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Allegato B
Seduta n. 200 del 2/8/2007
TESTO AGGIORNATO AL 20 SETTEMBRE 2007
...
GIUSTIZIA
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
in trasmissioni televisive di approfondimento come «La storia siamo noi» (Rai Educational) di Giovanni Minoli e «Terra» (Tg5) di Toni Capuozzo e Sandro Provvisionato, nonché in inchieste giornalistiche di periodici come Area (giugno 2007), tutte dedicate alla vicenda della strage di Bologna, ampio risalto è stato dato a Massimo Sparti e al suo ruolo nel contesto delle indagini che hanno portato alla condanna definitiva nei confronti degli ex Nar Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, così come da sentenza definitiva della Corte Suprema di Cassazione (Sezioni Unite) del 23 novembre 1995;
Massimo Sparti è stato arrestato il 9 aprile 1981 e associato al carcere di Orvieto;
Massimo Sparti è stato uno dei principali testi d'accusa, nei vari gradi di giudizio, del processo per l'attentato alla stazione ferroviaria di Bologna del 2 agosto 1980;
Massimo Sparti, in data 23 agosto 1981, è stato trasferito dal carcere di Orvieto al Centro clinico penitenziario di Pisa «Don Bosco» per un grave deperimento organico;
Massimo Sparti, dopo una serie di visite e accertamenti clinici, è stato dimesso dal Centro clinico di Pisa e ricondotto nel carcere di Orvieto il 17 settembre 1981;
in data 7 dicembre 1981, Massimo Sparti è stato nuovamente ricoverato al Centro clinico di Pisa, sempre con diagnosi di grave deperimento fisico;
in data 21 dicembre 1981, Sparti venne sottoposto ad una radiografia del tubo digerente con esito negativo;
in data 29 gennaio 1982, venne rimosso dall'incarico il direttore sanitario del Centro clinico di Pisa, dottor Francesco Ceraudo, il quale aveva sovrinteso a tutti gli accertamenti clinici ai quali venne sottoposto il paziente-detenuto Sparti e che tali accertamenti non avevano evidenziato alcuna grave patologia;
in data 29 gennaio 1982, il dottor Cerando venne sostituito dal dottor Fabrizio Biagini;
in data 12 febbraio 1982, Sparti venne sottoposto ad una ecografia addominale, sempre con esito negativo;
in data 12 febbraio 1982, Sparti venne sottoposto ad una Tac all'addome, eseguita presso il centro clinico diretto dal radiologo professor Michelassi di Pisa, all'epoca
convenzionato con il Centro clinico penitenziario, con diagnosi di: neoplasia (tumore maligno) alla testa del pancreas allo stato terminale con metastasi;
sulla Tac, così come mostrata nel corso della puntata de «La storia siamo noi» di Minoli, attribuita a Massimo Sparti figurava, invece, il nome di «Massimo Forti»;
in data 23 febbraio 1982, il nuovo direttore sanitario del Centro clinico di Pisa, dottor Biagini, firmava (previo visto del direttore del carcere di Pisa, Umberto Forte) il provvedimento di dimissioni di Sparti, con diagnosi: «carcinoma gastrico», e rimesso in libertà per incompatibilità con il regime carcerario;
a seguito di tale diagnosi e del citato provvedimento di dimissioni, Sparti rifiutò qualsiasi tipo di terapia, in particolare quella chirurgica;
in data 6 marzo 1982, Sparti venne ricoverato all'ospedale San Camillo di Roma;
in data 30 marzo 1982, Sparti venne sottoposto ad intervento chirurgico. La cartella clinica di Sparti venne distrutta in un incendio che ha colpito - in data 20 settembre 1991 - i locali dell'archivio della divisione di chirurgia Morgagni dell'ospedale San Camillo, dove erano conservati gli archivi clinici relativi agli anni 1950-1985;
da una scheda recuperata dai carabinieri del Ros presso la direzione dell'ospedale San Camillo, si veniva a sapere che l'intervento chirurgico di Sparti non fu effettuato per il tumore diagnosticato al pancreas: «Laparotomia mediante il sito ombelicale. Negativa l'esplorazione dello stomaco; si attesta solamente presenza di numerose glandole aumentate di volume,in corrispondenza della piccola curva e preaortiche. Si prelevava una ghiandola per esame istologico. Chiusura piani, cute in (sede)»;
in data 6 aprile 1982, Sparti veniva dimesso dal nosocomio romano -:
quando Massimo Sparti ha ottenuto la libertà;
con quale provvedimento Sparti venne rimesso in libertà;
quale ufficio giudiziario ha emesso tale provvedimento e sulla base di quale specifica motivazione;
dal giorno delle sue dimissioni dall'ospedale San Camillo di Roma (6 aprile 1982) al giorno del suo decesso avvenuto a Grottaferrata, in provincia di Roma (17 febbraio 2002), di quali provvedimenti sia stato destinatario Massimo Sparti, tenuto conto anche delle varie condanne a suo carico, a far data dal giorno del suo arresto, avvenuto a Roma il 9 aprile 1981;
quali uffici giudiziari hanno, nel tempo, provveduto ad emettere eventuali provvedimenti di incompatibilità di Sparti con il regime carcerario, per gravi motivi di salute.
(2-00695) «Meloni, Gamba, Saglia, Rampelli, Migliori, La Russa, Alberto Giorgetti, Pedrizzi, Gianfranco Fini, Frassinetti, Bocchino, Lo Presti, Angela Napoli, Alemanno, Lisi, Rositani, Patarino, Ciccioli, Bono, Proietti Cosimi, Bellotti, Moffa, Urso, Contento, Menia, Giorgio Conte, Filipponio Tatarella, Airaghi, Porcu, Germontani, Craxi, Tremaglia, Armani, Ronchi, Castellani, Raisi».
Interrogazione a risposta in Commissione:
INTRIERI e MARAN. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi cinque anni il Sistema Penitenziario calabrese è stato quasi completamente rinnovato, risanato e portato
ad elevati livelli di efficienza rispetto ai compiti istituzionali assegnati all'Amministrazione Penitenziaria collocando la Calabria all'avanguardia nel panorama nazionale;
tale opera è frutto dell'intenso lavoro del Provveditore Regionale e di molti Dirigenti regionali e Direttori degli Istituti di pena;
tutte le strutture penitenziarie calabresi in questi anni sono già state adeguate, o in fase finale di adeguamento, agli standard di abitabilità previsti dal nuovo Regolamento di Esecuzione dell'Ordinamento Penitenziario (decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000);
in questi anni si è registrato un costante e consistente incremento delle opportunità lavorative intramurali per i detenuti;
è stata realizzata un'attenta e più adeguata allocazione della popolazione detenuta attraverso una ridefinizione dei circuiti detentivi di alta sicurezza, media sicurezza, con una particolare attenzione alle donne ed ai disagiati psichici realizzando anche un apposito reparto di osservazione psichiatrica presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria;
è stata inoltre realizzata una razionalizzazione della Sanità penitenziaria tale da garantire adeguata assistenza alla popolazione detenuta, nell'ambito del circuito sanitario regionale, per quasi tutte le patologie, grazie anche all'implementazione di impianti ed attrezzature e ad un fattivo e costante rapporto di collaborazione con le Aziende Sanitarie Locali;
intese ed accordi operativi sono stati siglati tra le strutture penitenziarie calabresi e le Istituzioni territoriali (Regione, Comuni, Province), nonché con le istituzioni scolastiche ed universitarie, con quelle ecclesiastiche e con associazioni di volontariato e del terzo settore, consentendo di realizzare specifiche iniziative, creando sinergie ed interazioni al fine di attuare nel migliore dei modi il dettato costituzionale in materia di esecuzione penale;
il Provveditore Regionale ha in questi anni impresso un forte impulso alle attività in economia diretta attivando lavorazioni industriali, laboratori artigianali ed aziende florovivaistiche all'avanguardia ed impegnando in modo continuativo i detenuti nei lavori di manutenzione ordinaria dei fabbricati;
negli ultimi anni alcuni provvedimenti adottati dall'Amministrazione Centrale relativi al personale apicale delle strutture penitenziarie calabresi, tesi a garantire un opportuno e fisiologico avvicendamento dei funzionari nelle varie sedi, sono stati successivamente revocati a seguito di impugnazioni giudiziarie, proposte dagli interessati, al fine di impedire tali avvicendamenti;
alcuni di questi funzionari, e segnatamente alcuni Dirigenti, ravvisando nel Provveditore Regionale il «responsabile» di tali avvicendamenti hanno avviato una serie di iniziative, anche giudiziarie, tese ad osteggiare la gestione del Dirigente Generale dottor Quattrone;
nessun concreto episodio ha evidenziato un abbassamento dei livelli di sicurezza degli Istituti Penitenziari calabresi;
nell'espletamento del proprio incarico il Provveditore Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria ha costantemente informato gli Uffici Ministeriali delle iniziative adottate in ordine alla migliore allocazione e gestione delle risorse materiali ed umane, formulando progetti e proposte che hanno trovato pieno accoglimento e sostegno da parte dell'Amministrazione centrale;
alcuni dei proponenti hanno presentato già nella XIV Legislatura diversi atti di sindacato ispettivo, anche a seguito di specifiche visite, relativi alla situazione degli Istituti penitenziari della Calabria;
in diverse occasioni il Provveditore Regionale è stato oggetto di preoccupanti atti intimidatori;
il sistema penitenziario, soprattutto in una regione come la Calabria, è uno snodo fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata ed alla sua efficacia da quale si misura la civiltà giuridica di un Paese -:
come il Ministro intenda salvaguardare e continuare, rafforzandola, l'azione di rinnovamento e risanamento del sistema penitenziario calabrese avviata negli ultimi anni;
se non si ritenga di intervenire per porre fine a tutte quelle azioni tese a impedire o boicottare il cambiamento riportando indietro la situazione carceraria calabrese.
(5-01414)
Interrogazioni a risposta scritta:
MARAN. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Procuratore della Repubblica di Rimini, a partire dal 1o luglio 2006, ha delegato i vice procuratori onorari assegnati a quell'Ufficio a redigere le richieste di emissione dei decreti penali di condanna nonché a trattare la fase istruttoria dei reati di competenza del giudice di pace ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 72, regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) e dell'articolo 50, decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace);
il medesimo Procuratore, con proprio provvedimento del 21 febbraio 2007, per far fronte (secondo quanto indicato nel citato provvedimento) alla «grave situazione di arretrato» in vista dell'ispezione amministrativa ordinaria (iniziata il 22 maggio e conclusasi il 22 giugno), ha delegato gli stessi magistrati onorari a redigere il decreto di citazione diretta a giudizio relativamente a circa 700 procedimenti penali per i quali, a fronte della rituale notifica degli avvisi ex articolo 415-bis, del codice di procedura penale, non erano stati ancora redatti il relativo decreto di citazione e la richiesta di fissazione della data di udienza;
all'esito della predetta ispezione amministrativa, gli ispettori ministeriali hanno rilevato che «l'Ufficio, a partire dal mese di giugno del 2006, ha provveduto alla liquidazione in favore dei Vice Procuratori Onorari di compensi agli stessi non spettanti sulla scorta delle disposizioni normative vigenti...» prescrivendo al Procuratore della Repubblica di «provvedere, al fine di escludere l'obbligo di inoltro della doverosa denuncia al giudice contabile per il danno derivato all'Erario in dipendenza della indebita corresponsione ai vice procuratori onorari della complessiva somma di euro 20.605,16, al recupero degli importi agli stessi corrisposti»;
nel frattempo, prima della formale conclusione dell'attività di verifica, la Procura Generale di Bologna, con nota n. 4526 del 2007 (9.1.1) del 7 giugno 2007 a firma del dirigente amministrativo-funzionario delegato per le spese di giustizia, ritenendo che «l'attività dei Vice Procuratori Onorari riguardante i decreti penali è stata erroneamente intesa come rientrante nella collaborazione resa all'Ufficio», invitava la Procura di Rimini a verificare «se sono state conteggiate anche altre "indennità" non dovute e per tutte dovrà procedere alla ripetizione/regolarizzazione di quanto già pagato»;
in pari data, veniva emessa dalla Procura generale un'ulteriore nota diretta a tutte le Procure della Repubblica del Distretto di Corte d'Appello di Bologna nella quale si ribadiva che «...possono essere remunerate unicamente le attività di udienza svolte dai Vice Procuratori Onorari ...»;
in adempimento a tali disposizioni, il Procuratore della Repubblica di Rimini, in data 22 giugno 2007, invitava tutti i vice procuratori onorari «a restituire quanto riscosso per attività diverse da quelle di udienza, secondo la quantificazione fatta per ciascuno di loro dall'ispettore...» mediante immediata trattenuta delle relative
somme dalle istanze di pagamento (ancorché richieste per la sola attività d'udienza) che gli stessi presenteranno nei mesi successivi;
contrariamente a quanto ritenuto dal personale dell'Ispettorato Generale e, conseguentemente, fatto proprio dalla Procura Generale di Bologna, il Ministero della Giustizia-Dipartimento per gli Affari di Giustizia ha più volte confermato la piena legittimità del pagamento dell'indennità ai vice procuratori onorari che abbiano svolto anche le attività diverse da quella consistita nel sostenere la pubblica accusa in udienza;
in primo luogo, l'Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia (nota n. 279/U seguito 9/3-1UL del 7 febbraio 2002), preso atto dell'incongruenza relativa alla mancata previsione espressa del diritto dei vice procuratori onorari di percepire il compenso per le attività svolte fuori udienza (cfr., articolo 4, decreto legislativo 273/89), afferma che «non appare comunque priva di ragionevolezza la tesi secondo cui occorre riconoscere il diritto ad un compenso ai vice procuratori onorari anche per tutte le attività da svolgersi al di fuori dell'udienza dibattimentale che la normativa vigente consente siano loro delegate»;
lo stesso Ufficio, con la medesima nota, ha riconosciuto inoltre che «la mancata previsione espressa di un diritto al compenso per i vice procuratori onorari che siano delegati allo svolgimento di funzioni giudiziarie diverse dalla partecipazione alle udienze, sembra infatti irragionevole atteso che un'interpretazione restrittiva della normativa richiamata comporterebbe una distinzione - priva di obiettiva giustificazione - tra attività giudiziarie tutte delegabili ai magistrati onorari, delle quali però alcune ingenerano il diritto ad un compenso ed altre no, e potrebbe perciò ritenersi che sussista una disuguaglianza di trattamento che darebbe adito a dubbi di legittimità costituzionale della normativa vigente, con riferimento sia al principio di uguaglianza posto dell'articolo 3 della Costituzione, che all'articolo 36 della Carta fondamentale, il quale prevede il diritto del lavoratore a percepire una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro»;
in seguito, il Dipartimento per gli Affari di Giustizia-Direzione Generale della Giustizia Civile, facendo proprie e dichiarando di condividere tali valutazioni, ha emanato al riguardo la nota n. 1/165/02/U del 21 febbraio 2002;
recentemente, il medesimo Dipartimento ha confermato tale orientamento con la circolare del 15 marzo 2006, nella quale si afferma che «sempre rispetto ai vice procuratori onorari va in questa sede ribadita la posizione già espressa da questo Dipartimento con nota del 21 febbraio 2002, secondo cui l'indennità prevista dell'articolo 4, comma 2, cit., spetta anche per lo svolgimento di attività delegate diverse da quella consistente dal sostenere la pubblica accusa in udienza»;
non ultimo, risulta decisivo il richiamo normativo all'articolo 64, decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) il quale prevede che «... ai vice procuratori onorari spettano le indennità previste per lo svolgimento della loro attività di servizio ... » così riferendosi, con l'utilizzo della generica espressione «svolgimento della loro attività di servizio», alle diverse attività (d'udienza e non) che specifiche norme di legge (articolo 72, ordinamento giudiziario e articolo 50, decreto legislativo n. 274 del 2000) demandano alla competenza dei vice procuratori onorari;
i provvedimenti adottati dall'Ispettorato Generale e dalla Procura Generale di Bologna hanno determinato, oltre all'inevitabile disagio morale ed economico dei magistrati onorari di Rimini, l'impossibilità di delegare ai vice procuratori onorari dell'intero Distretto di Corte d'Appello di Bologna qualsiasi attività diversa dalla partecipazione
alle udienze (dato che appare difficile pretendere dagli stessi una collaborazione a titolo meramente gratuito) -:
come valuti le conclusioni cui è pervenuto l'ispettorato generale e, conseguentemente, la Procura Generale di Bologna, tenuto conto delle disposizioni normative attualmente vigenti (combinato disposto dell'articolo 4, decreto legislativo n. 273 del 1989 e dell'articolo 64, decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002) nonché delle disposizioni emanate dal Dipartimento per gli Affari di Giustizia (nota del 21 febbraio 2002 e circolare del 15 marzo 2006);
se le somme corrisposte ai vice procuratori onorari presso la Procura della Repubblica di Rimini per lo svolgimento di un'attività loro formalmente richiesta dal Procuratore della Repubblica (tra l'altro, per far fronte ad una situazione di arretrato a loro non imputabile) non costituiscano un legittimo compenso per l'attività effettivamente svolta con esclusione, dunque, di qualsiasi obbligo di restituzione;
quali iniziative il Ministro della Giustizia intenda adottare per evitare in futuro che, nell'ambito del suo stesso Dicastero, i diversi Uffici adottino, con particolare riguardo alla materia delle indennità spettanti alla magistratura onoraria di Tribunale, provvedimenti tra loro in aperto contrasto che determinano sia un grave pregiudizio - economico e morale - ai magistrati onorari interessati, sia rilevanti disfunzioni all'organizzazione interna degli uffici giudiziari;
quale sia lo stato attuale della riforma della magistratura onoraria di Tribunale che, originariamente prevista entro il 2 giugno 2004, è stata più volte differita fino al 2 giugno 2008.
(4-04634)
BELISARIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 12 luglio 2007 è stata presentata dallo scrivente l'interrogazione a risposta scritta n. 4-04364 che non ha ancora avuto risposta;
la Procura della Repubblica di Matera continua a svolgere indagini relative ad episodi che interessano anche magistrati di detta Procura oggetto di indagini della Procura di Catanzaro;
il 26 luglio 2007 sono stati perquisiti giornalisti e Carabinieri per «associazione a delinquere finalizzata alla rivelazione del segreto istruttorio e alla diffamazione a mezzo stampa» con provvedimento del PM dott.ssa Annunziata Cazzetta;
sembrerebbe ci siano evidenti ragioni di opportunità e, forse, di conclamata incompatibilità del suddetto PM sulla indagine che vede coinvolto anche il comandante dei Carabinieri di Policoro Capitano Zacheo;
è evidente il perdurare di una condizione di oggettivo malessere presente nella Procura della Repubblica di Matera a cui nessun rimedio ha inteso porre in essere sinora né la Procura Generale né il CSM per quanto di loro competenza;
lo si ripete, il dott. Chieco Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Matera, e il dott. Tufano, Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Potenza sono indagati dalla Procura della Repubblica di Catanzaro -:
quali attività il Ministro della giustizia abbia posto in essere a seguito della precedente interrogazione e tenuto conto anche dei fatti innanzi riportati.
(4-04654)
SANTELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da circa cinque anni a questa parte - cioè da quando il Dirigente Generale dottor Paolino Maria Quattrone è stato investito dell'incarico di Provveditore Regionale - il Sistema Penitenziario Calabrese sia stato quasi completamente rinnovato, risanato e portato ad elevati livelli di efficienza rispetto ai compiti istituzionali assegnati all'Amministrazione Penitenziaria, sì da collocare la Calabria tra le regioni all'avanguardia nel panorama nazionale;
le strutture penitenziarie calabresi sono già state adeguate ovvero sono in fase di adeguamento funzionale agli standards di abitabilità previsti dal Nuovo Regolamento di Esecuzione dell'Ordinamento Penitenziario (decreto del Presidente della Repubblica 230/2000) e che dunque anche in questo senso la realtà calabrese risulta tra le più avanzate;
sempre nel sistema penitenziario calabrese, si è registrato in questi anni un costante e consistente incremento delle opportunità lavorative intramurali per i detenuti;
nessun concreto episodio ha evidenziato un qualsivoglia abbassamento dei livelli di sicurezza degli Istituti Penitenziari calabresi;
è stata realizzata una attenta e più adeguata allocazione della popolazione detenuta attraverso una ridefinizione dei circuiti detentivi di alta sicurezza, media sicurezza, con una particolare attenzione alle donne ed ai disagiati psichici tanto che è stato realizzato un apposito reparto di osservazione psichiatrica presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria;
è stata realizzata una razionalizzazione della Sanità Penitenziaria tale da garantire adeguata assistenza alla popolazione detenuta, nell'ambito del circuito sanitario regionale, pressocché per tutte le patologie. Ciò anche grazie alla implementazione di impianti ed attrezzature e ad un fattivo e costante rapporto di collaborazione con le AA.SS.LL. del territorio;
il Provveditorato Regionale ha impresso un forte impulso alle attività in economia diretta attivando lavorazioni industriali, laboratori artigianali ed aziende florovivaistiche all'avanguardia ed impegnando in modo continuativo i detenuti nei lavori di manutenzione ordinaria dei fabbricati;
intese ed accordi operativi sono stati siglati tra le strutture penitenziarie e tutte le Istituzioni territoriali, Regione, Province e Comuni, Istituzioni Scolastiche e Universitarie, Chiesa, Volontariato e Terzo Settore, che hanno consentito di realizzare specifiche iniziative creando sinergie ed interazioni per la migliore attuazione del dettato Costituzionale in materia di esecuzione penale;
nell'espletamento del proprio incarico il Provveditore Regionale dell'Amministrazione Penitenziaro, Dirigente Generale dottor Paolino Maria Quattrone abbia costantemente informato gli Uffici Ministeriali delle iniziative adottate in ordine alla migliore allocazione e gestione delle risorse materiali ed umane a sua disposizione, formulando progetti e proposte che hanno trovato pieno accoglimento e sostegno da parte dell'Amministrazione Centrale;
alcuni provvedimenti adottati dall'Amministrazione Centrale relativi al personale apicale delle strutture penitenziarie calabresi, intesi a garantire un opportuno e fisiologico avvicendamento dei funzionari nelle varie sedi siano stati successivamente revocati a seguito di impugnazioni giudiziarie proposte dagli interessati, decisi ad occupare «vita natural durante» una determinata sede anche da oltre 20 anni;
alcuni di questi funzionari, e segnatamente alcuni dirigenti, ravvisando nel Provveditore Regionale il «responsabile» dei tentativi di movimentazione posti in essere dall'Amministrazione nei loro riguardi abbiano avviato una serie di iniziative, anche giudiziarie, volte ad «attaccare» la gestione del Dirigente Generale dottor Quattrone rivelatosi per costoro alquanto «scomodo» -:
quali provvedimenti di competenza abbia adottato o intenda adottare il Ministro al fine di consentire la prosecuzione del rinnovamento avviato dal Provveditore della Calabria e dai suoi collaboratori;
se si ritiene condivisibile il lavoro fin qui svolto dal Provveditore Regionale della Calabria sempre improntato alla realizzazione di un sistema penitenziario esemplare e fattibile che riesce a coniugare sicurezza e trattamento evitando che le carceri
siano caratterizzate da una gestione prettamente personale che di fatto impedisce il raggiungimento di quei comuni obiettivi istituzionali che fanno del carcere le strutture pubbliche dalle quali si misura la civiltà giuridica di un Paese.
(4-04668)
LUMIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da circa cinque anni a questa parte-cioè da quando il Dirigente Generale dottor Paolino Maria Quattrone è stato investito dell'incarico di Provveditore Regionale - il Sistema Penitenziario Calabrese sia stato quasi completamente rinnovato, risanato e portato ad elevati livelli di efficienza rispetto ai compiti istituzionali assegnati all'amministrazione Penitenziaria, si da collocare la Calabria tra le regioni all'avanguardia nel panorama nazionale;
le strutture penitenziarie calabresi siano già state adeguate ovvero siano in fase di adeguamento funzionale agli standards di abitabilità previsti dal Nuovo Regolamento di Esecuzione dell'Ordinamento Penitenziario (decreto del Presidente della Repubblica 230/2000) e che dunque arche in questo senso la realtà calabrese risulti tra le più avanzate;
sempre nel sistema penitenziario calabrese, si sia registrato in questi anni un costante e consistente incremento delle opportunità lavorative intramurali per i detenuti;
nessun concreto episodio abbia evidenziato un qualsivoglia abbassamento dei livelli di sicurezza degli Istituti Penitenziari Calabresi;
sia stata realizzata una attenta e piú adeguata allocazione della popolazione detenuta attraverso una ridefinizione dei circuiti detentivi di alta sicurezza, media sicurezza, con una particolare attenzione alle donne ed ai disagiati psichici tanto che è stata realizzato un apposito reparto di osservazione psichiatrica presso la Corte dei conti di Reggio Calabria;
sia stata realizzata una razionalizzazione della Sanità Penitenziaria tale da garantire adeguata assistenza alla popolazione detenuta, nell'ambito del circuito sanitario regionale, pressocché per tutte le patologie. Ciò anche grazie alla implementazione di impianti ed attrezzature e ad un attivo e costante rapporto di collaborazione con le Aziende sanitarie locali del territorio;
il Provveditorato Regionale; abbia impresso un forte impulso alle attività in economia diretta attivando lavorazioni industriali, laboratori artigianali ed aziende florovivaistiche all'avanguardia ed impegnando in modo continuativo i detenuti nei lavori di manutenzione ordinaria dei fabbricati;
intese ed accordi operativi siano state siglati tra le strutture penitenziarie e tutte le istituzioni territoriali, Regione, Province e Comuni, Istituzioni Scolastiche ed Universitarie, Chiesa, Volontariato ed Terzo Settore, che hanno consentito di realizzare specifiche iniziative creando sinergie ed interazioni per la migliore attuazione del Dettato Costituzionale in materia di esecuzione penale;
nell'espletamento del proprio incarico il Provveditore Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria, Dirigente Generale dottor Paolino Maria Quattrone abbia costantemente informato gli Uffici Ministeriali delle iniziative adottate in ordine alla migliore allocazione e gestione delle risorse materiali ed umane a sua disposizione, formulando progetti e proposte che hanno trovato pieno accoglimento e sostegno da parte dell'Amministrazione Centrale;
alcuni provvedimenti adottati dall'Amministrazione Centrale relativi al personale apicale delle strutture penitenziarie calabresi, intesi a garantire un opportuno e fisiologico avvicendamento dei funzionari nelle varie sedi siano stati successivamente revocati a seguito di impugnazioni giudiziarie proposte dagli interessati, decisi ad occupare «vita natural durante» una determinata sede anche da oltre 20 anni;
alcuni di questi funzionari, e segnatamente alcuni dirigenti, ravvisando nel Provveditore Regionale il «responsabile» dei tentativi di movimentazione posti in essere dall'Amministrazione nei loro riguardi abbiano avviato una serie di iniziative, anche giudiziarie, volte ad «attaccare» la gestione del Dirigente Generale dottor Quattrone rivelatosi per costoro alquanto «scomodo» -:
quali provvedimenti di competenza abbia adottato o intenda adottare al fine di consentire la prosecuzione del rinnovamento gia avviato dal Provveditore della Calabria e dai suoi collaboratori, per un sistema penitenziario esemplare e fattibile che riesce a coniugare sicurezza e trattamento evitando che le carceri siano caratterizzate da una gestione prettamente personale che di fatto impedisce il raggiungimento di quei comuni obiettivi istituzionali che fanno del carcere le strutture pubbliche dalle quali si misura la civiltà giuridica di un paese.
(4-04677)
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dopo una settimana di coma, il 26 gennaio 2007, è deceduta, a Vibo Valentia, all'età di soli 16 anni, Federica Monteleone;
la giovane Federica, il 19 gennaio 2007, intorno alle ore 14, era entrata nella sala operatoria dell'ospedale «Jazzolino» di Vibo Valentia, per essere sottoposta ad una banale operazione di appendicite e verso le 14,30, quando tutto era quasi finito, nella sala operatoria si è verificato un black out;
sembra che, venuta meno la corrente, sia scattato il gruppo elettrogeno, ma l'apparecchiatura dell'anestesia non fosse collegata alla spina giusta; il macchinario non è entrato in funzione e, nonostante l'intervento manuale, la giovane Federica è poi entrata in coma;
la sala operatoria dove è avvenuta la tragedia era temporaneamente allestita per far fronte alle esigenze nel mentre erano in ristrutturazione le altre, tanto che nel piano superiore si stavano eseguendo i relativi lavori;
su quanto accaduto in quella sala operatoria dopo il black out elettrico sono state fatte diverse ipotesi, compresa quella che il tutto poteva essere determinato dai lavori che si stavano effettuando nel vecchio blocco operatorio generale che si trovava al piano superiore e sulla stessa perpendicolare;
dopo la tragedia in quella sala operatoria sono entrati giornalisti, video reporter televisivi ed appare incomprensibile il mancato e, ad avviso dell'interrogante, dovuto immediato sequestro da parte dell'Autorità giudiziaria della stessa sala;
i vertici dell'Azienda sanitaria n. 8, in cui ricade l'ospedale «Jazzolino» di Vibo Valentia, hanno presentato la denuncia solo 24 ore dopo che la giovane Federica era entrata in coma;
a quanto consta all'interrogante, viene addirittura comunicato che in quella sala operatoria, subito dopo il tragico intervento sarebbero stati eseguiti alcuni lavori;
il citato episodio sarebbe stato anche confermato da una testimonianza di un infermiere interno a quel presidio ospedaliero;
sembrerebbe, inoltre, che il collaudo della sala operatoria in questione fosse privo del parere, forse vincolante, dell'organismo di vigilanza del servizio di medicina del lavoro, unico organismo abilitato a verificare la sussistenza dei requisiti di sicurezza;
a tutt'oggi risulterebbero solo indagati l'anestesista ed un tecnico;
anche l'inchiesta interna non ha portato all'accertamento delle responsabilità;
dal giorno dell'intervento della giovane Federica Monteleone si sono susseguiti
i disagi tecnici in quella sala operatoria, anche se, fortunatamente, senza conseguenze drammatiche per i pazienti;
lunedì 30 luglio 2007 il ministro della salute, incontrando a Vibo Valentia i genitori di Federica Monteleone, ha ribadito la necessità di «vedere giustizia» sulla morte della giovane -:
quali siano stati i motivi che hanno portato i vertici dell'Azienda sanitaria n. 8 di Vibo Valentia a denunciare l'accaduto solo a distanza di 24 ore;
quali siano le risultanze della relativa indagine interna;
se non intenda inviare un'ispezione ministeriale per accertare i motivi di tanta lentezza investigativa, essendo trascorsi ben sette mesi dal tragico evento, nonché eventuali responsabilità anche con riferimento al mancato immediato sequestro della sala operatoria.
(4-04678)
BUEMI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
attraverso il Comunicato Stampa del 26 luglio 2007 del Centro Studi Giuridici SNARP - Sindacato Nazionale Antiusura e Riabilitazione Protestati, il presidente dello SNARP, professor Francesco Petrino ha richiamato l'attenzione sui seguenti fatti:
sempre più frequentemente nei confronti delle vittime dell'usura e del racket la normativa di legge viene del tutto disattesa, con particolare riferimento alle denunce di usura contro il sistema bancario, per lo più sistematicamente archiviate, poiché i magistrati finiscono per considerare legali i tassi praticati dalle banche anche se notevolmente sproporzionati rispetto ai limiti imposti dall'articolo 2 della legge n. 108 del 1996;
le elargizioni a mutuo in favore delle vittime risultano sempre più lente e restrittive e fatto ancor più grave, risulta sempre più frequente da parte di numerosi giudici delle esecuzioni il diniego delle sospensioni dei termini esecutivi istituite con l'articolo 20 della legge n. 44 del 1999;
ultimi malcapitati della giustizia in ordine di tempo, una coppia di imprenditori del nord est di Udine, insieme ad una ditta individuale, tutti da Venzone e sotto esecuzioni immobiliari avanti al Tribunale di Tolmezzo, imprenditori ai quali, mentre il Prefetto di Udine ha decretato con parere favorevole il loro diritto alla sospensione dei termini esecutivi di 300 giorni ex articolo 20 legge n. 44 del 1999, viceversa il giudice delle esecuzioni del predetto Tribunale ha sistematicamente rigettato l'istanza finalizzata alla sospensione delle esecuzioni e dopo avere nominato un custode giudiziario dell'immobile adibito ad azienda produttiva, ha ordinato la vendita dello stabilimento entro fine anno;
l'iniziativa del giudice di Tolmezzo, determinerà entro l'autunno l'inevitabile chiusura dell'azienda della suddetta coppia, oltre che della ditta, con la conseguente perdita dei contratti di lavorazione in esecuzione per circa un milione di euro e l'inevitabile licenziamento di almeno 5 unità lavorative e la perdita di lavoro per i nuclei famigliari dei titolari e soci ed espone al rischio di fallimento le imprese dei malcapitati, in barba alle leggi vigenti, la cui attuazione, mentre sembrerebbe ormai assumere mera valenza opzionale, contraddice l'enorme sforzo del Commissario di Governo per la lotta all'usura e al racket, le cui campagne informative recitano, «denuncia i tuoi aguzzini, lo Stato ti proteggerà»;
ma questi due casi sono solo gli ultimi in ordine di tempo, a cui vanno ad aggiungersi numerosi altri verificatisi recentemente in altre regioni, sempre con riferimento alla deludente gestione delle leggi di tutela delle vittime di usura;
come nel caso di una coppia di Frosinone, alla quale, vittima di usura, è stato negato il beneficio della sospensione ex articolo 20 legge n. 44 del 1999 e fatto ancora più grave dopo che i predetti si
sono indotti al pagamento integrale delle somme accertate dal CTU nominato proprio dal giudice delle esecuzioni, è stata comunque effettuata la vendita all'asta del loro immobile, col risultato della imminente cessazione di impresa e la perdita di 4 posti di lavoro oltre a quelli dei tre titolari;
sta vivendo una analoga situazione una coppia di coniugi di Avezzano in danno della quale è imminente la vendita di un intero palazzo adibito a centro commerciale, con oltre 20 dipendenti, poiché il GIP ha archiviato la denuncia contro una nota banca affermando che la pretesa di un credito moltiplicatosi in 10 anni da 300.000 a 3 milioni di euro è legittima, anche in presenza di un documentale accertamento contrario della Guardia di finanza e di una analitica C.T.P. che attesta l'usurarietà dei tassi, molto oltre, ogni limite di legge;
infine meritano citazione due ulteriori casi, tratti da un lungo elenco meritevole della pubblicazione di un libro bianco, quello di una ditta di Roma, che ha pagato integralmente il credito rideterminato dalla C.T.P. e si è vista fissare la vendita del proprio immobile dal giudice delle esecuzioni del Tribunale di Roma e quello di una coppia di coniugi incappati nel rifiuto per la nuova norma sulla conversione del pignoramento, che (in maniera del tutto incostituzionale, ed allo stato il pro-movimento di incostituzionalità è stato già sollevato dalla dottoressa Battaglese, giudice delle esecuzioni del tribunale di Roma) ha precluso loro il beneficio della conversione, poiché in data 1o marzo 2006, quando è entrata in vigore, risultava già emessa l'ordinanza di vendita;
si tratta di una gravissima denuncia proveniente dallo SNARP che aggrega circa 52.000 associati, che fa emergere la deludente disapplicazione o errata interpretazione della legge antiusura e delle norme correlate anche al nuovo codice di procedura civile per la parte che concerne le esecuzioni immobiliari, e l'attuazione dell'articolo 495 del codice di procedura civile afferente proprio la conversione del pignoramento, che ha costituito oggetto di una lunga relazione critica del medesimo professor Petrino pubblicata integralmente sul volume n. 2 delle «Relazioni delle 3 Giornate di Ascolto delle Organizzazioni Antiracket e Antiusura» pubblicato dal Ministero dell'interno e distribuito in maggio scorso a cura del Commissario straordinario di Governo per il coordinamento di iniziative antiracket e antiusura -:
se non si intenda assumere idonee iniziative, anche normative necessarie ai cittadini e alle imprese che ancora credono nelle istituzioni, sia per evitare che la attuale campagna informativa per la lotta all'usura e al racket rimanga ingannevole, nonché per evitare alle vittime di cadere dalla padella dell'usura alla brace delle istituzioni, come purtroppo già si è verificato tutte le volte che i giudici hanno rigettato le istanze dei malcapitati in violazione della legge vigente ed hanno proceduto alla nomina di custodi giudiziari, a delegare ai notai le vendite degli immobili e a sfrattare i cittadini e le imprese che denunciano i propri aguzzini, che andrebbero invece equiparati e protetti alla stregua dei collaboratori di giustizia.
(4-04684)