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Allegato B
Seduta n. 151 del 3/5/2007
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SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
CIRIELLI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da quanto si evince dall'articolo pubblicato sul quotidiano «Cronache del Mezzogiorno» datato 5 aprile 2007, sembrerebbe che una cronista dello stesso quotidiano sia entrata in uno dei consultori della ASL Salerno 2, fingendosi incinta, per valutare la funzionalità dei servizi erogati;
l'articolo 5 della legge 194 del 1978 così dispone al comma 1: «... Il consultorio e la struttura sociosanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto...»;
sembra che nel consultorio del quartiere di Pastena la cronista sia stata accolta da un'ostetrica che non ha provveduto ad assistere la paziente nei modi previsti dall'articolo 5 della legge 194; pare che l'ostetrica non abbia messo a proprio agio la donna né abbia provveduto a tranquillizzarla e che, semplicemente misurandole il battito cardiaco dal polso, le abbia consigliato immediatamente di firmare i documenti per consentirle subito di abortire: il tutto denota mancanza di professionalità e di solidarietà nei confronti della donna che si fingeva spaventata per ciò che le stava accadendo;
pare che l'assistente sociale, col compito di tranquillizzare la paziente e di colloquiare con la stessa con lo scopo anche e se possibile di evitare l'aborto, sia arrivato soltanto dopo la richiesta specifica da parte della paziente stessa e non all'atto della sua accettazione nel consultorio;
da quanto si evince dalla foto pubblicata sullo stesso articolo di stampa e dalla didascalia che la descrive, sembra che, a seguito di richiesta ufficiale di dati statistici inerenti le richieste di aborti presentate in quel consultorio e presentata ufficialmente dalla redazione del giornale ai sensi di legge della ASL, sia stato consegnato un semplice foglio di carta riportante i dati richiesti, redatto a penna e senza alcuna intestazione ufficiale della
struttura sanitaria che ne attesti la veridicità e, pertanto, oggetto di facili e immediate smentite -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se corrispondenti al vero, quali iniziative di propria competenza intenda adottare.
(4-03484)
OPPI, PILI e MEREU. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
su proposta del proprio Assessore della Igiene e Sanità, la Giunta regionale della Sardegna, ha all'ordine del giorno una deliberazione rubricata «Progetto strategico salute mentale: linee di indirizzo per l'organizzazione dei Dipartimenti di salute mentale e per gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori» relativa all'attuazione delle disposizioni del Piano regionale dei servizi sanitari (legge regionale 28 luglio 2006, n. 10);
la deliberazione in questione prevede - tra l'altro - l'apertura di un Centro di Salute Mentale (CSM) nei locali siti presso il complesso dell'ex ospedale psichiatrico di Villa Clara: negli stessi locali in cui era ospitata, fino al 1997, la struttura manicomiale, chiusa in base alla riforma psichiatrica voluta dalla legge 13 maggio 1978, n. 180 «Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 16 maggio 1978, n. 133. Tale proposta di deliberazione prevede, poi, che tale centro rimanga aperto per 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 e sia dotato di posti letto;
analogamente, in data 27 dicembre 2006, il Direttore generale della Azienda sanitaria locale n. 5 di Oristano provvedeva al trasferimento «temporaneo» del Servizio psichiatrico diagnosi e cura (SPDC) dal presidio ospedaliero Delogu di Ghilarza al vecchio ospedale San Martino di Oristano. In tale struttura vengono attualmente ospitati l'SPCD; il Centro Salute mentale, il SERT e la Neuropsichiatria infantile. A tutt'oggi il Servizio psichiatrico diagnosi e cura è ancora ospitato al vecchio San Martino che non è un ospedale generale. Questo rappresenta un grave pericolo e stigma per i pazienti psichiatrici: com'è noto, infatti, gli articoli 32, 33, 34 e 35 della legge 833 del 23 dicembre 1978, «Istituzione del servizio sanitario nazionale», riprendendo la legge Basaglia di riforma psichiatrica, disciplinano le norme per effettuare trattamenti o accertamenti sanitari obbligatori (TSO e ASO). Questa disposizione legislativa è stata approvata in un clima culturale e politico caratterizzato dal desiderio di rompere con il passato e dalla fiducia in un futuro riformista. In particolare, per quanto riguarda la psichiatria, questa riforma aveva la volontà di smantellare l'esistente, costituito prevalentemente dalle strutture manicomiali, e poneva una fiducia illimitata in alcune nuove teorie psichiatriche che vedevano la malattia mentale come un artefatto della società. Veniva, quindi, modificato completamente l'approccio alla sofferenza psichica non più da relegare a lungo termine in strutture chiuse lontane dagli ospedali ma da porre sul territorio e da trattare, per brevi periodi, in regime di ricovero in reparti ubicati presso gli ospedali generali;
in particolare l'articolo 33, 4o comma della citata legge 833/1978 dispone che «Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono attuati dai presidi e servizi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate»;
se questo non fosse stato poi sufficiente a palesare lo spirito del legislatore di allora, volto a creare nel paziente psichiatrico la minore ghettizzazione possibile del trattamento sanitario, vale ricordare il 3o comma dell'articolo 64 della citata legge 833/1978 che, chiaramente, recita: «È in ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici, utilizzare quelli attualmente esistenti come divisioni specialistiche psichiatriche di ospedali generali, istituire negli ospedali generali divisioni o sezioni psichiatriche e utilizzare come tali divisioni o sezioni psichiatriche o sezioni neurologiche o neuro psichiatriche». La particolare e assai complessa
procedura che la legge dispone per il TSO (il Sindaco può emanare l'ordinanza di TSO nei confronti di un libero cittadino solo in presenza di due certificazioni mediche che attestino che la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici, che gli interventi proposti vengono rifiutati e che non sia possibile adottare tempestive misure extraospedaliere: le tre condizioni di cui sopra devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico e convalidate da un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica) stigmatizza la cura e la tutela necessarie per la realizzazione del trattamento obbligatorio. Ma va ricordato che le legge è tassativa nel disporre che il trattamento sanitario obbligatorio si attui presso un reparto psichiatrico di diagnosi e cura Servizio psichiatrico diagnosi e cura di un ospedale generale. Va sottolineato comunque che il TSO può essere realizzato solo in questi reparti. Qualsiasi altro ricovero in una qualsiasi altra struttura psichiatrica o sociale, indipendentemente dalle modalità con cui avviene, è da considerarsi sempre come un sequestro di persona;
alla luce delle citate disposizioni legislative, di una prassi psichiatrica oramai quasi trentennale e della assodata gravità di un ricovero dei pazienti afflitti da patologie psichiatriche in strutture che nella coscienza sociale e nella comune e quotidiana vulgata sono note come «manicomi», appare assai grave la ventilata decisione della Giunta regionale della Sardegna di allocare nei locali del complesso psichiatrico di Villa Clara (rectius: manicomio di Villa Clara) di Cagliari un Centro di salute mentale aperto 24 ore al giorno, con posti letto di ospitalità sanitaria, in cui sarebbe possibile realizzare dei TSO e aprire un Servizio psichiatrico diagnosi e cura in un presidio che non sia un ospedale generale;
sia per i pazienti psichiatrici volontari, sia - ancor più severamente - per i pazienti sottoposti a ASO e TSO, l'ingresso nel Manicomio, anziché, come prevede la legge presso i reparti di psichiatria degli ospedali generali (SPDC-Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura), costituisce un gravissimo vulnus per la patologia che si dovrebbe curare, oltre che un'insopportabile mortificazione della persona e della sua dignità -:
se il Governo sia informato dei fatti descritti;
se non ritenga la grave situazione descritta in premessa un fatto su cui intervenire urgentemente, anche ai sensi dell'articolo 32, comma 4, della legge n. 449 del 1997:
se non ritenga di assumere le opportune iniziative al fine di verificare, ai sensi dell'allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 29 novembre 2001 in combinato disposto col decreto ministeriale 17 giugno 2006, il rispetto degli standard in tema di assistenza sanitaria psichiatrica.
(4-03496)