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Allegato B
Seduta n. 189 del 16/7/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ALESSANDRI e MOTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
a Parma, in via Langhirano n. 1, ha sede il «Centro Amministrativo Contabile» di Banca Intesa S.p.A., già «Centro Contabile» dell'ex Banca Commerciale Italiana, sorto nella metà del secolo scorso;
fino a pochi anni fa lavoravano presso il «Centro Amministrativo Contabile» circa novecentocinquanta dipendenti, a cui si aggiungevano i lavoratori di molte ditte esterne;
a seguito della procedura di «esodo obbligatorio», adottata successivamente all'assorbimento della Banca Commerciale Italiana da parte di Banca Intesa (intervenuta nel 2001), il numero di dipendenti del «Centro Amministrativo Contabile» si è progressivamente ridotto;
successivamente all'acquisizione della Cassa di Risparmio di Parma da parte di Banca Intesa, il «Centro Amministrativo Contabile» svolgeva la propria attività anche a favore della predetta Cassa di Risparmio di Parma;
attualmente i dipendenti del «Centro Amministrativo Contabile» sono circa settecento, a cui si aggiungono alcune centinaia di dipendenti delle ditte esterne che lavorano in appalto;
con circa settecento dipendenti, il «Centro Amministrativo Contabile» rappresenta una delle più importanti realtà occupazionali di Parma;
negli ultimi anni le maggiori realtà industriali di Parma sono state interessate da diverse crisi, che in alcuni casi ne hanno determinato la chiusura (ad esempio Parmatour), ed in altri casi l'adozione di drastici «tagli» occupazionali;
successivamente all'acquisizione della Cassa di Risparmio di Parma da parte della francese Crèdit Agricole, l'istituto di credito parmigiano ha annunciato l'intenzione di trasferire rapidamente presso il proprio «Centro Servizi» di Parma, loc. Cavagnari, l'attività precedentemente svolta presso il «Centro Amministrativo Contabile» di Via Langhirano;
i 700 dipendenti del «Centro Amministrativo Contabile», ed i dipendenti delle ditte che lavorano in appalto, sono fortemente preoccupati per l'eventuale perdita del posto di lavoro;
infatti, successivamente alla fusione tra Banca Intesa ed il gruppo San Paolo IMI, vi è la preoccupazione che il «Centro Amministrativo Contabile» di Parma non sia più considerato strategico (anche a seguito dell'intervenuta cessione della Cassa di Risparmio di Parma);
esiste la fondata preoccupazione, tempestivamente denunciata dalla Federazione Autonoma Bancari italiani (FABI), che il gruppo Intesa-San Paolo possa progressivamente abbandonare Parma, «traslocando» a Moncalieri (Torino), presso il Centro Contabile ex San Paolo;
il Comune di Torino, che riveste un ruolo strategico nella compagine azionaria di Intesa-San Paolo, è fortemente interessato ad un potenziamento del Centro Contabile di Moncalieri (Torino);
la scelta del progressivo trasferimento a Moncalieri (Torino), delle attuali attività svolte presso il «Centro Contabile Amministrativo» di Parma, rischia di determinare la perdita di oltre settecento posti nella città emiliana;
al fine di tutelare gli attuali livelli occupazionali del «Centro Contabile Amministrativo» di via Langhirano, le organizzazioni sindacali di categoria hanno promosso incontri con le istituzioni locali di Parma -:
se quanto riportato corrisponda al vero;
quali iniziative intenda assumere al fine di garantire il mantenimento dei livelli, occupazionali del «Centro Contabile Amministrativo» con sede in Parma, via Langhirano n. 1 di proprietà di Intesa-San Paolo;
se non ritiene opportuno attivare un «tavolo di regia» finalizzato a garantire un'adeguata attenzione al problema del futuro lavorativo dei dipendenti del «Centro Amministrativo Contabile» di Parma.
(4-03197)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione indicata in esame concernente il Centro contabile amministrativo di Parma del Gruppo Intesa San Paolo.
Al riguardo, la segreteria del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, ha fatto presente, in via generale, che le decisioni attinenti alle strategie di sviluppo e alla scelta del modello organizzativo, al pari delle scelte in materia di erogazione del credito, costituiscono espressione tipica dell'attività di impresa e sono, pertanto, rimesse all'autonomia delle banche, nel rispetto delle norme vigenti.
In linea con tali disposizioni, le operazioni di acquisizione del controllo di una banca e di consolidamento e razionalizzazione societaria dei gruppi bancari sono valutate dall'Organo di vigilanza alla luce degli obiettivi della sana e prudente gestione e della stabilità degli intermediari vigilati, tenendo conto dell'osservanza delle regole prudenziali e della coerenza del piano industriale con gli obiettivi strategici e di crescita dimensionale.
Per quanto riguarda i profili relativi ai livelli occupazionali del Gruppo Intesa San Paolo, occorre premettere che la materia attinente alle politiche di gestione del personale è rimessa alla contrattazione tra banca, quale datore di lavoro, e organizzazioni sindacali dei lavoratori.
In ordine, poi, alla possibilità per i dipendenti del San Paolo di accedere al «Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale dipendente dalle imprese di credito» - istituito presso l'INPS e regolato dal decreto ministeriale n. 158 del 28 aprile 2000 - si fa presente che, in data 1 dicembre 2006, il Gruppo Intesa San Paolo ha concordato con le organizzazioni sindacali un piano di riduzione del personale, su base volontaria, con accesso al citato Fondo.
La valutazione in merito alle istanze di accesso al citato Fondo è rimessa ad un apposito «Comitato amministratore», in base alle modalità e ai requisiti stabiliti dal citato decreto ministeriale n. 158 del 2000.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Roberto Pinza.
ASCIERTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel corso della discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 27 settembre 2006, n. 260, recante misure urgenti per la funzionalità dell'amministrazione della Pubblica Sicurezza, il Governo ha accolto, nella seduta del 10 ottobre 2006, l'ordine del giorno 9/1704/1, a firma degli Onorevoli Santelli, D'Alia e Ascierto, così come riformulato in corso di seduta su richiesta dell'Onorevole Minniti, in qualità di rappresentante del Governo,
con il quale si impegnava il Governo a «verificare la possibilità di assumere tre candidati risultati idonei al concorso interno per dieci posti per l'accesso al ruolo dei commissari della Polizia di Stato, indetto con decreto ministeriale dello febbraio 2005»;
il concorso di cui si tratta è un concorso interno per titoli ed esami, indetto con decreto ministeriale 1 febbraio 2005, a dieci posti per l'accesso al ruolo dei Commissari della Polizia di Stato, che, tra l'altro, contrariamente alla prassi attuata nei precedenti analoghi concorsi, non sarebbero ancora stati avviati al corso di formazione;
giova ricordare che, causa la cronica carenza di personale appartenente ai ruoli dei Commissari della Polizia di Stato, in passato si è sempre provveduto, per i concorsi analoghi, mediante disposizioni di legge o decreti ministeriali, ad avviare anche gli idonei non vincitori di precedenti graduatorie ancora valide, ad integrazione di posti resisi disponibili per allargamento o per defezioni improvvise;
lo scorso anno, ad esempio, all'esito della sopra menzionata procedura, dopo che i dieci vincitori del concorso interno erano già stati avviati alla frequenza del prescritto corso di formazione presso l'Istituto Superiore di Polizia, nel mese di gennaio 2006, a seguito di alcune defezioni verificatesi subito dopo l'inizio del prescritto corso di formazione da parte di soggetti vincitori del concorso pubblico, sono stati convocati degli idonei non vincitori, in numero di cinque unità;
questo ed altri casi confermano che la prassi costante dell'Amministrazione è quella di scorrere le graduatorie fino ad esaurimento delle stesse;
inoltre, nell'ultima tornata concorsuale, contrariamente a quanto ci si potesse aspettare visti i precedenti e le procedure oramai ricorrenti, sono stati avviati al relativo corso di formazione soltanto 47 unità su 50 previste: 10 unità provenienti dal concorso interno e soltanto 37 unità (non esistono idonei) sui 40 posti previsti dal concorso pubblico, e, quindi, ben tre sono le unità in meno rispetto alle acclarate esigenze di organico che erano state fissate in cinquanta unità, e che sono proprio in numero corrispondente agli idonei della graduatoria tuttora valida, determinandosi così la situazione di cui all'oggetto del presente atto di sindacato ispettivo, così come del citato ordine del giorno 9/1704/1 e dell'interrogazione a risposta scritta 4-02499 presentata dall'Onorevole Santelli nella seduta del 7 febbraio 2007 -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in ordine ai fatti esposti in premessa, se siano state espletate le verifiche previste dall'ordine del giorno citato, e quali iniziative intenda assumere al fine di poter avviare quanto prima i tre soggetti risultati idonei al concorso indetto con decreto ministeriale 1 febbraio 2005 al relativo corso di formazione.
(4-03190)
Risposta. - Nel rispondere, si premette che l'ordine del giorno n. 9/1704/1, secondo la nuova formulazione definita nel corso della seduta dell'Assemblea della Camera dei Deputati n. 50 del 10 ottobre 2006, ha impegnato il Governo «a verificare la possibilità di assumere tre candidati risultati idonei al concorso interno per 10 posti per l'accesso al ruolo dei commissari della Polizia di Stato, indetto con decreto ministeriale del 1 febbraio 2003».
Al riguardo, si comunica che, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei commissari della Polizia di Stato avviene mediante concorso pubblico per esami, ovvero, nel limite del 20 per cento dei posti disponibili, mediante concorso interno per titoli ed esami al quale è ammesso a partecipare il personale della Polizia di Stato in possesso dei titoli e dei requisiti previsti dalla legge.
Nell'anno 2005, per la copertura dei 50 posti disponibili sono stati indetti:
con decreto ministeriale del 28 gennaio 2005, il concorso pubblico per esami per il conferimento di 40 posti per l'accesso alla carriera suindicata;
con decreto ministeriale del 1 febbraio 2005, il concorso interno per titoli ed esami per il conferimento dei restanti 10 posti.
Le relative prove sono state superate rispettivamente da 41 e 14 candidati ed i vincitori dei due concorsi, nel numero di 40 e 10, sono stati avviati, il 29 dicembre 2005, al previsto corso di formazione.
Dei rimanenti cinque candidati non avviati al corso di formazione - uno per il concorso pubblico e 4 per il concorso interno - è stato possibile assumerne soltanto due. Questi ultimi, infatti, essendo anche risultati idonei non vincitori dei concorsi per l'accesso alla medesima carriera, indetti con decreti ministeriali del 5 e del 25 febbraio 2004, hanno potuto beneficiare della previsione contenuta nell'articolo 4-bis del decreto-legge n. 45 del 2005, convertito dalla legge n. 89 del 2005, che ha autorizzato, fra l'altro, la graduale assunzione, entro il 2008, degli idonei delle richiamate procedure concorsuali.
Espletate le necessarie verifiche, così come previsto dall'ordine del giorno approvato, non si sono riscontrate le condizioni per assumere gli altri tre idonei del concorso interno bandito il 1 febbraio 2005.
Si precisa, infatti, che in assenza di diverse disposizioni normative, la citata riserva del 20 per cento dei posti disponibili individuata dalla legge per coloro che partecipano al concorso interno, ha carattere non derogabile. Si precisa, altresì, che le procedure relative al concorso pubblico ed al concorso interno per l'accesso al ruolo dei commissari, pur concorrendo entrambe alla copertura dei posti relativi al fabbisogno complessivo, operano in modo separato.
Pertanto, non risulta possibile assumere idonei non vincitori di un concorso - nella specie il concorso interno - a fronte della mancata copertura di posti verificatasi nell'altra procedura concorsuale - quella relativa al concorso pubblico - a meno che non intervenga un provvedimento legislativo ad hoc.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
BELLOTTI. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
l'Italia, come altri Paesi europei, da Paese di emigrazione è divenuto, da tempo, Paese di immigrazione: tale fenomeno ha ingenerato non pochi problemi con riguardo soprattutto al processo teso a garantire una effettiva integrazione dei migranti;
il Comune, come ente territoriale originario, ha da sempre rappresentato per la cittadinanza anche l'espressione identitaria della propria comunità locale;
la leale collaborazione e il dialogo tra i diversi enti territoriali costitutivi della Repubblica, e tra questi e gli immigrati, sono stati considerati come strumenti essenziali, in maniera trasversale, da tutte le forze politiche, al fine di evitare situazioni di intolleranza e permettere una graduale, pacifica ed effettiva integrazione dei migranti nella comunità nazionale;
da quanto emerge, dall'articolo apparso sul Gazzettino venerdì 11 gennaio 2007 «Clan Rom di Bologna trasloca a Crespino. Il sindaco contrariato: un grosso problema», si sarebbe determinato un caso di mancata applicazione del principio di leale collaborazione che deve contraddistinguere, tra gli altri, i rapporti tra i diversi enti territoriali costitutivi della Repubblica;
sulla base di quanto dichiarato nell'articolo succitato, una comunità Rom di 32 persone sarebbe arrivata nel comune di Crispino per alloggiare in un appartamento affittato per loro dalla Onlus Lega per i Diritti e la Solidarietà fra i Popoli, a seguito di un progetto presentato da quest'ultima per accoglierli, presso la Consulta «contro l'esclusione sociale» del comune di Bologna, la quale l'avrebbe valutato, approvato ed anche finanziato (4.000 euro);
il primo cittadino del comune di Crespino, non essendo stato informato del trasferimento, avrebbe espresso rammarico e disappunto nei confronti della condotta del comune di Bologna, sottolineando le potenziali conseguenze sociali
negative che tale trasferimento potrebbe avere sulla piccola comunità locale;
l'episodio fa emergere da una parte la difficoltà nella gestione del fenomeno dell'immigrazione che interessa non solo i territori in questione ma l'intero territorio nazionale, dall'altra la poca sensibilità da parte di alcune istituzioni nell'affrontare il problema;
il fatto sopra descritto, inoltre, mette in rilievo l'emergere di sfide e bisogni sempre nuovi che si pongono alla società e alle istituzioni e conseguentemente l'esigenza di rafforzare e non depotenziare l'applicazione di un principio costituzionale quale quello della leale collaborazione -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure concrete di propria competenza intenda adottare affinché si introducano serie politiche atte ad affrontare il problema dell'immigrazione e dell'integrazione degli immigrati, contemperando i diversi e contrapposti interessi che emergono e che hanno tutti diritto ad essere garantiti in ciascuna comunità locale;
se non ritenga di dover adottare iniziative volte a impedire che un comune possa approvare e finanziare un progetto di una Onlus per l'accoglimento di Rom in un territorio diverso dalla propria area di competenza, senza aver previamente informato e ricevuto l'assenso da parte del Comune destinatario del trasferimento;
se sia intenzione del Governo adottare provvedimenti tesi a rafforzare, senza incidere nella propria sfera di autonomia, i rapporti tra gli Enti territoriali, soprattutto quelli più vicini al cittadino, affinché il principio costituzionale di leale collaborazione diventi, tra gli altri, strumento-chiave effettivo di regolazione dei rapporti tra gli enti territoriali costitutivi della Repubblica;
quali misure di propria competenza il Governo intenda adottare per l'integrazione delle popolazioni nomadi in Italia.
(4-02398)
Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, si precisa preliminarmente di condividere l'opinione dell'interrogante in merito al fatto che le dimensioni e la stabilità della presenza straniera impongono il problema dell'integrazione e del riconoscimento dei loro diritti tra gli impegni centrali del Governo. Per quanto riguarda, nello specifico, le condizioni di vita delle popolazioni Rom, Sinti e Camminanti, per le quali l'Italia è stata oggetto di rilievi e raccomandazioni da parte degli organismi delle Nazioni Unite e del Consiglio d'Europa, si ritiene che la situazione in cui versano i campi nomadi sia di assoluto degrado e che sia intollerabile che tale problema non trovi una soluzione adeguata, tanto più che larga parte di coloro che sono chiamati nomadi, in Italia, sono in realtà, stanziali. È necessario, quindi, lavorare per il superamento dei «campi» al fine dell'inserimento in un tessuto abitativo «normale» dentro il territorio. È però evidente come il problema del nostro rapporto con i nomadi si deve affrontare alla radice, vale a dire a partire dall'abitudine a considerare come «altro» e pericoloso ciò che appare come diverso da noi.
La situazione dei nomadi in Italia non è stata affrontata per molti anni, se non attraverso misure repressive e atteggiamenti discriminatori.
Per quanto attiene al rafforzamento dei rapporti con gli enti territoriali si fa presente che, recentemente, il Ministero della solidarietà sociale ha attivato un tavolo informale, con i rappresentanti delle associazioni nomadi che operano nel nostro paese, quelli delle associazioni che si occupano di questo tema ed i rappresentanti delle regioni e degli enti locali, per studiare insieme la situazione e le forme di intervento. In tale sede di dialogo e confronto sono state discusse le questioni relative alle situazioni di marginalità abitativa, devianza e accesso ai servizi sociali.
Tra le priorità sulle quali si deve intervenire si segnala prima di tutto quella relativa al disagio abitativo, senza alcun dubbio la questione emergente e centrale, che deve essere risolta in modo strutturale e non come è successo fino ad oggi con interventi estemporanei e spesso scoordinati.
Intanto, si prevede di realizzare un intervento sperimentale per il superamento dei campi nomadi, anche con il ricorso alla «autocostruzione» per l'inserimento dei nomadi nel tessuto abitativo nazionale.
L'altra questione decisiva è quella dell'inserimento scolastico. Su questo punto è stato avviato un percorso con il Ministero della pubblica istruzione per studiare le soluzioni migliori e avere prima di tutto il quadro esatto della situazione attuale in materia.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
BODEGA e COTA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il Sin.Pa. è un'organizzazione sindacale di carattere nazionale, regolarmente costituita e strutturata in nove Regioni ed in più di trenta Province, iscrivente oltre 350.000 lavoratori dipendenti, il cui numero risulta essere in continuo aumento;
la significativa partecipazione di iscritti rappresenta in particolare i territori e i settori produttivi del Nord d'Italia, ossia delle Regioni e Province che costituiscono la parte dello Stato maggiormente industrializzata;
l'organizzazione degli iscritti e della struttura è diffusa sul piano nazionale mediante una strategia sindacale e contrattuale omogenea, che garantisce adeguata rappresentatività degli interessi generali di tutti i lavoratori dipendenti, senza dimenticare le specifiche problematiche dei territori del Nord cui il Sin.Pa. risulta particolarmente legato;
nei quindici anni di attività, il sindacato ha compiutamente svolto innumerevoli vertenze individuali e collettive, aziendali e territoriali, introducendo nel dibattito e nell'iniziativa sindacale elementi innovativi, come l'istituzione degli asili nido all'interno delle aziende e dei luoghi di lavoro, il riconoscimento dei diritti delle donne lavoratrici e la tutela nella contrattazione salariale del reddito familiare;
nel 2004, in occasione della pubblicazione dell'avviso di rinnovo del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro per il periodo 2005-2010, il Sin.Pa. ha provveduto a designare i propri rappresentanti all'interno della suddetta compagine per i settori dell'industria, del commercio, dell'artigianato, dei servizi e del trasporto, allegando a sostegno della candidatura la necessaria documentazione attestante rappresentatività ed organizzazione dell'attività sul territorio;
successivamente, ulteriori elementi di valutazione per l'accoglimento della domanda sono stati forniti su richiesta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in particolare con riguardo all'indicazione degli iscritti e della loro ripartizione territoriale e alla segnalazione delle sedi regionali e provinciali in cui si articola la struttura dell'organizzazione;
lo stesso Ministero del lavoro ha provveduto a formalizzare al Presidente del Consiglio dei ministri la proposta di assegnazione di un candidato del Sin.Pa. all'interno del C.N.E.L., in rappresentanza del settore dell'industria, in ragione della maggiore consistenza associativa, ancor più significativa in considerazione della concentrazione di adesioni nelle Regioni a più elevata densità industriale;
nonostante ciò, nel 2005 il Sin.Pa. ha ricevuto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri comunicazione non motivata di esclusione dall'elenco dei rappresentanti nel C.N.E.L. delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato;
avverso tale esclusione il sindacato proponeva alla Presidenza del Consiglio un chiarimento poi avvenuto durante un'audizione alla quale hanno partecipato tutte le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti interessate, nessuna di esse obiettando alcunché della lunga esposizione degli elementi di valutazione indicati dal Sin.Pa. per la sua partecipazione al Consiglio economico;
nella Gazzetta Ufficiale del 20 settembre 2005 n. 219, è stato dunque pubblicato
il decreto del Presidente della Repubblica con il quale, valorizzando il principio del pluralismo nella rappresentatività, si è reputata opportuna la partecipazione del Sin.Pa. in seno al C.N.E.L., in ragione del fatto che l'organizzazione ha registrato un consistente incremento negli ultimi anni, in particolare nel settore industria, tant'è che lo stesso è arrivato anche a far parte del Comitato economico e sociale europeo per il mandato 2002-2006;
al Sin.Pa. veniva dunque riconosciuto un componente nel C.N.E.L. per il comparto industria, a fronte peraltro di ben sedici rappresentanti della CGIL;
tuttavia, la stessa CGIL ricorreva al TAR del Lazio chiedendo l'annullamento dei provvedimenti riguardanti la nomina del rappresentante del Sin.Pa. all'interno del C.N.E.L., previa sospensione di tutti i relativi effetti;
il Tar del Lazio, con sentenza del 2 agosto 2006, accoglieva la domanda della CGIL per la parte relativa alla suddetta esclusione del Sin.Pa;
si ricorda che il Sin.Pa. è fortemente presente e radicato nelle zone del territorio nazionale a forte industrializzazione e pur prevedendo la normativa istitutiva del C.N.E.L. che le organizzazioni sindacali ivi rappresentate abbiano dimensione nazionale, occorre considerare che con ciò si intende sia la diffusione sul territorio nazionale che l'omogeneità di rappresentanza e di indirizzo nei diversi livelli locali in cui il territorio si articola -:
se il Governo abbia prodotto dinanzi al Tar la copiosa documentazione fornita dall'organizzazione sindacale denominata Sin.Pa. a fondamento delle proprie ragioni;
se intenda impugnare la citata sentenza dinanzi al Consiglio di Stato, di modo che sia salvaguardata la legittima aspettativa di rappresentanza all'interno del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro delle categorie produttive di cui il Sin.Pa. stesso è espressione, con particolare riguardo al settore dell'industria.
(4-01708)
Risposta. - Con decreti del Presidente della Repubblica 22 luglio 2005, registrati alla Corte dei conti il 15 settembre 2005, e pubblicati in Gazzetta Ufficiale (serie generale) n. 219 del 20 settembre 2005, è stato ricostituito il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro per il quinquennio 2005-2010, a norma della legge 30 dicembre 1986, n. 936.
Il Sindacato Padano (SIN.PA.), candidatosi per la prima volta al Cnel in occasione della consiliatura 2005-2010, designava, nell'ambito della procedura concorsuale prevista dalla legge ed avviata il 7 settembre 2004, tre propri rappresentanti nella categoria dei lavoratori dipendenti, rispettivamente nei settori commercio, industria e trasporto.
Com'è noto, la legge prevede, per la categoria dei lavoratori dipendenti, quarantaquattro rappresentanti da ripartire nei settori «agricoltura e pesca», «industria», «artigianato», «commercio», «trasporto», «credito e assicurazione», «pubblica amministrazione» e «dirigenti pubblici, privati e quadri intermedi», disponendo in modo esclusivo per quest'ultimo settore il numero di cinque rappresentanti.
Ciò premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base dei dati associativi ed organizzativi delle organizzazioni sindacali, richiesti al Ministero del lavoro e al Dipartimento della funzione pubblica per effettuare una valutazione oggettiva sul grado di rappresentatività a livello nazionale di ciascuna organizzazione candidata, ha disposto di attribuire due posti all'«agricoltura e pesca», dodici all'«industria», quattro all'«artigianato», cinque al «commercio», tre al «trasporto», due al «credito e assicurazione» ed undici alla «pubblica amministrazione».
È da rilevare che il Ministero del lavoro, nel parere reso a corredo dei dati forniti alla Presidenza del Consiglio, proponeva di assegnare al SIN.PA. - nell'ambito delle tre designazioni effettuate - un posto nel settore «industria», in quanto in possesso dei requisiti per essere riconosciuta quale organizzazione maggiormente rappresentativa sul piano nazionale, attesa la sua forte crescita in assoluto ed in comparazione con
le altre organizzazioni sindacali. In aggiunta, il Ministro del lavoro sosteneva, per il SIN.PA., la maggiore consistenza associativa, il cui dato assoluto è da considerarsi in senso relativo ancora più significativo in considerazione della concentrazione di adesioni nelle regioni a più elevata densità industriale.
Tuttavia, il Ministero del Lavoro allegava al parere una serie di tabelle che indicavano come il SIN.PA., nel corso dell'anno 2003 (preso come riferimento per tutte le organizzazioni sindacali candidate in ordine alla consistenza dei propri iscritti, alle sedi, ai contratti effettivamente sottoscritti e alle controversie), non dimostrasse una maggiore consistenza associativa. Né è verosimile attribuire al SIN.PA., al momento della presentazione dell'interrogazione in esame, la consistenza associativa riferita dall'interrogante, non essendo questa riferibile ad uno specifico arco temporale né comparabile con la crescita, possibile e contestuale, di organizzazioni sindacali concorrenti.
Infatti, la rappresentatività del SIN.PA., come risulta dai documenti allegati al già citato parere del Ministro del lavoro, risultava nel settore industria in subordine alla posizione di altre organizzazioni sindacali quali la CGIL, la CISL, la UIL, la UGL, la CONFSAL, la CONFLAVORATORI e la CUB. Era evidente che, qualora si volesse attribuire un posto al SIN.PA., occorreva - come conseguenza diretta dei numeri da riferire a ciascuna delle sigle citate - inserire prioritariamente, ovvero per maggiore rappresentatività, l'esponente di una delle sigle appena citate, e soltanto in ultimo un posto poteva essere attribuito al SIN.PA..
Per le ragioni suesposte, la Presidenza del Consiglio dei ministri non ritenne motivatamente di aderire alla proposta relativa all'assegnazione di un posto al SIN.PA. In tal senso, veniva adottata la decisione del Presidente del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 4, comma 3, della legge n. 936 del 1996, trasmessa a tutte le organizzazioni sindacali, con nota formale del 31 gennaio 2005, in cui si escludeva l'organizzazione sindacale in questione dall'elenco dei rappresentanti alla costituenda consiliatura Cnel.
Nel corso dell'audizione pubblica del 16 maggio 2005, il SIN.PA. lamentava la mancata inclusione nell'elenco formato da questa Presidenza, rivendicando la sussistenza dei requisiti per essere riconosciuta quale organizzazione maggiormente rappresentativa sul piano nazionale. Al riguardo, richiamava i pareri dal Ministero del lavoro che le attribuivano un posto in seno al Cnel. In tale sede, non furono presentate controdeduzioni da parte delle organizzazioni sindacali controinteressate.
L'apposita Commissione - nominata con Decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri - per l'istruttoria del contenzioso, di cui all'articolo 4, commi 4, 5 e 6, della legge n. 936 del 1986, nel riesaminare nel merito la ripartizione preliminarmente fissata con il provvedimento del 31 gennaio 2005, in cui era stato escluso il SIN.PA., decideva di accogliere il ricorso dell'organizzazioni sindacale in questione, in ordine alle seguenti considerazioni:
che l'organizzazione sindacale ricorrente risulta essere tra quelle che hanno registrato un consistente e significativo incremento negli ultimi anni, in particolar modo nel settore industria; incremento, tra l'altro, che ha portato l'organizzazione sindacale ricorrente a far parte del CESE (Comitato economico e sociale europeo) per il mandato 2002-2006;
che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si è espresso con proprio parere (del 9 dicembre 2004, confermato successivamente il 17 marco 2005) a favore dell'inserimento del SIN. PA. nella nuova consiliatura del Cnel;
che il SIN.PA. vanta un numero significativo di iscritti proprio in quelle regioni e province che costituiscono la parte del territorio nazionale maggiormente industrializzata e che, per tale ragione e valorizzando il principio del pluralismo nella rappresentatività, si reputa opportuna la sua presenza in seno al costituendo Cnel.
In tal senso, veniva adottato il decreto del Presidente della Repubblica, in data 22 luglio 2005, ai sensi del combinato disposto
dell'articolo 4, comma 7, della legge n. 936 del 1996 e della legge 12 gennaio 1991, n. 13, di accoglimento del ricorso del SIN.PA..
Ed invero, questa organizzazione sindacale veniva chiamata a far parte del Cnel con un proprio rappresentante nella categoria dei lavoratori dipendenti, settore industria. All'esito della legittimazione del provvedimento di nomina della nuova consiliatura, la Cgil, ricorreva al TAR del Lazio in relazione alla sottrazione di un posto di rappresentante nella consiliatura del Cnel, posto assegnato, con il decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 2005, di composizione del Cnel, al SIN.PA., nella persona del signor Alessandro Gemme.
Nell'iter del ricorso la Presidenza del Consiglio ministri ha prodotto all'Avvocatura generale dello Stato la documentazione disponibile; documentazione resa all'accesso, sia dei ricorrenti che dei controinteressati, essendo state effettuate le rituali richieste in ossequio alla normativa vigente.
La sentenza n. 6839 del 2006 del TAR del Lazio accoglieva il ricorso della Cgil, in esito al quale l'Avvocatura generale dello Stato, non ravvisando profili di utile censura, richiedeva, con la nota n. 103272 P del 13 settembre 2006, alla Presidenza del Consiglio dei ministri di dare esecuzione alla medesima sentenza. Il Governo, pertanto, non ritenendo di proporre appello avverso la citata sentenza del TAR del Lazio, ha assegnato alla Cgil un posto, in seno al Cnel, conferendo la nomina, con decreto del Presidente della Repubblica in data 31 ottobre 2006, al signor Aldo Amoretti al posto del signor Alessandro Gemme.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.
BRIGUGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Messina, con documento dell'11 aprile 2006, affronta il problema del Nodo Ferroviario e della Nuova Stazione di Messina e, in particolare, l'inserimento del progetto preliminare nel Contratto di Programma RFI 2001-2011 rilevando che «la Città di Messina continuerà a pagare un pesante tributo in termini urbanistici, ambientali e socio-economici se non verrà affrontata in modo sistematico l'emergenza principale del territorio che oggi viene ricondotta alla Vertenza sui Trasporti nell'Area dello Stretto» e che «non può e non deve ricondursi solo a rivendicazione di stabilizzazione occupazionale, che tra l'altro riteniamo di doversi risolvere nell'interesse non solo dei lavoratori coinvolti ma di tutti gli utenti del servizio di collegamento tra le sponde dello Stretto, ma è vertenza infrastrutturale»;
il documento si conclude affermando che la «vertenza trasporti nello Stretto e la richiesta di potenziamento del sistema infrastrutturale strategico necessario per Messina rappresentano due facce della stessa medaglia»;
in proposito, l'Ordine critica la muraglia del silenzio, della cosciente e persistente assenza di interesse verso un'area strategica non solo per le regioni Sicilia e Calabria, ma che con un attento programma di infrastrutturazione potrebbe diventare punto di riferimento per l'intero bacino del Mediterraneo;
inoltre, appare importante sapere perché, in tema di infrastrutturazione ferroviaria, i nodi di Catania e Palermo riescano ancora ad essere inseriti tra gli interventi finanziati e ritenuti prioritari nelle reti di trasporto Transnazionali Europei del corridoio 1 «Berlino-Palermo», nonostante il Ponte non sia più un'opera prioritaria, e per Messina invece, la perdita di priorità del Ponte stia rappresentando una causa scatenante e devastante, di disinteresse politico, finanziario ed economico che condiziona la programmazione delle infrastrutture di trasporto dell'Area messinese sia a livello nazionale che regionale;
appare, inoltre, condivisibile che per recuperare competitività rispetto agli altri capoluoghi regionali ed anche rispetto alle altre città del Sud Italia, diventa prioritario ribadire un'azione in cui le problematiche del sistema urbano di Messina e della
più vasta area dello Stretto trovino riconoscimento, trattamento privilegiato e risoluzione attraverso previsioni ed interventi di vasto respiro;
in questo contesto, il tema di un nuovo modello infrastrutturale, più volte invocato non solo dall'Ordine ma anche dalle forze politiche, dall'Università, dalle Organizzazioni Sindacali ed Imprenditoriali, rappresenta il nodo principale per avviare a soluzioni le principali problematiche sia urbane che di sviluppo socio-economico del territorio messinese -:
se il Ministero delle Infrastrutture e la RFI intendano dare corso all'avvio immediato della rielaborazione (di esclusiva competenza RFI) del Progetto preliminare delle opere connesse alla nuova sistemazione ferroviaria, presentato al CIPE nel novembre 2005, secondo lo schema progettuale predisposto dalla stessa RFI e condiviso col Comune di Messina e il Ministero delle infrastrutture (la previsione di spesa tra l'altro risulta essere inferiore rispetto a quella del settembre 2005) posto che appare evidente che se non sarà conclusa l'elaborazione del progetto preliminare non ci sarà alcuna possibilità di poter richiedere e quindi reperire idonee risorse finanziarie per la realizzazione della nuova stazione ferroviaria;
se siano a conoscenza del fatto che nel rapporto del Censis su «Scenari e progetti per governare la crescita», presentato dalla Confindustria di Messina lo scorso 23 marzo, il progetto della nuova Stazione di Messina viene individuato come prima opera infrastrutturale strategica in tutti e tre gli scenari in cui è articolato il percorso di sviluppo «che permette di captare e valorizzare le risorse e le abilità locali»;
se intendano valutare la proposta dell'Ordine che, accanto alla richiesta di complemento dell'iter progettuale del nuovo Nodo ferroviario, venga aperto il confronto con RFI per la costituzione di una Società Mista tra le stesse Ferrovie e l'Amministrazione Locale per il riutilizzo delle aree ferroviarie dismesse e da dismettere che costituisca una joint venture simile a quella già attiva a Milano, città in cui questa operazione porterà a riqualificare oltre un milione di mq di aree e di scali ferroviari inattivi e/o sottoutilizzati. La Società mista potrebbe anche essere aperta a soci privati proprio per attirare altre risorse con l'obiettivo non solo di recuperare e valorizzare gli scali e le aree ferroviarie non più utilizzate, liberando il water-front cittadino della «servitù di ferro» e restituendo alla fruizione pubblica siti di importanza strategica, ma anche con l'obiettivo di potenziare la mobilità urbana ed extraurbana attraverso lo sviluppo e l'integrazione logistico-funzionale del trasporto pubblico e privato dentro e fuori il centro urbano;
se il Governo intenda procedere affinché l'opera «Nodo ferroviario per Messina» munita di progetto preliminare, venga inserita nel Contratto di Programma RFI 2007-2011 che verrà approvato dal CIPE nei prossimi mesi;
se il Governo non ritenga che senza sostanziali innovazioni, l'attuale sistema urbano di Messina non sia in grado di assicurare il corretto svolgimento di funzioni che sono proprie ad una grande area metropolitana con potenzialità spiccatamente mediterranee, e che la realizzazione del Nodo ferroviario, con la previsione della nuova Stazione di Messina, rappresenta una straordinaria opportunità che può innescare un importante processo sinergico per dare finalmente in un'ottica regionale e nazionale, una risposta ai nuovi bisogni dal lavoro, alle esigenze delle imprese, ed agli interessi legati alla qualità del vivere e dell'abitare nell'Area dello Stretto.
(4-03352)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri pervenuta il 5 maggio 2007, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Nel quadro delle attività svolte nell'ambito del programma SISTEMA - Sviluppo integrato sistema territoriale multi azione - finanziato da questo Ministero, sono state intraprese azioni rivolte alla formazione di
piani strategici e piani di mobilità da parte di città e sistemi territoriali che hanno i requisiti, posizionamento strategico e dinamicità territoriale, per concorrere al rafforzamento della competitività nazionale. In particolare, il Comune di Messina, l'Autorità portuale ed RFI hanno individuato azioni comuni finalizzate alla costituzione di un Masterplan generale, inteso come sistema urbano e territoriale per lo sviluppo dell'area dello Stretto.
In data 5 luglio 2004, anche sulla base degli impegni assunti con Protocollo d'intesa sottoscritto tra questa amministrazione, il comune di Messina, RFI e l'Autorità portuale, il comune messinese ha provveduto alla predisposizione di un bando di gara ad evidenza pubblica per la «Redazione del programma strategico per la valorizzazione economica, sociale, urbanistica e direzionale della porzione di territorio che si estende dalla Zona Falcata allo svincolo autostradale di Tremestieri». Oggetto dello studio, in corso di affidamento da parte del Comune di Messina, riguarda altresì la verifica degli elementi di fattibilità per la definizione di un piano finanziario di sostegno alla realizzazione dell'intervento anche in funzione dei ritorni economici correlati all'interramento della stazione ferroviaria e alla liberazione delle aree fronte mare.
Per quanto attiene allo stato del progetto in questione, la società Ferrovie dello Stato, per quanto di competenza, informa che il progetto preliminare «Ponte sullo stretto di Messina. Opere ferroviarie connesse», facente parte del Programma delle infrastrutture strategiche, presentato al Ministero delle infrastrutture dei trasporti in data 6 giugno 2003, era volto ad assicurare funzionalmente il collegamento del ponte con la rete ferroviaria siciliana.
Nell'ambito del successivo iter autorizzativo, gli enti territoriali hanno rappresentato l'esigenza di limitare l'impatto ambientale e territoriale delle nuove opere ferroviarie e di recuperare alla città di Messina l'affaccio al mare per consentite l'avvio di un radicale processo di riqualificazione urbanistica.
Sono state pertanto proposte agli enti stessi, tramite il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, numerose soluzioni di assetto delle infrastrutture ferroviarie, tra cui anche il parziale interramento dei binari della stazione di Messina.
Poiché non è stata mai raggiunta con gli enti territoriali una condivisione sui progetti presentati, il Ministero dell'ambiente, nel luglio del 2006, ha dichiarato definitivamente chiusa la procedura di valutazione di impatto ambientale dell'opera ferroviaria avviata nel 2003.
Preso atto che il progetto relativo al Ponte sullo Stretto di Messina non è stato, al momento, incluso tra le opere prioritarie da realizzare, la società Ferrovie dello Stato comunica che l'interramento della stazione di Messina, le cui risorse realizzative non sono mai state nella disponibilità di RFI, risulterebbe pertanto finalizzato alla sola liberazione dell'affaccio al mare della città e si configurerebbe come un progetto di riqualificazione urbanistica che non rientra nella sfera propositiva di RFI.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
BRUSCO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
i lavori per la realizzazione della strada a scorrimento veloce (variante alla strada statale 18), denominata Bussentina, ebbero inizio nel lontano 1970;
nel 2005 furono appaltati e sono in corso quelli relativi al cosiddetto «ex lotto Astaldi» (completamento SS. 18 dal Km 19.300 della SS. 17 allo svincolo di Buonabitacolo);
è innegabile la funzione strategica rappresentata dalla predetta arteria che collega l'autostrada Salerno-Reggio Calabria e il Vallo del Diano con il Golfo di Policastro, due aree complementari per vocazione e prospettive di sviluppo e di crescita -:
se i tempi contrattuali (31 aprile 2007) di ultimazione saranno rispettati ovvero se a far data dal mese di maggio la strada sarà finalmente consegnata alla fruizione della vasta utenza.
(4-03422)
Risposta. - ANAS spa ha fatto conoscere che l'intero asse principale della SS 517-var, dal km 23+700 al km 34+000 circa, è stato completato.
All'attualità, sono in corso le lavorazioni attinenti la fruibilità del nuovo svincolo di Sanza nonché quelle relative alla posa in opera della segnaletica stradale e delle barriere di sicurezza nel tratto afferente il completamento del lotto Astaldi, dal km 23+700 al km 27+100 circa.
L'apertura al traffico dell'intervento in argomento è programmata quindi entro il prossimo mese di luglio.
Il costo complessivo del suddetto intervento ammonta a circa 33 milioni di euro di cui circa 24 per lavori e circa 9,0 per somme a disposizione dell'Amministrazione.
Il tracciato dello sviluppo di 10 km circa con una sezione del tipo C1, si innesta in corrispondenza della vecchia SS 517 al km 1+700 in territorio di Buonabitacolo e termina in corrispondenza dell'attuale svincolo di Sanza della statale 517/var., già in esercizio per circa chilometri 24.
L'infrastruttura in questione, fortemente voluta anche in ambito regionale, è di grande rilevanza in quanto insieme al tratto di SS 517/var già fruibile al traffico, rappresenterà, con un'estesa complessiva di circa 34 chilometri, il collegamento diretto tra il golfo di Policastro e l'autostrada A3 Salerno Reggio Calabria.
Inoltre tale arteria stradale consentirà, insieme alla strada provinciale Futani-Centola, di recente apertura, la chiusura della maglia stradale primaria a servizio del territorio tirrenico ed il miglioramento della corrispondente accessibilità, inoltre, permetterà agli utenti di evitare il vecchio tracciato della statale 517, lungo e tortuoso, riducendo le attuali percorrenze verso il golfo di Policastro.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
CAMPA, ZANETTA, ROSSO, FEDELE, FRANZOSO, MISTRELLO DESTRO e PELINO. - Al Ministro della solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
la notte del 26 aprile 1986, una nube maledetta in un silenzio spettrale pose fine a vite umane, dilaniò migliaia di famiglie, rese sterili i campi, uccise animali, inquinò laghi e fiumi, bruciò foreste. Tutto questo accadde quella notte nella pianura dove sorgeva la centrale atomica collassata di Chernobyl. In Italia si sviluppò un movimento di solidarietà spontaneo. Migliaia di famiglie si misero a disposizione per ospitare un paio di mesi all'anno i bambini colpiti dalla radioattività, sulla base della constatazione clinica che con un breve soggiorno lontano dalla fonte radioattiva, si poteva avere una decontaminazione che oscilla tra il 30 e il 50 per cento. Per molti voleva dire sperare nella vita. Così è stato;
quel movimento spontaneo di solidarietà ha assunto le dimensioni di un immenso bacino di 30 mila famiglie che in 15 anni hanno ospitato, senza alcun sostegno economico da parte dello Stato e senza titoli sui giornali, quasi 400 mila bambini, orfani o con famiglia. A questo si sono aggiunti numerosi episodi di aiuti in vestiario, alimenti, giocattoli, materiale scolastico, contributi per la ricostruzione di centri medici, sostegni a progetti di studio e a famiglie bisognose. Una grande e commovente azione che onora il nostro Paese;
poi la storia disgraziatissima più recente, e il meccanismo si è inceppato a causa della storia di Maria-Vika e dei coniugi Cogoleto che conosciamo tutti. Il Governo Bielorusso ha bloccato i viaggi e ha rinviato l'incontro chiesto dal nostro Governo. In occasione delle feste di Natale la Bielorussia ha concesso l'autorizzazione della ripresa dei viaggi dei bambini che in patria hanno una famiglia, ma non per gli orfani. Si è creata così una dolorosissima discriminazione che non può che ferire i nostri cuori;
Minsk ha chiesto che gli orfani fossero ospitati non in famiglie, ma in strutture pubbliche, come collegi, colonie o istituti, per evitare appunto che si ripetesse il caso spiacevole di Maria-Vika. Per non rendere possibile questa crudele discriminazione, non sono stati autorizzati, da parte italiana neppure i viaggi degli altri bambini. Così tutti sono rimasti in Bielorussia. Mentre la politica decide,
prendendosi i tempi che le sono propri, i bambini attendono a pochi passi dal mostro ancora sveglio che è la centrale nucleare di Cernobyl, che le ragioni di Stato non impediscano loro di tornare in Italia per continuare a sperare di poter diventare uomini. Impedire la loro venuta in Italia è come negare il diritto alla vita!
si parla di rotazione dei bambini tra le famiglie italiane, come a voler evitare che nascano sentimenti ed amicizie, così nobili soprattutto in un momento come l'attuale in cui predominano l'incomprensione e lo scontro etnico e religioso -:
a che punto siano le trattative diplomatiche.
(4-02429)
Risposta. - Il fenomeno dei minori stranieri, accolti temporaneamente nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza, impone sicuramente delle riflessioni interessanti e articolate alla luce della particolare complessità dello stesso.
Non dobbiamo infatti dimenticare che le procedure aventi come destinatari i minori, nel momento della loro applicazione, coinvolgono la vita e il futuro degli stessi, e i diritti riconosciuti ai minori e gli obblighi posti nei confronti degli Stati, consacrati nel 1989 dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva in Italia, mai come in questo caso hanno una valenza diretta per le istituzioni che operano nel settore. Il superiore interesse del minore, la sua tutela non sono solo principi generali ma anche linee guida operative alle quali le istituzioni devono costantemente conformare le loro azioni.
Il fenomeno dell'ingresso di minori stranieri riguarda mediamente oltre 32.000 ingressi ogni anno di minori accolti presso associazioni e famiglie per soggiorni temporanei a scopo umanitario. L'ingresso dei minori è avvenuto grazie all'attività intrapresa dal mondo dell'associazionismo dopo il disastro ambientale di Chernobyl, che nel corso degli anni, si è esteso anche ad altri Paesi e ad altre tipologie di minore.
Dall'analisi dei dati in possesso del Comitato per i minori stranieri, emerge che i minori provengono soprattutto da Paesi quali la Bielorussia e l'Ucraina ed entrano in Italia con programmi organizzati da circa 300 associazioni, dislocate su tutto il territorio nazionale, per un totale di circa 1500 progetti.
Gli interventi solidaristici di accoglienza riguardano soprattutto i minori bielorussi, in quanto il flusso di ingressi per soggiorno temporaneo provenienti da tale Paese (circa 27.000 all'anno) è decisamente più consistente rispetto a quello degli altri paesi coinvolti nel fenomeno (es. Ucraina 5500 minori all'anno). Sono bambini che possono provenire sia da istituti che da famiglie e l'accoglienza avviene prevalentemente presso famiglie (circa il 70 per cento) mentre solo un 3 per cento di minori viene accolto in Italia in strutture spesso messe a disposizione dagli enti locali.
Quello dei minori accolti è un fenomeno che, come dicevamo in premessa, nasce ed è andato negli anni aumentando grazie alla spinta solidaristica della società civile, organizzata in associazioni, che tanto hanno fatto e continuano a fare per i bambini del mondo. Ciò nonostante l'esigenza di trovare un punto di incontro tra l'attività delle associazioni e i compiti regolatori delle istituzioni è requisito fondamentale per consentire uno sviluppo del fenomeno adeguato che prevenga quei residuali ed eventuali fattori di rischio che possono annidarsi in una materia così complessa e delicata.
Proprio per tale ragione l'attività del Comitato è stata sempre finalizzata ad individuare norme certe e chiare che regolino il fenomeno, nella convinzione che, in fenomeni così delicati, non basta la buona predisposizione dei soggetti coinvolti, ma occorrono regole istituzionali precise che, oltre a svolgere una funzione di supporto e controllo alla iniziative solidaristiche, promuovano assunzioni di responsabilità da parte del mondo dell'associazionismo della società civile.
Il Governo italiano e quello bielorusso, proprio al fine di rafforzare i propri rapporti di cooperazione in materia umanitaria, hanno sottoscritto in data 10 maggio 2007, un Accordo intergovernativo che contiene i princìpi e le disposizioni tecnico-operative attraverso le quali definire le finalità e i
criteri per la gestione dei programmi a scopo solidaristico e di risanamento a titolo gratuito per i minori bielorussi, promossi da enti e associazioni italiane e approvati dal Comitato per i minori stranieri.
L'Accordo disciplina le varie fasi su cui si articolano i programmi solidaristici di accoglienza (la preparazione del viaggio, il soggiorno e il rientro); individua la tipologia di minori inseribili nei suddetti programmi e prevede un adeguato livello di competenza in materia di soggiorni di minori da parte delle associazioni e degli enti proponenti. Nello stesso si è precisato, sia che tutti i minori orfani e quelli con genitori decaduti dalla potestà parentale, avendo un tutore nominato dalle competenti autorità bielorusse, non possono essere considerati in ogni caso in stato di abbandono sul territorio italiano; sia che i programmi solidaristici di accoglienza si fondano su presupposti e contenuti differenti da quelli propri delle procedure delle adozioni ed hanno pertanto una regolamentazione diversa dalle adozioni internazionali.
Per quanto riguarda più in particolare le modalità del soggiorno, su cui la «parte italiana» è impegnata ad esercitare un'attività di vigilanza, è previsto che i bambini, senza distinzione tra minori con famiglia o provenienti da istituti, siano ospitati in strutture e famiglie idonee, preventivamente e adeguatamente informate e sensibilizzate dal personale degli enti e dalle associazioni italiane proponenti sulle finalità dei viaggi di risanamento, sullo status giuridico dei minori e più in generale sugli impegni che scaturiscono dall'ospitare i minori.
Durante il soggiorno i bambini saranno seguiti da accompagnatori bielorussi che costituiscono, insieme all'autorità consolare della Repubblica di Belarus in Italia, un punto di riferimento costante per una equilibrata gestione dei loro soggiorni, anche per quanto riguarda situazioni di emergenza, assistenza sanitaria e cure mediche.
Al termine del periodo di soggiorno, gli enti e le associazioni sono impegnate a far rientrare i minori in Bielorussia. La violazione di quanto previsto nell'Accordo precluderà l'ulteriore partecipazione ai programmi solidaristici della famiglia ospitante ed anche degli stessi enti e delle associazioni nel caso in cui tali soggetti abbiano concorso alla violazione o non si siano adoperati per impedirla.
Da ultimo si precisa che l'accordo in esame integra quanto disposto dalle attuali linee guida e regolamenterà i prossimi ingressi di fanciulli bielorussi in Italia.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cristina De Luca.
CANNAVÒ. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'embargo di armi alla Cina è stato deciso dalla Comunità europea il 27 giugno del 1989 all'indomani del massacro di piazza Tiananmen;
il 17 novembre 2004 il Parlamento europeo ha riconfermato a stragrande maggioranza tale provvedimento con una risoluzione nella quale si invita il Consiglio Ue e gli Stati membri a non indebolire le restrizioni attualmente in vigore sulla vendita di armi fino a quando la Cina non avrà compiuto passi concreti verso un miglioramento della situazione dei diritti umani nel paese;
l'organizzazione internazionale per i diritti umani Amnesty International ha più volte denunciato in vari dossier tali violazioni;
nonostante l'embargo della UE negli ultimi anni sono state autorizzate da parte del Governo italiano, esportazioni di armi alla Cina. Sembrerebbe addirittura che la Repubblica popolare cinese sia il terzo acquirente delle armi italiane;
la legge n. 185 del 1990, sebbene sia stata depotenziata nella precedente legislatura, dispone vari divieti nell'autorizzare l'esportazioni delle armi. In particolare l'articolo 1 della legge citata stabilisce alcuni criteri che vietano i trasferimenti a paesi coinvolti in conflitti, responsabili di
accertate violazioni di convenzioni internazionali che tutelino i diritti dell'uomo e nei confronti di Paesi, beneficiari di aiuti per la cooperazione allo sviluppo italiana e che destinino risorse eccessive alle spese militari;
il programma elettorale dei partiti che hanno sostenuto la coalizione dell'Unione prevedeva, in materia di commercio di armi, l'impegno affinché vi sia trasparenza e un più cogente rispetto delle disposizioni che impediscono il commercio delle armi in paesi che violano i diritti umani o che siano collocati in aree di conflitto;
nel recente viaggio organizzato dal Governo italiano in Cina e finalizzato all'incremento delle relazioni economiche e commerciali con il nostro Paese il Presidente del Consiglio Romano Prodi, così come riportano i quotidiani nazionali del 19 settembre 2006, ha esplicitamente rilanciato l'ipotesi di revocare l'embargo delle armi in Cina -:
se siano cambiati gli orientamenti di fondo del Governo italiano rispetto ai principi sanciti dal programma dell'Unione in tema di commercio di armi;
se le relazioni commerciali che stanno alla base della nuova collaborazione tra Italia e Cina e che dovrebbero costituire un ulteriore input per la ripresa economica del nostro Paese si basino anche sulla possibilità di aumentare in modo consistente la vendita di armi alla Cina.
(4-01116)
Risposta. - La visita in Cina del Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi (13-18 settembre 2006) ha confermato l'eccellente stato dei rapporti tra Italia e Cina e una consonanza sui principali temi internazionali evidenziando la vitalità di una «partnership strategica» articolata in quattro volet: economia, cultura, sanità e ambiente.
Nei suoi colloqui a Pechino con il Presidente cinese Hu Jintao ed il Primo Ministro Wen Jiabao, il Presidente del Consiglio onorevole Prodi ha puntualizzato che la decisione sull'embargo sulla vendita di armi alla Cina è una «decisione europea» e che l'Italia è pronta a dare un contributo positivo - una volta che da parte cinese siano compiuti progressi su questioni di particolare sensibilità per l'Unione europea, quali i diritti umani - ad una discussione in ambito Unione europea che tragga le conseguenze delle mutate condizioni, anche in tale delicato settore, della sempre più avanzata e proficua partnership tra Unione europea e Cina.
Una generale, favorevole evoluzione verso la rimozione dell'embargo ha subito da tempo una battuta d'arresto a seguito dell'approvazione, da parte cinese, della cosiddetta «legge antisecessione» (14 maggio 2005). Questa, pur ribadendo che la Cina farà ogni sforzo per la riunificazione pacifica dell'isola alla madrepatria, statuisce al tempo stesso la risolutezza di Pechino a fare ricorso a tutti i mezzi per stroncare ogni tentativo delle forze indipendentiste di Taiwan.
Anche i progressi registrati dal dialogo Unione europea e Cina in materia di diritti umani, per quanto incoraggianti, restano ancora distanti dagli standard auspicati.
La posizione espressa dal Presidente Prodi, peraltro ispirata al Comunicato Congiunto emesso al termine del Nono Summit Unione Europea-Cina del 9 settembre 2006 a Helsinki, è stata ribadita anche dal Ministro degli esteri D'Alema in occasione della visita in Cina del 13-15 novembre 2006.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
CAPITANIO SANTOLINI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro per i diritti e le pari opportunità, al Ministro per le politiche per la famiglia. - Per sapere - premesso che:
alla base del fenomeno delle «culle vuote» non vi è una reale disaffezione alla maternità, bensì la presenza di un clima sociale sfavorevole alla genitorialità;
gli orari di lavoro sono infatti ancora scomodi e lunghi, dovuti a modelli organizzativi estremamente rigidi ed improntati alle logiche di mercato;
l'Italia conserva il primato per il numero di ore che le donne dedicano al lavoro familiare;
i servizi per la cura dei bambini sono del tutto insufficienti da un punto di vista quantitativo, e quelli esistenti sono spesso qualitativamente carenti;
i figli rappresentano ancora una barriera all'accesso ed al mantenimento al lavoro, dal momento che il part-time è ancora al di sotto della media europea;
è evidente la necessità di aumentare il tasso di occupazione femminile ed avviare un processo di ripensamento delle strutture di uno «Stato sociale» che mettano in condizione la donna di scegliere se rimanere a casa per un periodo di tempo determinato e successivamente tornare al lavoro -:
se non ritengano opportuno adottare iniziative urgenti al riguardo, che, pur in linea con gli obiettivi prefissati nel 2000 dal vertice di Lisbona, consentano di rispettare il diritto di scelta delle donne in materia di occupazione.
(4-03440)
Risposta. - Le preoccupazioni e gli auspici espressi nella interrogazione sono adeguatamente considerati nelle politiche del Governo in favore della famiglia. La legge finanziaria per il corrente anno ha previsto, infatti, che una quota del Fondo per le politiche per la famiglia, il cui importo totale è pari a 220 milioni di euro, possa essere destinato al finanziamento di azioni di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 53/2000, così come modificato dalla stessa legge finanziaria, che ne ha ampliato sia la platea dei beneficiari che le tipologie di intervento. Si tratta, come è noto, di misure volte a favorire forme di flessibilità di orario e dell'organizzazione del lavoro (rapporto a tempo parziale, telelavoro, banca delle ore, flessibilità sui turni, orario concentrato) per lavoratrici e lavoratori con esigenze di carattere familiare, nonché programmi di formazione al rientro dai periodi di congedo e azioni di sostituzione per i titolari di impresa o per i lavoratori autonomi.
Con il decreto di riparto del Fondo, in corso di registrazione, a tale finalità è stata destinata la somma di 40 milioni di euro.
Vanno inoltre menzionati, a carico dello stesso Fondo, altri interventi volti ad implementare il sistema dei servizi per le famiglie, che si stanno realizzando d'intesa con le regioni, quali la riorganizzazione dei consultori familiari, finalizzata a potenziarne gli interventi sociali in favore delle famiglie, e interventi intesi a favorire la qualificazione del lavoro delle assistenti familiari.
È poi in corso di definizione un'intesa in Conferenza unificata - per la quale sono in corso di ultimazione gli approfondimenti a livello tecnico - avente ad oggetto il riparto di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, in cui sono stabiliti i livelli essenziali delle prestazioni e i criteri e le modalità con cui le regioni attuano un piano straordinario di intervento per lo sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia. A tali finalità il decreto di riparto del Fondo per le politiche della famiglia destina, per l'anno in corso, ulteriori 50 milioni di euro.
Sono state dunque messe in campo energie e risorse economiche. L'auspicio è che le iniziative del Governo siano accompagnate da un mutamento culturale, che veda da un lato una maggiore partecipazione maschile al lavoro di cura, e dall'altro un adeguamento dei modelli organizzativi delle imprese, del sistema dei servizi, dei tempi delle città, in funzione di una prospettiva in cui la famiglia e la maternità non siano considerate come problemi di qualcuno in un periodo della vita, ma come insostituibile risorsa per un armonico sviluppo economico e sociale.
Il Ministro per le politiche per la famiglia: Rosy Bindi.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
presso le Sedi consolari e le Ambasciate italiane all'estero vengono organizzati diversi concorsi per l'assunzione del personale atto allo svolgimento di mansioni di vario genere;
le modalità del concorso dovrebbero essere un mezzo di reclutamento imparziale basate su criteri di valutazione prestabiliti dagli stessi bandi di concorso;
tuttavia, sembrerebbe che i criteri di giudizio dei vari concorsi tenuti presso le Ambasciate e le sedi consolari non siano sempre omogenei e/o del tutto chiari -:
se non ritenga di voler chiarire ed uniformare le modalità di svolgimento dei concorsi presso le Sedi consolari e le Ambasciate italiane all'estero, nonché garantire la chiarezza delle informazioni circa la pubblicazione e l'esito del concorso attraverso una pubblicazione ufficiale anche per coloro che pur non avendolo superato, ne facciano richiesta.
(4-03470)
Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il Ministero degli affari esteri fa presente che il decreto ministeriale n. 655 del 2001, regola in modo uniforme le modalità di assunzione degli impiegati a contratto presso le sedi all'estero, sulla base delle disposizioni di carattere generale contenute nel titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967.
Desidero altresì sottolineare che la Direzione generale competente in materia, al fine di assicurare una maggiore omogeneità anche formale delle relative procedure, ha predisposto appositi modelli di atti d'esame, che vengono forniti alle sedi in occasione dell'autorizzazione allo svolgimento di prove selettive per l'assunzione di nuovi impiegati a contratto.
Per quanto concerne la possibilità di ottenere informazioni sull'esito del concorso per coloro che non siano risultati idonei, essa è garantita, oltre che dalla pubblicazione all'albo della sede degli esiti della procedura di selezione, anche dalle disposizioni generali sull'accesso agli atti amministrativi contenute nella legge n. 241 del 1990 e successive modifiche e integrazioni. In base a tali norme, infatti, tutti i candidati possono prendere visione dei propri elaborati e dei verbali della commissione giudicatrice.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
FASOLINO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'inviato di La Repubblica in Afghanistan Daniele Mastrogiacomo, catturato dai «Talebani» è stato successivamente rilasciato a fronte della liberazione di ben cinque terroristi richiesta dal Governo italiano al Governo afgano oltre che a fronte del pagamento di una somma imprecisata ad opera, pare, dei servizi segreti italiani. Durante il sequestro di Mastrogiacomo è stato, sempre dai «Talebani» barbaramente trucidato il suo autista afgano la cui moglie, a seguito della terribile notizia ha perduto il bimbo che portava in grembo;
con un comportamento che ha dello sconcertante da parte delle Autorità italiane, afgane e di Emergency, l'altro accompagnatore di Daniele Mastrogiacomo, l'interprete Adjmal Naqshbandi è stato abbandonato nelle mani dei guerriglieri senza che all'interrogante risulti lo straccio di una trattativa. Stupisce profondamente e addolora la considerazione che sia il Governo italiano e, per esso il Presidente del Consiglio Romano Prodi e il Ministro degli Affari Esteri On. Massimo D'Alema sia Emergency e per essa, il Presidente Gino Strada, abbiano trattato la liberazione di cinque terroristi talebani e il pagamento del riscatto vincolandola alla sola restituzione di Daniele Mastrogiacomo, senza pretendere tassativamente anche il rilascio di Adjmal;
stupisce ancora di più che, nonostante tale sua diretta responsabilità, il Signor Gino Strada, in collegamento da Milano, si sia rivolto alla folla dei volenterosi riunita sabato 31 marzo 2007 a Roma nella storica e, quel giorno, solare Piazza Navona per manifestare in favore della liberazione di Adjmal Naqshbandi e di Rah Matullah Hanefi l'altro afgano detenuto (questa volta presso le carceri governative per le indagini sulla intera vicenda) con le seguenti parole: «il Governo italiano faccia pubblica richiesta di liberazione, è un insulto che a pagare per le beghe fra governi sia un cittadino afgano»;
stupisce, inoltre, che il Ministro degli Esteri On. Massimo D'Alema all'insulto triviale e irridente di un noto personaggio, Beppe Grillo, trasmesso con un'amplificazione telefonica alla folla di turisti e dimostranti riunita in Piazza Navona, non abbia saputo controbattere alcun ché a difesa dell'onore proprio e dell'altissima carica istituzionale che riveste; peraltro, alle pesanti ingiurie rivolte al Ministro degli esteri il nutrito parterre della sinistra italiana riunita per l'occasione sul palco non ha battuto ciglio;
una volta salvato Mastrogiacomo, una parte politica che non smette di interpretare il ruolo della «parte», con la salvifica, e imperterrita presenza delle sue icone più rappresentative ha inscenato una manifestazione a Piazza Navona che poteva apparire credibile solo se il Governo in carica non fosse votato e sostenuto ogni giorno da loro medesimi, solo se nessuno di loro avesse addirittura l'onore di partecipare alle riunioni del Consiglio dei ministri, solo se il risultato al quale si è pervenuti non fosse il prodotto di una serie di luoghi comuni, esposizioni ingenuità ed approssimazioni, non ultima la pretesa di andare in territorio talebano pensando di farla franca con il risultato finale, nefastissimo, di potenziare in uomini e denaro un esercito del terrore che lotta contro la legalità del proprio Stato e per imporre a tutti gli afgani, in particolar modo alle donne, un regime brutale discriminatorio e feudale;
certamente, dallo squallido balletto descritto non ha potuto trarre alcun beneficio lo sfortunato Adjmal che, com'è tragicamente noto, è stato alla fine barbaramente assassinato;
ad avviso dell'interrogante nessun significativo elemento chiarificatore sulla complessiva vicenda è stato rappresentato dal Ministro interrogato, in occasione dell'informativa urgente recentemente svoltasi alla Camera, anzi, dall'informativa emergono altri inquietanti particolari: il Ministro degli Esteri ha rivelato che «da lungo tempo, l'Unità di crisi della Farnesina, l'Ambasciata a Kabul e il SISMI avevano segnalato l'elevato rischio di sequestri di persona in Afghanistan e nelle province meridionali». Rischio aggravato dal concomitante avvio di una operazione militare della coalizione, denominata Achille;
sempre dall'informativa si apprende il coinvolgimento del Presidente del Consiglio italiano Romano Prodi, del Presidente Karzai e di Gino Strada nel vivo della trattativa. La sequenza degli eventi, ad avviso dell'interrogante, è drammatica e al contempo risibile;
il 17 marzo vengono rilasciati due dei primi 3 prigionieri talebani, così come richiesto dal sanguinario Mullah Dadullah;
ilMinistro D'Alema non spiega come mai il rilascio possa essere avvenuto senza la contestuale liberazione degli ostaggi in mano ai Talebani;
il giorno dopo, infatti, come in una tragica commedia delle parti, i Talebani chiedono il rilascio di altri 3 detenuti. A questo punto il Governo italiano viene fulminato sulla via di Damasco da una intuizione stravolgente e comunica a quel Gino Strada che, stanti le dichiarazioni rese via etere a Piazza Navona, sembrava quasi estraneo e subliminale all'intera vicenda: «che questa volta» «la consegna effettiva dei 3 rilasciati deve avvenire in
cambio della liberazione effettiva e contestuale dei due ostaggi»; «di entrambi» ripete D'Alema nell'informativa «ancora nelle mani dei rapitori»;
a questo punto una notizia liberatoria: Gino Strada, non si comprende in base a quali informazioni, il 19 marzo comunica che gli ostaggi sono stati liberati. Per Daniele Mastrogiacomo è tutto vero. È tornato in Italia, scrive nuovamente su La Repubblica, quando torna a casa la sera riassapora le gioie domestiche. Non si può che esserne felici e potergli augurare per il bene dell'Italia e per il bene della democrazia afgana di non mettere mai più piede in quella terra;
per Adjmal, invece, è vera soltanto la sua morte, orrenda come quella che in nome del loro Dio i Talebani riescono ad infliggere anche ai fratelli di fede -:
quali iniziative concrete intenda attivare al fine di pervenire alla liberazione di Hanefi che si rende necessaria soprattutto perché un tribunale internazionale possa pervenire, opportunamente interrogandolo, al cuore oscuro della vicenda, considerato in particolare che ben individuati e capillari movimenti di opinione con manifesti e pubblici appelli in tutta Italia a favore della liberazione di Hanefi stanno pretestuosamente cercando di riversare tutte le responsabilità sul Governo afgano, anch'esso colpevole a parere dell'interrogante, ma soprattutto per aver subito con supina acquiescenza l'altrui discriminatoria protervia;
quali iniziative concrete intenda attivare al fine di impedire, con oculata fermezza, escursioni in terra afgana da parte di sprovveduti in cerca di storie ed emozioni forti anche se sotto l'egida di qualche quotidiano autorevole e di un per lo meno disattento direttore nei confronti dei pericoli sempre, fino ad oggi, opportunamente e preventivamente segnalati;
in che modo intenda tutelare il prestigio delle istituzioni che rappresenta, oltre che la sua onorabilità personale, in particolare nei confronti di quel Beppe Grillo che lo ha reso destinatario di frasi sarcastiche, irriverenti ed oscene.
(4-03365)
Risposta. - Il 20 marzo scorso il Governo italiano ha appreso dell'arresto da parte dei servizi segreti afgani, avvenuto nella mattinata, del dipendente afgano di Emergency Rahmatullah Hanefi, del quale Gino Strada si è avvalso per i contatti con i capi talibani nella trattativa per la liberazione del giornalista de «La Repubblica» Daniele Mastrogiacomo e dei suoi due accompagnatori.
Per il tramite dell'Ambasciata a Kabul, è stato chiesto di conoscere i motivi della detenzione e le condizioni di salute del detenuto. In varie occasioni l'Ambasciatore Sequi ha chiesto (finora senza esito) di poter visitare Hanefi, oltre ad elementi sulle motivazioni dell'arresto, che alla data di oggi non sono state ancora rese note. Pur nel rispetto della responsabilità primaria del Governo afgano nei confronti di propri cittadini e nella consapevolezza della delicatezza della situazione, in tutti questi giorni da parte italiana si è continuato a chiedere un chiarimento sulle ragioni che hanno condotto all'arresto del dipendente di Emergency Rahmatullah.
Il 1o aprile, a seguito delle nostre pressioni sulle autorità afgane, un rappresentante della Croce rossa internazionale ha ottenuto l'autorizzazione a visitare Rahmatullah. L'incontro si è svolto, come confermato dal rappresentante della Croce rossa Internazionale allo stesso Ambasciatore italiano, nel pieno rispetto degli standard internazionali della Croce rossa che - per prassi - non rende comunque pubblici i rapporti su visite a detenuti in carcere.
Non appare configurabile la possibilità che Hanef possa venire interrogato da un «tribunale internazionale»: in primo luogo, perché il dipendente di Emergency è un cittadino afgano residente in Afghanistan, e come tale sottoposto alla legislazione civile e penale del proprio Paese (per la quale, come in Italia, vige il principio in base al quale nessuno può essere distolto dal proprio «giudice naturale»); in secondo luogo
perché non esiste alcuna istanza internazionale con giurisdizione in materia di sequestro di persona.
Con riferimento infine alle iniziative volte ad «impedire» a connazionali di recarsi in Afghanistan, ricordo innanzi tutto che il Governo non può derogare al principio della libertà di movimento consacrato dalla Costituzione e non può delimitarne la portata, salvo in presenza di reato e comunque nei limiti tassativi previsti dalla legge.
Per parte sua, il Ministero degli affari esteri - tramite il sito www.viaggiaresicuri.it - sconsiglia da vari anni di intraprendere viaggi a qualsiasi titolo in Afghanistan, proprio in considerazione della gravità della situazione di sicurezza interna nel Paese.
Tutti coloro che, nonostante quanto raccomandato dalla Farnesina, decidono sotto la propria responsabilità di recarsi comunque in Afghanistan, sono sollecitati ad attenersi alle disposizioni impartite dal Ministero degli affari esteri, a contattare prima della partenza l'Ambasciata d'Italia a Kabul, informandola della propria presenza immediatamente all'arrivo nel Paese, nonché a registrare i dati relativi al viaggio sul sito www.dovesiamonelmondo.it.
A coloro che si trovano già in Afghanistan, inoltre, è raccomandato di comunicare costantemente all'Ambasciata i propri spostamenti sul territorio, riducendoli allo stretto indispensabile, e di attenersi scrupolosamente, per tutta la durata del viaggio, ai suggerimenti in materia di sicurezza indicati dall'Ambasciata stessa.
Resta inteso che, qualora in Parlamento venga avviato un dibattito circa l'introduzione, per coloro che si recano all'estero in zone sconsigliate dalla Farnesina, di forme di responsabilità (fra cui, ad esempio, l'obbligo di rimborsare almeno parte delle spese sostenute dallo Stato per l'assistenza prestata in caso di emergenza), il Governo rimane disponibile a fornire il proprio contributo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
GALANTE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che la federazione provinciale di Treviso della Lega Nord ha lanciato l'iniziativa delle cosiddette «ronde padane» per la sicurezza dei cittadini;
secondo quanto dichiarato dai promotori dell'iniziativa, tali «ronde» sarebbero composte da volontari che affiancherebbero gli agenti della protezione civile nello svolgimento della loro attività di monitoraggio del territorio;
l'iniziativa, secondo quanto affermato dai dirigenti della Lega Nord di Treviso, toccherebbe 70 comuni del trevigiano e ad essa parteciperebbero amministratori e parlamentari del suddetto partito;
sempre da organi di stampa si apprende che il SIULP ha espresso forti perplessità sull'iniziativa, evidenziandone il pericolo a cui sarebbero esposti non solo i cittadini ma anche le forze preposte al controllo del territorio;
secondo quanto afferma il SIULP, in particolare, desta preoccupazione la costituzione, di fatto, di una struttura parallela a quella già operativa sul territorio -:
come il Ministro intenda operare al fine di vietare la messa in atto di simili iniziative che, di fatto, sembrano utilizzare la Protezione Civile come una sorta di «estensione» della militanza di partito, snaturandone le funzioni e finalità.
(4-02025)
Risposta. - Nel mese di dicembre 2006, gli organi di informazione della provincia di Treviso hanno dato notizia dell'iniziativa, resa nota dal Sindaco di Chiarano - esponente della Lega Nord - relativa alla formazione di pattuglie di volontari della protezione civile per vigilare le strade comunali nelle ore serali e notturne, con il compito di segnalare alle forze dell'ordine fatti e comportamenti ritenuti sospetti. La progettata iniziativa, come dichiarato dallo
stesso sindaco, era conseguente ad alcuni episodi di microcriminalità avvenuti in quel comune.
Effettivamente, per alcuni giorni, i volontari della protezione civile - accompagnati dal Sindaco e dal Vicepresidente della regione Veneto - hanno effettuato alcuni pattugliamenti, utilizzando mezzi ed uniformi dell'organizzazione di soccorso.
In seguito, alla luce sia del parere contrario reso dal Sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Rosato, in merito al coinvolgimento della protezione civile nell'iniziativa, sia dei commenti non lusinghieri formulati da vari esponenti politici, anche appartenenti alla Lega Nord, i promotori hanno scelto di proseguire nell'iniziativa impiegando esclusivamente autovetture private, e non mezzi della protezione civile.
Episodi di pattugliamento sono stati segnalati nei comuni di Treviso, Gorgo, Volpago, Vittorio Veneto, Paese, Oderzo, San Biagio di Callalta, Conegliano Veneto, Mareno di Piave e Riese Pio X. In alcune località sono ricomparsi militanti della «guardia nazionale padana», che da tempo non facevano parlare di sé.
I vertici politici locali della Lega Nord, nel confermare che non vi sarebbe stato alcun tipo di sovrapposizione con le funzioni istituzionali delle forze di polizia, hanno sostenuto il progetto sotto il profilo organizzativo.
A tal fine, è stata costituita l'associazione denominata «Veneto sicuro», che avrebbe ricevuto circa 300 istanze di adesione.
Il 4 febbraio 2007, in Piazza dei Signori a Treviso, parlamentari, dirigenti ed amministratori locali della Lega Nord hanno illustrato le finalità dell'associazione agli organi di informazione ed alla cittadinanza, specificando che i volontari avrebbero avuto in dotazione telefoni cellulari e torce elettriche e che, nello svolgimento delle attività di «pattugliamento», si sarebbero comunque astenuti dal fermare od identificare le persone.
Nella circostanza, sono state esibite 5 autovetture concesse in comodato gratuito da un rivenditore del capoluogo, che sarebbero state impiegate nel pattugliamento. È stato anche precisato che gli automezzi e le casacche rifrangenti di colore giallo indossate dai volontari avrebbero recato lo stemma sociale dell'associazione.
La bozza dello statuto associativo, non ancora formalizzato, definisce l'associazione «apolitica e apartitica, senza scopi di lucro», ma con quello di «promuovere e favorire nella regione Veneto la tutela del patrimonio collettivo e individuale, e la sicurezza della collettività nel territorio di riferimento».
È noto, peraltro, che l'associazione ha indicato come propria sede un indirizzo di Villorba dove ha pure sede la segreteria provinciale della Lega Nord.
Va detto che le attività di associazioni o altre organizzazioni composte da privati cittadini che si propongono di affiancare le forze dell'ordine nel contrasto della microcriminalità sono da tempo all'attenzione di questa Amministrazione, la quale, sin dal 1995, ha diramato specifiche direttive alle autorità di pubblica sicurezza, individuando i limiti entro i quali possono operare tali sodalizi ed i possibili pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblica.
È stato ricordato, in proposito, che le associazioni di volontariato non sono autorizzate a svolgere alcun tipo di attività che possa sovrapporsi in qualche modo ad atti e funzioni degli organi di polizia o di altre pubbliche autorità, né possono espletare quelle attività di sicurezza sussidiaria che la legge rimette agli istituti di vigilanza ed alle guardie giurate.
Anche relativamente all'utilizzo di uniformi o divise da parte dei volontari è stato più volte ricordato il generale divieto - desumibile dalle norme vigenti - di indossare in pubblico uniformi o divise di foggia militare.
Ciò premesso, non può sottacersi che le attività qui specificamente in esame, esercitate al di fuori di un quadro organico coerente con le finalità solidaristiche proprie del volontariato, presentano spesso spunti di problematicità che, lungi dall'agevolare gli organi di polizia, hanno frequentemente determinato un ulteriore impegno
per gli apparati di pubblica sicurezza, distraendoli dai compiti di controllo del territorio.
Se, dunque, in linea di principio, sono da promuovere ed agevolare le iniziative volte ad incentivare la collaborazione dei cittadini con le forze dell'ordine e favorire, nei limiti ammessi dall'ordinamento, l'adozione di misure di sicurezza e di vigilanza complementari a quelle assicurate dall'apparato pubblico, non può non destare allarme il diffondersi di pratiche di «autovigilanza» e di «autodifesa» che rischiano di elevare pericolosamente le criticità per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Per questo motivo le competenti autorità di pubblica sicurezza seguono con la massima attenzione il fenomeno, ed ogni irregolarità viene puntualmente riferita all'autorità giudiziaria.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
GALANTE. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella Relazione tecnico-finanziaria allegata al decreto di rifinanziamento delle Missioni Militari all'Estero, approvato dalla Camera dei deputati, si prevede lo stanziamento di 3.498.000 euro, destinati a finanziare il contratto con una società di sicurezza presente in Iraq. I servizi di tale società sarebbero richiesti, sempre secondo al Relazione, dalla necessità di garantire la sicurezza e l'incolumità del personale italiano impiegato presso la USR (Unità di sostegno alla ricostruzione), istituita nel 2006 nella regione di Nassiriya e che proseguirà il suo lavoro anche nel 2007;
secondo il quotidiano l'Unità, la PMC (Private Military Company) scelta dal Governo italiano è la Aegis Defence Services, con sede a Londra. Si tratta di un colosso del settore, che ha già stipulato con il Pentagono, per i suoi servizi in Iraq, un contratto del valore di 293 milioni di dollari. Tale contratto ha sollevato forti proteste negli Stati Uniti, in particolare da parte di Marty Meehan, membro del Congresso Usa, perché il fondatore ed amministratore delegato di Aegis Defence Services, Tim Spicer, risulta coinvolto in abusi contro i diritti umani ed in violazioni internazionali;
Tim Spicer risulta fondatore anche di un'altra famigerata PMC, Sandline International, in collaborazione con il mercenario britannico, Simon Mann, noto per aver scontato un lungo periodo di detenzione per il coinvolgimento in un tentativo di colpo di stato in Guinea Equatoriale. Spicer è accusato della feroce repressione di una ribellione per conto del governo di Papua Nuova Guinea nel 1997 e, due anni dopo, di aver preso parte all'esportazione di 30 tonnellate di armi in Sierra Leone, nonostante l'embargo imposto dall'Onu. Inoltre, Spicer nel 1992, quando era ufficiale dell'Esercito britannico di stanza in Irlanda del Nord, fu coinvolto nella uccisione di un adolescente cattolico ad opera di due soldati posti sotto il suo comando e che, per questo delitto, furono condannati;
l'impiego sempre più massiccio di PMC in Iraq ha sollevato molte polemiche specialmente in seguito al coinvolgimento di alcuni contractor nelle torture avvenute nel carcere di Abu Ghraib. Inoltre, i dipendenti delle PMC non sono sottoposti ad alcuna giurisdizione, in quanto non sono classificabili né come «combattenti» né come «non combattenti», trovandosi così a poter agire in zone di guerra senza controllo ed eventualmente senza freni. Per queste ragioni, in paesi come la Gran Bretagna e gli Usa, che ricorrono sempre più diffusamente a tali società, il legislatore sta cercando di colmare tale lacuna ed, in particolare, il Congresso degli Stati Uniti ha deciso di estendere alle PMC il Codice Unificato della Giustizia Militare -:
se i Ministri interrogati intendano spiegare quali siano state le modalità ed i criteri che hanno condotto alla scelta di
Aegis Defence Services quale fornitore dei servizi di sicurezza alla USR di Nassiriya;
se i Ministri interrogati ritengano che, stanti le premesse di cui sopra, Aegis Defence Services risponda ai criteri minimi, consistenti nel rispetto dei diritti umani e della legislazione internazionale, che dovrebbero essere alla base dell'agire normale di una società di sicurezza scelta dal Governo italiano, soprattutto nel quadro di un'operazione di ricostruzione e di pace in un paese già sufficientemente martoriato dalla guerra;
se i Ministri interrogati vogliano chiarire se ed attraverso quali strumenti intendano monitorare il corretto comportamento di Aegis Defence Services nel corso della fornitura dei suoi servizi e a quale tipo di controllo o giurisdizione siano soggetti.
(4-03280)
Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
A seguito del completamento della missione militare in Iraq e del ritiro del contingente, l'Italia ha incrementato il suo impegno a favore della ricostruzione civile del Paese, con un programma di assistenza alle autorità irachene per l'ottimizzazione della gestione delle risorse di bilancio nazionali e con il finanziamento diretto di progetti nei settori della formazione, sanitario, agricolo, idrico, elettrico, governance ed institution building, della progettazione di infrastrutture e del patrimonio culturale. Sono attualmente in corso progetti - concordati con le autorità irachene - per un valore di circa 50 milioni di euro.
La Usr (Unità di sostegno alla ricostruzione) è il fulcro di questa accresciuta attività civile italiana a favore della ricostruzione dell'Iraq. Essa svolge non solo un ruolo di coordinamento tra gli enti esecutori dei progetti e le Autorità locali ma anche e, soprattutto, un ruolo di consulenza sull'individuazione delle priorità per lo sviluppo della Provincia e di incentivo all'utilizzo delle vaste risorse del bilancio nazionale. Per adempiere a questi compiti si avvale di esperti civili, attualmente in numero di dieci, soggetto a variazioni in dipendenza delle esigenze degli specifici progetti.
Per il funzionamento della Usr è necessario disporre di alcune competenze cui precedentemente sopperiva - anche se ad esse non del tutto assimilabili - la presenza del contingente militare nazionale.
In particolare:
a) la nostra Usr pur essendo fisicamente all'interno della base aerea di Tallil - e pertanto usufruendo della cornice di sicurezza della base stessa - necessita comunque di un servizio di guardiania continuativo per il controllo degli accessi al nostro comprensorio. Tale servizio è opportuno anche sotto il profilo del temporaneo immagazzinaggio di attrezzature e di beni destinati ai progetti a sostegno della popolazione irachena;
b) sono attualmente in corso di attuazione o di prossimo avvio nella provincia del Dhi Qar progetti per circa 20 milioni di euro, in ordine ai quali è necessario potersi avvalere di un dispositivo per il monitoraggio del loro stato di avanzamento e di contatto con le realtà locali che interessano i progetti stessi. Per tale dispositivo è indispensabile impiegare qualificate risorse umane locali;
c) è indispensabile assicurare la necessaria autonomia di movimento con adeguata scorta per gli spostamenti tra la sede della Usr e le sedi istituzionali irachene nonché poter disporre di una seppur limitata capacità di autotutela a fronte di eventuali situazioni di emergenza;
d) la presenza di un nostra struttura civile non può inoltre prescindere da un'adeguata autonoma capacità di movimento - in termini di mezzi idonei e personale qualificato ad esso addetto - per spostamenti, non solo all'esterno della base di Tallil, ma anche all'interno dell'estesa superficie della base stessa; né può prescindersi, per una tutela dei nostri esperti civili, dalla disponibilità di un efficace sistema di comunicazioni e di risorse umane addestrate al suo impiego;
e) si è inoltre dovuto prendere in considerazione un'ulteriore serie di competenze, la cui disponibilità è necessaria nel particolare contesto iracheno, quale ad esempio quelle di pronto soccorso sanitario.
La disponibilità del sostegno sopra delineato è essenziale nell'attuale contesto di sicurezza nella provincia del Dhi Qar. Esso deve inoltre necessariamente articolarsi attraverso strutture a ciò abilitate dalle competenti autorità irachene e dalla forza multinazionale, che interagiscano con le stesse per tutti gli aspetti attinenti la sicurezza dei nostri connazionali che prestano la loro opera presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione.
Nella scelta della società britannica Aegis si è tenuto conto dei seguenti elementi:
la Aegis ha una comprovata esperienza e conoscenza del terreno nella provincia del Dhi Qar, dove già opera a sostegno di altri organismi impegnati nello sforzo di ricostruzione civile in Iraq;
nella gamma delle prestazioni messe a disposizione dalla Aegis è specificatamente inclusa quella di collegamento con le realtà locali per il monitoraggio della ricostruzione con appositi «Reconstruction liaison team» a composizione mista irachena ed espatriata (non italiana);
la Aegis dispone di tutte le necessarie abilitazioni e autorizzazioni da parte delle competenti autorità;
è società di diritto britannico e pertanto soggetta alla normativa di un Paese delle Unione Europea in un regime di trasparenza finanziaria e contabile.
Non risulta che l'amministratore delegato della Aegis, Tim Spicer, abbia mai subito condanne penali.
Nello svolgimento delle attività man mano richieste a supporto della Unità di sostegno della ricostruzione nel Dhi Qar la Aegis deve attenersi alle direttive della competente autorità italiana nel rispetto delle norme locali applicabili e con modalità che tutelino pienamente l'interesse nazionale sotto il profilo del rapporto con la popolazione locale.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
GARAGNANI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alle recenti dichiarazioni del viceministro della pubblica istruzione Mariangela Bastico, a proposito di un sondaggio effettuato nei confronti degli studenti di Modena che avrebbe rilevato una preoccupante ignoranza dei fatti più significativi della storia contemporanea: in conseguenza di ciò la stessa ha manifestato l'intenzione, a nome del Governo, di rivedere i programmi di storia nella scuola superiore;
la scarsa conoscenza della materia da parte di molti studenti può derivare dall'alto livello di politicizzazione che, ad avviso dell'interrogante, da sempre caratterizza parte del corpo docente il quale, illustrando i delicati fatti della storia contemporanea, indulge sovente alla passione politica più che all'approfondimento culturale ed alla riflessione critica su varie fonti. In tal senso, senza ledere la libertà di insegnamento del singolo docente, l'interrogante ritiene che ci siano limiti invalicabili oltre i quali il compito di educatore, tipico dell'insegnante, tenuto ad un rapporto di lealtà con lo Stato diventa quello di «agitatore politico» cosa che ogni Governo che si rispetti ha il dovere di impedire -:
se intenda motivare le linee portanti di questo eventuale provvedimento che, a parere dell'interrogante, non può prescindere dalla valorizzazione e conseguente insegnamento della storia antica e medievale inscindibilmente connesse con la storia contemporanea.
(4-03073)
Risposta. - Nell'atto parlamentare in esame, l'interrogante, muovendo da un sondaggio effettuato nei confronti degli studenti
di Modena circa il grado di conoscenza della storia, in particolare della storia contemporanea, chiede di conoscere quali siano le intenzioni del Governo in ordine all'insegnamento della storia nelle scuole medie superiori.
A tale riguardo, si comunica quanto segue.
In primo luogo, non è condivisibile l'avviso secondo cui la scarsa conoscenza della materia da parte di molti studenti può derivare dal presunto alto livello di politicizzazione che caratterizzerebbe parte del corpo docente. Il più ampio e aperto confronto sulle interpretazioni storiche - che coinvolga la comunità scientifica, i docenti, il mondo culturale ed editoriale - costituisce una garanzia per la libertà di insegnamento e per la libertà di apprendimento.
Una garanzia in tal senso viene pure dal riconoscimento e alla valorizzazione dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, regolata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 275 dell'8 marzo 1999 ed elevata a rango costituzionale dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001.
Nella scuola dell'autonomia, infatti, il posto che era dei programmi nazionali viene preso dal piano dell'offerta formativa che, come stabilisce il decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, è «il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche». Il cuore didattico del piano dell'offerta formativa è il curricolo, che viene predisposto dalla comunità professionale nel rispetto degli orientamenti e dei vincoli posti dalle «Indicazioni nazionali», che costituiscono il quadro di riferimento delle scelte affidate alla progettazione delle scuole.
Il vigente sistema normativo contiene quindi regole che assicurano strumenti democratici di confronto dialettico ed inoltre assicurano, come detto, il rispetto degli orientamenti e dei vincoli derivanti dalle «Indicazioni nazionali».
Quanto alla richiesta di conoscere le motivazioni delle linee portanti dell'eventuale provvedimento del Governo relativo all'insegnamento della storia nelle scuole medie superiori, con particolare riguardo alla storia contemporanea, va preliminarmente ricordato che le disposizioni relative alla suddivisione annuale del programma di storia furono modificate con decreto ministeriale n. 682 del 4 novembre 1996. I limiti cronologici per la suddivisione annuale del programma di storia valevole per il quinquennio dei licei classici, scientifici, linguistici e degli istituti tecnici sono stati così stabiliti secondo indicazioni di massima:
1o anno: dalla Preistoria ai primi due secoli dell'Impero romano;
2o anno: dall'età dei Severi alla metà del XIV secolo;
3o anno: dalla crisi socio-economica del XIV secolo alla prima metà del Seicento;
4o anno: dalla seconda metà del Seicento alla fine dell'Ottocento;
5o anno: il Novecento.
Va pure ricordato che nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado è adottato, in via transitoria, fino all'emanazione del regolamento previsto dalla norma, l'assetto pedagogico, didattico e organizzativo individuato nell'allegato A al decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59. Conseguentemente, nell'ultimo anno della scuola secondaria di primo grado, è previsto lo studio di fatti, personaggi, eventi ed istituzioni caratterizzanti il periodo che corre da Napoleone e l'Europa napoleonica al processo di integrazione europea.
Il 3 aprile 2007 è stato presentato il «Documento di base», propedeutico alla revisione delle attuali «Indicazioni nazionali» per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione. Nelle «Indicazioni nazionali» sono contenuti, tra l'altro, come è noto, anche gli obiettivi specifici di apprendimento per la Storia.
Per quel che riguarda la scuola secondaria di secondo grado, si rammenta che, ai sensi della legge 2 aprile 2007, n. 40, articolo 13, comma 1-bis, «le prime classi dei percorsi liceali e il primo anno di quelli di istruzione e formazione professionale (previsti
dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226) sono avviati contestualmente a decorrere dall'anno scolastico 2009-2010».
L'insegnamento della storia resta pertanto disciplinato dai programmi attualmente vigenti, con la suddivisione prevista dal decreto ministeriale n. 682 del 4 novembre 1996 relativamente ai licei e agli istituti tecnici.
Eventuali modificazioni dei relativi programmi saranno realizzate, ovviamente col supporto di adeguate motivazioni e dopo ampio confronto sulle interpretazioni storiche con la comunità scientifica, i docenti, il mondo culturale ed editoriale, nel contesto di una revisione delle Indicazioni nazionali allegate al predetto decreto legislativo n. 226 del 2005.
Questo è il senso delle dichiarazioni cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
GARAGNANI, CECCACCI RUBINO, GRIMALDI, ROSSO, ZANETTA, ARACU, DI VIRGILIO, DI CAGNO ABBRESCIA, GERMANÀ, FRATTA PASINI, PALUMBO, ROMAGNOLI, GARDINI, FABBRI, PESCANTE, BRUSCO, OSVALDO NAPOLI, STAGNO D'ALCONTRES, ALFREDO VITO, BERTOLINI, ROMELE, MARINELLO, MISURACA, D'IPPOLITO VITALE, GIRO, LAINATI, PELINO, LA LOGGIA, BOCCHINO, LAURINI, BAIAMONTE, GELMINI, APREA, BERNARDO, BIANCOFIORE, CARFAGNA, MAZZARACCHIO, CICU, FLORESTA e UGGÈ. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a Bologna il traffico ferroviario è stato bloccato ad avviso degli interpellanti in modo che potrebbe essere definito «delinquenziale», da centinaia di facinorosi partecipanti alle cosiddette manifestazioni «anti Bush», i quali hanno preteso ed ottenuto l'esenzione o la riduzione immotivata del biglietto ferroviario per effetto, secondo gli interpellanti, anche della debolezza sconcertante dei locali dirigenti delle Ferrovie dello Stato, che con patetiche scusanti hanno tentato di motivare un vero e proprio abuso;
si rileva altresì che, nei confronti degli esagitati che sabato scorso hanno infranto con il loro comportamento leggi e regolamenti, non risulta siano stati adottati provvedimenti di alcun tipo, quali la denuncia all'autorità giudiziaria e l'identificazione;
infine gli interpellanti rilevano l'anomalia del comportamento dei responsabili locali delle F.S. che si sono fatti intimidire dalle evidenti minacce dei «protestatori» venendo meno ad un loro preciso dovere -:
se, innanzitutto, il comportamento delle Forze dell'ordine, corretto ma sostanzialmente passivo durante tutta la vicenda, sia stato adottato rispondendo a precise direttive del Ministero dell'interno che avrebbe di fatto accettato quella che gli interpellanti reputano una lesione fondamentale dei principi dello Stato di diritto sancendo, in questo modo, il trionfo dell'arbitrio e della violenza sull'autorità dello Stato nonché accettando il fatto che una minoranza di facinorosi possa imporre la propria volontà ad una maggioranza di cittadini che sono stati seriamente danneggiati nella loro attività per effetto di notevoli ritardi accumulati dai treni;
quale sia la ragione della mancata adozione di provvedimenti nei confronti degli esagitati, qualora ciò corrisponda al vero, e quali provvedimenti il Governo intenda assumere, anche alla luce del fatto che, invece, i partecipanti ad una pacifica manifestazione contro l'abitazione di Prodi sono stati segnalati alla Procura della Repubblica;
se la decisione dei responsabili locali delle F.S. di soprassedere ad un controllo rigoroso dei biglietti e l'assurda decisione di ridurre il costo siano dovute alla pressione di vertici superiori delle F.S. o di altre autorità e se sia stata svolta un'inchiesta
amministrativa su quanto avvenuto, che non fa onore al nostro Paese.
(4-04173)
Risposta. - Com'è noto, lo scorso 9 giugno 2007 si è svolta l'annunciata visita del presidente Bush nel nostro Paese.
La giornata è stata molto impegnativa sia, in generale, per il Paese che, in particolare, per le Forze di Polizia.
Queste ultime, che per l'occasione hanno schierato circa 9000 donne e uomini, hanno consentito al Presidente del Stati Uniti di condurre la sua visita in condizioni di massima tranquillità e sicurezza.
Un impegno straordinario reso ancora più complesso dal fatto che nella stessa giornata, com'è noto, in polemica con la presenza del Presidente degli Stati Uniti si sono svolte alcune manifestazioni, alle quali hanno preso parte dimostranti provenienti da varie città d'Italia, giunti a Roma sin dalle prime ore del mattino a bordo di treni ordinari e pullman o con mezzi propri. Tutti i manifestanti arrivati a Roma in treno hanno regolarmente pagato il biglietto, individuale o collettivo, secondo le tariffe liberamente contrattate tra Trenitalia e i manifestanti.
Ciò premesso in relazione agli specifici episodi cui fa riferimento l'interrogante, preciso che, secondo quanto accertato dalle Autorità di pubblica sicurezza del capoluogo felsineo, nonché sulla base delle ricostruzioni fornite dalle Ferrovie dello Stato S.p.A., lo scorso 4 giugno 2007, una delegazione del movimento dei cosiddetti «Disobbedienti», del collettivo «Crash» e dei «Collettivi Universitari Autonomi» è stata ricevuta dai responsabili di Trenitalia Emilia-Romagna e della rete ferroviaria italiana per trovare un accordo relativo alla partenza dalla stazione ferroviaria di Bologna per quella di Roma dei partecipanti alle note iniziative di protesta.
In particolare, detta delegazione ha chiesto che venisse consentito a ciascun manifestante di poter viaggiare al prezzo di euro 10 per il percorso sia di andata che di ritorno.
I responsabili delle menzionate società di trasporto ferroviario non hanno accettato tale ipotesi ed hanno proposto due soluzioni alternative: la prima consistente nella predisposizione di un treno charter composto da otto carrozze, con un costo del biglietto di circa euro 30 a persona, qualora i manifestanti fossero stati in numero comunque non inferiore a 600 viaggiatori; la seconda consistente nell'applicazione di un costo di andata e di ritorno pari a euro 51, anziché dei 64 previsti - equivalente ad uno sconto del 20 per cento sull'intero importo del biglietto - nel caso in cui i manifestanti avessero impiegato per il viaggio soltanto treni appositamente predisposti.
I rappresentanti dei collettivi antagonisti hanno rifiutato entrambe le proposte e la trattativa non ha avuto più seguito.
Nella mattinata del 9 giugno 2007, a partire dalle ore 10,00, presso la stazione ferroviaria di Bologna si sono radunati circa 150 aderenti dei locali sodalizi dell'area antagonista, allo scopo di raggiungere Roma.
Nell'occasione è stato da subito ribadito con fermezza che l'accesso ai treni per raggiungere la Capitale sarebbe stato tollerato solo per quei manifestanti in possesso di un idoneo titolo di viaggio.
Pertanto, gli aderenti alla manifestazione hanno atteso la conclusione della trattativa, che in quelle ore era in corso nella stazione tra il segretario provinciale della Federazione dei Verdi, che rappresentava i movimenti, ed i responsabili di Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana, senza creare alcun genere di turbativa.
Al termine dei colloqui, avvenuti senza alcuna intimidazione di sorta, sono stati emessi 143 titoli di viaggio, al costo di euro 15 ciascuno, per il solo tragitto di andata.
Alle ore 12.20 circa, è giunto nella stazione ferroviaria di Bologna, proveniente da quella di Milano, il treno intercity 18 341, declassato a treno «dedicato» (o charter), a bordo del quale vi erano già circa 150 manifestanti in precedenza già controllati del possesso di idoneo titolo di viaggio. Sullo stesso treno erano precedentemente saliti altri 200 attivisti provenienti da Venezia Mestre, unitamente ad altri 100 giovani provenienti dal Trentino, da Verona e dalle province di Reggio Emilia, Parma e Rimini.
La società Ferrovie dello Stato ha rappresentato che i manifestanti erano muniti di biglietti per treni regionali, acquistati direttamente presso le emettitrici self service.
Intorno alle 13.20, il treno speciale per Roma, con a bordo circa 600 manifestanti, è partito.
Nelle fasi descritte non si è verificato alcun blocco del traffico ferroviario, non è stato interdetto il transito dei passeggeri, né sono state attuate contestazioni o atti in violazione delle leggi e dei regolamenti vigenti. Al riguardo, erano state comunque predisposte adeguate iniziative sia sotto il profilo della sicurezza e dell'ordine pubblico, sia sotto l'aspetto dell'organizzazione di servizi di trasporto sostitutivi nel caso di turbative alla circolazione ferroviaria.
Per quanto concerne la manifestazione pubblica organizzata il 3 giugno 2007 a Bologna, nella zona attigua all'abitazione di residenza del Presidente del Consiglio dei ministri, preciso che l'iniziativa, non preavvisata, ha avuto luogo intorno alle ore 11,00 ed ha visto la partecipazione di una cinquantina di dimostranti muniti di megafono, di bandiere, nonché di uno striscione di rilevanti dimensioni e recante i simboli del movimento «Azione Giovani».
Nella circostanza, alcuni dei manifestanti hanno anche distribuito un volantino di contenuto critico verso l'operato del Governo e, dopo pochi minuti, si sono diretti in corteo verso via Santa, all'angolo con via Gerusalemme, dove si è formato un raduno. Una parte dei partecipanti, tuttavia, ha proseguito per giungere in corrispondenza dell'abitazione del Presidente del Consiglio, dove è stato depositato lo striscione.
Per ovvi motivi di sicurezza, le Forze dell'ordine sono immediatamente intervenute ad hanno proceduto all'identificazione di 18 manifestanti, tra i quali i promotori dell'iniziativa, che sono stati deferiti all'Autorità giudiziaria per avvenuta violazione dell'obbligo del preavviso, prescritto dall'articolo 18 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Al riguardo si osserva che l'articolo 17 della Costituzione, pur non prevedendo alcuna autorizzazione preventiva da parte delle Autorità di pubblica sicurezza, precisa, tuttavia, che per le riunioni in luogo pubblico «deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica».
Infatti, spetta all'Autorità di pubblica sicurezza valutare le circostanze e le condizioni che, di volta in volta, appaiono necessarie per consentire riunioni o manifestazioni oppure, al contrario, inducono a vietarle o a farle svolgere secondo modalità differenti da quelle previste dagli organizzatori.
La finalità del preavviso è proprio quella di consentire di approntare eventuali servizi di ordine pubblico la cui gestione è costantemente ispirata a criteri di equilibrio e di prudenza, in modo da contemperare i diritti costituzionalmente garantiti di riunione e di libera espressione del pensiero con le esigenze di tutela della sicurezza e della pubblica e privata incolumità.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
GIACHETTI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
durante l'edizione serale del Tg3 di domenica 12 novembre 2006, è stato trasmesso un video, che gira in rete, nel quale si documentano violenze e percosse ai danni di uno studente affetto da sindrome di Down;
a quanto pare, e qualora il video si rivelasse autentico, anche una insegnante sarebbe stata presente alle intimidazioni e alle umiliazioni subite da questo ragazzo da parte di alcuni suoi compagni di classe;
a parere dell'interrogante se così fosse, si rende urgente e necessaria l'identificazione di chi si è reso protagonista di questo episodio disgustoso -:
quali iniziative si intendano prendere affinché venga fatta piena luce sull'episodio, ed affinché siano adottati provvedimenti
esemplari nei confronti degli alunni coinvolti nel pestaggio, ma anche e soprattutto dell'insegnante e del direttore scolastico dell'istituto in cui si è verificato un simile scempio.
(4-01654)
Risposta. - Nell'atto parlamentare in esame, l'interrogante facendo riferimento al video trasmesso durante l'edizione serale del TG3 di domenica 12 novembre 2006, nel quale si documentano violenze e percosse ai danni di uno studente diversamente abile, chiede di conoscere le iniziative che si intendono intraprendere nei confronti dei soggetti coinvolti.
Va premesso che il riprovevole episodio oggetto dell'interrogazione si inserisce nel quadro dei recenti fatti di cronaca che hanno interessato la scuola e che vanno dalla trasgressione delle più banali regole di convivenza sociale (uso improprio dei telefonini cellulari e altri comportamenti di disturbo allo svolgimento delle lezioni) fino agli episodi di bullismo e di violenza, come è quello in argomento.
Trattasi di situazioni che, seppure enfatizzate dai media, non devono essere sottovalutate; si correrebbe altrimenti il rischio di fare dilagare un processo di progressiva caduta della cultura del rispetto delle regole e della consapevolezza che la libertà dei singoli deve trovare un limite nella libertà degli altri.
Oltre ad interventi mirati in collaborazione con il Ministero dell'interno e il Ministero della giustizia, questa Amministrazione, al fine di individuare adeguate azioni di contenimento e di prevenzione di questi negativi fenomeni, ha istituito un'apposita commissione di esperti, la Commissione «Bullismo a scuola», composta da referenti del Comitato nazionale «Scuola e Legalità».
Sulla base del lavoro svolto dalla suddetta Commissione, il Ministero ha assunto una serie di iniziative, che vanno ad aggiungersi agli strumenti messi a disposizione dell'autonomia scolastica.
Tra le azioni messe in atto, si segnala, in primo luogo, la circolare ministeriale del 15 marzo 2007, con la quale sono state emanate linee di indirizzo ed indicazioni in materia di utilizzo di «telefoni cellulari» e di altri dispositivi elettronici durante l'attività didattica, irrogazione di sanzioni disciplinari, dovere di vigilanza e di corresponsabilità dei genitori e dei docenti.
Sono state messe in atto anche altre azioni, tra cui quelle indicate di seguito:
istituzione presso ogni Ufficio scolastico regionale degli Osservatori regionali, che mettono in sinergia le diverse forze sociali e politiche del territorio;
attivazione di un numero verde, che lavora in stretta sinergia con gli Osservatori Regionali a cui affida e con cui segue i casi segnalati. Il numero verde ha consentito di dare voce ad una serie di segnalazioni e, soprattutto, di far nascere la consapevolezza, in modo prevalente tra gli studenti ma anche tra i docenti, che in presenza di episodi di violenza non è possibile essere né tolleranti né assuefatti a ciò che accade;
campagna di comunicazione nazionale e locale, attraverso l'uso di giornali, radio, TV e internet, per sensibilizzare sui temi in questione con materiale elaborati dalle scuole nell'ambito della loro autonomia.
Saranno inoltre proposte modifiche normative volte, da un lato, a semplificare e a dare maggiore rapidità alle procedure per l'irrogazione e l'impugnazione delle sanzioni disciplinari e, dall'altro, a rendere possibile l'applicazione di sanzioni ancor più rigorose delle attuali in relazione a casi di particolare gravità, riguardanti fatti di rilevanza penale o situazioni di pericolo per l'incolumità delle persone.
Si prevede pure l'introduzione in via normativa della possibilità di ciascuna scuola di richiedere alle famiglie di sottoscrivere, ad inizio d'anno, un «patto sociale di corresponsabilità» verso i propri figli, che conterrà una definizione condivisa di diritti e doveri tra famiglie e scuola.
Per quanto riguarda lo specifico episodio cui si fa riferimento nell'interrogazione, si comunica quanto segue.
È stato appurato che il caso si è verificato nell'Istituto professionale «Albe Steiner» di Torino.
Sono stati disposti subito accertamenti ispettivi presso il suddetto Istituto per appurare lo svolgimento dei fatti di cui è stato vittima l'alunno diversamente abile ripreso nel video (va precisato che lo studente interessato non è affetto da sindrome di Down).
Sulla base delle risultanze ispettive, il Dirigente scolastico, considerata la particolare gravità di quanto accaduto sia per il contesto in cui si sono svolti i fatti, sia per la particolare condizione del ragazzo che ne è stato vittima, sia, ancora, per il fatto che gli studenti abbiano realizzato un video pubblicato su internet, ha ritenuto opportuno convocare in data 15 novembre 2006 un consiglio di classe straordinario per assumere le necessarie decisioni in merito alle sanzioni disciplinari da comminare, dopo avere sentito nella prima parte della riunione gli studenti coinvolti e le loro famiglie. Lo stesso dirigente scolastico, considerata l'intenzione, già segnalata e comunicata anche ai genitori presenti nella precedente seduta del 13 novembre 2006, di chiedere al Consiglio di classe la sanzione prevista dal punto h) dell'articolo 7 del Regolamento di disciplina dell'istituto, ossia l'esclusione dall'istituto, ha provveduto a convocare subito dopo la Giunta esecutiva, in quanto organo competente a comminare detta sanzione ai sensi del comma 3 dell'articolo 7 dello stesso Regolamento.
Nel corso del Consiglio di classe si è discusso ampiamente della vicenda e sono stati esaminati e vagliati i gravi fatti svoltisi, peraltro, in una scuola da anni impegnata nell'integrazione dei ragazzi disabili e dove sono stati organizzati anche progetti per la lotta al bullismo con il coinvolgimento dei ragazzi delle ultime classi.
È stato, quindi, posto l'accento sulla necessità di perseguire con il giusto rigore chi si è reso responsabile di simili atti di violenza nei confronti di un soggetto debole e indifeso, al fine di dare un significativo segnale da parte della scuola e di imporre un deciso colpo di freno a comportamenti dai quali emergono il disprezzo per gli altri e la vocazione alla sopraffazione. Né, d'altro canto, è stata trascurata l'esigenza di porre in essere una serie di azioni sia per fare crescere in generale all'interno della scuola una cultura della solidarietà, del rispetto e dell'attenzione verso i più deboli, sia in particolare per la riabilitazione dei protagonisti dell'aggressione.
Il Consiglio di classe, con l'assistenza tecnica del Collegio ispettivo, sentite tutte le parti e valutata l'estrema gravità dei fatti, ha deliberato all'unanimità di proporre alla Giunta esecutiva l'irrogazione della sanzione disciplinare delle sospensione dei quattro alunni responsabili dell'accaduto fino al termine delle lezioni e l'esclusione degli stessi dallo scrutinio finale, in base all'articolo 7, punti f) e g) del Regolamento d'istituto; sanzione che dovrà essere accompagnata, per ciascun alunno, da un percorso educativo di riparazione e recupero in istituzioni con fini sociali, ivi compresa l'istituzione scolastica, con approfondimento delle tematiche legate all'educazione civica ed etica nei rapporti sociali e alla cittadinanza solidale.
La Giunta del Consiglio di istituto ha recepito la proposta del Consiglio di classe, approvando apposita delibera in merito.
In data 17 novembre, si è riunito il Consiglio straordinario della classe interessata per discutere le sanzioni disciplinari da irrogare agli alunni della rimanente parte della classe. Al termine della seduta il Consiglio di classe, sempre con l'assistenza tecnica del Collegio ispettivo, sentite tutte le parti, ha deliberato all'unanimità l'erogazione della sospensione dalle attività didattiche per giorni 12; detta sanzione dovrà parimenti essere accompagnata, per ciascun alunno, da un percorso educativo di riparazione e recupero in istituzioni con fini sociali, ivi compresa l'istituzione scolastica, con approfondimento delle tematiche legate all'educazione civica ed etica nei rapporti sociali e alla cittadinanza solidale.
Dei fatti sono stati tempestivamente informati i competenti organi giudiziari.
Inoltre, il Dirigente scolastico, con formale contestazione di addebiti, ha avviato il procedimento disciplinare nei confronti dell'insegnante individuata quale responsabile della vigilanza; per completezza di informazione,
va detto che la medesima insegnante è collocata a riposo dal 1o settembre 2006.
Da parte sua, la Direzione scolastica regionale ha provveduto a rimettere gli atti relativi alla vicenda alla Procura regionale presso la Corte dei Conti di Torino per il giudizio di responsabilità contabile, sotto il duplice profilo del ristoro diretto per danno all'immagine dell'Amministrazione e dei danni erariali derivanti da eventuali risarcimenti che dovessero essere disposti a favore della famiglia del giovane disabile.
Si ritiene che i provvedimenti presi siano adeguati in relazione ai fatti accertati.
Si comunica, infine, che lo studente vittima dell'episodio non frequenta più l'istituto dove si sono svolti i fatti e su espressa domanda è stato inserito al Liceo scientifico «C. Cattaneo» di Torino.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
HOLZMANN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la vicenda del rapimento in Afghanistan del giornalista di Repubblica Mastrogiacomo, pone una serie d'interrogativi sull'iter seguito nella trattativa e sui rapporti con gli alleati -:
se nel corso del complicato iter seguito per condurre la trattativa il Governo abbia informato anche i partiti dell'opposizione;
quale sia la ragione per la quale il Governo italiano non si è avvalso dei propri apparati per condurre le trattative con i terroristi talebani volte ad ottenere il rilascio del nostro connazionale prigioniero;
chi abbia muto i contatti con il governo afgano;
se gli alleati presenti sul territorio siano stati informati del fatto che il nostro Governo stava facendo pressioni sul governo afgano per far liberare cinque terroristi talebani;
se vi siano stati altri casi analoghi, in Afghanistan, che hanno coinvolto paesi alleati dove si è dato luogo alla liberazione di terroristi detenuti;
se il Governo italiano non ritenga che il comportamento assunto in questa vicenda abbia rovinato la nostra immagine sul piano internazionale;
di quale natura siano state le proteste dei nostri principali alleati impegnati in Afghanistan;
se il Governo non ritenga che in futuro gli italiani presenti sul territorio dell'Afghanistan correranno maggiori rischi di rapimento, visto che i terroristi talebani hanno ottenuto tutto ciò che hanno voluto.
(4-03121)
Risposta. - Per tutto il periodo del sequestro Mastrogiacomo, la vicenda è stata seguita dal Ministero degli affari esteri in stretto contatto con le altre amministrazioni dello Stato, innanzi tutto con la Presidenza del Consiglio, il Ministero della difesa ed i servizi di informazione. Uno stretto raccordo operativo è stato attivato anche con il quotidiano «la Repubblica» e con i familiari, che sono stati puntualmente aggiornati di tutti gli sviluppi della vicenda.
Il Governo ha inoltre richiesto, ai massimi livelli, la collaborazione del Governo afgana per assicurare una rapida e contemporanea liberazione di tutti e tre gli ostaggi, mettendo in atto tutte le possibili misure necessarie per assicurare in ogni caso la loro incolumità.
Il Governo afgano ha sempre assicurato piena collaborazione in tutto il periodo che ha condotto alla liberazione di Mastrogiacomo. È stata infine chiesta la collaborazione dei governi della coalizione internazionale in Afghanistan, ed in particolare di quello americano e di quello britannico, che com'è noto dispone i truppe attive nell'area. Agli alleati le cui truppe erano attive nell'area è stato richiesto di evitare azioni di forza.
Il Governo ha reagito con apertura e trasparenza, anche in relazione alle trattative tra Emergency e talibani e ai rapporti
con il governo afgano (circostanze puntualmente ed ampiamente riportate dalla stampa durante tutto il periodo del sequestro Mastrogiacomo).
Per tutta la durata della crisi e lino alla liberazione del giornalista, non si sono riscontrate interferenze negative o segnali di disapprovazione da parte di governi amici e alleati, né da parte di alcun esponente delle forze politiche nazionali.
I contatti con il Governo afgano sono stati tenuti - al massimo livello - dal Presidente del Consiglio e dal Ministro degli affari esteri per il tramite della nostra Ambasciata a Kabul.
Per quanto concerne la trattativa con i talibani, il Governo ha sin dall'inizio attivato tutti i canali ritenuti attendibili, nessuno escluso. Gino Strada, fondatore di Emergency, inizialmente attivato dal direttore del «la Repubblica» ha confermato che questa organizzazione non governativa avrebbe potuto mettere a disposizione un canale di trattativa. Col prosieguo degli eventi è emerso che il canale aperto da Emergency era il più attendibile, in quanto in grado di avere diretto acceso ai rapitori per individuare le rivendicazioni avanzate e per verificare la disponibilità ad una trattativa.
In ambito Nato, i rappresentanti britannico e americano hanno attirato l'attenzione sulla vicenda del giornalista italiano in occasione della riunione del Consiglio atlantico del 21 marzo 2007, chiedendo di conoscere se dovessero considerarsi veritiere le notizie riportate da numerosi organi di stampa internazionali circa la tenuta di negoziati con i rapitori e l'eventuale grado di informazione e/o coinvolgimento di ISAF nella liberazione di Daniele Mastrogiacomo. Londra e Washington hanno espresso preoccupazione per i possibili riflessi della vicenda sulle condizioni di sicurezza in Afghanistan, anche alla luce, è stato fatto notare, del vasto ed immediato uso propagandistico che i talebani hanno fatto del rilascio di militanti detenuti a Kabul.
La questione è stata nuovamente evocata in occasione del Consiglio atlantico del 27 marzo 2007 con toni estremamente pacati. Il dibattito, lungi dall'alimentare scambi di accuse tra gli Alleati, ha fatto emergere l'esigenza di valutare l'eventualità di avviare in sede Nato una riflessione su una linea politica condivisa da tenere in caso di cattura di ostaggi. Il Segretario generale de Hoop Scheffer ha fatto sapere che la questione verrà ripresa al momento opportuno eventualmente sulla base di proposte che egli stesso si è riservato di formulare.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
LEONE, CARLUCCI, ARMOSINO, AZZOLINI, BONIVER, BOSCETTO, BRANCHER, BRUNO, CESARO, GIANFRANCO CONTE, COSTA, CRIMI, DI CAGNO ABBRESCIA, D'IPPOLITO VITALE, FABBRI, FASOLINO, FLORESTA, FRATTA PASINI, GIUDICE, GRIMALDI, LA LOGGIA, LAZZARI, MILANATO, MARIO PEPE, PESCANTE, PICCHI, PIZZOLANTE, PONZO, VALENTINI, VITALI e ZORZATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la più importante salina marittima oggi esistente ed operante in Europa è quella di Margherita di Savoia, sita in provincia di Foggia, nel basso Tavoliere, sul mare Adriatico, con i suoi 20 chilometri di lunghezza e 5 chilometri di larghezza e con una produzione media annua di circa 5.500.000 quintali di sale;
storicamente la Salina di Margherita di Savoia non ha una precisa data di nascita, vi sono però validi motivi per supporre che intorno al 200 a.C. essa fosse già un insediamento produttivo, reso tale da colonizzatori Illiri, i quali dopo essere approdati su queste terre lagunari presero a sfruttare questa, che era sin da allora una risorsa naturale;
la superficie della salina nel 1910 era di ettari 128, successivi lavori di bonifica la estesero nel 1920 a 500 ettari, fino a raggiungere nel 1926 ettari 1.164. Nel 1934, ultimati i lavori di bonifica della zona Salpi Nuovo, la superficie raggiunse i 2.770 ettari ed infine con la bonifica
della zona Alma Dannata nel 1959 si raggiunsero i circa 4.000 ettari di superficie utile, che, uniti ai 500 ettari adibiti a servizi (argini, officine, aie di ammassamento, strade, uffici, alloggi) sommano 4.500 ettari che rappresentano la superficie complessiva oggi asservita alla salina di Margherita di Savoia, interessando in tal modo, oltre il comune di Margherita, quelli di Zapponeta, Trinitapoli e Cerignola;
i sottoscrittori del presente atto hanno volutamente utilizzato le parole che la società acquirente delle saline, l'Atisale, ha scritto sul proprio sito www.atisale.com per descrivere quanto sia prezioso per le comunità locali il bene che l'Ente Tabacchi Italiano ha privatizzato negli anni 2002-2003 e quale motore abbia costituito e costituisca per l'economia e l'occupazione locale;
il 23 gennaio 2003, rispondendo all'interrogazione 5-01571 in Commissione finanze alla Camera il sottosegretario dell'economia e delle finanze, onorevole Armosino confermava che la procedura adottata prevede sia la salvaguardia per un triennio dei livelli di occupazione sia il mantenimento dell'unitarietà aziendale; se gli oneri prospettati dall'advisor a coloro che erano interessati all'acquisto si rivelassero in concreto eludibili, tutta la procedura risulterebbe pretestuosa e strumentale rispetto ad un esito precostituito;
il piano industriale di rilancio è stato eluso, nel più assoluto silenzio dei sindacati e di qualsiasi organo preposto al controllo e già si paventano ricadute occupazionali come ventilato da nota dell'Atisale del 23 gennaio 2007;
il 28 febbraio 2007 il consiglio comunale di Margherita di Savoia ha approvato all'unanimità una delibera in cui si chiede di sospendere qualsiasi procedura di licenziamento, di individuare un tavolo di confronto con le realtà locali, oltre che a mantenere gli accordi di fornitura con le aziende locali;
è francamente inammissibile che le privatizzazioni siano utilizzate per distruggere il bene acquisito ad onta di impegni sottoscritti, per i quali però non c'è alcuna sanzione in caso di non ottemperamento; il Paese rischia l'asfissia economica, quasi come se gli imprenditori si fossero aggiudicati 13.000 anime, piuttosto che una concessione condizionata al rispetto di determinati impegni -:
quali concrete garanzie siano state adottate o si intendano adottare per impedire l'elusione degli impegni da parte della società acquirente delle Saline di Margherita di Savoia;
se non ritenga opportuno sospendere la concessione delle saline di Margherita di Savoia in forza del mancato rispetto degli impegni assunti dalla controparte.
(4-04241)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante Antonio Leone ed altri pongono quesiti in ordine alle Saline di Margherita di Savoia.
Al riguardo, si fa presente che decreto legislativo n. 283 del 1998 ha istituito l'Ente tabacchi italiani, cui è stato affidato l'esercizio di tutte le attività produttive e commerciali già riservate o comunque attribuite all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, divenendo così l'Ente pubblico economico titolare dei rapporti attivi e passivi, nonché dei diritti e dei beni afferenti tali attività.
Al fine di realizzare gli obiettivi previsti dalla citata normativa, in data 3 dicembre 1999 è stata quindi formalizzata, fra l'altro, la concessione in uso all'Ente tabacchi italiano di superfici ed immobili costituenti il comprensorio della Salina di Margherita di Savoia (Foggia) per la produzione di sale.
Tale produzione era, inoltre, localizzata a Volterra (Val di Cecina) e Sant'Antioco (Sardegna).
Nel febbraio 2003 il pacchetto azionario della Società ATI Sale SpA è stato acquistato dalla Società Salapia Sale S.r.l. di Margherita di Savoia (Foggia).
In proposito, si precisa che i processi decisionali attinenti alla cessione di partecipazioni da parte del Ministero dell'economia
e delle finanze sono di esclusiva competenza del Consiglio di Amministrazione.
In ogni caso, gli obblighi del concessionario in materia di mantenimento dei livelli occupazionali, fissati nel contratto di vendita azionaria da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, sono scaduti in data 23 dicembre 2006.
Pertanto, a partire dalla data stessa il concessionario attuale non è più tenuto al mantenimento degli impegni afferenti alla sfera occupazionale e all'informativa semestrale.
Si soggiunge, comunque, che il comma 563 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 prevede che il personale già appartenente all'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, precedentemente distaccato presso l'Ente tabacchi italiani, dichiarato in esubero a seguito di ristrutturazioni aziendali, è ricollocato presso uffici delle pubbliche amministrazioni.
In attuazione della citata normativa, in data 3 aprile 2007, è stato emanato il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento per le politiche fiscali - con il quale si stabilisce la riammissione nella Pubblica Amministrazione del personale in questione.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Antonangelo Casula.
LO MONTE. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la città di Messina continua a pagare un pesante tributo in termini urbanistici, ambientali e socio-economici se non verrà affrontata in modo sistematico l'emergenza principale del territorio che viene ricondotta alla vertenza sui trasporti nell'Area dello Stretto e alla richiesta del potenziamento del sistema infrastrutturale;
per arrivare a trovare una soluzione per le principali problematiche sia urbane che di sviluppo socio-economico del territorio messinese il Ministero delle Infrastrutture e RFI dovrebbero dare l'avvio immediato alla rielaborazione del progetto preliminare delle opere connesse alla nuova sistemazione ferroviaria, presentato al CIPE nel novembre del 2005, secondo lo schema progettuale predisposto dalla stessa RFI e concluso con il Comune di Messina ed il Ministero delle Infrastrutture;
se non verrà conclusa l'elaborazione del progetto preliminare non vi sarà alcuna possibilità di poter richiedere e quindi reperire le risorse finanziarie idonee per la realizzazione della nuova stazione ferroviaria di Messina;
parallelamente alla richiesta di completamento dell'iter progettuale del nuovo Nodo ferroviario, si potrebbe aprire un confronto con RFI per la costituzione di una Società Mista tra le stesse ferrovie e l'Amministrazione Locale per il riutilizzo delle aree ferroviarie dimesse e da dimettere;
tale società mista potrebbe anche essere aperta a soci privati al fine di attirare ulteriori risorse con l'obiettivo di recuperare e valorizzare gli scali e le aree ferroviarie non più utilizzate e cercando di potenziare la mobilità urbana ed extra-urbana attraverso lo sviluppo e l'integrazione logistico funzionale del trasporto pubblico e privato dentro e fuori il centro urbano -:
quali iniziative il Ministro in oggetto intenda porre in essere al fine di completare l'iter progettuale per la realizzazione della nuova Stazione di Messina e quali progetti si intendano realizzare per dare finalmente, in un'ottica regionale e nazionale una risposta ai bisogni di lavoro, alle esigenze delle imprese e agli interessi legati all'Area dello Stretto.
(4-03471)
Risposta. - Nel quadro delle attività svolte nell'ambito del programma SISTEMA - Sviluppo integrato sistema territoriale multi azione - finanziato da questo Ministero, sono state intraprese azioni rivolte alla formazione di piani strategici e piani di mobilità da parte di città e sistemi territoriali che hanno i requisiti, posizionamento strategico e dinamicità territoriale, per concorrere al
rafforzamento della competitività nazionale. In particolare, il Comune di Messina, l'Autorità portuale ed RFI hanno individuato azioni comuni finalizzate alla costituzione di un Masterpian generale, inteso come sistema urbano e territoriale per lo sviluppo dell'area dello Stretto.
In data 5 luglio 2004, anche sulla base degli impegni assunti con Protocollo d'intesa sottoscritto tra questa Amministrazione, il Comune di Messina, RFI e l'Autorità portuale, il Comune messinese ha provveduto alla predisposizione di un bando di gara ad evidenza pubblica per la «Redazione del programma strategico per la valorizzazione economica, sociale, urbanistica e direzionale della porzione di territorio che si estende dalla Zona Falcata allo svincolo autostradale di Tremestieri». Oggetto dello studio, in corso di affidamento da parte del Comune di Messina, riguarda altresì la verifica degli elementi di fattibilità per la definizione di un piano finanziario di sostegno alla realizzazione dell'intervento anche in funzione dei ritorni economici correlati all'interramento della stazione ferroviaria e alla liberazione delle aree fronte mare.
Per quanto attiene allo stato del progetto in questione, la società Ferrovie dello Stato, per quanto di competenza, informa che il progetto preliminare «Ponte sullo stretto di Messina. Opere ferroviarie connesse», facente parte del Programma delle infrastrutture strategiche, presentato al Ministero delle infrastrutture dei trasporti in data 6 giugno 2003 era volto ad assicurare funzionalmente il collegamento del ponte con la rete ferroviaria siciliana.
Nell'ambito del successivo iter autorizzativo, gli enti territoriali hanno rappresentato l'esigenza di limitare l'impatto ambientale e territoriale delle nuove opere ferroviarie e di recuperare alla città di Messina l'affaccio al mare per consentite l'avvio di un radicale processo di riqualificazione urbanistica.
Sono state pertanto proposte agli enti stessi, tramite il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, numerose soluzioni di assetto delle infrastrutture ferroviarie, tra cui anche il parziale interramento dei binari della stazione di Messina.
Poiché non è stata mai raggiunta con gli enti territoriali una condivisione sui progetti presentati, il Ministero dell'ambiente, nel luglio del 2006, ha dichiarato definitivamente chiusa la procedura di valutazione di impatto ambientale dell'opera ferroviaria avviata nel 2003.
Preso atto che il progetto relativo al Ponte sullo Stretto di Messina non è stato, al momento, incluso tra le opere prioritarie da realizzare, la società Ferrovie dello Stato comunica che l'interramento della stazione di Messina, le cui risorse realizzative non sono mai stato nella disponibilità di RFI, risulterebbe pertanto finalizzato alla sola liberazione dell'affaccio al mare della città e si configurerebbe come un progetto di riqualificazione urbanistica che non rientra nella sfera propositiva di RFI.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
MARINELLO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
le risposte fornite dal Ministero sulle infrastrutture, a seguito dei diversi atti di sindacato ispettivo presentati dall'interrogante nei mesi scorsi, sui lavori di messa in sicurezza e di manutenzione degli importanti viadotti, denominati: Belice e Carabollace e della strada statale 115 «Sud Occidentale Sicula», non garantiscono sufficienti rassicurazioni per i cittadini del comune di Sciacca e dei comuni limitrofi;
infatti secondo quanto risulta dalla predetta risposta, la società ANAS è intenzionata a rimandare l'avvio dei lavori, dopo uno studio preliminare al fine di valutare lo stato dei manufatti e le modalità tecniche d'intervento, senza specificare i tempi per la realizzazione del detto studio preliminare;
i viadotti predetti rappresentano un tratto di notevole importanza per la rete stradale siciliana, in quanto collegano la parte orientale a quella occidentale della
Regione Sicilia e pertanto il transito veicolare dei tratti interessati, senza una adeguata manutenzione e messa in sicurezza, causa particolari difficoltà specie fra gli agricoltori delle zone interessate;
si segnalano i disagi dovuti alla realizzazione delle bretelle laterali e dei relativi svincoli al tratto stradale della statale 115 tra il bivio S. Bartolo e il comune di Sciacca, dovute a limiti della datata idea progettuale e che tutto questo creerà notevole disagio alla popolazione residente nella zona;
tra l'altro si segnalano la lentezza e l'apparente frammentarietà della esecuzione dei cantieri che insistono nei predetti tratti della statale 115 -:
quali iniziative intenda intraprendere, al fine di sollecitare nel più breve tempo possibile, i risultati dello studio preliminare citati in premessa, la cui conclusione appare indispensabile al fine dell'esecuzione dei lavori di messa in sicurezza e di manutenzione degli importanti viadotti della strada statale 115;
se non ritenga avviare un confronto con le amministrazioni locali ed i comitati di quartiere interessati, nonché con i rappresentanti dell'ANAS, al fine di trovare soluzioni ragionevoli, che consentano una accelerazione dei lavori e per arrivare in tempi brevi al completamento delle opere citate in premessa;
quali iniziative intenda intraprendere per verificare la corretta esecuzione ed il crono programma delle opere già appaltate ed in particolare quelle relative ai cantieri del tratto stradale della statale 115 ubicata tra il bivio S. Bartolo e il comune di Sciacca.
(4-03401)
Risposta. - Per quanto attiene i viadotti «Belice» e «Carabollace», la società ANAS fa sapere che sono attualmente in corso approfondite valutazioni volte ad individuare le soluzioni tecniche più idonee tra quelle possibili e che, solo all'esito delle suddette analisi, si potrà procedere alla progettazione esecutiva.
Ad una prima stima condotta da ANAS risulta che gli interventi potrebbero comportare una spesa di circa 15 milioni di euro per il viadotto «Belice» e di circa 1,3 milioni di euro per il «Carabollace»; tali interventi potrebbero essere inseriti nelle opere di straordinaria manutenzione della «Bozza di Elenco Opere infrastrutturali di Nuova Realizzazione 2007-2011». Attualmente, le strutture sono mantenute nella loro funzionalità con interventi di ordinaria manutenzione.
L'ANAS, infine, fa sapere che sui suddetti viadotti il transito veicolare si svolge con la sola limitazione della velocità a 50 Km/h.
In riferimento ai lavori di eliminazione degli attraversamenti a raso e alla realizzazione di opere di svincolo tra i km 99+000 e 136+100 della strada statale 115 «Sud Occidentale Sicula» - 1o stralcio tra i km 99+000 e 117+350 - tratto S. Bartolo-Sciacca, l'ANAS informa che tali lavori non interferiscono con l'attuale viabilità della strada statale 115 fruibile dall'utenza, e che solo in Contrada Scunchipane, anche su sollecitazione del Comune di Sciacca, l'ufficio compartimentale competente ha emesso ordinanze finalizzate all'inserimento della viabilità secondaria sulla statale 115 in condizioni di sicurezza.
Al fine arrivare ad individuare soluzioni ragionevoli al problema, la società ANAS manifesta la propria disponibilità ad incontri con le amministrazioni locali e con i comitati di quartiere per il tramite della Direzione regionale di Palermo.
Nella «Bozza di Elenco Opere infrastrutturali di Nuova Realizzazione 2007-2011» sono inseriti i seguenti interventi relativi alla strada statale 115 «Sud Occidentale Sicula»:
lavori di completamento della viabilità di raccordo tra la SS. 115 ed il porto di Mazara del Vallo, con una previsione di spesa di 15,48 milioni di euro;
adeguamento strutturale del cavalcavia ferroviario al km 267+172, con previsione di spesa di 2,3 milioni di euro.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
OLIVA, LO MONTE, NERI, RAO e REINA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 417 è una delle arterie più trafficate di tutta la Sicilia, percorsa giornalmente da migliaia di autoveicoli;
sul tratto stradale Catania-Gela, tristemente noto anche come «strada della morte», si registrano, ogni anno numerosi incidenti stradali con un pesante bilancio di morti e feriti;
dal 1977, anno in cui tale strada è stata presa in consegna dall'Anas, non sono stati effettuati interventi significativi per rendere la circolazione più sicura;
le istituzioni locali, prima tra tutte la Provincia Regionale di Catania, ormai da anni sollecitano un intervento dell'Anas;
il raddoppio delle corsie di questo tratto stradale è da ritenersi come l'unico intervento significativo in grado di migliorare la viabilità e la sicurezza -:
quali siano i tempi previsti per la realizzazione dei lavori di messa in sicurezza della strada statale 417, quali siano i tempi previsti per il raddoppio delle corsie e se il ministro interrogato non ritenga, stante la dimostrata pericolosità della SS Catania-Gela, di intervenire per rendere più sollecita la realizzazione delle suddette opere.
(4-03472)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, inerente la messa in sicurezza della SS. 417 «di Caltagirone» ed in particolare del tratto Catania-Gela, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
ANAS s.p.a comunica di avere programmato sulla SS. 417 i seguenti interventi:
intervento di eliminazione di viziosità plano-altimetriche tra i km. 50+000 e 55+800 dell'importo di circa 7,3 milioni di euro, finanziato ed attualmente in fase di affidamento;
intervento di eliminazione di situazioni di pericolo mediante la sistemazione idraulica del tratto compreso tra i km.38+430 e 39+000 dell'importo di circa 3,37 milioni di euro, approvato ed in attesa di finanziamento;
lavori di costruzione dello svincolo a livelli sfalsati al km. 50+000 dell'importo di circa 3,2 milioni di euro, tuttora in fase di progettazione.
Tali interventi si inseriscono nel Programma per il miglioramento della sicurezza stradale sulla rete nazionale, di cui all'articolo 15 della L. 166/02.
Nella bozza di Elenco di opere infrastrutturali 2007-2011 sono, altresì, previsti interventi vari per un importo complessivo di circa 12 milioni di euro per la medesima SS. 417.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
PELINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sono avvenuti episodi spiacevoli nella Sezione doganale «Aeroporto d'Abruzzo» ed in quelle ubicate presso gli aeroporti di Trieste, Catania, Bologna e Fiumicino dove gli agenti della Polizia di Stato hanno sottoposto a controlli ripetuti i funzionari di dogana che rivestono la qualifica di ufficiale di Polizia Giudiziaria e Tributaria ai sensi del testo unico legge doganale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973;
la Polizia di Stato giustamente effettua gli opportuni controlli per contrastare il terrorismo internazionale e questi necessariamente sono stati intensificati, tuttavia queste verifiche avvengono in modo eccessivo nei confronti del personale delle dogane;
tra gli episodi registrati presso le Dogane, a Trieste un funzionario doganale è stato denunciato dalla Polizia di Stato perché avrebbe effettuato un controllo bagagli che, secondo la stessa Polizia, rientrava nei controlli di sicurezza di competenza della Polizia di Stato;
questo e numerosi altri episodi evidenziano che si rende necessario che sia modificato il Piano nazionale di Sicurezza, scheda n. 5, in cui si prevede l'obbligo dei funzionari di dogana di sottoporsi ai controlli di sicurezza;
ove non fosse possibile attuare tale misura di modifica, si rende comunque necessario intervenire onde evitare controlli inutili, eccessivi e anche dannosi sia per la perdita di tempo e sia per l'immagine disorganica che si offre ai cittadini come già riportato;
è indispensabile permettere ai funzionari doganali di svolgere le loro funzioni nel migliore dei modi senza incorrere in «conflitti» con il personale della Polizia di Stato;
è opportuno che i fatti riportati presso le dogane delle città di cui al primo punto della premessa, non si ripetano così che il lavoro sia dei funzionari doganali e sia di quelli del personale della Polizia di Stato venga svolto nel rispetto reciproco e senza esagerazioni che si riflettono poi in modo spiacevole sul servizio reso ai cittadini e sui rapporti tra le due categorie -:
quali iniziative si intenda adottare per modificare, come riportato nella premessa, la scheda n. 5 del Piano nazionale di Sicurezza e per evitare per il futuro il ripetersi di conflitti tra i funzionari della Polizia di Stato e quelli delle dogane in modo da garantire, nel pieno rispetto delle funzioni esercitate dalle predette categorie di personale, l'efficienza del servizio reso al cittadini.
(4-01824)
Risposta. - Si premette che dello specifico episodio menzionato dall'interrogante concernente l'avvenuta denuncia, preso l'aeroporto di Trieste, di un funzionario doganale da parte di operatori della Specialità di Frontiera aerea della Polizia di Stato, non risultano riscontri né agli atti della IV Zona di Polizia di Frontiera di Udine, né a quelli dell'Ufficio di Frontiera aerea di Ronchi dei Legionari.
Per quanto concerne la disciplina dei controlli di sicurezza presso gli aeroporti dei Paesi aderenti all'Unione europea, la stessa trova fondamento nel Regolamento CE n. 2320/2002, che istituisce nonne comuni per la sicurezza dell'aviazione civile.
Il punto 4.1.3 del Regolamento prevede che le competenti Autorità nazionali «possono stabilire quali categorie di persone devono essere sottoposte a speciali procedure per il controllo e quali essere esentate».
Per l'attuazione del Regolamento europeo in parola, l'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile (ENAC) - autorità designata per la security aeroportuale -, su conforme parere del Comitato Interministeriale per la Sicurezza Aerea e degli aeroporti (CISA), ha approvato il Programma nazionale di sicurezza (PNS).
In particolare, la scheda n. 5 del PNS stabilisce espressamente, al punto 3.4.2, quali categorie di operatori aeroportuali possano essere esentate, in presenza comunque di determinate condizioni e modalità, dai controlli.
In particolare, ciò è previsto limitatamente agli appartenenti alle Forze di polizia, di cui all'articolo 16 della legge n. 121 del 1981, in servizio presso gli Uffici o i Reparti di vigilanza aeroportuale che, in base ai rispettivi regolamenti interni, sono obbligati al porto dell'arma di ordinanza.
Tuttavia, anche gli stessi devono esibire, all'atto del controllo, l'apposito tesserino rilasciato dalla Direzione della circoscrizione aeroportuale di competenza.
Viceversa, gli appartenenti alle Forze di polizia, che non prestano servizio presso i citati Uffici o Reparti, sono sempre tenuti, qualora per motivi di servizio accedano alle aree sterili, ad esibire la tessera personale di riconoscimento, connessa alle speciali funzioni di Polizia, all'atto dei controlli di sicurezza, avendo, tra l'altro, già segnalato il proprio transito presso il locale Presidio di Polizia aeroportuale.
Le citate disposizioni sono certamente ispirate a criteri di massima sicurezza e non menzionano tra le categorie esentate dai controlli il personale dell'Agenzia della Dogana.
Pertanto, eventuali proposte di modifica alle disposizioni contenute alla scheda n. 5
del PNS dovranno essere sottoposte, per la necessaria analisi dei risvolti di sicurezza, nonché per la verifica di conformità della normativa comunitaria vigente in materia, alle Autorità sopra menzionate competenti nella materia della sicurezza aeroportuale.
Con la stessa procedura dovranno essere, altresì, chieste modifiche relativamente ai controlli di sicurezza effettuati presso i varchi di servizio (staff only) degli scali aerei nazionali che consentono l'accesso alle aree sterili, in quanto anch'essi disciplinati secondo modalità operative individuate dal citato PNS.
Si precisa, infine, che le responsabilità spettanti al posto di polizia aeroportuale, nel contesto della funzione di vigilanza e di controllo ai varchi, sono contemplate dal regolamento approvato con decreto interministeriale del 29 gennaio 1999, n. 85, recante norme di attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge n. 9 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 217 del 1992, in materia di affidamento in concessione dei servizi di sicurezza.
Detto regolamento prevede che i servizi di controllo debbano essere svolti sotto la vigilanza dell'Ufficio della Polizia di Stato presso lo scalo aereo, che assicura gli interventi che richiedono l'esercizio di pubbliche potestà.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
PELINO. - Al Ministro per le politiche per la famiglia. - Per sapere - premesso che:
per effetto della legge n. 149 del 28 marzo 2001, che ha modificato la precedente legge n. 184 del 1983, lo scorso 31 dicembre sono stati chiusi gli orfanotrofi e gli istituti per minori trasformandoli in case famiglia;
la nuova disciplina giustamente stabilisce, in via preliminare, il diritto fondamentale del minore a crescere e ad essere educato nell'ambito della propria famiglia di origine e quindi le eventuali condizioni di indigenza dei genitori non possono ostacolare il diritto del minore a crescere nel nucleo familiare di appartenenza;
la conseguenza è che lo Stato, le Regioni e gli Enti locali devono provvedere con mirati interventi di sostegno a prevenire situazioni di bisogno e quindi di eventuale abbandono;
solo se la famiglia, nonostante tutti gli interventi adempiuti come prevede la legge, non è in grado di crescere ed educare il minore si può procedere per l'affidamento familiare o per l'inserimento in una comunità di tipo familiare o per l'adozione;
in merito non risulta ci sia stata un'adeguata informazione con particolare riferimento agli interventi in aiuto alle famiglie disagiate;
i minori sono la fondamentale ricchezza di ogni nazione e una provvidenziale risorsa che deve essere favorita nelle condizioni di crescita nell'ambito familiare e altamente tutelata per un ottimale sviluppo del Paese -:
se sia già disponibile un elenco aggiornato degli istituti esistenti sul territorio nazionale che, di fatto, hanno effettuato la dovuta trasformazione;
se sia noto, a seguito dell'applicazione della legge, il numero dei minori dati in affido, accolti nelle comunità, nella casa famiglia e dove sono localizzate;
se sia già stato effettuato o sia in atto un censimento a livello nazionale o regionale circa il numero dei minori necessitanti di sistemazione alternativa alla famiglia di origine;
se sia stata resa operativa una banca dati a livello nazionale che possa indicare con esattezza il numero dei minori tenuti fuori della loro famiglia di origine e dove essi vivono;
se nell'attuale Finanziaria sia stato previsto un impegno di spesa per un qualsiasi tipo di aiuto economico alle famiglie
bisognose altrimenti impossibilitate a crescere i propri figli.
(4-02453)
Risposta. - In relazione all'atto in esame, entrando subito nel merito della questione, si fa presente che il percorso di chiusura degli istituti è stato completato entro la fine del 2006 in quasi tutte le Regioni d'Italia.
Sul piano strettamente numerico, quindi, è stato sostanzialmente realizzato il percorso previsto dalla legge n. 149 del 2001. Per tentare di seguire la fase successiva, e cioè evitare che la chiusura formale degli istituti non corrisponda ad una realtà di modifica della situazione per gli adolescenti, presso questo Ministero si sono svolti diversi incontri con le Regioni. In particolare, il 28 marzo 2007 si è svolta una riunione di coordinamento con il preciso obiettivo di fissare alcuni indicatori per il monitoraggio della situazione. Nello specifico, con i rappresentanti delle Regioni si è proposto e condiviso, per verificare puntualmente la situazione, un set di indicatori riguardante la tipologia dei servizi, a seconda che siano comunità di tipo familiare con coppia residente, strutture socio-educative e di pronta accoglienza, gruppi appartamento e di accompagnamento all'autonomia, oppure comunità madri con bambino; inoltre sarà rilevata l'età dei bambini, secondo sei classi di appartenenza (0-2, 3-5, 6-10, 11-14, 15-17, 18-21); il genere e la provenienza (Regione o fuori Regione) ed, infine tra i minori stranieri l'individuazione dei bambini non accompagnati.
I dati relativi al suddetto monitoraggio verranno consegnati al Ministero, in forma provvisoria, entro 6-8 mesi dopo la rilevazione e, al riguardo, si fa presente che le Regioni si sono impegnate a prendere in considerazione anche un altro indicatore, proposto dal Ministero, relativo agli affidamenti, in ordine al numero dei minori in affidamento con l'indicazione della cittadinanza straniera, se minori stranieri non accompagnati, il sesso e la classe di età.
Si segnala, ad ogni modo, che il compito di vigilanza sulle strutture è affidato alle Regioni e alla Procura presso i Tribunali per i Minorenni e questo Ministero, per il monitoraggio dei minori fuori della famiglia d'origine, si avvale delle informazioni ufficialmente trasmesse dalle Regioni.
Infine, al fine di predisporre la seconda relazione sullo stato di attuazione della legge 149/01, è stato attivato il tavolo di coordinamento tra Ministero della solidarietà sociale, il Ministero della giustizia e le Regioni. Nella relazione saranno approfonditi i temi sul sistema integrato dell'accoglienza (Focus con 3 o 4 regioni), sulla cronicizzazione dell'accoglienza, sull'uscita dal sistema dell'accoglienza, sui requisiti minimi del sistema integrato dell'accoglienza e sulle linee guida sull'affidamento familiare.
Da ultimo, si fa presente che è allo studio una campagna di sensibilizzazione sull'affidamento familiare, istituto alternativo al collocamento in strutture di accoglienza dei bambini e degli adolescenti privi temporaneamente di un ambiente familiare idoneo per il loro sviluppo psico-fisico.
La campagna punterà contemporaneamente alla formazione degli operatori del settore - attraverso attività di tipo seminariali e convegnisti che - alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica - con il lancio di una campagna spot sulle reti RAI - e al monitoraggio costante dell'attuazione dell'istituto sul territorio nazionale.
Nel predisporre le azioni positive di rilancio dell'affidamento familiare verranno tenute in considerazione soprattutto: la promozione di politiche di prevenzione del disagio familiare da cui deriva l'allontanamento dei bambino dai genitori familiari, ancora troppo spesso legato a motivazioni in qualche modo riconducibili a situazioni di disagio economico (33 per cento dei casi); la promozione e il sostegno dell'affido e del volontariato sia delle famiglie sia delle persone singole disponibili a prendersi cura di minori al di là dei vincoli parentali; la qualificazione del personale che opera nelle strutture preposte all'accoglimento di bambini vittime di esperienze traumatiche familiari nello spirito della legge 149 del 2001 che ha previsto la chiusura degli istituti; il favorire la creazione, a livello locale, di strutture di accoglienza a carattere familiare capaci di rispondere in modo flessibile
alle situazioni sempre più diversificate di disagio familiare; il potenziamento degli interventi di sostegno e delle risorse da destinare alle misure integrative per le famiglie affidatarie che da sole rischiano di non reggere un impegno così coinvolgente; nonché investire sui servizi sociali, che troppo spesso soffrono di un rapido turn-over del personale e di un'organizzazione carente focalizzando il loro intervento sul sostegno alla famiglia d'origine incoraggiando i genitori affidatari a costruire reti informali per sostenersi a vicenda.
Il Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale: Cecilia Donaggio.
ANTONIO PEPE. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
l'autostrada A14 costituisce una importantissima infrastruttura del sistema viario italiano;
in particolare tale arteria autostradale congiunge lungo la dorsale adriatica il Nord al Sud del Paese e viceversa, garantendo in questo modo, tra l'altro, la possibilità per le aziende meridionali di avere accesso su strada a mercati importanti del settentrione e del Nord Europa;
non meno rilevante è la funzionalità che la A14 svolge favorendo il rapido spostamento dei turisti che specie nella stagione estiva affollano la costa delle regioni meridionali ed in particolare della Puglia;
la Città di Foggia è servita da un unico casello autostradale sulla A14, casello che si inserisce a Nord Est del tessuto urbano della Città con una propensione a servire il traffico orientato verso il Gargano e le zone a forte vocazione turistico religiosa della provincia;
l'autostrada A14, peraltro, continua il suo sviluppo lambendo una larga ed estesa fascia della Città di Foggia andando però, solo a toccare la zona industriale del capoluogo dauno e di fatto escludendola dall'accesso diretto alla rete autostradale;
la zona industriale di Foggia è sede di alcune importanti aziende di piccola e media dimensione e di alcune grandi realtà come Sofim, Alenia, Barilla;
tutto il sistema imprenditoriale locale avrebbe grande giovamento dalla possibilità di essere direttamente servito da una uscita autostradale sulla A14 all'altezza della zona industriale e precisamente in zona Incoronata;
tale ulteriore uscita autostradale è stata già definita essenziale anche durante l'approvazione Consiliare del Documento Preliminare e Programmatico al PUG di Foggia costituendo elemento essenziale per spostare parte del traffico pesante, oggi costretto a transitare in Città, verso l'esterno della rete urbana e per aumentare il potenziale attrattivo della zona industriale che in questo modo potrebbe accogliere meglio l'insediamento di nuove imprese -:
quali iniziative intenda porre in essere al fine di agevolare la costruzione di una nuova uscita autostradale sulla direttrice A14 in zona Incoronata a Foggia e se in particolare non ritenga di chiedere urgentemente alla società Autostrade di interessarsi della problematica di cui sopra eventualmente aprendo un tavolo tecnico con gli enti locali interessati al fine di individuare le modalità più economiche e meno impattanti dal punto di vista ambientale per realizzare l'opera.
(4-03467)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il tema dello sviluppo delle infrastrutture in Puglia è all'attenzione del Governo che, proprio recentemente, ha sottoscritto con la Regione un accordo preliminare per individuare e selezionare gli interventi ricadenti in quel territorio, da inserire nel programma operativo nazionale e nel programma nazionale per il Mezzogiorno, in attuazione del Quadro strategico nazionale
2007-2013, con richiamo anche alla precedente Convenzione ANAS - Puglia del 2003.
La zona industriale di Foggia si trova in corrispondenza dei lavori, tuttora in corso, di ammodernamento della strada statale n. 16 a quattro corsie.
Per il miglioramento della viabilità nella zona di Foggia è inoltre previsto, nell'ambito della Convenzione ANAS-Regione Puglia, l'ammodernamento del tratto Foggia-Cerignola.
In più, sono stati previsti n. 3 lotti in corrispondenza del tratto di Statale n. 16 che porterà l'attuale sezione stradale a quattro corsie, due per senso di marcia.
Per quanto riguarda la richiesta di un nuovo svincolo sulla autostrada A14 Bologna-Taranto in corrispondenza della zona industriale «Borgo Incoronata» della città di Foggia, si precisa che la questione è stata oggetto, come noto, di attenta valutazione.
Difatti, l'opportunità di prevedere la nuova struttura è stata fortemente evidenziata dalle Istituzioni e dalle realtà produttive dell'area che hanno rilevato il ruolo propulsivo nello sviluppo produttivo di Foggia e delle aree limitrofe del secondo svincolo di Foggia, con la possibilità di contribuire alla razionalizzazione dell'assetto infrastrutturale e logistico della Capitanata anche ai fini della valorizzazione del porto di Manfredonia.
Si dà assicurazione che la valutazione di queste potenzialità, rispetto allo sviluppo anche di più ampie aree del Mezzogiorno, è quindi all'attenzione del Ministero delle Infrastrutture e dell'ANAS, che stanno valutando attentamente le più idonee soluzioni, nel contesto di un'analisi di carattere tecnico, economico e trasportistico, per l'inserimento dell'opera nella programmazione di Piano economico-finanziario di Autostrade per l'Italia s.p.a..
Peraltro, il necessario finanziamento, pari a circa 25 milioni di euro, potrà essere individuato nelle disponibilità di cassa di Autostrade per l'Italia che ammontano a 4,5 miliardi di euro quale residuo degli 11 miliardi incassati dai pedaggi nel 2006 e di cui solo 7 risultano attualmente impegnati.
La società autostradale garantisce, quindi, il proprio impegno a procedere a dare attuazione, nella maniera maggiormente confacente alle esigenze rappresentate dal territorio, alle soluzioni che verranno individuate nelle competenti sedi istituzionali.
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.
PORETTI. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
nel primo fine settimana di agosto 2006 si sono verificati i soliti disagi per gli automobilisti anche a causa dell'assenza di un'informazione che consentisse di valutare la densità del traffico e le eventuali alternative;
tale informazione sulla rete autostradale viene gestita dal canale radiofonico Isoradio della RAI in compartecipazione con la società Autostrade per l'Italia;
a detta di alcuni giornalisti di Isoradio la responsabilità è da attribuirsi ad Autostrade per l'Italia, che «spesso le notizie delle code le dà volutamente in ritardo», paventando l'ipotesi di un interesse della società autostradale a far confluire comunque gli automobilisti ai caselli, incassando il pedaggio e ignorando il disservizio;
il responsabile della Protezione civile, Guido Bertolaso, ha rilevato che le informazioni radiofoniche sono ancora parziali;
l'Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori) è stata tempestata dalle telefonate di protesta degli automobilisti -:
se intendano verificare le accuse dei giornalisti di Isoradio e quali provvedimenti intendano predisporre e attuare per consentire una efficace e puntuale informazione agli automobilisti.
(4-00936)
Risposta. - Al riguardo, nel far presente che si risponde per incarico della Presidenza
del Consiglio dei ministri, si comunica che la concessionaria RAI - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame - ha evidenziato che le informazioni sul traffico autostradale vengono fornite dalla società «Autostrade per l'Italia» attraverso il sistema informatico che collega direttamente lo studio della Rai con il Centro multimediale della stessa società Autostrade.
In caso di difformità tra le notizie provenienti dalla ripetuta società Autostrade e quelle originate dalla Polizia stradale (fornite anch'esse attraverso un diverso sistema informatico che collega lo studio di Isoradio con CCI-SS-Viaggiare Informati) la Rai ha fatto presente che vengono trasmesse entrambe le informazioni citandone la provenienza.
Nel fine settimana di cui è menzione nell'atto ispettivo (il primo del mese di agosto 2006), in aggiunta alle informazioni di «Autostrade per l'Italia» e della Polizia Stradale, Isoradio ha trasmesso, con collegamenti in diretta, ulteriori notizie sulle condizioni del traffico fornite direttamente dal Centro coordinamento nazionale in materia di viabilità del ministero dell'interno.
A completamento di informazione si fa presente che il nuovo contratto di servizio 2007-2009 ha previsto che la RAI presenti, entro 6 mesi dall'entrata in vigore del contratto stesso, un progetto di sviluppo dell'attuale canale Isoradio, mantenendone il carattere di servizio privo di pubblicità, che in particolare, fornisca con la maggiore tempestività possibile, le informazioni di pubblica utilità ai diversi segmenti di utenza.
Lo stesso contratto di servizio prevede l'estensione della diffusione del segnale che dovrà essere udibile sull'intera rete autostradale e avviata sulle altre principali vie di comunicazione, nonché la sperimentazione di un sistema, di diffusione dei notiziari sulla viabilità differenziati in tre macroaree (nord, centro e sud).
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
RAITI. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
diversi cittadini lamentano che a Giarre (Catania) e nel circondano l'erogazione dei servizi Telecom ed Enel è lenta e di conseguenza non risponde a parametri di efficienza ed efficacia proprio di una società cosiddetta moderna;
nello specifico il caso è scoppiato con il temporale del giorno di Natale del 2006 che ha fatto saltare la linea non solo di private famiglie contattabili per giorni solo con i telefonini, creando una situazione di grave disagio soprattutto per gli anziani, ma di alcuni centri commerciali, come Pam Platania e soprattutto la Despar di Corso Matteotti; tali supermercati, addirittura, sono rimasti per almeno 4 giorni senza servizio Bancomat, poiché, secondo quanto sostenuto dai cassieri, la linea non era stata per tempo ripristinata dalla Telecom, nonostante i solleciti;
per quanto riguarda l'Enel, si registrano abbassamenti di tensioni ed interruzioni di energia elettrica in alcune zone. L'abbassamento è rilevante per il sistema informatico che manda in tilt i computer con danni troppo spesso gravi e irreparabili;
al di là dei casi specifici resta il problema generale della lentezza con cui i servizi vengono erogati, rispetto ad una decantata velocità delle nuove tecnologie -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali provvedimenti intenda assumere al fine di porre rimedio ad una situazione divenuta assolutamente insostenibile.
(4-02300)
Risposta. - Al riguardo si fa presente che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nelle cui competenze rientra, ai sensi della legge 31 luglio 1997 n. 249, la problematica delle interruzioni del servizio pubblico di telecomunicazioni di cui all'atto parlamentare in esame, ha comunicato quanto segue.
La società Telecom, sentita in proposito, ha precisato che nel periodo compreso fra il 24 dicembre 2006 ed il 14 gennaio 2007, a causa delle pessime condizioni metereologiche che hanno interessato la zona del catanese, nel solo comune di Giarre sono state registrate 350 segnalazioni di guasto, con la conseguente necessità di effettuare altrettanti interventi tecnici di riattivazione.
La medesima società ha, tuttavia, fatto presente che al di là della inevitabile dilatazione dei tempi di risoluzione dei disservizi segnalati, collegata al loro elevato numero, non sono emerse particolari criticità nella gestione degli interventi, e a conferma di ciò, ha sottolineato che nel periodo indicato è arrivata la segnalazione di 3 guasti plurimi di rete di modesta entità, peraltro risolti rapidamente.
Fra questi ultimi, soltanto uno, in data 27 dicembre 2006, era relativo al supermercato Despar, al quale la rete è stata ripristinata il successivo 5 gennaio 2007; nessuna interruzione invece è risultata sulle utenze relative al Pam di Platania, mente i direttori delle due sedi del medesimo supermercato ubicate a Giarre, interpellati al riguardo, hanno dichiarato di non aver subito disguidi nel periodo in argomento.
Relativamente ai disservizi che hanno interessato la rete elettrica di distribuzione, la soc. Enel ha comunicato che il comune di Giarre è stato interessato, il giorno di Natale 2006, da guasti nella rete dovuti ad una scarica atmosferica che, per pochi minuti, ha coinvolto 5.600 clienti.
La società Enel Distribuzione non ha escluso che, vista la notevole intensità dei fenomeni temporaleschi di quei giorni, si possano essere verificati episodi di abbassamento di tensione proprio per effetto delle scariche atmosferiche, anche se alla stessa società non risultano particolari evidenze di bassa tensione o anomalie di erogazione di energia elettrica nell'area del comune di Giarre.
Quanto alla lamentata lentezza con cui i servizi vengono erogati, nell'evidenziare che l'Autorità per l'energia ed il gas ha fissato appositi indicatori che misurano il servizio reso alla clientela, si fa presente, stando a quanto riferito, che le richieste dei clienti del comune di Giarre, in relazione ai cosiddetti indicatori specifici, sono state evase con una percentuale di rispetto dei tempi fissati superiore al 98 per cento.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
RONCONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società Enel sarebbe in procinto di rivedere le sedi della società Enel Distribuzione, applicando un criterio rigido di individuazione di una zona per ogni provincia;
Foligno è sede di zona Enel Distiribuzione che opera da anni in maniera proficua al servizio delle esigenze di un territorio quello di Foligno, Assisi, Spoleto e Valnerina e altri comuni limitrofi molto vasto e complesso dal punto di vista morfologico e con notevoli tempi di percorrenza;
l'intenzione di Enel di chiusura della zona di Foligno sembra sempre più concreta non essendo ancora stato nominato il nuovo responsabile di zona ad oltre due mesi dalla vacanza del posto -:
se il Governo, nell'ambito delle sue competenze, voglia intervenire presso l'Enel affinché sia scongiurata ogni eventuale ipotesi di sopprimere la sede zonale Enel di Foligno.
(4-01983)
Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base di quanto comunicato dai competenti Uffici del Ministero, si rappresenta quanto segue.
La società ENEL Distribuzione ha avviato una riorganizzazione delle proprie strutture al fine di ottimizzare la gestione della rete di distribuzione. La ridefinizione della struttura organizzativa, secondo la stessa società, è necessaria per il raggiungimento degli obiettivi imposti sia dalla Direttiva dell'U.E. che dalle Delibere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, in conseguenza dell'attuale fase di apertura del mercato dell'energia elettrica.
Gli obiettivi da raggiungere sono:
la separazione operativa e gestionale della distribuzione e vendita dell'energia elettrica;
il miglioramento della qualità del servizio offerto ai clienti finali;
minimizzare gli effetti derivanti dalla riduzione dei ricavi del distributore previsti dalla regolamentazione delle tariffe;
favorire la condivisione degli indirizzi strategico-decisionali e il coordinamento operativo tra le attività di distribuzione e misura dell'energia elettrica e del gas.
Il riassetto organizzativo della rete elettrica, oggetto anche di confronto sindacale, non determina riflessi negativi in termini occupazionali e non genera ricadute sugli investimenti programmati da Enel Distribuzione, bensì razionalizza e, quindi, rende più efficienti le strutture e i processi operativi della stessa rete.
All'interno di tale progetto di riorganizzazione la predetta società ha deciso di non chiudere la Zona di Foligno, anche a seguito di accordi definiti sul territorio con le organizzazioni sindacali.
Il Ministro dello sviluppo economico: Pier Luigi Bersani.
TOLOTTI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante, anche da articoli pubblicati dalla stampa nazionale, che sono in vigore concorsi per la copertura dei posti di coordinatore ai servizi di educazione fisica presso gli ex-provveditorati agli studi, che prevedono modalità diverse da regione a regione;
in particolare, il bando di concorso per Milano e Monza prevede la durata biennale dell'incarico, nonostante citi provvedimenti (leggi, decreti, circolari) in cui si prevede l'assegnazione a tempo indeterminato dell'incarico stesso;
al contrario, secondo quanto prevede la normativa vigente, nel bando della valle d'Aosta non si menziona alcun limite di tempo per quanto concerne l'assegnazione dell'incarico e l'ultimo incarico assegnato in provincia di Trento è a tempo indeterminato -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa situazione e quali provvedimenti urgenti intenda promuovere perché anche in Lombardia sia rispettata la normativa vigente.
(4-01248)
Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare indicata in esame con la quale l'interrogante chiede chiarimenti in merito all'operato dell'Ufficio scolastico regionale per la Lombardia che avrebbe disatteso, - fissando a due anni la durata dell'incarico di coordinatore di educazione fisica - le indicazioni impartite con apposite circolari ministeriali, che stabilivano, invece, per tale incarico il tempo indeterminato.
Si precisa preliminarmente che la norma che regola a livello primario il suddetto incarico è l'articolo 9 della legge 7 febbraio 1958, n. 88, la quale prevede che l'organizzazione ed il coordinamento periferico del servizio di educazione fisica è di competenza dei Provveditori agli studi, che possono avvalersi della collaborazione di un preside o di un docente di ruolo di educazione fisica, il quale ultimo può essere dispensato in tutto o in parte dall'insegnamento. Detta norma è stata integralmente recepita nell'articolo 307 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni e integrazioni, e resta tutt'ora l'unico riferimento rinvenibile tra le norme primarie.
La complessità e l'ampiezza dei compiti connessi a tale figura, le specifiche professionalità che presuppone, e le esigenze di natura organizzativa hanno indotto i Provveditori agli studi ad avvalersi delle opportunità previste dalla norma.
Nel tempo sulla materia sono state fornite indicazioni per una uniforme organizzazione dei servizi relativi all'educazione motoria, fisica e sportiva sul territorio nazionale, nel rispetto delle competenze attribuite per legge ai responsabili dell'amministrazione scolastica periferica.
L'intervenuto decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, il nuovo assetto organizzativo dell'amministrazione scolastica introdotto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 347 del 2000, la natura fiduciaria del rapporto del responsabile dell'amministrazione periferica con il coordinatore di educazione fisica e sportiva, impone ancor più, che l'amministrazione centrale possa fornire soltanto linee guida in questa materia indicando criteri omogenei in modo da garantire procedure e metodi di lavoro uniformi ma non può limitare l'ambito della discrezionalità, connessa alle specifiche esigenze dei vari contesti e delle varie situazioni, che compete ai dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali e provinciali anche per quanto riguarda la durata dell'incarico atteso che, a tale ultimo riguardo, la norma primaria nulla dice.
Con riguardo al caso evidenziato, il dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale ha precisato che a suo tempo è stato deciso di concordare a livello regionale le procedure di selezione per il rinnovo dell'attribuzione di funzioni ai coordinatori provinciali di Educazione fisica e sportiva, seguendo le indicazioni formulate dal Ministero con le linee guida in materia di organizzazione del servizio di educazione motoria, fisica e sportiva - prot. 2626 del 27 settembre 2002 - e sulla base di alcune considerazioni di carattere generale, legate in primo luogo alla necessità di un rilancio complessivo del settore, sia attraverso il potenziamento delle attività di carattere regionale, sia con una maggiore responsabilizzazione delle strutture provinciali.
L'ufficio scolastico regionale ha ritenuto che la figura del coordinatore richiede attualmente la presenza di soggetti in possesso non solo di competenze tecniche, ma anche di forti capacità relazionali - per il preminente rilievo che assumono i rapporti con l'esterno - e ha fornito, a suo tempo, agli Uffici scolastici provinciali, indicazioni già ampiamente discusse, e condivise durante apposite conferenze di servizio, per l'attivazione, ove ritenuto necessario, di procedure di selezione, mediante bandi autonomamente predisposti, tenendo conto dei titoli e requisiti corrispondenti al profilo professionale previsto dalle suddette linee guida.
L'ufficio scolastico regionale medesimo ha ritenuto utile favorire un possibile processo di sviluppo di nuove professionalità, tenendo anche conto dei principi di buona amministrazione che prevedono la rotazione degli incarichi e la periodica verifica dei risultati raggiunti.
Premesso quanto sopra, l'ufficio scolastico provinciale di Milano, dovendo provvedere alla sostituzione del precedente coordinatore, transitato alle dipendenze del comune di Milano, ed alla prima nomina di un coordinatore per la provincia di Monza e Brianza, ha avviato la suddetta procedura. Sono quindi stati emessi i bandi prot. 14835 dell'8 settembre 2006 e prot. 14997 del 15 settembre 2006, che prevedono la selezione delle suddette figure, per il biennio scolastico 2006/2007 e 2007/2008.
Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.
TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 16 novembre 2006, in relazione all'arresto dell'ex parroco di una chiesa del quartiere Pianura di Napoli, accusato di abusi sessuali su una ragazzina di dieci anni, l'agenzia Ansa ha diramato quattro dispacci da cui si evince che:
a) secondo quanto emerso dalle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto di Napoli Alessandro Pennasilico, gli abusi sarebbero avvenuti «con frequenza quotidiana» nella sacrestia dove il sacerdote, secondo l'accusa, palpeggiava la ragazzina;
b) il sacerdote era stato già condannato per reati di violenza sessuale avvenuti in Sicilia nel 1995 quando il sacerdote era direttore di un istituto di assistenza. Nell'istituto siciliano avrebbe avuto rapporti sessuali con una donna ricoverata per problemi di salute mentale;
c) l'indagine è stata avviata il 19 settembre scorso quando nella caserma dei carabinieri di Pianura si recarono i genitori della ragazzina per presentare denuncia dopo che la figlia aveva confidato in famiglia i presunti abusi;
d) T.T.A., il sacerdote al centro dell'inchiesta, era già stato trasferito ad altro incarico e in un'altra diocesi da un paio di settimane;
e) l'arresto ha fatto scattare la sospensione del religioso dall'ufficio di parroco. Per ulteriori provvedimenti da parte dell'autorità ecclesiale si attendono gli sviluppi dell'inchiesta della magistratura;
f) nei suoi confronti è stata emessa una ordinanza di custodia agli arresti domiciliari su richiesta della procura di Napoli;
si rammenta quanto già formulato nell'interrogazione a risposta scritta 4-00693, presentata dal sottoscritto martedì 25 luglio 2006 nella
seduta n. 31, e alla quale non è tutt'ora pervenuta risposta -:
se dispone di statistiche relative ai provvedimenti che vengono presi nei confronti di cittadini accusati di simili fatti e già condannati in precedenza per lo stesso reato;
se il sacerdote fosse stato assoggettato a misure di prevenzione ai sensi della legge n. 1423 del 1957.
(4-01706)
Risposta. - In data 30 ottobre 2006, il G.I.P. del Tribunale di Napoli, al termine di un'attività di indagine svolta dalla locale Stazione Carabinieri di Napoli-Pianura, ha emesso una ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell'ex parroco menzionato dalla interrogante, ritenuto responsabile di «atti sessuali continuati con minorenni, commessi in qualità di ministro di culto» (articoli 81 del codice penale, 609-quater u.c., 61 n. 9 e 609-septies comma 4 del codice penale), sottoponendolo al provvedimento restrittivo degli arresti-domiciliari, eseguito il successivo 15 novembre.
Si conferma inoltre che a carico del citato parroco sono emersi precedenti penali per i quali il medesimo era stato già condannato nell'anno 2000 dal Tribunale di Agrigento alla pena di anni 1 e dieci mesi di reclusione con sospensione condizionale della pena, per «violenza carnale nei confronti di una persona malata di mente, ovvero in condizioni di inferiorità psichica o fisica» (articoli 519 comma 2 n. 3, 542 comma 3, 62-bis e 69 del codice penale).
Nei confronti dell'interessato non risultano essere state applicate in passato misure di prevenzione ai sensi della legge n. 1423 del 1957.
Relativamente all'altro quesito formulato nell'atto di sindacato ispettivo, si rappresenta che, attraverso la banca dati «S.D.I.» (Sistema Di Indagine) del Ministero dell'interno, non è possibile estrapolare dati nei quali, oltre ai provvedimenti presi nei confronti di una persona, emergano eventuali condanne precedenti subite per lo stesso reato.
Per completezza di informazione si precisa che il Ministero dell'Interno in data 29 gennaio 2007 ha fornito gli elementi di competenza relativi all'interrogazione a risposta scritta n. 4-00693, rivolta al Ministro della Giustizia, nei quali si faceva presente che l'esercizio della potestà giudiziale rientra fra le prerogative fondamentali della Chiesa cattolica, ampiamente e pacificamente riconosciute dal diritto internazionale generale, e in specie dagli articoli 1 e 2, n. 1 dell'Accordo di Villa Madama del 18 febbraio 1984, reso esecutivo con legge 25 marzo 1985, n. 121.
Tale attività giudiziaria, non esclude, né confligge, né interferisce con quella svolta dalla magistratura degli Stati, prevedendo distinte procedure di indagine e di giudizio, nonché pene di natura diversa.
Si segnala che in base alla legge italiana il privato cittadino (vale a dire anche il Vescovo e chi è investito di autorità ecclesiastica) non è obbligato a denunciare gli abusi sessuali di cui venisse a conoscenza, dal momento che l'obbligo di denuncia scatta solo per i delitti contro la personalità dello Stato per i quali è prevista la pena dell'ergastolo (cf. articolo 364 e articoli 241 ss. del codice penale).
Anche la normativa canonica sanziona penalmente gli abusi sessuali compiuti da sacerdoti e diaconi nei confronti dei minori.
In particolare il codice di diritto canonico, promulgato il 25 gennaio 1983, al can. 1395 § 2 recita: «Il chierico che abbia commesso delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei sedici anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti».
Inoltre, il Motu proprio - lettera apostolica di Giovanni Paolo II - «Sacramentorum sanctitatis tutela» del 30 aprile 2001, pubblicato in Acta Apostolicae Sedis XCIII [2001] 737-739, ha precisato le competenze della «Congregazione per la dottrina della fede» relativamente ai cosiddetti «delicata graviora» e questa ha, a sua volta, diffuso il 18 maggio 2001 una Lettera ai Vescovi e altri Ordinari e Gerarchi della Chiesa Cattolica interessati circa i delitti più gravi riservati alla Congregazione per la dottrina della fede, pubblicata in Acta Apostolicae Sedis XCIII [2001] 785-788, dalla quale si desume che gli abusi sessuali rientrano fra i delicta graviora, il cui giudizio - ai sensi dell'articolo 52 della Costituzionale apostolica di Giovanni Paolo II Pastor bonus (28 giugno 1988) - è riservato alla Congregazione per la dottrina della fede, innalzando la soglia del delitto dai sedici ai diciotto anni.
La suindicata lettera della Congregazione per la dottrina della fede del 18 maggio 2001 specifica, altresì, che l'azione criminale per i delicta-graviora si estingue per prescrizione dopo dieci anni, ma che, nel caso di un delitto compiuto da un chierico con un minore, i termini per la prescrizione decorrono dal giorno in cui il minore compie diciotto anni.
Il processo adotta la procedura prevista dal codice di diritto canonico per il processo penale (cann. 1717-1731), con le peculiarità proprie fissate dalla Congregazione per la dottrina della fede.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
ZANELLA. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
secondo il Ministero il sistema di chiusura delle paratoie è stato oggetto sin dal 1987 di lunga sperimentazione mediante il Modulo sperimentale elettromeccanico e gli studi recentemente commissionati in ordine alle cerniere delle paratoie sono esclusivamente finalizzati ad apportare quegli adattamenti tecnici che saranno ritenuti opportuni al fine di introdurre ulteriori migliorie all'opera;
il sistema di chiusura non riguarda solo le cerniere che sono componenti standard e non hanno bisogno di sperimentazione, se ne conoscono i criteri di progettazione, ma tutto il sistema di chiusura che comprende le cerniere e il connettore meccanico che permette di scollegare la paratoia dalla struttura in cemento armato della base;
il connettore sperimentato nel modulo sperimentale citato dal Ministro è quello del progetto di massima riportato anche nel cosiddetto «progetto definitivo», nel quale la femmina del connettore era cementata alla base in cemento armato e nel prototipo era saldata direttamente alla struttura di base del modulo in acciaio, ma i connettori impiegati nel modulo sperimentale avevano dimensioni inferiori ad un terzo di quelli ora necessari (se i carichi di progetto di 520 t non sono ancora aumentati dopo le più recenti sperimentazioni fatte a Voltabarozzo sulla schiera di paratoie in scala 1 a 30, poiché, da valutazioni fatte, molti esperti tra cui l'ingegner Vincenzo Di Tella, ritengono che debbano essere superiori);
questi connettori non sono mai stati sperimentati in condizioni di carico e operativo reali (visto che all'interno della laguna non esistono né battenti di marea, né onde paragonabili a quelle di progetto); ma, soprattutto, non avevano la possibilità di sconnessione subacquea del connettore-femmina dalla struttura di base e pertanto non si è mai potuto accertarne la fattibilità per l'impiego previsto nel quale questo scollegamento assume un aspetto fondamentale
per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere ed è l'unica garanzia per la loro affidabilità nel tempo;
nel documento di approvazione del Comitato tecnico di Magistratura, a pag. 32, si dice che a differenza di quanto previsto nel progetto di massima, nel progetto definitivo l'operazione di sostituzione della femmina del connettore sarà eseguita all'asciutto entro idonea campana stagna calata sull'estradosso del cassone, ma di tutto ciò non c'è traccia nello stesso progetto definitivo;
la geometria dell'interfaccia base - connettore - paratoia indicata nel progetto definitivo non è compatibile con l'uso di una campana per la sostituzione del connettore femmina;
è di circa un anno fa la notizia, su alcuni quotidiani ed in particolare sul Gazzettino del 26 marzo 2006, che il presidente del Magistrato alle Acque dichiarava: «Inoltre è stato avviato il sistema principale per il funzionamento delle paratoie, cioè il gruppo cerniera-connettore» e solo recentemente nel gennaio 2007 si è saputo che il progetto era stato definito e che si passava alla fase di realizzazione di questo prototipo sperimentale necessario per qualificarne l'impiego e che i risultati erano attesi dopo 480 giorni;
sono stati necessari più di dieci mesi per arrivare a questo progetto e occorre ancora più di un anno per sapere se il connettore sconnettibile dalla struttura di base è costruibile e adatto al suo impiego, dunque se ne deduce che il connettore sconnettibile non sia quello utilizzato sul modulo sperimentale;
in un progetto innovativo che prevede l'utilizzo di un componente fondamentale per il sistema, completamente nuovo e mai utilizzato in precedenza, è la realizzazione di questo componente che si affronta per prima, per essere in grado di impostare e costruire un'architettura dell'intero sistema valida e coerente con i criteri di progetto previsti -:
se il Governo sia al corrente di questi fatti, facilmente verificabili nei documenti ufficiali relativi;
quali misure intenda prendere il Governo relativamente a questa carenza fondamentale del progetto MOSE, che di definitivo pare avesse poco se occorrono almeno 6 anni dalla sua approvazione per sapere se esso è veramente fattibile e affidabile per l'impiego previsto.
(4-03386)
Risposta. - In merito ai rilievi posti relativi al modulo sperimentale, il Magistrato alle Acque di Venezia riferisce che il progetto del connettore esiste e su di esso, sul suo funzionamento, sulla sua funzionalità e sulle forze che deve sostenere sono stati eseguiti tutti gli approfondimenti necessari e indispensabili. In effetti sono stati eseguiti approfondimenti con modelli fisici in scala 1:60, in scala 1:30, in scala 1:10 e in scala reale. Un processo di studio, di apprendimento e di verifica assolutamente straordinario; con i vari modelli sono state provate anche le situazioni più critiche, riproducendo eventi con un periodo di ritorno fino a 1.000 anni.
Il Magistrato alle Acque di Venezia riferisce quindi sulla fase di progettazione e quella di costruzione, nell'ambito della quale è prevista una fase di industrializzazione del prodotto. Si ricorda infatti che devono essere costruiti e forniti 156 connettori e che, come sempre accade nella produzione di serie, la costruzione comprende una prima fase in cui si deve mettere a punto il sistema di produzione. Anche la denominazione dell'attività denominata «Studio B703/11 - Completamento della sperimentazione sul gruppo cernieraconnettore delle paratoie e costruzione della preserie. II fase», approvato dal Comitato Tecnico di Magistratura nella seduta di gennaio 2007 e avviata nello stesso mese, lascia capire questa esigenza. Non è stata infatti decisa la costruzione di un prototipo ma la costruzione di una preserie come previsto per i prodotti industriali.
La funzionalità delle componenti principali e innovative è stata studiata con il modulo sperimentale in scala 1:1; le
azioni trasmesse dal moto ondoso con e senza dislivello e il comportamento delle paratoie sono stati studiati con i vari modelli in scala ridotta mentre le dimensioni, gli spessori e le sollecitazioni dei materiali sono stati determinati mediante modelli matematici tridimensionali anche ad elementi solidi.
Il processo di approfondimento e di progettazione è stato quello tipico di oggetti complessi ed è quello che ha consentito di procedere con la massima efficacia nelle diverse fasi di sviluppo del progetto garantendo oggi la piena rispondenza del convettore alle esigenze di funzionamento, di sicurezza e di manutenzione ordinaria e straordinaria.
In merito quindi al presunto mancato inserimento nel progetto definitivo della «campana stagna» per la sostituzione all'asciutto della parte del connettore collegato alla struttura di fondazione, campana che l'interrogante ritiene non sarebbe adattabile alle caratteristiche della struttura di fondazione, si riferisce che la campana è prevista e la sua funzionalità è verificata.
Si ricorda comunque che il sistema di connessione è stato dimensionato per assicurare la funzionalità del sistema per almeno 100 anni senza l'intervento della campana. La campana non è quindi necessaria per la manutenzione ordinaria, ma solo per quella straordinaria, per superare eventi oggi non prevedibili. Sarà quindi presentata e dettagliata nel piano di manutenzione, nel capitolo relativo alla «Manutenzione straordinaria» e nel sottocapitolo relativo a «Interventi in caso di eventi non prevedibili».
Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.