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Allegato B
Seduta n. 164 del 5/6/2007
TESTO AGGIORNATO AL 22 OTTOBRE 2007
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
dal libro «Laogai: the Chinese Gulag» di Harry Wu (1991) si apprende che almeno cinque-sei milioni di cinesi sono costretti ai lavori forzati per 16 ore al giorno fino a 7 giorni su 7, senza remunerazione, in campi di concentramento detti Laogai;
tale sistema repressivo - dal termine laogai che significa «riforma attraverso il lavoro» - risale ai primi anni del governo comunista di Mao (1950) ed è tuttora operante;
il Laogai costituisce uno degli strumenti dell'organizzazione cinese di pubblica sicurezza avente lo scopo di punire e riformare, anche attraverso processi di indottrinamento, i responsabili di atti giudicati criminosi e comunque devianti;
in tali campi possono essere detenuti non solo i responsabili di atti di violenza, ma anche quelli di reati di opinione, in particolare manifestazioni di dissenso contro il Partito Comunista Cinese o contro la morale pubblica;
utilizzato come strumento di oppressione politica nei confronti di attivisti per la democrazia, dissidenti Internet, attivisti del lavoro e credenti religiosi e spirituali quali le «chiese domestiche» cristiane e gli attivisti del Falun Gong, il sistema - oltre al cinese Han - include la maggior parte degli altri gruppi etnici, quali i tibetani, gli uiguri e i mongoli;
secondo fonti dell'Unione europea, nei Laogai - oltre al lavoro forzato - vengono praticati la detenzione amministrativa (senza imputazione e senza processo), il lavoro minorile, torture di ogni genere e addirittura ci sono fondati sospetti che sia in atto, in queste strutture, un traffico di organi per trapianti;
non esistono statistiche ufficiali sul numero di tali campi né tanto meno sul numero di individui in essi detenuti, in quanto le informazioni sono mantenute segrete dalle autorità cinesi;
i Laogai sono considerati fonte inesauribile di manodopera gratuita e utilizzano continuamente il lavoro forzato e il lavoro minorile per accrescere produttività e profitti;
come evidenziato da precedenti atti di sindacato ispettivo (interrogazione 4-16630 del 16 dicembre 2004), le aziende cinesi che accettano da committenti europei lavoro a basso costo solo in parte si occupano della produzione effettiva, subappaltando il resto a questi campi di lavoro forzato e limitandosi poi ad apporre la loro etichetta;
anche grazie a questo tipo di espedienti si spiegherebbe il segreto dei bassissimi prezzi e la competitività delle merci cinesi;
gli articoli prodotti tramite il lavoro forzato nei Laogai coprono ogni settore merceologico (giocattoli, scarpe, articoli per la casa, macchinari di ogni genere, prodotti tessili ed agricoli eccetera), anche quello della più sofisticata tecnologia;
alcuni studi sostengono che il sistema del Laogai può nel complesso aver ricevuto benefici della graduale apertura della Cina, al commercio internazionale;
a giudizio del sottoscrittore del presente atto, il governo cinese ancora oggi incoraggia l'esportazione in Europa e nel mondo delle merci prodotte attraverso il sistema carcerario dei Laogai e conta sul lavoro forzato come parte integrante della sua economia;
secondo «The Times Magazine» del 5 dicembre 2005, l'Italia è il paese più danneggiato all'interno dell'Unione europea dall'invasione dei prodotti cinesi in tutti i settori: il tessile, i mobili da cucina,
l'oreficeria, la rubinetteria, le calzature eccetera, sia nel mercato interno sia nell'esportazione;
in risposta ad una interrogazione, il Ministero degli affari esteri nel 2005 sosteneva che a causa della complessità dei mercati internazionali e della natura talvolta labirintica delle pratiche di subappalto dei processi produttivi è assai difficile identificare quali prodotti possono essere stati assemblati con il ricorso - in tutto o in parte - al laogai;
sempre secondo la Farnesina, senza una maggiore cooperazione sia da parte cinese (che riveli in particolare la reale estensione del sistema e la sua capacità di contribuire alla produzione di beni e servizi) che da parte dei produttori occidentali (che rivelino l'identità dei propri partner commerciali e l'ubicazione dei propri centri di produzione manifatturiera in Cina) non è possibile escludere assolutamente che un consumatore occidentale, acquistando un prodotto made in China non stia indirettamente acquistando un prodotto anche frutto del sistema laogai;
del possibile legame tra lavoro forzato ed esportazioni cinesi la comunità internazionale è da tempo e resta ben consapevole,
impegna il Governo
ad assumere, anche in collaborazione con le competenti istituzioni dell'Unione europea, urgenti iniziative sul piano normativo che prevedano l'adozione delle seguenti misure:
a) l'imposizione di un divieto sulle importazioni di tutte le merci cinesi provenienti, in tutto in parte, dal lavoro forzato e dallo sfruttamento umano dei Laogai;
b) l'introduzione di misure di controllo su tutte le importazioni in provenienza dalla Repubblica popolare cinese per garantire che i beni prodotti attraverso il lavoro forzato non vengano inseriti sul mercato;
c) l'introduzione, per le imprese che importano dalla Cina, di un sistema di etichettatura che permetta anche l'identificazione dei luoghi di produzione, da «aprire» e mostrare agli ispettori delle dogane e ai rappresentanti delle organizzazioni umanitarie;
d) il divieto di joint ventures tra investitori italiani e operatori commerciali cinesi che fanno ricorso a manodopera reperita nei campi di lavoro forzato;
e) il rispetto da parte del governo cinese delle cosiddette «clausole sociali» e delle «clausole ambientali», pena l'introduzione di quote d'importazione o dazi elevati sulle importazioni dalla Cina;
f) la verifica degli standards di igiene e di sicurezza dei prodotti di fabbricazione cinese importati nel territorio italiano che possono rappresentare un grave rischio per la salute dei consumatori e, in particolare dei bambini.
(1-00173)
«Rampelli, Ciccioli, Murgia, Briguglio, Frassinetti, Cirielli, Airaghi, Foti, Holzmann, Meloni, Germontani».
La Camera,
premesso che:
i «laogai» sono i campi di «riforma attraverso il lavoro» voluti da Mao che hanno accolto non meno di cinquanta milioni di persone dalla loro costituzione, avvenuta nei primi anni '50;
secondo i dati della Ishr (la Società internazionale per i diritti umani) attualmente sarebbero circa mille i lager in Cina e vi sarebbero rinchiusi quasi sei milioni di condannati ai lavori forzati;
in queste prigioni i condannati sarebbero costretti a lavorare come schiavi per numerosissime industrie cinesi, in particolare per quelle che producono capi di abbigliamento o prodotti a bassa specializzazione e tecnologia;
un sopravvissuto di un «laogai» ha raccontato le disumani condizioni in cui versano i prigionieri dei lager comunisti, spesso privati di cibo e sonno, oggetto di sevizie e torture di esecuzioni senza processo e persino di traffici di organi e dove l'unica via di fuga è il suicidio;
secondo la testimonianza di Harry Wu, presidente della Laogai Research Foundation, che ha trascorso diciannove anni rinchiuso in un «laogai», la detenzione in un campo di rieducazione può durare fino a tre anni senza processo, l'imputazione, l'esame o riesame giudiziario o la possibilità di confrontarsi con un'autorità;
le autorità cinesi considerano oggi i detenuti una inesauribile forza lavoro, tant'è che ogni «laogai» ha due nomi: quello del centro di detenzione e quello della fabbrica e spesso, se la rieducazione fosse giudicata non completata, possono essere trattenuti anche dopo la fine della pena;
infatti, Lu Decheng, uno dei tre gentlemen di Piazza Tienanmen, fu detenuto a Pechino e poi nel Laogai Hunan che si chiamava anche Hunan Vehicle Manufacturing Factory dove venivano prodotti ed esportati veicoli e quando il lavoro per i veicoli era poco, produceva materiale tessile e decorazioni natalizie;
i detenuti sono costretti a lavorare, sette giorni su sette e con soli tre giorni di riposo all'anno, sino a 18 ore al giorno per poter mangiare e spesso sono costretti a lavorare in condizioni pericolose o a contatto con prodotti chimici tossici. Secondo l'Ishr le condizioni sono talmente infernali che ogni detenuto su quattro non riesce a sopravvivere dopo il primo anno di vita nei laogai;
le esecuzioni nei laogai sono tornate a peggiorare dal 2003, e ogni anno vengono giustiziati più individui che in tutti i Paesi del mondo messi insieme. Secondo Harry Wu «Nel 1984, dopo un articolo di Newsweek, smisero di portare i morti in giro per le strade come pubblico esempio, ma dal 1989 hanno ricominciato, e i familiari devono pagare le spese per le pallottole e per la cremazione»;
vengono altresì prelevati gli organi dei condannati a morte in quanto appartengono ufficialmente allo Stato ed i trapianti sono effettuati sotto supervisione governativa con un costo inferiore del 30 per cento rispetto alla media;
grazie a questa manodopera non retribuita dei prigionieri dei laogai, molte industrie cinesi possono immettere sui mercati prodotti a prezzi stracciati, altamente competitivi con i prezzi occidentali;
il Pil della Cina cresce sino al 10 per cento annuo e la maggiore competitività cinese sui mercati è frutto anche di questa rete di imprese-prigioni;
nonostante la Germania sia il Paese dell'Unione che ha investito di più ed è il principale paese esportatore in Cina, il Parlamento tedesco, a larga maggioranza, ha approvato una mozione trasversale, la 16/5146, in cui non solo si condannano le condizioni disumane dei laogai ma si vieta l'importazione sul territorio tedesco di tutti quei prodotti fabbricati con la manodopera dei detenuti condannati ai lavori forzati, prevedendo altresì che sui prodotti cinesi venga applicata un'etichetta che garantisca che quel prodotto nulla abbia a che fare con i laogai,
impegna il Governo
ad adottare, senza remore, decise e incisive iniziative volte a indurre le autorità cinesi a risolvere definitivamente la questione dei laogai;
in particolare, analogamente a quanto avvenuto in Germania, a vietare l'importazione di prodotti cinesi di dubbia provenienza e prevedere, anche in Italia un bollino che certifichi l'inesistenza di impiego di manodopera di detenuti.
(1-00174) «Volontè, D'Agrò».
Risoluzione in Commissione:
La V Commissione,
premesso che:
l'individuazione di nuove modalità per reperire risorse aggiuntive da destinare ad interventi diretti allo sviluppo e al finanziamento di interventi per il potenziamento del sistema produttivo e delle infrastrutture riveste notevole importanza al fine di garantire un miglioramento della competitività dell'economia italiana, senza pregiudicare, allo stesso tempo, il conseguimento degli obiettivi di risanamento della finanza, pubblica;
in questo quadro si collocano le numerose disposizioni legislative che consentono l'utilizzo delle disponibilità risultanti dal bilancio degli enti previdenziali o assistenziali, e dell'INAIL in particolare, per il finanziamento di progetti diretti al rafforzamento delle dotazioni infrastrutturali, con particolare attenzione a quelle riguardanti i settori sanitario, dell'istruzione e della ricerca, presentati da regioni, province autonome ed enti locali;
in ordine all'applicazione di tali disposizioni, il Governo, in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-00435 Vannucci, ha precisato, nella seduta della Commissione bilancio del 30 novembre 2006, che, a fronte di una ingente disponibilità di fondi per il quadriennio 2002/2005 di euro 3.620.940.642, la realizzazione degli investimenti registra una situazione di stallo determinata dalla indisponibilità delle necessarie risorse di cassa, anche in conseguenza delle disposizioni in materia di limiti all'incremento delle spese delle pubbliche amministrazioni contenute nella legge n. 311 del 2004;
la disposizione sopra richiamata ha limitato, per l'anno 2005, la possibilità di incremento delle spese al 4,5 per cento dell'ammontare delle spese dell'anno 2003 e attestando il possibile incremento percentuale per gli anni 2006 e 2007 al 2 per cento delle corrispondenti spese dell'anno precedente;
tale disposizione non dovrebbe pertanto trovare applicazione a partire dall'anno finanziario 2008 e, conseguentemente, le disponibilità di competenza non utilizzate dovrebbero poter essere iscritte nel conto dei residui e utilizzate per la realizzazione degli investimenti;
nella medesima occasione, con particolare riferimento all'attuazione dell'articolo 1, comma 480, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), che prevede che le regioni e gli enti locali, nonché gli altri enti appartenenti all'aggregato delle pubbliche amministrazioni, possono presentare specifici progetti da finanziare anche a valere delle disponibilità di bilancio dell'INAIL, il Governo ha specificato che, a fronte di una disponibilità di fondi pari a 890 milioni di euro, non risulta ancora emanato il decreto ministeriale chiamato a definire i progetti ammissibili al finanziamento;
va presa in considerazionela nuova disciplina che decorrerà dall'anno finanziario 2008;
impegna il Governo
ad assumere tutte le iniziative idonee a consentire l'effettiva disponibilità del complesso delle risorse stanziate per il quadriennio 2002-2005 oltre che dell'importo di 890 milioni di euro, di cui al citato comma 480 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, completando al più presto la relativa istruttoria, in modo da garantire la tempestiva realizzazione di interventi di evidente importanza e da evitare che le risorse allo stato disponibili non siano più utilizzabili, con grave pregiudizio per gli enti che potrebbero beneficiare e per le comunità dei territori di riferimento.
(7-00192)
«Vannucci, Crisafulli, Marchi, Ventura, Musi».