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Allegato B
Seduta n. 273 del 28/1/2008
TESTO AGGIORNATO AL 4 FEBBRAIO 2008
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
a trenta anni dall'entrata in vigore della legge n. 194 del 1978 «Norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria della gravidanza» occorre prendere atto che avere disciplinato e regolamentato il ricorso all'aborto ha comportato una riduzione del 60 per cento delle interruzioni di gravidanza e del 90 per cento degli aborti clandestini, che spesso sono praticati in condizioni sanitarie inadeguate e pongono a rischio la salute della donna;
l'ultima relazione annuale (dati 2006) inviata al Parlamento lo scorso ottobre sull'attuazione di questa legge, mostra un totale di 130.033 interruzioni volontarie di gravidanza, un ulteriore calo del 2,1 per cento rispetto al 2005 (132.790) e un decremento dei 44,6 per cento rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza (234.801 casi). Se si considerano soltanto le cittadine italiane i casi di interruzione volontaria di gravidanza nel 2005 scendono a 94.095, con una riduzione di ben il 60 per cento rispetto al picco del 1982. Tale riduzione è risultata più rapida nelle donne istruite, nelle occupate e nelle coniugate, a dimostrare l'aumentata capacità e consapevolezza delle donne e delle coppie nell'adozione di metodi per la procreazione responsabile;
negli ultimi dieci anni si è invece triplicato il numero degli interventi effettuati da donne con cittadinanza estera: da un'incidenza del 10,1 per cento del 1996 al 29,6 per cento del 2005, con una crescita del 66 per cento, anche se contemporaneamente si è registrato un notevole aumento di nascite in coppie di immigrati o in coppie miste;
questi numeri dovrebbero indurre a promuovere e a rafforzare le iniziative di informazione sulla contraccezione nei consultori, nelle scuole, nelle famiglie e nei luoghi ove è più facile reperire la popolazione più a rischio;
la maggior parte delle interruzioni volontarie di gravidanza (97,3 per cento) avviene entro i primi 90 giorni, mentre solo lo 0,7 per cento è dopo la ventunesima settimana di gestazione;
i dati che invece devono fare riflettere riguardano l'obiezione di coscienza, disciplinata dalla legge sia per il personale medico che infermieristico. Purtroppo quelli raccolti non sono aggiornati e in alcuni casi - come la Liguria e la Campania - risalgono addirittura al 1999. A fronte di una media nazionale per i ginecologi del 58,7 per cento, l'obiezione di coscienza registra picchi massimi in Veneto (76,1 per cento), Marche (78,4 per cento), Lazio (77,7 per cento) o Puglia (76,8 per cento). Situazioni che per la donna significano un calvario: la ricerca di un medico non obiettore comporta allungamento dei tempi, interlocutori non sempre disponibili, donne che devono emigrare da una regione all'altra e, soprattutto tra le immigrate, il possibile ricorso all'aborto clandestino. La questione dell'obiezione di coscienza è particolarmente delicata negli ospedali, essendo l'unico posto in cui è possibile praticare le interruzioni volontarie di gravidanza, poiché per la procedura la donna oltre che al consultorio può rivolgersi a qualunque medico di fiducia;
per evitare che i pochi medici non obiettori si facciano carico di tutte le interruzioni di gravidanza occorre:
a) garantire personale «non obiettore» negli ospedali in misura sufficiente, evitando che debbano occuparsi forzatamente solo delle interruzioni volontarie di gravidanza;
b) prevedere la possibilità di ricorso all'aborto farmacologico con la RU486;
c) praticare l'interruzione volontaria di gravidanza in intra moenia, anche in strutture sanitarie private convenzionate, prevedendo una tariffazione analoga a quella del DRG;
d) programmazione regionale degli ospedali in cui debbono effettuarsi le interruzioni volontarie di gravidanza, garantendo aggiornamento scientifico e qualificazione professionale del personale;
e) prevedere che ogni forma di colloquio per un ulteriore approfondimento con personale estraneo al servizio, volontari o personale obiettore, sia attivato su richiesta della donna o per decisione del medico, ma non sia imposto coattivamente;
per ridurre ulteriormente il ricorso all'aborto, la cui curva di riduzione da circa un decennio si è attenuata, e' necessario promuovere la contraccezione e i metodi per la procreazione responsabile, promuovendo specifiche campagne pubblicitarie sui sistemi contraccettivi;
inoltre occorre rimuovere gli ostacoli che limitano l'accesso alla contraccezione d'emergenza, la cosiddetta «pillola del giorno dopo», che non è abortiva e che è meglio chiamare «pillola dell'ora dopo» poiché l'efficacia è massima nelle prime 12 ore dal rapporto e si dimezza ogni 12 ore. In particolare un indiscusso beneficio potrà derivare dall'abolizione dell'obbligo di ricetta, non ripetibile, come è avvenuto negli Usa e in gran parte dei Paesi Ue (Francia, Gran Bretagna, Belgio, Grecia, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Svezia). In molti paesi, tra cui la Francia, è addirittura disponibile gratuitamente nell'ambito di progetti specifici per le ragazze minorenni e a scuola,
impegna il Governo:
a rafforzare le garanzie ed il rispetto dei diritti della donna attraverso:
a) maggiori informazioni sulla contraccezione, promuovendo anche campagne ad hoc sulle fasce delle popolazione più a rischio, in particolare nei consultori e nelle scuole prevedendo anche l'inserimento dell'informazione sessuale tra le materie d'insegnamento;
b) eliminare l'obbligo di ricetta per la pillola del giorno dopo e prevedere la disponibilità gratuita per le adolescenti;
c) consentire l'effettuazione delle interruzioni volontarie di gravidanza in intra moenia a tariffe analoghe ai DRG;
d) permettere l'uso di tecniche abortive farmacologiche meno invasive già operanti in molti altri Paesi europei, come la pillola RU486 nel pieno rispetto dell'articolo 15 della legge n. 194;
e) prevedere il rispetto di tempi certi per le strutture che debbono assicurare l'intervento allo scadere dei sette giorni o, in caso di procedura di urgenza, subito come prescrive la legge n. 194;
f) garantire un riequilibrio del personale medico e infermieristico, come per altro previsto dall'articolo 9 della legge n. 194, nell'ambito di livelli minimi e di una programmazione regionale, che preveda almeno il 50 per cento di personale non obiettore.
(1-00276) «Poretti, Beltrandi, Buemi, Crema, Dato, Del Bue, D'Elia, Di Gioia, Mancini, Mellano, Turci, Turco, Villetti, Cancrini, Chiaromonte».