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Allegato B
Seduta n. 206 del 18/9/2007
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ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta immediata:
BUONTEMPO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Governo si è appoggiato pesantemente sul cosiddetto gioco legale per puntellare il bilancio dello Stato e tra le politiche messe in campo c'è la larga diffusione delle cosiddette slot machine - gli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro - giungendo a prevedere l'installazione di migliaia di slot machine in tutto il Paese, anche nelle sale bingo;
il gioco nelle sale bingo è stato autorizzato, cambiando la norma del 2000 che riservava al solo gioco del bingo questi locali, con il motivo che così il gioco d'azzardo sarebbe stato più «controllabile» nei confronti di ludopatie e gioco di minorenni;
secondo i loro sostenitori, le slot machine erano da favorire poiché attraverso il collegamento telematico con l'amministrazione finanziaria sarebbe stato possibile registrare le giocate in tempo reale, assicurando il gettito fiscale;
di detto collegamento telematico sono responsabili società concessionarie nei cui consigli di amministrazione figurano esponenti di vari partiti politici e che sono state finanziate da gruppi bancari come la Unipol, coinvolta in diversi gravi scandali finanziari che - anch'essi - vedono coinvolti a vario titolo esponenti di partito e membri del Governo;
nella gestione e nella proprietà di sale bingo sono apparsi, spariti e riapparsi i nomi di esponenti di vari partiti politici e personaggi coinvolti negli stessi scandali finanziari dell'Unipol, che ha anche sostenuto finanziariamente lo sviluppo del mondo del bingo;
sulla sicurezza, affidabilità e preferibilità di tali apparecchi l'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha speso il proprio impegno e la propria credibilità fino a varare una larga campagna pubblicitaria a favore del cosiddetto «gioco sicuro»;
al gioco telematico e al gioco sicuro sono connesse una serie di sanzioni per l'uso improprio, la mancata connessione e l'uso di apparecchiature non conformi;
il lavoro della Guardia di finanza e della magistratura ha messo in evidenza una lunga serie di illeciti nel settore del gioco con slot machine e del bingo;
vi è un inchiesta giudiziaria, nell'anno 2004, della procura di Torino, in merito al rilascio delle concessioni per la gestione funzionale ed economica delle sale bingo in cambio di tangenti-inchiesta che vede tra gli indagati l'allora direttore generale dell'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
vi è un'inchiesta giudiziaria, nell'anno 2005, della procura di Biella, che ha evidenziato un danno all'erario di circa 5,5 miliardi di euro, e l'imputazione a carico degli arrestati di «associazione per delinquere finalizzata alla frode informatica ai danni dell'amministrazione autonoma dei
monopoli di Stato ed all'alterazione del contenuto di comunicazioni informatiche, di truffa aggravata, gioco d'azzardo e di aver modificato la contabilità delle apparecchiature da gioco» le slot machine venivano modificate a livello informatico per non segnalare la partita per il prelievo erariale e per effettuare gioco illegale dal punto di vista della vincita, puntata e durata della partita;
vi è un inchiesta della procura di Potenza, nell'anno 2006, sul gioco d'azzardo che vede tra le persone coinvolte il direttore generale dell'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, proprio riguardo alla concessione di omologazioni per apparecchi da intrattenimento;
vi è un'inchiesta giudiziaria, nell'anno 2007, della procura di Venezia che ha emesso un decreto di sequestro preventivo di 110.000 apparecchi elettronici da gioco, motivata dal fatto che gli apparecchi, ancorché regolarmente collegati e omologati - da «gioco sicuro» - in realtà non sono conformi alla legge;
all'estero, le slot machine e le sale bingo sono state protagoniste di scandali, clamorose azioni della grande criminalità e inchieste ufficiali che hanno portato alla luce gli interessi delle maggiori organizzazioni criminali internazionali - la commissione parlamentare d'inchiesta del Senato brasiliano sul bingo, istituita dopo il «waldogate», parla a chiare lettere di coinvolgimento della mafia italiana nella rete del bingo brasiliano dove sono coinvolte le stesse multinazionali aggiudicatarie d'appalto in Italia di concessioni governative (Codere, Franco Recreativos);
le società concessionarie (Codere, Cirsa, Gtech, Atalntis World e Franco Recreativos) sono comunque le stesse che si sono rese responsabili dei mancati collegamenti in rete delle slot machines;
presso le procure della Repubblica di Roma e Milano sono state presentate, come esposto, negli anni 2004 e 2005 le suddette documentazioni e le indagini, sono state affidate alla direzione investigativa antimafia, su eventuali interessi della criminalità organizzata nel settore in argomento;
si può dunque dire che il gioco con slot machine è assai poco sicuro per le casse dello Stato e che le malversazioni nel settore portano ad un grave danno alle famiglie, da una parte, di cui diverse rovinate dal gioco di un congiunto, e per le casse dell'amministrazione dall'altra, e quindi per il bilancio dello Stato, sulla cui salvaguardia il Governo è così impegnato;
la relazione finale della commissione d'inchiesta, presieduta dal Sottosegretario Grandi, ha evidenziato alla data del 31 dicembre 2006 un ammanco totale pari a 370 milioni di euro, in relazione all'omesso pagamento delle imposte da parte dei 10 concessionari per la gestione della rete;
per la mancata connessione con la rete che fa capo alla Sogei di migliaia e migliaia di slot machine, verificatasi per mesi, la somma delle sanzioni e dei danni subiti dall'erario ammonta a circa 98 miliardi di euro, somma evidenziata dal gruppo anticrimine tecnologico della Guardia di finanza, rilevata a seguito di indagini richieste dalla Corte dei conti del Lazio e vi è la contestuale richiesta, da parte della medesima Corte, di risarcimento del danno erariale a carico delle 10 concessionarie;
contro l'applicazione delle sanzioni di legge e contro i sequestri ordinati dalla magistratura si sono pronunciati sia detti concessionari che i gestori delle slot machine, questi ultimi sostenendo che le macchine, pur illegali, erano omologate dall'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, tutti sostenendo che le sanzioni provocherebbero il fallimento delle società sanzionate;
il fallimento dei concessionari - causato da sanzioni sacrosante motivate da comportamenti illegali degli stessi - creerebbe un danno ai finanziatori, tra cui la ricordata Unipol;
nel settore del gioco si ventila la possibilità che chi è colpito da sanzioni
stabilite per legge venga salvato dall'intervento di un decreto del Governo o con la legge finanziaria - si parla di modificare le norme con l'intervento del legislatore ed esisterebbe un ampio accordo tra le forze politiche coinvolte direttamente nel business delle sale bingo, slot machine e connessione telematica;
il «conflitto di interessi» tra quelli della maggioranza che sostiene il Governo e quelli pubblici delle casse dell'erario è evidente e di urgente soluzione, visto che l'ammontare delle sanzioni da contestare equivale a una corposa legge finanziaria -:
se il Governo sia intenzionato a riscuotere l'intero ammontare delle sanzioni e dei risarcimenti di danni in parola e quando.
(3-01221)
MARONI, COTA, DOZZO, GIBELLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BODEGA, BRICOLO, BRIGANDÌ, CAPARINI, DUSSIN, FAVA, FILIPPI, FUGATTI, GARAVAGLIA, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LUSSANA, MONTANI, PINI e STUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'aumento della pressione fiscale conseguente alle misure adottate con la legge finanziaria per l'anno 2007 ha suscitato reazioni negative da parte di tutte le categorie dei contribuenti e non ha riscontrato nemmeno il favore dell'elettorato dell'attuale maggioranza, a causa della maggiore tassazione che ha colpito indistintamente anche i nuclei familiari;
accertate le maggiori entrate tributarie riscosse sia nel 2006 che nel 2007 (cosiddetto «tesoretto»), il Governo, pressato in particolare dai partiti della sinistra più radicale e della Margherita, ha anticipato con varie dichiarazioni rilasciate alla stampa di voler adottare nel disegno di legge finanziaria per il 2008 misure per la riduzione del carico fiscale, dando priorità alle fasce più deboli;
nel documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2011, il Governo si è impegnato, già a decorrere dal 2008, a rimodulare il profilo dell'imposta e della tassazione sui redditi personali per sostenere i redditi più bassi;
inoltre, il documento di programmazione economico-finanziaria prevede la restituzione delle detrazioni per i figli ai contribuenti incapienti, con un miglioramento degli assegni familiari; in particolare, per quanto concerne l'Ici, si prevede che sarà ridotta l'imposta sulla prima casa, già a partire dal 2008;
la riduzione della pressione fiscale è correlata anche alle risorse che il Governo intende conseguire da una decisa politica di riduzione permanente della spesa corrente pubblica;
la risoluzione presentata dall'attuale maggioranza e approvata dall'Assemblea della Camera dei deputati contiene fra gli impegni, al punto n. B 3, quello di «finalizzare le eventuali maggiori entrate derivanti dalla politica di contrasto dell'evasione fiscale, qualora permanenti, a riduzioni della pressione fiscale prioritariamente per le fasce più deboli, nell'ambito di un programma di generale riduzione del prelievo fiscale su famiglie ed imprese, già a partire dalla legge finanziaria per il 2008»;
nella trasmissione di Porta a porta, andata in onda la sera del 17 settembre 2007, il Presidente del Consiglio dei ministri, Romano Prodi, ha dichiarato che non ci sarà alcuna riduzione della pressione fiscale per i cittadini nel disegno di legge finanziaria per il 2008, a causa della mancanza di risorse finanziarie -:
se gli impegni assunti in sede di risoluzione sul documento di programmazione economico-finanziaria 2008-2011 in materia di riduzione della pressione fiscale, sia sulle persone fisiche che sulle persone giuridiche, ricorrentemente confermati da dichiarazioni politiche degli esponenti dei partiti della maggioranza sugli organi di stampa, abbiano ancora
validità e dunque se il Governo intenda mantenerli.
(3-01222)
LEONE e DELLA VEDOVA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'esame alla Camera dei deputati del decreto legge n. 7 del 2007 (cosiddetto «decreto Bersani»), poi convertito in legge, il Governo ha recepito due ordini del giorno, presentati dall'onorevole Della Vedova e dall'onorevole Andrea Lulli - con i quali si impegna ad adottare iniziative normative volte all'eliminazione della tassa di concessione governativa gravante sui contratti di abbonamento di telefonia mobile, «anche - si legge nel deliberato di uno degli ordini del giorno - in occasione della prossima manovra di finanza pubblica»;
la tassa di concessione governativa sugli abbonamenti di telefonia mobile - introdotta all'inizio degli anni novanta, quando il telefono cellulare era considerato un bene di lusso - ha assunto oggi caratteristiche regressive, che penalizzano, in particolare, i percettori di redditi medio-bassi e i piccoli lavoratori autonomi;
il permanere di questa imposta ha causato la polarizzazione dell'utenza verso il servizio prepagato, creando le condizioni perché le compagnie telefoniche potessero prevedere il contributo di ricarica, senza incorrere in cali di domanda: come accertato da una indagine congiunta dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del novembre 2006, la tassa di concessione governativa provocava per l'utente medio un aggravio superiore alla spesa di ricarica, tale da rendere quest'ultima comunque preferibile;
la mancata abrogazione della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti ha reso poco efficace l'abolizione del contributo di ricarica disposto dal «decreto Bersani»: poche settimane dopo l'entrata in vigore del provvedimento, le compagnie telefoniche hanno reagito al rischio di un calo di redditività rivedendo le tariffe, con aumenti stimati tra il 10 e il 25 per cento;
quanto appena detto era ampiamente prevedibile, tanto che, in sede di dibattito, il Sottosegretario Mario Lettieri aveva dichiarato che «l'abolizione dei costi di ricarica non determinerà diminuzione del fatturato del settore per il concomitante effetto della ristrutturazione delle tariffe»;
l'abbattimento dell'imposizione sui contratti di abbonamento di telefonia mobile garantirebbe una maggiore apertura del mercato, eliminerebbe l'effetto di polarizzazione dell'utenza verso il sistema prepagato, favorendo l'effettiva riduzione dei prezzi del servizio a beneficio degli utenti;
la copertura finanziaria del provvedimento, pari a circa 750 milioni di euro, appare assolutamente compatibile con lo stato delle finanze pubbliche -:
se il Governo non intenda inserire nel disegno di legge finanziaria l'abolizione della tassa di concessione governativa sui contratti di abbonamento di telefonia mobile, come da impegno assunto nei confronti della Camera dei deputati, e, in caso contrario, quali siano le motivazioni di questa omissione, tanto più grave se si considera che essa deriva da uno specifico atto di indirizzo della Camera dei deputati.
(3-01233)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:
SALERNO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nelle recenti settimane, la Procura di Venezia ha emesso un provvedimento di sequestro di circa 110 mila apparecchi da intrattenimento che risulterebbero, tuttavia, in possesso delle regolari autorizzazioni previste, rilasciate dall'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, sulla base delle procedure di omologazione e certificazione disposte e regolamentate dall'AAMS stessa;
tale sequestro sembra in procinto di essere attuato, e, se ciò fosse, abbatterebbe di oltre il 50 l'intero settore attualmente operativo sul territorio nazionale, con una perdita netta per l'Erario di circa 1 miliardo di euro;
oltre al danno per l'Erario, si determinerebbe una catastrofica «distruzione» di posti di lavoro, di chiusura di imprese e l'inevitabile perdita di credibilità dell'AAMS stessa, che vedrebbe vanificata tutta l'operazione «legalità», che in questi anni ha visto operatori, imprese ed esercenti adempiere con serietà a tutte le obbligazioni previste dalle nuove normative di settore;
appare del tutto inspiegabile un provvedimento che, così motivato, ipotizzerebbe violazioni non a carico di privati o imprese, bensì a carico di un Ente dello Stato stesso e cioè l'AAMS, dal momento che gli apparecchi vengono omologati dai Monopoli di Stato e ciò in base ad una legge dello Stato;
occorre rilevare l'infondatezza del provvedimento, nonché la gravità del danno che verrebbe cagionato all'intera economia nazionale ed ai conti pubblici -:
se abbia piena ed effettiva conoscenza della situazione descritta, soprattutto sul piano delle gravissime conseguenze per le aziende colpite nonché per il bilancio dello Stato derivanti dal crollo del settore;
se non ritenga necessario assumere provvedimenti d'urgenza diretti a ripristinare certezza sul piano normativo ed operativo, ad evitare il crollo del mercato legale dell'intrattenimento e la conseguente perdita di gettito per l'erario.
(5-01448)
TOLOTTI e MOTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Banca d'Italia, istituto di diritto pubblico, ha avviato un progetto di riorganizzazione che prevede la riduzione del numero delle sedi presenti sul territorio, con l'obiettivo di concentrare l'attuale articolazione periferica sul livello regionale;
la Banca d'Italia svolge le funzioni di Tesoreria provinciale e centrale dello Stato sulla base di apposita concessione, la cui durata - in base al tacito rinnovo prodottosi - assicura l'espletamento di detti servizi sino al 31 dicembre 2031;
all'interno di questo piano di razionalizzazione delle strutture territoriali, la Regione Emilia-Romagna sembrerebbe tra le più penalizzate, con la chiusura di quattro filiali (Parma, Modena, Ferrara e Ravenna), tra cui quella di Parma, indicata come la più imminente;
la presenza a Parma della Banca d'Italia (realtà che opera in Parma da 115 anni) è da sempre una componente fondamentale per lo sviluppo di tutto il territorio provinciale;
la progressiva internazionalizzazione del sistema economico parmense, con la presenza di importanti istituzioni europee, grandi gruppi industriali e bancari, ha fatto di Parma un punto di riferimento a livello nazionale ed internazionale, di cui le attività ed i servizi della Banca d'Italia sono parte essenziale;
la domanda di credito da parte di imprenditori e famiglie parmensi è in continuo aumento, ed è di circa 7 punti in percentuale superiore alla media regionale;
queste le ragioni che hanno spinto il Sindaco e il Presidente della Provincia di Parma ad inviare, nel mese di aprile 2007, al Governatore della Banca d'Italia una nota di forte preoccupazione per la ventilata chiusura della filiale di Parma che avrebbe un impatto negativo sull'intero territorio provinciale;
l'articolo 21 della legge n. 262 del 2005 (cosiddetta legge sulla riforma del risparmio), nel definire un riassetto del sistema dei controlli basato sulla specializzazione per funzioni, ha rimarcato il principio della sussidiarietà e della reciproca collaborazione tra autorità, in considerazione
anche del fatto che nessuna di esse, all'infuori della Banca d'Italia, è dotata di una articolazione territoriale capillare, essenziale per un efficace espletamento dei compiti di vigilanza finanziaria e creditizia;
è in previsione, a completamento del riordino delle Authorities, il conferimento per legge di nuove funzioni alla Banca d'Italia, che troveranno ulteriore sviluppo e motivi di presenza diffusa sul territorio -:
se il Governo, anche in ragione della richiamata concessione, e ferma restando l'autonomia dell'Istituto nelle sue scelte, sia a conoscenza di tale progetto, che ha evidenti riflessi di interesse generale e per le collettività locali, e se, pur nel rispetto di un ragionevole processo di riorganizzazione e di maggior economicità dell'Istituto, il Governo non ritenga che tale progetto possa essere riesaminato, valorizzando maggiormente un effettivo decentramento operativo delle funzioni istituzionali, con una particolare attenzione al contesto socio-economico delle realtà locali.
(5-01449)
GIANFRANCO CONTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
quello dei ritardi nella corresponsione da parte dell'Erario dei rimborsi d'imposta ai contribuenti che ne hanno diritto costituisce un problema assai grave ed annoso, che rischia tuttavia di divenire ancora più grave, a causa del complessivo inasprimento nell'imposizione fiscale determinato dalla politica economica del Governo di centro-sinistra;
nonostante le ottimistiche dichiarazioni rilasciate da esponenti delle agenzie fiscali, secondo cui sarebbe stato incrementato l'ammontare dei rimborsi effettuato, molte associazioni di tutela dei consumatori e dei contribuenti hanno lamentato come sussista tuttora un notevole stock di crediti d'imposta, relativi ad annualità antecedenti al 2005, per i quali non si è ancora proceduto al rimborso;
appare fondamentale chiarire tale delicato aspetto, al fine di assicurare la massima correttezza e trasparenza nei rapporti tra Fisco e contribuenti, in ossequio ai principi sanciti, ma sempre più spesso disattesi, dello Statuto dei diritti del contribuente -:
quale sia l'ammontare complessivo dei rimborsi d'imposta ancora dovuti dell'Erario nei confronti dei contribuenti, suddiviso per ciascuno degli anni in cui sono maturati i relativi crediti, e quali iniziative intenda assumere al fine di colmare quanto prima il ritardo nell'effettuazione dei rimborsi stessi.
(5-01450)
LEO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 30 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, al comma 5, dispone «per le cessioni dei veicoli per i quali l'imposta sul valore aggiunto è stata detratta dal cedente solo in parte a norma del comma 4, la base imponibile è assunta per il 15 per cento ovvero per il 50 per cento del relativo ammontare nel caso di veicoli con propulsioni non a combustione interna»;
il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate dispone (par. 4) che «per le cessioni dei veicoli per i quali la base imponibile è stata assunta in misura ridotta ai sensi dell'articolo 30, comma 5 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, i contribuenti che presentano istanza di rimborso ai sensi dei punti 1 e 2 del presente provvedimento, devono operare la variazione in aumento di cui all'articolo 26, primo comma del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, senza applicazione di sanzioni e di interessi, assumendo come base imponibile l'intero corrispettivo pattuito»;
operando le predette variazioni il cedente di norma rimane inciso dalla maggiore Iva che ne deriva con una con
seguente duplicazione della imposizione sul medesimo bene e sul medesimo soggetto -:
se non sia possibile ritenere che la citata previsione contenuta nel provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 22 febbraio 2007 sia applicabile unicamente agli acquisti effettuati fino al 13 settembre 2006 (vale a dire fino al giorno precedente la sentenza della Corte di Giustizia UE C-228/05, con la quale è stato dichiarato contrario alla VI direttiva comunitaria il regime di cui all'articolo 19-bis 1, lettere c) e d) che limitava il diritto a detrarre l'Iva sugli acquisti di veicoli aziendali in modo da applicare, alle cessioni di veicoli acquistati a decorrere dal 14 settembre 2006, il principio generale valevole in ambito Iva secondo cui se un soggetto passivo acquista un bene destinato per una parte ad un consumo privato e per un'altra parte all'attività di impresa o di lavoro autonomo, la rivendita di tale bene va assoggettata ad imposta limitatamente a tale ultima parte (destinazione ad uso professionale/imprenditoriale) differentemente, per la restante parte, la cessione rimane esclusa da Iva (il soggetto passivo, infatti, in tal caso, opera alla stregua di un privato consumatore). Ne deriva che, nel caso di specie, l'operazione di rivendita dovrebbe essere assoggettata a Iva limitatamente al 40 per cento del corrispettivo percepito.
(5-01451)