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Allegato B
Seduta n. 242 del 14/11/2007
...
GIUSTIZIA
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il 12 ottobre 2007 le Forze di Polizia di Perugia hanno arrestato Aldo Bianzino e la sua compagna Roberta Radici, con l'accusa di coltivare nel giardino della propria abitazione piante di marijuana in violazione della legge sugli stupefacenti. Aldo Bianzino è entrato nel carcere di Capanne alle 18.40 del 12 ottobre 2007;
nella mattina del 14 ottobre, Aldo Bianzino è stato trovato morto nella sua cella del carcere perugino di Capanne. Il decesso sarebbe avvenuto alle 8.14 della mattina, secondo quanto certificato dal medico di guardia e dal medico legale;
nella notte che ha preceduto la sua morte, secondo testimonianze dirette di
altri detenuti rilasciate al gip della Procura di Perugia, Bianzino ha richiesto più volte di essere soccorso, suonando un apposito campanello, ricevendo quale risposta di stare tranquillo perché il giorno dopo sarebbe passato il medico. Tale versione è stata negata dall'agente della polizia penitenziaria poi indagato per omissione di soccorso e omissione di atti di ufficio;
nel corso del question time del 7 novembre 2007 in Aula alla Camera il Ministro per l'attuazione del programma, Santagata, ha fra l'altro affermato:
«Bianzino sottoposto a visita di primo ingresso, è stato trovato in discrete condizioni di salute, senza alcuna lesione fisica, contestualmente è stato collocato da solo in una cella;
secondo quanto certificato dal medico di guardia e dal medico legale il decesso del signor Bianzino è avvenuto alle 8.10 del 14 ottobre. Da un primo esame clinico, entrambi i sanitari non hanno riscontrato sul cadavere la presenza di segni di traumatismo esterno o di agopuntura ed hanno ricondotto la morte del detenuto ad "insufficienza cardiaca acuta" di natura da determinarsi con esame autoptico ed eventuale esame tossicologico»;
cause e modalità della morte di Bianzino «sono al vaglio del consulente medico legale nominato dalla magistratura inquirente perugina. L'ipotesi che la morte possa essere conseguenza di una condotta colpevole, sia pure di natura omissiva è uno dei temi dell'investigazione in corso, alle quali concorrono anche consulenti tecnico-medico legali nominati dalla famiglia del defunto»;
«la Procura di Perugia, in collaborazione con la squadra mobile della questura di Perugia e con il personale del nucleo investigativo centrale del DAP, sta accertando l'esatto svolgimento di quanto accaduto nella casa circondariale di Perugia e che, proprio per effetto dell'avvio dell'indagine giudiziaria, l'amministrazione penitenziaria non ha intrapreso ulteriori attività amministrative di contenuto sovrapponibile a quello dell'indagine preliminare»;
«il Procuratore della Repubblica di Perugia ha precisato che attribuire la causa della morte ad un evento patologico e/o violento costituirebbe attualmente affermazione imprudente, priva di supporto scientifico certo e non accreditata dal complesso delle indagini svolte finora»;
«la procura di Perugia, in collaborazione con la squadra mobile della questura di Perugia e con il personale del nucleo investigativo centrale del DAP, sta accertando l'esatto svolgimento di quanto accaduto nella casa circondariale di Perugia e che, proprio per effetto dell'avvio dell'indagine giudiziaria, l'amministrazione penitenziaria non ha intrapreso ulteriori attività amministrative di contenuto sovrapponibile a quello dell'indagine preliminare»;
il 23 ottobre 2007 il sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi, con delega ai problemi del sistema penitenziario, ha affermato di seguire «con attenzione e preoccupazione le notizie relative alle indagini sulla morte nell'istituto perugino di Capanne, di Aldo Bianzino [ ... ] Ogni morte in carcere è una duplice tragedia perché quella morte, e la perdita che comporta, avviene quando la persona si trova sotto la responsabilità dello Stato e nella sua tutela. Gli uffici del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria stanno attivamente collaborando con il pubblico ministero affinché siano accertate le cause e le responsabilità del decesso. Sia chiaro sin d'ora che il Ministero della giustizia opererà affinché siano accertate nella maniera più completa ed esauriente le circostanze di quella morte, e non resti ombra alcuna sulla dinamica e le eventuali responsabilità dell'accaduto»;
il 29 ottobre 2007, al termine di una visita all'istituto penitenziario di Capanne, il sottosegretario Manconi ha affermato che «quando muore una persona la cui incolumità è sotto la responsabilità dello Stato e delle sue istituzioni, la ricerca delle
cause di quel decesso deve essere, se possibile, ancor più scrupolosa e meticolosa. Ho incontrato il direttore, il comandante e il personale, che hanno assicurato la loro piena collaborazione alle indagini in corso [...]. Successivamente ho incontrato nella loro casa, la vedova e il figlio quattordicenne. E ho confermato loro che l'Amministrazione penitenziaria sta cooperando con la Procura di Perugia, che indaga sulle cause e le eventuali responsabilità del decesso. Il Ministero della giustizia, l'Amministrazione penitenziaria e io personalmente - ha sostenuto Manconi - riteniamo dovere istituzionale e punto d'onore irrinunciabile adoperarci perché sulla morte di Bianzino non rimanga alcun dubbio o zona d'ombra»;
la Procura della Repubblica di Perugia ha aperto un fascicolo sulla morte di Aldo Bianzino ipotizzando il reato di omicidio, allo stato nei confronti di ignoti, valutando l'ipotesi che le lesioni che hanno portato alla morte siano derivate da condotte volontarie di persone al momento non identificate. Tali ipotesi derivano dall'esito dell'esame medico-legale che ha evidenziato lesioni interne, - lesioni ritenute di natura traumatica all'encefalo e al fegato - modificando il quadro iniziale che aveva portato la Procura della Repubblica di Perugia ad avviare un'inchiesta sul caso senza formulare ipotesi di reato;
il consulente di parte nominato dalla convivente di Aldo Bianzino, Roberta Radici - scarcerata per decisione del pubblico ministero dopo la morte di Aldo Bianzino - ha escluso che le lesioni risalgano al passato;
il 29 ottobre 2007 il pubblico ministero Giuseppe Petrazzini, che indaga sulla morte di Aldo Bianzino, ha affidato l'incarico per ulteriori accertamenti medico-legali ai periti Luca Lalli e Anna Aprile concedendo loro sessanta giorni per rispondere ai nuovi quesiti. Saranno affiancati dai periti di parte Walter Patumi, nominato dalla ex moglie di Bianzino, e da Laura Paglicci Reattelli, nominata dalla convivente Roberta Radici;
fra gli altri quotidiani, in particolare Il Manifesto ha approfondito e denunciato i gravi quesiti che, in relazione sia alle responsabilità individuali e istituzionali per la sicurezza di Bianzino durante lo stato di detenzione, sia in ordine alle inchieste avviate dalla magistratura, allo stato richiedono essenziali accertamenti affinché la morte non sia ritenuta - denuncia Adriano Sofri su Il Foglio del 27 ottobre 2007 - «una morte naturale in carcere, una morte in carcere è naturale, niente è più naturale di una morte in carcere, naturalmente niente è più mortale di un carcere»;
il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, in un articolo pubblicato il 25 ottobre 2007 da Il Manifesto, con titolo l'appello a che «il vento dell'impunità non soffi a Perugia», richiama le responsabilità del sistema penitenziario ed i segnali inviati nel corso degli anni «hanno detto che il carcere è un mondo a parte, che è chiuso, oscuro, non trasparente, che i diritti umani, lì dentro più che fuori, sono carta straccia, che le leggi penitenziarie possono venir non rispettate dallo Stato, che il reato di tortura può non essere introdotto nel nostro codice anche se le convenzioni internazionali lo richiedono, che si può arrivare ad ammazzare senza che il mondo di fuori se ne accorga più di tanto e senza che le inchieste facciano la loro. Potrebbe partire da Aldo Bianzino una controtendenza»;
l'onorevole Franco Corleone - già sottosegretario alla giustizia con delega al sistema penitenziario, dal 1996 al 2001 ed attualmente Garante per i detenuti del comune di Firenze - in un articolo pubblicato da Il Manifesto il 26 ottobre 2007 ha osservato come «accade molto spesso, troppo spesso, si è tentato di archiviare il caso come morte naturale o accidentale ... Il carcere deve essere un luogo in cui vengono garantiti i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione, in primo luogo il diritto alla salute. E ancora prima i diritti umani e innanzitutto il diritto alla vita. È grave che l'istituzione del Garante dei diritti dei detenuti sia bloccata da sei
mesi al Senato - (dopo l'approvazione del testo alla Camera sulla base anche di una proposta di legge presentata dall'interpellante all'inizio della attuale legislatura, ndr) - e altrettanto grave che in Umbria dopo un anno dall'approvazione della legge istitutiva del Garante regionale il Consiglio non sia riuscito a designare la persona destinata a ricoprire tale ruolo. È ovvio - afferma Corleone - che la presenza del Garante non avrebbe con sicurezza salvato la vita a Aldo Bianzino, ma certamente avrebbe svelato la realtà dei rapporti di potere all'interno del carcere, avrebbe fatto conoscere il clima esistente e avrebbe attivato i controlli propri di una autorità indipendente»;
posizioni strumentali in merito al caso di Aldo Bianzino ed alle responsabilità che ne hanno determinato la morte, sono state denunciate dal Consigliere regionale dei Verdi in Umbria, Oliviero Dottorini, a proposito della solidarietà espressa dal capogruppo di Alleanza Nazionale in regione, Franco Zaffini, all'agente penitenziario che è indagato. Il 3 novembre 2007 Dottorini, a nome dei Verdi e civici ha sostenuto che «la tragica vicenda di Aldo Bianzino getta un'ombra pesante sul nostro sistema carcerario e sulla rispondenza tra presunti reati commessi e pene inflitte [...]. Pur con tutta la possibile cautela circa le cause del decesso è del tutto evidente che ci troviamo di fronte a un fatto grave e inspiegabile, dei quale vanno accertate tutte le eventuali responsabilità, da qualsiasi parte provengano. Il fatto che il caso stia assumendo un rilievo nazionale e internazionale e che il sottosegretario Manconi assicuri trasparenza e collaborazione riguardo all'individuazione delle cause della morte ci tranquillizza, ma non rende ragione a una famiglia spezzata senza apparenti motivi»;
sabato 10 novembre 2007 si è svolta a Perugia una manifestazione «in nome del diritto fuori e dentro il carcere», cui hanno aderito le associazioni di volontariato impegnate nel carcere, esponenti delle istituzioni locali e della regione Umbria, e anzitutto cittadini, i figli e la compagna di Aldo Bianzino Roberta Radici la quale - come riportato dagli organi di stampa - ha chiesto «giustizia per Aldo e per tutte le persone che si trovano a vivere la stessa condizione. Vogliamo la verità, vogliamo che a nessun altro succeda quello che è successo ad Aldo» -:
nel rispetto ed a prescindere dalle inchieste avviate dalla magistratura quali siano le valutazioni del Governo e quali siano gli esiti, allo stato, delle inchieste avviate nell'ambito dell'Amministrazione penitenziaria al fine di accertare modalità e responsabilità inequivoche in ordine alla morte di Aldo Bianzino;
quali iniziative il Governo intenda porre in essere affinché gli indirizzi di gestione del sistema penitenziario siano conformi ai princìpi del nuovo Regolamento penitenziario in ordine agli interventi di trattamento del detenuto;
quali siano le opinioni del Governo in ordine alla esigenza di riforma della legge 354 del 26 luglio 1975 e dunque dell'ordinamento penitenziario e dei criteri di esecuzione delle pene e delle altre misure privative o limitative della libertà;
quali siano le valutazioni del Governo in ordine all'istituzione del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale quale autorità indipendente, con poteri di indagine e di impulso e compiti di vigilanza sul rispetto delle norme concernenti l'esecuzione della custodia a tutela dei detenuti, affinché il principio della certezza della pena abbia attuazione in conformità ai diritti della persona.
(2-00844) «Boato».
Interrogazioni a risposta scritta:
MINARDO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
che è già in itinere una prima fase relativa all'avvio di tutte le procedure per la realizzazione del nuovo carcere a Modica in contrada Catanzarello;
la realizzazione dell'infrastruttura sopradetta non risulta inserita nel nuovo piano per l'edilizia carceraria del 2008;
nel dicembre del 2003 la Commissione per la verifica del sito scelto dal Comune per il nuovo carcere si è recata presso la città di Modica per il sopralluogo dell'idoneità di tale sito e non si capisce ora perché il Governo non abbia incluso il nuovo sito penitenziario tra le opere da realizzare -:
quali siano motivi per cui non si è proceduto all'inserimento della casa Circondariale nel nuovo piano per l'edilizia carceraria visto che da anni è presente nella graduatoria ministeriale e considerato che è impellente in città l'esigenza di avere un nuovo istituto penitenziario e recuperare invece l'attuale sede di Piano del Gesù a Modica Alta;
se il Governo intenda reinserire nel piano 2008 la costruzione del nuovo carcere di contrada Catanzarello.
(4-05619)
FASOLINO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 111 del 2007 è entrata in vigore (ai sensi dell'articolo 8) il giorno successivo alla pubblicazione, il 31 luglio 2007;
pur facendo salvo il principio della temporaneità degli incarichi direttivi, introdotto dalla menzionata legge, indubbiamente negativa è, invece, la previsione della temporaneità degli incarichi semidirettivi, pur dalla stessa prevista, atteso che essa comporterà, di certo, immaginabili e nefaste conseguenze sul lavoro di uffici delicatissimi e di straordinaria valenza (presidenti di sezione e procuratori aggiunti, che costituiscono, invero, la spina dorsale degli Uffici giudiziari, a fronte dell'assenza di alcun «pericolo»);
l'articolo 5 comma 3 della legge n. 111 ha disposto che alla scadenza dei sei mesi dall'entrata in vigore della legge (in data 27 gennaio 2008) tutti i magistrati che ricoprono incarichi direttivi e semidirettivi, i quali abbiano già compiuto otto anni nella funzione, decadranno dall'incarico, mentre per coloro che non hanno ancora completato il detto periodo è prevista la decadenza al maturare dello stesso;
la prima considerazione da farsi su tali disposizioni è quella che i titolari dei detti incarichi hanno ricevuto la nomina nella vigenza di una legge che non prevedeva la temporaneità e che, anzi, nel rispetto del principio costituzionale dell'inamovibilità (articolo 107 della Costituzione), non consentiva una rimozione, per cui la legge appare viziata, quantomeno da una retroattività non consentita;
se la corretta interpretazione dell'ultimo periodo (Nei restanti casi le nuove regole in materia di limitazione della durata degli incarichi direttivi e semidirettivi si applicano alla scadenza del primo periodo successivo alla data di entrata in vigore della presente legge) del menzionato comma 3, dell'articolo 5 della legge impone, come detto, che alla scadenza (per ciascun magistrato) dei 4 o degli 8 anni, rispettivamente, si vada in valutazione o si decada (come appare evidente la norma non è affatto chiara in tal senso), sarebbe indispensabile prevedere almeno che la decadenza abbia a coincidere con la presa di possesso dei nuovo titolare dell'incarico, sia per un doveroso rispetto della professionalità, sia per la prevedibile ingovernabilità degli Uffici sia per le situazioni paradossali che potrebbero verificarsi (basti pensare che in alcune fattispecie potrebbe accadere che nel periodo di vacanza del posto il sostituto prenderebbe il posto del «capo» e quest'ultimo del suo precedente «subordinato»);
quanto appena rilevato in ordine alla norma «transitoria», parrebbe essere principio codificato del sistema a regime, se dal 3o comma del nuovo articolo 45 del decreto legislativo n. 160 del 2006, sostituito dal 9o comma dell'articolo 2 della legge in esame, è possibile ricavare un siffatto principio;
certamente più corretta era la previsione normativa di cui agli articoli 45 e 46 della legge n. 160 del 2006, come detto modificati dalla 111, laddove, quale norma di indubbia civiltà giuridica, disponeva il mantenimento degli incarichi direttivi e semidirettivi per un periodo di quattro anni dall'entrata in vigore della legge; trattasi di disposizione quanto mai necessaria sia con riferimento al rispetto della professionalità, di cui ante, sia per consentire l'approntamento di tutte le indispensabili misure operative da parte del Consiglio Superiore della Magistratura cui, alla luce della nuova disposizione, è facilmente prevedibile non si possa tempestivamente provvedere;
un'eclatante disparità di trattamento è, poi, rilevabile tra le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 9 e 10 della legge 111 del 2007 (con cui sono stati sostituiti i menzionati articoli 45 e 46 del decreto legislativo n. 160 del 2006), dal momento che per la temporaneità delle funzioni direttive, come già rilevato, è sostanzialmente previsto che il magistrato dirigente «decaduto» all'ottavo anno resti nelle funzioni fino all'atto della presa di possesso da parte dei nuovo titolare delle dette funzioni, mentre per la temporaneità degli incarichi semidirettivi la decadenza si verifica alla scadenza dell'ottavo anno;
altra anomalia si riscontra sempre al comma 10 (con cui è stato sostituito il citato articolo 46), nella parte in cui al punto 2) è previsto che «torna a svolgere le funzioni esercitate prima del conferimento delle funzioni semidirettive», nell'ipotesi in cui l'interessato in quell'Ufficio ha svolto soltanto funzioni semidirettive e non ha presentato domanda per l'Ufficio ove ha prestato precedentemente servizio -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda con urgenza adottare al fine di evitare i suddescritti inconvenienti ed evitare che la macchina della giustizia, già appesantita da insufficienze di organico e di mezzi, abbia a patire ulteriori disagi.
(4-05629)
BRUSCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è grave la situazione in cui versa il Corpo di polizia penitenziaria in forza negli Istituti del Piemonte - Valle d'Aosta, ed in particolare a Cuneo, Alessandria «Don Soria» Asti, Biella, Alba, Novara, Alessandria San Michele e Saluzzo;
i sindacati di settore segnalano: turni massacranti dalle 07,00 alle 24,00 quasi ogni giorno; continue variazioni dei turni e dei posti di servizio oltre alla mobilità selvaggia; mancata concessione dei riposi settimanali; scorte sottodimensionate quotidianamente, con grave nocumento per la sicurezza; l'assoluta assenza di igiene, salubrità e sicurezza nei luoghi di lavoro, nelle caserme e persino negli antidiluviani automezzi impiegati nelle traduzioni; mancato pagamento delle missioni con relativo anticipo (il personale è addirittura obbligato ad anticipare le spese di tasca propria); carenza di uniformi e vestiario in genere: si è costretti ad acquistare gradi, mostrine e fregi a spese proprie; mancato rimborso delle rette degli asili nido dei figli degli operatori penitenziari;
il 27 ottobre le organizzazioni sindacali hanno civilmente espresso il proprio malessere nel corso della festa del Corpo di polizia penitenziaria del Piemonte - Valle D'Aosta, tuttavia la situazione descritta allo scrivente è indegna del sistema carcerario di un Paese civile -:
quali provvedimenti urgenti e tempestivi intenda con urgenza adottare, al fine di favorire il miglioramento delle condizioni di vita degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria ed il riconoscimento di quanto ad essi dovuto per contratto o per legge;
se non ritenga il Ministro interrogato di dover accertare quanto segnalato dall'organizzazione sindacale OSAPP (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) circa l'attività del provveditore Regionale verso gli Istituti Penitenziari e il personale di polizia penitenziaria delle Regioni Piemonte e Valle D'Aosta.
(4-05639)