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Allegato A
Seduta n. 207 del 19/9/2007
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(Sezione 8 - Iniziative normative per assicurare la libertà di espressione del pensiero attraverso strumenti telematici nel rispetto dei diritti dei terzi)
CRAPOLICCHIO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il 26 maggio 2006 si è avuta in Italia la prima condanna contro lesioni alla reputazione via web (cosiddetta «diffamazione on-line») inflitta dal tribunale di Aosta ai danni del giornalista aostano Roberto Mancini, ex vice presidente dell'ordine dei giornalisti, che dovrà pagare 3000 euro più le spese processuali e legali oltre ad una previsionale di 1500 euro per ognuna delle tre parti che si sono costituite, perché considerato colpevole di aver leso «con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso con gli articoli pubblicati sul sito web www.ilbolscevicostanco.com, l'onore dei ricorrenti»;
i giudici aostani hanno riconosciuto nell'attività del blogger «il totale controllo di quanto viene postato» e che, «allo stesso modo di un direttore responsabile», egli ha il dovere di eliminare i contenuti offensivi;
la sentenza ha avuto immediato clamore perché per la prima volta in Italia un blog - sorta di diario telematico in cui ognuno è libero di mandare commenti e annotazioni - viene disciplinato dalla legge sulla stampa, precedente che può costituire un vero problema per quanti oramai usualmente sono abituati a scambiare informazioni, ad esprimere pareri, ad utilizzare gli strumenti della democrazia digitale;
a parere degli interroganti, ciò che preoccupa sono le parole del testo della sentenza, laddove si dichiara testualmente: «va subito rilevato - scrive il giudice - che, essendosi provato ut supra che Mancini era il soggetto che aveva in disponibilità la gestione del blog, egli risponde ex articolo 596 bis del codice penale, essendo la sua posizione identica a quella di un direttore responsabile. O meglio - sottolinea ancora il giudice - colui che gestisce il blog altro non è che il direttore responsabile dello stesso»;
nell'ambito della stampa periodica, il direttore svolge una funzione di garanzia nella misura in cui gli è attribuito lo specifico compito di analizzare tutto ciò che viene pubblicato sul periodico che dirige con un'assunzione di responsabilità nel caso che autorizzi coscientemente o meno una certa pubblicazione ritenuta lesiva;
è noto agli interroganti che lo stesso Ministro interrogato, interpellato sulla censura, ha avuto modo di dichiarare: «capisco l'allarme sociale creato dalla presenza nella rete di contenuti violenti, illegali, pericolosi per i minori, ma non capisco come questo allarme possa tradursi nella tentazione di «controllare» o «filtrare» la rete. Non è possibile imporre blocchi o filtri centralizzati: sarebbe politicamente sbagliato, oltre ad essere tecnicamente assai poco praticabile, né equiparare i gestori dei blog ai responsabili delle testate giornalistiche e quindi applicare nei confronti dei blogger le responsabilità previste dalla legge sulla stampa del 1948»;
sempre a parere degli interroganti, la sentenza fissa un principio allarmante che rischia di avere applicazione futura in altre decisioni, ovvero se il titolare di un blog possa essere parificato giuridicamente ad un direttore responsabile di una testata giornalistica e se, pertanto, debba rispondere anche per il fatto altrui;
invero, anche se, nel prosieguo della sentenza, si precisa che è ritenuto direttore responsabile colui che ha il controllo su post e commenti, potendo-dovendo rimuoverli se illeciti, ciò non può comportare, di per sé, una formale condanna in applicazione dell'articolo 596-bis del codice penale, che si riferisce chiaramente al direttore, al vicedirettore ed all'editore e non agli autori;
dunque il problema sollevato dalla sentenza è quello se alla diffusione di notizie e informazioni attraverso sistemi telematici possano applicarsi le disposizioni civili, penali e amministrative previste per la stampa;
i «reati di stampa» e quelli «a mezzo stampa» prevedono come elemento oggettivo caratterizzante la fattispecie, ordinaria o aggravata, della «stampa», della quale l'articolo 1 della legge n. 47 del 1948 fornisce una definizione incompatibile con la nozione di comunicazione telematica. Infatti, se per «telematica» si intende la trasmissione/ricezione di messaggi in forma elettronica da un soggetto ad un altro soggetto o ad altri soggetti determinati o indeterminati attraverso una rete di telecomunicazioni, essa è assolutamente diversa da quella riportata dal citato articolo, che recita testualmente: «sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione»;
altro problema è quello con riguardo alla posizione del direttore responsabile del momento della diffusione telematica, la cui funzione di controllo va esercitata - anche a norma di contratto - sull'attività corrente e non sugli archivi della testata. Così lo stesso discorso dovrebbe valere nell'ipotesi in cui nel volgere di un breve spazio di tempo si avvicendino più direttori responsabili, i quali ovviamente potranno essere chiamati a rispondere, penalmente, ma anche civilmente, solo per quanto pubblicato sotto la loro gerenza. Tali argomentazioni rafforzano il giudizio negativo degli interroganti sull'applicabilità ai «giornali telematici» della responsabilità del direttore ex articolo 3 della legge n. 47 del 1948 e di tutti i suoi corollari;
in Italia con il decreto legislativo n. 70 del 2003 è stata attuata la direttiva 2000/31/Ce, che ha introdotto, tra le altre cose, il codice del commercio elettronico, il quale, all'articolo 17, non fissa un obbligo generale di sorveglianza a carico del «prestatore» dei servizi telematici sulle informazioni trasmesse o memorizzate, né tanto meno «un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite»;
ogni cittadino ha diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, come sancito dall'articolo 21 della Costituzione italiana;
nei disclaimer di alcuni blog ci sono delle precisazioni di tale tenore: «non assume responsabilità alcuna per la veridicità, accuratezza e qualità del contenuto o per le opinioni ivi espresse, di cui rimangono responsabili i titolari dei suddetti blog o gli autori dei testi», con l'esplicito intento di voler preventivamente rifiutare qualsiasi addebito di responsabilità da parte di che li gestisce. O ancora: «Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicità. Non può, pertanto, considerarsi prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62 del 2001»;
è innegabile che i piccoli spazi virtuali costituiti dai blog stanno assumendo pian piano l'aspetto di vere e proprie testate giornalistiche;
per tutti i rilievi fin qui sollevati la produzione di informazione, regolata dalla legge n. 47 del 1948, necessita di un aggiornamento anche sulla base dell'introduzione dei nuovi strumenti informatici e telematici -:
se non ritenga urgente intraprendere iniziative legislative che colmino il vuoto normativo presente nel sistema giuridico, onde disciplinare l'operatività dei moderni
mezzi di diffusione di massa, trovando, ove necessario, un punto di equilibrio fra il diritto di ciascuno ad esprimere il proprio pensiero e la necessità di punire chi utilizza quella libertà per offendere altri.
(3-01228)
(18 settembre 2007)