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Allegato A
Seduta n. 253 del 5/12/2007
(Sezione 9 - Iniziative per l'annullamento straordinario dell'ordinanza del sindaco di Cittadella (Padova) in materia di iscrizione all'anagrafe dei cittadini stranieri)
I)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
in data 16 novembre 2007 il sindaco di Cittadella, dottor Massimo Bigonci, ha emesso un'ordinanza per l'attuazione delle disposizioni legislative generali in materia di iscrizione nel registro della popolazione residente e disposizioni congiunte in materia igienico-sanitaria e di pubblica sicurezza;
il pregiudizio derivante dalle disposizioni contenute nell'ordinanza non si limita al maggior disagio in sede di iscrizione all'anagrafe, poiché dall'iscrizione e dal rilascio dell'attestato di diritto di soggiorno dipende per i cittadini comunitari (ma anche per gli extracomunitari) l'esercizio di una lunga serie di diritti fondamentali Ne deriva, quindi, che il diniego di iscrizione, ma anche il rallentamento o l'interruzione del relativo procedimento, risultano gravemente lesivi dei diritti di libertà di circolazione e di stabilimento e, soprattutto, per quanto attiene i comunitari, del fondamentale principio di non discriminazione (che è stato ribadito da ultimo dallo stesso decreto legislativo n. 30 del 2007, salvo quanto in esso diversamente disposto in attuazione della direttiva 2004/38/CE, e che è sempre stato pacificamente riaffermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia);
la discriminazione, ovvero la disparità di trattamento tra cittadini italiani e comunitari, risulta evidente in virtù del fatto che l'ordinanza prevede di richiedere soltanto agli stranieri di dimostrare la disponibilità di fonti di sostentamento minime pari all'importo annuo dell'assegno sociale (5061,68 euro), laddove è evidente che se si dovesse applicare tale parametro anche ai cittadini italiani moltissime persone dovrebbero essere cancellate dall'anagrafe;
se è vero che formalmente la «disparità» è espressamente prevista tanto dalla direttiva 2004/38/CE, quanto dalla norma di recepimento di cui al decreto legislativo n. 30 del 2007 e dalle relative circolari ministeriali, nei fatti il trattamento riservato ai comunitari evidenzia una concreta discriminazione. Da un lato, infatti, l'ordinanza richiama la possibilità di «autocertificare» il possesso di lecite e sufficienti fonti di sostentamento in base agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e, quindi, di omettere la produzione della documentazione comprovante le fonti di sostentamento (omissione espressamente prevista dall'articolo 7 del citato decreto legislativo). L'ordinanza, però, realizza un rispetto solo apparente della norma, dal momento che prescrive «preventivamente all'iscrizione anagrafica», ovvero sospendendo il relativo procedimento, «di svolgere adeguata attività di indagine e verifica in ordine a quanto dichiarato, in particolare modo in merito all'individuazione della provenienza e alla liceità della fonte da cui derivano le risorse economiche». In questo modo, ad avviso degli interpellanti, si viola palesemente quanto disposto dalle norme di legge citate dal sindaco, norme che invece prevedono come l'autocertificazione non possa rinviare in alcun modo il compimento del procedimento e che la verifica non debba essere effettuata sistematicamente (paralizzando tutti i procedimenti per tempi incalcolabili), bensì a campione, allo stesso modo di come dovrebbe avvenire per i cittadini. Sotto questo profilo la violazione del principio di divieto di discriminazione, a parità di condizioni sostanziali, è evidente;
né la direttiva 2004/38/CE, né il decreto legislativo n. 30 del 2007 menzionano o richiedono anche solo indirettamente particolari requisiti sotto il profilo abitativo (si richiede, infatti, di dimostrare solo lo stato di occupazione lavorativa o, in alternativa, la disponibilità di risorse
minime e la copertura sanitaria). Il cittadino comunitario non è tenuto né a documentare che dispone di un alloggio, né deve dimostrare a quale titolo ne dispone più o meno legittimamente (contratto di locazione, atto di proprietà, concessione in uso, comodato, ospitalità o altro), né tanto meno deve dimostrare l'idoneità di tale alloggio o comunque sottoporsi alla verifica del rispetto di parametri di igienicità/salubrità o di adeguatezza dell'alloggio che rappresenta la sua dimora abituale e presso il quale chiede sia accertata la sua residenza;
nell'ordinanza non si accenna a quali dovrebbero essere i parametri applicabili sotto il profilo dell'idoneità abitativa: quelli stabiliti ai fini del rilascio del certificato di abitabilità? Oppure quelli di «alloggio adeguato» stabiliti dalla legislazione regionale in materia di edilizia residenziale pubblica? O quelli di «affollamento» indicati dalla stessa normativa regionale, oppure ancora quelli di igienicità e salubrità indicati dal decreto del ministero della sanità del 1975? Ma quali che siano i parametri cui avrebbe inteso riferirsi l'ordinanza, nessuno di questi può essere imposto ai soli comunitari - come invece di fatto avviene - quale condizione per il perfezionamento dell'iscrizione anagrafica. Il dispositivo è chiaro: «contestualmente all'accertamento della dimora abituale (...) venga attuata con finalità preventive atte alla salvaguardia dell'igiene pubblica e della salubrità, ambientale (...) un'attività di verifica volta ad accertare il persistere dei requisiti igienico-sanitari dell'alloggio». Risulta, quindi, che si pone come requisito generale per i comunitari una condizione che, invece, non può avere mai valore ostativo per i cittadini italiani. Inoltre, i comunitari vengono obbligati ad una procedura notevolmente più lunga, anche questo in evidente violazione del principio di non discriminazione. Non vi è, infatti, alcun motivo per non applicare ai comunitari le medesime disposizioni impartite dal ministero dell'interno con le circolari n. 8 del 29 maggio 1995 e n. 2 del 15 gennaio 1997, mai rettificate o revocate e a tutt'oggi generalmente applicate;
l'ordinanza diffonde, di fatto, un'immagine criminogena della presenza di stranieri comunitari. Essa dispone, infatti, sempre in forma preventiva (vale a dire paralizzando il procedimento sino all'ottenimento dei riscontri da parte di questura e prefettura), l'accertamento del «presunto status di pericolosità sociale», con l'acquisizione diretta di informazioni o per il tramite di atti emessi e/o provvedimenti precedentemente adottati da parte dell'autorità giudiziaria e/o di pubblica sicurezza. A parte il fatto che i tempi di tali verifiche potrebbero essere incalcolabili, specie se si considera che non sussiste alcun dovere di riscontrare simili richieste da parte dell'ufficio anagrafe, va sottolineato che in questo modo si realizza una condotta che sostanzialmente anticipa in funzione preventiva gli effetti di provvedimenti sanzionatori che potrebbero essere invece adottati solo caso per caso ed a fronte di accertamenti aventi carattere definitivo. Questi provvedimenti sanzionatori, peraltro, non competono minimamente al sindaco o all'ufficiale di anagrafe. In pratica, non si può paralizzare una buona parte delle iscrizioni anagrafiche solo perché si presume una possibile pericolosità che deve essere accertata da altri, specie se si considera che l'iscrizione anagrafica non toglierebbe comunque nulla alla possibilità di adottare i provvedimenti sanzionatori del caso - da parte degli organi realmente competenti - se e quando necessario;
al paragrafo 5) dell'ordinanza si può rilevare quella che gli interpellanti reputano una violazione macroscopica per quanto attiene il diritto di iscrizione dei cittadini extracomunitari, laddove si prevede quale titolo di soggiorno idoneo allo scopo solo la carta di soggiorno e non anche il permesso di soggiorno. Ciò significa che verrebbero esclusi dall'esercizio del diritto pacificamente riconosciuto la quasi totalità dei cittadini extracomunitari;
si prevede la costituzione di una commissione composta anche dalla polizia locale per il vaglio delle singole domande di iscrizione: ciò comporta una devoluzione di poteri-doveri, che sono tipicamente statali (in specie di carattere decisionale e non di semplice supporto all'istruttoria delegata dall'ufficiale di anagrafe), ad organi che non hanno alcuna attribuzione legale per svolgere funzioni di ufficiali del Governo;
sebbene dal punto di vista formale l'ordinanza impartisca disposizioni, che appaiono destinate a regolare le condizioni per l'iscrizione anagrafica della generalità della popolazione («da parte di chiunque ne presenti richiesta»), tuttavia non si può trascurare che nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa le intenzioni del sindaco di Cittadella sono molto più evidenti e che nella pratica è fin troppo chiaro che tali disposizioni, come si evince dalle ampie premesse dell'ordinanza, saranno applicate di fatto soltanto nei confronti dei soli stranieri, comunitari e non;
non sussiste una situazione di emergenza che caratterizzi in modo peculiare il territorio del comune di Cittadella rispetto ad altre aree vicine o lontane;
risulta in questo caso del tutto privo di fondamento l'esercizio del potere del sindaco di adottare provvedimenti urgenti in materia di salute e sicurezza pubblica;
esiste una palese violazione delle norme di non discriminazione, mentre il Governo ha impartito specifiche disposizioni in relazione al procedimento di iscrizione anagrafica;
in una precedente occasione, il prefetto di Alessandria ha invalidato un'ordinanza del sindaco di Alessandria del marzo 1999, che stabiliva che, per ricevere servizi dal comune come la residenza, i cittadini non comunitari dovevano possedere tutta una serie di requisiti e presentare un certificato di sana e robusta costituzione, e che tale azione della prefettura era motivata proprio dalla presenza evidente nell'ordinanza di un incitamento alla discriminazione -:
se non ritenga necessario che i competenti organi - prefetto e Ministro interpellato - dispongano l'annullamento straordinario dell'ordinanza, ai sensi dell'articolo 138 del testo unico degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000).
(2-00863)
«Frias, Mascia, Franco Russo, Migliore, Acerbo, Burgio, Cacciari, Cardano, Caruso, Cogodi, De Cristofaro, Khalil detto Alì Rashid, Dioguardi, Duranti, Falomi, Daniele Farina, Ferrara, Folena, Forgione, Locatelli, Guadagno detto Vladimir Luxuria, Mungo, Olivieri, Pegolo, Perugia, Provera, Andrea Ricci, Mario Ricci, Rocchi, Siniscalchi, Smeriglio, Sperandio, Zipponi».
(27 novembre 2007)