Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Allegato B
Seduta n. 104 del 6/2/2007
...
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta immediata:
CANCRINI e CRAPOLICCHIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il minore M. H., nato a Worchester-Massachussets (Usa) il 22 settembre 1993, è coinvolto dal 1997 in una battaglia legale tra i genitori per l'affidamento;
nel 1997 l'autorità giudiziaria statunitense, in sede di divorzio dei genitori, decideva l'affido congiunto del minore con collocamento presso la madre, dapprima nello stato del Massachussets e successivamente in Italia;
il 24 luglio 1998 il padre del minore chiedeva all'autorità giudiziaria americana che venissero modificate le condizioni dell'affidamento di M. e che lo stesso fosse collocato presso di lui;
con provvedimento del 2 ottobre 1998, il tribunale della famiglia del Massachussets disponeva che la custodia del bambino venisse affidata al padre e che il figlio facesse rientro negli Stati Uniti, motivando tale provvedimento in relazione ad una mancata, puntuale e tempestiva produzione di documenti davanti allo stesso tribunale da parte della madre;
in seguito al tale provvedimento, la madre presentava ricorso al tribunale dei minori di Genova, il quale disponeva l'affido del minore alla madre fino alla definitiva decisione dell'autorità giudiziaria americana sul ricorso presentato dal padre il 24 luglio 1998;
nel novembre 1998 il padre presentava ricorso al tribunale dei minori di Genova ed otteneva un provvedimento per far rimpatriare negli Stati Uniti il figlio;
successivamente la madre del minore ha presentato ricorso alla sentenza del tribunale dei minori di Genova in Corte di cassazione, che lo ha accolto e ha cassato il provvedimento impugnato rinviandolo al tribunale per i minori, ma il minore era già stato riconsegnato al padre in forza del decreto emesso dallo stesso tribunale per i minori in data 1o aprile 1999;
il minore non ha visto la madre dal 1999 al 2004 per impedimenti da parte del padre di far incontrare il figlio alla madre;
in seguito al perdurare di questa situazione, la signora ha deciso di portare la causa davanti al tribunale federale, ma nel mese di ottobre 2004 il tribunale per la famiglia dello Stato del Massachussets si
è pronunciato e ha modificato la situazione, chiedendo alla signora di firmare un accordo, con il quale il figlio veniva affidato congiuntamente ai genitori, ma rimaneva in collocamento presso il padre. Questo accordo ha permesso alla madre di rivedere in brevissimo tempo il figlio, dopo esserle stato impedito per 5 anni;
nel dicembre 2005, come da accordi, il minore ha trascorso le vacanze natalizie presso la casa materna in Italia e durante il suo soggiorno ha dichiarato di non voler tornare negli Usa, denunciando violenze fisiche e psicologiche da parte del padre. Il bambino non è stato fatto rimpatriare negli Stati Uniti dalla madre, nonostante fosse concluso il tempo di soggiorno previsto dal tribunale americano;
il padre, nel gennaio 2006, ha dato inizio alla causa negli Usa per far rimpatriare il figlio e nel febbraio 2006 il tribunale americano ha condannato la madre a 90 giorni di detenzione nello Stato del Massachussets per oltraggio alla corte per non aver fatto rimpatriare il figlio;
ai sensi della Convenzione dell'Aja, la signora ha iniziato la causa in Italia presso il tribunale per i minori di Genova e nel mese di marzo 2006 è stata disposta una consulenza tecnica d'ufficio sul minore e sui genitori;
nelle conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio si dichiarava che «il rimpatrio del ragazzo presso il padre potrebbe essere fonte di grave pregiudizio psichico ed intollerabile per lui» e che il minore «ha raggiunto un grado di maturità sufficiente per esprimere la sua opinione e che possa essere ascoltata la sua opposizione al rientro e il bisogno che esprime di una relazione continuativa con la madre»;
nella sentenza emessa il 27 aprile 2006, il tribunale dei minori di Genova ha dichiarato di non essere investito della decisione circa quale dei genitori possa essere maggiormente idoneo alla custodia del minore (questione su cui sarebbe competente il solo giudice americano) e non ha ascoltato il minore circa le sue volontà, disponendo il rientro dello stesso negli Usa presso il padre;
nel mese di giugno 2006 la madre ha presentato ricorso presso la Corte di cassazione e ha allontanato il figlio, portandolo in un posto di cui nessuno è a conoscenza;
l'articolo 7 della Convenzione dell'Aja prevede che «le autorità centrali devono cooperare reciprocamente e promuovere la cooperazione tra le autorità competenti nei loro rispettivi Stati, al fine di assicurare l'immediato rientro dei minori e conseguire gli altri obiettivi della Convenzione»;
l'articolo 13 della Convenzione dell'Aja prevede che «l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore, qualora la persona, istituzione od ente che si oppone al ritorno dimostri che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile» e «nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall'autorità centrale o da ogni altra autorità competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua situazione sociale»;
a parere degli interroganti, nel corso del procedimento di primo grado sono stati violati i diritti del minore, quale il preminente interesse dello stesso ad essere ascoltato in giudizio, come previsto dall'articolo 13 della citata Convenzione dell'Aja, alla luce del fatto che non sono stati presi in considerazione né il rifiuto del minore a tornare dal padre, né le risultanze processuali e le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, che hanno evidenziato che dal rientro del minore negli Usa potrebbe derivare un grave ed
irreparabile pregiudizio fisico e psichico allo stesso -:
se il Ministro interrogato non ritenga indifferibile un suo intervento basato sull'attivazione dei suoi poteri ispettivi in ordine alla palese violazione del citato articolo 13 della Convenzione dell'Aja relativa al diritto ed al preminente interesse del minore ad essere ascoltato nel giudizio.
(3-00602)
TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con sentenza della Corte di cassazione n. 439 del 2000, è stata affermata l'illegittimità della circolare n. 2134/1867 del 29 maggio 1926 del Ministro Rocco, che impone la presenza dei crocifissi nelle aule giudiziarie, illegittimità ribadita nell'ordinanza del Consiglio superiore della magistratura n. 12 del 2006;
il ministero della giustizia non ha accolto le richieste del giudice di Camerino Luigi Tosti di esporre, a fianco del crocifisso, il simbolo della menorah ebraica, così imponendogli il simbolo del crocifisso, che non gli appartiene, e discriminandolo, ad avviso dell'interrogante, sotto il profilo religioso -:
se il Ministro interrogato intenda conformarsi alle importanti pronunce citate, ripristinando la neutralità delle aule giudiziarie, e per quali motivi abbia adottato tale linea di condotta sul caso enunciato in premessa.
(3-00603)
BALDUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ogni anno l'amministrazione giudiziaria non riesce a recuperare una parte molto consistente delle spese di giustizia e delle sanzioni pecuniarie derivanti dai processi penali, che, secondo recenti stime, ammonterebbero a centinaia di milioni di euro (approssimativamente si è parlato di circa 700);
a questa cifra vanno aggiunte anche tutte quelle pene pecuniarie, che, non venendo riscosse dai competenti organi, giungono inevitabilmente alla prescrizione; senza considerare che ci sono somme cospicue, ma anche tutta una serie di beni che costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto del reato, che, pur essendo assoggettati a confisca penale, tuttavia non vengono mai realmente incamerate da parte dello Stato;
un esempio eclatante è quello riferito dagli organi di stampa, relativamente alla scoperta da parte della procura di Milano di conti correnti sui quali erano state depositate cospicue somme sequestrate durante il periodo di «tangentopoli»;
questa situazione appare intollerabile, anzitutto perché viene messa in crisi la stessa funzione della pena e delle misure di sicurezza patrimoniali. Tale mancanza di effettività della sanzione penale rappresenta uno dei gravi mali che affligge la giustizia penale e a tale situazione occorre urgentemente porre rimedio;
appare di tutta evidenza che tali beni, qualora effettivamente recuperati, potrebbero costituire un'importante risorsa economica per il funzionamento della giustizia, afflitta dalle note carenze economiche e di mezzi;
infine, bisogna intervenire sul riparto di tali somme, una parte delle quali, una volta recuperate, dovrebbe essere destinata a favore degli stessi uffici giudiziari che hanno svolto un ruolo attivo nella fase esecutiva -:
quali iniziative, anche normative, intenda adottare in materia di recupero delle pene pecuniarie e delle spese di giustizia, in modo tale da rendere l'esecuzione realmente efficace e precisando, altresì, i criteri per il riparto di queste somme una volta recuperate, in modo da destinarne una parte consistente a favore della giustizia.
(3-00604)