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Allegato A
Seduta n. 184 del 5/7/2007
...
(Sezione 8 - Accadimenti verificatisi nel corso della campagna elettorale per le elezioni comunali di Cosenza)
H)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
in data 7 maggio 2006 l'onorevole Nicola Adamo, esponente di spicco del partito Ds in Calabria, intervenendo ad un'importante manifestazione elettorale per le elezioni comunali di Cosenza in favore del candidato a sindaco avvocato Salvatore Perugini, affermava che nelle liste che sostenevano la candidatura alla carica di sindaco dell'onorevole Giacomo Mancini vi fossero «gruppi criminali che ostacolano la crescita della città attraverso un impegno diretto in politica», «delinquenti noti ai cittadini», «noti gruppi malavitosi che sono organici a questo sistema al punto tale che impediscono anche lo svolgimento di una corretta campagna elettorale in alcune zone della città»,
e ancora che «gruppi delinquenziali sono al servizio di alcuni» e «addirittura nostri candidati sono impediti in alcune zone nel fare campagna elettorale»;
tali affermazioni, tanto gravi quanto false, erano pubblicate con enorme risalto sui quotidiani locali il giorno successivo e diventavano argomento centrale della campagna elettorale del partito dei Ds che sull'argomento imbastivano quella che gli interpellanti reputano una violenta campagna di odio e di falsità promuovendo numerose iniziative pubbliche accompagnate dalla diffusione di un numero impressionante di volantini e di manifesti distribuiti capillarmente in ogni zona della città;
in data 9 maggio 2006 a Cosenza si svolgeva la conferenza regionale sulla sicurezza, alla quale partecipavano i prefetti, i questori (tra i quali naturalmente il dottor Guido Marino, questore di Cosenza), i comandanti regionali e provinciali dei carabinieri, della guardia di finanza, del Corpo forestale dello stato e il provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria della Calabria;
nel corso dei lavori il prefetto dottor Luigi De Sena era sollecitato dai giornalisti che seguivano numerosi la conferenza anche per interrogarlo e per avere chiarimenti su quello che era diventato l'argomento centrale della campagna elettorale di Cosenza;
a tali legittime richieste, il prefetto De Sena rispondeva perentorio: «sono valutazioni di carattere politico. Per quanto ci riguarda non abbiamo ravvisato a Cosenza, come nelle altre realtà regionali interessate dalle elezioni, tali emergenze». E ribadiva, sconfessando di fatto quella che agli interpellanti appare una vera e propria campagna di odio imbastita dall'onorevole Adamo, che: «non c'è una influenza determinante della 'ndrangheta nelle elezioni» e poi opportunamente chiosava: «certo anche loro però votano»;
l'intervento chiarificatore del prefetto De Sena era pubblicato sui giornali locali l'indomani;
in data 22 maggio 2006, a soli sei giorni dal voto, gli agenti della digos, diretti dal dottor Alfredo Cantafora, si recavano presso gli uffici del comune di Cosenza per «sequestrare» le liste elettorali dei candidati al consiglio comunale;
lo stesso giorno le televisioni e le radio locali e regionali, ed il giorno successivo i quotidiani, comunicavano con grande enfasi la notizia, spiegando che l'operazione della digos era stata ordinata con esplicito mandato a firma della dottoressa Raffaella Sforza, sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro;
tutti i mezzi di informazione mettevano in relazione le denunce dell'onorevole Adamo con l'azione della digos. Alcuni quotidiani, addirittura, pubblicavano la foto dell'onorevole Adamo al fianco di quella della dottoressa Sforza, alimentando il messaggio secondo il quale tra la denuncia del dirigente politico e l'azione della polizia, disposta dal magistrato, vi fosse uno stretto collegamento e ancora di più un nesso causale;
fino al giorno del voto il partito dei Ds e tutto il raggruppamento che supportava la candidatura a sindaco dell'avvocato Salvatore Perugini utilizzava, nelle numerosissime manifestazioni, l'azione della digos come una chiara conferma della veridicità delle affermazioni dell'onorevole Adamo e di conseguenza propagandavano l'indegnità delle liste elettorali che supportavano la candidatura dell'onorevole Giacomo Mancini;
in data 23 maggio 2006, il senatore Antonio Gentile di Forza Italia interveniva sulla vicenda del «sequestro» delle liste, dichiarando: «la direzione distrettuale antimafia ha richiesto i dati anagrafici dei candidati alle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Cosenza. Tale iniziativa è intervenuta per notitia criminis, subito dopo la denuncia dell'onorevole Nicola Adamo che aveva parlato di - interi quartieri di Cosenza dove non era garantita l'agibilità democratica -. A Cosenza
c'è un clima di paura. In interi quartieri viene messa a rischio l'agibilità reale dei partiti democratici»;
sempre il senatore Gentile, nello stesso comunicato, continuava chiedendo: «se non sia il caso di valutare l'escalation dei fatti accaduti al fine di pervenire ad una decisione definitiva che possa prevedere il rinvio delle elezioni comunali di Cosenza consentendo agli organi competenti di poter svolgere le indagini del caso restituendo alla città un clima di serenità, osservando il pieno rispetto delle leggi e delle regole troppe volte palesemente violate»;
è utile ricordare che il consigliere regionale Giuseppe Gentile di Forza Italia, in quelle elezioni comunali di Cosenza doveva essere il candidato alla carica di sindaco per l'intera coalizione di centrodestra. Per supportare tale candidatura, erano state definite una serie di liste di candidati al consiglio comunale da collegare al candidato a sindaco. A poche ore dalla scadenza ufficiale del termine della presentazione delle liste, però, Giuseppe Gentile ritirava la sua candidatura, indicando quale candidato a sindaco l'allora segretario provinciale di Forza Italia, dottor Sergio Bartoletti. Questi, formalmente candidato, veniva contestualmente abbandonato dalle liste già approntate per supportare Giuseppe Gentile. Il dottor Bartoletti doveva rinunciare anche alla lista di Forza Italia, che veniva esclusa dalla competente commissione elettorale. Sulla vicenda dell'esclusione della lista di Forza Italia pende procedimento penale presso la procura della Repubblica di Cosenza;
sempre in data 23 maggio 2006, il Quotidiano della Calabria faceva riferimento ad un chiarimento proveniente, a detta dell'articolista, dalla questura;
le parole non sono virgolettate e sono riportate soltanto da questa testata;
le stesse, però, sono altamente significative: «il questore Guido Marino precisa meglio il senso dell'acquisizione delle liste elettorali da parte della digos. Al momento si tratta di un'acquisizione e non di un sequestro. La differenza non è di poco conto perché il sequestro presuppone proprio la consumazione di un reato che in questo caso è tutto da verificare. Allo stato non ci sono ancora indagati»;
in data 28 e 29 maggio 2006, in un contesto oggettivamente condizionato, ad avviso degli interpellanti, dai fatti sopraesposti i cosentini andavano a votare. L'avvocato Salvatore Perugini solo per poche centinaia di voti superava il 50 per cento dei consensi. Solo per 829 voti non si è disputato il turno di ballottaggio tra i due candidati a sindaco più votati e cioè tra l'avvocato Salvatore Perugini e l'onorevole Giacomo Mancini;
in data 14 marzo 2007 il sottosegretario alla giustizia onorevole Luigi Li Gotti, rispondendo ad una interrogazione parlamentare, annunciata in data 17 giugno 2006, trasformata in interrogazione a risposta in commissione il 4 luglio 2006 e discussa in Commissione giustizia in data 13 marzo 2007 dall'onorevole Enrico Buemi, affermava che «la procura della Repubblica di Catanzaro ha comunicato che il sostituto procuratore Sforza non ha conferito alcuna delega per l'acquisizione di copia delle liste dei candidati al consiglio comunale di Cosenza» nonché «che da parte dello stesso ufficio di procura non vi è stata alcuna richiesta di documentazione»;
lo stesso giorno, interpellato dai giornalisti che avevano appena appreso le parole chiare del sottosegretario, il questore di Cosenza, dottor Guido Marino, spiegava «che non c'è stato da parte nostra nessun sequestro. Abbiamo messo in atto una normale attività di controllo; più che normale, doverosa. All'epoca tutti i giornali locali riportavano diffusamente di autorevoli esponenti politici che parlavano di inquinamento delle liste elettorali. A quel punto abbiamo voluto vederci chiaro. Ma non abbiamo sequestrato nulla, ci siamo limitati ad acquisire tutti i nomi dei candidati. Niente di scandaloso. Tutti i
cittadini li conoscono. Sono affissi negli appositi spazi elettorali. Abbiamo fatto quindi attività di tipo esplorativo, l'esito della quale è stato riferito alla commissione elettorale centrale» -:
se il Ministro interpellato non ritenga che la condotta del dottor Alfredo Cantafora, collegata per nesso temporale alle imprecisate denuncie di una parte politica, non abbia di fatto sostenuto quella campagna che da una parte politica proveniva e, di conseguenza, abbia interferito sul democratico svolgimento della campagna elettorale;
su ordine di chi, in che forma e per quali motivi, il dottor Alfredo Cantafora, non avendo ricevuto alcun mandato dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, si è recato ad «acquisire» i nomi dei candidati delle liste elettorali depositate al comune di Cosenza;
per quale motivo si sia deciso di «acquisire» i predetti nomi con tanto clamore anziché attraverso la semplice lettura delle pubblicazioni affisse sui muri della città;
per quali motivi non siano state tenute nella debita considerazione dalla questura di Cosenza le autorevoli dichiarazioni rilasciate dal prefetto dottor Luigi De Sena il 9 maggio 2006 che smentivano, a soli due giorni dalla loro formulazione, le affermazioni dell'onorevole Adamo;
per quali motivi l'intervento della questura non avvenne nell'immediatezza delle affermazioni dell'onorevole Adamo, risalenti al 7 maggio 2006, ma, al contrario, il 22 maggio 2006, a soli sei giorni dal voto;
per quali motivi la questura di Cosenza non ha smentito, diversamente da come appariva sulle prime pagine della stampa locale, che non si trattava di sequestro e che non aveva ricevuto alcun mandato dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, né per sequestrare né per acquisire le liste elettorali;
chi e per conto di chi, considerato che la notizia dell'intervento della digos fu pubblicata su tutti i mezzi d'informazione, utilizzando le medesime espressioni e quasi le medesime parole, fu a divulgare quella che appare essere una velina.
(2-00619)
«Villetti, Boselli, Mancini, Antinucci, Beltrandi, Buemi, Buglio, Crema, D'Elia, Di Gioia, Mellano, Angelo Piazza, Poretti, Schietroma, Turco».