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Allegato B
Seduta n. 210 del 25/9/2007
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SALUTE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
l'intervento di aborto selettivo con cui, all'ospedale San Paolo di Milano, è stata uccisa per errore la gemella sana anziché quella malata, o il commovente ricordo di Tommaso e della sua breve lotta per sopravvivere all'ospedale Careggi di Firenze, dove i medici gli avevano diagnosticato un'atresia dell'esofago rivelatasi in seguito inesistente, costituiscono un ulteriore drammatico elemento per affrontare alcune problematiche sorte intorno alla legge sull'interruzione volontaria di gravidanza;
il nuovo rapporto annuale sull'interruzione di gravidanza sarà a breve presentato al Parlamento -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga di fornire nella prossima relazione annuale sull'applicazione della legge sull'interruzione della gravidanza le seguenti informazioni, e se comunque il Ministero disponga di questi dati:
a) il numero di colloqui svolti nei consultori e il corrispondente numero di certificati rilasciati, in quanto questo dato (necessariamente parziale, perché esclude le donne che si rivolgono ai medici privati) può fornire un'idea dello stato di applicazione dell'articolo 2 della legge, cioè della capacità dei consultori di intervenire per evitare gli aborti, e proporre alle
donne aiuti concreti e soluzioni agli eventuali problemi che le inducono ad interrompere la gravidanza;
b) il numero di colloqui svolti con il padre (previsti dalla legge se la donna acconsente);
c) il numero di bambini nati vivi in seguito ad aborti tardivi (effettuati cioè oltre i 90 giorni);
d) nei casi di interruzioni di gravidanza tardive, se venga sempre comunicata la settimana di gestazione (e non soltanto l'indicazione generica «entro i 90 gg», e «oltre i 90 gg»);
e) se (quando, secondo l'articolo 6, l'interruzione di gravidanza viene effettuata perché sono accertate «rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro che determino un grave pericolo per la salute psichica o fisica della donna»), l'accertamento diagnostico in base al quale si abortisce venga sempre verificato dopo l'aborto, tenuto conto che è di fondamentale importanza, sapere quale effettivo riscontro hanno le diagnosi prenatali, che spesso si basano non su certezze ma su probabilità;
f) se vengono raccolti i dati sulle patologie fetali in base alla quale si ricorre all'articolo 6, poiché senza queste informazioni è difficile promuovere politiche di sostegno alle maternità difficili, e campagne mirate contro l'uso dell'aborto a fini eugenetici;
g) il numero di casi in cui viene utilizzato un metodo abortivo farmacologico, e seguendo quale protocollo (visto che non esiste un protocollo nazionale approvato dall'Aifa) ed il numero di donne che resta in ospedale fino al completamento dell'aborto, seguendo il parere del CSS (parere a cui il Ministero ha dichiarato di volersi attenere), e il numero di donne che invece torna a casa prima di aver concluso l'intera procedura di espulsione.
(2-00742)«Volontè, Capitanio Santolini».
Interrogazione a risposta in Commissione:
PORETTI, BELTRANDI, MELLANO, BUGLIO, D'ELIA e TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la legge 20 febbraio 2006, n. 96, recante «Disciplina dell'agriturismo», rispetto all'immediato inizio dell'esercizio dell'attività agrituristica dispone (articolo 6, comma 2) che «la comunicazione di inizio dell'attività consente l'avvio immediato dell'esercizio di attività agrituristica. Il comune, compiuti i necessari accertamenti, può, entro sessanta giorni, formulare rilievi motivati prevedendo i relativi tempi di adeguamento senza sospensione dell'attività in caso di lievi carenze e irregolarità, ovvero, nel caso di gravi carenze e irregolarità, può disporre l'immediata sospensione dell'attività sino alla loro rimozione da parte dell'interessato, opportunamente verificata, entro il termine stabilito dal comune stesso»;
il decreto del ministero della Salute (già della Sanità) 26 marzo 1991 numero 26 che detta i requisiti igienico-sanitari di cui le strutture destinate ad attività agrituristiche devono essere dotate, ed in particolare dalla disciplina relativa ai controlli sanitari sulle acque destinate al consumo umano e all'emissione del giudizio di qualità e di idoneità all'uso svolti dalle autorità sanitarie locali territorialmente competenti. In particolare l'Allegato III, al punto 2, lettera A), del citato decreto ministeriale, con riguardo alle acque di nuova utilizzazione stabilisce in linea generale che «anche allo scopo di avere elementi informativi sulla necessità o meno di un trattamento di potabilizzazione e/o disinfezione nonché sulla sua tipologia, è sempre necessario effettuare almeno per la durata di un anno una serie di analisi atte a definire la fisionomia dettagliata dell'acqua e le sue variazioni (...)». II decreto ministeriale dispone poi che, prima di utilizzare un'acqua dolce a scopo potabile, devono essere praticate
«analisi complete» e «studi approfonditi» fondati su campionamenti effettuati «almeno ogni stagione» con riguardo all'acqua dolce di origine sotterranea, «con frequenza minima annuale» con riguardo invece all'acqua dolce di origine superficiale, parametro temporale che trova applicazione anche con riguardo all'acqua di origine superficiale già in corso di utilizzazione a scopo potabile;
la legge 96/2006 ha come obiettivo la diffusione delle attività di agriturismo, tramite lo snellimento delle pratiche necessarie all'inizio dell'operatività;
il decreto ministeriale 26 marzo 1991 del ministero della Salute (già della Sanità) di fatto inficia gli obiettivi della legge 96/2006, come rilevato anche dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione As408 del 19 luglio 2007;
l'Autorità scrive che: «tali disposizioni, in ragione dei tempi particolarmente lunghi previsti per l'espletamento dei campionamenti svolti dalla ASL territorialmente competente per il rilascio del «giudizio di qualità» necessario all'utilizzo dell'acqua da parte delle imprese a scopo potabile, possono costituire un ostacolo eccessivo e sproporzionato rispetto all'esercizio dell'attività di impresa e in palese contrasto con l'obiettivo di semplificazione e snellimento burocratico che ha ispirato il legislatore negli ultimi interventi normativi tesi ad agevolare l'avvio di attività produttive e commerciali e a promuovere la concorrenza». E suggerisce: «al fine di ridurre i tempi attualmente previsti, si potrebbe verificare la possibilità del rilascio di un giudizio di qualità «provvisorio» da parte della Asl territorialmente competente a seguito dell'esito positivo di un primo controllo sulla qualità delle acque, in modo da consentire l'inizio dello svolgimento dell'attività di impresa, prevedendo verifiche periodiche successive che consentano di monitorare lo stato di potabilità delle acque» -:
se siano già stati presi provvedimenti nel senso indicato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, e comunque utili a rendere effettive le previsioni della legge 96/2006.
(5-01500)