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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Fenomeno della poligamia in relazione agli immigrati di fede islamica - n. 2-00309)
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00309 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmataria.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, vorrei illustrare le ragioni di questa interpellanza. La situazione della poligamia in Italia non è un problema piccolo; l'impressione è quella che sia ampiamente sottovalutato. Quindi, la nostra interpellanza vuole proprio accendere i riflettori su ciò che sta avvenendo in Italia oggi, e che, tra l'altro, è su tutti i giornali, ma con un'impressione di sottovalutazione del fenomeno da parte delle autorità.
Il reato di bigamia è sanzionato, com'è noto, dall'articolo 556 del codice penale che vieta, ovviamente, di contrarre il matrimonio due volte, se prima non vi è stata una sentenza di divorzio. Malgrado ciò, in Italia sta diffusamente prendendo piede il fenomeno della poligamia, ovviamente tra gli immigrati di fede islamica, perché, in realtà, l'ordinamento non riconosce legalmente il matrimonio islamico e le unioni poligamiche, di fatto, non sono perseguibili. Quindi, siamo in una situazione che crea non poche preoccupazioni.
Tra l'altro, c'è una sentenza del tribunale di Bologna, come abbiamo scritto nella nostra interpellanza, che crea non pochi problemi e non poche perplessità; questa sentenza ha sancito che il reato di bigamia può essere commesso solo dal cittadino italiano nel territorio nazionale, essendo irrilevante il comportamento tenuto all'estero dallo straniero la cui legge nazionale riconosce la possibilità di contrarre più matrimoni.
Siamo davanti ad uno strabismo, se posso esprimermi in questo modo, delle normative.
A Catania, addirittura, un giudice ha deciso che due vedove si sarebbero divise la pensione del marito defunto e che la casa sarebbe spettata ad entrambe. Si tratta di segnali di una difficoltà nell'interpretare questi fenomeni, con sentenze molto diverse tra loro e contraddittorie.
Vorrei sottolineare che il problema della poligamia in Italia non è solamente un fenomeno da non sottovalutare, poiché vi è una specie di escalation da parte di alcuni esponenti delle comunità islamiche che non può non preoccuparci. Infatti, il matrimonio nelle comunità islamiche non assume il significato che ha da noi, perché si cerca di attribuire a tale istituto una connotazione religiosa che in realtà non ha. Tale connotazione manca perché si tratta di un contratto privatistico tra due persone. Pertanto, non ha questo tipo di risvolti.
Inoltre, si cerca di far passare questo matrimonio - che religioso non è - invocando addirittura la facoltà di celebrare o sciogliere matrimoni religiosi senza che questo abbia effetti rilevanti sul piano giuridico. Adesso si cerca addirittura di legalizzare la poligamia.
È apparsa su tutti i giornali - e pertanto mi sembra giusto richiamarla anche in quest'aula - una dichiarazione, a dir poco inquietante, rilasciata da un portavoce delle comunità islamiche, un'eminenza grigia dell'UCOI, in cui si afferma: «Mi fa piacere avere quattro mogli, ma se il Governo non me lo permette, cosa faccio? Devo andare in clandestinità e questo non è giusto».
Ciò significa che in nome dei diritti individuali si cerca di far passare l'idea che la poligamia sia un diritto e che ciascuno possa decidere della propria vita quello che vuole. Ciò fa il paio con molti diritti individuali invocati anche in quest'aula, Pag. 42che non possono non creare problemi a coloro che hanno a cuore un cosiddetto bene comune come quello di regolare tali aspetti.
Al di là della questione giuridica, che pure in qualche modo deve essere affrontata e risolta, esiste il problema delle donne islamiche. È proprio di questi giorni la dichiarazione rilasciata da una personalità del Marocco, la quale ha affermato che le donne sono molto più protette, bene o male, nei loro paesi di origine rispetto all'Italia, per quanto riguarda il fenomeno della poligamia, per il fatto che in quelle nazioni hanno comunque una famiglia alle spalle in grado di tutelarle. Inoltre, esistono società, tradizioni e culture che le sostengono; comunque, la poligamia non può avvenire se non esiste il consenso della precedente moglie, la quale in pratica non lo rilascia mai.
Pertanto esistono in quei paesi paletti contro la poligamia, mentre in Italia tali paletti non ci sono perché siamo al di là di ogni possibile regolamentazione e non possiamo neppure adottare le misure necessarie. Quindi, queste donne sono aggredite, maltrattate, offese, violentate, emarginate. Si tratta di una problema davvero preoccupante; noi che ci vantiamo di essere la patria del diritto da duemila anni non possiamo non interrogarci su una situazione così drammatica che - ripeto - rischia di essere ampiamente sottovalutata.
La poligamia sta per diventare una specie di status symbol; addirittura viene teorizzato che fa bene alla salute delle donne e che la nostra società è così ipocrita da praticarla nella clandestinità, mentre qualcun altro è così corretto da farla alla luce del sole, il che è molto meglio per tutti.
Davanti ad una situazione del genere, con la nostra interpellanza chiediamo al Governo se ha intenzione, come qualcuno afferma, di adottare iniziative normative volte a legalizzare il matrimonio islamico. Ricordiamo che non si tratta di un problema piccolo. Infatti, il matrimonio cattolico, come è noto, è codificato da concordati ed accordi precisi con il Vaticano, mentre ciò non avviene con riferimento alle comunità islamiche. Vorrei sapere, pertanto, se risponda al vero questa notizia, perché il matrimonio islamico risponde in realtà ad alcune tradizioni, anche giuridiche non solo culturali, diverse dalle nostre e spesso con le stesse incompatibili.
Vorrei sapere, inoltre, cosa intenda fare il Governo, perché questo fenomeno, che è in aperto contrasto con le nostre leggi e con nostre regole di convivenza civile, sta purtroppo dilagando.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, voglio tranquillizzare l'onorevole Capitanio Santolini che non vi è naturalmente alcuna sottovalutazione del fenomeno della poligamia islamica. Da questo punto di vista, vorrei rilevare che, di fronte a stranieri musulmani che vivono in Italia e che praticano la loro religione, lo Stato può rapportarsi solo facendo riferimento alle norme di diritto internazionale privato, codificate nella legge n. 31 maggio del 1995, n. 218, che, a loro volta, rimandano al diritto musulmano positivo espresso dagli Stati di appartenenza ove è stato celebrato il matrimonio.
Tali norme, infatti, richiamano, per la determinazione delle condizioni di contrarre il matrimonio e degli effetti personali e patrimoniali del matrimonio stesso, la legge nazionale dei nubendi della quale, peraltro, è necessario il vaglio, alla luce dei principi dell'ordine pubblico italiano. Ciò vale anche per i matrimoni contratti da cittadini italiani all'estero.
Pertanto, allo stato attuale ed in mancanza di ministri di culto, figura questa che non esiste nel mondo islamico, con nomina approvata, il matrimonio religioso contratto in Italia da stranieri di fede musulmana non può in ogni caso avere effetti civili per il diritto italiano e non Pag. 43risultano attualmente iniziative governative volte a legalizzare il matrimonio islamico. Ciò consente la possibilità di celebrare e sciogliere matrimoni religiosi, senza produrre effetti civili secondo la legge e la tradizione islamica.
Gli stranieri comunque restano sottoposti ai vincoli di cui all'articolo 116 del codice civile, che detta le norme per contrarre matrimonio nello Stato italiano.
Come noto, presso la I Commissione affari costituzionali della Camera è in corso l'esame dei progetti di legge di iniziativa parlamentare. Mi riferisco all'A.C. 36 dell'onorevole Marco Boato e l'A.C. 134 dell'onorevole Valdo Spini, aventi proprio ad oggetto norme sulla libertà religiosa ed abrogazione della legislazione sui culti ammessi; progetti nel cui articolato sono contenute disposizioni specificatamente dedicate al tema dei matrimoni religiosi.
Tutto ciò premesso, si fa presente che l'articolo 29 della Costituzione sancisce il valore giuridico e sociale dell'istituto del matrimonio, come è noto a tutti, ed il codice civile ne regola dettagliatamente i diversi aspetti. Tra questi, la libertà di stato dei contraenti costituisce un elemento essenziale del contrarre matrimonio, elemento al quale, tra l'altro, il legislatore ha dedicato un'attenzione particolare dimostrata anche dalla lettura, durante il rito, degli articoli dello stesso codice civile riguardanti i diritti ed i doveri dei coniugi, nonché dall'introduzione nel nostro codice penale della fattispecie del reato di bigamia.
Quanto a livello giuridico e socio politico, questi principi rappresentano dei capisaldi del nostro sistema e non sono assolutamente messi in discussione dall'attività del Governo, dal quale sono, anzi, pienamente condivisi.
Infatti, reputando fondamentale stimolare una serie di riflessioni sull'esigenza di una corretta integrazione del nostro sistema sociale per una crescente comunità di immigrati portatori di storia, tradizioni e cultura - spesso molto diversa da quelle italiana -, si ritiene assolutamente valido il quadro normativo vigente relativo all'istituto del matrimonio.
S'intende, pertanto, fugare ogni dubbio circa la paventata ipotesi di iniziative legislative volte a modificare l'ordinamento in materia - tanto meno nella fattispecie - e a introdurre una qualsivoglia legalizzazione delle unioni poligamiche.
Le preoccupazioni espresse dagli interpellanti, proprio con riferimento quest'ultimo punto, ripropongono alcuni timori emersi recentemente in occasione del dibattito parlamentare sulle proposte di legge in materia di libertà religiosa che però - come già accennato -, sono in discussione presso la I Commissione della Camera dei deputati. In nessuna delle proposte oggi in discussione viene lasciato spazio alcuno all'ipotesi di introduzione di elementi di modifica o di stabilizzazione del sistema vigente in cui il matrimonio poligamico non può essere in modo assoluto riconosciuto. Infatti, la libertà di stato - come detto precedentemente - è condizione necessaria e indispensabile per contrarre matrimonio.
A conferma di ciò, basta ricordare che le disposizioni relative al matrimonio contenute nelle proposte all'attenzione della Camera, stabiliscono l'iter procedurale che prevede la lettura degli articoli del codice civile. Nella stessa direzione va il Governo, attraverso l'elaborazione di una carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione nella quale saranno ribaditi i principi alla base della concezione monogamica del matrimonio.
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. La mia replica sarà brevissima, signor Presidente, perché non voglio dilungarmi più di tanto. Però, vorrei fare alcune precisazioni. Intanto, vorrei sottolineare che, secondo il rito islamico, il matrimonio è un semplice atto notarile e non un fatto religioso. Quindi, anche quando se ne parla, sarebbe opportuno riferirsi ad un matrimonio non religioso e ciò non soltanto Pag. 44per un problema di terminologia. Infatti, si tratta di una questione molto precisa che richiede rigore da parte di tutti noi, Governo compreso.
Dunque, parlare di matrimonio religioso con riferimento alle comunità islamiche è una dizione non corretta, perché si tratta di un semplice atto notarile. Se non si facesse il distinguo, a forza di parlarne, si verrebbe a creare una letteratura in questo campo che non ci può aiutare a capire i problemi.
Sappiamo bene che c'è una discussione in corso presso la I Commissione di questo ramo parlamentare. Pertanto, toccherà a noi, come Parlamento, affrontare e risolvere la questione. Rimaniamo dell'idea che l'eguale libertà di tutte le confessioni religiose è assolutamente fuori discussione, ma in realtà ciò non implica un'uguaglianza di trattamento. Infatti, ci sono delle questioni che vanno assolutamente disciplinate e capite. Vi è la possibilità di discipline giuridiche diverse e perciò sappiamo bene che questo è un discorso che dovrà essere affrontato in Parlamento.
La terza precisazione è che prendo atto che non vi sia alcuna volontà o tentativo di legalizzare il matrimonio islamico. Ne prendo buona nota e ciò mi fa ovviamente piacere.
Non mi pare, tuttavia, di aver appreso dal sottosegretario come intenda agire il Governo per contrastare il fenomeno. Ad avviso mio e degli altri colleghi firmatari dell'interpellanza, non si può rimanere spettatori passivi - più o meno succubi, più o meno proni verso fenomeni in aumento in Italia -, senza che vengano assunte adeguate misure. Non sono in grado di suggerire ricette o formule e non farò riferimento a misure repressive (nel senso peggiore del termine); non intendo suggerire l'adozione di taluni provvedimenti, ma certo noi ci aspettiamo che un Governo sappia affrontare e prendere in carico tali emergenze. Perciò, perché risulti cosa intenda fare il Governo, non basta, a mio avviso, invocare leggi e normative - pure esistenti e tali da fissare, in qualche modo, taluni paletti -; fenomeni di sfruttamento, di violenza e di discriminazione nei confronti delle donne - che peraltro avvengono a dispetto di tutto quanto viene dichiarato nel nostro paese -, ritengo meritino davvero di essere presi in seria considerazione dal Governo, che non si può limitare ad elencare una serie di normative. Queste sono certamente importanti, ma il Governo deve assumere delle iniziative, varando misure dalla cui adozione, quand'anche ne fosse, in ipotesi, difficile la realizzazione, non potrebbe invero esimersi.
Quindi, auspico che davvero il Governo adotti dei provvedimenti per contrastare il fenomeno; altrimenti, la situazione diverrebbe ingestibile e potremmo rimpiangere di non essere stati in grado, a tempo debito e nei modi opportuni, di intervenire in maniera adeguata.