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DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI GIACOMO MANCINI, LUCIO BARANI, ARNOLD CASSOLA E VITO LI CAUSI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1042-B (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006).
GIACOMO MANCINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'appuntamento annuale per l'approvazione della legge comunitaria rappresenta un momento molto importante in cui si esprime e si concretizza la partecipazione dell'Italia alla fase discendente del processo normativo comunitario. Fra pochi mesi festeggeremo il cinquantennio del Trattato di Roma istitutivo della Comunità economica europea e anche in vista di questa ricorrenza occorre che il Parlamento s'impegni, quest'anno in particolar modo, a promuovere il rilancio dell'integrazione europea. Questo passa anche, o forse soprattutto, attraverso l'applicazione delle direttive comunitarie. Come tutti noi sappiamo, purtroppo, l'Italia ha registrato e registra gravi ritardi nell'attuazione del diritto comunitario e per questo, in sede europea, sono state avviate, a carico del nostro paese, numerose procedure di infrazione. Tuttavia si può affermare che sono stati realizzati importanti passi in avanti: per l'Italia il tasso di recepimento delle direttive è passato dall' 80 per cento del 1990 ad una percentuale che attualmente si aggira intorno al 97 per cento. La legge comunitaria 2006 contiene alcuni significativi elementi di novità. Senza scendere nel dettaglio ne menzionerò solo alcuni. In primo luogo, occorre sottolineare che con questa legge il termine di esercizio della delega è stato riportato a 12 mesi (dai 18 precedentemente previsti) che si riducono a sei nel caso in cui il termine sia già scaduto o sia in scadenza nei sei mesi successivi all'entrata in vigore della legge comunitaria che oggi voteremo.
Viene introdotta la procedura del doppio parere parlamentare a carico delle Commissioni nel caso in cui il Governo violi l'obbligo previsto dall'articolo 81, Pag. 119quarto comma, della Costituzione e quando il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari relativi a sanzioni penali.
Mediante questa legge comunitaria è riconosciuto un ruolo più forte al Parlamento, anche attraverso la reintroduzione dell'obbligo per il ministro per le politiche comunitarie di trasmettere alle Camere, mediante relazioni periodiche, aggiornamenti sullo stato di attuazione delle normative comunitarie e informative complete e tempestive sulle sentenze e sulle procedure di contenzioso riguardanti l'Italia, e una relazione trimestrale sui flussi finanziari con l'Unione Europea. Uno degli articoli più dibattuti della legge è stato l'articolo 12 indicante le norme minime relative alle procedure di riconoscimento e di revoca dello status di rifugiato. Su questa materia la direttiva europea stabilisce un sistema di tutele e garanzie superiori a quelle offerte attualmente dalla legislazione italiana. Per questo motivo non era pensabile non accogliere e non dare risalto a tale direttiva che rafforza il sistema delle tutele e delle garanzie implicitamente rinvenibili non solo nell'articolo 10, ma nell'intero impianto della nostra Costituzione.
Un secondo articolo concerne la tematica relativa all'immigrazione; è l'articolo 11 disciplinante l'ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica. L'immigrazione non è una politica europea (fuori dalla competenza europea restano altre due importanti politiche: quella estera e quella energetica) ma è importante che l'Italia abbia recepito queste disposizioni e s'impegni a dare maggiore impulso, come ha sostenuto tempo fa il ministro Bonino in un suo intervento, ad un prosieguo non «dell'Europa delle patrie», ma «dell'Europa dei popoli». Per migliorare e potenziare il proprio ruolo propositivo, all'interno dell'Unione, per presentarsi come un interlocutore valido e credibile, l'Italia deve accelerare i tempi di attuazione delle direttive europee, mettendosi al riparo dalle procedure di infrazione. Con questo provvedimento si vuole dare un segnale ai nostri colleghi europei: l'Italia non vuole restare indietro e una più veloce attuazione delle direttive comunitarie renderà il nostro paese un interlocutore (ancora?) più credibile e affidabile. Lo sviluppo di un nuovo concetto di cittadinanza che sia comune ai cittadini dell'Unione, implica l'impegno a porre in atto e rispettare regole comuni e condivise. Molto ancora si può fare, ma il provvedimento in esame ha posto le basi per l'individuazione di una migliore strada da percorrere. Questo Governo ha compiuto un grande sforzo per migliorare la percentuale di recepimento delle direttive e per fare in modo che il Parlamento svolga un ruolo più importante nelle materie di pertinenza comunitaria in linea con la tendenza manifestatasi negli altri Stati membri a rafforzare il controllo delle Assemblee legislative sugli esecutivi. Per questi motivi il mio gruppo, la Rosa nel Pugno, voterà a favore della legge comunitaria del 2006.
LUCIO BARANI. Come leggiamo dalle agenzie stampa, per il centrodestra si tratta di uno stravolgimento della legge Bossi-Fini; per l'Unione di un atto di civiltà oltre che di un doveroso adeguamento alle norme europee. Sta di fatto che, approvando la legge comunitaria per l'anno in corso, la maggioranza alla Camera ha dato una prima spallata alle norme sull'immigrazione volute dalla Casa delle Libertà.
Durante l'esame della legge comunitaria, sono stati accolti due emendamenti del Governo al Senato che cambiano le regole in vigore sul diritto di asilo.
La questione è semplice: oggi per avere diritto al riconoscimento dello status di rifugiato bisogna provenire da una regione del mondo teatro di violenze e presente in un apposito elenco. Se la domanda viene respinta, si viene caricati sul primo aereo disponibile e rispediti nel paese di origine.
Con le modifiche le regole diventano più elastiche. L'asilo politico potrà essere richiesto da cittadini di qualsivoglia paese, e non solo da quelli provenienti dalle zone «calde».Pag. 120
Tra le righe dell'emendamento, c'è la possibilità di accordare lo status di rifugiato anche ai gay che provengono da paesi dove l'omosessualità è considerata un reato.
Inoltre, in caso di respingimento della pratica, gli immigrati potranno presentare ricorso, restando in Italia fino al termine della procedura.
Per dare il senso delle proposte presentate dalla legge comunitaria è bene dividere il problema sotto due aspetti: lo status di rifugiato, io userei il termine di «rifugiato politico» anche se non spiega tutte le motivazioni di rifugiato, e lo status di persona che si dichiara gay in paesi dove l'omosessualità è perseguita sotto vari aspetti, anche con la morte.
Dirò subito che a mio parere non si possano ricomprendere sotto una unica categoria di «rifugiati» coloro che vengono perseguitati per ragioni politiche e i gay.
Credo che il trattamento vada contraddistinto, per quanto riguarda il rifugiato «politico», e quindi che non possano venir meno i necessari controlli che la situazione internazionale richiede e che occorre conoscere bene da quali paesi i richiedenti provengano.
Ciò tanto più in una democrazia come quella italiana che ha alcune aree di confusione, specialmente quando un giudice paragona i terroristi a combattenti della resistenza.
Quindi la Bossi-Fini va certamente migliorata, ma non eliminata per quanto riguarda questa categoria.
Sul problema dei gay, perseguitati in paesi ad alto tasso di intolleranza sessuale, religiosa e sociale, il discorso si fa e deve essere diverso. E purtuttavia è proprio in quest'area etica che esistono le maggiori contraddizioni da parte di quei partiti principalmente massimalisti e radicali che la sostengono.
È indubbio che l'Europa e l'Italia sono aree di democrazia e diritti conquistati nella storia dell'occidente dopo un lungo percorso a partire dalla cultura greco-cristiana e con l'illuminismo e la rivoluzione francese dopo. È grazie a questa storia, che ha conosciuto comunque sacrifici e sangue, che oggi viviamo in un'area geopolitica privilegiata per quanto riguarda il fondamento etico del diritto.
Purtuttavia ci rendiamo conto che l' Europa è un gigante economico ma un nano politico, poiché non ha ancora risolto il problema della sua legge fondamentale, la costituzione, e anzi su questa esistono numerose polemiche nel definire quali debbano essere le proprie radici e abbiamo serie difficoltà a «dirci anche cristiani».
È con queste debolezze che noi ci accingiamo ad affrontare nuovi diritti che erano impensabili alcuni anni fa e pertanto li affrontiamo nella massima confusione e spesso senza un consenso popolare.
Esiste inoltre una continua contraddizione, attuata da una potente e demagogica sinistra massimalista nel nostro paese, che ha sempre elogiato e fatto auguri di buon compleanno a sanguinari regimi comunisti e che nelle piazze del nostro paese si è sempre scagliata contro gli Stati Uniti, patria delle democrazie, bruciando bandiere a «stelle e strisce» a favore di posizioni terzomondiste spesso terroristiche e fondamentaliste.
È quella stessa sinistra che, tanto per ricordarlo, sta inaugurando o vuole inaugurare, anche con finanziamenti pubblici, le moschee nel nostro paese.
Oggi questa sinistra viene a dirci che i gay, in quei paesi che essi difendono ad oltranza, compresa la loro esclusività religiosa nel nostro paese, sono in pericolo di vita e dunque, e giustamente, essi vanno accolti nell'area del diritto occidentale europeo.
È quella sinistra massimalista che non accetta il crocifisso nelle scuole per non urtare la sensibilità di coloro che, con la massima facilità, nei loro paesi, lapidano le donne che tradiscono, perseguitano altri credi religiosi e mettono in prigione coloro che manifestano tendenze omosessuali.
In questa sinistra coabita il massimo dell'intolleranza critica verso i valori liberali Pag. 121occidentali e il massimo della demagogia verso diritti civili dirompenti nelle loro esagerazioni.
Io sono tra coloro che ritengono che il riformismo liberale abbia commesso e stia commettendo troppi errori verso i nuovi diritti, che si stanno affacciando nella società, ivi compresi i diritti per i gay e le coppie di fatto. Credo che in quest'ambito le posizioni conservatrici e veteroreligiose siano dominanti ma che non corrispondano all'idea di un nuovo riformismo liberale di cui ha bisogno il paese.
Il risultato è quello di aver spostato dentro ad un'area massimalista categorie di cittadini e diritti che sono costretti a convivenze politiche innaturali, poiché si rendono sicuramente conto, nella loro intelligenza, del clima demagogico e della strumentalizzazione a cui sono sottoposti.
Mi auguro che anche la discussione in atto possa far riflettere sulla necessità di una svolta riformista della quale l'Italia ha bisogno. Per tutto questo il Nuovo PSI si asterrà.
ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, ministro, colleghe e colleghi, visto che siamo alla terza lettura di questa legge, mi limiterò solamente alle modifiche fatte al Senato.
Praticamente, la legge comunitaria è stata modificata solo in tre parti. La prima riguarda l'articolo 10, che introduce disposizioni in materia di mercati degli strumenti finanziari.
Al comma 1, lettera c), che prima prevedeva che l'esercizio dei servizi e delle attività di investimento fosse riservato alle banche e ai soggetti abilitati costituiti in società per azioni, viene aggiunta una terza categoria. Si tratta - limitatamente al servizio di consulenza in materia di investimenti - delle persone fisiche in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB.
Mi sembra che non ci sia nulla da eccepire su questo, in quanto garantire che gli operatori e i consulenti finanziari siano messi sotto continuo e scrupoloso scrutinio da parte degli organi preposti dallo Stato, costituisca una garanzia in più per i cittadini consumatori.
Definire poi, alla lettera h) del medesimo comma 1, con più precisione gli obblighi di informazione riguardo il grado di rischiosità di ciascun tipo specifico di prodotto finanziario, è un atto ulteriore di maggiore tutela del consumatore che si avvale di consulenze finanziarie.
Dopo i vari crac che si sono verificati in questo paese, ma anche considerando le varie truffe finanziarie di cui sono state fatte vittime migliaia di italiani da parte di gente senza scrupoli, questi cambiamenti contribuiscono a dare ai cittadini una maggiore sicurezza nelle loro operazioni finanziarie.
La soppressione di cui all'articolo 27 è d'obbligo onde evitare sanzioni da parte europea. Infatti, nella realtà di oggi, la presenza delle autorità consolari cozzerebbe contro le procedure di appalto in vigore a livello europeo.
Altro cambiamento importante pervenutoci dal Senato è quello dell'articolo 12, comma 1, dove si definiscono alcuni dei «gravi motivi», per cui un cittadino straniero non deve essere rimandato indietro in un paese terzo, normalmente ritenuto «sicuro», ma non effettivamente sicuro per il cittadino particolare. Infatti, adesso il testo specifica che «tra i gravi motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguiti nel paese d'origine o di provenienza e non costituenti reato per l'ordinamento italiano».
Adesso, alcuni colleghi del centro-destra stanno facendo una battaglia contro questo articolo che, in Senato, è stato votato anche dai senatori Storace di Alleanza Nazionale, Rotondi della Democrazia Cristiana e Buttiglione dell'UDC.
Ho l'impressione che alcuni colleghi del centro-destra vengano presi dalla psicosi del tema dell'orientamento sessuale e dei matrimoni non contratti tra un uomo e una donna, tematica che riappare con frequenza nei loro interventi in quest'aula.Pag. 122
L'onorevole Pini ha parlato in discussione di scardinamento della Bossi-Fini, di snaturamento delle leggi vigenti. L'onorevole Germontani di «inganno ben architettato per aggirare, attraverso la legge comunitaria, la Bossi-Fini». L'onorevole Zacchera è stato più esplicito, parlando di ridicolaggine nell'introdurre il concetto della protezione dei gay. L'onorevole Barani ha detto chiaramente che bisogna distinguere fra chi è un rifugiato politico e chi un rifugiato gay.
Colleghi, io vi chiedo: Ma perché questa psicosi? Sapete benissimo che nel programma dell'Unione non si parla di matrimoni fra persone dello stesso sesso. Si parla invece di una legge che regoli le unioni fra le coppie di fatto (e ve ne sono vari tipi di queste coppie) e, se l'abbiamo promessa, questa legge dobbiamo farla.
Ma, ritornando all'articolo 12 della legge comunitaria, ciò che si chiede qui è quello che chiedono tutte le società civili: che vengano tutelati i diritti e l'incolumità di chi rischia la vita per la propria diversità. Qui non si fa altro che ribadire ciò che è scritto nell'articolo II, comma 81, della Costituzione europea dove si specifica che è vietata qualsiasi forma di discriminazione, compresa quella fondata sul sesso o sull'orientamento sessuale.
Chiedo ai colleghi: voi vorreste consegnare una donna o un uomo a quei regimi incivili le cui leggi permettono la lapidazione delle adultere e la condanna a morte degli omosessuali? Spero proprio di no. Perché, in caso contrario, con un atteggiamento del genere si rischia veramente di fomentare l'odio per chi è diverso da noi. Per favore, non ripetiamo errori del passato. Avete visto con quale facilità e con quale automatismo si arriva ad accusare tunisini, albanesi, slavi, romeni, rom di omicidi odiosi e selvaggi? Per poi scoprire che gli assassini erano Olindo e Rosa, Omar e Erica e altre persone dal sangue italico al cento per cento!
Ebbene, questo accostamento automatico da parte della gente è anche il frutto di dichiarazioni becere fatte nel passato da politici, sullo stile di un Calderoli o di un Borghezio. Spero proprio che alcuni dei nostri colleghi non vogliano continuare adesso a persistere nel criminalizzare chi è diverso.
Ricordo che il motto dell'Unione europea, di cui questa legge comunitaria è espressione, è proprio «Uniti nella diversità». Detto questo, noi Verdi diamo il nostro voto favorevole a questa legge non solo perché farà risparmiare milioni di euro in multe al popolo italiano ma anche perché nella sua complessità contribuirà a migliorare la qualità di vita di tutti coloro che abitano in Italia. E, cosa di non poco conto, un'Italia che si adegua di più alle leggi europee, è un'Italia che dà maggiori garanzie agli oltre due milioni di connazionali che vivono in Europa per godere degli alti standard di stabilità, pace e democrazia che l'Unione europea ha rafforzato in questi cinquanta anni. Grazie.
VITO LI CAUSI. Signor Presidente, onorevoli colleghi! Con la votazione finale del presente disegno di legge, recante «disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee» o legge comunitaria 2006, ciascuno di noi è chiamato a prendere parte, con attenzione e vivo senso di responsabilità, al momento principale della fase discendente del processo normativo comunitario.
La legge comunitaria ha sempre rappresentato un valido strumento volto a garantire l'attuazione nazionale della normativa comunitaria. Con il passare del tempo però fattori diversi, ma correlati tra loro, hanno portato alla riformulazione della struttura e dei contenuti della legge in questione, imprimendo, al tempo stesso, una forte accelerazione al processo di adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello comunitario.
In seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001 nei diversi commi del nuovo articolo 117 si afferma l'importanza dei vincoli comunitari nella determinazione della legislazione e tra le materie di legislazione concorrente rientra al primo posto la possibilità di una disciplina diretta dei rapporti tra l'Unione europea e le regioni, nonché si fa riferimento Pag. 123all'importanza della partecipazione alla normativa comunitaria delle regioni, sia nella fase ascendente che discendente, nelle materie d'interesse regionale.
Il nuovo titolo V, influenzato dall'esperienza europea, introduce una dialettica più flessibile nei rapporti e tra i diversi livelli governativi, a seconda degli interessi da tutelare, in modo tale che lo Stato non giochi più costantemente quel ruolo di «diaframma» tra le relazioni interne e quelle comunitarie.
Gli avvenimenti testé citati hanno trovato riscontro nella legge n. 11 del 2005 che, abrogando la legge 9 marzo 1989 n. 86, meglio nota come legge «La Pergola», ha ampliato la legge comunitaria, introducendo importanti novità circa: la partecipazione dello Stato e delle regioni al processo normativo comunitario; le procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, nonché il ruolo che, in tale contesto, il Parlamento italiano è chiamato a svolgere, sulla base dei principi di sussidiarietà, proporzionalità ed adeguatezza.
Il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello comunitario rappresenta infatti lo scopo fondamentale della legge comunitaria ed è garantito da una serie di misure appositamente elencate dall'articolo 9 della legge n. 11 del 2005, alcune delle quali innovano l'omonima disciplina presente nella legge «La Pergola».
È questo il caso delle disposizioni volte a dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell'Unione europea; di quelle recanti i principi fondamentali per l'attuazione da parte delle regioni e delle province autonome degli atti comunitari, nelle materie di propria competenza legislativa, in base all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione ed infine delle disposizioni che disciplinano l'esercizio di poteri sostitutivi statali, in caso d'inadempienza da parte delle regioni, oppure che conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali, qualora fossero riscontrate violazioni delle disposizioni comunitarie, recepite dalle regioni e dalle province autonome.
In sintesi, la citata riforma del 2005 ha fornito nuovi impulsi all'emanazione della legge comunitaria annuale, in modo tale che quest'ultima rappresenti lo snodo ed il filtro tra la normativa comunitaria e quella nazionale e regionale.
Tra le modifiche di maggior rilievo mi sembra opportuno segnalare, al capo I, la riduzione da 18 a 12 mesi del termine per l'adozione dei decreti delegati di attuazione delle direttive contenute negli allegati A e B e l'ulteriore riduzione a sei mesi per quelle in scadenza o già scadute, entrambi provvedimenti che testimoniano la volontà dell'attuale Governo d'imprimere una responsabile accelerazione al processo di adeguamento della normativa interna a quella comunitaria, tenendo fede agli impegni assunti in ambito europeo.
Altra importantissima innovazione è l'obbligo generalizzato, in capo al Governo, previsto dal comma 4 dell'articolo 1, di predisporre una relazione tecnica per tutte quelle direttive, contenute negli allegati A e B, che comportano conseguenze finanziarie, diversamente da quanto previsto dalle precedenti leggi comunitarie, dove si faceva riferimento a sole direttive specifiche.
Quanto testé affermato, unito alla previsione del doppio parere parlamentare a carico delle Commissioni, sempre al comma 4 dell'articolo 1, nel caso in cui il Governo non si conformi all'obbligo di indicare, come previsto dall'articolo 81 della Costituzione, nell'ipotesi d'introduzione di nuove spese, il modo in cui farvi fronte, rappresenta il riconoscimento del ruolo fondamentale che il Parlamento è chiamato a ricoprire in uno Stato democratico-rappresentativo, che voglia effettivamente essere tale.
A tal proposito occorre sottolineare l'importanza di un'altra disposizione sancita dalla legge comunitaria 2006, ossia l'aumento delle direttive per cui sussiste l'obbligo del parere parlamentare; ora, pur non avendo un potere vincolante dal punto di vista giuridico, ha sicuramente un forte peso politico ed in ogni caso la sua stessa previsione permette al Parlamento: di controllare l'attività del Governo; di esercitare Pag. 124una funzione più attiva a pregnante nel processo normativo comunitario e di colmare quel deficit di democraticità di cui tanto si parla.
Fondamentale è il comma 7 dell'articolo 1 che, rinviando a quanto disposto dalla legge n. 11 del 2005, prevede un intervento suppletivo, anticipato e cedevole da parte dello Stato in caso di inadempienza delle regioni nell'attuazione delle direttive, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato.
Quanto disposto in realtà non compromette affatto il nuovo e sempre più attivo ruolo riconosciuto alle regioni nei rapporti con lo Stato nazionale e con l'Unione europea, ma trova la sua più acuta giustificazione nella necessità di garantire l'effettiva attuazione delle politiche comunitarie e di colmare eventuali lacune in proposito, entrambi compiti che spettano in via primaria allo Stato.
Per quanto concerne le modifiche apportate al disegno di legge in questione, durante l'esame al Senato, mi soffermo in particolare sull'articolo 10 che conferisce una delega legislativa al Governo per l'attuazione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, stabilendo principi e criteri direttivi specifici.
Nel corso dell'esame presso il Senato, il principio previsto al comma 1, capoverso 1, lettera c), relativo alla previsione della riserva dell'esercizio dei servizi e delle attività di investimento nei confronti del pubblico, a titolo professionale, alle banche e ai soggetti abilitati costituiti in forma di società per azioni, è stato integrato con la previsione secondo cui il servizio di consulenza in materia di investimenti - che secondo la direttiva rientra nel novero delle attività soggette a riserva - potrà essere svolto, oltre che dai soggetti sopra citati, anche dalle persone fisiche in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, nonché dei requisiti patrimoniali, stabiliti con regolamento adottato dal ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB. Alla lettera h) del medesimo capoverso 1, si è poi riformulato un altro importante aspetto, riguardante la possibilità riconosciuta alla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, di disciplinare con regolamento alcune materie relative alla condotta dei soggetti abilitati. In particolare si è fatto riferimento agli obblighi d'informazione nei riguardi dei clienti, precisando che essi saranno determinati con particolare riferimento al grado di rischiosità di ciascun tipo specifico di prodotto finanziario, nonché delle gestioni individuali di portafogli.
Questa importante precisazione ha avuto l'importante merito di distinguere e quantificare la portata dei rischi su cui grava l'obbligo d'informazione al cliente, mentre il testo approvato dalla Camera faceva riferimento, solo in maniera generica, alla rischiosità dei prodotti finanziari.
Concludo il mio intervento nella seduta odierna, rinnovando il voto favorevole dei Popolari-Udeur al disegno di legge comunitaria 2006.