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Allegato A
Seduta n. 38 del 20/9/2006
(Sezione 5 - Orientamenti del Governo in ordine all'eventuale riconversione della Società Stretto di Messina)
LICANDRO, DILIBERTO, SGOBIO, SOFFRITTI e FERDINANDO BENITO PIGNATARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Movimento per le autonomie ha organizzato il 19 settembre 2006 una marcia a Roma per manifestare contro la posizione, emersa dalle dichiarazioni ufficiali e dal programma, del nuovo Governo di centro-sinistra di accantonare il progetto di realizzazione del ponte sullo stretto di Messina;
la grande opera, infatti, non è ritenuta prioritaria dall'attuale Governo, secondo il quale occorre piuttosto mettere in campo un programma straordinario per la realizzazione di infrastrutture nel Mezzogiorno;
con tale atteggiamento, secondo gli interroganti, il Governo ha inteso invertire una linea di tendenza politica e mettere così la parola fine ad anni di sperperi in nome di un progetto faraonico, come quello appunto del ponte sullo stretto, frutto di una dissennata propaganda mediatica ordita dal precedente Governo Berlusconi e di scelte governative imposte ai cittadini italiani, che prevedono in tutta Italia la realizzazione, senza alcuna seria analisi degli impatti ambientali e del calcolo costi/benefici per la comunità, di oltre 250 interventi, sfruttando quei meccanismi antidemocratici di semplificazione ed accelerazione delle procedure previste dalla cosiddetta «legge obiettivo»;
è volontà del Governo Prodi che i fondi economici necessari all'opera siano dirottati in altre opere di maggior rilievo per il bene comune, tra cui, ad esempio, il completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, o che, come ha precisato l'attuale Ministro dei trasporti, le risorse umane e finanziarie destinate alla realizzazione del ponte vadano convertite per la realizzazione di infrastrutture utili nell'area, cioè in Calabria ed in Sicilia, in particolare per l'ammodernamento e potenziamento delle reti ferroviarie ed autostradali siciliani;
di fronte a due regioni, la Calabria e la Sicilia, piegate dalla carenza di infrastrutture, il centrodestra si è ostinato per ben cinque anni ad impegnarsi su di un progetto-simbolo, la cui realizzazione avrebbe arrecato solo danni all'ambiente, oltre che all'economia del Paese. La realizzazione del ponte, infatti, avrebbe distratto risorse a quelle infrastrutture di cui la Sicilia e la Calabria necessitano per incrementare la produttività economica delle imprese, soprattutto quelle del turismo;
secondo l'opinione degli interroganti, altro motivo per frenare l'avvio di un'assurda opera dalla sola valenza simbolica di struttura dall'alto profilo ingegneristico, sono i dubbi e le incertezze tecniche legate alla fattibilità dell'opera, che allo stato attuale permangono tra gli esperti. Infatti, oltre all'esito negativo delle valutazioni di impatto sociale e ambientale, bastano gli appelli e le relazioni dei numerosi esperti, che intendono difendere la ricchezza paesaggistica, ambientale e naturalistica del mare e delle terre tra Calabria e Sicilia da interventi il cui impatto sarebbe irreversibile, per capire l'insensatezza di un'opera che si vuole costruire in una zona ad elevato rischio sismico e dai precari equilibri urbanistici e territoriali;
anche la posizione dell'Unione europea è stata oggetto di mistificazione. Infatti, la stessa Unione europea, circa il carattere di priorità dell'opera, l'ha menzionata soltanto al 17o posto tra le infrastrutture da realizzare per lo sviluppo del Meridione;
inoltre, non sono certamente da sottovalutare le reiterate segnalazioni che la Direzione nazionale antimafia, gli organi investigativi e lo stesso ministero dell'interno hanno più volte avanzato in merito al grande interesse della 'ndrangheta e delle organizzazioni mafiose siciliane per
l'enorme «affare» rappresentato dal ponte sullo stretto di Messina. Il ponte sullo stretto di Messina, infatti, rientra tra gli interessi delle tradizionali organizzazioni mafiose, in considerazione dei notevoli flussi economici attivati, al punto da poter ipotizzare forme di intesa tra «cosa nostra» e 'ndrangheta;
a tal fine è stato stipulato un protocollo tra il comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere e la società Stretto di Messina spa, che ha affidato alla Direzione nazionale antimafia un ruolo centrale nella complessa attività di controllo sulla realizzazione dell'opera, accordo che punta a monitorare, ai fini della prevenzione delle infiltrazioni mafiose, anche il sistema della provvista finanziaria dell'opera e a stabilire procedure utili alla «tracciabilità» dei relativi flussi finanziari che intercorrono tra tutti i soggetti che parteciperanno alla realizzazione del ponte, progetto che punta a cogliere in anticipo le eventuali anomalie dei flussi finanziari, favorendo, contemporaneamente, l'avvio di mirate e penetranti attività di indagine;
la società Stretto di Messina ed Impregilo, il 29 marzo 2006, in piena campagna elettorale, hanno firmato il contratto per l'affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva del ponte del valore di 3,9 miliardi di euro;
con tale contratto viene confermato che saranno le risorse pubbliche a rendere possibile la realizzazione dell'opera e che il rischio di gestione dei capitali privati verrà garantito da un onerosissimo canone pagato dalle Ferrovie dello Stato e da un intervento finale da parte dello Stato. Infatti, il vero motivo per cui la realizzazione e gestione del progetto non è affidata a soggetti privati sta proprio nella difficile affidabilità delle stime dei costi dell'opera, ma soprattutto dei flussi. L'esperienza dell'Eurotunnel ha fatto scuola: le stime sbagliate e le sovrastimate previsioni di traffico hanno prodotto per il tunnel sotto la Manica un debito di 9 miliardi di euro ed una gestione catastrofica, tanto da far dichiarare al direttore generale, Richard Schirrefs, l'8 febbraio 2006: «Se l'avessimo saputo, non l'avremmo costruito»;
inoltre, vi è la diffidenza degli istituti di credito, che si fonda sull'analisi dei pochissimi dati messi a disposizione dalla Stretto di Messina, le cui cifre principali sono le previsioni di crescita del prodotto interno lordo meridionale e le previsioni sui flussi di traffico;
quanto a queste ultime, lo studio degli advisor nominati dal ministero dei lavori pubblici nel 2000 per valutare il progetto evidenzia come il ponte avrà una forte sottoutilizzazione stradale, perché «non attrae in misura significativa nuovo traffico a media e lunga distanza, né lo sottrae al mare e all'aereo». Lo stesso studio, inoltre, sottolinea come «le tendenze di traffico esistenti non verranno significativamente modificate dalla disponibilità del ponte come itinerario alternativo: è questa la principale ragione per cui l'utilizzo del ponte rimane modesta»;
alla luce di quanto premesso, non si capisce come e perché la società Stretto di Messina continui a spendere ed a sprecare denaro, affidando incarichi per consulenze e pubblicizzazioni, con avvisi sui media locali e nazionali, sottraendolo ad investimenti assai più urgenti nel Meridione d'Italia;
da quanto emerso, infatti, da un recente articolo apparso il 31 agosto 2006 sul settimanale l'Espresso, a firma di Luca Domenichini, la società Stretto di Messina, concessionaria del ministero dell'economia e delle finanze, ha sborsato tra il 2002 ed il 2005 quattro milioni e mezzo di euro per emolumenti e gettoni di presenza degli amministratori e tre milioni di euro volatilizzatisi per cadeaux, pubblicità e libri di propaganda. Nei quattro anni di sogno ingegneristico, i dipendenti, dai 29 impiegati e 7 dirigenti del 2002, sono passati agli 85 del 2005, di cui 13 manager, e nel solo 2005 il salario medio è arrivato a sfiorare i 5000 euro al mese;
si pone il problema, stante la decisione del Governo di accantonare sine die
la realizzazione del ponte sullo stretto, di quale destino toccherà alla società Stretto di Messina, controllata da Fintecna, Rete ferroviaria italiana, Anas, regione Calabria e regione Sicilia, i cui bilanci nel futuro prossimo continuerebbero inevitabilmente a lievitare, con seria compromissione per le casse dello Stato -:
quali siano le ragioni che a tutt'oggi giustificano l'esistenza della suddetta società e, conseguentemente, quali siano gli orientamenti del Governo in ordine alla sua eventuale riconversione per finalità di riqualificazione dell'area interessata al vecchio progetto. (3-00228)
(19 settembre 2006)