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Allegato B
Seduta n. 273 del 28/1/2008
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SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta orale:
GALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con direttiva del Consiglio europeo del 21 dicembre 1988 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione, si esortavano gli Stati membri a prendere le misure necessarie per far sì che i prodotti fabbricati al fine di essere permanentemente incorporati in opere di costruzione debbano essere immessi sul mercato in modo da non compromettere l'igiene e la salute, in particolare in modo da non provocare inquinamento o tossicità dell'acqua;
la direttiva richiamata venne attuata con decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993, n. 246, il quale nel fissare i requisiti essenziali ai quali debbono rispondere le opere, sancisce genericamente che «l'opera deve essere concepita e costruita in modo da non costituire una minaccia per l'igiene o la salute degli occupanti o dei vicini, causata in particolare, dalla formazione di gas nocivi, dalla presenza nell'aria di particelle o di gas pericolosi, dall'emissione di radiazioni pericolose, dall'inquinamento o dalla contaminazione dell'acqua...»
lo stesso decreto del Presidente della Repubblica 246 del 1993, assume come attestazione della conformità alle norme richiamate l'apposizione del marchio CE, marchio che purtroppo subisce il dilagante fenomeno della contraffazione dei prodotti industriali, e che peraltro viene apposto in caso di conformità alle norme nazionali che recepiscono norme armonizzate o alle norme nazionali riconosciute dalla Commissione a beneficiare della presunzione di conformità;
per quanto riguarda i materiali e gli oggetti utilizzati negli impianti fissi di produzione, di trattamento e di distribuzione
dell'acqua destinata al consumo umano, la legislazione nazionale è carente di una disciplina che vada a regolare le condizioni di sicurezza degli impianti di rubinetteria, valvolame e simili volta a impedire il rilascio di particelle nocive quali piombo, cadmio, arsenico, in quantità che a priori non sono accettabili per l'organismo umano;
altri Paesi comunitari, quali ad esempio la Francia, si sono dotati di una normativa relativa ai materiali ed oggetti utilizzati negli impianti fissi di produzione, di trattamento e di distribuzione dell'acqua destinata al consumo dell'uomo, per la quale ogni prodotto messo in vendita nel territorio nazionale e destinato a venire in contatto con l'acqua deve ottenere un documento rilasciato da un laboratorio competente a seguito della verifica delle conformità del prodotto;
lo stesso tipo di certificazione rispetto al rilascio di particelle dannose viene richiesta anche da Paesi extraeuropei, quali gli USA ed il Canada;
si ritiene assolutamente necessario, sia in termini di tutela dei consumatori, che in termini di contrasto alla concorrenza sleale, rafforzare i controlli nazionali e comunitari in tema di certificazione di qualità dei prodotti industriali e di rispondenza degli stessi agli standard igienico-sanitari dell'Unione europea, anche utilizzando le esperienze già maturate in altri Paesi industrializzati -:
se vi sia l'intenzione di valutare l'opportunità di costituire un apposito ente certificatore, preposto alla valutazione delle caratteristiche qualitative ed alla rispondenza alle norme di tutela dei consumatori di ogni manufatto industriale di produzione nazionale o proveniente da Paesi terzi, in particolare di quelli utilizzati nel settore alimentare e di distribuzione delle acque, sul modello francese dell'attestato di conformità sanitaria (ASC) o della certificazione CSBT degli USA o della CSA canadese.
(3-01558)
Interrogazione a risposta scritta:
CACCIARI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 9 e il 10 maggio del 2002 Vincenzo Castellano, operaio di una ditta operante per conto dei cantieri Fincantieri di Venezia SpA, cadde da un'altezza di 30 metri procurandosi una gravissima lesione che oggi, a 36 anni, lo inchioda paraplegico su una sedia a rotelle;
con sentenza del 13 luglio 2007 il tribunale ordinario di Venezia, a seguito di un dibattimento che si celebrava nella contumacia di alcuni imputati, ha condannato tutti gli imputati e prescritto un risarcimento del danno quantificato in una somma pari a euro 1.600.000,00;
nelle motivazioni della sentenza si leggono i seguenti comportamenti: mancanza di misure protettive collettive nel cantiere; uso di attrezzature di lavoro del tutto inidonee; omessa informazione in merito agli specifici rischi; assegnazione di subappalti fittizi finalizzati al mero reclutamento di mano d'opera;
è evidente che nessun risarcimento monetario potrà compensare una vita spezzata ma, ad aggravare la situazione, interviene anche il tentativo continuo della Fincantieri di non risarcire il danno, chiedendo proroghe su proroghe e la revisione di una sentenza favorevole a Vincenzo Castellano;
la Fincantieri è un gruppo industriale controllato dallo Stato, così che i comportamenti della società coinvolgono l'onorabilità delle istituzioni statali che dovrebbero dirigerla e controllarla -:
se non ritengano urgente e necessario intervenire con ogni mezzo affinché Fincantieri interrompa ogni tentativo di procrastinare un'inevitabile e giusto risarcimento del danno a beneficio di un operaio che a causa del lavoro resterà paraplegico per tutta la vita.
(4-06209)