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Allegato B
Seduta n. 31 del 25/7/2006
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 30 ottobre 2002, durante una visita al Centro Diagnostico Terapeutico della casa circondariale di Pisa, il sottoscritto incontrava il detenuto Santo Albanese, di anni 34, proveniente dal carcere di Novara; detenuto dal giugno 1993 e, dal 1997, ristretto in regime di cui all'articolo 41-bis dell'Ordinamento Penitenziario, condannato in via definitiva all'ergastolo per omicidio e associazione mafiosa;
nel corso dell'incontro il detenuto affermava che «dal 1994 veniva curato per una toxoplasmosi con antibiotici e antidolorifici» finché nel 2001, nel carcere di Novara, dopo una biopsia «hanno scoperto un linfoma di terzo grado alle ghiandole linfatiche»;
il detenuto, che era stato sottoposto a chemioterapia per mesi, affermava che «da giugno sono in isolamento diurno e devo starci per un anno. Per tre mesi, durante la chemio, mi hanno tenuto con la blindata chiusa e chiuso pure lo spioncino perché non potevo parlare con il detenuto di fronte». E aggiungeva che preferiva morire «piuttosto che fare questa cura terribile senza il supporto dei miei familiari con i quali non faccio colloqui da quattro anni, eppure nei decreti continuano a scrivere che mando ambasciate all'esterno tramite loro»;
il 22 marzo 2003 il sottoscritto dichiarava che «Santo Albanese è un detenuto in regime di cui all'articolo 41-bis dell'O.P. affetto da una gravissima malattia, forse ancora curabile, certamente prossima alla irreversibilità. In ragione del suo stato di salute, la stessa Corte di Assise di Palmi ha individuato un ospedale presso cui inviarlo per ottenere le giuste e doverose cure» e chiedeva al Ministro della giustizia «di intervenire subito, di agire con estrema urgenza perché la cronaca di una morte annunciata possa avere, se è ancora possibile, un corso diverso»;
il 19 gennaio 2006 Santo Albanese, colpito da linfoma di Hodgkin è deceduto;
preso atto che in uno studio del settembre 2002 il Dott. Vincenzo Cordiano - Dirigente del reparto di Ematologia dell'Ospedale civile di Valdagno (Vicenza) - scriveva che «il morbo di Hodgkin rappresenta oggi il prototipo dei tumori curabili con i moderni approcci terapeutici» e che «i pazienti che arrivano all'osservazione del medico in uno stadio avanzato sono per fortuna sempre più rari, grazie ad una diagnosi sempre più precoce»;
premesso inoltre che il 3 luglio 2006 il sottoscritto ha ricevuto una lettera spedita dal detenuto Antonio Albanese, di anni 41, fratello di Santo, ristretto nella casa circondariale di Novara in isolamento diurno in regime di cui all'articolo 41-bis dell'O.P., che lamenta una scarsa attenzione al suo precario stato di salute che, tra le varie patologie da cui è afflitto, vi è anche un linfonodo sottomandibolare -:
dove è deceduto il detenuto Santo Albanese, se quando è deceduto era in stato di detenzione e, in caso contrario, quando è stato liberato;
per quanti anni il detenuto Santo Albanese è stato curato per toxoplasmosi prima che gli venisse diagnosticato il morbo di Hodgkin, quando è stata fatta la prima biopsia e a quale dei quattro stadi si trovava il morbo al momento della diagnosi;
quanti sono i detenuti ristretti in regime di cui all'articolo 41-bis dell'O.P. che, nel corso della sua applicazione, sono deceduti in stato di detenzione e quanti sono deceduti entro i 60 giorni successivi alla scarcerazione;
quanti sono i detenuti ristretti in regime di cui all'articolo 41-bis dell'O.P. a cui, nel corso della sua applicazione, è stato sospeso il provvedimento a seguito di collaborazione e quanti di questi hanno subito in seguito operazioni chirurgiche e quali;
quale strategia intende adottare nei confronti del detenuto Antonio Albanese.
(4-00684)
TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Gruppo Operativo Mobile (GOM) della Polizia Penitenziaria provvede, tra l'altro, al servizio di custodia dei detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis dell'Ordinamento Penitenziario;
nella Casa di reclusione di Parma il servizio di custodia dei detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis dell'Ordinamento Penitenziario è stato svolto dai GOM dal mese di luglio del 1997 al mese di luglio del 1999 -:
quali siano le ragioni che hanno portato ad interrompere il servizio di custodia dei detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis dell'Ordinamento Penitenziario da parte dei GOM nella Casa di reclusione di Parma e quali siano le ragioni per le quali è tuttora sottratta ai GOM.
(4-00685)
TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Attanasio Alessio e Francavilla Ciro, sono detenuti presso la Casa circondariale di Viterbo, nella sezione «Area riservata» in regime di cui all'articolo 41-bis dell'Ordinamento Penitenziario;
il Magistrato di Sorveglianza di Viterbo, Dott.ssa Albertina Carpitella, a seguito del reclamo presentato da Attanasio Alessio, con provvedimento del 15 dicembre 2005, anche in considerazione del fatto che «l'effettivo configurarsi di un regime continuativo di isolamento al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 33 O.P. ed in spregio dei principi costituzionali dell'umanità e della rieducatività della pena rende illegittima la permanenza dell'Attanasio nell'area riservata della CC di Viterbo ed impone l'accoglimento del reclamo», ha disposto «che l'Amministrazione Penitenziaria provveda a consentire all'Attanasio l'esercizio del diritto alla socialità eliminando l'attuale condizione di effettivo isolamento»;
e, con provvedimento del 4 maggio del 2006, a seguito del reclamo presentato da Francavilla Ciro, anche in considerazione del fatto che non «vi sono ragioni di sicurezza ed ordine interni che lo riguardino ed è stato trasferito nell'area riservata solo per «fare numero» e consentire una forma minima di socialità agli altri due detenuti», ha disposto «che l'Amministrazione Penitenziaria ripristini nei suoi confronti le condizioni detentive preesistenti all'emissione del provvedimento di assegnazione dell'area riservata»;
tra il 21 novembre e il 3 dicembre 2004 una delegazione del Comitato per la Prevenzione della Tortura (CPT) del Consiglio d'Europa ha visitato alcuni penitenziari italiani, tra cui i reclusi in regime di cui all'articolo 41-bis dell'O.P. della Casa di reclusione di Parma;
il 23 agosto 2005, Silvia Casale, Presidente del CPT, inviava un rapporto al Governo italiano - chiedendo di dare una risposta dettagliata sulle misure adottate a seguito del suo rapporto - nel quale, tra l'altro, al punto 84, si poteva leggere «Il caso di un detenuto «41-bis» incontrato dalla delegazione merita un'attenzione del tutto particolare. Quest'ultimo era stato messo in una zona detta «riservata» (area riservata) su decisione del Procuratore specializzato nella lotta contro la mafia sin dal febbraio 2001. Dal suo arrivo nella Casa di reclusione di Parma nel febbraio 2003, detto detenuto è stato internato in una cella situata in un corridoio separato, al pianterreno dell'edificio «41-bis», internato di fatto in isolamento. Una tale situazione è inaccettabile. Il CPT raccomanda
che delle misure immediate siano prese in vista di mettere fine alla privazione prolungata di contatti umani di questo detenuto internato in «area riservata».»;
nel gennaio 2006 il «Comitato Interministeriale dei Diritti Umani» del Ministero degli Affari esteri trasmetteva le risposte e, a riguardo del detenuto trattenuto in isolamento nel carcere di Parma in regime di cui all'articolo 41-bis dell'O.P., scriveva che «il 20 gennaio 2005 detto detenuto è stato trasferito nel carcere di Viterbo» -:
se il detenuto incontrato dalla delegazione del CPT nella Casa di reclusione di Parma è Attanasio Alessio;
qual'è il fondamento giuridico in ragione del quale il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) non ha applicato la decisione del magistrato di sorveglianza di Viterbo.
(4-00686)