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Seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati professionistici e delle altre competizioni professionistiche organizzate a livello nazionale (A.C. 1496); e delle abbinate proposte di legge: Ciocchetti ed altri; Giancarlo Giorgetti e Caparini; Ronchi ed altri; Pescante ed altri; Del Bue (A.C. 587-711-1195-1803-1840).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1496 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.
MARCO BELTRANDI. Il gruppo de La Rosa nel Pugno voterà a favore di questo provvedimento. Esso appare, per un verso, del tutto idoneo a garantire una maggiore competitività tra le squadre all'interno di un campionato, mediante la contitolarità dei diritti sportivi in capo alle squadre e all'organizzazione del campionato, con la gestione centralizzata del commercio dei diritti sportivi e con una ridistribuzione più equa di parte prevalente degli stessi tra le squadre. Anche se nel complesso positiva rispetto alla situazione odierna, non del tutto soddisfacenti appaiono i criteri della delega volti a rendere più trasparente ed efficace il mercato radiotelevisivo, di cui i diritti sportivi in Italia sono parte consistente. In particolare, con riferimento ai tre divieti che vengono indicati al legislatore delegato, se quello relativo alle diverse procedure e titoli per ogni piattaforma - con il divieto per un soggetto di partecipare a procedure inerenti a piattaforme su cui non può diffondere direttamente i contenuti - va nella direzione di scoraggiare fenomeni di pura intermediazione, per altro verso, il divieto di sublicenza all'interno della stessa piattaforma e l'assenza di un obbligo per la società aggiudicatrice di utilizzare i diritti acquisiti, diffondendo il contenuto ad essi relativi, può concorrere a distorcere la concorrenza, con danno potenziale alle piattaforme emergenti.
Siamo quindi certi, nel ribadire il voto favorevole de La Rosa nel Pugno, che il Governo, nell'esercizio della delega, negli ambiti di discrezionalità concessi dalla stessa, sarà prudente e lo farà in un confronto costante con tutti i soggetti interessati, al fine di rendere trasparente ed efficiente il mercato e per non penalizzare le piattaforme emergenti.
Ci auguriamo inoltre che la Lega calcio, gestore centralizzato della vendita, contemperi in modo felice le esigenze proprie dei club e della collettività, di vendere esclusive complete su singole piattaforme, e la necessità di «spacchettare» i diritti (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento di cui stiamo completando la discussione e che tra poco voteremo, nasce da un'ispirazione e da una proposta avanzata nel corso della passata legislatura da Alleanza Nazionale, che già allora ha posto all'attenzione del Parlamento e del Paese l'esigenza di rimuovere una delle fondamentali cause di squilibrio che avevano ed hanno determinato difficoltà di gestione all'interno del sistema calcistico italiano.
Signor Presidente, mi chiedo se è possibile abbassare il volume, perché non vorrei disturbare i colleghi che stanno parlando...!
PRESIDENTE. Onorevole Bono, lei ha ragione. Onorevoli colleghi, per cortesia, non si riesce ad ascoltare gli interventi dagli oratori che stanno intervenendo per dichiarazione di voto finale.
Onorevole Bono, la prego di proseguire.
NICOLA BONO. Grazie, signor Presidente.
Quindi, si immagini la soddisfazione del gruppo di Alleanza Nazionale quando finalmente si sono create le condizioni per entrare nel merito di una nostra proposta e soprattutto per intervenire a risolvere uno degli aspetti più delicati della vita del sistema sportivo italiano. Infatti, il calcio è, tra l'altro, il cuore del sistema sportivo nazionale.
Pertanto, immaginate la delusione che proviamo adesso nell'essere costretti ad esprimere voto contrario su un provvedimento di legge ispirato e voluto da Alleanza Nazionale. Tuttavia, non possiamo votare a favore di un disegno di legge che la maggioranza ed il Governo hanno concepito sin dall'inizio in maniera provocatoria. Non vi era affatto bisogno di ricorrere all'istituto della delega al Governo su un provvedimento voluto dall'intero Parlamento, su cui vi era la generale convergenza Pag. 95da parte di tutti gruppi e su cui esisteva perfino la volontà di procedere in maniera veloce e spedita.
Di colpo, con un atto di violenza perpetrato dal Governo, si è voluto entrare «a gambe unite», per usare la terminologia relativa ad un fallo calcistico. Si è voluto rompere il meccanismo di armonia che stava montando per dare al Governo la presunta primogenitura, che tuttavia non gli apparteneva nella proposta, nei contenuti e neppure sul piano della sensibilità.
Ma non è soltanto questo il motivo per il quale il gruppo di Alleanza Nazionale ritiene di dover esprimere voto contrario. Infatti, esso ritiene che il provvedimento sia stato svuotato nei contenuti. Intanto, si tratta di una grande occasione persa, un'opportunità storica per far sì che si potessero introdurre nel mondo del calcio regole di impermeabilità ad ogni fenomeno illegale e ad ogni possibile azione truffaldina.
Se solo si fosse accettata l'impostazione di Alleanza Nazionale, che ha sempre sostenuto l'esigenza di intervenire contemporaneamente sui due versanti dove è stata registrata la necessità di rivisitazione normativa! Mi riferisco alla cessione dei diritti collettivi delle società sportive che stiamo sì approvando, ma in maniera svuotata di contenuto, e all'abolizione del fine di lucro per quanto riguarda le società sportive. Si tratta di due questioni che non sono scindibili, ma vanno di pari passo.
Com'è stato argutamente osservato, nel momento in cui si è introdotta la disciplina del fine di lucro si è modificata la legge sulla cessione dei diritti collettivi, che sono stati trasformati in diritti soggettivi. Infatti, era logico che le squadre, a quel punto trasformate in società per azioni, fossero messe nelle condizioni di concorrere alla massimizzazione degli utili in maniera singola e non più collettiva. Quindi, le due questioni si reggono a vicenda: se s'interviene su una non si può non intervenire sull'altra. Di contro, questa maggioranza ha voluto respingere la proposta emendativa che poneva termine al principio del fine di lucro, alla quotazione in borsa delle società calcistiche - un fatto ridicolo dal punto di vista economico e finanziario -, e ha mantenuto in piedi un pilastro che rende complicato e difficile, per il settore sportivo, procedere in maniera lineare.
Il principio è passato anche nel settore della vendita collettiva dei diritti e viene gestito attraverso una delega che rinvia a tempi e, soprattutto, a soggetti incerti la definizione e i modi di ripartizione delle quote.
Sono state respinte le proposte emendative presentate da Alleanza Nazionale che introducevano, in maniera equilibrata, il principio della corretta ripartizione tra quote da distribuire in maniera uguale alle società sportive e quote da distribuire in maniera difforme, in base al bacino d'utenza e ai risultati. Soprattutto, è stata approvata una norma vergognosa relativa alla garanzia di un sistema monopolistico nel settore della cessione dei diritti sportivi. In questo modo, la cessione collettiva dei diritti sportivi dovrà avvenire sulla base di piattaforme distinte, sapendo che c'é almeno una piattaforma - per l'esattezza quella satellitare - che vede presente un solo operatore, il quale agirà in condizioni di monopolio.
Non è stata definita la data di decorrenza del provvedimento per quanto riguarda la fine dei contratti in essere: insomma, si tratta di un grande pasticcio. Questa norma forse servirà a qualcuno per pavoneggiarsi nei confronti della stampa e del paese, facendo credere di aver risolto il problema della cessione collettiva dei diritti. In ogni caso, temo si tratti di una norma sbagliata, soprattutto di una norma »manifesto" che somiglia alle grida manzoniane, che non produrrà effetti concreti e che non rimuoverà le ragioni alla base della difficoltà di gestione del sistema calcistico italiano.
Per questi motivi, con rammarico e grande dispiacere - si tratta, infatti, di un'occasione perduta per il calcio e per il paese -, il gruppo di Alleanza Nazionale esprimerà il suo voto contrario nei confronti del disegno di legge in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Li Causi. Ne ha facoltà.
VITO LI CAUSI. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo dei Popolari-Udeur, per le motivazioni che mi accingo ad illustrare, esprimerà un convinto sostegno al disegno di legge che delega il Governo a rivedere la normativa sulla titolarità e sulla commercializzazione dei diritti di trasmissione radiotelevisiva, o in altre reti di comunicazione elettronica, dei campionati di calcio e di tutti gli sport professionistici.
Dal 1o luglio 2007 i diritti televisivi saranno venduti collettivamente e per singola piattaforma di trasmissione.
La Lega calcio, contitolare dei diritti televisivi assieme ai singoli club calcistici, organizzerà gare d'acquisizione separate per assegnare i diritti per il digitale terrestre, per il satellite, per i TVfonini e per Internet.
Con il disegno di legge in esame nessun operatore televisivo potrà più partecipare ad una gara per l'assegnazione di diritti su una piattaforma che non esercita, modificando quanto accadeva prima, quando vi era chi acquistava i diritti di alcune squadre per tutte le piattaforme per poi rivendere quelli satellitari. In quel caso, infatti, l'Antitrust stabilì la violazione del divieto di abuso di posizione dominante e decise che si mantenesse l'esclusiva solo per il digitale terrestre e si cedessero a terzi gli altri diritti. Ciò è un buon passo in avanti e riteniamo che sia nella giusta direzione, poiché il passaggio dalla vendita individuale a quella collettiva potrà permettere una migliore e più equa ripartizione delle risorse tra i vari club.
La vendita di diritti televisivi nel calcio e negli altri sport di lega è, infatti, da qualche anno al centro di un acceso dibattito per i numerosi problemi che solleva dal punto di vista legale, non considerando il lato prettamente economico. La compravendita individuale si è dimostrata sempre più sbilanciata a favore delle grandi squadre di calcio, penalizzando così la posizione anche finanziaria delle società medio piccole e, di conseguenza, rendendole più deboli anche nel confronto agonistico.
Una tale diseguaglianza tra società sportive, oltre ad avere creato ed a creare fratture istituzionali, forse ha contribuito e contribuisce a diminuire il livello di qualità del gioco e di spettacolo delle partite. Si pensi alla differenza di entrate tra le squadre che partecipano, per esempio, alla Champion League ed a tutte le altre. È un divario di risorse che si autoalimenta e finisce per rafforzare gli squilibri nei campionati italiani. È una cosa diversa quando in un campionato, ovvero in ogni singola partita, la competizione sia vera e dia medesime opportunità a tutte le squadre che scendono in campo.
Dobbiamo constatare che negli ultimi anni il monopolio del mondo del calcio non paghi, anzi tenda ad avere effetti destabilizzanti e, quindi, l'obiettivo del provvedimento è il rafforzamento della concorrenza nel mondo del calcio, nonché l'individuazione e la fissazione di un criterio di mutualità delle risorse tra le squadre. La specificità del gioco e l'interdipendenza tra le diverse squadre è tale per cui le squadre più forti hanno interesse a fare in modo che le differenze con quelle più deboli sia più contenuta. Teniamo inoltre presente che il prodotto calcio non è la singola partita, ma il campionato nel suo insieme, per cui, se il grado di monopolio è troppo elevato, si riduce l'interesse per la maggior parte delle partite in calendario e, di conseguenza, anche la domanda di eventi televisivi, la frequenza negli stadi, la pubblicità, le sponsorizzazioni.
Onorevoli colleghi, sappiate che è esattamente ciò che sta avvenendo in Italia. Sappiate che esiste un limite fisiologico anche per le squadre più forti, oltre il quale si mortifica il calcio, il gioco più amato dagli italiani.
Va sottolineato, inoltre, l'ulteriore merito del testo che ci apprestiamo a varare. La legge delega, infatti, specifica il carattere sociale dello sport e il valore pedagogico di esso. La delega viene esercitata Pag. 97nel rispetto del principio fondamentale del riconoscimento del carattere sociale dell'attività sportiva quale strumento di miglioramento della qualità della vita e quale mezzo di educazione e sviluppo sociale che deve essere caratterizzato dai requisiti di solidarietà finanziaria, lealtà sportiva ed equilibrio economico e strutturale nell'ambito di ciascuna competizione sportiva. Questo concetto è stato già ribadito nelle dichiarazioni del Consiglio europeo di Nizza del 2000 ed io, da uomo di sport quale sono, lo condivido ed approvo pienamente.
Da ultimo, vorrei ricordare che con questa legge ci uniformiamo alla normativa sui diritti televisivi delle maggiori nazioni europee, quali la Francia, la Germania e l'Inghilterra, che adottano il sistema della vendita collettiva e della mutualità. Tali Stati, infatti, sono dotati di regolamenti snelli in materia di vendita dei diritti televisivi ed hanno favorito, il più possibile, l'autorganizzazione delle società sportive e delle leghe calcio.
Ritengo che proprio grazie al dibattito parlamentare che si è volto in sede di Commissione, si sia riusciti a favorire il più possibile la capacità di autorganizzazione e di autoriforma di un sistema che, davanti all'opinione pubblica, aveva raggiunto un livello veramente basso di credibilità, non solo per la questione morale, ma anche perché aveva fatto perdere il senso e il valore dell'evento sportivo in se stesso.
Gli aspetti, io penso fondamentali, hanno trovato giusta considerazione nelle disposizioni che ci apprestiamo a votare, tramite l'approvazione di due emendamenti, uno approvato nella Commissione cultura, l'altro approvato in Assemblea.
Un ulteriore aspetto sul quale mi piacerebbe soffermarmi, è dato dall'accoglimento in aula dell'emendamento n. 1501, presentato dalla Commissione cultura. Si tratta di un emendamento di grande importanza, in quanto con lo stesso si tutela il diritto di cronaca. Si tratta di un tema non di poco conto, che è stato sollevato soprattutto dalle emittenti televisive e radiofoniche locali.
Essendo stato fino ad ora privatizzato il mercato dei diritti televisivi, le esclusive che venivano date ai grandi soggetti hanno finito col tradursi in una illecita compressione dell'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito dal disposto dell'articolo 21 della nostra carta fondamentale. Questo è dunque, a ben vedere, un tema molto delicato, che coinvolge la garanzia, per il servizio pubblico radiotelevisivo, di poter esercitare una propria funzione: il diritto di cronaca.
Il fatto che si apra il mercato dei diritti televisivi, dunque, non può in alcun modo rappresentare una compressione del diritto del servizio radiotelevisivo di dare informazione, compressione operata da parte delle grandi emittenti televisive private che operano su scala nazionale, che pure hanno rubriche di informazione, e possono esercitare quindi il diritto-dovere di fare informazione.
Mi preme da ultimo ricordare che uno dei meriti di questo provvedimento è quello di avere riportato il nostro sistema in linea con i recenti orientamenti europei in materia di sport, espressi nel rapporto indipendente sul calcio europeo 2006, realizzato con l'obiettivo di fornire alcune raccomandazioni alle autorità europee e nazionali, affinché intervengano con norme trasparenti nell'ambito delle quali gli organi di autogoverno dello sport siano in grado di risolvere le questioni che interessano il settore.
Noi, Popolari-Udeur, siamo convinti che questo nuovo sistema, incentrato sulla commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di trasmissione, renderà più trasparente e giusta la distribuzione delle risorse nel mondo del calcio, garantendo così pari opportunità a tutte le squadre, secondo lo spirito più genuino dello sport, e un ritorno della fiducia tra gli appassionati. Per questo, signor Presidente, i Popolari-Udeur voteranno convintamente il provvedimento in esame. Grazie.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.
Pag. 98CARLO COSTANTINI. Annuncio il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. A partire dagli anni Novanta il calcio ha assunto un ruolo strategico per l'economia del settore radiotelevisivo, e non solo. Esso ha superato nel fatturato settori storicamente importanti, come il cinema e l'intrattenimento. Le televisioni a pagamento sono strettamente legate, nei loro destini, all'acquisizione delle esclusive degli eventi calcistici, in particolare, ma anche di altri sport.
Insomma, la vendita dei diritti ha sicuramente effetti determinanti sul settore radiotelevisivo in generale, in particolare su quello a pagamento, ma non solo.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 19,15)
DAVIDE CAPARINI. Quanto purtroppo è sfuggito a quest'Assemblea - ed è invece ben chiaro al Governo - è che, con questo provvedimento, si costruirà un nuovo scenario nel settore radiotelevisivo; era ciò che il Governo intendeva di compiere. Al riguardo, il destino dell'acquisizione collettiva dei diritti di calcio è una componente fondamentale, sicuramente una forza trainante per le TV criptate, ma anche per quelle in chiaro. Abbiamo visto come anche le TV generaliste inseguano l'esclusiva, soprattutto oggi che vi è la possibilità di diversificare le piattaforme e utilizzare anche il digitale terrestre, proprio perché vi è questa grande e importante peculiarità: il diritto sportivo dà la possibilità di fidelizzare il telespettatore e di apprezzare il marchio, cui dà un valore intrinseco; dà la possibilità di conquistare nuovi ascoltatori: quelli che altrimenti non si porrebbero mai dinanzi al video.
Sono tutti aspetti fondamentali, che avrebbero dovuto indurre questo Governo ad affrontare l'esame del provvedimento con maggiore cautela; si tratta di quella stessa cautela che aveva peraltro contraddistinto i vostri colleghi nel 1999 allorquando, con un decreto-legge, era stata posta l'attenzione su un settore allora nascente, la televisione digitale e satellitare. Allora, si era visto un Governo allarmato presentare alle Camere un provvedimento con il quale si imponeva una rigida suddivisione dei diritti tra i due concorrenti.
Così non è stato ora. Registriamo una netta e chiara inversione di tendenza da parte di questo Governo, che scippa, di fatto, quanto rappresenta - non perché lo dica la Lega Nord, ma perché lo stabiliscono le disposizioni del nostro paese e quelle europee - un patrimonio della società ospitante, unica titolare del diritto soggettivo; si giunge invece ad una contrattazione collettiva che manca completamente i suoi obiettivi. Se le società di calcio devono essere private, come noi riteniamo si debba fare, della soggettività di diritti, ciò si deve operare in vista di una finalità superiore ovvero del bene del movimento sportivo in generale, e quindi a favore della mutualità interna, di tutta quella serie di misure che noi abbiamo proposto alla vostra attenzione e che voi, per così dire, avete respinto al mittente. Mi riferisco alle misure per il movimento di base, per l'impiantistica, per i giovani, per la formazione tecnico-professionale dei formatori, altro aspetto fondamentale sul quale abbiamo posto l'attenzione e che voi avete ignorato.
Abbiamo anche posto delle quote ed abbiamo definito una quantità certa sulla quale la Lega dilettanti, per esempio, avrebbe potuto contare, nel compimento della sua missione statutaria.
Siamo convinti che lo sport debba essere ciò che da sempre auspichiamo che sia; riteniamo infatti che debba fondarsi su valori sociali, culturali ed educativi e Pag. 99che quindi debba essere fattore di inclusione e di partecipazione alla vita sociale. Per far sì che ciò accada è fondamentale che le ingenti risorse che è possibile recuperare attraverso la vendita collettiva vengano bene utilizzate; così purtroppo non è stato in passato. L'abbiamo appreso dalle numerose indagini svolte da questo Parlamento e dall'autorità.
Questo ci avrebbe imposto un netto e radicale cambio di marcia e di direzione, azione che purtroppo non avete avuto il coraggio di compiere.
Insomma, non si trova nessuna disposizione che possa riguardare la valorizzazione dei vivai. Ad esempio, per quanto riguarda la mutualità interna ai singoli campionati, noi abbiamo proposto di redistribuire le risorse in base a quanto una squadra realmente investe nei vivai e nel settore giovanile. Abbiamo misurato tale valore con parametri certi, come i minuti giocati in prima squadra da parte dei giovani italiani cresciuti nei vivai. Anche questo non è stato possibile, eppure è un regolamento utilizzato oggi dalla Lega calcio.
Per quanto riguarda il settore radiotelevisivo, è da registrare il fatto che, purtroppo, non è stata posta la dovuta attenzione sul fatto che sono gli spettatori a determinare il reale valore di un'emittente; sono le preferenze degli spettatori che le emittenti - siano esse in chiaro o in criptato - inseguono attraverso l'acquisizione di diritti sportivi e che sono considerate dagli investitori come base dei loss leader. Pertanto, non importa se la relativa acquisizione sia in perdita, in quanto è compensata dai migliori benefici d'immagine, in relazione al marchio e alle abitudini dei consumatori.
Abbiamo anche visto che le concessionarie pubblicitarie inseguono le televisioni che acquisiscono questi diritti perché consentono di raggiungere risultati in altro modo inimmaginabili. Dunque, con questo provvedimento - e mi accingo a concludere - avete fallito le due missioni che vi eravate proposti a parole e che erano alla base di quei progetti di legge che, sia nella passata legislatura sia in questa, noi avevamo presentato all'attenzione del Parlamento.
Si trattava di proposte di legge che avevano come faro la contrattazione collettiva, ma come fine ultimo quello di servire il movimento dello sport di base. Non c'è nulla di innovativo nel vostro provvedimento, non ci sono risorse per i nostri giovani, nessuna misura per lo sport dilettantistico, una pessima mutualità interna.
Vedremo poi cosa partorirà la merchant bank di Palazzo Chigi riguardo alla mutualità interna; se riuscirà a resistere alle pressioni anche delle grandi squadre. Dal nostro punto di vista, è completamente fallita anche quella condizione fondamentale di rispetto delle dinamiche concorrenziali, proprio perché noi siamo convinti attraverso i diritti sportivi, così come è accaduto in passato, che si possa e si debba tutelare la libera concorrenza del nostro mercato.
Pertanto, il voto della Lega Nord - mi spiace dirlo - sarà contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.
NICOLA TRANFAGLIA. Il disegno di legge n. 1496 che delega al Governo la revisione della disciplina relativa alla titolarità e al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione del pubblico, in sede radiotelevisiva e su tutte le altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi del calcio professionale, merita di essere approvato dalla Camera. Esso, infatti, compie un primo passo - che dovrà essere rapidamente seguito da altri - nella bonifica di un settore che, da molti anni, mostra al paese e al mondo alcuni tra gli aspetti peggiori di un mercato che non tutela il valore educativo e la funzione sociale dello sport, iscritta negli articoli della Costituzione repubblicana.
L'opportunità della delega al Governo, avversata dall'opposizione, risponde al bisogno Pag. 100di costruire, in tempi adeguati, una nuova legislazione su tutti gli aspetti determinanti del fenomeno sportivo, dove hanno imperversato, negli ultimi anni, chiari caratteri degenerativi, di cui hanno parlato a lungo i mezzi di comunicazione. Questi caratteri, già messi in evidenza nei lavori della Commissione cultura e qui da molti altri colleghi intervenuti, riguardano la grande diffusione del doping, la mortificazione degli appassionati, che sempre di più disertano le gare, la creazione di società, spesso guidate da veri e propri avventurieri e speculatori, e una situazione complessiva che non è stata governata, se non dalla legge dei più forti contro i più deboli, delle grandi squadre contro le medie e piccole.
Si tratta di una degenerazione, come è evidente, che ha fatto del calcio, ancora di più del basket, uno sport che ha perduto, agli occhi dei tifosi e dell'opinione pubblica, un'immagine degna delle sue antiche tradizioni, quando nacquero squadre non solo dalle passioni degli industriali, ma anche da quelle di cooperative popolari.
È necessario, dunque, intervenire a livello legislativo e ricostruire un mondo che, per molti decenni, aveva costituito una tradizione positiva per le nuove degenerazioni, ma anche per quelle che avevano amato, in gioventù, lo sport come attività libera e disinteressata, un modo per crescere e prepararsi al lavoro e alla vita da adulti nella società.
Sulla centralizzazione del mercato dei diritti esiste ormai, in Parlamento, una larga maggioranza, e così sulla quota di risorse da destinare a fini di mutualità generale del sistema sportivo. Resta aperto, per certi aspetti, il problema dei fini di lucro delle società sportive e quello della quotazione in borsa. A nostro avviso, questi due aspetti meritano una riflessione successiva, poichè qui non hanno ancora trovato una soluzione del tutto soddisfacente. Perciò, ci auguriamo che ci sia modo di ritornarci successivamente.
Allo stesso modo, a mio avviso, meritava maggiore attenzione il pericolo, ancora presente, di posizioni dominanti da parte di una o più società presenti sul mercato televisivo, satellitare o digitale.
Con queste precisazioni, i deputati del gruppo dei Comunisti italiani, che qui rappresento, esprimono il loro voto favorevole al disegno di legge del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 19,20)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, ci sono tanti elementi che ci convincono in questo provvedimento. Ci convince la centralizzazione dei diritti televisivi, misura che, peraltro, è stata sollecitata dagli stessi organi sportivi.
Parrà strano che, nel momento in cui all'interno del Governo si proclama la necessità di liberalizzare e di rendere più competitivo il mercato, in questo settore, invece, si proponga una minore competitività, attraverso una centralizzazione delle trattative. Però, questa osservazione può essere fatta solo da chi non conosce appieno la situazione in cui versa lo sport professionistico e, in particolare, il mondo del calcio. Si tratta di una situazione abnorme, alla luce della vendita dei diritti televisivi degli eventi sportivi che lo riguardano, che ha reso sempre più ampio il divario tra grandi e piccole società, anche della stessa serie, tanto che i bilanci delle società calcistiche fanno registrare una percentuale pari quasi ai due terzi dei ricavi, attraverso la percezione dei diritti televisivi, mentre il pubblico, ossia gli incassi dovuti agli abbonati e agli spettatori paganti, rappresentano ormai soltanto una percentuale inferiore al 20 o, addirittura, al 15 per cento.
Ciò ha determinato una situazione paradossale nel mondo del calcio: le grandi società, grazie agli introiti derivanti dai diritti televisivi, sono diventate sempre più Pag. 101grandi, mentre le piccole società sono diventate sempre più piccole ed avvertono problemi sempre maggiori.
Ciò si verifica nella serie A, ma anche nel rapporto tra le serie maggiori (serie A e B) e le serie minori (C1, C2); mi riferisco anche alle società dilettantistiche, le quali, anche a causa della televisione a pagamento e dei diritti televisivi venduti dalle società professionistiche, si trovano ad avere introiti sempre inferiori per quanto riguarda il pubblico (l'unica fonte di ricavo, assieme agli sponsor delle piccole società sportive), quindi, a vivere una stagione di vacche magre e di grandi difficoltà finanziarie che, spesso, sfocia in fallimenti sempre più numerosi. Tali fallimenti si registrano nelle serie inferiori, che sono state in qualche misura normate dal famoso lodo Petrucci, che permette alle società fallite di ripartire dalla categoria immediatamente inferiore a quella nella quale hanno disputato l'ultimo campionato.
La centralizzazione dei diritti televisivi è, dunque, giusta ed è auspicata dal mondo sportivo! È giusta una legge che intervenga, ponendo al centro questo imperativo e questa disposizione! Così come mi pare importante e giusta la volontà (abbiamo rivolto ufficialmente una richiesta in tal senso in sede di Commissione) di applicare questa legge non solo al mondo del calcio, ma anche a quello del basket. Infatti, non si tratta di un provvedimento - vorrei spiegarlo bene a coloro che non l'hanno pienamente seguita - che riguarda soltanto i diritti televisivi del mondo del calcio, ma anche quelli delle società sportive professionistiche, intese come società calcistiche e società del mondo del basket, della pallacanestro.
Questa sollecitazione in qualche misura recepiva un'esigenza che mi era stata formulata proprio dal presidente della Lega basket, alla luce delle esperienze non positive che, in base alla trattazione individuale dei diritti televisivi, aveva verificato nell'ultimo campionato di basket.
Il terzo punto che mi pare importante sottolineare positivamente riguarda l'introduzione del principio della mutualità nei confronti delle società che non dispongono di diritti televisivi o di quelle che, pur disponendone, hanno una minore disponibilità di forze, alla luce di un mercato in competizione tra società grandi e piccole, che premia inevitabilmente le grandi a svantaggio delle piccole.
Tuttavia, noi non voteremo a favore e ci asterremo dalla votazione sul provvedimento in esame per due motivi in primo luogo, per la procedura adottata, quella della legge delega. La richiesta da parte del Governo di una delega per porre in essere una disciplina legislativa in tale ambito ci pare immotivata, alla luce del fatto che sui principi basilari della legge tutto il Parlamento, al di là della nostra partecipazione alla maggioranza o alla minoranza parlamentare, aveva concordato; in secondo luogo, per una certa superficialità, come si evince dal dibattito sugli emendamenti esaminati precedentemente, su alcuni punti, uno dei quali riguarda la presenza di posizioni monopolistiche nelle singole piattaforme, sulle quali il Governo si è impegnato ad una possibile revisione della legge al Senato.
Vi è, inoltre, una non sufficiente identificazione di ciò che si intende per mutualità sportiva o per risarcimento delle piccole società, in particolare del mondo semiprofessionistico e dilettantistico, che qualche emendamento addirittura percentualizzava e che, invece, il provvedimento definisce in termini ancora piuttosto vaghi.
L'astensione corona un atteggiamento costruttivo, aperto al dialogo e al confronto, che abbiamo tentato di stabilire con il Governo nel corso di queste settimane e di questi mesi.
Sono due le osservazioni finali che vorrei indirizzare all'Esecutivo, in particolare al Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive, che in questo momento non è rappresentato in Assemblea dalla ministra Melandri, poiché ai banchi del Governo vi è il sottosegretario di Stato per le comunicazioni Vimercati. Tali osservazioni riguardano, innanzitutto, il percorso che dovrà condurci agli europei di calcio del 2012.Pag. 102
Ricordo che è iniziata una discussione sulla ristrutturazione degli stadi di calcio. Sostengo da tempo la necessità che il Governo italiano scelga un modello, perché non possiamo continuare a vaticinare la realizzazione di stadi di calcio attraverso il ricorso all'intervento dei privati senza stabilire se, in Italia, vogliamo adottare il modello inglese (con gli impianti di proprietà delle società sportive, la cui sicurezza è posta in capo alle stesse) oppure intendiamo mantenere la situazione esistente.
L'attuale modello, infatti, vede gli stadi in mano alle amministrazioni comunali, che debbono sobbarcarsi non soltanto i costi della edificazione o della ristrutturazione (spesso, senza l'aiuto del credito sportivo), ma anche della manutenzione degli stessi, applicando un affitto spesso simbolico alle società sportive che li utilizzano.
Dobbiamo in definitiva compiere una scelta. La mia scelta personale, che sollecito il Governo italiano ad adottare, è a favore del citato modello inglese, che prevede che gli stadi siano di proprietà delle società calcistiche e che la responsabilità della sicurezza degli stessi spetti alle medesime società. Si tratta di un modello sperimentato in occasione dei recenti mondiali anche in Germania, dove credo che abbia dato ottimi risultati.
Dunque, se si va verso la ristrutturazione o l'edificazione di nuovi stadi, in previsione dei campionati europei del 2012, allora si stabilisca che lo Stato non debba spendere risorse proprie per costruire impianti sportivi per il calcio o per ristrutturare quelli già esistenti. Sarebbe preferibile edificarne di nuovi, con una visibilità ottima e senza pista per l'atletica, in modo che il pubblico vada negli stadi.
Attualmente, infatti, ciò non si verifica in Italia, dove si assiste a stadi desolatamente vuoti, a causa anche della vetustà dei nostri impianti e della scarsa visibilità. Prendiamo, ad esempio, lo stadio Olimpico, di proprietà del CONI, che pare non si possa mai toccare e per rifare il quale sono stati spesi, nel 1990, non so quante centinaia di miliardi di vecchie lire. Esso appare come uno stadio davvero non più fruibile da parte di un pubblico che voglia godersi lo spettacolo sportivo, che può essere seguito molto meglio in televisione, pagando un prezzo di accesso assolutamente inferiore.
Il secondo punto che intendo evidenziare è il seguente. Io rispetto l'autonomia del CONI, della Federazione italiana gioco calcio, della Lega calcio e delle singole società calcistiche; tuttavia, ritengo davvero opportuna una sollecitazione, da parte del Governo...
PRESIDENTE. La prego di concludere...
MAURO DEL BUE. ...affinché, nei nostri impianti sportivi dedicati al calcio, vengano diminuiti i prezzi dei biglietti.
Non si può pensare, infatti, che le società calcistiche introitino, attraverso i proventi televisivi, decine di milioni di euro e, nel contempo, aumentino i prezzi dei biglietti negli stadi. Delle due, l'una: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca!
Infatti, si ha la botte piena - cioè...
PRESIDENTE. Onorevole, si avvii concludere!
MAURO DEL BUE. ...le casse piene di soldi, grazie agli introiti televisivi - ma non si ha la moglie ubriaca, dal momento che gli stadi sono desolatamente vuoti!
Ciò poiché la gente, contrariamente all'Inghilterra, alla Spagna...
PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere, grazie!
MAURO DEL BUE. ...e alla Germania - concludo, signor Presidente - non si reca più nei nostri stadi e preferisce godersi le partite di calcio in televisione!
Auspico, quindi, che vi sia, a partire dal disegno di legge in esame, che offre la possibilità di operare un riequilibrio delle risorse anche a favore delle società minori, un intervento del Governo per fare in modo che vengano diminuiti i prezzi dei Pag. 103biglietti negli impianti di calcio (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guadagno. Ne ha facoltà.
WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, il commissario straordinario della Federcalcio Luca Pancalli, anche nel lavoro per una nuova «Costituzione» del calcio, ha parlato della necessità di recuperare l'etica anche in questo settore. Calciopoli, infatti, non può essere cancellata o amnistiata dalla pur gloriosa vittoria dell'Italia ai mondiali.
L'accentramento delle risorse economiche su poche squadre è stato il risultato della contrattazione individuale dei diritti di trasmissione del calcio, spesso causa di corruzione e di slealtà sportive.
Anche l'ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi - prima considerato simbolo bipartisan e il miglior candidato alla Presidenza della Repubblica, poi ritenuto come «finito in disgrazia» dall'attuale opposizione una volta diventato senatore, non comportandosi esattamente come avrebbero voluto alcuni partiti della stessa opposizione - ha definito i diritti vigenti TV una droga e, nel luglio 2004, ha dichiarato che tutto lo sport ha il dovere di guardare agli effetti dei propri comportamenti sui cittadini e che il calcio richiede una rigenerazione morale, senza la quale i diritti TV rischiano di essere una droga che uccide il calcio italiano.
Siamo stati accusati dal deputato Bono di voler approvare una norma semplicemente manifesto; credo che sia preferibile essere accusati di fare una norma manifesto che essere accusati, come è avvenuto nella scorsa legislatura, di non farla affatto. Nella scorsa legislatura avrebbe potuto essere approvata una norma sulla contrattazione collettiva dei diritti di trasmissione del calcio; c'erano i numeri, c'era il tempo, ma non è avvenuto e un motivo deve pur esserci: il solito conflitto di interessi. Nella scorsa legislatura, quando il presidente di una delle squadre del campionato di calcio era anche presidente della Lega calcio, era difficile pensare ad una equa distribuzione delle risorse a tutte le squadre.
Non abbiamo la forma mentis per cui si fanno delle leggi per favorire questa o quella persona, per favorire una persona che si chiami Berlusconi, Murdoch o Tronchetti Provera e, quindi, rispediamo al mittente qualsiasi accusa di voler fare dei favori a qualcuno.
Non voglio parlare poi del regalo fatto dall'ex ministro delle comunicazioni Gasparri sul digitale terrestre nella scorsa legislatura, con oltre tre anni di contributi pubblici (soldi nostri) - una forma di assistenzialismo al privato per favorire Mediaset, che ha usato il digitale terrestre come una pay TV - per spingere gli italiani ad acquistare il decoder interattivo (150 euro per ogni esemplare, poi ridotti a 70) e del caso limite dello stesso polo televisivo, che nel passato ha acquistato i diritti del calcio anche per il satellite, pur non disponendo di una propria piattaforma.
Il partito della Rifondazione Comunista Sinistra Europea esprime un giudizio positivo sulla delega al Governo, perché essa è semplicemente un mezzo necessario per rendere il calcio uno sport esemplare, un modello per i giovani e uno strumento contro il disagio giovanile.
Il calcio italiano è un'immagine molto forte dell'Italia all'estero e chi ama il paese in cui vive desidera che anche all'estero si parli più del gioco italiano giocato, che di quello trattato nelle aule giudiziarie. Il calcio è la disciplina sportiva più seguita e partecipata, il calcio non è solamente un affare privato, è emulato dai ragazzi, dai bambini che giocano nei campi e per le strade con un pallone e delle scarpe da ginnastica (per chi può permetterselo) o nelle bidonville africane, con scarpe di plastica e palloni ottenuti con materiale povero.
Il calciatore Rino Gattuso, anche se gioca in una squadra colpita da Calciopoli, è una delle persone maggiormente impegnate nell'aiuto ai ragazzi disagiati, per Pag. 104offrire loro una chance anche con il calcio. Non dobbiamo permettere che anche l'oligopolio nel calcio faccia finire «a tarallucci e vino», come ha affermato lo stesso Gattuso, il problema della corruzione e dello squilibrio economico.
Questo disegno di legge è una risposta, una reazione allo scandalo Calciopoli, un modo per non dire «facciamo finta che non sia avvenuto nulla», perché finalmente si tenta di rimettere in gioco il campionato, dando una più equa possibilità di vincita alle squadre, una maggiore spettacolarità, una minore prevedibilità, visto che in una società calcistica le risorse finanziarie hanno ripercussioni sui risultati, con la possibilità di acquistare alcuni calciatori sul calcio mercato.
Il nostro gruppo parlamentare è sempre stato contrario all'accentramento delle risorse economiche a beneficio solo di alcuni soggetti e ad una forbice sempre più ampia tra chi guadagna di più e chi guadagna meno. Coerentemente, siamo contrari al mantenimento dei privilegi economici soltanto per alcune squadre, note e poche; ma, si sa, nell'ingiustizia distributiva a beneficiare della ricchezza è sempre un'esigua minoranza rispetto alla maggioranza. La minoranza dell'oligopolio è l'unica minoranza tutelata e protetta dal mercato selvaggio (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli deputati, intervengo per dichiarare l'astensione dei deputati del mio gruppo in occasione del voto finale su questo provvedimento. Abbiamo cercato di lavorare, in Commissione, nel Comitato dei nove e in questa Assemblea, per arrivare ad un voto favorevole e a un testo che potesse raccogliere un più ampio consenso in quest'aula. Purtroppo, non è stato possibile, per una serie di condizionamenti e anche - io credo - per una serie di contraddizioni emerse durante il dibattito in questa Assemblea nell'ambito sia della maggioranza, sia dell'opposizione.
Si è cercato di proseguire lungo una strada che, da un lato, ha permesso di modificare profondamente il testo che il Governo aveva presentato, ma, dall'altro, non ha consentito di raggiungere il risultato di un maggiore equilibrio, di un minore contenuto ideologico e di una minore rigidità rispetto al sistema proposto. Capisco che la necessità di tenere insieme, intorno ad un disegno di legge, ampie parti di una maggioranza che contiene alcune componenti ancora distinte dal punto di vista elettoralistico e ideologico, impedisce di svolgere un ragionamento complessivamente sereno. Noi, del gruppo dell'UDC, abbiamo cercato di ragionare, scevri da ogni condizionamento di parte, concentrandoci soprattutto sull'esigenza di modificare un sistema che necessitava di essere riformato.
È stato ricordato che in materia di organizzazione dei diritti televisivi durante il precedente Governo di centrosinistra è stata approvata una norma che consentiva alle società di calcio di gestire direttamente tali diritti. Non è stata la becera destra, non è stato il becero centrodestra ad approvare tale norma ma sono stati alcuni ministri che fanno parte di questo Governo a portare avanti quella scelta. È stato ricordato che quella modifica normativa fu introdotta con un decreto-legge.
Più volte in questo dibattito è stata richiamata, a mio avviso non molto opportunamente, anche la necessità di una riforma della legge n. 91 del 1981, direttamente influente sullo status giuridico delle società di calcio professionistiche.
Abbiamo cercato di sviluppare un ragionamento che consentisse di creare un grande equilibrio del sistema del calcio, degli utenti-consumatori e delle piattaforme televisive e che consentisse, altresì, di aprire il mercato in maniera seria e vera. Intendevamo utilizzare le authority che abbiamo a disposizione in questo paese e che sono espresse da questo Parlamento in modo bipartisan. L'obiettivo era quello di creare un sistema flessibile, Pag. 105equilibrato, che riconoscesse l'autonomia dello sport e della Lega calcio, il soggetto organizzatore dei campionati, ma prevedesse anche una serie di meccanismi sostitutivi, nel caso in cui la stessa lega non ottemperi a quanto previsto dalle norme che saranno approvate. Speravamo di poter trovare un accordo o un'intesa più ampia e di poter mettere da parte le vicende elettorali, le polemiche e alcuni accenti ideologici che ancora permangono nel dibattito su tali argomenti, in questa Assemblea, da parte di alcuni esponenti della maggioranza.
Abbiamo cercato di modificare questo testo e, in parte, ci siamo riusciti. Mi auguro, comunque, che le riflessioni e il dibattito che si è svolto in Commissione e in aula possano essere utili ai colleghi del Senato per affinare ulteriormente questo provvedimento, facendo in modo che si possa giungere ad una condivisione sul voto. Non sarebbe uno scandalo arrivare ad un voto unanime su un provvedimento come questo. Abbiamo ragionato a testa alta, cercando di dialogare e di lavorare per trovare le condizioni migliori per offrire un sistema diverso nella gestione dei diritti televisivi e per garantire un diverso equilibrio nel campionato di calcio eliminando le posizioni dominanti fino ad oggi esistenti. Queste sono state le nostre finalità, a prescindere dagli interessi politici che non fanno parte del nostro modo di ragionare, che intende rispettare il voto degli elettori.
Abbiamo cercato di modificare anche la parte relativa alle piattaforme televisive, prevista nelle lettere c) e d) del comma 3, ma non è stato possibile. Ritengo comunque sia giusto considerare lo sforzo fatto dal sottosegretario Vimercati e dal relatore Folena per tentare di trovare una soluzione. Mi auguro che questo dibattito resti come traccia per una ulteriore valutazione nel passaggio tra la Camera e Senato; infatti, ritengo che sia ancora possibile trovare un modo per assicurare questo equilibrio e per eliminare gli aspetti dirigistici ed ideologici ancora presenti in questo disegno di legge.
È giunto il momento di riconoscere un sistema in continua evoluzione tecnologica che, nei prossimi mesi e nei prossimi anni, vedrà la modificazione complessiva delle piattaforme.
In ogni caso, vista la previsione della lettera c) del comma 3, resta la posizione dominante dell'unica piattaforma satellitare esistente nel nostro paese, vale a dire Sky, mentre nelle altre piattaforme - il digitale terrestre, Internet, i telefonini - vi sono più soggetti che si possono confrontare. Ritengo che ciò vada contro le affermazioni che avete reso in quest'aula, in Commissione e nel paese.
Da qui la nostra proposta di rimettere al centro il ruolo dell'Antitrust e dell'AGICOM, affinché siano poste nella condizione di esprimere una funzione di regolazione e di controllo, avendo stabilito per legge i principi e i paletti per garantire una soluzione ai problemi emersi nel corso di questo dibattito.
Confermo la posizione di astensione del gruppo dell'UDC, un'astensione che nasce dall'aver contribuito a modificare sostanzialmente il testo che il Governo aveva presentato. Non siamo riusciti a modificarlo come volevamo e per questo motivo non possiamo andare oltre la posizione di astensione.
Avremmo preferito esprimere un voto favorevole sul provvedimento, perché, in qualche modo, anche noi, come gruppo dell'UDC, abbiamo dato il nostro contributo attraverso la presentazione di un nostro progetto di legge; ciò non è stato possibile, perché alcune remore ideologiche da parte del Governo e della maggioranza sono rimaste. Spero che nel dibattito al Senato possano essere superate (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Poletti. Ne ha facoltà.
ROBERTO POLETTI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della Pag. 106seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (Applausi).
PRESIDENTE. Onorevole Poletti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO PESCANTE. Mi dispiace per i colleghi, non riceverò l'applauso, ma non consegno l'intervento (Applausi). In ogni caso, sarò brevissimo.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, al termine di questo dibattito non posso nascondere un certo disagio, un certo rammarico per non aver potuto inaugurare per lo sport, almeno per lo sport, una stagione di dialogo costruttivo.
Sicuramente, abbiamo perso un'occasione. Sarebbe stata la positiva prosecuzione di una stagione durata cinque anni (la scorsa legislatura), cinque anni in cui, nello sport, abbiamo raggiunto buone intese tra maggioranza ed opposizione: intese per chiudere, in maniera consensuale e positiva, il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul calcio (svoltasi nella Commissione cultura allora presieduta dal collega Adornato)-; intese per varare provvedimenti legislativi molto importanti per lo sport di base, quale la legge sulle società sportive dilettantistiche, la «legge Onesti», che riconosceva e riconosce vitalizi per gli atleti e per i campioni del passato in grandi difficoltà; il recupero di oltre 600 miliardi di vecchie lire per l'impiantistica sportiva e via dicendo.
Invece, in quest'occasione, abbiamo potuto verificare l'impossibilità di proseguire questo dialogo. Certo, sin dall'inizio, abbiamo nutrito perplessità sull'urgenza, sulla tempestività, per varare un provvedimento che non tiene conto di quelle che saranno le conclusioni sul calcio della VII Commissione, presieduta da Folena, senza tener conto del formidabile lavoro di riscrittura delle regole che sta svolgendo l'attuale commissario della Federcalcio, Pancalli.
Gli stessi motivi addotti per conclamarne l'urgenza non sono apparsi pertinenti, anzi sono un po' impertinenti! L'urgenza era stata invocata, adducendo la motivazione secondo cui la sperequazione nella ripartizione degli utili derivanti dalla vendita di diritti televisivi sarebbe stata la causa primaria dello scandalo del calcio. Questa diagnosi, a mio avviso, è erronea, approssimativa e frettolosa.
La sperequazione nella distribuzione delle risorse, sicuramente, ha determinato un'artificiale differenziazione delle potenzialità finanziarie dei club, con conseguenze sulla corretta competitività del campionato, ma nulla o poco hanno a che vedere con le cause che hanno determinato lo scandalo del calcio.
La crisi è imputabile a ben altre ragioni. È stata una crisi di palazzo, non originata sui campi sportivi, un palazzo che ha tollerato violazioni di norme sui controlli, sulla giustizia sportiva, sull'autonomia degli arbitri.
Altre regole si sono rivelate inadeguate. In più, alcune leggi carenti spesso sono state causa diretta delle deviazioni; mi riferisco alla legge sul fine di lucro delle società di calcio, alla quotazione in Borsa delle stesse società e alla legge n. 91 del 1981 sul professionismo sportivo. È su queste materie che si sarebbe dovuto intervenire con urgenza, attendendo le risultanze della commissione di indagine ed in sintonia con i commissari della Federcalcio. Invece è stata fatta una scelta diversa; se mi permettete il termine, di sapore veterostatalista. Ciò non era mai accaduto nei rapporti tra sport e istituzioni, né in passato, né durante la scorsa legislatura, né - come ho fatto osservare al collega Rusconi - ci sono precedenti in Europa, perché nessuna legislazione nazionale è intervenuta per obbligare le autorità sportive a vincolare o ad orientare parte degli introiti in una certa direzione e con certe percentuali.
Signori del Governo, avete inferto un vulnus, che non può che preoccupare coloro che hanno una cultura liberale ed una concezione dello sport libero da condizionamenti politici. Il Presidente della FIFA, Blatter, il 22 novembre scorso sul Corriere della Sera ha dichiarato: il calcio Pag. 107in Italia è usato come piattaforma politica. Dobbiamo salvaguardare l'indipendenza del nostro sport. È altrettanto lecito chiedersi, con questo precedente, di quante deleghe si vorrà avvalere il Governo, per mettere mano ad iniziative legislative urgenti, quali la riforma della legge n. 91 sul professionismo sportivo, la revisione delle norme sul fine di lucro o sui controlli delle società quotate in Borsa.
Ecco perché Forza Italia voterà contro questo provvedimento: a malincuore, perché qualche pallido segno di apertura in Commissione c'era stato; di ciò ho già dato atto al presidente Folena e al sottosegretario Lolli. Un'apertura concretizzatasi poi con l'approvazione dell'emendamento del collega Ciocchetti e del sottoscritto, che restituisce alla Lega calcio, sempre in coabitazione con il Governo, in via prioritaria il compito di dare attuazione alla legge. Però, malgrado questa disponibilità, questa resipiscenza, l'impianto complessivo del provvedimento è rimasto immodificato nella sostanza.
Nel confermare quindi il voto contrario di Forza Italia, mi permetto, quale manifestazione di buoni propositi per il futuro, di affidare al Governo una considerazione per il prosieguo del nostro confronto - se deve essere costruttivo - per lo sport; appunto per lo sport - qualcuno le riferirà questa mia valutazione, gentile ministro Melandri - e non solo per il calcio professionistico. Il calcio professionistico è un settore importantissimo e vitale, di grande impatto sociale, ma non rappresenta ovviamente l'intero variegato pianeta dello sport. Esistono, al di fuori del calcio professionistico, decine e decine di federazioni, che inquadrano milioni di praticanti, 600 mila dirigenti sportivi dilettanti, 80 mila società sportive senza fini di lucro. È un mondo che ci regala grandi soddisfazioni in campo internazionale, per le prestazioni degli atleti, ma anche per gli impegni organizzativi, che è chiamato ad adempiere. Un esempio per tutti: faccio riferimento al successo dei Giochi Olimpici di Torino 2006. Questo mondo non può essere né confuso, né subordinato al calcio professionistico.
Vorrei ricordare al ministro Melandri che questa precisazione non è superflua, alla luce dei concetti che hanno ispirato l'attuale provvedimento, ma che sono stati confermati dal ministro in un'infelice intervista al giornale Il Mattino del 22 gennaio, in cui si dichiara che «i diritti televisivi rappresentano l'architrave dello sport italiano». Nossignore, gentile ministro! Caso mai, ma anche questo è molto discutibile, rappresentano l'architrave del calcio professionistico, non dello sport italiano. Dunque vi è uno sport che merita maggiore attenzione e maggiore sensibilità da parte del Parlamento.
Quindi, in futuro facciamo uno sforzo per destinare maggiore attenzione al mondo dello sport, quello lontano dai riflettori e spesso trascurato dagli stessi mass media. Non dico di mettere da parte l'agenda delle problematiche calcistiche, ma si può procedere in parallelo. Ricordo che nella scorsa legislatura è stata avviata un'attività legislativa confortata anche dal consenso dell'opposizione e questo ha reso possibile l'iter sollecito di provvedimenti di sostegno all'altro sport. Penso alla legge in favore delle società sportive dilettantistiche - queste sì un architrave dello sport italiano -, legge che è solo un primo passo importante, che va completata e migliorata; penso alla legge Onesti, che assicura un vitalizio agli atleti del passato in difficoltà e dovrebbe essere anch'essa estesa.
Signor ministro, mi auguro che il voto contrario di oggi sia solo un incidente di percorso, non certo imputabile a noi. Per il futuro, credo che il dialogo possa essere recuperato, poiché lo sport non ha una visione di centro, di destra e di sinistra, ma è un mondo trasversale che aspetta dal Parlamento interventi di sostegno, non viziati e condizionati dall'ideologia. Ecco perché, nel dare la disponibilità per i provvedimenti a venire per un confronto costruttivo, Forza Italia assicura che sarà molto vigile affinché i confini tra politica e sport siano sempre bene limitati.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO PESCANTE. Ho già precisato che il ministro Bersani nella sua agenda Pag. 108sulle liberalizzazioni può fare a meno di occuparsi di sport: lo sport la sua liberalizzazione l'ha già ottenuta sessant'anni fa e ci batteremo per difenderla da ogni tentazione di invasione di campo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in coerenza con la richiesta dell'urgenza della delega al Governo ottenuta in questa Assemblea lo scorso 21 settembre, a nome del gruppo dell'Ulivo dichiaro il voto favorevole su un provvedimento che segna un primo risultato importante nella direzione di restituire una credibilità effettiva al calcio italiano, sicuramente lo sport più popolare e di maggiore impatto sociale nel paese, ma che nell'anno del trionfo della nazionale e del successo di due azzurri, Cannavaro e Buffon, ai primi due posti in classifica del Pallone d'oro, ha visto la più grave malattia della sua storia, una crisi di sistema. Non è stato casuale, anzi è stato un fattore di estrema utilità, che il percorso di questo provvedimento sia stato accompagnato dalle audizioni della Commissione di indagine sul calcio professionistico. Infatti, in quella occasione vi è stata una unanimità di pareri per la vendita centralizzata dei diritti, aspetto che, peraltro, ripeteva le conclusioni della precedente Commissione di indagine (denominata Adornato-Lolli), che nel luglio del 2004 aveva evidenziato con grande lungimiranza e chiarezza le anomalie della Gea, la discutibilità delle società di calcio quotate in Borsa, lo status dei calciatori come lavoratori subordinati, i bilanci delle società forzati con plusvalenze diffuse e fideiussioni facili.
Quel documento fu approvato all'unanimità, ottenne l'adesione, in un solenne convegno nella Sala della lupa, dei vertici di FIGC e Lega professionisti, e sottolineava che l'attuale sistema di mutualità non è stato in grado di produrre un effettivo riequilibrio tra il ristretto gruppo delle grandi e il resto delle società professionistiche italiane. Allo stesso tempo, esso non ha neanche evitato che le società beneficiarie conoscessero gravi episodi di crisi finanziaria. Il problema non è quello o non è solo quello della quantità di risorse che vengono trasferite; il nodo sembra essere piuttosto la loro utilizzazione da parte dei beneficiari, che appare non corrispondere pienamente alle finalità che dovrebbero essere sottese agli interventi in mutualità. Occorre pertanto una riflessione sulla natura stessa e sulle finalità del sistema mutualistico. Da questo punto di vista, la proposta più diffusamente sostenuta è quella di un ritorno alla cessione collettiva dei diritti televisivi criptati.
La responsabilità della politica e del Governo di allora fu di non rispondere; la responsabilità del mondo del calcio, con un impegno preciso del presidente della FIGC, Carraro, fu di non fare nulla. Anzi, il presidente della Lega calcio, dottor Galliani, intervenne in Commissione per dire che avrebbe prestato attenzione particolare a quella proposta, tranne poi firmare in esclusiva un contratto ancora in vigore come amministratore delegato del Milan, insieme all'Inter e alla Juventus. Così fu calpestato ruolo del Parlamento.
Successivamente, vi fu la lodevole iniziativa del deputato Ronchi di Alleanza Nazionale, sostenuta in un giorno da tutti i capigruppo dell'opposizione e da tutta la maggioranza, ma fermata platealmente dal maggior partito di Governo, ovvero da Forza Italia. Ha fatto bene il collega Bono a ricordare come la proposta Ronchi andasse nella stessa direzione del provvedimento oggi in approvazione. Tuttavia, egli avrebbe dovuto ricordare come in quell'occasione fu il Governo a bloccare un'iniziativa che trovava consenso nel paese, prima che in quest'aula.
La legge delega del Governo riprende i concetti del progetto di legge Ronchi, riproposto anche nel corso di questa legislatura. La vendita centralizzata dei diritti sul modello inglese non vuole mettere sullo stesso piano, con falso egualitarismo, il Chievo ed il Milan, ma vuole dare al Pag. 109Chievo ed al Messina la possibilità che anche i loro diritti abbiano un mercato.
Dunque, vi deve essere un obiettivo condiviso nel merito, quello che il campionato di calcio italiano, che è lo sport nazionale, ha anche un grande valore sociale. Per questo esiste problema di salvaguardare tutto il sistema con i proventi che, ad esempio, negli anni Novanta il Totocalcio salvaguardava, dai dilettanti ai vivai, fino alla serie C.
Molti in quest'Assemblea hanno rimarcato l'importanza che alcuni di questi fondi giungano a realtà come quelle dei vivai. Come si fa ad esaltare l'impegno di migliaia di dirigenti delle società dilettantistiche ed il loro ruolo di autentico volontariato se non si discute, rispettando innanzitutto l'autonomia prioritaria del mondo del calcio, anche sulla redistribuzione delle risorse del sistema? Come si fa a dare queste risposte? Perché non si dice che il tema dei diritti televisivi è violato e che sono necessarie norme transitorie ed urgenti per i diritti già in vigore, con opzioni che superano il 2010, riproponendo in modo evidente il tema del conflitto di interessi e di sistemi di monopolio di fatto?
Eppure, il quadro europeo, che spesso in politica si invoca secondo la convenienza, ci ricorda la vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League e della decisione della Commissione europea del 23 luglio 2003 con cui si riconosce che i club calcistici sono avvantaggiati dalla vendita dei diritti commerciali tramite un punto vendita unico o un'agenzia di vendita congiunta.
D'altra parte, in Germania la vendita dei diritti della Bundesliga è centralizzata ed in mano alla Lega, come in Francia, mentre in Inghilterra la vendita centralizzata porta ad una divisione per il 50 per cento in parti uguali. L'unica eccezione, se pure a regime transitorio, tra i paesi leader nel mondo del calcio, è la Spagna. Su questo aspetto il vicepresidente del Milan, dottor Galliani, è intervenuto in modo autorevole, spiegando come minori risorse derivanti dai diritti televisivi di fatto porterebbero i migliori club italiani ad un ruolo marginale in Europa.
Indubbiamente, la questione impone una riflessione. Ma un'analisi completa dovrebbe indurre a verificare il fatto che in Inghilterra, ad esempio, gli stadi sono sempre pieni nonostante la trasmissione televisiva in diretta di tutte le più importanti partite, perché vi sono stadi moderni, sicuri anche dal punto di vista della violenza ed in genere di proprietà delle società; che nella stessa Spagna, pur disponendo di risorse enormi, Barcellona e Real Madrid faticano ad emergere nel proprio campionato su Siviglia e Valencia, che dispongono di budget molto più ridotti; che basterebbe riflettere sul famoso rapporto Arnaut, che lo stesso politico portoghese ci ha illustrato in Commissione.
Su posizioni analoghe, in una recente intervista, il ministro inglese dello sport, Richard Carbon, ha dichiarato che è decisamente sbagliato che il futuro del calcio si giochi nelle aule di tribunale e non all'Old Trafford, a San Siro o al Bernabeu.
Sono convinto che il calcio sia giunto ad un bivio: da una parte vi è uno sport inclusivo, trasparente e responsabile; dall'altra vi è uno sport esclusivo ed elitario, strangolato dall'eccessiva commercializzazione che passa da una crisi all'altra.
Per i politici come me, questo è importante perché lo sport non è solo un business: il suo ruolo nella società abbraccia la sanità, l'istruzione e l'inclusione sociale. Questo ruolo speciale è stato riconosciuto dai capi di governo, ed è per questo che qualche mese fa, durante la Presidenza britannica dell'Unione europea, ho avviato i lavori per un rapporto indipendente dello sport europeo. Esso formula una serie di raccomandazioni su come dovrebbe essere gestito il calcio in Europa: il suo principio centrale è che gli organismi sportivi, come FIFA, UEFA ed autorità nazionali del calcio, sono i più adeguati per gestire il gioco e, nei casi più opportuni e legittimi, l'Unione europea e i governi nazionali dovrebbero lasciarli agire senza indebite interferenze.Pag. 110
Signor Presidente, in conclusione, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Rusconi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
ANTONIO RUSCONI. Questo è uno dei motivi per cui, dopo le audizioni, il Governo e la maggioranza, raccogliendo sollecitazioni pervenute da alcuni colleghi dei vari schieramenti, hanno deciso di accettare in quella sede emendamenti che rafforzano, anche in questo campo, l'autonomia del mondo dello sport.
Vi è, infine, un aspicio - diremmo con le parole autorevoli del commissario straordinario della FIGC, Luca Pancalli -, un unico obiettivo: riportare serenità, per ridare al mondo del calcio dignità e democrazia. La serenità passa attraverso la capacità di dialogare con tutte le componenti; il calcio non è tutto malato, ci sono centinaia di migliaia di persone che fanno parte di un mondo pulito. Dobbiamo dare ottimismo a tutti i tifosi e a tutti gli appassionati italiani.
Questa maggioranza è spesso stata accusata, durante il dibattito su questo provvedimento, di invadere l'autonomia del mondo del calcio (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Colleghi, per favore!
Onorevole Rusconi, dovrebbe concludere il suo intervento, poiché il tempo a sua disposizione è esaurito.
ANTONIO RUSCONI. Vorremmo ricordare ai colleghi quali furono gli interessi della politica per boicottare i risultati della Commissione d'indagine del 2004 e riaffermare che il compito della politica è quello di comprendere, assecondare e guidare i processi e non di forzarli e piegarli come è stato fatto nel 2004.
Ringrazio tutta la Commissione e vorrei che, dopo l'elezione autonoma e autorevole dei nuovi presidenti della Lega professionisti e dell'AIA, nonché dopo l'approvazione unanime di ieri del nuovo statuto della Federazione, questo provvedimento riporti giustizia e serenità al mondo del calcio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Centa. Ne ha facoltà.
MANUELA DI CENTA. Signor Presidente, con il minuto a mia disposizione non entro nel merito del provvedimento presentato dalla ministro Melandri, ma da esso prendo spunto, per sollecitare la stessa a rivolgere allo sport italiano le attenzioni di cui questo ha bisogno. Ella non deve cadere nella tentazione di occuparsi solo del calcio professionistico, anche se grande e bello.
Una strada era stata aperta dal Governo Berlusconi; continuiamo a percorrerla, stando vicino ai campioni che hanno fatto grande il nostro paese, aiutandoli nelle loro difficoltà attraverso la legge Onesti.
C'é anche bisogno di rivedere la legge n. 91 del 1981, perché i tempi sono cambiati, perché gli atleti e le atlete di adesso, che svolgono un'attività a tutti gli effetti professionistica, non sono considerati tali: vi è bisogno di lavorare su questo.
In ultimo, chiedo: cosa faremo per le atlete che nella loro attività sportiva diventano madri? Le lasciamo così? Non abbiamo una risposta da dare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.