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Allegato A
Seduta n. 21 del 7/7/2006
...
(Sezione 2 - Sperimentazione della pillola abortiva)
B)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
nella risposta ad un'interpellanza svolta il 13 giugno 2006, il Sottosegretario Gaglione ha dichiarato che: «In data 21 gennaio 2004 è stato richiesto uno specifico parere al Consiglio superiore di sanità, che, nella seduta del 18 marzo 2004, ha pronunciato il seguente parere conclusivo: alla luce delle conoscenze disponibili i rischi per l'interruzione farmacologica della gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell'interruzione chirurgica, solo se l'interruzione di gravidanza avviene totalmente in ambiente ospedaliero»;
delle cinque donne di cui si è accertata la morte, una è avvenuta in regime ospedaliero, durante la sperimentazione. Quando il Consiglio superiore di sanità si è espresso, le indagini sulle morti californiane da clostridium sordelli erano ancora in corso e il calcolo della mortalità del New England journal of medicine si riferisce proprio alle morti da clostridium (4 o 5 su 460.000, cioè 1:100.000, mentre con il chirurgico il rischio crolla allo 0,1: 100.000);
sempre sul New England journal of medicine, Fischer e altri autori (autori dell'articolo precedentemente pubblicato sul New England journal of medicine sulla RU 486 e i casi di clostridium) hanno affermato che non si sa se la profilassi antibiotica sia efficace nel caso di clostridium sordelli;
i casi di clostridium, sino ad ora riscontrati, sono stati tutti mortali;
la maggiore pericolosità del metodo chimico è, pertanto, del tutto indipendente dal regime ospedaliero e il convegno di Atlanta è stato indetto proprio perché le morti da clostridium sono imprevedibili e senza rimedio: non ci sono informazioni che individuino la predisposizione delle donne a tale infezione;
il pronunciamento del Consiglio superiore di sanità si riferisce agli effetti collaterali e, poiché l'aborto chimico è soggetto a complicanze maggiori in numero ed intensità rispetto a quello chirurgico e in aspirazione (rischi emorragici, innanzitutto; dolori, vomito, diarrea come effetti collaterali; complicazioni cardio-respiratorie,
pericolo di gravidanze ectopiche non diagnosticate, come eventi avversi), allora si chiede il regime ospedaliero;
inoltre, rispetto al consenso informato, dovrebbe esserci il confronto esplicito e chiaro tra il tasso di mortalità con il metodo chirurgico e con quello chimico, con entrambe le percentuali, in modo che la donna possa scegliere consapevolmente;
le cronache ci informano che una donna che aveva preso la RU 486 a Siena poi si è rivolta al pronto soccorso del policlinico Gemelli per emorragia -:
quante donne, a Torino, abbiano effettuato l'aborto (cioè l'espulsione dell'embrione) in regime di ricovero e quante di esse siano tornate a casa;
cosa accada negli ospedali dove la pillola non viene data attraverso una sperimentazione, ma attraverso la richiesta diretta;
chi controlli se l'aborto avviene effettivamente in ospedale, quanto siano lunghe le degenze e se le donne firmino per tornare a casa o restino almeno 4 giorni in ospedale;
se sia stato rispettato a Torino l'obbligo del confronto tra i diversi tassi di mortalità ai fini di una scelta consapevole da parte della donna;
se tale obbligo sia stato rispettato anche a Pontedera e nei diversi ospedali che hanno usato la RU 486 attraverso l'importazione diretta;
se, nell'ambito della vigilanza sulla sperimentazione, non intenda acquisire elementi informativi sulla vicenda della donna di Siena e, in particolare, per quali motivi la donna non fosse stata ricoverata, quali informazioni avesse avuto, cosa ci fosse scritto sul consenso informato e se le fosse stato detto che era pericoloso mettersi in viaggio.
(2-00039) «Volontè, Capitanio Santolini, Lucchese, Ronconi».