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Allegato B
Seduta n. 14 del 27/6/2006
TESTO AGGIORNATO AL 2 AGOSTO 2006
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
secondo quanto disposto con l'ordinanza di protezione civile n. 2983 del 1999, il presidente della regione Sicilia è stato nominato commissario delegato per l'emergenza rifiuti;
a seguito di ulteriori ordinanze e successive proroghe lo stato di emergenza nella regione Sicilia è stato prorogato fino al 31 maggio 2006;
per gli effetti delle citate ordinanze con il decreto n. 150, del 25 luglio 2000, il presidente della regione Sicilia, commissario delegato per l'emergenza rifiuti, ha approvato il documento delle priorità degli interventi per l'emergenza rifiuti (PIER), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale regione Sicilia (Gurs) del 4 agosto 2000;
il decreto n. 150, in linea con quanto stabilito dal decreto legislativo n. 22 del 1997, indicava la creazione di un sistema di gestione dei rifiuti centrato sulla raccolta differenziata «spinta» (almeno il 50 per cento);
secondo quanto previsto nel documento delle priorità degli interventi per l'emergenza rifiuti (PIER) si contemplava la possibilità che ad essere avviato alla termovalorizzazione fosse solo il combustibile derivato da rifiuti (CDR), un tipo di combustibile, cioè, ricavato dai rifiuti il cui trattamento è finalizzato all'eliminazione delle parti pericolose dei rifiuti solidi urbani (RSU) ed all'aumento del potere calorico;
al fine specifico di non aumentarne l'emissione in atmosfera, l'utilizzazione del combustibile derivato da rifiuti (CDR), secondo quanto previsto nel documento delle priorità degli interventi per l'emergenza rifiuti (PIER), veniva appositamente preventivata in impianti energetici già esistenti o, in caso di indisponibilità di questi ultimi, in un unico apposito impianto, da realizzare in un'area lontana da qualsiasi centro abitato, nel quale trasportare su rotaia il CDR prodotto dai nove impianti, tanti quanti erano gli ATO previsti, localizzati, anche essi, coerentemente in aree industriali forniti di «rotaia», al fine di eliminare l'impatto della mobilità di grandi mezzi di trasporto;
con l'ordinanza di protezione civile n. 3190 del 2002, emanata in seguito ad intese con il presidente della regione Sicilia, sono stati completamente disattesi sia l'impianto che le previsioni del decreto legislativo n. 22 del 1997, sia le direttive europee che tale decreto recepisce, nonché infine le previsioni sulla raccolta differenziata contenute nel documento-PIER, ipotizzando invece che ad essere avviato alla termovalorizzazione non sia il CDR, privo di sostanze pericolose e prodotto secondo le caratteristiche specificate dal decreto ministeriale del 5 febbraio 1998;
a seguito di tutto ciò, il presidente della regione Sicilia, commissario delegato per l'emergenza rifiuti, derogando alle indicazioni del bando di gara europeo, ha emesso l'ordinanza n. 333 del 2 maggio 2003 con la quale si individuavano le procedure di selezione, di cui all'avviso pubblico per la stipula della convenzione per l'utilizzo della frazione residua della raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani;
l'avviso pubblico di cui sopra, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della regione Sicilia n. 32 del 9 agosto 2002, (Gurs) nonché sulla GUCE n. S 158 del 16 agosto 2002, ha demandato la localizzazione degli impianti di termovalorizzazione e il numero degli stessi all'offerta degli operatori industriali aggiudicatari della gara;
a seguito dello svolgimento della selezione di cui all'avviso pubblico sopra
citato, il presidente della regione Sicilia, commissario delegato per l'emergenza rifiuti, sempre con la succitata ordinanza n. 333 del 2 maggio 2003 (articolo 1) prende atto del numero degli impianti di termovalorizzazione (quattro), e della loro localizzazione nei comuni, di Casteltermini (Agrigento), Palermo (Bellolampo), Augusta (Siracusa) e Paternò (Catania);
alcuni dei siti prescelti dai soggetti industriali per la localizzazione degli impianti di termovalorizzazione si trovano in aree adiacenti a centri abitati ed in aree non idonee, scelta questa che si prefigura in evidente contrasto con i più elementari principi di precauzione e prudenza, necessari in questi casi, qualcuno di questi siti si trova addirittura in aree di interesse archeologico ambientale o a evidente vocazione turistica;
secondo quanto stabilito, gli aggiudicatari della gara potranno gestire il servizio di incenerimento dei rifiuti per ben 20 anni, cinque in più rispetto al tempo di vita stimato per un termovalorizzatore e cinque o addirittura dieci in più rispetto alle concessioni rilasciate in questi anni in Italia;
è previsto che i succitati termovalorizzatori saranno alimentati non dal CDR, prodotto con i requisiti di compatibilità previsti, ma invece da rifiuti indifferenziati con la conseguenza inevitabile di un aumento considerevole del rischio ambientale ed allo stesso tempo di un inevitabile aumento dei rischi per la tutela della salute dei cittadini;
secondo gli interpellanti la scelta di avviare a termovalorizzazione la frazione secca dei rifiuti, al netto della raccolta differenziata, anziché il CDR, come prevedeva invece il documento-PIER, all'epoca unico strumento di programmazione, non si può non configurare come una aperta violazione normativa;
le conseguenze di tale scelta hanno determinato non solo un alto numero di termovalorizzatori (quattro) da realizzare in Sicilia, ma anche un accrescimento smisurato (rispetto alle previsioni del PIER) della quantità di rifiuti da destinare all'incenerimento, pari a 2.400.000 tonnellate, e cioè il 100 per cento dei rifiuti prodotti in Sicilia;
il costo della termovalorizzazione degli RSU è stato definito mediamente in 80 alla tonnellata, e cioè 160 delle vecchie lire al kilogrammo, una cifra che rappresenta circa il doppio delle tariffe stabilite in altre regioni italiane sottoposte a regime di commissariamento, come la Calabria e la Campania, e di molto superiore, anche in questo caso di circa il doppio, a quella stabilita per il recente impianto costruito nella città di Brescia;
il sistema di trasporto dei rifiuti, dalle stazioni di trasferenza agli impianti di termovalorizzazione, implicherà inevitabilmente l'utilizzo di grandi mezzi di trasporto gommato e di autoarticolati, il che rappresenterà per un numero considerevole di comuni, una grave penalizzazione, diversi tra questi subiranno i notevoli disagi dell'accresciuto traffico interno causato dall'attraversamento costante di mezzi pesanti;
considerato che:
per i comuni interessati si prefigura come conseguenza immediata un aumento dei costi per il servizio di smaltimento dei rifiuti, il che a sua volta provocherà un notevole accrescimento delle tariffe che molti cittadini siciliani saranno costretti a pagare per il corretto espletamento di tale servizio;
questa eventualità ha sollevato, comprensibilmente, accorate proteste da parte delle popolazioni coinvolte, di diversi rappresentanti politici ed istituzionali, nonché di molte associazioni ambientaliste e sindacali;
alla luce del sistema previsto delineato dai provvedimenti disposti del presidente della regione Sicilia, commissario delegato per l'emergenza rifiuti, secondo gli interpellanti appare fondato l'allarme diffusosi tra le popolazioni per le conseguenze negative, sia a breve che a lungo
termine, per la salute umana, per il rischio evidente di un netto peggioramento della qualità della vita, nonché per il peggioramento delle condizioni della mobilità urbana ed extraurbana che a sua volta potrebbe ripercuotersi negativamente sulla catena alimentare delle aree direttamente interessate;
rispetto a tale scenario ed alle molte preoccupazioni evidenziatesi non sembrano apparire affatto rassicuranti le dichiarazioni rilasciate dal presidente della regione Sicilia, commissario delegato per l'emergenza rifiuti, circa la non esistenza di alcun fattore di rischio, dichiarazioni che paiono agli interpellanti tra l'altro scarsamente suffragate da adeguati supporti tecnico-scientifici;
vista l'importanza e la delicatezza della posta in gioco, che tocca da vicino aspetti fondamentali tra i quali, tra gli altri, quello della tutela ambientale e quello della salute dei cittadini, pare inevitabile, quanto opportuno, rivedere con il dovuto giudizio le previsioni del piano e quelle delle relative ordinanze in virtù delle quali si dispongono la termovalorizzazione alle condizioni attuali di quasi il 100 per cento dei rifiuti indifferenziati;
è necessario ricordare che termovalorizzare 2,5 milioni di tonnellate equivale a destinare, quasi 1 miliardo di euro per la realizzazione del sistema dei 4 termovalorizzatori;
anche in termini occupazionali tale investimento non pare avere alcuna giustificazione vista la previsione di un impiego ridotto a meno di 1000 unità, a fronte invece di un sistema, quello delineato a suo tempo nel documento-PIER, che con un costo inferiore del 50 per cento sarebbe stato in grado di produrre un'occupazione di 7.000 unità ed avrebbe favorito inoltre la nascita di decine di aziende nella filiera della gestione-riciclo;
considerato inoltre che:
con ordinanza commissariale del 18 dicembre 2002, n. 1166, il presidente della regione Sicilia, commissario delegato per l'emergenza rifiuti, ha disposto l'adozione del piano regionale di gestione dei rifiuti;
a norma dell'articolo 19 (comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 22 del 1997, la competenza per l'approvazione del piano regionale per la gestione dei rifiuti spetta alla regione e, per essa, al suo organo legislativo (Assemblea regionale siciliana);
in caso di inadempienza l'articolo 8 del citato decreto legislativo n. 22 del 1997 prevede l'intervento, in via sostitutiva, attraverso commissariamento, per la «elaborazione» del piano regionale ma non per la sua «approvazione» che rimane invece di competenza dell'organo legislativo della regione Sicilia;
al contrario, di quanto previsto e sulla base di un'illegittima previsione dell'ordinanza ministeriale, il presidente della regione Sicilia, commissario delegato per l'emergenza rifiuti, ha disposto non solo l'elaborazione del piano, ma ha anche provveduto alla sua «adozione»;
questa procedura, a giudizio degli interpellanti, si configura illegittima ed in violazione dell'articolo 22, comma 10 del decreto legislativo n. 22 del 1997 che disciplina gli interventi che possono essere delegati all'eventuale commissario per l'emergenza rifiuti, tra i quali non è compresa l'adozione del piano;
al di là di qualsiasi altra valutazione, in ogni caso, secondo gli interpellanti, il piano stabilito e adottato dal presidente della regione Sicilia, commissario delegato per l'emergenza rifiuti, non rispetta le indicazioni contenute nel decreto Ronchi, ad esempio per quanto riguarda la materia delle bonifiche delle discariche;
su iniziativa dei comuni interessati e di Legambiente il TAR Sicilia, sezione di Catania, con le ordinanze cautelari 1549/05, 1578/05 e 1583/05 aveva sospeso l'efficacia di un'ordinanza del presidente della regione Sicilia, commissario delegato;
il presidente della regione Sicilia, commissario delegato per l'emergenza rifiuti,
ha emanato in data 22 maggio 2006, a soli sei giorni dal voto per le regionali in Sicilia, una nuova ordinanza, la n. 483, con la quale si produceva l'effetto di annullare la precedente e, quindi, attraverso il pronunciamento del TAR Lazio, di far decadere le correlate ordinanze cautelari del TAR Sicilia (sez. di Catania), con l'effetto di dar via libera alla ditta aggiudicataria, la «SicilPower», per l'inizio dei lavori;
i succitati ricorrenti si propongono di impugnare il provvedimento del TAR Lazio davanti il Consiglio di Stato;
l'ordinanza 483 del 22 maggio 2006 va in contrasto con la mozione approvata all'Assemblea regionale siciliana, la n. 274/04, di revoca del Piano di gestione dei rifiuti in Sicilia e con le ordinanze cautelari del TAR Sicilia;
se non ritenga necessario procedere all'annullamento dell'ordinanza ministeriale attributiva dei poteri del commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella regione Sicilia e conseguentemente all'annullamento dell'ordinanza n. 483 del 22 maggio 2006 del presidente della regione-commissario delegato -:
come valuti il complessivo operato del commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella regione Sicilia sotto il profilo del rispetto delle competenze attribuite al suo ufficio e dell'efficacia del suo mandato.
(2-00026) «Raiti, Donadi, Leoluca Orlando».
Interpellanze:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
come è noto a tutti, il rientro degli eredi maschi Savoia in Italia, si è potuto realizzare grazie alla volontà, quasi unanime, espressa dal Parlamento che approvò l'11 luglio 2002, il disegno di legge che abrogava solamente il primo e secondo comma della XIII disposizione transitoria che ne impediva il ritorno nel nostro Paese;
in seguito ad una interpellanza presentata dal sottoscritto e da numerosi altri deputati (2-00589), l'allora ministro dei rapporti con il parlamento, on. Giovanardi, sosteneva, in merito all'aspetto specifico del ricorso presentato davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo dai Savoia, che vi era stato un impegno formale da parte degli stessi, formulato attraverso una lettera inviata all'allora Presidente del Consiglio dei ministri, di ritirare il medesimo al momento dell'approvazione della legge costituzionale abrogativa dei primi due commi della XIII disposizione transitoria;
a tale proposito, stante il mancato presupposto del ritiro del ricorso, al momento della discussione dell'interpellanza, veniva smentita ogni possibilità di incontro con gli stessi;
in seguito, i legali dei Savoia, in un documento inviato alla Corte europea dei diritti dell'uomo, ebbero modo di chiarire che, pur costituendo un importante passo in favore del ricorrente il voto del Parlamento italiano che aveva consentito il ritorno in Italia degli stessi, non erano decaduti i motivi del ricorso e che, di conseguenza, non era condivisibile l'opinione espressa dal Governo italiano che faceva riferimento ad una corrispondenza strettamente privata totalmente priva di effetto giudiziale;
dalle indiscrezioni uscite sulla stampa, nel merito di questa vicenda, risulterebbe invece che le trattative sarebbero continuate con un impegno concreto ad arrivare ad una transizione, dopo il pronunciamento di una commissione di probi-viri;
tale situazione, pur non essendoci nessun elemento ufficiale a conferma delle indiscrezioni giornalistiche, pone enormi interrogativi su come si intende portare a termine tale contenzioso patrimoniale -:
se sia a conoscenza di un qualsivoglia tentativo di transizione con i Savoia, in
merito al contenzioso patrimoniale, e come intenda il Governo affrontare tale situazione tenuto conto che il disegno di legge di abrogazione dei primi due commi della XIII disposizione transitoria fu approvato per spirito di riconciliazione e non per disconoscere quanto avevano deliberato i padri fondatori della nostra Costituzione che non potevano dimenticare le pesanti e personali responsabilità dell'allora casa regnante, per l'avvento e la presenza del fascismo e delle leggi razziali nel nostro Paese.
(2-00025)«Buemi».
La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
nel proprio programma elettorale, l'Unione, per i trasporti «si impegna a individuare sulla base delle risorse finanziarie disponibili, gli interventi infrastrutturali da realizzare prioritariamente, in coerenza con il "piano generale dei trasporti", con il coinvolgimento attivo degli enti territoriali»;
inoltre, detta individuazione «deve (...) avvenire alla luce delle risultanze della valutazione ambientale strategica (VAS), dell'esame del rapporto costo-beneficio di ogni intervento e della sua coerenza con gli obiettivi generali e di sistema da perseguire, a partire dal riequilibrio modale»;
si propone «di modificare profondamente la "legge obiettivo", per rafforzare il ruolo degli enti territoriali, per rendere generalizzato e inderogabile il ricorso alla valutazione di impatto ambientale...»;
mentre sono previste varie misure atte a tendere al miglioramento della rete ferroviaria esistente prevedendone la ristrutturazione per le linee attuali, anche per le connessioni già presenti con le grandi reti europee, non si prevede tra gli interventi definiti né la TAV, né la TAC (nuova versione unicamente per le merci per la tratta Lione-Torino);
nonostante quanto stabilito nel Programma, alcuni amministratori locali piemontesi, piuttosto che usare la necessaria cautela hanno rilasciato dichiarazioni non motivate e di natura ideologica, a scapito di un confronto serio ed utile finalizzato, soprattutto, alla soluzione dei gravi problemi che affliggono le infrastrutture ferroviarie piemontesi che sono assolutamente deficitarie, ad esempio: la tratta Torino-Milano ad alta velocità, purtroppo, perennemente in ritardo, come pure la Torino-Savona il cui livello di degrado e sovraffollamento è paragonabile, specie d'estate, a un «carro bestiame» -:
se non ritenga utile, secondo quanto definito e convenuto nel Programma dell'Unione, attivare un «tavolo politico» con tutti gli enti territoriali interessati, anche al fine di evitare che membri della compagine governativa e amministratori locali rilascino dichiarazioni non coerenti con il Programma prestabilito.
(2-00028) «Provera».
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
qualche settimana addietro sono stati emessi dalla procura del tribunale di Perugia diversi ordini di carcerazione preventiva e che hanno interessato un noto costruttore perugino, un imprenditore, un commercialista ed un architetto;
tale indagine è partita da dichiarazioni di alcuni degli interessati al mandato di cattura e dal successivo sequestro di registrazioni trovata negli uffici del costruttore e che confermerebbero le tesi accusatorie;
la vicenda riguarderebbe una serie di fatturazioni false per notevoli cifre con il conseguente addebito nei confronti degli indagati anche di riciclaggio;
come è più volte apparso dalle cronache di giornali locali alcuni degli indagati avrebbero affermato che la costituzione
di tali fondi neri sarebbe stata utilizzata per il pagamento di tangenti ad alcuni politici;
l'imprenditore in stato di detenzione avrebbe confessato nei giorni scorsi di essere ricorso a fatture false che avrebbero permesso la costituzione di provviste in nero;
la guardia di finanza avrebbe nei giorni scorsi sequestrato nella sede legale della Coop Centro Italia un documento attestante un accordo privato tra la stessa cooperativa e il costruttore attualmente indagato;
la Coop Centro Italia ha da alcuni anni appaltato ed affidato la costruzione oltre che la valutazione delle aree di grandi centri commerciali a società riferite al costruttore attualmente indagato;
autorevolissimi esponenti della Coop Centro Italia rivestono contestualmente incarichi di primaria importanza in alcuni istituti bancari -:
se la Coop centro Italia abbia riferito ai propri soci la vicenda con particolare riferimento ad una asserita ormai antica collaborazione con società che, stando a dichiarazioni apparse sulla stampa, sarebbero ricorse a fatturazioni false e alla costituzione di fondi e se tale vicenda abbia determinato danni patrimoniali alla stessa Coop Centro Italia;
quali iniziative intenda assumere per salvaguardare gli interessi dei soci della Coop Centro Italia.
(2-00032) «Ronconi».
Interrogazione a risposta orale:
LA RUSSA, ELIO VITO, MARONI, VOLONTÈ e GASPARRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio di Amministrazione di Cinecittà Holding Spa è stato nominato il 21 dicembre 2005 e ha scadenza naturale dopo 3 anni;
il procedimento di nomina dei componenti il Consiglio di Amministrazione di Cinecittà Holding è procedimento complesso che prevede espressamente, ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto-legge 23 aprile 1993, n. 118, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 1993, n. 202, e successive modificazioni, il concerto tra il Ministro per i beni e le attività culturali ed il Ministro dell'economia;
una eventuale revoca, pertanto, non potrebbe essere comunque assunta se non attraverso un procedimento inverso egualmente basato sul predetto concerto tra il Ministro per i beni e le attività culturali ed il Ministro dell'economia;
in data 20 giugno 2006 il Direttore Generale per il Cinema del Ministero per i beni e le attività culturali, Gaetano Blandini, ha inviato una lettera al Presidente di Cinecittà Holding spa invitandolo, come da direttiva del Capo di Gabinetto d'ordine del Ministro a voler integrare l'ordine del giorno dell'assemblea ordinaria convocata per il 28 giugno 2006 con una serie di punti tra i quali al secondo si trova «revoca della maggioranza dei Consiglieri di Amministrazione in carica», al terzo punto «nomina del nuovo consiglio di Amministrazione» e al quarto punto «nomina del Presidente»;
l'articolo 6, comma 1, della legge n. 145 del 2002 sulla nomina degli amministratori di società pubbliche non è applicabile poiché tale disposizione, infatti, è relativa a fattispecie delle quali non si rilevano gli estremi nel caso della nomina degli organi sociali di Cinecittà Holding SpA;
il primo periodo del menzionato comma 1 dell'articolo 6 della legge n. 145 del 2002 disciplina due diverse ipotesi, al verificarsi delle quali è possibile l'attivazione del meccanismo di revoca delle nomine conferite dal Governo;
la prima inerisce alle nomine effettuate nei sei mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura; la seconda riguarda le nomine conferite nel mese antecedente l'interruzione anticipata della stessa;
la prima ipotesi è chiaramente ed incontrovertibilmente da escludere, perché la XIV legislatura non si è conclusa decorso il termine costituzionalmente previsto (5 anni con decorrenza dall'insediamento, ex articolo 60, primo comma, Costituzione), essendosi verificato l'evento dissolutorio di cui all'articolo 88, primo comma, Costituzione e, cioè, lo scioglimento anticipato delle Camere;
infatti, con decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2006, n. 32, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in pari data, il Presidente della Repubblica, ai sensi del menzionato articolo 88 Costituzione, ha disposto lo scioglimento anticipato delle Camere, sentiti i Presidenti delle stesse;
ricorrendo, pertanto, la fattispecie dello scioglimento anticipato, l'ambito applicativo del succitato articolo 6, comma 1, della legge n. 145 del 2002 risulta circoscritto alle nomine effettuate nel mese antecedente la pubblicazione del decreto di scioglimento e, quindi, a decorrere dall'11 gennaio 2006;
ai sensi dell'articolo 2383, comma 3o codice civile «gli amministratori (...) sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa»;
si ha giusta causa di revoca solo nel caso di inadempimento da parte degli amministratori ai loro doveri funzionali (e quindi solo nel caso di comportamenti contrari a legge o all'atto costitutivo);
nel caso specifico non sussistono ipotesi di giusta causa di revoca. Pertanto, per l'espressa previsione dell'articolo 2383, comma 3o del codice civile gli amministratori eventualmente revocati avrebbero diritto al risarcimento del danno, dovendosi quantificare quest'ultimo quanto meno nei compensi previsti all'atto della loro nomina rapportati all'intera durata della carica stessa;
il verificarsi di tale eventualità raddoppierebbe i costi sostenuti in compensi agli amministratori, violando le intenzioni del Governo attuale di ridurre i costi della politica come affermato nelle dichiarazioni programmatiche sulla votazione di fiducia del 23 maggio 2006;
pertanto non potendosi applicare lo spoils system l'eventuale revoca senza giusta causa, qualora determinasse una richiesta di risarcimento danni da parte degli interessati, secondo gli interroganti, potrebbe integrare gli estremi della responsabilità erariale per dolo o colpa grave;
ciò detto, poiché ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 2, del decreto-legge n. 118 del 1993, convertito dalla legge n. 202 del 1993, i diritti dell'azionista, nei confronti di Cinecittà Holding, sono esercitati direttamente dal Ministro per i beni e le attività Culturali, ad avviso degli interroganti, si potrebbe giungere all'ipotesi secondo la quale la Corte dei conti potrebbe configurare una ipotesi di danno erariale con conseguente giudizio di responsabilità nei confronti del Ministro Rutelli;
l'attuale Ministro Rutelli è stato già condannato per danno erariale dalla Corte dei Conti per i consulenti del Comune di Roma ai tempi in cui era Sindaco;
il Consiglio di Amministrazione di Cinecittà Holding nei primi sei mesi di gestione ha ottenuto risultati mai conseguiti precedentemente e di carattere strutturale capaci di ridurre costi e sprechi nonché di limitare i fabbisogni senza pregiudicare le capacità operative e gli obiettivi di carattere istituzionale in capo al Gruppo; essi vengono di seguito elencati:
immediata attivazione delle procedure per la vendita di Mediaport SpA, società facente parte del Gruppo e che si occupa di gestire sale cinematografiche,
indebitata per 31 milioni di euro e con una perdita annuale pari a circa 6 milioni di euro. Allo scopo è stata effettuata una gara ad evidenza pubblica e gli Advisor che hanno risposto sono di primario livello internazionale. Infatti i nomi sono quelli di Rotschild - Price Waterhouse - Deloitte & Touche SpA;
fusione per incorporazione di Cinecittà Diritti realizzata in sessanta giorni che ha portato un risparmio gestionale nel Gruppo e allo stesso tempo una più agile impostazione in termini organizzativi per il recupero dei diritti oggetto della convenzione con il Ministero dei Beni e le Attività Culturali;
acquisizione del 100 per cento delle azioni di Filmitalia Spa. È stato ottenuto un risparmio di circa 140.000,00 euro per la razionalizzazione dei costi generali di Filmitalia (ulteriori risparmi per circa 350.000,00 euro si otterrebbero con la fusione già ipotizzata). Altro risparmio pari a 250.000,00 euro è stato ottenuto con l'acquisizione della quota dell'altro azionista Fiera Milano;
soppressione di tre funzioni dirigenziali che hanno portato da sole ad un taglio di costi per quasi 900.000,00 euro l'anno e che allo stesso tempo hanno consentito di ridisegnare una macrostruttura organizzativa certamente più efficace e più adatta a conseguire gli obiettivi aziendali;
concentrazioni dei rapporti bancari che in quattro mesi hanno portato il Gruppo ad utilizzare un solo Istituto di Credito in luogo dei dieci che erano utilizzati ottenendo, tra l'altro, condizioni uguali e in alcuni casi addirittura migliori;
ottenimento dell'autorizzazione da parte del Ministero delle Comunicazioni per costituirsi come Fornitore di Contenuti allo scopo di valorizzare l'immenso patrimonio dei contenuti che a vario titolo rientrano nelle disponibilità del Gruppo, operazione questa di alto valore strategico realizzata praticamente a costo zero. In altri termini oggi Cinecittà potrebbe già essere in grado di vendere ad un qualunque Operatore di Rete su piattaforma anche diversa, i propri contenuti che da anni giacciono in un «cassetto» pressoché privi di qualunque rendita economica;
ipotesi di valorizzazione della cubatura residua oggetto della convenzione con il Comune di Roma valutata e in fase di approfondimento che potrebbe portare a vario titolo nelle casse del Gruppo svariati milioni di euro;
tagli effettuati soprattutto su voci di costo superflue a vario titolo che hanno portato in soli sei mesi risparmi gestionali per circa 2 milioni di euro;
è appena il caso di precisare che tutto questo è stato raggiunto nonostante un taglio dei contributi pubblici pari a 9 milioni di euro (infatti i contributi 2006 sono pari a 17 milioni di euro mentre quelli del 2005 ammontavano a 26 milioni di euro) e senza licenziare un solo impiegato -:
se la revoca di amministratori regolarmente in carica che dovrebbero essere comunque pagati per anni in caso di loro ingiusta sostituzione e il pagamento in contemporanea di altre persone chiamate a svolgere la stessa funzione sia compatibile con la presunta battaglia contro i costi della politica a cui più volte ha fatto riferimento l'onorevole Romano Prodi;
se sia corretto rispetto ai cittadini ai quali continuamente si chiedono sacrifici pagare più persone che svolgono le stesse funzioni soltanto per soddisfare il desiderio di collocare persone politicamente gradite all'attuale Governo in posti di responsabilità;
se l'eventuale sostituzione di amministratori non sia in contrasto con le norme precedentemente citate ed esponga quindi il Governo o altri livelli della pubblica amministrazione ad azioni legali che comporterebbero ulteriori costi a carico dello Stato;
se tutto ciò premesso non sia il caso di sospendere qualsiasi procedura di revoca
o di sostituzione dei consiglieri d'amministrazione di Cinecittà Holding spa e di lasciare operare coloro che legittimamente ricoprono la loro funzione;
se procedure del genere sono nei programmi del Governo anche per altri enti di varia natura e per le società partecipate o controllate dello Stato, secondo gli interroganti, con una moltiplicazione di costi esponenziale alle spese e sulle spalle dei cittadini italiani.
(3-00064)
Interrogazione a risposta in Commissione:
FLORESTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Premesso che - per conoscere:
l'Aeroporto di Catania - Fontanarossa, sta vivendo un momento particolarmente delicato e decisivo per la sua esistenza e sviluppo per i sotto elencati tre motivi:
a) sono in fase di ultimazione i lavori di ampliamento, ammodernamento e ristrutturazione della aerostazione;
b) è ancora controversa la fusione della società di gestione SAC in ASAC o viceversa;
c) a norma di legge l'attuale concessione provvisoria in capo alla SAC dovrà essere trasformata in definitiva e conseguentemente occorrerà procedere al delicato momento della privatizzazione dell'aeroporto stesso.
per quanto concerne il punto a) è strumentale e dannoso criticare la lentezza dell'ultimazione dei lavori, in quanto le modifiche apportate al progetto iniziale sono state profonde, funzionali ad un utilizzo più moderno e meno costoso della nuova aerostazione dal punto di vista gestionale e quindi necessarie, per cui non saranno certamente pochi mesi di ritardo ad inficiare lo scopo e la vita della nuova aerostazione programmata per un periodo ventennale;
molte perplessità nascono invece in merito al punto b) che inevitabilmente avrà ripercussioni sul punto c);
infatti è inspiegabile come un semplice progetto di fusione, problema ormai annoso, che, in un contesto di società privata si attuerebbe con immediatezza, trovi ostacoli insormontabili, anche quando già più volte si riteneva il problema risolto, ed ancora oggi l'interrogante non è certo che si sia giunti ad una saggia e certa definizione;
a tutto ciò si aggiungono tutte le problematiche inerenti all'aeroporto stesso e cioè:
1) necessità di fusione fra le due società, unica situazione esiste di anomalia in tutta Italia;
2) mancata realizzazione, ad oggi, dell'accesso della provincia regionale di Catania e del comune di Catania stesso alla partecipazione della società aeroportuale, tenendo presente che dovrebbero essere i due enti più interessati, e viceversa ancora il problema non si è risolto, e non si capisce il motivo;
3) ipotesi di costruzione di un fantomatico ulteriore aeroporto internazionale «Piana di Catania», che certamente abbatterebbe ogni interesse nella di sviluppo dell'attuale aeroporto di Catania. A tal proposito, sia bene chiaro, non c'è nessuna possibilità reale che possa nascere un aeroporto internazionale, sarebbe una «cattedrale nel deserto», Malpensa insegna, perché è evidente che la nascita di un nuovo aeroporto hub viene dettata dal mercato e non certamente da enunciazioni politiche, che hanno solo scopo propagandistico; l'aeroporto di Catania esiste e sta per essere convenientemente ricostruito e si colloca tra i primi cinque aeroporti nazionali, è appetibile (e di questo si dovrà tenere e ben conto nel successivo processo di privatizzazione), può svilupparsi nel futuro con pochi accorgimenti e spese modeste (vedasi la precedente interrogazione parlamentare del medesimo interrogante
inerente all'argomento) sino ad un numero di passeggeri/anno sufficienti per il territorio da asservire;
la fantomatica sabbia dell'Etna, fenomeno che certamente saltuariamente si è manifestato, come del resto in tanti altri aeroporti del mondo, sembra essere un problema dimenticato e lontano;
resta quindi un unico problema, ed è quello dell'egoismo politico di tutte le varie forze politiche che hanno messo al centro della loro attenzione il raggiungimento del loro potere sull'aeroporto stesso, si da condizionarne l'uso, lo sviluppo, e forse anche l'indirizzo alla futura privatizzazione;
tutto ciò è inammissibile perché lo sviluppo di un aeroporto è lo sviluppo della città stessa e per quanto concerne Catania anche di buona parte della Sicilia, e il reale sviluppo di un aeroporto non può essere assoggettato ad esternazioni o volontà politiche ma a sane competenti, mirate gestioni e indirizzi aziendali di natura tecnica -:
quali provvedimenti intenda adottare questo Governo, affinché vigili sullo sviluppo, sulla privatizzazione, sulla gestione globale dell'Aeroporto di Catania, che siano rivolti, nel rispetto delle leggi nazionali e normative comunitarie, al reale sviluppo dell'Aeroporto stesso e quindi di tutta la Sicilia e affinché non prevalgono viceversa logiche spartitorie sia politiche che private, che certamente non proietterebbero il nascente nuovo aeroporto al primario ed incontestabile emergente ruolo nazionale che gli compete.
(5-00031)
Interrogazioni a risposta scritta:
MIGLIORI e MENIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il referendum sulla legge n. 40 ha espresso la chiara volonta dei cittadini di mantenimento di una normativa che impedisce la ricerca che implica distruzione di embrioni umani;
lo stesso risultato del voto al Parlamento europeo, a ristretta maggioranza, testimonia l'insussistenza di accordi sulla sperimentazione su cellule staminali da embrione che non ha dato alcun risultato mentre risulta promettente, quanto iniquamente sacrificata, la ricerca su cellule staminali adulte e da sangue del cordone ombelicale -:
se non si reputi opportuno che l'Italia non conceda il proprio voto al finanziamento, nell'ambito del programma Quadro Europeo, di ricerche che implicano la distruzione di embrioni umani.
(4-00320)
BUEMI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
Annalisa Dessalvi, impiegata cagliaritana, single, ha ospitato nel 1977 N., una bambina bielorussa che aveva allora 6 anni;
tra la bambina e la donna si è instaurato un forte legame affettivo e si è stabilito un naturale rapporto madre-figlia;
dopo un iter durato 8 anni, la Corte Costituzionale ha annullato un'interpretazione restrittiva da parte dei giudici della legge sulle adozioni stabilendo la liceità per una single di adottare un minore straniero;
dopo un lungo periodo di tensione tra l'Europa e il governo bielorusso, il 12 dicembre 2005, è stato stilato un protocollo di collaborazione tra il Ministero dell'istruzione della Repubblica di Belarus e la Commissione per le adozioni internazionali della Presidenza del Consiglio in materia di minori bielorussi da parte di cittadini italiani in possesso del decreto di idoneità;
la signora Dessalvi è la prima donna single in Italia in possesso di decreto di idoneità all'adozione internazionale rilasciatole
dal Tribunale per i minori di Cagliari così come richiesto dalle autorità bielorusse per procedere all'adozione;
nonostante ciò, la pratica della signora Dessalvi non figura tra le 150 rimaste sospese a partire dal mese di ottobre 2004, in seguito alle tensioni tra Europa e la Repubblica di Belarus, ed ora all'esame dell'apposita Commissione in quanto la via legale e il riconoscimento della liceità dell'adozione internazionale per una single italiana ha seguito un iter differente;
secondo quanto riferito dalla Presidente della Commissione per le adozioni internazionali solo una delle 150 pratiche in sospeso è stata esperita alla data del 21 febbraio 2006;
da aprile ad oggi sono state completate due pratiche di adozione relative a persone single;
in entrambi i casi la Commissione per le adozioni internazionali avrebbe violato due criteri stabiliti e ribaditi in precedenza: quello della necessità del decreto di idoneità e quello del rigoroso rispetto dell'ordine cronologico del completamento delle pratiche;
tale comportamento costituirebbe un incomprensibile atto discriminatorio nei confronti della signora Dessalvi e di N.;
la signora Dessalvi e N. non hanno mai chiesto un trattamento di favore ma una soluzione valida anche per altri casi particolari basata su criteri di equità, sul preminente interesse dei minori e nel rigoroso rispetto della legalità;
di questa vicenda si erano interessati il Governo, il Parlamento e la Presidenza della Repubblica, anche per ottenere un'adozione provvisoria, garante il Console della Bielorussia in Italia e vi era stato un pronunciamento favorevole da parte del direttore dell'istituto dove vive la ragazza e che rappresenta il suo tutore pubblico;
il «caso Dessalvi» ha scosso l'opinione pubblica sarda come dimostrano le numerose manifestazioni di solidarietà e le oltre 5.000 firme raccolte;
a rendere ancora più problematica l'intera vicenda, si aggiunge il fatto che tra un anno N. compirà 16 anni e non potrà più essere ospitata dall'Istituto dove attualmente vive, rischiando di avere un destino estremamente incerto -:
se risulti al Governo che vi siano stata eventuali irregolarità compiute dalla Commissione per le adozioni internazionali, affinché si ristabiliscano principi di equità e giustizia nell'esame delle pratiche di adozione nel preminente interesse dei minori e delle loro future famiglie;
come si intenda intervenire, nel caso specifico della signora Dessalvi e di sua figlia N., affinché possano finalmente vedere realizzato il loro sogno e si ponga fine a questa interminabile attesa che ha creato ad entrambe una profonda sofferenza psichica.
(4-00340)
CACCIARI e ZANELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la legge «speciale» per Venezia n. 171 del 16 aprile 1973, all'articolo 3, comma secondo, lettera c), stabilisce tra le sue direttive vincolanti l'esclusione di ulteriori opere di imbonimento di parti del bacino lagunare;
la cosiddetta «seconda legge speciale» per Venezia del 29 novembre 1984, n. 798, all'articolo 16, primo comma, fa riferimento a possibili deroghe solo «al fine di provvedere alla discarica dei materiali di risulta delle demolizioni di opere edilizie effettuate nell'ambito dei centri storici [...];
analogamente la legge n. 360 dell'8 novembre 1991, all'articolo 4, comma 6, stabilisce che: «i siti destinati unicamente al recapito finale, ivi compreso il seppellimento, dei fanghi non tossici e nocivi estratti dai canali di Venezia, purché sia garantita la sicurezza ambientale secondo criteri stabiliti dalle competenti autorità, potranno essere ubicati in qualunque area, ritenuta idonea dal Magistrato alle
Acque, anche all'interno del contermine lagunare, comprese isole, barene e terreni di gronda»;
il «Piano di Area della Laguna e dell'area veneziana» di competenza della Regione Veneto così come il «Piano Territoriale Provinciale» della Provincia di Venezia escludono ogni possibilità di imbonimento di parti della laguna -:
se il Governo è a conoscenza del progetto redatto dal Commissario straordinario per lo smaltimento dei fanghi di escavo dei canali del porto di Venezia, nominato dalla Regione Veneto, con il quale si intende realizzare una nuova isola artificiale di circa 55 ettari, elevata fino a 4,5 metri sul livello medio del mare, per recapitare anche fanghi inquinati classificati di tipo B) e C), provenienti dai fondali dei canali portuali di Porto Marghera, sito altamente contaminato inserito tra quelli di interesse nazionale;
se le disposizioni di legge in materia possano ritenersi superate dalla stipula di un Protocollo di intesa sottoscritto tra Stato, Regione ed Enti Locali;
se ritiene bastevole, per procedere alla suddetta operazione, un parere di Impatto Ambientale redatto con valutazione dalla stessa Regione Veneto.
(4-00347)
LION. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
nel Comune di Montecalvo in Foglia (Pesaro-Urbino) esiste, fin dal 1982, un impianto di smaltimento di rifiuti di I categoria, identificato, negli usi correnti, con la denominazione di «discarica di Ca' Mascio»;
negli ultimi anni tale impianto è stato oggetto attivo e passivo di numerose vicende problematiche, sia di carattere amministrativo, sia di carattere ambientale e sociale;
la discarica di Ca' Mascio fu infatti localizzata in un ampio calanco naturalmente soggetto a frane e smottamenti, situazioni, secondo gli attuali ordinamenti nazionali e regionali, totalmente ostative alla realizzazione di discariche; inoltre la discarica insiste in una zona ZPS, zona a protezione ambientale, in cui, secondo le recenti normative, sarebbe complicato porre in essere qualsiasi attività, figuriamoci una discarica;
per le conclamate problematicità del sito, detto impianto, secondo il Piano Provinciale dei Rifiuti, sarebbe dovuto andare alla chiusura quest'anno. La discarica risulta invece oggetto di ipotesi di ulteriore ampliamento in quanto la SIS, società intercomunale di servizi, la società che gestisce il sito di Ca' Mascio (51 per cento pubblica, 49 per cento privata), ha necessità di reperire ulteriori risorse economiche per la gestione cosiddetta post mortem della discarica;
risulta infatti che la SIS non ha correttamente applicato né il Decreto Ronchi né il Piano Regionale dei Rifiuti per quel che concerne l'accantonamento della somma necessaria, obbligatoria dal 2003, per la messa in stato di sicurezza e la chiusura di qualsivoglia discarica;
la discarica di Ca' Mascio rappresenta un fattore di serio allarme per il territorio di Montecalvo in Foglia, soprattutto perché l'impianto è gravato da vaste ed irreparabili criticità strutturali. Si tratta di una emergenza di notevoli dimensioni cui sono connessi oltre i rischi per la sicurezza dei cittadini, anche i pericoli per l'equilibrio ambientale della zona e la stabilità geomorfologica dell'ampio calanco che la contiene;
da uno studio condotto nel 2005 da un gruppo di ingegneri e di geologi per valutare lo stato di vigenza dell'impianto ed eventualmente individuare soluzioni alternative alle operazioni di abbancamento dei rifiuti, emerge con evidenza che la discarica non sia più nelle condizioni di poter continuare a svolgere la sua funzione di raccolta, ma anzi andrebbe urgentemente
dismessa e sottoposta ad interventi di consolidamento, anche in vista di una auspicata e definitiva bonifica;
gli elementi di conoscenza forniti dallo studio del 2005 inducono perplessità in ordine alla tematica della stabilità del sito, essenzialmente connesse con la configurazione geometrica che esso assume. Per quanto concerne i riporti in terreno di scavo, si evince che il tipo di interazione tra gli abbancamenti esistenti di RSU ed i terreni di copertura rappresenti uno dei maggiori elementi di criticità nello stato di fatto dell'impianto, perché, in particolare, i margini di tali abbancamenti insistono per determinati tratti, puntualmente evidenziati da manifesti fenomeni di instabilità, su terreni di riporto o di copertura inidonei a sostenere gli abbancamenti stessi per scadenti proprietà geomeccaniche e sfavorevoli condizioni idrauliche. Dal punto di vista delle relazioni tra struttura profonda e meccanismi di dissesto, anche alla luce dell'evento gravitativo occorso all'impianto nell'inverno 2002-2003, i dati forniti indicano che i movimenti franosi complessi che interessano la discarica sono propri di modelli cinematici di superfici di scivolamento con periodi di attività differenziati, spesso stagionali, la cui evidenza oggettiva è l'abbassamento del substrato a valle dell'impianto, con conseguente mobilizzazione dei terreni a monte, ciò comprova altresì che la roccia abbia subito dei processi deformativi secondo un peggioramento delle caratteristiche litoidi originarie dei terreni, con chiaro indice di una progressiva sensibile degradazione delle proprietà meccaniche dell'ammasso roccioso (tali circostanze denunciano che anche le opere di consolidamento adottate in conseguenza della frana degli anni 2002-2003, consistenti in paratie di pali tiranti ed altro, non siano efficaci di fronte alla rilevanza delle masse che sono in gioco). Infine, in merito alle conclusioni delle misure inclinometriche, è risultato che il sottosuolo della discarica è interessata da una considerevole velocità di spostamento dell'ammasso terroso, al punto da suggerire una vigilanza sul movimento degli strati profondi dell'impianto tramite la programmazione di una indagine iclinometrica con tubi profondi oltre i 50 metri e per una durata di almeno tre anni;
attualmente l'area della discarica è interessata da vaste operazioni di scavo eseguite a valle dell'impianto originario, esse ufficialmente vengono giustificate come interventi atti alla messa in stato di sicurezza dei luoghi e al consolidamento degli smottamenti avvenuti negli anni 2002-2003, ma tenendo in considerazione le ipotesi di ampliamento dell'impianto, appare chiaro ed evidente che si stia procedendo surrettiziamente alla realizzazione di una nuova sede di abbancamento per ricevere ulteriori rifiuti di provenienza anche extraprovinciale. In tale ambito sorge il sospetto che si stia realizzando una sede aggiuntiva alla vecchia base, capace di ospitare fino a 60.000 metri cubi di RSU, con un'entità di scavi valutabile in circa 47.000 metri cubi. L'obiettivo recondito sarebbe di giungere alla costituzione di un nuovo bacino di raccolta per 160.000 metri cubi di RSU, corrispondenti al volume di rifiuti che non si è potuto abbancare nella discarica originaria, fermatasi a quota 170.000 metri cubi in ragione dell'evento franoso del 2002/2003;
dal punto di vista normativo non sembra vi siano dubbi per dichiarare che la mole e la gravità delle problematiche che interessano la discarica di Montecalvo in Foglia siano tali da ostare ad ogni nuova misura diretta al suo ampliamento. L'area in cui sorge la discarica di Ca' Mascio, infatti, soprattutto sulla base delle Linee Guide della Provincia di Pesaro e Urbino, nonché del Piano Regionale dei rifiuti della Regione Marche, è inidonea ad ospitare impianti di smaltimento di RSU, avendo in se vincoli penalizzanti ed escludenti impossibili da superare;
l'emergenza ambientale che interessa il sito della discarica di Ca' Mascio, unita ai rischi per la salute ed il benessere della collettività che vi risiede, nonché alle fondate denuncie che con solerzia ed attendibilità promuove il Comitato di valutazione
della discarica di Montecalvo in Foglia, sono motivi sufficienti ed inoppugnabili per richiedere un intervento urgente del Governo nella vicenda descritta -:
se non valuti necessario ed inderogabile, al fine di decidere la chiusura ed il ripristino in sicurezza della discarica di Cà Mascio, in comune di Montecalvo in Foglia (PU), disporre un'ispezione del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente.
(4-00358)