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Allegato B
Seduta n. 177 del 26/6/2007
TESTO AGGIORNATO AL 12 LUGLIO 2007
...
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:
D'AGRÒ. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal primo giugno il Sacrario Militare di Asiago, contenente circa 55.000 salme di soldati deceduti sui campi di battaglia dell'Altipiano, non è più servito dall'energia elettrica per un guasto alla cabina di alimentazione, ancora non riparata;
a causa di questo black-out non funziona anche il riscaldamento, necessario soprattutto per tenere asciutti pavimenti e pareti in marmo;
da circa un mese è inattivo altresì l'impianto che diffonde in tutta la conca centrale il suono dell'inno nazionale al mattino e del silenzio alla sera, ricordando a tutti la presenza di questo luogo sacro e il sacrificio di migliaia di vite umane nelle varie battaglie della Grande Guerra;
per mancanza di corrente elettrica sono chiusi i musei storici all'interno della struttura e non è neppure possibile leggere i nomi dei soldati morti, né visionare il documentario storico, con immagini tratte da filmati dell'epoca, generalmente proposto ai vari gruppi di visitatori che visitano il sacrario;
al disservizio si aggiungono fattori di rischio e pericolo per il personale di servizio e per i visitatori a causa dei pavimenti bagnati e delle navate al buio;
inoltre, essendo il Sacrario punto di segnaletica per gli aerei che sorvolano l'Altipiano, la mancanza dell'illuminazione notturna, specie dei quattro punti luce di color rosso sulla sommità della struttura, potrebbe essere causa di problemi per il traffico aereo;
numerose lamentele sono state esternate dai turisti al custode che ha provveduto ad avvertire la Direzione del Sacrario e il competente ufficio del Demanio dello Stato;
già sette mesi fa, in seguito ad un temporale, si sarebbero verificati danni alla cabina elettrica ed i tecnici intervenuti avrebbero potuto eseguire solo una parziale riparazione, segnalando una costante dispersione di corrente e quindi la necessità di un adeguamento agli obbligatori parametri di sicurezza -:
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per il ripristino immediato dell'impianto elettrico del Sacrario Militare di Asiago, luogo della storia patria e della memoria di grandi eroismi e sacrifici umani.
(5-01179)
SAGLIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in relazione ad un articolo a firma Pica pubblicato in data 26 giugno sul Corriere della Sera (pag. 35) in cui si rende noto che l'Autorità americana di controllo sui conti pubblici (Government Accountability Office) avrebbe annunciato il riesame delle procedure con cui il Pentagono aveva assegnato la commessa del valore di due miliardi di dollari per i 78 aerei C-27J Spartan forniti dall'italiana Finmeccanica -:
se tale notizia corrisponda al vero e quale sia la valutazione del Ministro dello sviluppo economico.
(5-01180)
QUARTIANI e LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 1o aprile 2007 è stata creata la joint venture Nokia Siemens che in Italia occupa circa 3000 addetti, di cui circa 2500 nell'area Milanese e circa 500 tra Caserta e Roma;
in data 4 maggio 2007 presso l'Assolombarda la società ha illustrato il piano industriale mondiale con i dettagli delle ricadute in Finlandia e Germania;
in data 18 maggio 2007 presso il Ministero dello Sviluppo Economico si è tenuto l'incontro tra Azienda e Sindacato alla presenza dell'onorevole Alfonso Gianni in cui l'azienda ha formalizzato le linee guida del piano industriale (ancora oggi in via di definizione) per il triennio 2007-2010;
il piano dovrebbe prevedere il 15 per cento in meno di addetti complessivi (450-500 esuberi) e l'esternalizzazione delle attività di produzione di circa 700 addetti complessivi (300 a Cassina De' Pecchi, 400 a Marcianise);
durante tale incontro le Organizzazioni Sindacali hanno espresso la loro più netta contrarietà alle linee guida del piano industriale illustrate e l'onorevole Alfonso Gianni, esprimendo anch'esso contrarietà ad ipotesi di dismissioni di impianti e di riduzioni dei livelli occupazionali, si è impegnato a «richiedere alla società di riconsiderare le linee guida del Piano invitandola a modificarne radicalmente il contenuto», come risulta anche dal verbale di riunione, dal quale si apprende che il Sottosegretario per conto del Governo si sarebbe impegnato a verificare il rispetto dell'accordo sottoscritto in Assolombarda (il 25 settembre 2006);
l'accordo del 25 settembre 2006 come da verbale di riunione sottoscritto presso il Ministero dello Sviluppo Economico tra il suddetto Ministero, le Organizzazioni Sindacali e la Siemens S.p.A prevedeva che l'azienda si impegnasse a mantenere l'intera «Catena del Valore» in Italia e il
Governo si impegnava a far da garante e ad attivare un tavolo di confronto per avere un costante monitoraggio anche in previsione della già annunciata joint venture con Nokia;
nello stesso verbale di riunione del 18 maggio 2007, il Governo si sarebbe impegnato a farsi attivo affinché le evoluzioni organizzative del gruppo avvenissero in una logica di mantenimento e sviluppo della struttura industriale e occupazionale, nonché avrebbe manifestato la propria contrarietà ad una ipotesi di dismissione degli impianti e ad una riduzione di livelli occupazionali;
risulta agli interroganti che la Nokia Siemens avrebbe confermato che il piano sarebbe difficilmente modificabile, perché deciso dalla holding estera e perché le aziende che si fondono nella joint venture, realizzando le infrastrutture di reti, dovrebbero pertanto riorganizzarsi nell'ambito di uno stesso campo di attività (i modelli organizzativi delle due società sarebbero dissimili e in Italia il problema sarebbe costituito dalla necessità di ridurre i costi aziendali e pertanto si renderebbe necessario ricorrere all'outsourcing e si potrebbe solo valutare quali condizioni porre all'eventuale partner);
a tali orientamenti del gruppo, il Governo avrebbe opposto la proposta di posticipare di un anno le determinazioni del gruppo medesimo, al fine di guadagnare il tempo necessario a delineare migliori soluzioni;
poiché non risultano diversi orientamenti da parte dell'azienda e del gruppo industriale richiamati in premessa, e poiché non è chiaro agli interroganti se sia stato attivato presso il Ministero competente il tavolo di crisi, benché si sia rinviato l'impegno a considerare la surrichiamata questione nell'ambito di un più generale tavolo sul settore ITC;
non risulta agli interroganti che vi siano contatti tra Governo e Nokia Siemens Networks e, qualora ci siano stati, non se ne conoscono gli esiti quanto all'invito alla modifica radicale delle linee guida del piano industriale proposto dalla multinazionale e citato nel verbale della riunione del 18 maggio 2007 presso il Ministero dello Sviluppo Economico -:
quali iniziative abbia assunto e intenda assumere il Governo al fine di realizzare il preannunciato impegno richiamato in premessa, volto alla ridefinizione del citato piano di riorganizzazione mondiale del gruppo Nokia Siemens, in particolare per evitare gli effetti negativi che esso provoca all'Italia e ad alcune importanti realtà produttive del Paese in un settore strategico tanto decisivo per garantire alti livelli di competitività e sviluppo.
(5-01181)
FAVA, ALLASIA e CAPARINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Sole 24 Ore dell'11 maggio scorso, in un articolo dal titolo «Fondi UE per le reti TLC», riporta la notizia secondo la quale il Ministero dello Sviluppo Economico starebbe definendo, in vista del prossimo DPEF, un progetto di utilizzo di risorse, da reperire nell'ambito del Fas (Fondo aree sottoutilizzate) o dei fondi strutturali europei, per la costruzione di infrastrutture di rete a banda larga soprattutto per le aree a più forte rischio di divario digitale;
l'argomento è, altresì, ripreso in un articolo pubblicato dall'Indipendente del 19 giugno 2007, intitolato «Rete fissa, asse tra Bersani e Telecom», nel quale si afferma, tra l'altro, che il Ministro Bersani intenderebbe utilizzare i fondi strutturali europei per la costruzione della rete di nuova generazione in fibra, inserendo una apposita norma nel Dpef Nell'articolo si afferma, in particolare, che: «l'idea piace a Telecom - che così spera di accollare allo Stato un investimento non inferiore agli 8 miliardi di euro - ...che risolve l'aspetto economico della questione e, sfruttando il suo know how sulla gestione della rete fissa, può fare pressioni per
ottenere una separazione che riguarda solo l'ultimo miglio (Sgu) e non le centrali (SGT);
il tema dello sviluppo della rete di nuova generazione (NGN) è attualmente oggetto di consultazione sia a livello nazionale che comunitario. Il Parlamento europeo ha approvato il 19 giugno 2007 una risoluzione, elaborata dal relatore svedese del Ppe, Gunnar Hökmark, in cui si riconosce il ruolo fondamentale delle tecnologie a banda larga per lo sviluppo dell'economia europea. A tal fine, si rileva che «gli investimenti privati sono essenziali» e che i privati «devono poter trarre vantaggio dai loro investimenti se si vuole stimolare ulteriormente la dinamica concorrenziale e fornire ai consumatori servizi migliori e una maggiore innovazione e scelta». Inoltre, in merito all'intervento di finanziamenti pubblici per lo sviluppo della banda larga, il Parlamento sottolinea che «i finanziamenti pubblici andrebbero utilizzati solo nel caso in cui l'installazione dell'infrastruttura della banda larga non sia economicamente fattibile per le imprese private» e che «il finanziamento pubblico nazionale e comunitario dovrebbe essere neutro sotto il profilo della concorrenza e contribuire ad investimenti commercialmente sostenibili»;
per favorire la crescita della competitivà del nostro Paese, è necessario perseguire la concorrenza tra infrastrutture, al fine di moltiplicare la possibilità di scelta del cliente finale, ma il mercato italiano delle telecomunicazioni, in particolare per quanto riguarda la telefonia fissa, presenta ancora gravi criticità dal punto di vista del tasso di concorrenzialità, dal momento che la quota di mercato nelle linee a banda larga dell'ex monopolista - come evidenziato dai dati presentati nel marzo scorso dal Gruppo Telecom Italia alla comunità finanziaria - è del 67 per cento. Inoltre, secondo quanto rilevato dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Telecom Italia detiene ancora il 95 per cento ed il 93 per cento degli accessi nei mercati ai clienti residenziali e non residenziali. Alla luce di questi dati di mercato, sarebbe paradossale se il Governo decidesse di finanziare l'operatore incumbent a ricostituire una posizione di monopolio, piuttosto che definire condizioni per un'effettiva concorrenza e per innescare dinamiche di mercato per lo sviluppo della competizione ed innovazione di servizi;
il successo dell'esperienza italiana nella telefonia mobile, con gli indubbi vantaggi dal punto di vista della concorrenza e dei consumatori, è strettamente connesso alla presenza di più operatori che hanno realizzato reti proprietarie in concorrenza, grazie anche - come si legge in un articolo del Sole 24 Ore del 17 giugno 2007 «Telecom e il tabù della rete unica» firmato da Sandro Frova, professore di Finanza ed Economia delle Telecomunicazioni alla Bocconi - ad una regolamentazione che «stabilì due asimmetrie finalizzate a favorire la crescita della concorrenza tramite lo sviluppo delle reti»:
a) l'obbligo per chi era già sul mercato di ospitare sulla propria rete i concorrenti fino a quando questi non avessero ultimato a loro volta le proprie reti mobili;
b) la definizione di un elevato «premio di mobilità a vantaggio degli operatori mobili, costituito da quella parte del prezzo delle chiamate da fisso a mobile - la cosiddetta terminazione - che Telecom Italia doveva versare nelle casse degli operatori mobili chiamati dalla rete fissa»;
la terminazione ha rappresentato, pertanto, nel settore della telefonia mobile, uno strumento molto efficace per gli investimenti in quanto, attraverso meccanismi asimmetrici sui prezzi praticati tra operatori per terminare le chiamate verso clienti mobili, si è riusciti a garantire sia il recupero degli investimenti per le - allora - nuove reti, sia ricavi congrui, in modo sostanzialmente neutro per il consumatore finale;
la notizia riportata dagli organi di stampa su citati, relativamente alla possibilità
che fondi pubblici vengano utilizzati per coprire gli investimenti in una infrastruttura che - anche nell'ipotesi di uso condiviso tra tutti gli operatori - se rispondente al vero, comporterebbe un vantaggio anticompetitivo, in virtù della attuale posizione di mercato, per l'operatore ex monopolista che, al contrario, dovrebbe essere chiamato ad investimenti in proprio assumendone il relativo rischio d'impresa;
l'eventuale utilizzo di fondi europei per la realizzazione di una infrastruttura a larga banda italiana corre il rischio di configurarsi come aiuto di Stato e, come tale, a rischio di bocciature da parte dell'Unione Europea;
un intervento di finanziamento della rete attraverso risorse pubbliche rischia di vanificare gli investimenti infrastrutturali di altri operatori e, quindi, di ricostituire una posizione di monopolio sulla rete di accesso, attraverso barriere di carattere economico e tecnologico alla concorrenza, allorquando, invece, sarebbe opportuno sviluppare una reale concorrenza attraverso la competizione ed innovazione di servizi;
al contrario, in vista dei necessari futuri impegni finanziari privati, pur nel rispetto della sua autonomia, sarebbe improrogabile che l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, definisca piani di incentivazione agli investimenti per gli operatori attraverso modelli di remunerazione tariffaria, anche nell'ambito delle istruttorie in corso presso l'Autorità per la definizione di criteri di valutazione per le tariffe di terminazione degli operatori alternativi, che tengano in considerazione gli investimenti effettuati in reti di accesso a larga banda -:
se il Ministro dello sviluppo economico essendo a conoscenza delle notizie di stampa riportate in premessa, non ritenga che il modello di mercato applicato con successo nel settore mobile debba essere replicato nella telefonia fissa in modo che, anche qui, attraverso un premio di terminazione asimmetrico, possano determinarsi incentivi ad investire in più reti di nuova generazione ingenerando così meccanismi virtuosi di concorrenza.
(5-01182)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BORDO e VICO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con decreto direttoriale n. 55 febbraio 2007 del 21 marzo 2007, la Direzione Generale per l'Energia e le Risorse Minerarie del dicastero interrogato ha ridefinito i termini di cui agli articoli 3 e 4 dell'autorizzazione unica, rilasciata con precedente decreto n. 55 febbraio 2002 del 20 dicembre 2002, relativa alla costruzione e all'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica a ciclo combinato della potenza di circa 400 MW, da ubicare in località Masseria Ratino dell'agro del Comune di San Severo, in provincia di Foggia;
tali termini, consequenziali al passaggio in giudicato l'11 giugno 2006 della sentenza del Consiglio di Stato n. 7387 del 2005 del 28 ottobre 2005, che respinse il ricorso presentato dall'amministrazione provinciale di Capitanata avverso il decreto autorizzatorio, sono stati così fissati:
a) 11 giugno 2007, appena decorso, quale data ultima per l'avvio dei lavori;
b) trenta mesi dalla data di avvio per terminare i lavori;
c) 11 dicembre 2009 per la messa in esercizio dell'impianto;
ognuno di questi termini, a norma di legge, è posto a pena di decadenza del decreto di autorizzazione;
l'avvio dei lavori, come è noto, è subordinato all'ottemperanza, da parte della ditta autorizzata, ad una serie di prescrizioni, contenute nel citato decreto di autorizzazione n. 55 febbraio 2002. Al riguardo, il Ministero dell'ambiente, con la recente nota protocollo n. 15961 in data 5 giugno 2007, ha evidenziato di non aver "ancora completato la verifica di ottemperanza
alla prescrizione n. 4 relativa al «suolo e sottosuolo» del detto decreto e che il completamento di tale verifica risulta preliminare all'avvio dei lavori". Nella stessa nota, peraltro, il Ministero ha anche sottolineato che solo in data 29 maggio 2007 è pervenuta, da parte della ditta, la documentazione necessaria alla verifica delle prescrizioni n. 2 «inserimento ambientale» e n. 5 «analisi di aspetti relativi alla sicurezza e rischi di incidenti», concludendo espressamente che in merito all'avvio dei lavori «corre l'obbligo di precisare che questi sono subordinati al completamento delle sopra richiamate verifiche di ottemperanza della prescrizione n. 4 già in corso di esame nonché alle verifiche di ottemperanza delle prescrizioni n. 2 e 5 in fase di avvio»;
ciò nonostante, la competente Direzione per l'energia e le risorse minerarie del dicastero interrogato, con nota protocollo n. 8822 del 5 giugno 2007, si è limitata a richiedere alla ditta informazioni circa la compatibilità della fase di avvio dei lavori di realizzazione dell'impianto con l'ottemperanza alle prescrizioni contenute nel decreto autorizzativo, senza però assumere provvedimenti al riguardo. Orbene, come ha accertato il Ministero dell'Ambiente, tale ottemperanza non è ad oggi verificata, e pertanto è da chiedersi se la ditta possa, allo stato dei fatti, legittimamente operare sul sito;
la necessità della preventiva ottemperanza alle prescrizioni venne per tempo evidenziata dal Sindaco della Città di San Severo nella memoria depositata il 2 agosto 2006 presso il Ministero dello sviluppo economico, in occasione dell'incontro convocato a seguito dell'emanazione di un'ordinanza comunale che interdiceva l'installazione del cantiere della centrale da parte della Enplus S.p.A.;
successivamente, la Direzione ministeriale competente sollecitò tutte le amministrazioni interessate a verificare l'ottemperanza alle condizioni da ciascuna poste nel decreto autorizzativo, e la ditta a provvedere, senza però assumere l'atto formale che subordinasse ad espresso nulla-osta ministeriale l'avvio dei lavori, come invece richiesto dalle amministrazioni locali della città e della Provincia, oltre che dal Governo regionale, ciascuna presente con i propri rappresentanti a quell'incontro;
il Comune di San Severo, poi, temendo che la ditta potesse avviare i lavori senza aver ottemperato alle prescrizioni, fece notificare in data 29 dicembre 2006 a mezzo di ufficiale giudiziario apposita diffida in tal senso al Ministero, finalizzata ad ottenere il provvedimento richiesto e non emanato;
insieme a tali aspetti inerenti le prescrizioni, occorre tener presente che la vicenda relativa alla centrale di San Severo presenta numerosi altri punti problematici, tuttora irrisolti;
in primis, va ricordato che la Regione Puglia, con formale delibera della Giunta Regionale n. 1004 del 12 luglio 2006, ha espressamente richiesto la revoca del decreto autorizzativo, avendo rilevato l'esistenza di vizi formali - relativi al mancato conseguimento dell'intesa Stato-Regione, non essendoci alcuna espressa delibera di Giunta Regionale in tal senso, ma una semplice nota di un dirigente della Regione - e sostanziali - relativi alla indeterminatezza dell'entità dell'intervento autorizzato, mancando una progettazione esecutiva dell'impianto. L'Assessore Regionale pugliese all'Assetto del Territorio, con nota protocollo n. 1146 del 2 settembre 2006, ribadiva la necessità di un intervento di revoca in autotutela della Direzione Generale per l'Energia del Ministero dello sviluppo economico, «con particolare riferimento ai vizi di legittimità relativi all'intesa Stato-Regione» che importano «l'inidoneità a produrre effetti dal punto di vista urbanistico ed edilizio della autorizzazione unica di cui al decreto 20 dicembre 2002 n.55 febbraio 2002, oltre alla richiesta di conoscere il progetto definitivo dell'opera;
al riguardo, lo stesso Ministero interrogato, con nota protocollo n. 4085 del 5
marzo 2007 - a firma «del Direttore Generale per l'energia e le risorse minerarie - richiese di valutare la possibilità di deferimento della questione al Consiglio dei Ministri da parte del Presidente del Consiglio, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c-bis) della legge n. 400 del 1988, «in considerazione delle differenti valutazioni inerenti il procedimento» emerse al riguardo tra il Ministero e la Regione Puglia;
la Presidenza del Consiglio dei ministri, con nota protocollo n. 8686 del 17 maggio 2007, in sostanza demanda al dicastero richiedente da un lato «l'autonoma valutazione di rimettere la prospettata questione al Consiglio dei Ministri», dall'altro di valutare «un'eventuale rinnovazione dell'iter procedimentale di cui all'articolo 1 della legge n. 55 del 2002, nei termini deliberati della regione Puglia, anche alla luce delle disposizioni di cui agli articolo 21 septies della legge n. 241 del 1990»; il Ministero interrogato, tuttavia, con nota del 23 maggio 2007, ha denegato entrambe le iniziative;
in secondo luogo, ma non da meno per importanza, va considerato che avverso la costruzione della centrale, la popolazione locale ha subito espresso dissenso ed avversità, mobilitandosi sia attraverso le organizzazioni ambientaliste, come la Legambiente ed il WWF, nelle loro articolazioni locali e nazionali, le organizzazioni sindacali e di categoria, le associazioni dei consumatori, quelle artigianali e agricole più rappresentative, Agenda 21 locale, sia attraverso le istituzioni, dando vita ad un movimento vero e proprio denominato «Rete No Centrale». Ad esso hanno via via aderito le amministrazioni locali, quali i comuni dell'area interessata (oltre a San Severo, anche Apricena, Torremaggiore, San Paolo Civitate, San Nicandro Garganico), altre istituzioni quali la Diocesi di San Severo e la stessa Azienda Sanitaria Locale, per:
a) il forte impatto a livello ambientale;
b) le ricadute sulla salute dei cittadini e sull'intera economia del comprensorio, che com'è noto si basa sulle produzioni agricole, fortemente compromesse dalla ubicazione dell'impianto in pieno Tavoliere;
c) l'assenza del Piano Energetico Ambientale Regionale (alla cui compatibilità era anche subordinato l'assenso reso dal Dirigente regionale, come riportato peraltro nello stesso decreto autorizzativo);
la centrale a turbogas di San Severo, quindi, oltre a trovare una forte e fondata ostilità da parte delle popolazioni locali e delle istituzioni comunali, provinciali e regionali, non sembra potersi realizzare allo stato attuale, viste le carenze sotto il profilo della mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione;
non da meno, e questa è la questione più delicata e controversa, preoccupa la palese mancata valutazione delle esigenze manifestate dal governo regionale, che vede incrinati fortemente i suoi poteri di pianificazione del territorio, sia nel campo energetico, in una regione che già contribuisce in maniera molto rilevante alla produzione di energia (già oggi ben oltre il proprio fabbisogno), sia nel campo delle azioni di sviluppo e promozione delle risorse territoriali, che ad avviso dell'interrogante addirittura vengono compromesse da scelte calate dall'alto che vanificano finanche gli investimenti dei fondi comunitari in agricoltura;
altri aspetti non trascurabili, sui quali non si può argomentare in modo dettagliato in questa sede, data la complessità della vicenda (per molti versi simile a tutte le autorizzazioni conseguite al cosiddetto «decreto sblocca-centrali», se è vero che dei 22 progetti di nuova potenza autorizzati in base alla legge n. 55 del 2002, eccettuate le modifiche di impianti esistenti, solo uno non risulta oggetto di contenzioso, come espressamente attestato a pagina 6 del rapporto trimestrale aprile
2006 della Direzione Generale per l'Energia e le Risorse Minerarie del Suo dicastero), sono i seguenti:
a) innanzi al TAR Puglia di Bari, pende ancora il giudizio di legittimità dell'ordinanza sindacale di inibizione dell'avvio dei lavori, emanata il 3 gennaio 2007 dopo la comunicazione della ditta di voler procedere senza che fosse stata verificata l'ottemperanza alle varie e numerose prescrizioni. Il giudice amministrativo di 1o grado ha respinto la richiesta di sospensiva presentata con il ricorso della Enplus, ma il Consiglio di Stato in data 29 maggio 2007 ha accolto l'appello della ditta ed ha concesso la sospensiva, in riforma dell'ordinanza TAR Puglia. Ciò non toglie che l'inadempienza della ditta, come dimostra la nota del Ministero dell'ambiente cui si è fatto riferimento prima, risulta documentalmente provata;
b) la ditta Enplus srl di Belluno risulta aver ottenuto dalla Direzione Generale ministeriale la voltura dell'autorizzazione unica relativa alla centrale soltanto il 6 settembre 2006, a seguito di istanza apposita avanzata in data 24 agosto 2006, data che coincide con quella in cui il Comune di San Severo, con nota fax n. 439-Gab, metteva in rilievo l'assenza di un formale atto ministeriale che attribuiva alla Enplus la titolarità dell'autorizzazione: ne discende che la ditta non poteva avviare i lavori a luglio 2006, non avendone titolo, e veniva ammessa a formali confronti ed incontri istituzionali in vece della ditta titolare Mirant Generation San Severo srl.;
c) la prima istanza di autorizzazione a realizzare la Centrale in oggetto venne presentata dalla Southern Energy Italia srl., mentre l'autorizzazione n. 55 del 2002 venne rilasciata alla Mirant Italia srl.; successivamente, in data 8 novembre 2005 l'autorizzazione venne volturata a favore della Mirant Generation San Severo srl., che ne è rimasta titolare fino al 6 settembre 2006. Stupisce che già dal gennaio 2006 la società Enplus S.p.A., pur non avendo alcun titolo relativo alla centrale, abbia iniziato a condurre incontri, inoltrare istanze, avviare procedure presso soggetti pubblici (Ministeri, Regione, Comune, Prefettura, Soprintendenze, eccetera) e che soltanto quando il Comune formalmente faceva rilevare questa circostanza al Ministero (vedi sopra) veniva presentata istanza di voltura ulteriore dell'autorizzazione, ottenuta in capo a Enplus srl. 48 ore dopo la presentazione della documentazione al Ministero. Per lo stesso impianto, quindi, si sono succedute cinque persone giuridiche diverse: 1. Southern Energy Italia srl. - 2. Mirant Italia srl. - 3. Mirant Generation San Severo srl. - 4. Enplus S.p.A. ed Enplus srl. Ci si chiede, perciò, quali siano gli accertamenti che la Direzione Generale competente abbia adottato per contrastare eventuali fenomeni speculativi nei passaggi della titolarità delle autorizzazioni rilasciate;
d) i tentativi di blitz della società Enplus, risultanti agli interroganti, anche prima della voltura dell'autorizzazione, ad iniziare i lavori, con la necessità di emissione di un'apposita ordinanza comunale (n. 314 del 25 luglio 2006), revocata dopo la convocazione dell'incontro del 2 agosto 2006 da parte del Ministero; nelle successive occasioni, l'annuncio di voler avviare i lavori è stato fatto da Enplus con fax recapitati la sera antecedente (2 gennaio 2007 alle 22.00 per il mattino successivo) o la sera stessa (29 maggio 2007 ore 19.00 per il medesimo giorno della Camera di Consiglio della Sezione V del Consiglio di Stato, a decisione ancora non depositata);
e) l'ambiguità nel dichiarare la tipologia dei lavori da parte della ditta, che forse per non incorrere nella infrazione della mancata ottemperanza alle prescrizioni del decreto, ha in un primo momento annunciato di voler «semplicemente» recintare il sito, per poi definire le opere quali «lavori preliminari di cantiere» e, da ultimo sostenere che si tratta di lavori ed opere «compatibili» con l'ordinanza sindacale da un lato e con le prescrizioni delle altre amministrazioni dall'altro: appare evidente, quindi, che nella consapevolezza di non poter avviare
la realizzazione dell'impianto senza aver prima ottemperato alle numerose e sostanziali prescrizioni preventive (in proposito è significativo il contenuto dell'ordinanza TAR Puglia n. 197 del 2007), la ditta Enplus abbia tentato di avviare le opere per non incorrere nella decadenza dall'autorizzazione (11 giugno 2007) -:
quali iniziative abbia avviato il Governo in merito alla centrale a turbogas di San Severo, e soprattutto se:
a) stia procedendo alla declaratoria di intervenuta decadenza dell'autorizzazione, dal momento che alla data dell'11 giugno appena decorso non risultano ottemperate le prescrizioni preliminari contenute nel decreto n.55 febbraio 2002, a cui è subordinato l'inizio dei lavori, come dichiarato espressamente anche dal Ministero dell'Ambiente con nota protocollo n. 15961 in data 5 giugno 2007, sopra richiamata;
b) stia procedendo alla autonoma nuova valutazione di deferire la questione al Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 5, comma 2 lettera c-bis) della legge n. 400 del 1988, in considerazione delle differenti valutazioni inerenti il procedimento emerse tra il Ministero e la Regione Puglia;
c) stia procedendo a valutare la necessità di un'eventuale rinnovazione dell'iter procedimentale di cui all'articolo 1 della legge n. 55 del 2002, nei termini deliberati della regione Puglia, anche alla luce delle disposizioni di cui agli articolo 21 septies della legge n. 241 del 1990;
d) stia considerando che la realizzazione della centrale, continuerà a trovare una forte e fondata ostilità da parte delle popolazioni locali e delle istituzioni comunali, provinciali e regionali, ancor più per l'accertata mancata ottemperanza, entro i termini di decadenza dell'autorizzazione, alle prescrizioni di cui si è detto;
e) stia valutando, e questa è questione ancor più delicata e controversa, le conseguenze della mancata valutazione delle esigenze manifestate dal governo regionale, che vede incrinati fortemente i suoi poteri di pianificazione del territorio, sia nel campo energetico, in una regione che già contribuisce in maniera molto rilevante alla produzione di energia (già oggi ben oltre il proprio fabbisogno), sia nel campo delle azioni di sviluppo e promozione delle risorse territoriali, addirittura compromesse da scelte che possono vanificare gli investimenti dei fondi comunitari in agricoltura;
f) stia valutando l'opportunità di emanare, con immediatezza, un provvedimento di blocco e di interdizione dei lavori di movimento terra che la ditta, nonostante l'intervenuta decorrenza dei termini e la mancata ottemperanza anzidette, ancora ha in corso sul sito interessato.
(5-01184)
Interrogazione a risposta scritta:
BELISARIO e RAITI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel numero del 2 febbraio 2007 del settimanale a diffusione nazionale «DIARIO» è apparsa un'inchiesta a firma del giornalista, Mario Portanova con la quale venivano segnalate una serie di possibili alterazioni dei dati relativi ai sinistri all'interno dei centri di liquidazione danni delle maggiori compagnie assicurative italiane che, come è noto, negli ultimi anni si sono consorziate per la gestione in comune dei servizi di liquidazione (fra questi Fondiaria - Sai - Milano, Generali - Assitalia-Fata, Ras-Allianz-Bernese, Unipolaurora-Navale, eccetera), mantenendo sostanzialmente scorporate le singole imprese per la raccolta dei premi e la fornitura dei prodotti e servizi assicurativi;
in particolare, un'intervista ad un ex ispettore sinistri, che aveva già denunciato tali prassi alla Procura di Lecce, evidenziava come attraverso «semplici trucchetti» venivano alterati alcuni dati «grazie ai quali i premi delle polizze continuano ad
aumentare, i bilanci delle compagnie vengono alterati...»: fra questi l'apertura fittizia di sinistri allo scopo di aumentarne la frequenza;
esige il dato più inquietante che emergeva è che se «queste stesse manipolazioni fossero state eseguite a livello di tutti gli ispettorati dei maggiori gruppi assicurativi... il risultato sarebbe stato un aumento vertiginoso dei sinistri. Vale a dire un danno agli assicurati, poiché il solo scopo del trucco era il mantenimento di elevati livelli tariffari. Tanto nessuno può controllare queste procedure, se non le stesse compagnie...»;
queste circostanze sarebbero confermate anche da altri addetti agli ispettorati sinistri di altre compagnie del territorio nazionale;
in virtù dei sistemi informatici utilizzati all'interno degli ispettorati di gruppo avverrebbe uno scambio dei dati sensibili di assicurati e danneggiati delle compagnie consorziate, senza alcun riguardo per il diritto alla privacy;
tale scambio di dati relativi al numero dei sinistri, e ai pagamenti, se gli stessi fossero conosciuti da tutte le compagnie all'interno dello stesso gruppo, potrebbe comportare una violazione della normativa antitrust o un aggiramento della normativa stessa;
l'eventuale alterazione dei dati statistici all'interno degli ispettorati sinistri e le eventuali anomalie indicate nella citata inchiesta possono comportare un'alterazione del leale svolgimento dei mercati assicurativi e quindi possono essere in grado di aumentare le tariffe relative ai premi di assicurazione;
allo stato, ai sensi del decreto legislativo n. 209 del 2005 (Codice delle Assicurazioni), il nostro ordinamento affiderebbe il controllo e la vigilanza sulle compagnie e sui gruppi di assicurazioni, all'organismo di vigilanza ISVAP -:
se non intenda chiarire, anche attraverso eventuali iniziative legislative, se la normativa sui poteri di vigilanza dell'ISVAP, permetta il controllo diretto e la vigilanza sui dati relativi alla gestione interna e tecnica dei servizi di liquidazione sinistri delle Compagnie assicurative e di quelli di gruppo, e quindi l'esercizio dei poteri prescrittivi e repressivi conseguenti, o relega l'ISVAP ad un ruolo di mero organo accertatore dei dati e delle statistiche fornite dalle compagnie e dai gruppi assicurativi, specie in tema di numero di sinistri, pagamenti e costi;
quali siano i dati di cui il ministero dispone, anche ai sensi dell'articolo 136 del citato codice delle assicurazioni, in merito alle vicende esposte.
(4-04166)