riferimento al provvedimento trasmesso dal Senato (A.C. 1961, oggetto di questa discussione) si segnala, in ogni caso già in questa fase, che il comma 1 del nuovo articolo 2 demanda ad un decreto del ministro della pubblica istruzione le modalità con cui gli alunni devono saldare i debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici per essere ammessi all'esame di Stato.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 19)
ANTONIO RUSCONI, Relatore. Il comma 1 del nuovo articolo 4 demanda invece ad un decreto, di natura non regolamentare, del ministro della pubblica istruzione le modalità e i termini per la definizione delle materie d'esame da affidare ai commissari esterni.
Si prevede, inoltre, che la commissione d'esame sia nominata dal dirigente dell'ufficio scolastico regionale sulla base di criteri determinati a livello nazionale.Pag. 75
Il comma 5 del nuovo articolo 4 demanda, poi, ad un decreto del ministro della pubblica istruzione, di natura non regolamentare, l'individuazione dei casi e delle modalità di sostituzione dei commissari e dei presidenti.
Il comma 10 del nuovo articolo 4 rimette, invece, alla contrattazione collettiva del comparto del personale della scuola la definizione della misura dei compensi ovvero, in mancanza di norme contrattuali al riguardo, ad un decreto del ministro della pubblica istruzione, adottato di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze.
Si aggiunge che, nel provvedimento trasmesso dal Senato e nel progetto di legge n. 1614, il coordinamento con la normativa vigente è sostanzialmente assicurato con la tecnica della novella.
Si segnala, peraltro, la necessità di provvedere al coordinamento formale dell'articolo 5 della legge n. 425 del 1997 con le modifiche introdotte dal provvedimento in esame.
Quanto al progetto di legge n. 1399, occorrerebbe valutare l'opportunità di formulare...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONIO RUSCONI, Relatore. ...le norme come novella alla legge n. 425 ovvero provvedere all'abrogazione del sistema.
Signor Presidente, poiché dovrei fare alcune puntualizzazioni concernenti i pareri, la pregherei...
PRESIDENTE. Dovrebbe farle rapidamente, perché ha esaurito il tempo a sua disposizione.
ANTONIO RUSCONI, Relatore. In tal caso, consegnerò il testo della relazione affinché ne sia autorizzata la pubblicazione in calce al resoconto della seduta.
Comunque, di fatto, c'è maggiore rigore nella prova d'esame, sono state recepite le osservazioni del Comitato per la legislazione e della Commissione affari sociali e si cerca di rispondere alla crescita esagerata del numero dei privatisti che hanno affrontato positivamente gli esame in questi anni. A tale proposito, basterebbe leggere il documento della Federazione italiana delle scuole cattoliche.
Non è secondario, infine - e concludo -, il fatto che, con il provvedimento in esame, il Governo torna a reperire, in un momento di grave difficoltà, risorse nuove ed aggiuntive per il mondo della scuola. Chiedo che la Presidenza voglia autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (Applausi).
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente senz'altro, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritta a parlare la deputata Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, il disegno di legge governativo in esame ha l'obiettivo di modificare le norme che disciplinano gli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, contenute nella legge 10 dicembre 1997, n. 425. Si ricorda che la predetta legge ha riaffermato un modello di scuola caratterizzato dalla valutazione qualitativa e quantitativa delle conoscenze, competenze e capacità acquisite dallo studente al termine del corso di studi e dalla verifica effettuata in sede di esame di Stato.
L'obiettivo del disegno di legge è quello di conferire all'esame di maturità ed al titolo conseguito il giusto valore legale, in modo che la votazione attribuita in sede di esame possa riflettere oggettivamente le competenze acquisite dal neodiplomato durante i cinque corsi di studio di istruzione secondaria superiore.Pag. 76
La trasparenza nella corrispondenza tra la verifica e la valutazione dei crediti formativi rappresenta la migliore chance, per lo studente, di porsi con dignità e serietà di fronte ai due maggiori interlocutori che, dopo il diploma di scuola superiore, contribuiscono alla sua specializzazione ed all'inserimento nel mondo del lavoro: l'università ed il mondo imprenditoriale.
Il ministro della pubblica istruzione aveva posto l'accento sul tasso delle cosiddette promozioni facili, alle quali si è fatto riferimento anche poco fa, che ha subito, negli ultimi quattro anni, una lievitazione significativa: si è passati dal 91,70 del 1999 al 94,30 del 2000, al 95,8 del 2001, e così via. La costituzione di commissioni con soli membri interni avrebbe reso i docenti sempre più autoreferenziali nella valutazione e nel proprio impegno di lavoro, improntato su una didattica statica e priva di ogni forma di confronto, le cui criticità riguarderebbero maggiormente le scuole non statali, nelle quali i docenti sarebbero stati sottratti all'abituale verifica ed al controllo della propria attività.
La formazione tutta interna delle commissioni avrebbe favorito, nelle scuole non statali, il fenomeno dell'abbreviazione per merito. Studenti che non hanno frequentato un regolare corso di studi sono stati ammessi al penultimo anno con otto decimi in ciascuna disciplina, per partecipare da esterni agli esami di Stato.
Il disegno di legge governativo applica ora elementi correttivi, attraverso modifiche, integrazioni o sostituzioni di alcuni articoli. Mi riferisco, in particolare, agli articoli 2, 3 e 4 della legge n. 425 del 1997.
Le modifiche apportate dal disegno di legge governativo riguardano di fatto tre aspetti importanti della disciplina degli esami di Stato: l'ammissione agli esami di Stato, il contenuto ed esito dell'esame, la commissione e la sede d'esame.
Il ministro aveva messo in luce gli elementi ispiratori dell'impianto normativo, vale a dire il valore legale del titolo di studio e la valutazione scolastica. Il valore legale è fondato su due pilastri: l'ordinamento didattico nazionale, che fissa le caratteristiche generali dei corsi di studio e dei titoli rilasciati e l'esame di Stato, che ha la funzione di accertare, nell'interesse pubblico generale, il possesso di determinate conoscenze e competenze.
I titoli di studio - come affermato dalla Lega Nord - sono attestazioni di idoneità che concludono un corso di studi e sono rilasciati a seguito di esami, atti di giudizio e valutazioni. Ai titoli di studio l'ordinamento attribuisce effetti giuridici; si tratta cioè di atti che, emanati dall'autorità scolastica nell'esercizio della funzione statale ed a seguito di appositi procedimenti valutativi prescritti dalla legge, determinano una certezza legale circa il possesso, da parte dei soggetti che siano muniti, di una data preparazione culturale e professionale. Certezza legale, valevole erga omnes, in virtù della quale tali titoli sono produttivi di effetti non solo nell'ambito dell'ordinamento scolastico - in quanto consentono la prosecuzione degli studi -, ma anche sul piano dell'ordinamento generale.
L'orientamento del disegno di legge, che pone l'accento sulla certificazione corretta del valore dei titoli di studio, mette in luce la contrapposizione esistente tra l'esigenza espressa da chi ritiene che la scuola debba avere una varietà di modelli e di esperienze educative e la prevalenza statale, basata sulla forza del valore legale di detti titoli. Si postula, in questo caso, che la scuola, per i suoi fini, è soprattutto al servizio della società, piuttosto che dello Stato. Allo Stato si chiede di rendere possibile la mobilitazione di tutte le forze educative del paese, al fine di accelerare il progresso civile stimolato dall'accelerazione dell'innovazione tecnologica.
In Italia, infatti, esiste un movimento della scuola libera, sostenuto dalla convinzione che occorra riformare l'ordinamento didattico in modo che le libere iniziative scolastiche provenienti dalla società possano esplicarsi liberamente integrando la diretta azione statale.
Su tale prospettiva convergono intellettuali le cui istanze culturali sono improntate ad un forte liberalismo, il movimentoPag. 77della Lega Nord, aree consistenti del mondo imprenditoriale e, di recente, movimenti cattolici impegnati in campo scolastico e formativo.
Nei paesi anglosassoni, a differenza di quanto accade nei paesi del diritto romano, vi è l'assenza di controllo sui curricula, mentre viene privilegiata la competizione di qualità delle istituzioni formative ai diversi livelli, visto che la valutazione del valore dei titoli è affidata al mercato e non allo Stato.
Il titolo di studio ha quindi un valore culturale e l'esame di Stato è importante per la valutazione delle capacità logiche, culturali, professionali e linguistiche acquisite al termine del corso di studi.
Anche il Governo di centrodestra aveva percepito l'esigenza di attuare un meccanismo di controllo rigoroso, interno ed esterno, capace di registrare le eccellenze e le difficoltà di apprendimento dello studente che, nel suo percorso, sarebbe stato aiutato da docenti debitamente formati.
Contare sulla costituzione di una commissione giudicatrice costituita anche da membri esterni, a nostro parere, risulta inefficace ed oneroso per le finanze dello Stato. La valutazione scolastica implica la conoscenza dello studente, anche sotto il profilo psicologico, emotivo, logico-razionale, oltre che culturale e professionale. Di conseguenza, solo un membro interno che si interfaccia con i propri colleghi, può emettere giudizi oggettivi completi. La valutazione sull'impostazione metodologico-didattica può e deve essere fatta durante il quinquennio dai docenti stessi, come previsto dalla normativa vigente.
Quanto alle critiche implicite rivolte ai docenti delle scuole non statali, antichi e nuovi modelli di parificazione scolastica pongono, comunque, il modello della scuola statale come standard di riferimento. La scuola non statale in Italia è libera per quanto riguarda l'istituzione e la gestione, ma non è libera per l'ordinamento, poiché tutte le scuole non statali sono costrette ad ottenere il riconoscimento del valore legale del titolo.
Il sapere è un progetto di una comunità educante, come diceva anche il ministro Berlinguer, capace di assegnare, di sollecitare, di incentivare un'assunzione di responsabilità nelle decisioni e nelle scelte da parte degli insegnanti.
Un'istruzione elevata per tutti, il modello inventato dagli ordini monastici, nei secoli precedenti tramandatoci anche attraverso l'intervento dello Stato, non funziona più, perché non funziona il sapere solo erogato, poiché occorre partecipazione anche per acquisire e produrre sapere. Il ministro considera i docenti interni arroccati nella stima di sé, autoreferenziali.
Vi è, invece, chi insiste sulla necessità di inserire gli insegnanti nell'autorganizzazione delle singole scuole. La qualità della scuola è, difatti, il risultato del consolidamento della sua autonomia. La scuola nella sua essenza di conoscenza e di costruzione del sapere, non può soggiacere ai mutamenti politici contingenti. È necessario sfatare l'immaginario collettivo che, immerso in un archetipo in cui si presenta un insegnante monolite che trasmette il sapere agli alunni che lo ricevono (chi più chi meno, a seconda della diversa capacità di contenerlo), considera la libera progettualità di ogni singola scuola una limitazione piuttosto che un'opportunità.
Si può mettere fine all'istituto del diploma facile, purché le singole istituzioni scolastiche e gli insegnanti siano capaci di abbandonare vecchie e logore abitudini mentali e di disegnare e progettare la scuola.
La Lega Nord Padania ha presentato diversi emendamenti, coerenti con la volontà di superare un modello scolastico ingessato ed impoverito, in quanto incentrato sulla scuola statale e chiuso ad altri apporti formativi, nonché astrattamente egualitario e, quindi, penalizzante per gli studenti più meritevoli.
Le proposte di modifica sono incentrate sul riconoscimento del contributo formativo di una pluralità di soggetti, anche nel momento della valutazione e mirano alla tutela della serietà dell'esame conclusivo, negando l'ammissione allo studente che non abbia sanato i debiti pregressi o chePag. 78abbia accumulato molte assenze. Ripresenteremo in Assemblea le istanze che non sono state recepite.
Ribadiamo la necessità di istituire commissioni interne che abbiano seguito l'intero iter dello studente, lasciando loro il beneficio di scegliere e gestire la terza prova d'esame. È altrettanto importante rinviare al prossimo anno scolastico l'entrata in vigore della riforma.
Il disegno di legge governativo discrimina le scuole paritarie, perché i soggetti destinatari della nomina a commissario esterno all'istituto ed a presidente sono scelti tra coloro che provengono, esclusivamente, dagli istituti di istruzione secondaria superiore statale.
L'articolo 97 della Costituzione recita testualmente: «Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso». Riteniamo peraltro che, negando agli insegnanti interni la possibilità di partecipare alle commissioni d'esame, sia ravvisabile una pregiudiziale di incostituzionalità. Ribadisco con vigore che le scuole paritarie fanno parte, quanto quelle statali, del sistema nazionale, tanto che sono abilitate a rilasciare titoli aventi valore legale.
Per quanto attiene ai docenti, ribadisco ulteriormente che l'attuale sistema di reclutamento dei docenti prevede il doppio canale, vale a dire quello dei cosiddetti concorsuati e quello dei cosiddetti precari storici. D'altra parte, le assunzioni avvengono per il 50 per cento attingendo alle graduatorie di merito, costituite da docenti che hanno partecipato al concorso ordinario, e per il restante 50 per cento attingendo alle graduatorie permanenti, delle quali fanno parte sia i docenti che hanno superato il concorso ordinario, sia quelli che hanno partecipato a corsi abilitanti riservati, nonché attingendo ai cosiddetti sessini. Quindi, fatta eccezione per una piccola quota di docenti che prestano servizio sotto forma di volontariato o con contratti di prestazione d'opera, posseggono anch'essi una posizione giuridica identica a quella detenuta dai docenti delle scuole statali. In caso contrario, i docenti delle scuole paritarie non potrebbero far parte delle commissioni degli esami di Stato, in veste di commissario interno. Dunque, restano forti le riserve di carattere costituzionale su questo disegno di legge, anche alla luce delle normative vigenti in materia di formazione delle graduatorie e di assunzione di personale docente nelle scuole.
Desidero inoltre ribadire che la legge 10 marzo 2000, n. 62, recante norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione, recita che «Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione, dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita». Il disegno di legge governativo in esame, invece, viola il predetto principio di parità, discriminando, attraverso l'esclusione dalla partecipazione agli esami di Stato, i docenti delle scuole paritarie.
Quindi, alla luce di tutte queste considerazioni, in Commissione mi sono astenuta sulla votazione del provvedimento, in attesa di vedere come verranno accolte in quest'aula le nostre proposte emendative. Dopodiché, vedremo come formulare il nostro giudizio su questo provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare è il deputato Volpini. Ne ha facoltà.
DOMENICO VOLPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il relatore ha ben illustrato il disegno di legge in esame in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore. Mi limiterò a mettere in rilievo soltanto alcuni aspetti che mi sembrano qualificanti. Innanzitutto, con questo provvedimento si cambia la filosofia di fondo dell'istruzione in Italia, rispetto a quella introdotta dal ministro Moratti nella scorsa legislatura. Viene riaffermata, indirettamente, l'importanza del valore legale del titolo di studio. In Italia, il valorePag. 79legale del titolo di studio è stato sempre a presidio di uno standard medio dell'istruzione, cha ha unificato gli studenti italiani su tutto il territorio nazionale. Il livello minimo di istruzione per passare l'esame di maturità è stato garantito, a livello di tutto il territorio nazionale, proprio dall'esame di Stato.
A differenza di ciò che accade in altre nazioni, per lo studente italiano che è possessore di un diploma di maturità si sa che, ovunque lo abbia preso, egli ha quel livello d'istruzione sufficiente per poter proseguire nei suoi studi e per poter svolgere in modo soddisfacente, sia dal punto di vista di cultura generale sia dal punto di vista delle conoscenze, la propria vita di cittadino italiano al livello di istruzione che ha raggiunto.
Non è così in altre nazioni; in altri sistemi dove la garanzia della validità dell'istruzione raggiunta dipende semplicemente dalla variabile costituita dall'istituto scolastico; infatti, se uno studente ha frequentato un istituto scolastico di grande prestigio e di grande rilievo, sarà una persona che viene giudicata di alto livello; se invece ha frequentato un istituto diverso, ma sempre dello stesso grado, può essere giudicato semianalfabeta. In Italia questo non è avvenuto e il livello dei nostri studenti è soddisfacente su tutto il territorio nazionale se raggiungono il diploma; però, questa garanzia viene data proprio dall'esame di Stato. La scuola dà l'istruzione, educa, sviluppa e forma culturalmente e l'esame di Stato sostenuto di fronte ad una commissione composta da insegnanti che diventano funzionari dello Stato perché svolgono una funzione specifica di verifica e di controllo del livello raggiunto, assicura una valutazione omogenea di carattere nazionale, non lasciandola ai singoli istituti. Questo ha un'importanza enorme che io ho potuto constatare realmente durante gli anni della mia permanenza all'università di Bologna come coordinatore del progetto Erasmus di antropologia, che poneva in contatto dieci università italiane e straniere; in quell'occasione, infatti, i nostri studenti venivano giudicati - dalle lettere che ricevevamo - aventi una formazione di scuola media superiore omogeneamente superiore a quella di altri Stati. Gli altri avevano al loro interno studenti che raggiungevano picchi molto elevati ed altri che, pur possedendo la maturità erano, non dico semianalfabeti, ma molto scadenti; questo, invece, da noi non è successo. Per questo noi ci teniamo a riaffermare in questo provvedimento il valore del titolo di studio e dell'esame di Stato come strumento per dargli valore e validità.
Nell'esame in Commissione sono state rivolte varie osservazioni a questo provvedimento, ma in questa sede mi limiterò soltanto a rispondere a qualcuna di esse. Il primo luogo, molti si sono domandati perché i commissari esterni devono essere soltanto - come prevede il provvedimento - gli insegnanti delle scuole pubbliche e non anche quelli delle scuole paritarie osservando che, in questo modo, viene violata la parità. A mio avviso, non viene violata la parità per un semplice motivo: l'esame di Stato non è una funzione specifica del singolo istituto, ma è una funzione specifica dello Stato che, a suo giudizio, può scegliere i commissari che ritiene più opportuno possano svolgere questa verifica.
È importante, invece, soffermarsi sulla precisazione dell'articolo 4, comma 10, dove si parla della retribuzione dei commissari. È ovvio che essendo i commissari - tutti e sei più il presidente - nel loro specifico ruolo, non di insegnanti di una singola scuola, ma di funzionari dello Stato, chiamati a svolgere una funzione specifica dallo Stato, debbano essere pagati dallo Stato.
L'articolo 4, comma 10, afferma, in fine, che l'onere per il compenso dei commissari esterni, i quali provengono dalle scuole dello Stato, è a carico dello stesso Stato. Questo significa non che gli altri commissari non debbano essere retribuiti ma che lo Stato si deve far carico di retribuire i commissari esterni, anche se sono già dipendenti pubblici, in quanto sono impiegati in un ruolo e in una funzione diversi da quella specifica delPag. 80loro insegnamento. La ragione è nel fatto che, nella scorsa legislatura, il Ministero non ha stanziato i fondi e non ha retribuito i commissari. Noi riteniamo che anche tali commissari, e non solo quelli privati chiamati a svolgere questo ruolo e questa funzione statale, debbano ricevere un compenso, nonostante siano dipendenti dello Stato.
Mi sembra, inoltre, molto importante tutta la disciplina relativa agli esami di maturità dei cosiddetti privatisti ossia degli studenti esterni. Anche a questo riguardo, si cerca di individuare meccanismi di contenimento del fenomeno specifico che si è verificato negli ultimi due o tre anni. A torto, i «diplomifici» sono diventati scuole paritarie; infatti, la parità avrebbe dovuto essere riconosciuta alla scuola nel suo complesso e non al singolo corso considerato regolare, a fronte della irregolarità di tutto il resto. Questi istituti, che rappresentano, secondo una espressione tecnica, una piramide rovesciata, devono essere esclusi dalla parità, in modo da impedire quanto, invece, è accaduto, cioè lo svolgimento di esami di maturità per cinquemila studenti a fronte della organizzazione di corsi regolari per soli cinquecento studenti. Ciò accadeva perché la commissione, allora, era interna ed aveva la libertà di giudicare e di promuovere gli studenti a proprio piacimento. Con questo provvedimento, si stronca il fenomeno e si colpiscono anche questi «diplomifici» - finché il ministro non adotterà un provvedimento di esclusione in base alla legge n. 62 del 2000 - in quanto la commissione sarà costituita con una maggioranza di commissari esterni che, quindi, giudicheranno in modo adeguato i candidati esterni. Inoltre, il provvedimento prevede che i candidati esterni, nel numero massimo di 35 studenti, debbano essere esaminati nelle scuole statali o paritarie. Mi sembra che lo Stato possa prendersi questa libertà di organizzarsi nel modo migliore per garantire la verifica del livello raggiunto dagli studenti interni o esterni, in quanto si tratta di un esame di Stato.
A mio avviso, ha una rilevanza anche l'articolo 4, comma 12, che prevede sistematiche e costanti verifiche e monitoraggi sul regolare funzionamento degli istituti statali e paritari. Tali istituti, infatti, fanno parte entrambi del sistema nazionale dell'istruzione e svolgono un servizio pubblico. Pertanto, devono essere sottoposti a valutazioni e monitoraggi costanti. Questa esigenza, molto importante, si colloca all'interno del concetto stesso di parità scolastica.
Concludo, signor Presidente, affermando che proprio gli aspetti del disegno di legge al nostro esame ritenuti particolarmente negativi da determinate forze del centrodestra, a mio avviso, sono quelli maggiormente qualificanti ai fini della serietà del sistema e per il bene dell'istruzione nazionale.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel trattare questo provvedimento è indubbio che non si può non fare riferimento ad un quadro più generale relativo a tutto il nostro sistema educativo. E subito si rileva che sarebbe stato più opportuno che questa riforma degli esami di Stato, più comunemente chiamati esami di maturità, fosse integrata in una riforma della scuola superiore secondaria più organica e più completa.
Questa è sicuramente la prima obiezione che mi preme fare al Governo. Ancora una volta si interviene in un settore così delicato come quello dell'istruzione in modo frammentario e senza una visione di insieme. Si parte un po' dal fondo, mentre l'esame dovrebbe essere il momento finale e bisognerebbe arrivarci con una riforma organica ed armonica.
Voglio sottolineare in questa sede il senso di responsabilità con il quale l'opposizione ha affrontato l'esame di questo disegno di legge fin dalla discussione, che si è svolta in Senato, poi in Commissione alla Camera ed infine in Assemblea. È stata una opposizione costruttiva, che èPag. 81ben consapevole di come questo provvedimento interessi milioni di giovani studenti, con le loro relative famiglie, e migliaia di insegnanti.
Non abbiamo voluto ricorrere a forme ostruzionistiche, perché riteniamo che la scuola sia un bene comune, che non debba essere oggetto di una battaglia politica di parte.
Anche nella VII Commissione il dibattito è stato serrato e comunque devo dare atto anche al rappresentante del Governo che è stato un dibattito costruttivo. Questo, però, non mi impedisce di affermare che se venissero accolti gli emendamenti presentati dall'opposizione, il disegno di legge governativo avrebbe un notevole miglioramento. Anche nella discussione che si è svolta al Senato, Alleanza Nazionale in particolare ha presentato alcuni emendamenti molto importanti e qualificanti, che sono stati accolti; uno su tutti è quello sulla valutazione delle basi culturali generali degli studenti. Questa è un'innovazione alla quale Alleanza Nazionale tiene molto. Gli studenti dovranno dimostrare di avere delle basi culturali generali; ciò è importante per garantire una preparazione che consenta loro di affrontare non soltanto i successivi corsi universitari o il mondo del lavoro, ma la vita tout court.
In questa sede, però, giova ricordare come gli aspetti innovativi più rilevanti, quelli che anche a dire della maggioranza sono stati gli impianti innovativi di questo provvedimento, erano già contenuti nella riforma Moratti, riforma sospesa da questa maggioranza e da questo Governo; per esempio, lo scrutinio di ammissione, il potenziamento del rapporto con l'università, previsto nella legge 28 marzo 2003 n. 53, la necessità di recuperare tutti i debiti pregressi, la norma sugli «ottisti», atta a scoraggiare i «diplomifici». Quindi, ancora una volta non comprendiamo l'approccio che la maggioranza e il Governo stanno avendo verso una riforma che era innovativa e si inseriva in un sistema complesso. Si cerca di smantellarla pezzo per pezzo e, anche in questo caso, ne abbiamo avuto la dimostrazione.
La novità sostanziale introdotta dalla maggioranza sembra essere la reintroduzione dei commissari esterni, almeno per quanto riguarda la metà della commissione. Alleanza Nazionale è sicuramente d'accordo con la reintroduzione dei commissari esterni, per la garanzia di una valutazione più seria. Sappiamo che spesso e volentieri lo studente ha bisogno di un approccio e di una prova non soltanto culturale e didattica, ma molte volte anche psicologica ed esistenziale, rappresentata da un ostacolo esterno (in questo caso, il commissario). È un po' poco, però, se l'innovazione si riduce solamente a questo.
Negli emendamenti presentati in Commissione ci siamo rifatti alla proposta dell'onorevole Angela Napoli, chiedendo che la commissione d'esame fosse composta per due terzi da membri esterni, oltre al presidente, e, per un terzo, da membri interni.
Non credo, tuttavia, che questo sia il cuore del problema, anche se le modalità in base alle quali vengono scelti territorialmente i commissari esterni dà luogo, a mio avviso, a disagi, in quanto ci deve essere una garanzia che i commissari esterni non appartengano alla stessa zona territoriale, per evitare di determinare situazioni di disagio o che vi siano interessi che potrebbero penalizzare gli studenti e tutto il sistema selettivo ed educativo della scuola in quel territorio.
Se questa è la novità, è sicuramente riduttiva se si limita solo alla previsione dei commissari esterni senza prevedere norme che garantiscano una valutazione oggettiva della prova. Ecco, a mio avviso, la chiave contraddittoria di questo provvedimento. Noi crediamo che, per garantire l'oggettività, sia necessario istituire una terza prova, organizzata e garantita da un ente esterno, nello specifico l'Invalsi.
Questo, per noi, è sicuramente un passaggio importante. Sulla terza prova è stato presentato un emendamento da tutti i componenti in Commissione della Casa delle libertà, che è già stato respinto. Mi voglio soffermare proprio su questo passaggio, perché ritengo la limitazione relativaPag. 82all'organo dell'Invalsi, in questa sua modalità e dotazione, relativamente alla terza prova esterna, l'occasione mancata di questa riforma dell'esame di Stato.
Mi chiedo che senso abbia prevedere una terza prova gestita solo dalla scuola, internamente. Sarebbe ben diverso, invece, aver concepito una prova omogenea per tutte le scuole su tutto il territorio nazionale. All'interno della scuola ci sono già stati i tempi e i modi per valutare l'alunno. Diverso sarebbe prevedere un altro ente esterno, ossia la terzietà, che garantisca l'oggettività.
Un altro grave vizio di questo provvedimento - ne ha già parlato la collega della Lega Nord precedentemente - è la posizione sulle scuole paritarie. La mancata inclusione degli insegnanti delle scuole paritarie nelle commissioni di esame rappresenta, per Alleanza Nazionale, una grave discriminazione ai loro danni.
Le scuole paritarie statali, per legge, sono sullo stesso piano. Ci troviamo, quindi, dinanzi al paradosso che i docenti delle paritarie possono svolgere il ruolo di membri interni, ma non quello di membri esterni. Su questo aspetto sono stati presentati degli emendamenti. La discussione è importante, anche perché va a toccare un problema che è già stato ampiamente dibattuto, ma che non vorrei fosse gestito soltanto da un punto di vista ideologico.
Quello che dicevo all'inizio di questo intervento, cioè che la scuola è un bene comune, vale anche per le modalità di scelta degli insegnanti e per l'eliminazione di alcuni aspetti discriminatori.
In conclusione, questo provvedimento è insoddisfacente, perché si tratta di una misura provvisoria, in attesa della riforma della scuola secondaria superiore. Che si tratti di provvisorietà si riscontra nelle pieghe di tutta la riforma di questo esame. Auspichiamo, però, che in Assemblea venga compiuto uno sforzo comune per eliminare questi difetti.
Non abbiamo fatto ostruzionismo, né intendiamo farlo durante la discussione che seguirà. È evidente, però, che, se non venissero accolti alcuni dei nostri emendamenti di merito e qualificanti, si perderebbe una grande occasione per migliorare la nostra scuola e per presentare ai giovani un modello di esame di Stato che li introduca nel mondo del lavoro e dell'università con una preparazione adeguata ai modelli europei più avanzati, con l'insostituibile valore aggiunto dato dalla nostra cultura, dalla nostra tradizione e dalla nostra storia (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signora viceministro Bastico, vorrei innanzitutto esprimere la soddisfazione mia personale e del mio gruppo per il fatto che, proprio in queste ore, è stato presentato al Senato il maxiemendamento al disegno di legge finanziaria. Così facendo, siamo riusciti a compiere una scelta importante, poiché detto maxiemendamento prevede, per quanto concerne la situazione dei precari nel mondo della scuola, una correzione che era molto attesa e per la quale noi ci siamo spesi.
Riteniamo importante tale correzione, la quale trasforma le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, poiché garantirà ai precari della scuola, vale a dire a coloro che insegnano e sul cui lavoro si basa gran parte del funzionamento del sistema educativo, di poter avere certezza dei diritti acquisiti ed un futuro stabile.
Mi sembra si tratti di un fatto importante, che deve essere sottolineato e che bisogna inquadrare nell'ambito delle misure importanti che stiamo adottando, perché attengono alla scuola pubblica ed al sistema dell'istruzione.
Ritengo, dunque, che il provvedimento in esame rientri nell'ambito del percorso delineato dal programma dell'Unione. Devo dire, sotto questo punto di vista, che mi dispiace che, in questo paese, continui ad esservi una forte disattenzione, da parte dei mass media, rispetto al tema della scuola. A mio avviso, deve essere svolta una riflessione politica su tale problematica:Pag. 83in questo paese, infatti, la scuola non riesce ad irrompere al centro del dibattito politico. Si tratta, secondo me, di una questione sulla quale dobbiamo interrogarci ed indagare.
Osservo che la scuola irrompe nelle cronache solo nel momento in cui emergono i casi - ovviamente, preoccupanti - di bullismo, oppure se, con l'aiuto di qualche autorevole mezzo di informazione (come si usa fare in questo periodo), qualche economista, da una cattedra «autorevole», usa spiegare al paese che gli insegnanti sono una massa di lavoratori nullafacenti e che, in particolare, bisognerebbe sbarazzarsi in qualche modo dei docenti precari!
Si tratta, naturalmente, di teorie che ci preoccupano e che non condividiamo assolutamente; tuttavia, vogliamo rilevare come sia preoccupante che si parli della scuola spesso, o addirittura soltanto, in questi termini. Ci auguriamo, pertanto, che vi sia interesse nei confronti di un provvedimento che riteniamo importante, anche se registriamo una certa disattenzione.
Affermiamo ciò perché ricordo che, da sempre, insistiamo sul fatto che la scuola ha una stretta relazione con la Costituzione «materiale» del paese, oltre che con quella «formale». Essa rappresenta, dunque, un elemento fondamentale del nostro sistema democratico, e coloro che vi lavorano sono parte di tale Costituzione «materiale».
Pertanto, la nostra posizione sulla centralità del sistema pubblico dell'istruzione è dettata non da un furore ideologico, bensì da un'idea di società, di convivenza civile e di costruzione di un processo democratico inclusivo che fa sì che la scuola rappresenti un elemento trainante di tutto ciò.
Il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea è favorevole al disegno di legge in esame, che considera importante ed urgente. Ciò perché, come è stato sostenuto in altri interventi, esso corregge significativamente alcuni punti della normativa vigente, ed è chiaro che tali correzioni dovevano essere apportate.
Vorrei rilevare che il disegno di legge in esame corregge la previgente legislazione perché, innanzitutto, restituisce valore all'esame di Stato. Dal nostro punto di vista, infatti, esso era stato minato dalla riforma precedentemente varata. Il provvedimento in oggetto, inoltre, rivaluta un elemento per noi fondamentale, come il valore legale del titolo di studio.
Esso, quindi, contrasta attivamente la pratica dei «diplomifici» e quella tendenza europea ad abolire il valore legale del titolo di studio. Non è una tendenza qualunque, e non è nemmeno innocente. Né si può dire che in Italia tale tendenza non trovi anche dei simpatizzanti, per così dire, e non solo tra le file del centrodestra, ma, a volte, anche tra quelle del centrosinistra.
Tuttavia, questa tendenza - che va contrastata - è parte integrante ed una delle conseguenze meno innocenti della pratica neoliberista, che tende a deprimere la forza lavoro ed a rendere più fragili le tutele dei lavoratori, anche di quelli intellettuali (peraltro, la questione del lavoro intellettuale andrebbe affrontata in modo molto più organico e complesso). Essa è volta a deprimere la mobilità sociale che ha caratterizzato l'Italia nell'ultimo scorcio di quello che è stato definito il «secolo breve», quando le masse popolari sono riuscite ad entrare nella scuola e il sistema dell'istruzione ha assunto una diversa portata e un diverso valore.
Tuttavia, rispetto a questo provvedimento - lo vogliamo dire - vi sono alcuni punti che non condividiamo e, pertanto, in Commissione abbiamo presentato alcuni emendamenti che abbiamo riproposto, in forma ridotta, in Assemblea. In questo dibattito è riemersa la questione della legge di parità ed abbiamo presentato al riguardo degli emendamenti correttivi. Vorrei fare solo un accenno al tema: allora, non abbiamo condiviso quella legge - non è mistero ed è chiaro a tutti - e oggi continuiamo a nutrire delle riserve.
Devo dire che tale aspetto non assume un valore specifico solo per noi. E non è nemmeno l'amore per la laicità dello Stato - che pure abbiamo, ed è forte - che ciPag. 84spinge a considerare il primato dell'istruzione pubblica su quella privata. È qualcosa di più complesso e di più significativo dal punto di vista della tenuta di un sistema democratico ed efficiente per tutti, che garantisca a tutti gli stessi diritti e le stesse opportunità.
Noi, dunque, pensiamo che, in nessun caso, si possa dire che la scuola paritaria sia identica alla scuola pubblica. Lo sosteniamo per una serie di ragioni, anche perché, come ben sappiamo, nell'ambito di queste due settori vi è un diverso sistema di reclutamento degli insegnanti. Avremmo certamente preferito che il provvedimento in discussione, ad esempio, su un aspetto che incide sul tentativo di scoraggiare i «diplomifici» e di ridare serietà all'esame conclusivo, avesse previsto la presentazione degli esterni all'esame di maturità esclusivamente nella scuola pubblica. Lo abbiamo sottolineato anche con un emendamento, che abbiamo voluto ripresentare all'attenzione dell'Assemblea.
Naturalmente, siamo consapevoli che questo provvedimento riveste carattere di urgenza e vogliamo garantire che, alla ripresa delle lezioni, le scuole possano avere la certezza di un nuovo sistema su cui organizzare i prossimi esami. Quindi, è importante che questo disegno di legge venga approvato dalla Camera, prima della sospensione prevista per la pausa festiva, nel testo licenziato dal Senato.
Infine, vogliamo dire che, a nostro giudizio, il provvedimento in discussione è positivo, perché interviene anche su alcuni aspetti della riforma Moratti ed è, a nostro avviso, uno degli strumenti con cui questa maggioranza e questo Governo stanno intervenendo nella direzione di modificare e correggere elementi di controriforma introdotti nella precedente legislatura.
Esso interviene sulla riforma Moratti nella sua filosofia profonda, che credo debba costituire in modo particolare oggetto di riflessione. Alla base di questa filosofia vi è l'idea che la conoscenza sia un bene da privatizzare, da destinare alle élites, da mercificare.
Questo era l'elemento di fondo, la cultura, la filosofia di fondo che ha informato tutta la politica del precedente Governo, e che ha informato tutte le parti della riforma Moratti, compreso ciò che era previsto per gli esami di maturità. Questa è la concezione fondamentale che ci divide, che divide oggi questa maggioranza da questa opposizione, perché la conoscenza, per la sua natura profonda, non può essere soggetta ad una logica di mercato, non può essere soggetta ad interessi di parte, non può essere soggetta ad una filosofia classista, e ad una filosofia di élite. La conoscenza ha una funzione di promozione democratica soltanto nella misura in cui diventa un elemento di diffusione e di coesione sociale più forte, non di divisione. Quindi, su questi punti, che noi riteniamo essere degli architravi fondamentali, si costruisce il nostro percorso, si costruisce anche questo provvedimento, e dunque, per questa ragione noi esprimeremo (pur in presenza di elementi di critica e con il contributo che abbiamo voluto presentare), in complesso, un giudizio positivo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Garagnani. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, colleghi, personalmente, la valutazione di questo provvedimento tiene conto del fatto che qualche passo avanti è stato fatto (peraltro il percorso era già stato avviato con il Governo Berlusconi e il ministro Moratti, con la sua riforma; ne è buon testimone l'onorevole Aprea, allora sottosegretario). Il Governo precedente ha cercato di inserire degli elementi di novità volti proprio a restituire all'esame di Stato una maggiore serietà e soprattutto a dare dignità ai vari corsi di studio, con il riconoscimento appropriato e adeguato dei meriti conseguiti durante il quinquennio curricolare. In questo senso, credo che questo provvedimento rechi in sé degli elementi da valutare positivamente. Sono timidi elementi che però, ripeto, sono già stati preceduti da scelte qualificanti (non lo dico perché appartengo ad una parte politica), del precedente Governo.
È bene ricordare la qualità degli studi, il basso livello raggiunto dagli studi inPag. 85Italia, per effetto di una politica di buona parte della sinistra, attraverso i suoi insegnanti aderenti alla CGIL scuola, che ha scelto di fare della scuola uno strumento di lotta politica, dequalificando la qualità degli studi, abbassandone conseguentemente il livello, trasformando la scuola italiana non in un luogo dove si fa cultura, si cerca di insegnare la cultura, l'educazione, la formazione dei giovani, ma in un terreno di scontro e di lotta politica.
Occorre fare riferimento a questo, anche se oggi non è politically correct ribadirlo, perché dobbiamo partire da questo per fare una valutazione seria del perché si è giunti a questo tipo di esame, del perché io sento dei deputati, come la collega che mi ha preceduto, che improvvisamente scoprono la serietà degli studi, dopo che tanti amici di partito in questi anni, parlo degli ultimi venti anni, si sono divertiti, come dire, a gratificare i ministri che hanno gestito un settore delicato come la pubblica istruzione, di tutta una serie di accuse, improperi, soltanto perché si ponevano l'obiettivo di fondo di garantire una maggiore preparazione agli studenti, una serietà maggiore degli studi (e quindi si opponevano al voto garantito per tutti, alla sufficienza garantita per tutti, alla contestazione globale, eccetera).
Lo ripeto: sono elementi che la sinistra ci ha regalato negli ultimi vent'anni, costringendo a ripensare se stessa e a meditare sullo sfascio della scuola italiana, con eccezioni significative, ma che di fatto è stato tale negli ultimi anni, con un livello medio di preparazione che lascia alquanto a desiderare.
Le statistiche dell'Unione europea al riguardo sono emblematiche. Credo che il Governo Prodi stia cercando di correre ai ripari con il provvedimento in esame con un evidente ed esplicito atto di mea culpa, proponendo misure con elementi migliorativi, volti al recupero di una maggiore serietà. Non siamo certo qui a misconoscere quegli elementi che contribuiscono a dare all'opinione pubblica italiana, soprattutto alla scuola e agli studenti, uno strumento per acquisire maggiori competenze e, soprattutto, a verificare la loro preparazione in previsione di uno sbocco universitario o comunque lavorativo che dovrà consentire loro di emergere. Ritengo, dunque, che questo vada riconosciuto in parte, partendo da presupposti che, a mio modo di vedere, sono imprescindibili e che servono non per fare polemica, ma per ristabilire la realtà delle cose e per dirle con estrema chiarezza.
Alla luce di ciò - ed è vero, basta fare un brevissimo excursus degli ultimi tre anni - si constata il progressivo decadimento della qualità degli esami di Stato negli ultimi anni, al quale si è posto rimedio con una serie di provvedimenti che ho prima citato.
In questo contesto dobbiamo porci alcuni quesiti e obiettivi di fondo, anche con riferimento alla posizione di Forza Italia per quanto riguarda il mio intervento, mentre la collega Aprea illustrerà meglio di me, dal punto di vista tecnico, gli emendamenti fondanti e le contestazioni già da noi mosse in Commissione. Ci saremmo augurati che la proposta del Governo fosse più aperta e pronta ad una discussione, mentre ci siamo trovati di fronte ad un testo già definito fin nei minimi particolari senza alcuna volontà seria di confronto con la minoranza per migliorarne la qualità e, in alcuni casi, senza avere il coraggio di definire le proprie proposte in nome di precise idee e scelte, magari discutibili, ma palesate con chiarezza.
In Commissione è mancato un confronto serio: la ristretta maggioranza si è chiusa nella propria scelta, consapevole di esaurire tutto il dibattito politico su una materia così delicata come quella in esame. Contestiamo, innanzitutto, il metodo con cui si è arrivati ad affrontare questo provvedimento: tardi, senza dare la possibilità, visti i margini ristretti che ci sono stati assegnati, di sviluppare adeguatamente le nostre proposte e i nostri emendamenti e, soprattutto, di fronte ad un arroccamento della maggioranza e del Governo che ci saremmo augurati non avvenisse.
Da questo derivano alcuni emendamenti significativi da noi proposti semprePag. 86per migliorare la qualità dell'esame di Stato e degli studi, partendo dalla consapevolezza - e mi avvio ad illustrare alcuni degli emendamenti da me presentati - che un esame che definisce o conclude un ciclo di studi debba tener conto della complessità di quel ciclo di studi. Da ciò deriva anche una valutazione che non intende infierire sulla complessità della materia, ma che richiede allo studente, così come previsto da un emendamento a mia prima firma, la conoscenza entro certi limiti di tutte le materie che ha studiato nel corso del ciclo di studi effettuato. È chiaro che le prove d'esame si svolgeranno prevalentemente su materie dell'ultimo anno, ma ritengo che una conoscenza generale e un approfondimento sulle materie oggetto di studio del quinquennio debba considerarsi - a nostro modo di vedere - necessaria. Su questo punto non vi è stata la dovuta attenzione né del Governo né della maggioranza.
In secondo luogo, ritengo debba essere definito, già come detto da alcuni colleghi intervenuti, il rapporto tra scuola statale e scuola parificata.
Vedete, non è soltanto un problema che vede contrapposti il pubblico e il privato o il problema di un commissario in più o in meno. È un problema di fondo, che nasconde in realtà l'ipocrisia di questa maggioranza, che non ha il coraggio di dire chiaramente che è a favore di un sistema statale, unico in Europa, a parte la Grecia, che di fatto configura un blocco, un moloch, che pretende oggi di definire la politica scolastica con un monopolio statale esclusivo e assoluto, che penalizza ogni forma di pluralismo.
Contestiamo radicalmente questa concezione, che dovrebbe però essere esplicitata molto più chiaramente, non dietro le distinzioni che caratterizzano le affermazioni dei DS, della Margherita, oggi confluiti in un unico partito, ma di fatto finalizzate a difendere un monopolio statale nella scuola oggi assolutamente non richiesto dai tempi e assolutamente fuori dalla logica della storia, stante anche l'esperienza europea, che sottopongo all'attenzione dei colleghi, monopolio finalizzato ad alcuni obiettivi politici e clientelari. È un monopolio scolastico statale che non si giustifica più, che penalizza la scuola, le migliori intelligenze, l'applicazione del principio di sussidiarietà, che di fatto dequalifica il livello di studi. Quando non c'è una sana competizione all'interno di un sistema scolastico, che vede una pluralità di modelli formativi, in grado di offrire all'opinione pubblica, allo studente, alla famiglia, la possibilità di optare per ciò che ritiene più confacente ad una propria ispirazione ideale, all'interno ovviamente di un quadro statale di regole comuni, questo sia ben chiaro, in quel momento la scuola decade e muore, non ha un futuro ed è la situazione che in gran parte, anche se non in tutto, caratterizza la scuola italiana.
In questo senso credo, anche perché ci sono lodevoli ed ampie eccezioni, che persista un sistema che di fatto accomuna indistintamente coloro che insegnano interpretando la missione del docente come quella di educatore da coloro che interpretano la missione del docente come il nullafacente o l'agitatore. Sono tutti collocati nello stesso sistema e qui è mancato il controllo dello Stato. In questo contesto all'obiezione del ministro Fioroni al Senato sul fatto che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si acceda tramite concorso, obiezione tesa ad escludere gli insegnanti delle scuole paritarie, credo si possa rispondere tranquillamente con la legge approvata dal Parlamento, la legge n. 62 del 2000 sulla parità scolastica, che è stata violata nello spirito e nella lettera da questo provvedimento. Se il sistema nazionale di istruzione è costituito, leggo testualmente, «dalle scuole statali e dalle scuole paritarie», non può che essere unico e le scuole paritarie, in quanto parte costitutiva di esso, non possono che essere messe nelle medesime condizioni e trattate alla stessa maniera.
In caso contrario, si creerebbero differenze tra le une e le altre, quindi disparità, quindi verrebbe meno la cosiddetta parità. Allora, se l'assunzione per concorso dovesse essere un prerequisito per partecipare, come commissario esterno, ad unaPag. 87commissione di esami di Stato, dovrebbe poter valere anche nel caso dei commissari interni, in quanto commissari legittimi a pieno titolo, perché concorrono a costituire la commissione esaminatrice di Stato di una scuola paritaria, a determinare la valutazione didattica degli alunni e a rilasciare un titolo di studio a seguito di un esame di Stato.
Occorre riflettere che questo richiamo alla necessità di un concorso non era mai stato sollevato nei decenni precedenti, come ha fatto il ministro Fioroni nelle scorse settimane, né per i membri interni delle scuole legalmente riconosciute o paritarie, né per i membri esterni delle commissioni statali provenienti dalle scuole legalmente riconosciute. Ciò significherebbe che sono stati espletati esami illegittimi, che andrebbero riportati a legittimità, forse con una sanatoria? Significa questo? Oppure significa che il problema non è mai stato considerato tale, che il docente dirigente paritario con piena legittimità può far parte di una commissione statale che rilascia titoli di valore legale, sia come membro interno che come membro esterno? Questo è un interrogativo che pongo ai colleghi della maggioranza e del Governo.
È proprio indispensabile che per partecipare legittimamente come membro esterno ad una commissione esaminatrice di esami di Stato, il docente faccia parte di una pubblica amministrazione alla quale ha avuto accesso per concorso? E se questo fosse vero, allora, come si giustificano i membri interni di una commissione di esami di Stato in una scuola paritaria? E come si giustificano le migliaia di supplenti che ogni anno sono nominati dal ministero o dalle direzioni regionali o addirittura dai presidenti di commissione, che non hanno alcun rapporto di lavoro come il Ministero della pubblica istruzione, non hanno partecipato a nessun concorso per poter avere diritto di esserne parte e addirittura, spesso, non hanno né l'abilitazione e l'iscrizione all'albo professionale, né la laurea (infatti, molto spesso sono soltanto iscritti a qualche corso di laurea in qualche università scientifica o tecnologica) ? Pongo questi interrogativi e credo che sarebbe stata opportuna una migliore valutazione da parte del Governo. Il problema - lo ripeto - non è un docente in più o in meno, ma si tratta di una questione di fondo. Colgo in questa norma una volontà discriminatoria del Governo e della maggioranza, la quale si salva in corner con alcune affermazioni generiche che non colgono la prospettiva di fondo da dare alle nostre scuole. Tuttavia, il vero problema al quale personalmente attribuisco importanza fondamentale è la diversità profonda tra l'opposizione - in quanto ci siamo misurati in questi termini in Commissione - e la maggioranza di sinistra-centro, considerato che la sinistra prevale sul centro. Io mi rifiuto di chiamare questo Governo di centrosinistra, dato il chiaro vincolo del Presidente Prodi con la parte estrema della sua coalizione e non certo con quella parte apparentemente più moderata.
A parte queste considerazioni politiche di fondo, credo molto nei due emendamenti che ho presentato, che richiedono una conoscenza, da parte dello studente che si accinge ad affrontare l'esame di Stato, degli elementi fondamentali della nostra storia, cultura ed entità. Vi è stato un rifiuto pregiudiziale del Governo e della maggioranza che la dice lunga del suo atteggiamento rinunciatario, al limite anche destabilizzante e distruttivo di tutte le nostre tradizioni patrie, con riferimento a quella che deve essere una conoscenza significativa e indispensabile per chi si accinge ad entrare nel mondo del lavoro o dell'università. Questo prescinde dal dibattito che sta caratterizzando l'opinione pubblica italiana (e non solo italiana, ma anche europea) in merito al futuro del continente e della nazione e alle prospettive culturali, oltre che ai drammatici problemi posti da un'effettiva integrazione in presenza di una significativa massa di studenti che provengono dai paesi extracomunitari. In questo contesto, il fatto che la scuola rifiuti di trasmettere allo studente i concetti fondamentali della propria appartenenza ad una comunità ed una storia culturale, religiosa e, in ultima analisi,Pag. 88di dare allo studente la consapevolezza della propria identità, per poi confrontarsi - nessuno lo nega - con altre identità (ma partendo dalla orgogliosa consapevolezza della propria), è qualcosa che io definirei veramente una volontà omicida nei confronti delle proprie tradizioni e del proprio paese. È un atto di irresponsabilità politica gravissima da parte del Governo e della maggioranza che non può essere giustificato e anzi va condannato, considerato che può arrecare solo danno al nostro paese. Infatti, non hanno senso le argomentazioni generiche e fittizie prospettate. Anzi, volutamente faccio un processo alle intenzioni nel chiedere se tutta la storia non sia permeata dai valori del cristianesimo, della storia dell'arte, della filosofia. È chiaro che insegnando queste materie si può venire a conoscenza della nostra tradizione.
Tuttavia, si prescinde da un dato di fatto essenziale: in questi anni la scuola italiana è stata caratterizzata in gran parte dalla visione settaria e ideologica di una minoranza di docenti che hanno costantemente destabilizzato e delegittimato i valori della nostra civiltà, della nostra cultura e della nostra tradizione, divertendosi molto spesso a denigrarli, disinsegnando, facendo politica invece che opera di educazione. Di fronte a questo, credo che un'azione volta al recupero di questi valori, che sono stati costantemente disattesi, sia più che mai indispensabile. So benissimo che questo discorso può apparire risibile o ridicolo agli occhi di qualcuno, ma so anche di interpretare una parte notevole dell'opinione pubblica italiana, nella mia misera condizione di peones, di deputato, quando faccio riferimento a questa esigenza, di fronte alle responsabilità storiche di questo Governo e della sinistra, che prescindono totalmente dall'affrontare un problema come questo. Invece, lo ritengo essenziale soprattutto nella scuola, se si vuole formare dei cittadini consapevoli della propria dignità, del rispetto degli altri ma soprattutto delle proprie radici, se non si vuole disancorare, in un'epoca di nichilismo assoluto i cui valori non hanno più senso, il cittadino dalla propria identità e dalla propria storia.
Invece, oggi assistiamo a questo perché sta prevalendo questa cultura - di cui la sinistra e parte determinante del Governo Prodi è fattivamente succube -, che mira a sradicare dalle fondamenta i presupposti culturali ed identitari del nostro paese. L'esame di Stato dovrebbe richiedere allo studente la conoscenza degli elementi fondamentali costitutivi della nostra storia patria e della nostra identità. La maggioranza ha respinto persino un riferimento e dovrebbe richiedere questo sia in sede di punteggio sia in sede di valutazione generale perché uno studente che non è in grado di capire che cosa hanno significato per il nostro paese duemila anni di Cristianesimo - che l'hanno permeato e fondato in senso lato in tutti gli aspetti della vita culturale, sociale, scientifica - è uno studente che si affaccia alla vita senza nessuna consapevolezza di sé. È stato persino rifiutato un accenno al rispetto dei valori della Costituzione e alla sua conoscenza, che molto spesso per molti studenti è qualcosa di estremamente aleatorio, mentre, invece, pur con tante parti ormai superate, per quanto riguarda l'impianto fondamentale del riconoscimento dei diritti della persona, della dignità dell'uomo e della donna, mantiene ancora oggi una validità.
È stato negato questo in nome di quel presupposto ideologico che voi della sinistra-centro imputate a noi, ma che, in realtà, caratterizza voi in tutti gli atti qualificanti di questo Governo, che vede il Presidente Prodi succube di una maggioranza che fa ancora riferimento al comunismo (ci sono due partiti che esplicitamente si riconnettono a questo orientamento). Ritengo che sia veramente grave - proprio alla luce del richiamo che costantemente viene fatto ai valori dell'integrazione, della Costituzione e del rispetto dei diritti individuali - l'aver rifiutato ogni accenno in materia di esami di Stato alla conoscenza da parte degli studenti di questi elementi e di queste realtà, che oggi sono più indispensabili della conoscenzaPag. 89della matematica, della fisica, del latino, del greco o della storia per definire uno studente in rapporto alla vita lavorativa, universitaria, insomma in relazione agli sbocchi futuri dello studente medesimo.
Il rischio è di privilegiare un eccesso di nozionismo - e Dio solo sa se ce n'è bisogno di fronte allo sfascio generale degli ultimi trent'anni -, ma a scapito anche della conoscenza di alcuni elementi essenziali che fanno parte della natura della scuola. Se questi concetti non li trasmettiamo tramite la scuola, attraverso che cosa li tramandiamo? Dobbiamo partire dalla consapevolezza che questi concetti in buona parte non sono stati trasmessi in questi anni nella scuola di Stato perché è stata portata avanti una colossale opera di mistificazione ideologica, che li ha compressi, disattesi o volutamente alterati.
Di fronte a questo bisogna reagire! Per fortuna, nonostante questa risibile maggioranza - tutta da verificare - di 24 mila voti, che avete ottenuto in queste ultime elezioni, in Italia rappresentate la minoranza; il paese, infatti, è acutamente consapevole di questa realtà e che voi ci state portando verso un punto di non ritorno.
Può apparire paradossale la mia insistenza su questi due emendamenti, ma in realtà essa è il termometro dell'insoddisfazione del cittadino - a parte i problemi economici e finanziari - verso la situazione complessiva della scuola, che voi cercate di razionalizzare abbandonando, però, quel minimo di principi ideali ai quali una scuola deve rimanere ancorata, se non vuole trasformarsi in un semplice meccanismo di promozione, totalmente privo di un'intima coerenza, di una visione ideale.
Lo ripeto: l'esame di Stato, accanto ad elementi tecnici, a dati scientifici, a richieste di maggiore serietà per quanto concerne la preparazione dello studente e del docente che deve esaminare, non può prescindere, però, da alcuni contenuti di fondo richiesti sia al docente sia al discente.
Riconosco che si è fatto un passo in avanti, ma manca un impianto globale, a mio modo di vedere, e questa è la ragione per cui esprimo un parere nettamente contrario a questo provvedimento, sia per come è stato portato avanti sia per la mancanza di un'effettiva volontà di dialogo sia perché su questi punti fondamentali è risultata chiara la volontà della maggioranza e del Governo di affrontarli in modo profondamente contrario a quelli che ritengo essere gli interessi della scuola e del paese (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Li Causi. Ne ha facoltà.
VITO LI CAUSI. Signor Presidente, signora sottosegretario, onorevoli colleghi, oggi ci apprestiamo a compiere un primo passo verso una riforma più complessiva del sistema scolastico, che da anni ormai impegna questo Parlamento e che studenti, famiglie e insegnanti si aspettano e che spero riusciremo, con ampia convergenza, ad approvare in tempi brevi.
Creare un buon sistema scolastico non è impresa facile, ma è un impegno che occorre affrontare non dimenticando che la scuola è la più importante istituzione del paese e non appartiene a questo o a quello schieramento politico.
La scuola è un bene comune, come ha già detto l'onorevole Frassinetti, e ogni intervento, ogni cambiamento, deve essere frutto di un confronto serio, sereno ed aperto.
Noi riteniamo che i punti qualificanti si riferiscono alla natura pubblica dell'esame, al contrasto dei cosiddetti «diplomifici», alla serietà delle prove degli esami di Stato, al valore del titolo di studio conseguito, alla responsabilità degli studenti e delle istituzioni scolastiche, anche in ordine alla verifica dei risultati ottenuti.
Vi sono ancora l'orientamento e il raccordo con l'università, gli istituti di formazione tecnica superiore, gli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica, le professioni e il lavoro.
All'esame di Stato verranno ammessi gli alunni delle scuole statali che abbiano frequentato l'ultimo anno di corso, che siano stati comunque valutati positivamentePag. 90in sede di scrutinio finale e che abbiano saldato i debiti formativi relativi agli anni precedenti.
Inoltre, i candidati esterni potranno sostenere l'esame di Stato presso le istituzioni scolastiche statali o paritarie aventi sede nel comune di residenza.
Nel rilevare che le commissioni d'esame sono composte al cinquanta per cento da commissari interni e per il restante cinquanta per cento da commissari interni, nonché da un presidente esterno, ricordo che i ragazzi che hanno dato ottima prova del loro apprendimento e delle loro capacità scolastiche potranno anche conseguire la lode in sede di giudizio finale.
Infine, è opportuno sottolineare con forza l'innovazione introdotta dall'articolo 2, che investe sulla continuità dell'apprendimento non soltanto negli anni decisivi della formazione, ma per tutta la vita, come avviene da tempo nel resto dell'Europa.
Dalla lettura del provvedimento al nostro esame emerge, dunque, la voglia di disegnare, già a partire da questo primo importante passo, una scuola differente, orientata secondo profili di ulteriore serietà e solidità. A tale proposito, colgo l'occasione per rispondere all'onorevole Garagnani. Noi facciamo riferimento ad un'ulteriore serietà perché crediamo in quello che facciamo. All'onorevole Garagnani, il quale è deputato e persona veramente squisita, ma si è abbandonato ad affermazioni non condivisibili, replico che tutto questo lo si poteva fare negli anni passati. Adesso, cortesemente, si facciano lavorare questa Commissione, questo Governo e questa maggioranza di centrosinistra!
Comunque, noi vogliamo creare una scuola che riconosca il merito degli studenti e che ne valorizzi il talento, che non si limiti a registrare il mero apprendimento nozionistico, ma stimoli il ragionamento, il senso critico e la creatività dei nostri ragazzi. Quello che oggi si chiede agli studenti del nostro paese è di non accettare passivamente questo cambiamento, ma di prenderlo come una sfida a fare di più ed a fare meglio, perché l'istruzione, una buona istruzione, è fondamentale per la crescita dell'individuo. Ed è questo che noi vogliamo e dobbiamo valorizzare. L'istituzione scolastica ha rappresentato il fulcro essenziale della crescita del nostro paese, una conquista vitale per intere generazioni di donne e di uomini il cui contributo è stato fondamentale per la crescita e lo sviluppo intellettuale, scientifico e sociale dell'Italia. A questo, onorevoli colleghi, dobbiamo puntare. Le famiglie italiane ce lo chiedono, e noi dobbiamo rispondere.
All'interno delle famiglie si è registrato un sentimento di sfiducia nelle istituzioni scolastiche: sfiducia che si è riversata sui nostri giovani, soprattutto in alcune zone del nostro paese. Occorre, quindi, interrompere questo circolo vizioso che, delegittimando l'istituzione scolastica svilisce il valore del lavoro scolastico degli studenti, i quali devono essere più coinvolti, nonché dei loro insegnanti, i quali devono essere più autorevoli.
Desidero ricordare che ho natali comuni con Giovanni Gentile. Credo che egli si sia rivoltato nella bara o che, comunque, abbia accolto con sorriso e con preoccupazione tutto quanto è avvenuto nell'arco di sessant'anni in materia di esame di Stato. Credo che l'onorevole Garagnani ricordi il suo esame di Stato, così come lo ricordo io. Si trattava, allora, del compendio di un ciclo di studi che finiva: creavano in noi studenti una grande tensione - non c'è dubbio -, ma ci davano anche la possibilità di gioire per il risultato ottenuto.
Insomma, ai nostri studenti diciamo che quel tipo di esame non aveva più senso; così nasce tempestivamente il disegno di legge in esame, egregiamente esposto dal relatore, onorevole Rusconi.
Con i cambiamenti introdotti nel 2001, si è fornita l'idea che per risolvere i mali della scuola occorresse puntare su una soluzione facilitante per gli studenti, mentre io asserisco il contrario. A mio avviso, gli studenti italiani hanno bisogno di essere più preparati e stimolati, hanno bisogno di una preparazione seria e qualificata per ottenere un titolo di studio che conseguentemente possa essere spendibilePag. 91nel mercato del lavoro e della formazione non solo in Italia, ma in tutta l'Unione europea.
Che la normativa in vigore dal 2001 non fosse efficace non è solo un convincimento del centrosinistra ma lo dimostrano le proposte di riforma presentate anche dall'opposizione. Pertanto, vi è la diffusa convinzione della necessità e dell'urgenza di un cambiamento nel sistema scolastico.
Stasera, in quest'aula, viene compiuto un primo ed importante passo della politica scolastica del centrosinistra, che ha saputo trovare un equilibrio tra le aspettative del corpo insegnante e quelle del mondo studentesco. Abbiamo preso coscienza che esistono vaste aree di inefficacia, come rivelano i dati delle agenzie di valutazione internazionale, come l'OCSE, che ha parlato di un grado di istruzione degli italiani decisamente più basso della media europea e di una difficoltà di comprensione in matematica e lettura da parte di una percentuale elevata dei nostri quindicenni. Pertanto, non possiamo restare indifferenti rispetto a tali dati.
Il maggior rigore previsto da questo disegno di legge, rispetto alla normativa attuale, va in questo senso. Si tratta di un rigore che va a vantaggio dei giovani, al fine di sollecitarli a dare il meglio di sé, per prepararli a vivere in una società in continua evoluzione, che avrà sempre di più il suo fondamento nel sapere.
Noi Popolari-Udeur siamo convinti, pertanto, che occorra costruire un universo scolastico che sviluppi meriti e talenti a prescindere dal ceto sociale di provenienza, in aderenza al dettato costituzionale e quale investimento indispensabile per la nostra società.
Con il provvedimento in esame il Parlamento può annunciare al paese la volontà di dare una svolta, improntata a caratteri di serietà ed equilibrio; obiettivo che si potrà raggiungere con una volontà comune, come auspico (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Benzoni. Ne ha facoltà.
ROSALBA BENZONI. Signor Presidente, colleghi, avrei voluto iniziare il mio intervento registrando un dato positivo che mi è sembrato di cogliere nel dibattito svoltosi in Commissione. Tuttavia, dopo aver ascoltato l'intervento dell'onorevole Garagnani, non sono più così sicura di aver colto un dato vero.
Le valutazioni svolte dal collega debbono essere respinte e confrontate con una realtà che ho vissuto per quarant'anni, lavorando nel mondo della scuola come insegnante e dirigente. Come persona di sinistra, come docente, come professionista della scuola, ritengo di aver fatto dello sviluppo della capacità critica dei miei alunni, dell'educazione alla libertà intellettuale, dell'amore per lo studio e per la conoscenza la stella polare e la linea guida di tutta la mia carriera scolastica.
Voglio ostinatamente tornare al dato che mi sembrava, invece, di aver colto nelle fasi più significative del dibattito. Mi sembrava di aver potuto registrare positivamente un dato comune, un comune sentire tra maggioranza ed opposizione nell'interesse che gli interventi succedutisi avevano espresso a far sì che l'esame di Stato riuscisse ad essere nuovamente la garanzia di un passaggio serio della carriera scolastica dello studente, un momento di responsabilità e d'impegno, cui ci si prepari nella consapevolezza dell'importanza, non solo del risultato in sé, ma in quanto conclusione ed espressione di un percorso di crescita culturale e personale che si è costruito e delineato negli anni di studio che hanno portato all'esame.
Il disegno di legge, così come ci è stato consegnato dalla prima lettura del Senato, alla cui elaborazione hanno contribuito anche apporti significativi dell'opposizione, discusso alla Camera ed in Commissione, con un iter necessariamente rapido, perché la norma sia varata in tempo utile ad essere applicata già dall'anno scolastico in corso (senza che ciò pregiudichi, lo spero, la possibilità che l'esito del dibattito dia ulteriori arricchimenti attraverso ordini del giorno ed interventi di cui tenere conto in sede di stesura delle normePag. 92applicative delegate), risponde più alle esigenze generalmente avvertite di serietà e di rigore. Ciò non nel presupposto di una concezione premoderna della scuola che, per essere rigorosa, deve bocciare molto, ma per la ricaduta che la serietà di questo passaggio è in grado di determinare sia a monte sia a valle; a monte, nell'indurre una crescita di responsabilità e di qualità nei processi formativi, nel monitoraggio e nella valutazione delle attività di insegnamento e di apprendimento, nell'innovazione dell'organizzazione della didattica per prevenire la dispersione e valorizzare le capacità e le eccellenze; a valle, perché garantisce effettività al valore del titolo di studio, che continuiamo a ritenere elemento di garanzia in un sistema scolastico pubblico e democratico, anche se da affiancare - come è stato detto nella discussione - ad ulteriori modalità di certificazione delle competenze.
Si è osservato che la riforma dell'esame di Stato si sarebbe dovuta fare contestualmente a quella della scuola superiore, perché fosse con essa coerente. Ma, sospesa questa riforma, in conformità con il programma di Governo che ha indicato un percorso profondamente diverso rispetto a quello della precedente legislatura, il cambiamento di alcuni articoli della legge n. 425 del 1997 e della legge finanziaria 2002 assumeva carattere di urgenza alla luce degli esiti degli esami di maturità più recenti, con una percentuale di privatisti passata, in pochi anni, dallo 0,4 per cento del 1999 a quasi il 27 per cento, con una delegittimazione dell'istituto stesso che ha mortificato il sistema.
Dunque, è un provvedimento di cui la scuola ha bisogno subito, ma non è, per come si delinea, un provvedimento di emergenza. I suoi effetti possono avere un carattere strutturale e di prospettiva; sono già un tassello delle riforme che verranno, anche se - come è giusto - la legge prevede un'attività di verifica triennale con la presentazione, in Parlamento, di una relazione sull'andamento degli esami di Stato.
La legge riafferma anzitutto il carattere pubblico dell'esame, modificando la composizione delle commissioni, che da interne all'istituto diventano miste, con un 50 per cento di membri interni ed un 50 per cento di esterni, più un presidente esterno. Ciò vale anche per le scuole paritarie, che la legge n. 62 del 2000 include a pieno titolo nel sistema pubblico d'istruzione e a cui possono accedere, per lo svolgimento dell'esame, anche gli alunni privatisti. Questo aspetto è stato oggetto di discussione e di diversità di valutazioni in Commissione, per la preoccupazione derivante da episodi e fenomeni che si sono verificati con la precedente disciplina. Tuttavia, il principio del carattere pubblico degli istituti paritari non può essere in discussione. Nella legge sono previste attività di monitoraggio e verifica del regolare funzionamento degli esami di tutti i tipi di scuola ed è stata espressa dal Governo la volontà di tener conto di questi elementi di preoccupazione espressi dal dibattito e che potranno anche essere oggetto di ordini del giorno. Il collega Volpini accennava prima ad alcuni interventi che potrebbero essere messi in campo relativamente all'attuazione della legge n. 62 del 2000, proprio per prevenire fenomeni di questo tipo o comunque correggerli, qualora si dovessero verificare.
Ascrivibili pure all'ambito della serietà e del rigore sono i contenuti che prevedono l'ammissione all'esame, i requisiti per l'abbreviazione per merito della carriera scolastica, le norme per l'ammissione dei privatisti, tra cui il requisito della territorialità, il saldo dei debiti formativi, i contenuti delle prove, con una valorizzazione dell'autonomia degli istituti nella terza prova scritta, di carattere interdisciplinare, predisposta dalla commissione sulla base di modelli definiti dall'Invalsi. Anche l'attività di valutazione dei livelli di apprendimento sulla base delle prove scritte costituisce un primo tassello da inserire in un più organico sistema di valutazione.
L'articolo 2 del disegno di legge contiene poi scelte di grande novità per il sistema di istruzione italiano, che riguardano il raccordo tra scuola, università, formazione superiore, professioni e lavoro.Pag. 93Tale articolo prevede una delega al Governo per l'adozione di decreti legislativi finalizzati a realizzare percorsi di orientamento, a potenziare il raccordo tra scuola, università e alta formazione, a valorizzare la qualità dei risultati degli studenti ai fini dell'ammissione ai corsi di laurea e ad incentivare l'eccellenza.
I principi e i criteri direttivi fissati dal disegno di legge per l'attuazione della delega si articolano nella previsione di percorsi di orientamento con la partecipazione di docenti universitari, nella partecipazione degli istituti superiori alle prove di verifica della preparazione iniziale degli studenti per il soddisfacimento degli obblighi formativi universitari, la spendibilità dei risultati scolastici di particolare valore per l'ammissione ai corsi, con la valorizzazione in particolare delle discipline tecnico-scientifiche come un elemento estremamente importante per la nostra scuola, e nella destinazione di 5 milioni di euro per incentivi volti a premiare l'eccellenza.
Credo possiamo riconoscere in questa legge un primo tassello importante dell'attuazione del programma di Governo, che ha inteso dare alla formazione e alla conoscenza un ruolo centrale per il futuro del nostro paese. Questo indirizzo non è sempre apparso nitidamente nel dibattito parlamentare di queste ultime settimane. L'attribuzione di valore al sistema scolastico ai fini dello sviluppo sociale ed economico...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ROSALBA BENZONI. ...dipende dall'entità delle risorse che vi si destinano, ma ancora di più dalla capacità di produrre norme, che mettano al centro i bisogni formativi dello studente e la qualità dei processi di insegnamento ed apprendimento, le funzioni...
PRESIDENTE. Purtroppo deve concludere, onorevole Benzoni.
ROSALBA BENZONI. Vi ringrazio e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Constato l'assenza del deputato Tranfaglia, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritta a parlare la deputata Aprea. Ne ha facoltà.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, viceministro Bastico, onorevoli colleghe e colleghi, il ministro Fioroni ha vinto la sua scommessa: gli esami di Stato per l'anno scolastico in corso saranno diversi.
Le norme che stiamo approvando e che verranno approvate prima della pausa natalizia sicuramente consentiranno alle scuole di predisporre le modalità per i nuovi esami di Stato.
Ma perché riformare gli esami di Stato? Ormai è il terzo ministro che si applica in tal senso - Berlinguer, Moratti Fioroni - e che, effettivamente, interviene su questa modalità che ha una storia - ora la ricorderemo - ma che richiederebbe effettivamente modifiche molto più incisive di quelle che pure sono contenute in questa legge, che rimandano ad alcuni aspetti innovativi introdotti nella scorsa legislatura. Proprio perché è cambiato il senso di queste prove nel tempo.
Cosa colpisce l'opinione pubblica? Anche recentemente, pochi mesi fa, abbiamo assistito ad un nuovo dibattito, apparso sulle maggiori testate giornalistiche nazionali, riguardo alla necessità di interventi sostanzialmente su due elementi: sulla composizione della commissione e sull'alta percentuale di promossi e, quindi, l'opinione pubblica chiede che questi esami siano sostanzialmente più seri: come una volta.
La prima considerazione potrebbe essere proprio questa: cosa fare per far sì che questi esami siano seri? Chi vuole che questi esami siano seri? Cosa significa proporre una formula che garantisca serietà all'esame?Pag. 94
Come ho avuto modo di dire già in quest'aula quando abbiamo approvato il primo provvedimento di natura tecnica riguardante l'aumento dei compensi dei commissari per gli esami di Stato e, come ho ribadito nel dibattito in Commissione, in realtà gli unici esami veramente seri che la storia della scuola ricordi ci furono nel 1925. Infatti, in quell'anno, in piena dittatura fascista, che aveva introdotto questo tipo di esame, si registrò il 75 per cento di bocciati alla prima sessione d'esame. Ma anche il Governo di Mussolini, dietro pressione delle famiglie, dovette istituire ben tre sessioni riservate di esame per recuperare i bocciati. Alla fine i ragazzi bocciati risultarono solo il 25 per cento dei candidati. Da quell'anno le cose sono andate migliorando - naturalmente lo diciamo in modo ironico - per quanto riguarda l'esame finale, nel senso che abbiamo avuto una progressione costante di promossi fino al 98 per cento di maturati nell'anno scolastico 2005/2006 con punte anche del 99 per cento registrate negli anni scorsi e, soprattutto, negli anni di applicazione della legge n. 425 del 1997, voluta dal ministro Berlinguer. Con quella legge il ministro pro tempore cercò, almeno nelle intenzioni, di riportare rigore negli esami finali. Infatti aveva ripristinato l'esame su tutte le materie, ma con la legge n. 425 del 1997 è stato introdotto, invece, un meccanismo «perverso» di crediti e di punteggi che, purtroppo, rimane anche in questa revisione di legge che ha consentito - come è emerso dal monitoraggio effettuato dall'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione nel 2000, allora retto dal professor Vertecchi - anche agli studenti che conseguono insufficienze gravi agli scritti di essere promossi grazie ad una supervalutazione della prova orale che prevede - dal 1997 fino ad oggi - un punteggio di ben 35 punti su 100 (valutazione che con questa legge scende solo di cinque punti, comunque 30 su 100). Naturalmente questa sopravvalutazione dell'orale viene usata dalle commissioni per innalzare il voto finale e, in molti casi, per promuovere.
Sicuramente per queste ragioni, sono ormai molti coloro i quali, soprattutto tra intellettuali e opinionisti, chiedono un esame selettivo, severo, esigente, impegnativo, cioè una specie di rito di iniziazione per la maturità e l'età adulta.
In realtà, non riesco ad appassionarmi ad un discorso di selezione al 50 per cento o al 70 per cento, soprattutto dopo 13 anni di scolarità. Sarebbe un fallimento della scuola italiana, se una situazione del genere dovesse verificarsi. Credo che dovremmo guardare a questo esame in modo diverso e prendere atto del fatto che siamo di fronte ad una scolarizzazione di massa che ormai si sta compiendo quasi completamente. Per la verità, viceministro Bastico, in base ai dati Isfol, siamo arrivati alla misura del 76 per cento degli studenti che raggiungono l'ultimo anno e superano l'esame di Stato e questo è un dato rilevante. In una situazione in cui la scolarizzazione di massa si è compiuta - fenomeno iniziatosi a partire dagli anni settanta - non abbiamo più soltanto un problema di selezione fine a se stessa e nemmeno si può ancora agitare, a nostro avviso, la questione del valore legale del titolo di studio. Infatti, anche riconoscendo che i titoli conferiti dagli istituti superiori continuano ad avere valore legale in quanto producono effetti giuridici, consentono la prosecuzione degli studi, la partecipazione a concorsi pubblici o l'inserimento nel mondo del lavoro, il vero problema è la qualità delle conoscenze possedute dagli studenti affinché producano competenze certificabili, riconoscibili e spendibili per una efficace prosecuzione degli studi o per l'inserimento attivo nel mondo del lavoro.
Dunque, l'unico giusto rigore ancora assente nel nostro sistema, accanto al riconoscimento del merito, diviene la certificazione delle competenze conseguite al termine degli studi superiori attraverso modalità oggettive e comparabili e, quindi, attraverso valutazioni esterne, esattamente come avviene in Europa e in tutti i paesi economicamente più avanzati, che vantano i migliori livelli di apprendimento nelle analisi comparative internazionali.Pag. 95
Per queste ragioni, siamo convinti che il disegno di legge del Governo che modifica gli esami di Stato, di fatto, non centra l'obiettivo, che ancora deve essere perseguito, e per certi aspetti riporta addirittura indietro il sistema educativo, abrogando norme introdotte con la riforma Moratti che, pur non essendo stata ancora sperimentate, andavano nella direzione indicata e fortemente auspicata dagli scenari europei e internazionali. Se, poi, le novità contenute nella proposta di legge del Governo consistono nella reintroduzione dello scrutinio di ammissione all'esame, nelle prove laboratoriali per gli istituti tecnici e professionali o nel raccordo tra scuola e università, questo Governo arriva in ritardo, perché tali disposizioni sono già legge, o, quantomeno, si limita a riconoscere l'opportunità di queste norme e a riproporle in questo testo.
Allo stesso modo, il freno alla pratica dei cosiddetti «ottisti», usata in modo scorretto da alcune scuole, e la diminuzione del numero dei candidati esterni ammessi a sostenere l'esame di Stato presso le scuole paritarie sono misure già previste dal medesimo decreto legislativo citato. Se, invece, la novità sta nel fatto che per l'ammissione agli esami dovranno essere saldati i debiti scolastici, allora siamo di fronte a un rigore fasullo e demagogico. Puntare a un maggior rigore nella valutazione scolastica è giusto ed è un obiettivo che è stato perseguito anche con le leggi di riforma approvate nel corso della XIV legislatura. Invece, è profondamente ingiusto, dal punto di vista educativo, pensare di introdurre un esame finale più rigoroso senza modificare i meccanismi di valutazione di tutto il percorso precedente. Come si può chiedere a un giovane di non avere lacune nella preparazione se, per quattro anni, non è stato obbligato a recuperare i debiti formativi?
Nel decreto legislativo sul secondo ciclo della riforma Moratti è stato introdotto, per questo, un sistema di valutazione rigoroso e graduale, interno ed esterno, capace di registrare i livelli di apprendimento dello studente nei bienni che precedono l'ultimo anno, al fine di consentire il recupero graduale degli insuccessi scolastici all'interno del biennio, pena la non ammissione a quello successivo. In più, sempre nel disegno di legge del Governo Prodi, appaiono decisamente superate e inefficaci le scelte che si riferiscono a due variabili dell'esame di Stato: le commissioni e le prove. Quanto al ritorno alla commissione mista, si tratta di uno schema già utilizzato, che non ha mutato né risolto i problemi dell'esame di Stato, rivelandosi, al contrario, inefficace e costoso. Ma, soprattutto, troviamo inaudito che il ministro decida di riconsegnare a se stesso e alla burocrazia ministeriale l'elaborazione e la scelta delle prove di esame, caso unico in Europa. Ne viene fuori un nuovo Giovanni Gentile, la cui ombra politica ideologica resta per il centrosinistra l'unico modello di riferimento. Ma almeno Gentile negli anni venti doveva scegliere solo quattro prove scritte, italiano, latino, greco, matematica, sulle quali era facile, per un uomo della sua cultura, dimostrare pieno controllo e competenza! Oggi, il ministro della pubblica istruzione dovrebbe arrogarsi il compito di confezionare e scegliere una decina di prove per l'esame di italiano e più di 500 per la seconda prova scritta.
Nel decreto legislativo n. 226 del 2005 erano state previste al contrario norme che affidavano al nuovo istituto di valutazione, l'Invalsi, la responsabilità di garantire qualità ed obiettività alle prove. Dunque, noi speriamo che ci possa essere una intesa in questo senso con il Governo per recuperare almeno una fase sperimentale, attraverso la quale verificare se questa può essere una strada per superare i limiti delle vecchie prove e delle vecchie certificazioni, che rimangono tutte in ambito scolastico, e approdare agli scenari europei ed internazionali. Ma questo lo vedremo nel dibattito e nelle valutazioni che vorrà fare il Governo, ovviamente sostenuto dalla maggioranza.
Sul raccordo scuola-università è apprezzabile che il disegno di legge preveda un articolo intero, peraltro molto dettagliato, sul raccordo istituzionale che deve esserci tra scuola, in modo particolare traPag. 96i licei, tutti gli altri istituti secondari e le università, mentre è meno condivisibile la scelta di rinviare a decreti ulteriori, peraltro complessi, perché poi dovranno comportare la concertazione con il Ministero dell'università (quindi, non sappiamo alla fine a che cosa si approderà). Anche in questo caso credo che, non essendo noi all'anno zero, avendo già portato avanti tutta una serie di esperienze, di raccordi, di percorsi di orientamento e investito denaro pubblico - dobbiamo essere onesti su questo: abbiamo già investito tanto, ma non abbiamo potuto misurare l'efficacia di queste interventi orientativi -, Forza Italia avanzerà una proposta al Governo e alla maggioranza di sperimentare forme curricolari più flessibili nell'ultimo anno, che consentano agli studenti soprattutto di assumersi responsabilità nella richiesta di modificare il piano di studio - in parte, naturalmente; si tratterebbe di una forma di flessibilità all'interno del piano di studi obbligatorio (ci mancherebbe!), previsto per la fase conclusiva degli studi -, in relazione al progetto di vita futuro che intendono realizzare, e alle università di valorizzare e valutare positivamente per l'accesso ai propri corsi gli studi più coerenti con i percorsi universitari.
Discuteremo di questo nel dibattito successivo. È chiaro che complessivamente la posizione di Forza Italia è contraria all'impianto del provvedimento per questi due aspetti; naturalmente, siamo fiduciosi sul fatto che invece si possano aprire delle prospettive di interesse comune, che possano avvicinare l'opposizione al Governo e alla maggioranza, soprattutto in vista dell'approvazione definitiva della riforma del secondo ciclo. Questa è solo una parte - lo ha ricordato anche la collega Benzoni - anche se sarebbe stato meglio inserirla dentro una riforma completa.
La viceministro Bastico ha ricordato che era opportuno comunque introdurre modifiche sul piano tecnico in riferimento ad alcune questioni, per cui credo che sarebbe opportuno decidere insieme, assumendoci una reciproca responsabilità, di avviare riflessioni e sperimentazioni, che abbiano un carattere breve (un anno o due, perché la scuola ha visto troppe sperimentazioni: soprattutto nell'esame di Stato sperimentiamo da 35 anni!).
Abbiamo brutte esperienze in questo senso.
Quindi, credo che fare una sperimentazione breve, ma efficace, in vista dell'approvazione definitiva - come ha ricordato bene il viceministro Bastico -, possa consentire a noi di verificare ciò che, mutuato dagli scenari europei e internazionali, era sembrato una possibile soluzione ai vari problemi che ho poc'anzi ricordato, e possa costituire anche una possibilità di intesa sulle grandi questioni del nostro paese che riguardano il successo formativo dei nostri giovani.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, anche io voglio esprimere la mia soddisfazione per il modo in cui il Governo ha affrontato e risolto la questione del precariato nella scuola. Credo che, con il maxiemendamento che sarà votato nelle prossime ore al Senato, stiamo partendo con il piede giusto. Si tratta di uno dei principali comparti nei quali è stato affrontato il tema della precarietà del lavoro. Sappiamo bene come la precarietà del lavoro, sul terreno della scuola, significhi discontinuità e metta in discussione anche la qualità dell'apprendimento stesso.
Veniamo ora al provvedimento che oggi è in discussione. Credo che il disegno di legge sugli esami di Stato sia un provvedimento saggio e utile. I colleghi che mi hanno preceduto hanno già espresso valutazioni e, quindi, non voglio dilungarmi, ma voglio esprimermi molto semplicemente: è un provvedimento saggio perché affronta un problema - se posso usare questo termine - di «degenerazione», che si è verificato, in questi anni, negli esami di Stato. In alcune situazioni è intervenuta anche la magistratura. Abbiamo assistito alla vicenda dei diplomi venduti e comprati, dei voti venduti e comprati: ciò non ha danneggiato solo la scuola e la sua immagine, ma anche i tanti ragazzi ePag. 97ragazze che, con serietà e impegno, hanno lavorato nel loro percorso scolastico e hanno affrontato la prova degli esami.
Questo provvedimento ripristina la composizione mista delle commissioni d'esame ed opera anche altri cambiamenti, di cui poi dirò.
L'esame di Stato è riportato ad una maggiore serietà e ad un maggiore rigore. Soprattutto, questo disegno di legge tiene conto di una richiesta che, in questi anni, è provenuta dal mondo della scuola, dagli insegnanti e, per certi versi, anche dagli studenti. Infatti, con un provvedimento contenuto nella legge finanziaria del 2002, erano state introdotte le commissioni composte da soli membri interni, modificando così quel percorso di cambiamento che era iniziato con la riforma del 1997, che andava verificato e monitorato, ma che fu immediatamente e bruscamente interrotto con tale disposizione.
Gli stessi ragazzi, rispetto ad esami svolti con commissioni interne (che, molte volte, nonostante la buona volontà di tutti, correvano il rischio di essere una ripetizione degli scrutini), non si sentivano stimolati. Infatti, potrà sembrare strano, ma i ragazzi amano le sfide e avventurarsi verso una prova difficile li fa crescere.
Gli esami di Stato costituiscono un momento del percorso di conoscenza, ma anche del percorso personale e di vita delle ragazze e dei ragazzi. Se essi diventano un rituale ripetitivo, allora rischiano di non stimolare e di non creare abbastanza incentivi all'apprendimento. Credo che esami più difficili, rigorosi e di maggiore spessore produrranno un effetto positivo anche sul percorso precedente, perché è evidente che ci si accingerà a lavorare ed a studiare di più.
Vorrei evidenziare che gli esami di Stato sono una delle occasioni che permettono di parlare della scuola. Infatti, come affermato dalla deputata De Simone, si discute della scuola solo quando accadono vicende particolari, come, ad esempio, casi di bullismo e via dicendo. Tuttavia, sottolineo come si parli molto anche degli esami: ciò a riprova del fatto che, nella vita di ognuno di noi, gli esami di Stato sono stati un momento importante: c'è chi se li sogna ancora la notte!
Osservo inoltre come, ad esempio sulla stampa, si affermi che gli studenti sono tutti promossi. Vorrei ricordare, allora, che la percentuale degli esaminandi promossi è aumentata in questi ultimi tre anni, con le commissioni di esame composte interamente da membri interni. Si tratta, purtroppo per l'onorevole Valentina Aprea, di dati ISTAT!
Il problema, tuttavia, è che un esame finale è serio non se boccia o se seleziona gli studenti. Un esame, infatti, è serio se è in grado di valutare il merito e di certificare le competenze. In tal caso, sono molto d'accordo con quanto precedentemente affermato dall'onorevole Valentina Aprea, a conclusione del suo intervento, proprio sulla certificazione delle competenze.
Quante sciocchezze si dicono - santo cielo! - sul sistema scolastico: a volte, rimango veramente perplessa e stupita! Ad esempio, l'onorevole Garagnani - ormai sono anni che ci conosciamo - parla spesso di una scuola «guerresca», in cui vi sarebbero agit prop e via dicendo! Vorrei dire che una scuola così non l'ho vista forse neanche negli anni Settanta!
La scuola, come sostenuto dalla collega Benzoni, è un luogo dove si studia e si lavora; vi sono anche conflitti e situazioni difficili e complesse. Vorrei osservare che, oggi, l'istituzione scolastica deve confrontarsi anche con la riottosità di tante ragazze e di tanti ragazzi ad accettare le regole non dico del vivere scolastico, ma molte volte del vivere civile!
La scuola, in questo momento, deve affrontare problemi molto difficili e complessi, e quindi servirebbe che la società e le istituzioni le restituissero l'autorevolezza di cui ha bisogno. Non basta che l'autorevolezza se la diano gli insegnanti o i dirigenti scolastici, poiché l'autorevolezza del sistema scolastico è costituita dall'attenzione che la società, le istituzioni, le parti politiche ed il Governo rivolgono ad esso.Pag. 98
Quando parlo di scuola, mi riferisco a quella pubblica, la quale deve garantire uguali opportunità a tutte le studentesse ed a tutti gli studenti. Parlo della scuola del «non uno di meno». Ciò perché essa è improduttiva, e costa, se non riesce a combattere la dispersione. Infatti, le intelligenze dei ragazzi che si disperdono rappresentano il vero spreco di questo paese! Il Parlamento, il Governo e l'istituzione scolastica, pertanto, devono lavorare su tale aspetto.
Occorre combattere la dispersione scolastica attraverso una scuola più rigorosa. Il sistema scolastico, inoltre, deve essere anche uno strumento per favorire la mobilità sociale. Ho parlato in precedenza del merito proprio perché la certificazione del merito protegge gli studenti socialmente meno forti. È questo, infatti, il fattore che permette ai ragazzi meno avvantaggiati di poter andare avanti.
Bisogna contrastare, oltre alla dispersione scolastica, anche quel fenomeno che i sociologi chiamano «dissipazione culturale»: in altri termini, vi sono ragazze e ragazzi che non possiedono le competenze previste dal titolo che hanno conseguito. Si tratta di un problema che affligge la scuola, e quindi bisogna profondere un grande impegno nei confronti di tale istituzione.
Allora, alcune questioni concernenti le prove di esame in questione mi sembrano significative e ne accenno solo alcune. Mi riferisco al ripristino dell'ammissione all'esame, che in questi anni non era prevista, mentre prima si era ammessi all'esame.
Credo che ciò sia importante poiché vi è un peso del consiglio di classe ed un peso specifico dell'esame. Mi sembra che anche il peso della valutazione del percorso scolastico vada nella stessa direzione.
È vero: vi è una specifica abilità dell'esame, ossia la capacità di saper organizzare le conoscenze che si possiedono in un contesto particolare. Questa è l'abilità dell'esame. Però, alcuni ragazzi, che sono abilissimi nel fare ciò, hanno alle spalle dei percorsi un po' più dissestati. Ebbene, la scuola deve valutare sia l'esame finale sia il percorso e la solidità dello stesso.
Vorrei svolgere una considerazione rivolgendomi all'onorevole Garagnani, poiché domani riprenderemo questi argomenti con la sua risoluzione in Commissione. È vero: bisogna chiedere ragione alle ragazze e ai ragazzi, anche attraverso l'esame (ma penso a tutto il percorso scolastico), di quella che è l'identità culturale della storia, delle fondamenta e delle radici della storia del nostro paese e della nostra cultura. Credo che questa sia una richiesta assolutamente giusta, ma a scuola questo già si fa. Si studia il cristianesimo? Nel corso dell'ultimo anno, Manzoni o Leopardi o la storia dell'architettura ...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ALBA SASSO. Dicevo che è un provvedimento saggio ed utile; soprattutto, si tratta di una legge che prevede una verifica triennale del suo andamento. Questa mi sembra la cosa più importante per quanto riguarda le leggi che si occupano di scuola.
Signor Presidente, credo che debbano essere un po' presbiti, come diceva Pietro Calamandrei: devono guardare lontano, non possono guardare solo al presente e all'immediato.
Allora, ritengo che questo sia un primo tassello di un percorso di cambiamento profondo della scuola secondaria. Mi auguro che la prossima «notte prima degli esami», per le tante ragazze e i tanti ragazzi che si troveranno ad affrontare i nuovi esami di Stato, sia certo piena di tensioni - come è giusto che sia - ma sia anche premessa di grandi soddisfazioni per questi giovani che sono il nostro futuro.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.