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Allegato A
Seduta n. 28 del 19/7/2006
MOZIONI LA RUSSA ED ALTRI N. 1-00011, ELIO VITO ED ALTRI N. 1-00013 E SERENI ED ALTRI N. 1-00014 IN MATERIA DI MISSIONI ITALIANE ALL'ESTERO
(Sezione 1 - Mozioni)
La Camera,
premesso che:
la missione Isaf in Afghanistan, alla quale l'Italia partecipa dall'anno 2001, è stata costituita su mandato del Consiglio di sicurezza dell'Onu con la risoluzione n. 1386 del 2001; questa, come previsto dall'allegato 1 all'accordo di Bonn, ha autorizzato la costituzione di una forza di intervento internazionale, con il compito di garantire nell'area di Kabul un ambiente sicuro a tutela dell'allora autorità provvisoria (guidata da Hamid Karzai, tuttora capo del Governo) e del personale delle Nazione Unite colà impegnato;
il mandato è stato rinnovato sino ad oggi nel tempo da una serie di successive risoluzioni;
il Consiglio del Nord Atlantico (Nac) ha deciso l'assunzione da parte della Nato il 16 aprile 2003 del comando, del coordinamento e della pianificazione delle operazioni Isaf;
la risoluzione n. 1510 del 13 ottobre 2003 autorizza l'espansione delle attività dell'Isaf anche al di fuori dell'area di Kabul;
all'operazione prendono parte circa 9.000 uomini di 30 nazioni diverse, il 95 per cento dei quali di provenienza Nato;
l'Italia è presente con proprie forze sia a Kabul, con compiti di sicurezza, bonifica di esplosivi ed armi chimiche, sia ad Herat, per garantire la sicurezza e l'attività di Provincial reconstruction team (P.r.t.);
la presenza e l'attività delle forze impegnate nell'operazione hanno favorito il progressivo sviluppo delle iniziative istituzionali democratiche, il mantenimento in zone sempre più ampie di un accettabile livello di sicurezza e hanno consentito la progressiva realizzazione di strutture afgane per la governance, una propria organizzazione di polizia e di forze armate, un'organizzazione della giustizia (sotto egida italiana), il contrasto alla produzione e al traffico di stupefacenti;
il successo dell'attività di numerosi Provincial reconstruction team (P.r.t.), dislocati nell'area settentrionale e centrale del Paese, ha consentito il progressivo sviluppo delle attività commerciali, la riapertura di tutti gli istituti di formazione scolastica e un generale progressivo miglioramento della qualità della vita;
si ritiene necessario allargare l'area di libertà, di pace, di sicurezza e di progresso civile alle aree non ancora «pacificate», al fine di garantire il successo completo alle iniziative di democratizzazione del Paese, come era nelle intenzioni dell'accordo di Bonn;
impegna il Governo
a considerare favorevolmente la richiesta di integrazione della partecipazione italiana all'operazione Isaf, provenienti dall'Onu o dalla Nato, e a riferire tempestivamente in proposito al Parlamento.
(1-00011) «La Russa, Gamba, Briguglio».
La Camera,
premesso che:
con gli attentati dell'11 settembre 2001 si è aperto un conflitto completamente nuovo rispetto a quelli che hanno insanguinato l'umanità nei secoli passati;
non è un conflitto tra Stati, perché il nuovo nemico della libertà si serve degli Stati, così come un virus si serve di un corpo per diffondersi;
non è uno «scontro di civiltà», in quanto non si tratta di un attacco dell'Islam all'Occidente: l'Islam, specialmente quello moderato e alleato delle democrazie occidentali, era ed è anch'esso nel mirino dei terroristi;
l'attacco viene da parte dell'islamismo radicale ed è rivolto contro l'avanzare della democrazia nel mondo, ovvero contro la stessa diffusione dello Stato di diritto e della cultura costituzionale in ambito islamico;
la minaccia del terrorismo fondamentalista ripropone in maniera drammatica e su scala globale l'antica questione delle tre libertà fondamentali: la libertà dal bisogno, la libertà dalla paura, la libertà dall'oppressione;
il Governo Berlusconi s'è impegnato con coerenza su questi tre fronti: ha inserito nell'agenda del G8 di Genova la cooperazione tra il nord e il sud del mondo, in modo da consentire a tutti la partecipazione ai benefici della globalizzazione e così determinare l'isolamento dell'islamismo radicale; ha partecipato all'impegno della comunità internazionale nella lotta contro il terrorismo, promuovendo, sul piano interno e su quello internazionale, l'adozione delle misure necessarie per sconfiggere non soltanto i terroristi, ma anche quanti li sostengono e li giustificano con l'incitamento all'odio e all'intolleranza; ha contribuito alla liberazione delle popolazioni afgana e irachena da regimi sanguinari, cooperando attivamente alla transizione di questi Paesi verso la democrazia;
l'interesse e il prestigio dell'Italia e il consolidamento della pace e della democrazia del mondo debbono essere da tutti considerati valori di riferimento irrinunciabili, posti al di sopra di tattiche politiche e di interessi di parte;
in questo spirito, il Governo Berlusconi decise di inviare un contingente militare in Afghanistan, nel quadro di un mandato delle Nazioni Unite, e, successivamente, di partecipare alle attività di sostegno dell'Iraq nella transizione verso la democrazia;
i nostri militari e civili, tanto in Afghanistan quanto in Iraq, si sono guadagnati, ed hanno guadagnato all'Italia, la stima e l'ammirazione della comunità internazionale, oltre alla gratitudine dei popoli e dei Governi afgano e iracheno;
la stabilità geopolitica, la diffusione della democrazia, la lotta al terrorismo e il superamento dei gravi squilibri economico-sociali del pianeta sono obiettivi strettamente collegati tra loro e richiedono, da parte delle grandi democrazie occidentali, un impegno costante e coerente;
non possiamo permettere che i nostri militari e civili impegnati in Afghanistan e in Iraq vengano abbandonati a se stessi;
impegna il Governo:
alla continuità della presenza italiana in Afghanistan e nei Balcani, attraverso il rifinanziamento delle relative missioni;
ad attuare il disimpegno delle nostre forze dall'Iraq, in modo ordinato e dignitoso e, soprattutto, concordandone le modalità e i tempi con i nostri alleati e con il legittimo Governo democratico dell'Iraq, ed a proseguire nell'impegno di assumere un Provincial reconstruction team (P.r.t.) a prevalente caratterizzazione civile, con cornice di sicurezza, per la ricostruzione delle infrastrutture civili e dell'economia di quello sfortunato Paese;
a mantenere ferma la nostra partecipazione alla missione in Afghanistan accettando di onorare pienamente gli impegni connessi al nostro status di Paese membro della Nato e dell'Onu, in quanto quello afgano costituisce un teatro fondamentale di lotta al terrorismo islamico, tutto questo al fine di sostenere il legittimo governo dell'Afghanistan nel ripristino di condizioni di sicurezza indispensabili per la ripresa della vita civile ed economica di quel travagliato paese;
a garantire la prosecuzione di tutte le missioni militari e di sostegno civile nei Balcani, al fine di garantire una stabile pacificazione in quei territori;
a rafforzare il ruolo del nostro Paese nella diffusione della democrazia e nella lotta contro chi minaccia le tre libertà fondamentali, nel quadro di un impegno volto alla costruzione di un ordinamento internazionale che «assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni», secondo lo spirito e la lettera dell'articolo 11 della Costituzione italiana.
(1-00013)
«Elio Vito, La Russa, Volontè, Maroni, Catone, La Malfa, Martino, Boniver, Cicu».
La Camera,
premesso che:
la vocazione di pace del nostro popolo, autorevolmente espressa dall'articolo 11 della Costituzione, deve essere il principale riferimento delle scelte di politica estera dell'Italia e del ruolo che il nostro Paese intende svolgere per promuovere una comunità internazionale basata sullo sviluppo e la solidarietà tra i popoli, sul multilateralismo e sul rispetto del diritto internazionale;
il rafforzamento delle grandi organizzazioni internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, e la scelta per il multilateralismo rappresentano gli strumenti privilegiati per realizzare una politica estera che persegua attivamente, sulla base di un equilibrato assetto multipolare, l'obiettivo di equità e giustizia sul piano internazionale, la prevenzione dei conflitti ed una vera ed efficace lotta contro il terrorismo;
è indispensabile che l'Italia riguadagni una dimensione globale della propria politica estera, tornando a volgere lo sguardo con maggiore attenzione alle grandi nazioni emergenti, come la Cina, l'India e il Brasile, ricercando un protagonismo più efficace nelle aree cui è maggiormente legata per storia e posizione geografica, come il Mediterraneo, il Medio Oriente, i Balcani, e insieme verso i continenti che più richiedono una politica di pace, partenariato e sviluppo, come l'Africa;
il nostro Paese deve assumere un nuovo ruolo di impulso e stimolo sulla grande questione della proliferazione nucleare rispetto alla quale occorre evitare, attraverso il dialogo e la diplomazia, che nuovi Stati si dotino di tecnologia nucleare bellica, ma nel contempo occorre riprendere e rilanciare l'obiettivo, trascurato dopo la fine della guerra fredda, della riduzione di tutti gli arsenali nucleari;
l'Italia è impegnata a mantenere alto il proprio impegno nella lotta per l'abolizione della pena di morte, contro la tortura, per la promozione dei diritti delle donne e per la protezione dei bambini nei conflitti armati;
nell'attuale contesto internazionale e di fronte alle gravi sfide che abbiamo di fronte, la ricerca della pace non può prescindere dalla creazione di un ambiente di sicurezza globale, necessario a rafforzare le dinamiche democratiche dei singoli Paesi, a migliorare le prospettive di sviluppo dei popoli e a dare maggiore autorevolezza ad un'azione delle organizzazioni internazionali basata sul diritto;
per ottenere tale risultato, cui ciascun Paese è impegnato a contribuire in proporzione ai propri mezzi e alle responsabilità che assume nella comunità internazionale, è prioritario valorizzare i mezzi preventivi di risoluzione delle controversie
e ridurre l'uso della forza a ultimo strumento possibile di fronte agli atti di aggressione e alle minacce alla pace;
costruire la pace significa anche porre su nuove basi l'impegno dell'Italia per la cooperazione allo sviluppo, al fine di perseguire gli «obiettivi del millennio», riconoscendo il ruolo degli attori della società civile, delle organizzazioni non governative, delle università, delle regioni e degli enti locali, che già oggi svolgono un'azione insostituibile e di grande valore e che devono essere sempre più protagonisti dello sviluppo del partenariato internazionale;
il ricorso allo strumento militare, compatibile con lo stesso articolo 11 della nostra Costituzione, in quanto conseguente alla partecipazione dell'Italia ad organizzazioni internazionali volte alla tutela della pace, può avvenire solo nel rispetto dei criteri di legittimità dell'uso della forza, proposti dalle stesse Nazioni Unite: gravità della minaccia, scopo appropriato, ultima risorsa, proporzionalità dello strumento e analisi delle conseguenze;
in questo orizzonte la scelta di intraprendere ovvero proseguire missioni militari all'estero deve essere coerente con detti principi, in particolare con il quadro di legalità e legittimità internazionale in cui sono state decise, con l'evoluzione della situazione politica internazionale e, soprattutto, con l'espressione della volontà autonoma degli Stati e dei popoli presso cui l'Italia è chiamata ad operare;
le nostre missioni militari, svolte con apprezzata professionalità, riconosciuta competenza e grande capacità di relazioni umane dalle forze armate, debbono, dunque, essere finalizzate alle esigenze di sicurezza, controllo del territorio, tutela dei diritti umani, promozione della democrazia e stabilizzazione per favorire processi di costruzione delle istituzioni statali e locali;
diversamente da quella in Iraq, le altre missioni all'estero si iscrivono nell'attività di peace-keeping e monitoraggio decisa da istituzioni internazionali ovvero tra quelle di semplice assistenza alle forze dell'ordine dei Paesi in cui operano, come nei casi dei nostri militari attivi in Sudan, Somalia, sul confine tra Etiopia ed Eritrea, in Palestina, Sinai, Libano, Kashmir, Albania e per le missioni in corso in Bosnia e Macedonia;
nello stesso spirito e con i medesimi obiettivi di stabilizzazione, assistenza alle locali forze di polizia e garanzia di pacifica convivenza tra la popolazione serba e quella albanese, si continuano a svolgere le nostre missioni in Kosovo, dove la presenza europea e italiana continua ad essere indispensabile per la tutela delle minoranze e del patrimonio culturale e religioso di quei popoli;
in Afghanistan agli aspetti positivi del risveglio democratico del popolo afgano, visibile in particolar modo nella rinnovata partecipazione femminile alla vita sociale e politica, e all'allontanamento della dittatura integralista dei talebani, si affianca una situazione di evidente criticità, caratterizzata dalla difficoltà di stabilizzazione e di rafforzamento delle istituzioni democraticamente elette, dalla persistenza di aree ancora controllate dai talebani e altri gruppi armati e dalla permeabilità dei confini del Paese a infiltrazioni di gruppi terroristici;
è opportuna la costituzione di un comitato parlamentare per il monitoraggio permanente delle missioni internazionali di pace in cui è impegnata l'Italia, che consentirà al Parlamento - attraverso missioni in loco e avvalendosi del contributo di personalità della società civile e di operatori umanitari impegnati nelle aree interessate - di verificare in maniera costante e puntuale il perseguimento degli obiettivi definiti dal Parlamento e dal Governo;
si prende atto positivamente che:
a) il Governo ha programmato la conclusione della missione Antica Babilonia in Iraq, nata in conseguenza di un intervento militare deciso in violazione di
norme del diritto internazionale, ed è impegnato a provvedere al ritiro integrale del contingente militare italiano;
b) in territorio afgano l'Italia non è più in alcun modo impegnata militarmente nell'ambito della missione Enduring freedom, essendo ormai il contributo italiano a questa iniziativa limitato alla presenza di unità navali nel Golfo arabico;
c) il Governo si è impegnato a sostenere gli interventi decisi dalla comunità internazionale a favore della regione del Darfur, volti al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni e allo sviluppo socio-sanitario a vantaggio delle fasce più deboli;
impegna il Governo:
a promuovere nelle sedi internazionali competenti, in special modo nell'ambito delle Nazioni Unite e della Nato:
a) una riflessione sulla strategia politica e diplomatica che deve accompagnare la presenza internazionale in Afghanistan, per assicurare che l'azione di stabilizzazione, controllo del territorio e sostegno alle forze dell'ordine afgane si muova lungo un percorso di normalizzazione e pacificazione del Paese, con obiettivi e passaggi definiti che prevedano in prospettiva l'affidamento al Governo sovrano di Kabul della responsabilità del mantenimento della pace e dell'ordine sul territorio afgano;
b) una verifica sull'impegno e la presenza internazionale in Afghanistan, valutando risultati ed efficacia delle missioni e delineando un percorso chiaro di rafforzamento delle istituzioni, di ricostruzione economica e civile e di garanzia della sicurezza per la popolazione;
c) una valutazione sulla prospettiva di superamento della missione Enduring freedom in Afghanistan;
d) una nuova conferenza internazionale sull'Afghanistan allo scopo di favorire un dialogo a livello regionale e di rilanciare l'impegno della comunità internazionale, volto alla ricostruzione economica e civile del Paese, alla pacificazione e al rafforzamento delle istituzioni afgane, all'elaborazione di un piano efficace di riconversione delle colture di oppio, anche ai fini di una loro parziale utilizzazione per le terapie del dolore;
e) un'iniziativa per avviare un monitoraggio ambientale delle aree interessate da operazioni belliche, al fine di individuare gli eventuali livelli di inquinamento bellico e i conseguenti piani di bonifica;
a valorizzare, prioritariamente, nella propria azione di politica estera gli strumenti di prevenzione dei conflitti, di mediazione e di accompagnamento dei processi di pace;
ad impostare l'attività di cooperazione giudiziaria dell'Italia in Iraq, e più in generale le iniziative di institution building, secondo i più recenti sviluppi del diritto penale internazionale, nonché delle regole di procedura e prova contenute negli statuti dei tribunali penali ad hoc, delle corti speciali internazionali e della Corte penale internazionale;
a mantenere distinti, nell'ambito delle iniziative italiane all'estero, gli interventi di cooperazione allo sviluppo rispetto alle attività di sicurezza e polizia internazionale;
a svolgere un'azione determinata per il rilancio dell'Unione europea e per un suo protagonismo sulla scena internazionale quale forza di dialogo, di promozione della pace, della libertà, della democrazia e dello sviluppo, nel rispetto della legalità e del diritto internazionale;
a portare avanti un'altrettanto determinata azione volta al rafforzamento delle organizzazioni internazionali, a partire dall'Onu, quali insostituibili sedi multilaterali di confronto in cui la comunità internazionale può formare, su un piano di pari dignità tra le nazioni, la propria volontà, conformemente ai principi dello
statuto delle Nazioni Unite, delle Dichiarazioni sui diritti dell'uomo e del diritto internazionale;
a promuovere in questo quadro, anche in qualità di membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell'Onu dal gennaio 2007, le iniziative volte a costituire un contingente militare di pronto intervento per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale alle dirette dipendenze della Segreteria generale delle Nazioni Unite;
a mantenere uno stretto rapporto con il Parlamento, anche attraverso i nuovi strumenti di verifica di cui lo stesso può decidere di dotarsi in relazione alle missioni di pace internazionali, per consentirgli di esplicare con piena consapevolezza e responsabilità il suo compito di legislazione organica, di indirizzo e controllo.
(1-00014)
«Sereni, Franceschini, Migliore, Donadi, Villetti, Bonelli, Sgobio, Fabris, Brugger».