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Allegato B
Seduta n. 237 del 7/11/2007
TESTO AGGIORNATO AL 12 NOVEMBRE 2007
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
l'articolo 37 della Costituzione afferma «la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione»;
il differenziale retributivo di genere, secondo la definizione dell'Istituto Nazionale di Statistica (Istat), consiste «nella differenza tra il guadagno medio orario lordo di un uomo e di una donna pagato dai datori di lavoro come percentuale del guadagno medio orario lordo di un occupato dipendente tra i 16 e i 64 anni che lavora almeno 15 ore settimanali nel complesso dell'economia»;
nell'approfondimento sulle statistiche di genere dell'Istat, diffuso nel marzo 2007 e relativo agli anni 2002-2005, in Italia il divario di retribuzione oscilla in media tra l'8 per cento e il 9 per cento, con il dato più elevato registrato nelle regioni del Nord-est, seguito da quelle del Nord-ovest, del Centro, del Sud e Isole. Nelle regioni meridionali, dove le differenze salariali risultano essere inferiori, vi è da sottolineare, tuttavia, un progressivo calo dell'occupazione femminile, un fattore misurabile per il secondo trimestre 2007 in -3,6 per cento. Nell'ambito del lavoro dipendente il settore di attività economica con maggior divario salariale è l'industria in
senso stretto con il 20 per cento, segue quello dei servizi con il 10 per cento. Per il lavoro autonomo, infine, le differenze dei redditi individuali annuali netti delle donne sono mediamente del 30 per cento inferiori rispetto a quelli degli uomini;
dalla analisi dei dati dell'Istat summenzionati si evince che le differenze salariali tra uomini e donne in Italia sono dovute principalmente: alla composizione della forza lavoro femminile concentrata maggiormente in settori a bassa retribuzione; alla tipologia contrattuale lavorativa del tempo parziale; alla propensione da parte degli attori economici ad una valutazione erronea e sfavorevole nei confronti delle donne a parità di posto di lavoro che si riscontra nella pratica del sottoinquadramento;
l'Organizzazione per la Cooperazione economica e lo Sviluppo economico (Ocse), infine, ha reso noti nel Rapporto annuale «Education at a glance 2007» i dati riguardanti l'istruzione, la scuola e il mercato del lavoro in 24 dei 30 Paesi membri, dai quali emerge che il numero di donne con un grado superiore d'istruzione è superiore a quello degli uomini, ma in «tutti i Paesi studiati, a parità di livello di istruzione raggiunto, le donne guadagnano meno degli uomini. Esse guadagnano, generalmente, tra il 50 per cento e l'80 per cento del guadagno degli uomini»;
secondo gli ultimi dati forniti dall'Istituto Statistico Europeo (Eurostat) relativi al 2005, le disparità salariali di genere sono molto diffuse anche negli altri Paesi dell'Unione, con una media del divario salariale a favore degli uomini del 15 per cento, anche se in leggera diminuzione nell'arco dell'ultimo decennio. In Italia è del 9 per cento: seppur il valore è tra i più bassi in Europa, risulta comunque in leggero aumento nel corso degli ultimi anni e ampiamente falsato in considerazione del fatto che, in presenza di salari potenzialmente bassi, una percentuale significativa di donne italiane decide di non entrare nel mercato del lavoro, preferendo la cura della famiglia (con un tasso di inoccupazione femminile che in Italia è il doppio di quella maschile, il 49,4 per cento donne, il 25,5 per cento uomini);
la Risoluzione del Parlamento europeo n. 63 del 13 marzo 2007 su una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010, rileva sulle differenze di salario che «nonostante la normativa comunitaria e le disposizioni nazionali in tema di parità di retribuzione, il divario di retribuzione fra i due sessi continua in gran parte a persistere, dal momento che le donne nell'UE guadagnano in media il 15 per cento in meno degli uomini, differenza questa che tende a ridursi a un ritmo molto più lento rispetto alla differenza dei tassi di occupazione dei due sessi», e che le difficoltà degli Stati membri e dell'UE nella gestione della questione di uguaglianza di genere è determinata anche «dell'intensificata concorrenza economica mondiale e della susseguente domanda di una forza lavoro sempre più flessibile e mobile» dove «le donne continuano a subire discriminazioni sociali, lavorative e d'altro tipo e che le suddette esigenze rischiano di avere un impatto maggiore sulle donne che su gli uomini». In questa prospettiva l'impegno richiesto agli Stati membri è quello di sostenere i propri «piani nazionali» in favore dell'occupazione e dell'integrazione sociale, laddove per le donne deve essere favorito l'accesso al mercato del lavoro con «pari dignità e pari retribuzioni per pari lavoro»;
il 18 luglio 2007 la Commissione europea ha approvato la Comunicazione n. 424 dal titolo «Colmare il divario retributivo tra uomini e donne», con la quale la differenza retributiva a danno delle donne viene indicata come una forma di discriminazione diretta e indiretta nell'ambito del mercato del lavoro. Questo documento invita gli Stati membri a promuovere politiche in favore dell'uguaglianza retributiva, al fine di inserire tale problematica nell'ambito dei più ampi interventi nazionali per l'occupazione; ad applicare integralmente la legislazione esistente;
ad intervenire nei confronti dei datori di lavoro con iniziative volte a stimolare la responsabilità sociale ed infine a sostenere il confronto sulla materia tra gli Stati membri e con le parti sociali;
la Commissione europea ha designato il 2007 come «Anno europeo delle Pari Opportunità per tutti» con lo scopo di sostenere politiche in difesa dei diritti di uguale trattamento per tutti i cittadini europei. Ogni Stato membro, pertanto, ha nominato un organismo responsabile per il coordinamento delle strategie di intervento; per l'Italia vi è il Dipartimento dei Diritti e delle Pari Opportunità che ha provveduto alla stesura del Piano Nazionale d'Azione per l'Anno europeo 2007. All'interno del Piano Nazionale d'Azione è inserito un progetto di studio per il superamento delle differenze salariali di genere e di precarizzazione del lavoro femminile, che tuttavia al momento non ha trovato alcuna concreta attuazione;
il Sottosegretario al lavoro e previdenza sociale Rosa Rinaldi, secondo quanto riportato da recenti agenzie di stampa, ha dichiarato che «negli ultimi anni l'occupazione femminile presenta ancora forti fragilità. Una donna su cinque, ad esempio, fa un lavoro che richiede una formazione inferiore a quella di cui è in possesso e le retribuzioni sono inferiori a quelle dei colleghi maschi»; per di più la maternità è ancora un elemento di discontinuità che pregiudica la permanenza nel mercato del lavoro. A ciò si aggiunge il protrarsi per maggior tempo del periodo di precariato rispetto agli uomini poiché «le donne ci mettono di più a stabilizzare il contratto, se è vero che il primo contratto "buono" si firma tra i 36 e i 38 anni». A fronte di queste considerazioni il sottosegretario Rinaldi ha sottolineato il bisogno di garanzie per le «politiche di conciliazione che favoriscano il lavoro delle donne e non ne penalizzino qualità e salario» -:
quali risorse il Governo intenda destinare, anche nell'ambito della Legge Finanziaria 2008, per colmare il divario retributivo di genere e quali siano le valutazioni e i provvedimenti che intende assumere al fine di garantire la piena applicazione di quanto previsto dalla Carta costituzionale, dalle recenti decisioni in sede comunitaria nonché dalla normativa nazionale già in vigore, nell'intento di promuovere con iniziative concrete la piena emancipazione ed integrazione socioeconomica delle donne.
(2-00832) «Boato».
Interrogazione a risposta in Commissione:
LAURINI. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la drammatica situazione igienico-sanitaria causata dall'emergenza dei rifiuti nella Provincia di Napoli, ha fatto registrare degli effetti negativi sull'economia di migliaia di aziende locali operanti nel settore turistico, alberghiero e di ristorazione che, in questi mesi, hanno visto ridurre drasticamente le loro attività;
durante il periodo di crisi, infatti, anche i maggiori quotidiani internazionali, tra cui il New York Times e il giornale arabo 'al-Sharq al-Awsat', hanno invitato gli stranieri a non visitare la città partenopea a causa delle ripercussioni sulla salute dovute al problema dei rifiuti. Contestualmente, lo stesso ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, lanciò un allarme ai suoi connazionali consigliando di evitare soggiorni nel capoluogo campano;
nonostante le smentite dei giorni seguenti, l'immagine di Napoli e della sua Provincia sono state gravemente compromesse, con inevitabili e preoccupanti ricadute sulle attività economiche e sull'occupazione, anche con il licenziamento della manodopera più qualificata -:
quali iniziative si intendono adottare per rivalutare, anche a livello internazionale, l'immagine della città di Napoli come importante centro turistico del Paese e quali interventi si intendono porre in essere
per sostenere e risollevare l'economia locale di fronte ad una crisi di cui non si intravedono gli sbocchi.
(5-01725)
Interrogazioni a risposta scritta:
BALDELLI e GIRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica del 3 novembre 2007, ha riportato la notizia di un presunto caso di interruzione di pubblico servizio a Roma, all'ufficio anagrafe della circoscrizione II, in piazza Grecia;
il 2 novembre scorso, il citato ufficio, pur se in un giorno lavorativo, era chiuso a causa dell'assenza di tutto il personale;
il personale dell'ufficio è composto da 5 impiegati e quel giorno uno era in ferie e gli altri quattro erano assenti per motivi di salute;
la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 2004, recante «Principi sull'erogazione dei servizi pubblici», ha individuato alcuni principi fondamentali sull'erogazione dei pubblici servizi: eguaglianza, imparzialità, continuità, diritto di scelta, partecipazione, efficienza ed efficacia;
l'inusuale chiusura del citato ufficio in un giorno lavorativo, peraltro non segnalata con alcun avviso pubblico, ha creato un grave disservizio all'utenza, ha contribuito a danneggiare ulteriormente l'immagine del servizio pubblico ed ha disatteso i principi cui dovrebbe ispirarsi la pubblica amministrazione nell'erogazione dei servizi;
nella materia, di cui si occupa l'ufficio in questione, i comuni esercitano attribuzioni di competenza statale, ai sensi dell'articolo 54 del Tuel (decreto legislativo n. 267 del 2000);
inoltre, secondo la giurisprudenza di legittimità (ex plurimis, Sezione VI, 3 maggio 1999, Ferrara) «è sufficiente, ai fini del delitto, che l'entità del turbamento della regolarità dell'ufficio o l'interruzione del medesimo, pur senza aver cagionato in concreto l'effetto di una cessazione reale dell'attività o uno scompiglio durevole del funzionamento, siano stati idonei ad alterare il tempestivo, ordinato ed efficiente sviluppo del servizio, anche in termini di limitata durata temporale e di coinvolgimento di uno solo settore»;
le cronache quotidiane riportano frequentemente casi di interruzione di pubblico servizio in diversi comparti della pubblica amministrazione, con grave danno agli interessi di cittadini ed imprese -:
se non ritenga utile adottare provvedimenti urgenti, al di là dell'eventuale rilievo penale del caso di specie, per garantire la continuità e la regolarità del funzionamento dei servizi pubblici, ad esempio monitorando, attraverso l'istituzione di una banca dati, i casi di interruzione di pubblico servizio per scoprire le cause più frequenti che determinano tale disservizio ed agire di conseguenza per evitare il ripetersi del problema;
se non ritenga opportuno, per garantire una reale attuazione dei principi della citata direttiva del precedente Governo sull'erogazione dei servizi pubblici, accelerare il processo di informatizzazione della pubblica amministrazione, peraltro già intrapreso dal precedente Esecutivo nella scorsa legislatura.
(4-05549)
RAMPELLI. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la Giunta comunale di Roma, con deliberazione n. 33 del 28 gennaio 2004, approvava il Contratto di servizio tra comune di Roma ed AMA S.p.A. per la gestione dei rifiuti urbani e i servizi di decoro e igiene urbana valevole per gli anni 2003/2004/2005;
nel contratto di servizio, a pag. 93, si stabiliva che la frequenza media del servizio di lavaggio dei cassonetti è di circa una volta ogni 20 giorni solari, prevedendo un aumento della frequenza a una volta ogni 15 giorni per il periodo estivo (15 maggio-15 settembre);
per l'effettuazione del servizio l'AMA dichiarava di possedere - al 31 dicembre 2002 - 56 camion attrezzati per il lavaggio (30 lavacassonetti a caricamento posteriore e 26 lavacassonetti «side loader» a caricamento laterale);
il valore del parco automezzi - come risulta dalle «schede servizi» allegate al contratto di servizio (pag. 206 ss.) - era di circa 15,6 miliardi di lire, equivalenti ad 8 milioni di euro;
considerato che il contratto di servizio è stato successivamente prorogato per gli anni 2006 e 2007 e tenuto conto, altresì, degli oneri annui per l'impiego degli automezzi, il costo complessivo del servizio che AMA S.p.A. addebita al comune di Roma e che viene coperto con la Tariffa Rifiuti (Ta.Ri.) sostenuta direttamente dai cittadini, ammonta dal 2003 ad oggi a circa 25 milioni di euro;
una video-inchiesta condotta da alcuni consiglieri municipali, e successivamente ripresa dal noto programma televisivo «Striscia la Notizia», ha denunciato gli sprechi di denaro pubblico e le gravi carenze concernenti il servizio di lavaggio cassonetti nel comune di Roma;
nel corso di alcuni sopralluoghi effettuati presso i depositi dell'AMA sono stati trovati camion abbandonati, lavacassonetti impolverate e non funzionanti che avevano percorso solo 80 o 111 km;
tali mezzi - che avrebbero dovuto percorrere almeno 200.000 chilometri necessari a provarne l'utilizzo - hanno lavorato in realtà per brevissimo tempo prima di essere lasciati fermi e inoperosi; nei casi migliori sono state raggiunte percorrenze medie di 40.000 km a fronte di un piano di esercizio che ne prevede minimo 35.000 all'anno;
nel sito internet www.amaroma.it si legge che tra gli obiettivi dell'AMA vi è quello di «consolidare il proprio ruolo di principale operatore italiano nella gestione integrata dei servizi ambientali, mantenendo un forte orientamento all'efficienza ed all'efficacia (sic) delle attività svolte per il comune di Roma»;
a fronte di questi gravi e continui disservizi e in considerazione dell'enorme spreco di denaro pubblico a danno dei cittadini è stato presentato un esposto-denuncia alla Corte dei conti;
il comune di Roma non è mai intervenuto per sanzionare le inadempienze dell'AMA, nonostante sia stato costituito un organismo di controllo («l'Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali del comune di Roma»), per un costo ulteriore di 2 milioni e 350 mila euro;
l'articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, stabilisce al comma 1 che «I servizi pubblici nazionali e locali sono erogati con modalità che promuovono il miglioramento della qualità e assicurano la tutela dei cittadini e degli utenti e la loro partecipazione, nelle forme, anche associative, riconosciute dalla legge, alle inerenti procedure di valutazione e definizione degli standard qualitativi»;
ai sensi del successivo comma 2, «Le modalità di definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità, i casi e le modalità di adozione delle carte dei servizi, i criteri di misurazione della qualità dei servizi, le condizioni di tutela degli utenti, nonché i casi e le modalità di indennizzo automatico e forfettario all'utenza per mancato rispetto degli standard di qualità sono stabilite con direttive, aggiornabili annualmente, del Presidente del Consiglio dei ministri» -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se non ritengano possibile assumere iniziative normative volte a introdurre sanzioni nei confronti delle amministrazioni locali e dei gestori dei servizi pubblici
locali che non raggiungano i parametri di affidabilità previsti nelle Carte dei servizi;
se non ritengano opportuno intraprendere adeguate iniziative dal punto di vista normativo affinché siano previsti risarcimenti a favore dei cittadini a fronte di servizi mai resi e per i quali si pagano le tasse;
se non ritengano opportuno aggiornare le direttive di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286;
quali misure, nell'ambito delle proprie competenze, intendano intraprendere per migliorare l'ambiente, l'igiene pubblica e il decoro della città di Roma nonché per tutelare i cittadini-consumatori.
(4-05556)