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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Normativa in materia di smaltimento dei residui della lavorazione della pietra - n. 2-00295)
PRESIDENTE. Il deputato Peretti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00295 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 12) di cui è cofirmatario.
ETTORE PERETTI. Signor Presidente, la presentazione della mia interpellanzaPag. 77urgente trae origine da una sollecitazione del sindaco di Grezzana (un grande comune della cintura veronese interessato molto da vicino, ed in maniera significativa, dall'industria del marmo), nonché da una presa di posizione assunta dall'intero consiglio comunale.
Vorrei segnalare che l'industria del marmo è un'attività molto importante presente non solo nel territorio veronese, ma anche in altre parti del paese, e crea un indotto molto importante a favore non solo del settore industriale, ma anche del commercio e dei servizi.
Lo smaltimento dei residui della lavorazione del marmo ha sempre rappresentato un problema molto grave per tale attività e la legislazione ad essa relativa è mutata nel tempo. Una volta, infatti, la normativa prevedeva che questi fossero assimilati ai rifiuti. Successivamente, con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006, i residui della lavorazione del marmo sono stati assimilati alle terre ed alle rocce di scavo, prevedendo, quindi, un procedimento di smaltimento più semplice. Pertanto, erano consentiti i reinterri, i riempimenti, i rilevati, i macinati, poiché la normativa, giustamente, non considerava tali residui dei rifiuti.
Il nuovo Governo ha cambiato la legislazione previgente, presentando uno schema di decreto legislativo di modifica al citato decreto legislativo n. 152 del 2006 che deve acquisire il parere delle Commissioni parlamentari competenti. In tal modo, si è tornati indietro, e quindi i residui della lavorazione del marmo non sono più assimilati alle terre di scavo, ma vengono considerati dei rifiuti veri e propri.
Pertanto, vogliamo interpellare il Governo per ottenere chiarimenti in ordine a tale questione. Crediamo si tratti di una normativa sbagliata, e quindi intendiamo rappresentare la necessità di ritornare alla legislazione previgente. Riteniamo che la modifica legislativa predisposta dal Governo sia del tutto ingiustificata, nonché inutilmente vessatoria nei confronti di un settore che, in passato, ha sempre attraversato grandi difficoltà, ma rappresenta comunque un comparto importante per la nostra economia. In particolare, vogliamo evidenziare come non esistano basi scientifiche per considerare «rifiuti» i residui della lavorazione della pietra.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito a quanto richiesto nell'interpellanza presentata dagli onorevoli Volontè e Peretti, che rilevano che lo schema di revisione del decreto legislativo n. 152 del 2006 ha escluso i residui della lavorazione della pietra dalla disciplina di cui all'articolo 186 dello stesso decreto e che chiedono un ripensamento in merito alle modifiche introdotte, lasciando immutata l'attuale previsione normativa che assimila detto materiale alle terre ed alle rocce da scavo (sottraendole, quindi, agli adempimenti ed alle prescrizioni disposte in materia di rifiuti), si rappresenta quanto segue.
Com'è noto, ai sensi dell'articolo 186 del decreto n. 152, le terre e rocce da scavo e i residui della lavorazione della pietra non costituiscono rifiuti e sono pertanto esclusi dal campo di applicazione delle disposizioni di cui alla parte IV del decreto, quando siano utilizzati per reinterri o riempimenti, senza trasformazioni preliminari e purché, anche contaminanti, non presentino una concentrazione di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti per legge.
Il tema delle terre e delle rocce da scavo costituisce una questione che, negli ultimi anni, ha impegnato il legislatore, la dottrina e la giurisprudenza in un dibattito tutt'oggi aperto, incentrato principalmente sulla possibilità o meno di inquadrare come rifiuto questo materiale di risulta, frutto di processi di escavazione, così da poterlo includere nel campo di applicazione della normativa sui rifiuti,Pag. 78sottoponendolo a tutte le forme di gestione e di controllo finalizzate alla tutela ambientale.
Al riguardo, si fa presente che l'esclusione dall'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti di alcuni materiali, come le terre e le rocce da scavo, non è in linea con quanto disposto in materia dal diritto comunitario e ciò ha comportato per lo Stato italiano l'avvio di un contenzioso comunitario, tuttora in corso.
Al fine di risolvere detto contenzioso, si sono dovute introdurre alcune modifiche alla disposizione del decreto n. 152, in modo da conformare il diritto interno al dettato comunitario.
In questa prospettiva, è apparso necessario non solo escludere i residui della lavorazione della pietra dalla disciplina di cui all'articolo 186 del decreto suddetto, ma anche operare una rigorosa restrizione della possibilità di escludere le stesse terre e rocce da scavo dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti.
La nuova formulazione dell'articolo, infatti, sottrae alla predetta normativa solo le terre e rocce da scavo destinate, con certezza e senza necessità di trattamenti preventivi, all'effettivo utilizzo per reinterri o riempimenti rilevati nell'ambito di un progetto sottoposto a valutazione ambientale o di un progetto specifico approvato dall'autorità competente. Ciò a condizione che il relativo progetto contenga il riferimento analitico ai dati tecnici, che consentano di verificare che il materiale da utilizzare non superi i valori limiti di concentrazione di inquinanti normativamente disposti, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione, con specifico riferimento alle attività attuali e pregresse, realmente svolte sull'area interessata dall'attività di scavo.
Al riguardo, deve osservarsi come le modifiche al testo del citato articolo 186, approvate dal Governo, finalizzate ad evitare la sottrazione dal regime giuridico dei rifiuti di sostanze che, invece, devono esservi ricomprese, così come ribadito dalla Commissione europea e dalla Corte di giustizia, si inseriscono in un contesto più ampio, volto a garantire meglio una piena ed efficace tutela ambientale.
In quest'ottica, quindi, nella normativa in corso di emanazione, è previsto, innanzitutto, la revisione della definizione di rifiuto alla quale consegue, necessariamente, l'adeguamento di tutte le disposizioni ad essa connesse.
PRESIDENTE. Il deputato Peretti ha facoltà di replicare.
ETTORE PERETTI. Signor Presidente, ringrazio il viceministro per essere venuto in aula celermente a rispondere a questa interpellanza.
Prendo atto delle sue dichiarazioni, però non mi ritengo soddisfatto, perché è vero che, come ha detto, la modifica trae origine da un dettato extra italiano, quindi, da una normativa dell'Unione europea, ma mi sarei aspettato dal viceministro non un'accettazione supina di questa normativa, perché riteniamo (credo che questo non sia stato dimostrato nella risposta a questa interpellanza) che vi siano fondamenti scientifici per questo tipo di atteggiamento.
Crediamo, invece, che ciò sia sbagliato, proprio perché il fondamento scientifico dell'assimilazione dei residui della lavorazione della pietra ai rifiuti non esiste. Se ciò fosse dimostrato, saremmo i primi a riconoscere che la tutela dell'ambiente è importante e che, quindi, è prioritaria rispetto all'aspetto economico. Capiremmo questa impostazione, ma questo fondamento scientifico non viene riconosciuto.
Inoltre, riteniamo che sia sbagliato modificare continuamente la legislazione. In generale è sbagliato farlo, ma, in particolare, lo è per quanto riguarda gli aspetti ambientali, perché si mantiene il settore in una condizione di incertezza e di fibrillazione, perché c'è la necessità di adeguare la gestione dal punto di vista amministrativo. Infatti, se si tornasse alla normativa precedente, vi sarebbe la necessità di individuare le discariche e, quindi, di predisporre un piano amministrativo.
Ciò determina per il settore un aumento di costi e lo si sottopone, in unPag. 79momento di grande difficoltà dal punto di vista della competitività internazionale, ad una grande crisi, anche considerando che non è dimostrata la scientificità di tale impostazione.
Noi riteniamo che vi possa essere spazio per modificare questo atteggiamento. Non so se, in seno al Consiglio dei ministri, il ministro dello sviluppo economico Bersani abbia accettato una modifica in maniera supina, ma crediamo ci sia la possibilità, attraverso il parere delle Commissioni parlamentari competenti, di indicare al Governo una strada che dia a questo settore una certezza normativa, scientificamente provata.