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Allegato B
Seduta n. 136 del 28/3/2007
TESTO AGGIORNATO AL 4 APRILE 2007
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzioni in Commissione:
Le commissione V e VII,
premesso che:
da molte realtà provinciali pervengono notizie gravi e preoccupanti sulla situazione finanziaria degli istituti scolastici e numerosi appelli affinché Governo e Parlamento si attivino per risolvere questo problema che rischia di portare alla paralisi l'attività didattica, in primo luogo per la ventilata possibilità che i dirigenti non possano procedere ulteriormente alla nomina dei supplenti e al pagamento di quelli in servizio;
si stanno già determinando ritardi di mesi nel pagamento dei supplenti che hanno prestato o stanno prestando servizio, e si sono registrati interventi delle organizzazioni sindacali perché si provveda al più presto, pena l'apertura di contenziosi;
da una puntuale verifica effettuata in sede ministeriale si è rilevato che negli anni 2002-2006 tagli e sottofinanziamenti hanno ridotto i trasferimenti correnti alle scuole in misura rilevante e precisamente:
-46,6 per cento, pari a 494,4 milioni per supplenze brevi;
-72,6 per cento, pari a 106,4 milioni per esami di Stato;
-53 per cento, pari a 159,8 milioni per funzionamento amministrativo e didattico;
conseguentemente si sono accumulati sui bilanci delle scuole residui attivi relativi ad entrate non pervenute dal Ministero pubblica istruzione per far fronte a spese obbligatorie non comprimibili (in particolare supplenze, esami di Stato, pagamento TARSU, corsi surrogatori negli istituti professionali); entrate di cui non è possibile l'integrale e formale accertamento;
l'azione che sta svolgendo il Ministero di recupero di fondi giacenti sulle contabilità speciali non può risolvere una situazione così compromessa, mentre l'emanazione di primi mandati di pagamento alle scuole per l'erogazione di acconti delle spettanze previste dal decreto 21 del 1 marzo 2007, può dare un vantaggio a breve in termini di liquidità, ma mantiene inalterato il problema in termini di competenza, in quanto non consente l'accertamento dei maggior fabbisogno pregresso;
appare necessario pertanto affrontare, in tempi brevi, la problematica nel suo complesso al fine di evitare:
contenziosi tra gli istituti scolastici e i supplenti in servizio (non potendosi configurare l'ipotesi di personale assunto regolarmente che non viene retribuito);
interruzioni dell'attività didattica per mancate nomine di supplenti;
mancato o parziale pagamento dei docenti che hanno fatto parte delle commissioni per gli esami di Stato;
situazioni debitorie delle scuole nei confronti dei Comuni per mancato pagamento Tarsu e nei confronti di chi ha svolto le attività surrogatorie professionalizzanti;
la situazione sta determinando grave disagio tra tutti gli operatori della scuola, mentre le notizie che appaiono sulla stampa rischiano di determinare perdita di autorevolezza e di prestigio delle scuole di fronte alle famiglie;
è opportuno, con futuri provvedimenti normativi, rivedere le modalità di assegnazione alle scuole delle risorse destinate al pagamento delle supplenze, in particolare quelle relative a lunghi periodi la cui quantificazione non può essere preventivata a livello di singolo istituto ma solo in un ambito territoriale più vasto (provinciale o regionale);
è altresì auspicabile introdurre nel nuovo regolamento per il reclutamento del personale supplente modifiche rispetto alle norme vigenti in grado di eliminare le ricadute negative che si sono evidenziate sia sulla qualità dei servizio che sui costi e carico dell'amministrazione scolastica,
impegnano il Governo a:
assumere provvedimenti per finanziare i debiti pregressi già evidenziati dal monitoraggio effettuato, al 31 dicembre 2006, dal Ministero della pubblica istruzione;
definire un piano di erogazione programmata delle risorse necessarie relative agli esercizi precedenti, in modo da consentire agli Istituti l'accertamento formale dei relativi residui attivi, la regolazione dei bilanci, l'accesso ad anticipazioni di cassa da parte degli istituti di credito.
(7-00151) «Benzoni, Ghizzoni, Sasso, Cinzia Maria Fontana, Froner, Codurelli, Crisci, Samperi, Sanga, Tolotti, Misiani, Marchi, Musi, Schirru, Volpini, Vannucci, De Simone, Iacomino, Guadagno detto Vladimir Luxuria, De Biasi, Andrea Ricci, Motta, Lulli, Bafile, Chiaromonte».
La VI Commissione,
premesso che:
il Governo ha fissato nel 31 luglio 2007 la scadenza per la spedizione dei modelli Unico 2007, anticipando di tre mesi il termine che per il 2006 era fissato per il 31 ottobre;
ad oggi sono stati pubblicati solamente i modelli Unico 2007 per le persone fisiche (5 marzo 2007) e Unico 2007 per gli enti non commerciali (12 marzo 2007);
il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, introduce l'obbligo per i contribuenti IVA di comunicare all'Amministrazione finanziaria l'elenco dei propri clienti e fornitori ed il termine fissato per tale comunicazione è il 29 aprile 2007;
il decreto-legge 15 settembre 2006, n. 258, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2006, n. 278, ha disciplinato le modalità per il recupero dell'IVA non detratta relativa agli acquisti di autovetture e motoveicoli e ha previsto la possibilità di richiederne il rimborso, presentando l'istanza entro il prossimo 16 aprile sulla base di modelli forniti dall'Agenzie delle Entrate solamente il 22 febbraio;
l'anticipazione della presentazione dei modelli Unico 2007 ha ravvicinato nel tempo, concentrandole nella prima metà dell'anno solare, una serie di scadenze fiscali che impegnano i contribuenti, ma soprattutto i consulenti che li assistono. I ritardi con cui viene prodotta la modulistica delle dichiarazioni e delle istanze creano difficoltà nell'elaborazione delle stesse e le associazioni produttrici di software hanno poco tempo per realizzare i programmi,
impegna il Governo
a valutare con urgenza l'opportunità di assumere iniziative normative volte a prorogare i termini di presentazione dei modelli Unico 2007, garantendo, così, un congruo termine ai contribuenti e ai consulenti per la predisposizione delle dichiarazioni e delle istanze in scadenza nella prima parte dell'anno solare.
(7-00150) «Fugatti, Germontani».
La VIII Commissione,
premesso che:
alla fine degli anni Sessanta del Novecento, per iniziativa della Cassa del Mezzogiorno, venne elaborato un progetto di una Diga nelle Madonie, nel territorio del Comune di Blufi (Palermo), che prevedeva la realizzazione di un invaso della portata presunta di 23 milioni di metri
cubi d'acqua, che avrebbe dovuto risolvere i gravissimi problemi dell'approvvigionamento idrico delle città di Caltanissetta e Gela e della provincia Agrigento;
tale progetto non ebbe alcun seguito sino alla fine degli anni Ottanta, quando venne ripreso per iniziativa del Governo della Regione Siciliana, allora presieduto dall'On. Rino Nicolosi, che in raccordo con l'Agensud, che aveva nel frattempo sostituito la Cassa per il Mezzogiorno, delegò l'Ente Acquedotti Siciliani (EAS) a bandire la gara d'appalto. I lavori vennero aggiudicati alle imprese Astaldi, Impresem, Di Penta e Vita, per un importo di 180 miliardi di lire, a trattativa privata, utilizzando le procedure della Protezione civile, ed ebbero inizio nel dicembre 1990. L'appalto venne duramente contestato perché, violando la legge della Regione Siciliana n. 21 del 1985, affidava a trattativa privata lavori molto complessi e di importo assai rilevante, utilizzando impropriamente le procedure previste per gli interventi di Protezione civile, per opere strategiche che avrebbero richiesto lunghi tempi di esecuzione;
forti e motivate erano inoltre le preoccupazioni relative al serissimo rischio di instabilità dei versanti dell'invaso (confermate in seguito dalla pronuncia di compatibilità ambientale), anche in ragione della costituzione essenzialmente argillosa ed alla giacitura caotica delle formazioni affioranti, in particolare delle argille scagliose. Venne infatti denunciato dal Consiglio comunale di Blufi, dalle associazioni ambientaliste e da numerosi tecnici ed esperti, che la realizzazione della diga avrebbe provocato forti squilibri al bacino imbrifero madonita ed un devastante impatto ambientale con un gravissimo rischio per la sicurezza delle comunità a valle dell'invaso;
particolarmente significative furono le iniziative assunte contro la realizzazione delle due traverse sui torrenti «Canna» e «Pomieri» e per bloccare la costruzione della galleria di adduzione «Fosso Canne». Opere proposte dalle aziende aggiudicatici ed alle stesse affidate per un importo di sessanta miliardi di lire, ancorché non previste da alcun piano delle acque e pur essendo in aperta violazione della normativa istitutiva del Parco Regionale delle Madonie, che prevede la immodificabilità del regime delle acque;
nel giugno del 1996, per la diga e le opere ad essa connesse erano già stati spesi rispetto alla originaria previsione di 180 miliardi di lire, circa 70 milioni di euro, con indagini giudiziarie che avevano portato al blocco delle opere, ed al coinvolgimento di pubblici amministratori ed imprenditori come Astaldi e Salamone. I lavori realizzati hanno riguardato l'esecuzione delle opere di scarico e derivazione, mentre i lavori di costruzione del corpo diga non sono mai iniziati, così come gli scavi necessari ad impostare lo sbarramento. Neanche l'avandiga è stata realizzata;
l'esecuzione delle opere di scarico è stata condizionata da rilevanti problemi geotecnici connessi a fenomeni di stabilità innestatisi all'apertura dei relativi scavi che hanno dato luogo ad una «perizia di variante tecnica e suppletiva per opere indispensabili e indifferibili» (luglio 1993/maggio 1994). I lavori sono poi proseguiti e definitivamente interrotti nel giugno 1996 ed allora non sono mai stati ripresi per l'indisponibilità dei materiali di costruzione della diga (fianchi) a causa di vincoli paesaggistico/ambientali interessanti le aree di cava di progetto;
venne denunciato a tal proposito che per il completamento dell'opera sarebbero serviti sei milioni di tonnellate di pietra, di cui un milione e ottocentomila tonnellate si sarebbero dovute estrarre dalla «Balza di Fasanò», faglia di rilevantissimo valore geologico ricadente nel territorio del Comune di Petralia Soprana. I costi aggiuntivi previsti per reperire i materiali da cava a diverse decine di chilometri di distanza dalla zona del Blufi, sono stati stimati dai tecnici nell'ordine di alcune decine di milioni di euro;
il 31 gennaio 2001 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, ha espresso un giudizio positivo circa la compatibilità ambientale del progetto relativo alla costruzione dell'invaso del Blufi, a condizione che venissero ottemperate precise prescrizioni ritenute preliminari al rilascio delle necessarie autorizzazioni;
in particolare, tra le numerose e puntuali prescrizioni dettate dalla Pronuncia di Compatibilità Ambientale, vanno ricordate le seguenti:
1. un piano di recupero della qualità delle acque da realizzare attraverso la realizzazione di progetti e il contenimento dei carichi inquinanti, di origine puntiforme e diffusa, generati nel bacino del fiume Imera, da parte dei Comuni, che rilasciano le proprie acque reflue all'interno del bacino sotteso dallo sbarramento che dovrebbe essere realizzato. Le opere e le realizzazioni previste da tale piano dovranno essere realizzate contestualmente alla costruzione della diga e dovranno garantire in qualunque condizione, l'idoneità delle acque invasate alla potabilizzazione;
2. prima del rilascio dell'autorizzazione e della individuazione delle aree, tra quelle presentate nello studio di valutazione di impatto ambientale e valutate idonee, da cui prelevare i materiali per la formazione del nucleo impermeabile della diga, si dovrà eseguire:
2. a) un rilievo diretto in campagna di tipo geomorfologico di grande dettaglio (alla scala 1:1000 o 1:500). Tale rilievo dovrà riportare, oltre alle forme di modellamento che maggiormente possono progredire verso forme di dissesto, anche tutti i fenomeni in atto o pregressi di instabilità, le aree di instabilità potenziale, le fenditure presenti sul terreno, i rigonfiamenti ecc. I rilievi geomorfologici dovranno essere estesi anche all'area dell'impronta diga e delle zone immediatamente a valle;
2. b) specifiche indagini di tipo geognostico e geotecnico nelle aree in cui lo Studio di Impatto Ambientale, nell'elaborato AMB3C (Carta Idrogeomorfologica) riporta la presenza di dissesti per frana;
2. c) un progetto di sistemazione dei versanti e di messa in sicurezza delle aree in dissesto o in frana;
2. d) il progetto di escavazione del materiale argilloso all'interno dell'area di invaso e le sistemazioni conseguenti atte a garantire la stabilità dei versanti posti superiormente;
3. dallo studio di impatto ambientale emerge che le portate da rilasciare per la garanzia del deflusso minimo vitale (individuato nella misura non inferiore di 5 Mm cubi/anno) dovrebbero essere addotte a valle defluendo attraverso lo scarico di fondo ed il canale di scarico, posizionato in destra idraulica del corso d'acqua. Considerato che i rilasci minimi coincidono con le condizioni climatiche più critiche e che, defluendo lungo il canale di scarico, sarebbero suscettibili di una ulteriore riduzione per evaporazione, si ritiene necessario individuare una soluzione tecnicamente diversa per il prelievo e rilascio delle portate, da destinare alla salvaguardia degli ecosistemi e dell'habitat naturale. Pertanto, sentito il parere del Servizio Nazionale Dighe, con opportuno adattamento del complesso dei manufatti degli scarichi, oppure con ulteriori specifici manufatti, si dovrà garantire la connessione ittica (per le anguille ed altre specie particolari) tra l'invaso e l'alveo dell'omera a valle dello stesso;
4. dovrà essere progettato ed attuato un piano di monitoraggio di tutti gli interventi a verde, di ingegneria naturalistica e di rinaturazione, finalizzato alla taratura degli interventi gestionali su tali opere rinaturalistiche;
5. si dovranno realizzare rilevati di raccordo morfologico, tra il piede del corpo diga ed il fondo alveo del Fiume Imera Meridionale, nonché tra la sezione terminale del canale di restituzione ed il fiume stesso, evitando bruschi cambi di pendenza e geometrie spigolose;
6. andranno attuati i provvedimenti di mitigazione previsti dal progetto di massima degli interventi di ripristino e rivegetazione della diga ed opere annesse;
nel 2002 la Regione Siciliana e l'Ente Acquedotti Siciliani hanno deciso di proseguire il contratto con le vecchie imprese aggiudicatici e, invece di procedere ad un nuovo appalto, hanno scelto la strada di comporre il contenzioso (scaturito dalle continue perizie di variante e dall'allungamento dei tempi di costruzione dell'opera) intrapreso con le stesse imprese, con il versamento di oltre cinque milioni di euro a loro favore;
l'annunciata ripresa dei lavori della diga di Blufi, con una cerimonia avvenuta alla presenza del Presidente della Regione Cuffaro, nel maggio del 2002, in realtà non ha trovato conferma nei fatti avvenuti successivamente. In seguito, lo stesso Presidente della Regione Cuffaro, nella qualità di Commissario per l'emergenza idrica, ha annunciato la decisione di rescindere il contratto d'appalto con il cartello d'imprese a causa della loro «inaffidabilità»;
parecchi e giustificati dubbi, peraltro erano stati manifestati sulle procedure seguite per dirimere il contenzioso con le imprese anche in riferimento al mancato adeguamento del vecchio progetto della diga alle prescrizioni contenute nella Pronuncia di Compatibilità Ambientale. Non risulta altresì che nessun organo tecnico abbia mai preventivamente approvato alcun nuovo progetto. Alcune delle opere ricomprese nel nuovo appalto, non erano infatti previste né dall'originario progetto, né dal contratto con le ditte appaltatrici. Anche su questi aspetti della vicenda del Blufi è stata avviata un'inchiesta da parte della magistratura;
nel frattempo il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, nella seduta del 28 marzo 2002, aveva concesso una proroga del finanziamento di 68.689.000 euro previsto nel piano di interventi di cui alla delibera CIPE n. 52 del 1999, consentendo il differimento del termine per l'affidamento dei lavori al 31 dicembre 2003. Va segnalato che l'On. Berlusconi, Presidente del Consiglio dei ministri, con ordinanza n. 3299 del 3 luglio 2003 aveva emanato disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare «l'emergenza» nel settore dell'approvvigionamento idrico nel territorio della Regione siciliana, disponendo, tra l'altro, che l'On. Cuffaro, Commissario per l'emergenza idrica della Regione Siciliana, provvedesse a realizzare in termini di somma urgenza, la costruzione del «Serbatoio artificiale Blufi», sul fiume Imera Meridionale, con i poteri di cui all'articolo 1 dell'ordinanza n. 3252 del 2002, avvalendosi anche delle prerogative previste dall'articolo 1 dell'ordinanza n. 2428 del 1996, al fine di consentire l'apertura delle cave occorrenti alla costruzione del corpo diga e strumentali al completamento dell'invaso Blufi;
trascorsi inutilmente tre anni, il CIPE, con delibera del 22 marzo 2006, prendendo atto del mancato impegno delle risorse finanziate con il Fondo delle Aree Sottoutilizzate (FAS), a causa del mancato avvio dei lavori per il completamento della diga Blufi, si è trovato costretto a definanziare l'opera;
il Viceministro On. Capodicasa, in un recente incontro tenutosi presso il Comune di Caltanissetta, ha dichiarato che «per completare la diga di Blufi secondo una stima del Registro Italiano Dighe adesso occorrono non meno di 150.000.000 di euro», così come si evince da una perizia predisposta dal direttore dei lavori. L'aumento esponenziale del costo dell'opera viene attribuito in particolare all'eventuale costo derivante dal contenzioso con l'impresa aggiudicatrice, ammontante ad oggi a circa euro 90.000.000 nonché al costo relativo all'approvvigionamento dei nuovi materiali che risultano dislocati sul territorio a considerevoli distanze dal sito diga. Il R.I.D. ha inoltre evidenziato opportunamente che vanno considerate con attenzione le ricadute sul costo dell'opera per effetto delle prescrizioni contenute nella Pronuncia di Compatibilità Ambientale, e
dalla esecuzione delle necessarie ed aggiornate verifiche sismiche del corpo diga alla luce della normativa di più recente emanazione,
impegna il Governo:
ad effettuare, d'intesa con la Regione Siciliana, una approfondita e rigorosa verifica sulla reale fattibilità della diga di Blufi, con particolare riferimento:
a) alla attualità delle previsioni progettuali su cui si fonda l'opera messa a punto nei lontani anni sessanta del Novecento;
b) alla definizione del bilancio idrico del bacino su cui insiste la diga Blufi, anche al fine di accertare quale sia il volume d'acqua realmente invasabile e quale quella effettivamente utilizzabile per la distribuzione anche in considerazione dei vincoli imposti sul deflusso minimo vitale da assicurare;
c) alla puntuale ricognizione dell'assetto geomorfologico del bacino, che tenga conto dei dissesti e degli smottamento già intervenuti e della tenuta dei versanti;
d) alla prospettiva di chiusura del contenzioso in essere con le ditte appaltatrici, in riferimento ai tempi e ai costi previsti;
e) alla specifica individuazione delle cave necessarie per la fornitura dei materiali occorrenti per la realizzazione dello sbarramento;
f) alla realizzazione degli interventi ed al reperimento delle risorse necessarie per dare pieno adempimento alle prescrizioni formulate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel decreto del 31 gennaio 2001, adottato di concerto col Ministro per i beni e le attività culturali, relativo alla pronuncia di compatibilità ambientale riguardante la diga Blufi;
g) alla possibilità di adottare soluzioni alternative, di minore impatto ambientale, meno costose e di più celere realizzazione, in grado di soddisfare le esigenze di approvvigionamento idrico delle comunità interessate;
h) alla necessità di predisporre gli interventi utili ad evitare che le opere e le manomissioni territoriali già effettuate, generino ulteriori fenomeni di degrado e dissesto idrogeologico dei luoghi;
i) alla necessità di procedere al recupero e al restauro dei siti ricadenti all'interno della zona A del Parco Regionale delle Madonie, sconvolti da opere realizzate in assenza delle prescritte autorizzazioni e poi abbandonate (traverse sui torrenti «Canne» e «Pomieri», galleria di adduzione «Fosso Canne»);
l) a presentare entro novanta giorni dall'approvazione della risoluzione, una dettagliata relazione al Parlamento.
(7-00152) «Lomaglio, Mariani, Piro».